XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 7 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione del dottor Matteo Tarroni, amministratore delegato di Workinvoice.
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 
Tarroni Matteo , amministratore delegato di Workinvoice ... 3 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 7 

Audizione dei rappresentanti di Borsa Italiana SpA:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 8 
Sironi Andrea , presidente di Borsa Italiana SpA ... 8 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 10 
Testi Marta , Head of ELITE Growth Italy&Europe ... 10 
Sironi Andrea , presidente di Borsa Italiana SpA ... 11 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 12 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 12 
Sironi Andrea , presidente di Borsa Italiana SpA ... 12 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 12 
Giacomoni Sestino (FI-PdL)  ... 12 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 13 
Sironi Andrea , presidente di Borsa Italiana SpA ... 13 
Testi Marta , Head of ELITE Growth Italy&Europe ... 14 
Fico Paola , head of capital markets regulation and regulatory compliance di Borsa Italiana SpA ... 14 
Sironi Andrea , presidente di Borsa Italiana SpA ... 15 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 16 

ALLEGATO 1: Documentazione depositata dal dottor Tarroni ... 17 

ALLEGATO 2: Documentazione depositata dal dottor Sironi ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Matteo Tarroni, amministratore delegato di Workinvoice.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione del dottor Matteo Tarroni, amministratore delegato di Workinvoice.
  Ringrazio il dottor Tarroni per la sua presenza oggi in audizione e gli lascio subito la parola.

  MATTEO TARRONI, amministratore delegato di Workinvoice. Innanzitutto vi ringrazio per l'invito. Oggi parliamo, in primis, di fatture commerciali. Forse non è il miglior argomento per l'ora di pranzo, ragion per cui la vostra presenza è ancora più apprezzata e gradita, anche se devo dire che qualcuno dei nostri clienti, qualche imprenditore, ci ha detto che abbiamo fatto diventare le fatture una cosa sexy. Proverò quindi a non annoiarvi troppo.
  Innanzitutto, che cos'è Workinvoice? Il nome è anglosassone, ma la società è italianissima, fondata tre anni fa in Italia da quattro italiani. L'obiettivo di Workinvoice era, ed è, duplice. Il primo è realizzare un modello innovativo per la gestione finanziaria dei crediti commerciali delle aziende italiane. Il secondo è canalizzare verso il sistema produttivo italiano gli ingenti capitali globali che sono stati resi disponibili anche grazie all'aggressiva politica monetaria degli ultimi anni.
  Sostanzialmente, vi invito a pensare alle PMI italiane come ad aziende che oggi si trovano chiuse come in una morsa, da questo punto di vista. Da un lato, c'è il famigerato credit crunch. Giusto per citare un numero, il credito alle imprese si è contratto di circa il 20 per cento dall'inizio della crisi ad oggi, soprattutto per quanto riguarda il credito a breve termine, ossia il credito finalizzato al finanziamento dei propri crediti commerciali.
  L'altra parte della morsa è rappresentata dai tempi di pagamento dei crediti commerciali stessi, che purtroppo in Italia non hanno paragoni rispetto agli altri Paesi europei. Come vi ho detto, quindi, le aziende sono come chiuse in una morsa: hanno bisogno di più credito perché hanno tempi di pagamento più lunghi e ne trovano meno a causa del credit crunch.
  Dall'altra parte del fiume c'è un settore che forse ha un'esigenza ugualmente drammatica. Si tratta degli investitori istituzionali, i quali si devono confrontare con un mercato finanziario in cui i tassi di interesse e i rendimenti sono estremamente bassi e, in aggiunta a ciò, tutte le cosiddette asset class, cioè gli investimenti, sono estremamente correlate fra di loro.
  Vi invito a ripensare per un attimo alla crisi del 2008: tutti i mercati perdevano contemporaneamente, con riguardo sia alle azioni, sia alle obbligazioni, sia al valore generale degli asset, anche di quelli reali. Pag. 4Per gli investitori, dunque, c'è un'esigenza molto forte di trovare delle nuove asset class che abbiano, per esempio, un'elevata «decorrelazione» dai mercati finanziari – perché, ad esempio, un'azienda paga o non paga le proprie fatture commerciali abbastanza indipendentemente dall'andamento di Standard & Poor's o dei tassi d'interesse – e che siano anche molto legate all'economia reale. Gli investitori si sono un po’ disaffezionati all'economia finanziarizzata, ragion per cui, dal loro punto di vista, non c'è niente di più interessante di una fattura commerciale su cui investire.
  Workinvoice, quindi, che cosa ha fatto? Ha costruito un mercato in cui si incontrano questi due mondi: le aziende che hanno bisogno di anticipare i pagamenti delle loro fatture a causa del problema che ho descritto e gli investitori, che hanno un'esigenza uguale e contraria. È il mercato.
  Come funziona, in concreto, questo modello? L'obiettivo era quello di trasformare asset, ossia valori illiquidi e difficilmente trasferibili, che sono fermi in grande quantità nei bilanci delle aziende italiane, in qualcosa di liquido e trasferibile. Come la teoria economica di base ci insegna, lo strumento per rendere liquido un asset è, ovviamente, creargli un mercato. Se devo vendere un'automobile usata e c'è un solo compratore, è molto difficile che il prezzo sia il migliore possibile. La situazione italiana, per quanto riguarda la comparazione con altri Paesi europei dal punto di vista della situazione dei crediti commerciali delle imprese, è molto indicativa. Al riguardo vorrei fornirvi qualche dato per inquadrare il tema.
  Un'azienda italiana, quando vende i suoi prodotti e i suoi servizi a un'altra azienda, deve attendere circa 80 giorni prima di ricevere il pagamento. La stessa azienda, se opera in Germania, ne deve attendere in media 18. Questo significa che, a parità di settore industriale e di produttività, le aziende italiane sono profondamente penalizzate da questo punto di vista.
  Un'altra peculiarità del sistema italiano è che esso, come è noto, si basa sulla piccola-media impresa, la quale vende, di norma, a imprese più grandi, che sono, di norma, i peggiori pagatori. Cito un ultimo recentissimo rapporto di CERVED, la società che raccoglie e analizza le informazioni commerciali: solo il 10 per cento delle cosiddette blue chip, cioè delle grandi imprese, paga i propri crediti commerciali alla scadenza concordata.
  Quindi, credit crunch e comportamenti di pagamento sono la causa dell'accumularsi della montagna di crediti che grava sui bilanci delle banche. Anche su questo vorrei darvi un dato numerico: ogni anno, nei bilanci delle piccole e medie imprese italiane, si generano 500 miliardi di euro di crediti commerciali. Solo un quarto di questi oggi viene finanziato o, in qualche modo, supportato dal sistema bancario tradizionale.
  Anche gli ultimi dati, più recenti, non sono incoraggianti da questo punto di vista: se, da una parte, c'è stato una certa ripresa industriale – il dato di agosto dell'ISTAT riporta il dato relativo alla produzione industriale in aumento dell'1,2 per cento – dall'altra il credito è rimasto assolutamente stagnante. Nello stesso mese il credito bancario ha realizzato 0,1 per cento in meno.
  C'è, quindi, un grande problema, che noi abbiamo scelto di affrontare con una soluzione di mercato, proprio perché ci sono investitori istituzionali che hanno interesse a investire in queste asset class. Quante volte avrete sentito parlare di favorire gli investimenti esteri in Italia? Per fare questo, gli investitori chiedono dei requisiti molto semplici.
  Uno di questi è la possibilità di investire attraverso un'infrastruttura solida, in cui le asset class proposte abbiano parametri riconoscibili. I nostri modelli di analisi sostanzialmente traducono le informazioni relative alle aziende italiane in parametri riconoscibili da investitori globali, i quali, in questo modo, ritrovano in Italia gli stessi parametri utilizzati in Inghilterra, Germania e Spagna.
  Le decisioni di investimento, ossia quali e quanti crediti commerciali acquistare dalle PMI, vengono poi prese dagli investitori sulla base dei propri modelli proprietari, i Pag. 5quali sono alimentati dai dati che la piattaforma fornisce.
  Un altro punto fondamentale per il mercato è la standardizzazione. Anche su questa vi faccio l'esempio di un mercato molto conosciuto. Tra un po’ incontrerete i rappresentanti di Borsa italiana. Tutti sapete come funziona la Borsa: semplificando, in Borsa si comprano le azioni, le quali possono avere caratteristiche di rischio diverse, ma ogni azione è uguale all'altra, nel senso che si tratta di strumenti che hanno diritti e caratteristiche uguali. Certamente, secondo chi è l'emittente, che può essere la FIAT piuttosto che una piccola-media impresa, so che avrò livelli di rischio diversi.
  Noi abbiamo cercato di fare esattamente la stessa cosa. I contratti di cessione del credito che vengono negoziati online sulla nostra piattaforma hanno tutti le stesse caratteristiche, ma hanno diversi profili di rischio, a seconda di quale società è il debitore che deve pagare la fattura.
  In relazione a questi aspetti, cioè nella costruzione dell'infrastruttura, interviene quindi la tecnologia. Essa serve, sostanzialmente, a ottimizzare i processi e, in ultima istanza, a ridurre i costi operativi, perché, quando si parla di PMI, questo è il tema: i costi operativi.
  Anche su questo voglio farvi un esempio molto pratico per essere subito chiaro. Il costo che ha Workinvoice per processare una pratica e, quindi, per consentire a un'azienda di accedere a questo mercato e di poter cedere i suoi crediti commerciali a investitori istituzionali, è una frazione del tipico costo operativo che ha una banca.
  Vorrei spendere qualche parola per parlarvi delle banche. Io non sono un grande critico delle banche e non penso nemmeno che ne esistano di buone e di cattive. Vorrei soltanto farvi riflettere su un aspetto. Al riguardo vi invito a pensare a un tipo di filiera produttiva in cui lo stesso soggetto controlla tutti i passaggi, dalla produzione della materia prima fino al negozio sotto casa, che, in realtà, è ciò che ancora oggi fanno le banche: esse si occupano di raccogliere il capitale di rischio e di vendere il prodotto finanziario retail attraverso un negozio, che sta per la strada. Si tratta di una filiera lunghissima, che, secondo noi, può essere resa molto più efficiente. Come? Attraverso la cosiddetta «disintermediazione» – un termine, secondo me, brutto, perché ha un'accezione negativa – ma io direi anche di più attraverso l'ottimizzazione.
  Noi abbiamo preso un «pezzetto» di questa filiera, che era quello che serviva alle piccole e medie imprese italiane, e l'abbiamo ottimizzato con un massiccio utilizzo della tecnologia, utilizzando quindi la grande mole di tecnologia oggi disponibile. Il problema della tecnologia qual è? È quello che potremmo chiamare la sua «messa a terra». Ad esempio, con riguardo alla capacità di calcolo, di modelli matematici ce ne sono molti, e sono molto sofisticati. Il punto è come riuscire a renderli utili a realizzare qualcosa che serva.
  Spendo due parole su ciò che abbiamo fatto in questi tre anni. Quali sono i risultati che abbiamo raggiunto? Il mercato gestito da Workinvoice ha intermediato finora circa 100 milioni di euro di crediti commerciali. Voglio collocare il dato nello spazio-tempo: 100 milioni di euro di crediti commerciali scambiati su una piattaforma FinTech sono tanti, ma, visti i numeri che ho citato in precedenza, non sono niente per risolvere i problemi delle PMI italiane.
  Vi riporto qualche altro dato: oggi ci sono circa 200 aziende che vendono i loro crediti sul mercato gestito da Workinvoice e ci sono circa una ventina di investitori istituzionali che li comprano, ormai quasi quotidianamente.
  Un altro risultato lo abbiamo ottenuto proprio sulla parte tech della parola FinTech, cioè sulla tecnologia. I nostri algoritmi di analisi sono in grado di tradurre le informazioni quantitative e qualitative relative alle aziende italiane, perché, checché se ne dica, le aziende italiane sono tra le più trasparenti in Europa. Provate ad andare a chiedere un bilancio di un'azienda privata negli Stati Uniti o in Inghilterra. Nella stragrande maggioranza dei casi non lo troverete, perché non è pubblico, essendo l'azienda privata.
  Questi algoritmi consentono di tradurre le informazioni in parametri che servono Pag. 6agli investitori. Peraltro, mi preme citare il fatto che a marzo di quest'anno siamo andati alla Capital Markets Union, l'organismo della Commissione europea che si occupa proprio di incentivare la creazione di mercati alternativi per il finanziamento delle piccole e medie imprese. In quell'occasione abbiamo raccontato come abbiamo costruito i nostri modelli. C'era una sessione dedicata proprio alla barriere informative e al perché le piccole e medie imprese non riescano ad avere accesso al mercato dei capitali. Il motivo è che si parlano due lingue diverse.
  Esiste un sondaggio, se vogliamo, molto illuminante, realizzato nel Regno Unito, Paese che ha certamente un'economia avanzata dal punto di vista economico-finanziario. La metà delle aziende britanniche ha difficoltà a capire bene il concetto di EBITDA, ossia che cosa significhi l'acronimo EBITDA, che è, invece, il tipico parametro, o acronimo, usato dagli investitori. Su questo snodo si può andare a lavorare.
  Abbiamo pensato, quindi, a un mercato per risolvere il problema delle PMI e a un canale per portare investitori globali in Italia, ma c'è un terzo punto che ci interessa, quello di sviluppare un settore industriale del FinTech che si occupi delle PMI, trasformando un problema in un'opportunità.
  Vorrei semplicemente ricordare un altro esempio italiano virtuoso di trasformazione di un problema di tipo finanziario ed economico in una grande opportunità industriale. Nel 1998 è stato creato in Italia il Mercato telematico dei titoli di Stato. Venne creato per ragioni abbastanza simili: c'era un grande problema, ossia il debito pubblico italiano, e si volevano portare investitori istituzionali non italiani ad acquistare titoli di Stato. Venne perciò creato il Mercato telematico, il cosiddetto MTS.
  Oggi la piattaforma MTS è utilizzata da decine di Paesi in Europa per i propri titoli di Stato, nonché negli Stati Uniti e in Giappone. È un'azienda che occupa, come potete immaginare, centinaia di persone. La statistica più recente calcola 100 miliardi di euro di transazioni al giorno in titoli di Stato. Per noi, dunque, questo è l'esempio di una grande storia di successo che, anche in quel caso, però, nasceva da un problema, poi trasformato in un'opportunità.
  In questa sede il pensiero va, in modo automatico, a cosa può fare il legislatore per questo segmento, cioè per affiancare e aiutare lo sviluppo di questo mercato. Innanzitutto, illustro un concetto un po’ più generale: noi consideriamo la regulation come un'opportunità di crescita. Come è evidente esistono già, in Italia, organismi che si occupano di integrità e protezione degli investitori e dei consumatori, di sicurezza informatica, di problemi di competitività, e via elencando. Tutti questi organismi dovrebbero coordinarsi per coprire anche questo segmento. Forse, però, attualmente abbiamo più bisogno di un quadro normativo che consenta la diffusione dei benefìci di questo fenomeno e poi, più avanti, di un quadro normativo più dettagliato che impedisca i comportamenti inopportuni.
  Detto ciò, che costituisce, in un certo senso, il nostro modo di guardare la regulation in termini generali, nella pratica voglio farvi ragionare su una cosa che succede in Italia e che può rappresentare un grosso limite allo sviluppo.
  Come dicevamo, i nostri crediti commerciali e le nostre fatture hanno bisogno di essere ceduti liberamente perché si sviluppi un mercato. Quando non c'è la libera circolazione delle merci, il mercato non si sviluppa. Questo è evidente.
  In Italia, purtroppo, c'è la consuetudine, seguita da alcune grandi imprese di taluni settori industriali, o addirittura da interi settori industriali, di impedire ai propri fornitori la libera circolazione dei loro crediti. Ciò costituisce un problema, perché chi acquista questi asset, ossia i nostri investitori o, in generale, gli investitori, hanno bisogno che i diritti di credito gli vengano trasferiti per una ragione ovvia, ossia per potersi rivalere nei confronti del debitore nel caso del mancato pagamento della fattura.
  Per esempio, vi voglio citare una tipica clausola che si trova in un contratto di Pag. 7fornitura: «Articolo 4. Divieto di cessione dell'ordine di acquisto e del credito. È esclusa la cedibilità del credito derivante al fornitore dall'ordine di acquisto, salvo che la cessione non sia stata preventivamente concordata e autorizzata per iscritto da me». Questa è una tipica clausola che si trova nei contratti.
  La non cedibilità del credito che deriva da queste clausole contrattuali rende già oggi molto difficoltoso non solo scambiare i crediti su una piattaforma come la nostra, ma anche l'accesso al normale finanziamento bancario, perché anche la banca non diventa proprietaria del credito se la cessione non è consentita. Si generano così dei comportamenti, in alcuni casi, molto pericolosi, in cui le cessioni dei crediti avvengono un po’ «di nascosto». Non vengono notificate, per esempio, mentre il codice civile prevede che la cessione del credito debba essere notificata, perché, come è ovvio, il debitore deve essere a conoscenza del fatto che il suo credito non è più nei confronti di Tizio, bensì nei confronti di Caio.
  A livello di sistema ciò determina, sostanzialmente, la creazione di un collo di bottiglia nell'efficiente allocazione delle risorse, che si traduce, in ultima istanza, in un incremento, per le PMI, del costo di finanziamento del proprio capitale circolante. Come ho affermato all'inizio, inoltre, tale capitale circolante è di per sé già più pesante per le PMI italiane che per i loro competitor europei. Se ne limitiamo anche la capacità di finanziamento, il carico diventa ancora più pesante.
  Quindi, qual è la nostra idea? Una legge che renda nulle le clausole contrattuali che vietano la cessione del credito doterebbe le PMI di un asset molto più facilmente liquidabile e, quindi, di maggior valore, come ci insegna la teoria economica. Tale asset può essere poi liberamente trasferito anche attraverso una piattaforma, come la nostra, di finanza complementare.
  Questa misura sarebbe a costo zero per il contribuente. Non c'è alcun impatto per il contribuente, ma, se ben spiegata, la misura è anche neutrale nei confronti del terzo soggetto del rapporto, cioè del debitore, il quale non subisce alcun ulteriore aggravio. Deve semplicemente continuare a fare quello che dovrebbe fare comunque, cioè pagare le fatture quando è giunto il momento della scadenza.
  Non ci sono nemmeno particolari aggravi amministrativi. Uno dei rilievi che viene a volte sollevato dei debitori è che devono pagare il loro fornitore e, invece, adesso si trovano a pagare qualcun altro, ragion per cui devono cambiare le loro istruzioni di pagamento. Anche in questo caso interviene la tecnologia. Sulla nostra piattaforma, per esempio, tutte le fatture che vengono cedute, grazie all'operatività di un istituto di pagamento, vengono canalizzate su un unico IBAN. Questo è un sistema che rende estremamente agevole il sistema per i debitori, anche quando il cosiddetto cessionario, cioè il titolare del credito, è cambiato.
  Vorrei concludere riassumendo fondamentalmente i tre punti di cui volevamo parlare oggi. In primo luogo, lo sviluppo, nell'ambito del FinTech, di un mercato che agevoli la circolazione dei crediti commerciali, aiuta le PMI a uscire dalla morsa «credit crunch-lunghi tempi di pagamento».
  In secondo luogo, questo è già considerato oggi un canale molto solido per portare investitori istituzionali internazionali a investire direttamente nelle PMI italiane. Negli ultimi mesi e negli ultimi anni è stato fatto molto – cito solo due cose: il Fondo di garanzia e i PIR – per aiutare a canalizzare flussi di investimento verso le PMI. Queste sono altre misure che vanno nella stessa direzione.
  Il terzo punto, di tipo più industriale, è che si può sviluppare intorno a questo concetto un settore delle aziende che, associando la capacità di combinare innovazione con la tecnologia, tipica dell'imprenditoria italiana, può trasformare quello che oggi è un problema in un'opportunità, anche industriale, per alcune aziende del nostro settore.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Tarroni, per la sua presenza oggi in Commissione e per la sua relazione, ricca di spunti interessanti. Il suo intervento si aggiunge a una serie di audizioni che stiamo svolgendo Pag. 8nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sul fenomeno del FinTech.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Tarroni (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dei rappresentanti di Borsa Italiana SpA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione dei rappresentanti di Borsa Italiana SpA.
  Ringrazio il Presidente Sironi, nonché la dottoressa Testi e la dottoressa Fico che lo accompagnano oggi, e do subito la parola al dottor Sironi per la sua relazione.

  ANDREA SIRONI, presidente di Borsa Italiana SpA. La ringrazio, presidente, per questo invito e per l'opportunità che ci date di intervenire in Commissione. È un piacere per noi essere qui. Come ricordava il presidente Bernardo, siamo in tre. La dottoressa Testi è la responsabile di ELITE Growth, una parte importante e nuova di Borsa Italiana, mentre la dottoressa Fico è la responsabile della regulation della parte Capital Markets di compliance all'interno del gruppo Borsa Italiana. Io dirò due parole su qual è la nostra visione rispetto al tema dell'indagine conoscitiva e su ciò che stiamo facendo in materia di tecnologia nel settore finanziario.
  Innanzitutto credo sia utile premettere che lo sviluppo tecnologico nel sistema finanziario ha impatto su tutte e tre le principali funzioni del sistema stesso. La prima è, ovviamente, quella del sistema dei pagamenti – pensiamo a tecnologie come la blockchain, il bitcoin, e via elencando – la seconda, rispetto alla quale è attiva in modo particolare, Borsa Italiana, è quella del trasferimento delle risorse finanziarie dai risparmiatori alle imprese – cioè tra unità in avanzo e unità in disavanzo – e la terza è quella, collegata alla seconda, di gestione del risparmio e del wealth management.
  L'innovazione tecnologica ha un impatto importante su tutte e tre le aree citate. Per ciò che riguarda il trasferimento delle risorse, si tratta soprattutto di un impatto realizzato attraverso le piattaforme digitali, che rendono più efficiente e meno costoso questo processo. Per quello che riguarda la gestione della ricchezza e del risparmio, pensate, ad esempio, a innovazioni come la robo-advisory.
  Faccio questa premessa per chiarire che Borsa Italiana è attiva solo nella seconda area. Borsa Italiana si occupa, infatti, di trasferire le risorse, in particolare i capitali, alle imprese che li richiedono per finanziare i propri processi di crescita e di internazionalizzazione e in quest'area stiamo anche noi facendo leva sull'innovazione tecnologica. Ciò di cui parleremo si focalizza su questa funzione del sistema finanziario, non su quella dei sistemi di pagamento o della gestione della ricchezza, che pure sono anch'esse toccate dall'impatto dello sviluppo tecnologico.
  Si tratta di un'area un po’ meno delicata, dal punto di vista della protezione del risparmiatore, perché, di norma, nelle piattaforme digitali che consentono di trasferire fondi dai risparmiatori alle imprese, accedono investitori professionali o istituzionali e, quindi, non i retail, se non nella parte di crowdfunding, la quale, però, non coinvolge Borsa Italiana.
  Fatta questa premessa, credo di poter dire che l'inserimento dell'innovazione tecnologica in questa funzione debba, naturalmente, essere considerato con favore, perché agevola i contatti e rende il processo meno oneroso e più efficiente. In generale, quindi, la nostra posizione è favorevole alle innovazioni che si stanno realizzando.
  Peraltro, credo sia anche importante chiarire che queste innovazioni tecnologiche, come ad esempio le piattaforme digitali, non sostituiscono, necessariamente, gli attori già presenti, perché in realtà fanno da complemento ad essi. Di fatto, anche per quanto riguarda ciò che facciamo noi, c'è una collaborazione continua con le banche e con gli investitori istituzionali.
  Venendo, in particolare, a Borsa Italiana, credo sia importante chiarire un paio Pag. 9di aspetti relativi a cosa facciamo e a chi siamo. Come sapete, Borsa Italiana è una delle principali Borse europee. Oggi ha quasi 400 società quotate e, peraltro, è in una fase di crescita significativa, anche grazie a provvedimenti governativi che stanno agevolando molto il nostro settore, oltre che alla congiuntura economica favorevole e ad altri fattori. Abbiamo una capitalizzazione di mercato complessiva che ormai ha raggiunto quasi 700 miliardi di euro, non è quindi irrilevante.
  Si tratta di un mercato che si compone, a sua volta, di diverse piattaforme e di diversi mercati, che, in qualche misura, accompagnano le società e le imprese nel loro processo di crescita. Si tratta della piattaforma che riguarda le società non quotate, di cui parleremo un po’ più diffusamente, cioè la piattaforma ELITE. Ieri abbiamo partecipato a un evento molto importante in Borsa, nel corso del quale sono state accolte in tale piattaforma 34 nuove società provenienti da tutto il Paese. ELITE si caratterizza anche per questo, perché rappresenta la distribuzione settoriale di tutto il Paese meglio di quanto non faccia, per esempio, il mercato principale, cioè l'MTA (Mercato telematico azionario), nel quale si concentrano soprattutto le imprese del Nord.
  Da ELITE si va fino ai diversi mercati che accompagnano la crescita e lo sviluppo delle imprese in Italia – in particolare al mercato non regolamentato, che ultimamente è molto attivo – in cui si stanno quotando numerose imprese. C'è poi il mercato principale (MTA), in cui sono quotate le aziende più importanti e che vedete riflesso nell'indice di mercato che viene reso noto tutti i giorni, il FTSE MIB.
  Al suo interno c'è un segmento dedicato alle piccole e medie imprese di maggiore qualità, cioè il segmento STAR, che ha standard di ammissione più stringenti e restrittivi e che è nato anche con l'obiettivo di favorire sia l'afflusso di capitali dall'estero sia l'investimento di investitori istituzionali e internazionali.
  Vi ricordo che Borsa Italiana è uno dei mercati a maggiore caratterizzazione internazionale, nel senso che la quota di capitale detenuta da investitori esteri è particolarmente significativa rispetto a ciò che accade in altri mercati. Questo è un segnale di attrattività del mercato per gli investitori di tutto il mondo e, allo stesso tempo, per certi versi, è un po’ un peccato, perché riflette anche il fatto che molti investitori istituzionali italiani (fondi pensione, casse) investono relativamente poco nell'azionario italiano. Questo è un aspetto su cui effettivamente vale la pena di soffermarsi e sul quale, peraltro, ci sono riflessioni in corso.
  Fatta questa premessa su Borsa Italiana, spendo due parole sulla piattaforma ELITE. Perché mi soffermo su ELITE? Perché è la piattaforma all'interno della quale abbiamo sviluppato di recente ELITE Club Deal, una piattaforma di tipo digitale di private placement. Vi ricordo che oggi ELITE conta più di 600 imprese. Siamo arrivati, credo, a 632 imprese partecipanti a questo network. Oltre 400 sono imprese italiane, ma non ci sono solo quelle. Vi sono imprese di 25 diversi Paesi, le quali entrano in un percorso formativo che prevede anche la possibilità di raccogliere capitali non solo tramite la successiva quotazione di mercato, ma anche tramite forme alternative, che vi illustrerà poi la mia collega.
  Come sapete Borsa Italiana fa parte di un gruppo internazionale, il London Stock Exchange, e racchiude anche società molto importanti per il nostro Paese come MTS, il mercato secondario in cui sono negoziati i titoli di Stato, Monte Titoli, che si occupa soprattutto della fase post-negoziazione, in particolare del settlement, e Cassa di compensazione e garanzia, che si occupa di tutta l'attività di clearing, che avviene dopo le negoziazioni. Borsa Italiana è un gruppo, quindi, che ha una presenza molto importante in diversi gangli del sistema finanziario italiano.
  Io mi fermerei qui e lascerei la parola alla dottoressa Testi affinché approfondisca il tema di ELITE e, in particolare, della piattaforma che rappresenta in qualche modo una forma di FinTech sviluppata all'interno di Borsa Italiana. Poi, naturalmente, sarò a disposizione per eventuali domande.

Pag. 10

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Prego, dottoressa Testi, a lei la parola.

  MARTA TESTI, Head of ELITE Growth Italy&Europe. Grazie per l'invito di oggi in Commissione. Per raccontarvi nel dettaglio che cos'è ELITE Club Deal, cioè l'elemento FinTech all'interno del progetto di ELITE, devo spendere prima qualche parola per raccontare com'è nato ELITE e come esso abbia consentito di aggiungere alla piattaforma di supporto per le piccole e medie imprese anche l'ambito del private placement.
  ELITE è nato nel 2012 ed è stato in fase di progetto già dal 2011, durante un periodo che, come ricorderete tutti, è stato particolarmente complesso per quello che a livello europeo è stato definito il credit crunch, cioè un'importante crisi di liquidità che ha colpito le piccole e medie imprese. ELITE è nato, quindi, in un momento di crisi finanziaria e di difficoltà per le aziende di qualità, piccole e medie, nel reperire finanziamenti per i propri progetti di crescita.
  Ciò ha fatto sì che, all'interno di Borsa Italiana, il team di persone che supportava da sempre l'avvicinamento delle piccole e medie imprese alle potenzialità della quotazione in Borsa, ripensasse il suo approccio nei confronti di questa asset class molto importante per il nostro sistema. Abbiamo, di fatto, cambiato il paradigma con cui ci approcciavamo al mondo delle piccole e medie imprese.
  Abbiamo iniziato, quindi, a supportarle attraverso una piattaforma di sostegno al business, aiutando gli imprenditori a sviluppare una capacità di strutturazione e di avvicinamento alle pratiche internazionali di qualità, oltre che alla comprensione di quanto siano fondamentali la pianificazione e la governance all'interno di aziende che, come nel caso del nostro Paese, sono per la maggior parte familiari. Inoltre, abbiamo spiegato loro che esistono più forme di finanziamento dei progetti di crescita delle imprese, e che esse sono complementari e possono seguire lo sviluppo della società non solamente in una fase, ma lungo tutto il percorso di crescita dell'impresa.
  ELITE è nato come progetto all'interno di Borsa Italiana, all'interno dei mercati primari, ossia del team di persone che gestisce proprio i mercati di cui ha fatto menzione il presidente. Si è, però, via via evoluto e nel giugno del 2016 è diventato una società all'interno del gruppo attraverso uno spin-off da cui è nata ELITE SpA, società italiana che, a sua volta, controlla una società inglese: ELITE Club Deal LTD. ELITE è un primo esempio di come un prodotto e un servizio all'interno del settore finanziario, nato in Italia, sia poi stato esportato a livello internazionale.
  Non solamente ELITE è diventato una società, ma ha anche aperto il proprio capitale a investitori terzi. Questo è avvenuto pochi mesi fa, nel luglio di quest'anno, con l'ingresso nel capitale di Cassa depositi e prestiti e di NUO Capital, un fondo d'investimento basato a Milano emanazione di un grosso family office asiatico. Oggi questi due investitori detengono il 25 per cento di ELITE SpA.
  ELITE nasce perciò da un'esigenza di colmare un gap culturale, ossia dall'esigenza, da parte degli imprenditori, di comprendere gli strumenti necessari alla crescita. L'obiettivo di ELITE è quello di accelerare lo sviluppo delle società. Un grande gruppo di aziende italiane, che oggi sono 417, dalle quali si sviluppa la nostra strategia di sviluppo di ulteriori servizi. Proprio per questo motivo, oltre a un programma a supporto della crescita delle imprese, abbiamo sviluppato anche una seconda area, che si occupa di un settore di maggiore rilevanza per la Commissione Finanze, ossia ELITE Club Deal.
  Ci siamo resi conto infatti che, dalla nascita di ELITE, cioè dal 2012 ad oggi, le società all'interno del programma hanno manifestato un forte dinamismo in termini di accesso a capitali strutturati per la crescita. Per citarvi alcuni dati, dal 2012 a oggi ci sono state circa 430 operazioni di finanza strutturata, che hanno interessato 200 società. Esse vanno da operazioni di M&A (Merger & Acquisition) a operazioni di ingresso nel capitale di fondi di private equity, alle emissioni di obbligazioni, in particolare di minibond. Ci sono state anche Pag. 11 dieci operazioni di quotazione sul mercato AIM Italia, cioè il mercato dedicato alle piccole e medie imprese.
  Partendo da ciò abbiamo definito la creazione di questa piattaforma, che è stata autorizzata a febbraio di quest'anno ed è effettivamente operativa dal marzo di quest'anno. A oggi essa sta gestendo circa una trentina di mandati di operazioni con strumenti di equity, di debito, convertibili.
  L'utilizzo della tecnologia è fondamentale per ELITE Club Deal. Per questo motivo la società ha anche acquisito una minoranza in una società FinTech di sviluppo di piattaforme digitali, ossia la società che ha sviluppato la piattaforma digitale su cui oggi ELITE Club Deal opera. L'obiettivo e la logica di questa piattaforma sono complementari, come già citato, rispetto ai mercati di Borsa, non solamente a livello domestico, ma anche a livello internazionale e sono complementari anche al sistema bancario, perché, logicamente, ogni attore della filiera supporta queste aziende lungo il proprio percorso di crescita. Pertanto, la finanza tradizionale c'è e rimane all'interno del fabbisogno finanziario delle aziende, ma, a seconda delle ambizioni di crescita e della dimensione della società, ci sono altre forme alternative, tra cui appunto il private placement.
  Il funzionamento di questa piattaforma è molto semplice. Innanzitutto è dedicata alle aziende ELITE, il che ci permette di garantire una qualità in termini di preparazione degli emittenti, ossia delle società che vogliono aprire a strumenti di equity o di debito. Gli investitori sono professionali, ossia investitori e fondi istituzionali, ma anche investitori professionali come family office e high net worth individual. Essi investono nella società e negli strumenti che essa emette, in base a un documento reso disponibile dalla società stessa e inviato attraverso sistemi digitali, cioè tramite la piattaforma, agli investitori che si sono «profilati» manifestando il proprio interesse per determinati tipi di operazioni in termini di equity e di debito, per determinati settori e per specifiche dimensioni.
  La novità è data proprio da questa piattaforma che ha l'obiettivo di semplificare l'accesso a capitale privato. Nelle prime operazioni che stiamo realizzando stiamo lavorando sia in modo tecnologico e digitale, sia in modo analogico. Oltre alle singole operazioni che le società possono aprire su questa piattaforma, stiamo lavorando anche ad alcune operazioni in basket – a cui ha fatto menzione ieri anche Cassa depositi e prestiti durante la presentazione delle nuove società ELITE a Milano – e in particolare a un'operazione di basket bond.
  Gli attori principali della piattaforma sono quindi le società emittenti, che sono società ELITE, le quali devono essere affiancate da un partner, ossia da un advisor che le supporti nella strutturazione della propria operazione. Ci sono poi gli investitori e un'ultima figura è quella degli agenti o advisor, soggetti che introducono investitori professionali o istituzionali disposti a investire in queste società. Oltre a questi attori c'è poi il ruolo della settlement bank, ossia della banca che, alla fine dell'operazione, trasferisce il denaro in base a ciò che è stato emesso dalla società.
  In sintesi, ELITE è un operatore, soprattutto grazie alla sua attività con ELITE Club Deal, nell'ambito FinTech. Facciamo uso, e realizziamo un continuo sviluppo, di tecnologie a supporto della nostra attività con le piccole e medie imprese perché, per avere crescita e scalabilità di questo modello e della nostra metodologia, la tecnologia certamente è un elemento imprescindibile.
  Non si tratta solo di un network di imprenditori, di investitori e di professionisti, ma di un ecosistema in cui anche il ruolo delle istituzioni, sia in Italia, sia a livello internazionale, è importante per facilitare l'accesso a nuove forme di finanza alle piccole e medie aziende, le quali costituiscono l'ossatura portante del nostro Paese, oltre che dell'Europa continentale in generale.

  ANDREA SIRONI, presidente di Borsa Italiana SpA. Vorrei solo ricordare due cose. La prima è che Borsa Italiana è molto attiva nell'utilizzo della tecnologia con l'obiettivo di favorire l'accesso delle piccole e medie imprese al mercato dei capitali. Noi crediamo che, per il nostro Paese, questo Pag. 12sia un obiettivo importante, perché, come sapete, si tratta di un Paese fortemente banco-centrico, in cui il credito bancario ha i problemi che conosciamo e il rafforzamento patrimoniale tramite emissione di titoli di equity da parte delle imprese, ha un ruolo positivo per il sistema economico nel suo complesso.
  La seconda considerazione è che questi sforzi sono coerenti, se volete, anche con il quadro normativo che si sta disegnando a livello europeo, in cui si va verso sistemi che favoriscono – pensate alla Capital Markets Union – l'accesso a forme di finanziamento alternativo da parte delle piccole e medie imprese (determinate peculiarità che ci sono nel nostro Paese sono comuni a quelle di altri Paesi dell'Europa continentale) e, in generale, a forme di finanziamento più trasparenti e standardizzate. Riteniamo, quindi, di muoverci nel quadro definito anche dalla normativa europea.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Inizia il collega Barbanti, che peraltro è tra i promotori di questa indagine conoscitiva sul FinTech.

  SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, presidente. Ebbene sì, sono tra i colpevoli dell'indagine conoscitiva. Scherzi a parte, grazie per la vostra audizione, anche perché ha fatto chiarezza su alcuni aspetti che anch'io, almeno personalmente, in parte tralasciavo. Mi dispiace se alcune domande saranno magari scontate o banali, ma fanno parte di un'operazione di chiarezza che voi avete iniziato e di cui vi ringrazio.
  Vi ringrazio anche per il lavoro che fate, perché una delle motivazioni per cui abbiamo deciso di svolgere questa indagine conoscitiva è appunto la capacità di attrarre capitali dall'estero propria di tutto il mondo FinTech: voi, a vostro modo, portate aventi questa attività attraverso il vostro lavoro sui tre mercati che avete descritto molto bene nel vostro intervento.
  Passo rapidamente alle domande. Le aziende quotate nel mercato ELITE sono PIR compliant o no? I PIR possono investire anche nelle aziende che sono nel mercato ELITE?

  ANDREA SIRONI, presidente di Borsa Italiana SpA. L'importante è capire che le aziende ELITE non sono quotate. Entrano in un percorso. Come diceva la dottoressa Testi, poiché molte imprese italiane familiari sono un po’ restie ad aprire il capitale, la nostra idea è di inserirle in un percorso che non prevede necessariamente la quotazione, ma che può poi portare ad essa.

  SEBASTIANO BARBANTI. Quindi, i PIR possono investire in queste società. Perfetto.
  Per quanto riguarda, invece, il mercato AIM, riscontrate delle difficoltà, da parte delle aziende, a fare il passo successivo, cioè a entrare nel mercato AIM e, se sì, quali sono queste difficoltà e quali possono essere i fattori correttivi?
  Uno tra tutti, ricordo che di recente abbiamo introdotto alcuni sgravi fiscali per le spese di consulenza per le aziende che volessero avviare la propria quotazione. Quella potrebbe essere, ovviamente, una soluzione. Chiedo se voi individuate altre misure.
  Dopodiché, il mercato ELITE mi sembra mostrare analogie e similitudini anche con ciò che avviene nel crowdfunding, con la differenza che, ovviamente, attraverso ELITE voi riuscite a piazzare anche strumenti di debito, cosa che attualmente, invece, le piattaforme di crowdfunding non possono fare. Speriamo peraltro che questo limite duri ancora per poco, perché sarebbe una delle limitazioni che vorremmo cercare di rimuovere per allargare ancora di più la platea.
  Da questo punto di vista mi chiedo cosa ne pensate, invece, della creazione di un mercato secondario per le azioni delle imprese che usufruiscono del sistema del crowdfunding.

  SESTINO GIACOMONI. Buonasera e grazie per il suo intervento. Presidente Sironi, ho ascoltato la sua relazione iniziale, in cui affermava che si sono quotate circa 400 società e che si tratta di un mercato in espansione, posto che arrivate a capitalizzare 700 miliardi di euro. Detto così, sembra tanto. Poi però, quando si legge sui Pag. 13giornali che il titolo Apple vale 900 miliardi di dollari, pensa che, forse, siamo ancora molto, molto indietro. Credo che tutti noi, come lei ci ha detto, dobbiamo fare la nostra parte per cercare di ampliare questo mercato.
  Come lei sa, da tempo, dalla legge di bilancio 2017, sono stati finalmente introdotti anche in Italia i PIR. In questa Commissione stiamo discutendo molto su questo strumento perché riteniamo che esso costituisca la strada migliore per far sì che il risparmio privato possa essere, di fatto, messo a disposizione delle piccole e medie imprese tentando di favorire, come affermava anche lei, l'accesso al mercato dei capitali per le piccole e medie imprese.
  In una risoluzione che dovremmo votare domani in Commissione Finanze c'è un punto specifico in cui invitiamo il Governo a far sì che Borsa Italiana possa semplificare il più possibile le procedure e anche ridurre i costi per la quotazione delle piccole e medie imprese. Sarebbe per noi utile conoscere, in questa sede o successivamente, quando lei lo riterrà opportuno, se possiamo intervenire anche a livello legislativo, approvando dei provvedimenti volti a semplificare le quotazioni in Borsa – in particolar modo anche per quanto riguarda i titoli obbligazionari – e su quali aspetti possiamo incidere per ridurre i costi.
  Anzi, visto che la manovra di bilancio è in corso di approvazione al Senato – il termine per la presentazione degli emendamenti scade il prossimo venerdì – vorrei chiedervi se avete già, in relazione a questi argomenti, le idee chiare. In tal caso credo che noi, come Commissione, potremmo farci parte attiva e fare in modo che il Governo possa anche recepire le vostre istanze.

  PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi, restituisco la parola al Presidente Sironi e alla dottoressa Testi.

  ANDREA SIRONI, presidente di Borsa Italiana SpA. La prima domanda dell'onorevole Barbanti, se ho ben capito, riguardava il passaggio da ELITE alla quotazione in AIM. Credo siano stati adottati di recente alcuni provvedimenti molto importanti. I PIR, che sono stati richiamati da tutti, hanno avuto il grande vantaggio di accrescere in modo significativo la liquidità per le imprese e, quindi, di lavorare molto sulla parte buy, cioè sulla parte degli investitori, e le stime disponibili sono significative in termini di importi.
  Crediamo che non sia ancora una situazione di bolla, ma semplicemente una situazione che ha riequilibrato delle quotazioni che erano molto depresse e che, ovviamente, hanno beneficiato dei PIR, ma anche di altri fattori, come la ripresa della congiuntura economica.
  Le misure attualmente in discussione relative al credito d'imposta connesso ai costi di quotazione rappresentano un altro passo avanti, perché agiscono sull'altro lato, quello delle imprese che si devono quotare. Lei ci ha chiesto se siano possibili altre misure che vanno nella direzione dell'obiettivo comune a cui tutti stiamo lavorando. Queste, ovviamente, sono misure molto importanti. Noi crediamo che una cosa che manca ancora un po’ nel sistema italiano sia una classe di investitori professionali specializzati nelle piccole e medie imprese. Non a caso, in passato Borsa Italiana si era fatta promotrice di una proposta per l'istituzione di un fondo di fondi dedicato proprio alle PMI quotate. È un'altra misura che può andare nella direzione che abbiamo indicato.
  Certamente sarebbe bene se fossero messe a disposizione maggiori risorse, ma per quanto riguarda questi aspetti credo ci sia – e su questi aspetti voi siete molto più esperti di me – un problema di scarsità delle risorse disponibili. Non sarò certo io a suggerirvi come risolvere questo problema. Intanto, però, posso dire che siamo in una situazione indubbiamente molto positiva e favorevole, che vede una pipeline ricca per Borsa Italiana, situazione che mette sotto pressione tutte le persone che vi lavorano. Questo ci rende ottimisti.
  Rispondo molto rapidamente alle altre due domande e poi lascio la parola alle colleghe, che hanno competenze più specifiche, da una parte, sui mercati primari e, dall'altra, sulla regolamentazione, in modo Pag. 14che possano affrontare tali questioni in modo più approfondito.
  Mi limito soltanto a osservare, con riferimento alla domanda sul fatto che noi siamo meno grandi di Apple e su cosa si può fare, che, se si parla con gli operatori di mercato, l'osservazione tipo che si sente dire è che Borsa Italiana è una struttura molto professionale, la quale riesce a far fronte a tutti gli adempimenti e oneri necessari in modo rapido ed efficiente, con costi – oserei dire – comparabili a quelli degli altri mercati europei.
  Qualche difficoltà in più si riscontra sul fronte regolamentare. Mi riferisco, in particolare, alla CONSOB. Essa stessa di recente ha pubblicato una ricerca nella quale ha riconosciuto questo aspetto, dopo aver svolto un'indagine con le imprese. Su questo punto ricordo che ci sono anche dei provvedimenti europei che vanno nella direzione di una semplificazione.
  Pensiamo al tema dei prospetti. Abbiamo prospetti particolarmente onerosi, che richiedono tempi a volte lunghi ed incerti. Io non sono, tuttavia, un esperto in materia, ragion per cui non vorrei esprimere giudizi che non sono poi così fondati su quali possano essere gli ostacoli relativamente a questi aspetti.
  Mi fermerei qui e lascerei la parola alla dottoressa Fico, che, all'interno di Borsa Italiana, si occupa proprio degli aspetti regolamentari. Tuttavia, lascerei prima la parola alla dottoressa Testi per quello che riguarda i primi due temi.

  MARTA TESTI, Head of ELITE Growth Italy&Europe. Sul tema del passaggio tra le società ELITE e il mercato mi sento di ribadire il fatto che ELITE, proprio per sua natura, è una piattaforma neutrale dal punto di vista del capitale. Deliberatamente non abbiamo voluto presentare e promuovere ELITE come un percorso «pre-quotazione» perché ci saremmo focalizzati solamente su uno strumento del possibile finanziamento alternativo al credito bancario, che invece presenta uno spettro di strumenti ben più ampio.
  Per questo motivo tutte le operazioni e i circa 5 miliardi di valore dalle aziende dal 2012 ad oggi sono ben distribuiti tra operazioni di M&A, come dicevo prima, operazioni di private equity, emissioni di debito e anche quotazioni. Dico «anche quotazioni» perché l'approccio che noi vogliamo avere, pur essendo Borsa Italiana, è quello di illustrare e descrivere tutti gli strumenti utilizzabili dalle imprese, in modo neutro.
  Prima di passare la parola alla collega, dottoressa Fico, sul tema del crowdfunding, volevo sottolineare che la piattaforma di private placement ELITE Club Deal, essendo una piattaforma dedicata e focalizzata solo sugli investitori istituzionali e professionali, potrebbe essere definita quasi un institutional crowdfunding, ma non è un crowdfunding proprio perché l'investitore retail, cioè l'investitore individuale, non è coinvolto in questo tipo di operazioni. Lascio, però, alla dottoressa Fico l'approfondimento sia sul crowdfunding, sia sul tema delle semplificazioni regolamentari.

  PAOLA FICO, head of capital markets regulation and regulatory compliance di Borsa Italiana SpA. La differenza, anche di categoria, è che ELITE e il crowdfunding non sono mercati e non offrono la funzionalità del mercato secondario, a differenza, invece, di AIM Italia. Noi intendiamo considerare questi ambienti come fasi di una filiera.
  ELITE e il crowdfunding fanno essenzialmente mercato primario. Servono a raccogliere i capitali, ma non offrono la way out. CONSOB ha adottato una regolamentazione intelligente su questo aspetto, individuando, tra i requisiti obbligatori per i portali che offrono crowdfunding, quello di imporre alle società che interagiscono con il portale di fornire agli investitori delle garanzie in occasione dell'uscita. Infatti, comprenderete bene che dover investire senza avere poi la possibilità di disinvestire rende difficoltoso l'investimento.
  È importante, quindi, che queste diverse fasi del processo di apertura del capitale siano chiare. ELITE non è un mercato, ma una modalità per raccogliere capitali, al pari del crowdfunding. La differenza, come diceva Marta Testi, è data dagli investitori a cui ci rivolgiamo: ELITE si rivolge infatti a investitori professionali, mentre il crowdfunding si rivolge agli investitori al Pag. 15dettaglio. Entrambi, però, non offrono le funzionalità del secondario, che è quello che, invece, AIM Italia, in un'ottica di crescita complessiva della società, è in grado di offrire.
  Su AIM Italia c'è il mercato secondario, che è molto vicino a quello di un mercato maturo, ossia di un mercato tradizionale. La piattaforma di negoziazione è la stessa tra AIM Italia e l'MTA. Pertanto, l'investitore che investa in AIM Italia ha la possibilità di uscire il giorno dopo a un prezzo fair, che è appunto il prezzo di mercato che si forma in base alle logiche degli investitori presenti sul book, e con trasparenza delle informazioni.
  La normativa del crowdfunding in Italia è stata pionieristica. C'era un caso simile soltanto nel Regno Unito. Adesso la Commissione europea si sta muovendo. Qual è il limite del crowdfunding? Si fanno offerte solo in Italia. Non si riesce ad avere una portata transfrontaliera. Adesso la Commissione europea sta guardando anche all'esempio italiano per capire come potenziare questa modalità alternativa di raccolta del capitale. Sono tutte fonti complementari tra di loro, che coprono diversi ambiti dell'economia.
  Anche sull'AIM Italia stiamo lavorando molto per potenziare il secondario. È una continua attività, anche sartoriale, di disegno della regolamentazione. Si diceva che si tratta di un mercato non regolamentato perché è regolamentato dalla Borsa. Poiché si tratta di piccole e medie imprese, la normativa consente alla Borsa di scegliere quali siano le esigenze amministrative ad esse più adatte.
  Di che cosa abbiamo bisogno per potenziare i mercati italiani, a livello normativo? La prossima settimana ci recheremo presso la Commissione europea, la quale ha avviato una serie iniziative di stampo tecnico aventi ad oggetto le barriere regolamentari alla quotazione delle PMI, nell'ambito della Capital Markets Union. In particolare la Commissione ha chiesto alle Borse che cosa occorra fare per aiutarle, perché a volte c'è un gap, anche di tipo tecnico, tra quanto conoscono i regolatori e ciò di cui c'è bisogno dal basso, che è innanzitutto una rilettura complessiva di tutta la normativa, in primis comunitaria. Il legislatore italiano ha dei limiti anche di mandato, nel senso che, per il settore finanziario, gran parte della normativa deriva ormai da direttive europee e regolamenti che sono stati negoziati a Bruxelles.
  Il legislatore comunitario ci ha chiesto, dunque, di che cosa abbiamo bisogno: occorre una rilettura razionale di tutta la normativa, in un'ottica di proporzionalità per le piccole e medie imprese, perché una norma, purtroppo, non può essere uguale per una piccola impresa come per una large cap. Quindi, c'è bisogno di una rilettura sistematica, perché a volte, anche nel tempo, le sovrapposizioni normative non hanno tenuto conto di questa esigenza di flessibilità.
  Vi faccio un esempio. La normativa italiana aveva creato un ambiente favorevole per l'emissione dei minibond. Noi abbiamo lanciato un mercato extra MOT che viene indicato come un'altra esperienza di successo a livello comunitario. È arrivata la normativa comunitaria in tema di market abuse, che è stata auspicata perché rende più sicure le negoziazioni sul mercato, ma ha imposto oneri amministrativi esasperanti per le piccole e medie imprese.
  Noi chiediamo che, anche nell'ambito del recepimento delle normative, sia prestata attenzione all'individuazione degli spazi di sgravio degli oneri per le piccole e medie imprese, perché queste hanno bisogno di essere accompagnate nel processo di strutturazione e crescita. A mano a mano che crescono, anche a livello di competenze tecniche, saranno maggiormente in grado di interagire con il mercato in un'ottica più matura e, quindi, di sopportare oneri amministrativi maggiori.

  ANDREA SIRONI, presidente di Borsa Italiana SpA. Come sapete, Borsa Italiana si è fatta promotrice tanti anni fa di un codice di autodisciplina che oggi è un punto di riferimento importante per le società quotate. Proprio in questa fase è in corso un lavoro, non tanto finalizzato all'istituzione di un nuovo codice per le piccole e medie imprese, quanto piuttosto volto a realizzare, all'interno del codice di autodisciplina, Pag. 16 alcuni aggiustamenti che possano venire incontro a esigenze specifiche delle piccole e medie imprese che accedono al mercato dei capitali.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Sironi per la sua audizione. Ringrazio anche le persone che l'hanno accompagnata, ossia la dottoressa Testi e la dottoressa Fico.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Sironi (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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