CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 agosto 2017
867.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-12044 Toninelli ed altri: Sul presidio delle forze di pubblica sicurezza nei comuni di Mirano e Santa Maria di Sala (Venezia).

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  I due comuni a cui si fa riferimento nell'interrogazione – Mirano e Santa Maria di Sala – sono tra le più importanti realtà sociali e produttive della provincia di Venezia, anche grazie alla loro ubicazione strategica in un'area attraversata dalle principali arterie viarie che collegano le vicine province di Padova e Treviso.
  In proposito, intendo innanzitutto sottolineare che nei comuni in questione la situazione della sicurezza pubblica non presenta significativi aspetti di criticità ed è sostanzialmente sotto controllo, pur in presenza di dati non univoci.
  Dall'analisi delle statistiche relative al primo semestre del 2017 rispetto all'analogo periodo del 2016, risulta che nel comune di Mirano si è registrato un incremento della delittuosità di circa il 7 per cento. Al contrario, nel comune di Santa Maria di Sala, la delittuosità generale è calata del 15 per cento e, per quanto riguarda i furti, la riduzione si attesta addirittura al 31 per cento circa.
  Sul piano delle iniziative di contrasto del crimine, rappresento che entrambi i comuni hanno aderito al «Protocollo del Controllo di vicinato», che costituisce un importante strumento per innalzare gli standard di sicurezza, attraverso l'attuazione di una nuova strategia che vede la partecipazione attiva dei cittadini, allo scopo di assicurare un «territorio sotto controllo» e accrescere così la fiducia nelle istituzioni e il senso di appartenenza alla propria comunità.
  Per quanto riguarda la presenza delle Forze dell'ordine nel territorio, informo che l'Arma dei Carabinieri opera nei due comuni interessati tramite la Stazione di Mirano, che attualmente costituisce – per numero di addetti – il terzo presidio della Città Metropolitana di Venezia, dopo quelli di Dolo e Mira.
  Nei primi sette mesi di quest'anno, il personale della predetta Stazione ha effettuato circa 750 servizi di carattere preventivo nell'ambito territoriale di competenza, che comprende anche i due comuni in questione.
  A questi servizi si sono aggiunti quelli svolti dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Mestre, nonché una serie di specifiche attività coordinate di controllo effettuate, con l'impiego del Battaglione di Mestre, anche a Mirano e a Santa Maria di Sala.
  Per quanto detto, la presenza delle Forze dell'ordine nei comuni in questione si attesta su livelli di forza organica tra i più elevati in ambito regionale e dunque adeguati alle esigenze del territorio di competenza.
  Per quanto concerne, infine, l'ipotesi della costituzione di una Tenenza, già avanzata nel 2003 e riproposta nel 2011, informo che essa non si è mai concretizzata, soprattutto a causa delle difficoltà connesse al reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione di una caserma idonea, stimate in circa 4 milioni 500 mila euro già nel 2006.

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ALLEGATO 2

5-12045 Costantino e Maestri: Sulla situazione del centro di accoglienza di Cona (Venezia).

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'intensità e la frequenza degli sbarchi di questi anni hanno indotto il Governo a ridisegnare in profondità i meccanismi del sistema nazionale di accoglienza, con l'obiettivo di superare la logica emergenziale seguita in precedenza e conseguentemente affrontare la gestione dei flussi migratori nell'ambito di un'attività ordinaria, strutturata e programmabile.
  In questa direzione, stiamo seguendo fin dal luglio 2014 una strategia di accoglienza diffusa, nella convinzione che si tratti di una scelta idonea a ridurre l'impatto del fenomeno migratorio sul tessuto sociale del Paese e a realizzare, nel contempo, l'integrazione degli stranieri aventi titolo a soggiornare nel territorio nazionale.
  Attraverso l'accoglienza diffusa sarà possibile, tra l'altro, «archiviare» l'esperienza dei grandi centri a cui ancora oggi si sta facendo ricorso come extrema ratio in quei contesti caratterizzati da una risposta solo parziale delle istituzioni locali alle esigenze di pronta accoglienza dei migranti.
  L'obiettivo dell'allargamento della platea dei comuni che concorrono all'accoglienza viene perseguito in perfetta unità di intenti con l'ANCI, con cui, nel dicembre dello scorso anno, abbiamo condiviso un apposito Piano operativo che consentirà una distribuzione più equilibrata e sostenibile tra i comuni.
  Resta evidente che questo sistema funziona a condizione che tutti i diversi livelli di governo facciano la propria parte, collaborando in maniera responsabile alla filiera amministrativa, sia per gli aspetti decisionali che per quelli attuativi.
  Venendo alla situazione del centro di Cona, faccio presente, innanzitutto, che l'Unità locale socio-sanitaria n. 3 di Venezia, sulla base della planimetria disponibile alla data del 13 marzo scorso, ha dedotto una capacità ricettiva della struttura pari a 947 posti. Si è in attesa di acquisire, ora, il dato aggiornato della capacità ricettiva in rapporto alla planimetria attuale.
  Riferisco, poi, che obiettivo primario del Prefetto di Venezia è quello di arrivare alla chiusura del centro in questione e di realizzare un'accoglienza per piccoli gruppi in strutture di modeste dimensioni.
  Qualora tale risultato non fosse raggiungibile nell'immediato, obiettivo secondario è quello di alleggerire il numero dei migranti presenti nella caserma, di aumentarne il comfort e di abbattere i tempi di permanenza.
  Finora, le offerte di sistemazioni alloggiative pervenute dalle associazioni e dagli organismi di solidarietà laici e religiosi, nonché dagli enti del privato sociale, nelle 7 procedure di gara ad evidenza pubblica espletate dalla Prefettura nell'ultimo triennio, sono state del tutto insufficienti a coprire il fabbisogno di posti richiesti.
  Nella procedura di gara bandita nello scorso mese di marzo, a cui si fa riferimento nell'interrogazione, sono stati aggiudicati solo 911 posti, di cui 86 nuovi. Alcune di tali sistemazioni sono ubicate in 5 comuni che in precedenza non accoglievano Pag. 30migranti. Quindi, ad oggi i comuni veneziani che ospitano strutture temporanee di accoglienza sono 27 su 44.
  Il numero limitatissimo delle offerte pervenute non ha consentito di ridurre gli ospiti di Cona al livello indicato dall'Unità locale sociosanitaria, né permette di fissare un termine temporale preciso per raggiungere tale soglia. Comunque, ad oggi, dopo la predetta procedura di gara, sono stati trasferiti dal centro di Cona 190 migranti.
  Rimane fermo che, appena si rendono disponibili posti in altre strutture di accoglienza nel territorio della Città metropolitana, viene disposto lo spostamento in essi dei migranti presenti a Cona.
  Proprio a questa esigenza risponde, tra l'altro, l'avvio da parte della Prefettura, nello scorso mese di luglio, della procedura – anch'essa menzionata nell'interrogazione – per la manifestazione di interesse alla stipula di convenzioni per l'affidamento diretto dei servizi di accoglienza per complessivi 1.536 posti presso strutture temporanee da istituire.
  Preciso che tale procedura, tuttora in corso, non è rivolta ai Comuni, bensì agli operatori del privato sociale e del settore alberghiero.

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ALLEGATO 3

5-12046 Sisto e Laboccetta: Sulle perquisizioni presso il domicilio di Bruno Contrada.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Riguardo ai fatti rappresentati nell'interrogazione degli onorevoli Sisto e Laboccetta, informo che il 26 luglio scorso personale della Squadra mobile di Reggio Calabria ha effettuato una perquisizione delegata nell'abitazione del dottor Bruno Contrada a Palermo, nel contesto di una più ampia indagine diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sul coinvolgimento di esponenti della ’ndrangheta calabrese nella strategia stragista ordita da Cosa Nostra agli inizi degli anni ’90.
  Detta perquisizione è stata effettuata in deroga ai limiti temporali previsti dall'articolo 251 del codice di procedura penale, come disposto, per ragioni di urgenza, dall'Autorità giudiziaria procedente, nel relativo decreto datato 25 luglio.
  Il successivo 29 luglio, su delega verbale del magistrato della predetta Direzione distrettuale antimafia, investigatori della Squadra mobile reggina, verificata la disponibilità del signor Contrada, si sono recati, presso la stessa abitazione per svolgere alcuni approfondimenti e verifiche connesse all'indagine in questione. In tale sede, secondo quanto riferito dalla Questura di Reggio Calabria, non è stata effettuata alcuna perquisizione.
  L'indagine, diretta dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, è coperta da segreto istruttorio.

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ALLEGATO 4

5-12043 Plangger ed altri: Sul comitato di solidarietà vittime dell'estorsione e dell'usura.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Plangger, unitamente ad altri deputati, pone una serie articolata di questioni riguardanti il funzionamento del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura.
  Quanto alla presenza delle associazioni antiracket e antiusura nell'organismo, giova ricordare che i criteri inerenti alla loro rappresentatività sono contenuti nel decreto ministeriale 2 agosto 2013. In sintesi, essi hanno riguardo alla consistenza organizzativa, al numero delle costituzioni di parte civile, alla diffusione e articolazione territoriale, nonché alle iniziative e agli interventi svolti sul territorio relativi ad attività di prevenzione del rischio di estorsione ed usura o di sostegno alle vittime.
  In prossimità di ogni rinnovo del Comitato, viene inviata ai Prefetti dei capoluoghi di regione una circolare, chiedendo di effettuare un monitoraggio delle associazioni presenti nei rispettivi contesti territoriali, indispensabile ad individuare gli organismi maggiormente rappresentativi a cui chiedere le rispettive designazioni, necessarie al Ministro per procedere alla nomina del nuovo Comitato.
  In tale ambito, il principio della rotazione dei componenti del Comitato risulta essere stato sempre osservato.
  Quanto alla pubblicità dei lavori dell'organismo, rilevo innanzitutto l'inopportunità della pubblicazione dei nomi dei beneficiari delle provvidenze e dei mutui concessi, trattandosi di vittime di reati odiosi, che, spesso, costituiscono espressione dell'attività di organizzazioni criminali di stampo mafioso.
  La trasparenza dell'attività del Comitato è assicurata con la pubblicazione delle relazioni presentate annualmente da tutti i Commissari «pro-tempore», che sono fonti indispensabili per conoscere tutte le iniziative assunte per contenere i reati estorsivi ed usurari, consentendo, nel contempo, alle vittime degli stessi reati di reinserirsi nell'economia legale.
  Per quanto concerne l'altro quesito posto con l'interrogazione, cioè la pubblicizzazione dei nominativi dei membri del Comitato di solidarietà, rappresento che la questione è stata sottoposta, anche di recente, all'attenzione dei membri stessi, al fine di acquisire il loro espresso consenso al riguardo. Questo passaggio è motivato dalla sussistenza di profili di esposizione al rischio dei componenti di un collegio la cui attività è funzionale al contrasto di espressioni peculiari della criminalità organizzata.
  I membri del Comitato, confermando un orientamento già espresso in passato, hanno ritenuto, all'unanimità, di non dar luogo alla pubblicazione dei propri nominativi per ragioni di riservatezza, sicurezza personale ed opportunità.
  Su un piano più generale, ritengo di dover sottolineare che il Comitato di solidarietà assume le sue decisioni, sulla scorta di dettagliati rapporti prodotti dalla Prefetture, le quali, a loro volta, raccolgono oggettivi elementi informativi forniti dai responsabili delle Forze di polizia e dalle Procure della Repubblica e Procure distrettuali antimafia.
  Una volta assunta la deliberazione, il Commissario antiracket, che è anche Presidente del Comitato di Solidarietà, adotta i conseguenti provvedimenti.
  A monte e a valle delle decisioni c’è, quindi, un sistema basato su una griglia di dati, informazioni, verifiche di requisiti e presupposti che assicurano il massimo di oggettività.

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ALLEGATO 5

5-12042 D'Attore ed altri: Sulle iniziative per garantire la sicurezza dell'edificio dell'ex fabbrica di penicillina a Roma.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Come ricordato nell'interrogazione, nel gennaio 2014, nell'ambito di un procedimento penale, militari dell'Arma dei Carabinieri di Roma hanno sequestrato per gravi motivi di natura ambientale, igienico-sanitaria e per evidente stato di degrado, lo stabile sito in via Tiburtina, ex sede dell'industria farmaceutica «I.S.F. SpA», costituito da più strutture fatiscenti insistenti su un'area di circa 35 mila metri quadrati. Nell'occasione è stata deferita all'Autorità giudiziaria, per «abbandono incontrollato di rifiuti», la legale rappresentante della società, proprietaria della struttura. Il procedimento penale è tuttora pendente nella fase dibattimentale.
  Lo stabile è tuttora oggetto di sequestro penale e, secondo quanto rappresentato dalla Sindaca di Roma Capitale, risulta improcrastinabile concordare con la proprietà mirati interventi risolutivi, compresi quelli di bonifica dell'area, posto che, con il trascorrere del tempo, la situazione tende a peggiorare sotto i profili igienico e strutturale e che l'immobile continua ad essere frequentato da persone senza fissa dimora, dedite anche ad attività illecite.
  L'immobile è stato oggetto di sgombero nel dicembre 2016. Esso è stato immediatamente rioccupato, non essendo stato messo in sicurezza dalla proprietà, il cui legale rappresentante, all'epoca, era anche custode giudiziario.
  Il 29 marzo scorso, il Tribunale di Roma ha nominato custode giudiziario il dirigente pro tempore del IV Gruppo della Polizia Locale, in sostituzione del legale rappresentante della I.S.F. S.p.A.
  Il successivo 2 maggio, le Forze di polizia, in esecuzione di un ordine della Procura della Repubblica di Roma, hanno proceduto a un nuovo sgombero della struttura in questione e al conseguente deferimento all'Autorità giudiziaria di 75 soggetti di varia nazionalità per «invasione di edifici» e «violazione dei sigilli».
  Successivamente, persistendo le condizioni di abbandono, l'immobile è stato nuovamente occupato e, alla data del 15 giugno scorso, risultavano presenti circa 20-30 persone senza fissa dimora, prevalentemente stranieri.
  La questione è stata esaminata, di recente, dall'Osservatorio sulla sicurezza istituito presso il IV Municipio, al fine di individuare idonee iniziative volte al superamento dell'occupazione abusiva, promuovendo in via prioritaria l'attivazione di interventi a tutela delle fragilità sociali. Ricordo che tale organismo è presieduto da un funzionario della Prefettura di Roma e di esso fanno parte le Forze dell'ordine territorialmente competenti, oltreché rappresentanti dell'Amministrazione comunale.
  Su un piano più generale, rilevo che la vicenda dell'edificio in questione si inserisce nel complesso e delicato problema delle occupazioni abusive che vanno gestite sempre con molta oculatezza per evitare impatti negativi sulla sicurezza.
  In questo contesto, la Prefettura di Roma, nell'ambito di una più organica strategia, ha affrontato il problema sotto diverse angolature. Innanzitutto, è stato perseguito l'obiettivo di bloccare il possibile incremento del fenomeno. Le azioni dispiegate in questo senso hanno consentito di sventare numerosi tentativi di occupazione.Pag. 34
  In secondo luogo, è stata stilata una scala di priorità degli sgomberi, che accorda una preferenza agli interventi destinati a rimuovere i rischi per l'incolumità e la salute pubblica, a dare esecuzione a provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, nonché a sgomberare edifici utilizzati a fini non abitativi.
  In applicazione di tali criteri sono stati «liberati», nel tempo, diversi immobili.