XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 30 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1994 , APPROVATA DAL SENATO, RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CRITERI DI PRIORITÀ PER L'ESECUZIONE DI PROCEDURE DI DEMOLIZIONE DI MANUFATTI ABUSIVI

Audizione di Luigi Riello, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli, di Nunzio Fragliasso, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli e di Leonida Primicerio, procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 ,
Riello Luigi , procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli ... 2 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 ,
Ricciardi Ugo , sostituto procuratore presso la Corte di Appello di Napoli – Capo dell'Ufficio demolizioni ... 4 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 ,
Primicerio Leonida , procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno ... 7 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 ,
Fragliasso Nunzio , procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli ... 11 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 ,
De Chiara Aldo , avvocato generale presso la Corte di Appello di Salerno ... 14 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 ,
Marotta Antonio (AP)  ... 16 ,
Sarro Carlo (FI-PdL)  ... 16 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 ,
Fragliasso Nunzio , procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli ... 18 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 ,
Ricciardi Ugo  ... 18 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 ,
Riello Luigi , procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli ... 18 ,
Primicerio Leonida , procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno ... 19 ,
De Chiara Aldo , avvocato generale presso la Corte di Appello di Salerno ... 19 ,
Fragliasso Nunzio , procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli ... 19 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Luigi Riello, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli, di Nunzio Fragliasso, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli e di Leonida Primicerio, procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1994, approvata dal Senato, recante disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi, di: Luigi Riello, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli, accompagnato da Ugo Ricciardi, sostituto procuratore generale presso la stessa Corte di Appello e capo dell'Ufficio demolizioni; Nunzio Fragliasso, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli, delegato dal procuratore; Leonida Primicerio, procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno, accompagnato da Aldo De Chiara, avvocato generale di Salerno.
  Do la parola a Luigi Riello, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli.

  LUIGI RIELLO, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli. Grazie, presidente. Vorrei porre in evidenza innanzitutto un dato, cioè che il mio ufficio, in data 10 dicembre 2015, ha emesso un provvedimento – che darò in copia, unitamente a qualche dato statistico che sarà comunque integrato dal collega Ugo Ricciardi – con il quale si sono stabilite delle priorità in ordine alle procedure di demolizione.
  Solo per sunteggiare gli aspetti essenziali, noi intanto abbiamo ritenuto che il primo criterio da seguire fosse comunque quello cronologico. Su questo ci siamo anche attenuti a criteri di altre procure del distretto, e segnatamente a quella di Napoli, che oggi è egregiamente rappresentata dal collega Fragliasso. Quindi, abbiamo recepito questi criteri e li abbiamo distrettualizzati, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, anche, e direi soprattutto, allo scopo di uniformare le prassi su questo argomento così delicato.
  Abbiamo ritenuto che l'individuazione di criteri di priorità – e lo abbiamo scritto espressamente, così come nel provvedimento omologo della Procura della Repubblica di Napoli è scritto – fosse e sia ammissibile in questa materia (poi passerò subito a qualche osservazione ovviamente sulla proposta di legge) intanto perché l'articolo 1 dello stesso decreto legislativo n. 106 del 2006 sancisce che il procuratore della Repubblica, e quindi il pubblico ministero, «può stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio [...] della delega» e il comma 6 prevede che il Pag. 3procuratore della Repubblica determina i criteri di organizzazione dell'ufficio.
  Noi comunque, come dicevo, abbiamo determinato, nell'ambito del principio generale dell'ordine cronologico, una serie di priorità che sono di regola di carattere oggettivo. Per esempio, immobili – su questo il primo punto coincide quasi con la proposta di legge – che per condizioni strutturali o altro costituiscano un pericolo già accertato per la pubblica incolumità, oppure immobili allo stato grezzo adibiti ad attività imprenditoriali speculative eccetera, o in particolare costruiti su area demaniale oppure in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico o a vincolo idrogeologico, cioè le zone R3 e R4.
  Abbiamo peraltro anche provveduto – questo è avvenuto entro la data che ci eravamo prefissati del 29 febbraio 2016 – a un unico albo distrettuale dei consulenti e a un unico albo distrettuale per quanto riguarda le ditte, anche provvedendo ad una modulistica comune, in modo anche, al riguardo, da uniformare le prassi delle varie procure.
  Per quanto riguarda la proposta di legge, pur muovendosi in un'ottica apparentemente collimante con quella che ha ispirato il mio provvedimento, come il provvedimento del procuratore della Repubblica di Napoli e di altri procuratori del distretto, tuttavia essa presenta, a mio giudizio – e non solo, credo, a mio giudizio – delle profonde criticità, per una serie di ragioni che cerco di sintetizzare al massimo.
  Intanto, questi criteri di priorità per l'esecuzione delle procedure di demolizione si rivolgono esclusivamente al pubblico ministero, non anche ai comuni, perché, infatti, l'articolo 44-bis del testo unico in materia edilizia che viene introdotto appunto dalla proposta di legge, afferma «il pubblico ministero [...] ai sensi degli articoli 655 e seguenti, [...] osserva i seguenti criteri di priorità». Ecco, già questo è indicativo: «osserva», non indica quindi un criterio tendenziale, ma un criterio molto rigido.
  Alcune delle priorità – e questo è il secondo motivo di perplessità – così come vengono indicate nelle lettere che seguono, non sono collegate a criteri effettivamente oggettivi. Se prendiamo, per esempio, la lettera i) del colla 1 del citato articolo 44-bis, ci accorgiamo che si parla di «immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che dispongano di altra soluzione abitativa», e così anche per altri.
  Questo inserimento, pur finalizzato sicuramente a uno scopo di equità che è quello che ha almeno ispirato la nostra linea di condotta e i nostri provvedimenti, rischia di aprire una falla nel procedimento di esecuzione, nel senso che si aprirebbe la necessità di accertare in via incidentale una serie di circostanze, e questo credo che collida con la natura stessa del procedimento di esecuzione, che deve essere rapido, deve essere snello e non dovrebbe essere, come dicevo, anche così rigido.
  La rigidezza dei criteri viene peraltro confermata dalla lettura del comma 3 dell'articolo 44-bis introdotto appunto dai proponenti, in quanto si sancisce in tale comma espressamente che il pubblico ministero può derogare all'ordine dei criteri precedenti, peraltro con delle eccezioni rilevanti, che sono quelle di cui alle lettere i), l) ed m) del comma 1 del citato articolo 44-bis, con riferimento al singolo caso e motivandone specificamente le ragioni.
  Ora, ci siamo posti un problema, anche ragionandone in ufficio (qui c'è il collega Ricciardi). Innanzitutto, i nostri criteri sono interni e tendenziali. Non erano stati comunicati neppure alla stampa, anche se poi le vie della stampa – mi si passi l'espressione – sono infinite, visto che, sia pure dopo parecchi giorni, abbiamo ritrovato integralmente il nostro provvedimento sugli organi di informazione.
  A ogni modo, già oggi, dopo il varo del provvedimento cui ho fatto riferimento e che vi ho consegnato in copia, vengono presentati degli incidenti di esecuzione, per cui, là dove vi fosse un provvedimento normativo – da un lato rigoroso e rigido, dall'altro che fa riferimento a situazioni che postulano un accertamento – rischieremmo Pag. 4 di sortire l'effetto opposto rispetto a quello che si vuole determinare.
  Infatti, avremmo sia un rallentamento del procedimento sia una difficoltà di individuazione, soprattutto riguardo alle categorie oggetto dei criteri di priorità, con una proliferazione di incidenti di esecuzione perché in questo caso non si tratterebbe più di una violazione di un criterio interno, bensì di una violazione di legge, il che aprirebbe una falla di difficile soluzione, per la quale bisognerebbe considerare – in Campania e in particolare nella Corte d'appello del distretto di Napoli il numero è enorme – comparativamente certe situazioni o verificare la ricorrenza dei dati che servono per accertare ciò che è necessario.
  Se mi è consentito, vorrei fare un'altra precisazione che non è diretta, ma connessa a questa. Il collega Fragliasso, con il quale mi sono confrontato, sicuramente svilupperà questo argomento.
  Se ci poniamo, in generale, il problema dell'efficacia dell'opera dello Stato rispetto ad abusi che da noi sono gravi e che riguardano il Vesuvio, zone con vincoli paesaggistici o archeologici e così via, vi è anche una questione di costi, quindi di fondi.
  Ora, come previsto dal testo unico sulle spese di giustizia, ovvero dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, le spese possono essere incluse tra quelle di giustizia, ma è privilegiato il ricorso alla Cassa depositi e prestiti (articolo 32, comma 12 del decreto legislativo n. 269 del 2003). Tuttavia, come si evince dallo stesso dettato normativo e come confermato anche da fonti secondarie (per esempio dalla circolare del 28 ottobre 2004, n. 1254), gli unici soggetti abilitati a richiedere le anticipazioni a valere sulle risorse del Fondo sono i comuni, anche nelle ipotesi in cui alla demolizione debba provvedere un'altra autorità, in particolare l'autorità giudiziaria o la Sopraintendenza e quant'altro.
  Mi rendo conto che sarebbe difficile e poco realistico avere un rapporto diretto tra l'autorità giudiziaria e la Cassa depositi e prestiti, cui diventeremmo debitori, ma non credo che il fatto che il cammino debba passare per i comuni aiuti l’iter.
  Per la verità, noi abbiamo cominciato ad abbattere i manufatti abusivi proprio quando è stata l'autorità giudiziaria ad assumere sulle proprie spalle questi compiti, mentre nella scelta degli immobili da abbattere e nell'attivazione della procedura sarebbero i comuni i veri domini della situazione, per cui si pensava a un ente intermedio (magari alla regione o a un ente che possa far capo al Ministero della giustizia) per evitare la non disponibilità da parte del pubblico Ministero.
  Del resto, se oggi siamo costretti a fissare dei criteri di priorità – questo è stato il nostro scopo – è stato proprio perché troviamo difficoltà di carattere tecnico, ma anche finanziario, il che pone un problema molto serio. Credo, quindi, che il discorso delle spese in materia di demolizione debba essere affrontato in maniera sinergica e contestuale in un provvedimento legislativo che voglia opporsi efficacemente a questo dramma, diffuso non solo dalle nostre parti, ma che nel sud – in particolare nel distretto della corte d'appello di Napoli e in Campania, come confermeranno il procuratore generale e l'avvocato generale di Salerno – è forse più forte sotto il profilo quantitativo e qualitativo rispetto ad altre zone d'Italia.
  Al momento mi fermerei qui per quanto riguarda le notazioni di carattere generale. Sul piano dei numeri, delle statistiche e di altri elementi, potrà integrare il collega Ugo Ricciardi, insieme ad altri colleghi con i quali mi sono confrontato con riferimento sia alla proposta di legge, sia al problema essenziale delle spese. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore generale della Corte d'Appello di Napoli.
  Do ora la parola per un'integrazione al dottor Ugo Ricciardi, sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello di Napoli con delega a capo dell'Ufficio demolizioni.

  UGO RICCIARDI, sostituto procuratore presso la Corte di Appello di Napoli – Capo Pag. 5dell'Ufficio demolizioni. Vorrei proiettare delle slide. Ho fatto molte demolizioni; Mio malgrado, ho tenuto tre corsi di formazione sulle demolizioni, due al Consiglio superiore della magistratura, con la IX Commissione, e uno, l'anno scorso, alla scuola della magistratura di Salerno, con Aldo De Chiara, Antonella Giannelli e Lucio Di Pietro.
  A ogni modo, non potrei non essere d'accordo con quanto ha detto il mio procuratore generale. Effettivamente, quale bisogno ci sarebbe di varare una nuova legge sulle demolizioni a livello nazionale?
  Peraltro, la norma va comunque modificata perché attualmente è diretta solo al procuratore della Repubblica, quindi noi che siamo in Procura generale saremmo liberi di demolire quello che vogliamo, basta che ci sia l'ordine di demolizione.
  Ci sono, poi, anche altre imperfezioni. Per esempio, tra le priorità si parla di lottizzazione abusiva, ma questa non prevede la demolizione bensì la confisca. Allora, quale priorità è quella in cui si parla di lottizzazione abusiva? Perciò dico di andare nella pratica, perché nella pratica andiamo con gli operatori del diritto, che purtroppo per noi operatori del diritto è una cosa più complessa di quella che traspare dall'eventuale varo di questa normativa.
  È giusto che il procuratore generale in ambito distrettuale organizzi, più che le priorità, le criticità, perché la demolizione giudiziaria è una procedura che consta di tre fasi, una più complessa dell'altra. Se la presidente me lo consente, consegnerei un atto ufficiale, che ho tenuto nascosto al mio procuratore generale, cosa di cui chiedo venia, ossia lo stralcio della relazione ispettiva che abbiamo subìto (non c'era l'attuale procuratore generale, c'era il precedente) nel 2013.
  Tenete presente che, come l'onorevole Sarro sa, io sono stato, purtroppo, uno dei fautori della famosa ispezione del 2005. Nel 2005 fu ispezionata la Procura generale di Napoli, le Corti d'appello, io all'epoca ero ispettore generale capo, non seguii personalmente l'ispezione per ovvie ragioni, però capii che stava uscendo un «bubbone» dall'archivio, che poi non era l'archivio solo della Corte d'appello della Procura generale, ma si è dimostrato nei tempi immediatamente successivi che era l'archivio dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto tutti gli archivi avevano la medesima situazione.
  In sostanza, infatti, era passato al Registro esecuzioni (RES) e non era stato istituito un registro particolare per le demolizioni, quindi tutto ciò che stava nel RES e riguardava le demolizioni fu archiviato, nonostante la sentenza del 1996 delle Sezioni unite, che dava finalmente il riconoscimento al pubblico ministero – attenzione – non come titolare dell'esecuzione, come sembrerebbe trasparire dalla proposta di legge, perché il titolare dell'esecuzione è sempre il giudice dell'esecuzione, che in questa proposta non viene proprio considerato.
  Tenete presente che il giudice dell'esecuzione è, invece, colui al quale andiamo a relazionare i provvedimenti, cioè noi curiamo i provvedimenti del giudice dell'esecuzione. Con una legge, questa o un'altra, esautoriamo il giudice dell'esecuzione dicendo che siamo noi pubblici ministeri a fare questa cosa, e addirittura siamo stati auditi, su questa materia, dalla Commissione giustizia solo noi pubblici ministeri! Chiamate, quindi, i giudici dell'esecuzione.
  Mi permetto quindi di lasciare agli atti lo stralcio della relazione ispettiva che riguarda il settore demolizioni, che è stato sviscerato dopo i «bubboni» che uscirono nel 2005, quando ci furono prescrizioni ed altre situazioni antipatiche, che non ci vedevano, ovviamente, protagonisti.
  A seguito di questa relazione, a fine 2007, quando arrivai in Procura generale, l'allora Capo procuratore generale, Vincenzo Galgano, mi diede l’incipit sulle demolizioni, perché fece un decreto: «premesso che sei stato ispettore generale, premesso che conosci il problema, premesso che hai letto anche tu le denunce, a questo punto, visto che le demolizioni non si fanno, organizza tu l'Ufficio demolizioni». Ecco perché poi è sorto l'Ufficio demolizioni della Procura generale di Napoli. Pag. 6
  A questo proposito vi consegno (eventualmente è anche su supporto informatico) la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione sulle demolizioni, divisa per capitoli, da me coordinata. Questa subisce periodicamente aggiornamenti, quindi, potrete valutare anche la situazione nel contesto generale.
  A questo punto passerei a considerare queste criticità, e alla fine ci porremo tutti una domanda. Qui non si fanno nomi di paesi, di condannati né di avvocati che hanno presentato incidenti di esecuzione, si tratta di un dato scientifico, quindi valutatelo sotto questo aspetto.
  La prima ipotesi è un caso di impossibilità di accesso a un immobile abusivo anche per i mezzi di soccorso. Vedete una rampa di scale, sulla quale il condannato per sette anni ha portato la carriola con il cemento (e gliel'hanno permesso) per costruire quanto vedete adesso. In un piano ha abitato, mentre l'altro è in queste condizioni. La strada che vedete l'abbiamo creata noi, perché, a parte i camion per demolire, non ci passavano neppure i mezzi di soccorso, i pompieri, le ambulanze. Questo tizio ha fatto quello che voleva.
  Quando parlai con il sindaco (il problema è anche parlare con i politici degli enti locali che fanno orecchie da mercante) e con l'ufficio tecnico chiesi perché non gli avessero fatto fare almeno la strada e la risposta fu un meravigliato: «No, lì non si può fare proprio niente!».
  Questa, invece, è una richiesta di dissequestro per una sopraelevazione. Per quanto riguarda questo immobile avevamo solamente l'ordine di demolizione per il seminterrato e il rialzato. Un'occhiata alla giurisprudenza non guasterebbe per i non addetti ai lavori, perché mi fu detto in vari convegni da colleghi che, se c'è il piano di sopra, bisogna aspettare che passi in giudicato anche la sentenza del piano di sopra.
  In questo modo abbiamo costruito grattacieli di quindici piani, perché la sentenza del piano di sopra potrebbe non arrivare mai, essere prescritta, mentre la giurisprudenza ci permette di qualificare quel piano come ampliamento del piano di sotto. Ecco perché abbiamo dovuto chiedere il dissequestro del piano di sopra per poter procedere alla demolizione.
  Andiamo avanti velocemente. Molti incidenti di esecuzione dicono che non si può fare la demolizione, cosa antipatica perché questa frase ci viene detta addirittura da importanti architetti, importanti ingegneri che poi alla fine si devono rimangiare ciò che hanno detto semplicemente per aver assistito il loro cliente.
  Questo è un esempio di una grande criticità che dal punto di vista tecnico ha dato soddisfazione ai tecnici, non certo a me. Questo è stato separato, cioè si separa tranquillamente un palazzo dall'altro con una taglierina, ovviamente grande, e immediatamente si separa senza creare problemi.
  Questo era un albergo con una splendida vista panoramica, quindi quando la mattina i clienti andavano a fare colazione seduti là dicevano che era un paradiso, perché, vedere il mare, fare colazione con il Golfo di Napoli di fronte faceva pensare al paradiso, invece era l'inferno, perché questo immobile si trovava in una zona a rischio idrogeologico R4.
  La criticità idrogeologica ha quattro categorie, da R1 fino a R4; R3 è rischio elevato, R4 è rischio molto elevato, cosiddetto «rischio morte». Questo albergo stava in questo posto da tempo immemorabile.
  Questo è un esempio di integrazione successiva (velocizzo, perché ve ne parlerà Nunzio Fragliasso), è una demolizione che abbiamo fatto e per la quale abbiamo ottenuto «x» euro dalla Cassa depositi e prestiti. Però nel corso della demolizione, abbiamo trovato uno scavo che, invece di essere come normalmente di 20 centimetri, è uno scavo di 80 centimetri. Questo ci ha portato a chiedere e ottenere una integrazione alla Cassa depositi e prestiti.
  «Quando lo sport può fare anche male»: questo è un complesso sportivo che sta in una città (non vi dico quale) e nei confronti del quale è stata emanata una sentenza passata in giudicato da parte nostra con l'ordine di demolizione e ripristino Pag. 7per 3.000 metri quadri. Mentre noi aggiustavamo tutto e ci mandavano la sentenza, con i ritardi è diventato di 25.000 metri quadri, quindi c'è stato un grande ampliamento (se ne meravigliavano tutti ma non vi dico come è stato possibile), siamo dovuti intervenire e l'abbiamo in lavorazione adesso.
  Era frequentato da 4.000 atleti al giorno, ha avuto, addirittura, le autorizzazioni europee per il calciotto del quale vi si svolgono tornei internazionali, calcetto, campo di calcio grande. Per fare questa struttura, che è a sbalzi, gli abusivi hanno dovuto riempire parte del Vallone di San Rocco e hanno creato delle sponde con muraglioni di cemento armato di 10 metri d'altezza.
  I muraglioni non servivano come sponde perché, come sapete meglio di me, non si possono fare le sponde di cemento in una zona che è a rischio alluvione, perché l'acqua defluirebbe ancora più velocemente, ma l'hanno fatto per tenere in asse il campo di calcio regolamentare. Le zone dove ci sono questi muraglioni sono due particelle ad R4, rischio morte.
  A questo punto abbiamo sgomberato tutto e in questi giorni andremo per ripristinare lo stato dei luoghi, anche se non si tratterà di ripristino, perché lì devono intervenire il comune e i proprietari realizzando una vera e propria bonifica dell'area, che non compete a noi giudici operativi della fase esecutiva e non della fase cognitiva, dove sarebbe opportuno andare a vedere provvedimenti normativi nuovi.
  Questa è una villa di cemento armato che sta in una zona in cui non c'è vincolo, l'unica priorità potrebbe essere dovuta al fatto che si tratta di una villa di 800 metri quadri divisa in 4 appartamenti, dove il proprietario ha costruito una villa sibi suisque, per sé e i suoi 3 figli. Noi abbiamo fatto la demolizione di questa villa.
  Questa è un'altra situazione similare, un grezzo pronto per 8 appartamenti, questa è un'altra villa (guardate quanta polvere): abbiamo fatto analizzare tutte queste costruzioni abusive ed è emerso che sono tutta sabbia e polvere, cioè di cemento armato non c'è nulla. Come inseriamo il discorso delle priorità quando ex post siamo, fortunatamente, riusciti a limitare il pericolo per questi signori, che erano convinti di poter vivere tranquillamente a casa loro nei secoli? Bastava, invece, una scossa di terzo grado della scala Richter per abbattere le abitazioni.
  Attenzione, quindi, al discorso delle priorità, perché c'è una tipizzazione che va salvaguardata, e secondo me la possono salvaguardare solamente i pubblici ministeri quando esaminano le carte.
  L'ultima cosa è un numero. Come ha accennato il procuratore generale, contrariamente al collega Ionta che credo abbia preso in mano da poco la questione che dichiarava di avere delle difficoltà, ma che comunque stanno riuscendo a fare la prima demolizione, come Procura generale di Napoli dall'inizio delle demolizioni ad oggi abbiamo definito (significa che i fascicoli sono in archivio), anche con revoca dell'ordine di demolizione per la presenza di provvedimenti definitivi amministrativi in sanatoria (la metà, se non i due terzi, sono demolizioni e autodemolizioni) 878 procedure. Se ci si organizza, quindi, le cose si possono fare.

  PRESIDENTE. Grazie, procuratore. Do la parola al procuratore generale presso la Corte d'Appello di Salerno, che è accompagnato da Aldo De Chiara, avvocato generale di Salerno.

  LEONIDA PRIMICERIO, procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno. Grazie, presidente. Premetto che depositerò due relazioni scritte. Una inerisce essenzialmente all'attività dell'ufficio in materia di demolizioni e al protocollo predisposto nel giugno 2009 per le procedure di demolizione con le altre procure del distretto. Questa nota contiene in allegato tutti i dati statistici relativi ai procedimenti per demolizioni pendenti.
  Mi preme evidenziare solo un dato in relazione all'attività degli uffici di Procura circondariale, distrettuale e generale del distretto di Salerno: al 10 marzo 2016 pendono nel distretto, tra le procure di primo grado e la procura generale, ben 1.687 procedure di demolizione. Pag. 8
  Rinvio quindi per quanto riguarda l'attività dell'ufficio a questa relazione scritta con allegati statistici. Deposito anche un appunto, che sarà oggetto delle cose che andrò a dire fra un istante. Cercherò di attenermi al tema, di svolgere il compito che mi è stato dato, senza divagare su altre argomentazioni, e quindi di concentrarmi sull'articolato oggi all'esame della Camera, cioè sulla proposta di legge C. 1994 a firma Falanga ed altri.
  Sono un tecnico, vengo sentito come tecnico e, quindi, le mie osservazioni saranno essenzialmente tecniche, perché credo che questo sia il senso di questa audizione e il motivo per il quale oggi siamo auditi, perché le decisioni poi ovviamente sono della politica.
  Svolgendo disciplinarmente il mio «compitino» tecnico, dalla lettura di questo esame dirò subito che, per rimanere in tema di demolizioni – mi si passi una battuta – il mio intervento sarà articolato in una pars destruens e in una pars construens.
  Le osservazioni saranno essenzialmente tecniche e riguarderanno l'articolato che mi è stato sottoposto. Butto subito il sasso nello stagno senza infingimenti, dicendo subito che questa proposta di legge presenta seri problemi di costituzionalità. Infatti, l'ordine di demolizione – seppur la suprema Corte di cassazione, con numerose pronunce, ha detto che è una sanzione amministrativa – ha anche natura giurisdizionale, come dice la Corte di cassazione a sezioni unite, perché viene in una fase di esecuzione, dopo un processo di cognizione che ha portato all'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, rispetto al quale vige il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
  Ora, chi ha esperienza istituzionale anche nell'associazionismo giudiziario sa che il dibattito sui criteri di priorità è ampio e variegato e risale ormai alla notte dei tempi, dal momento che tali criteri possono esservi sia nella fase della trattazione dei procedimenti penali da parte degli uffici del pubblico ministero, sia nella fase dell'esecuzione, che è la proiezione in sede esecutiva di un processo penale, quindi è l'azione penale che viene portata alla fase esecutiva.
  Fin quando i criteri di priorità vengono fissati nella fase di cognizione o di trattazione di procedimenti penali da alcuni procuratori della Repubblica, come quello di Torino, o apprezzabilmente dal procuratore generale di Napoli come provvedimento che ha natura soltanto organizzativa interna, ben vengano. Quando, invece, vengono fissati per legge, credo che siamo in un profilo di forte dubbio di costituzionalità per violazione dell'articolo 112 della Costituzione, che prevede, appunto, che l'azione penale è obbligatoria.
  L'ordine di demolizione è una sanzione a tutti gli effetti; consegue a un arresto, a un'ammenda, ovvero a un procedimento penale che ha affermato la responsabilità dell'imputato. È come se oggi il legislatore volesse dirmi che io, dopo vari procedimenti penali che hanno affermato la responsabilità degli imputati, posso arrestarne uno, ma non l'altro, oppure uno prima e l'altro dopo. Ecco, non cambia nulla se la pena da eseguire è detentiva dopo l'affermazione di responsabilità per un delitto grave di omicidio oppure è una semplice sanzione amministrativa accessoria a un procedimento per l'affermazione della penale responsabilità per un abuso edilizio, quindi si tratta di un semplice ordine di demolizione.
  Vi invito a riflettere perché non vorrei che questi criteri prefissati per legge incontrino una sonora bocciatura da parte della Corte costituzionale. Oltretutto, come diceva bene il collega Ricciardi, siamo in materia di esecuzione. C'è un giudice dell'esecuzione; c'è il pubblico ministero che è titolare del potere dell'esecuzione, quindi ho – ripeto – forti e fondati dubbi per ritenere la proposta di legge viziata da un profilo di incostituzionalità.
  Sempre rimanendo al compitino dell'esame dell'articolato che mi è stato dato, vedo che esso contiene degli errori e delle dimenticanze, per cui, ove dovesse continuare ad andare avanti, questa proposta di legge non potrebbe che tornare nuovamente al Senato. Pag. 9
  Al comma 1 si dice «il pubblico ministero presso la procura della Repubblica competente», ma ci si dimentica delle procure generali, che sono anch'esse organi dell'esecuzione. Come sapete, il giudice dell'esecuzione è quello di primo grado quando un appello è stato a conferma totale della sentenza di primo grado, ma diventa, invece, la corte d'appello – ovvero la Procura generale – quando in sede di secondo grado la sentenza è stata riformata o parzialmente riformata. Quindi, se dovesse passare l'attuale testo che contiene questo errore tecnico, io e il collega Riello non saremmo tenuti ad applicare questa legge, che si applicherebbe soltanto ai procuratori della Repubblica di primo grado e non anche ai procuratori generali presso la corte d'appello. Questo è, dunque, un primo errore.
  Il secondo errore che questo articolato contiene – sono un tecnico, quindi mi permetto di fare delle osservazioni tecniche, per cui, presidente, non si legga alcuna connotazione politica nelle cose che sto dicendo – è che ci si dimentica delle sentenze di patteggiamento ex articolo 444 del codice di procedura penale, che sono anch'esse sentenze di affermazione di responsabilità. Invece, qui si fa riferimento soltanto alle sentenze di condanna. Cosa accadrebbe, dunque, nell'ipotesi in cui ci si trovasse di fronte a una sentenza di patteggiamento? Ebbene, i criteri di priorità previsti da questo articolato non si dovrebbero applicare.
  Inoltre, in questa graduazione non si tiene conto di altri aspetti, come l'entità dell'abuso o il reddito del costruttore abusivo in relazione, appunto, alle ipotesi di graduazione dei criteri di priorità.
  Come ha detto precedentemente un altro collega, non si citano neppure come destinatari dei criteri di priorità i comuni, che pure dovrebbero esserne i destinatari. Invece, l'indicazione viene rivolta soltanto all'autorità giudiziaria e, in questo ambito, alle sole procure della Repubblica di primo grado.
  Rilevo, quindi, profili di incostituzionalità, di erroneità e di sostanziale ingestibilità e di inapplicabilità in concreto di questi criteri.
  Come hanno detto bene i colleghi che mi hanno preceduto, possiamo scrivere per legge o nella nostra organizzazione interna dei criteri di priorità per gli abbattimenti, ma nella realtà dipendiamo dai comuni, dagli enti locali, e dall'attivazione delle procedure di accensione dei mutui presso la Cassa depositi e prestiti.
  Di conseguenza, se un comune fa prima, che facciamo? Se un comune che rientra in un criterio di priorità posteriore riesce a ottenere il contributo prima rispetto a un altro che rientra in un criterio di priorità antecedente, ma che non ha ancora ottenuto il contributo, cosa facciamo, fermiamo tutto e aspettiamo per rispettare un criterio di priorità che, a questo punto, sarebbe stabilito per legge?
  Insomma, è tutto un problema di fondi. Se avessimo la disponibilità diretta dei fondi per procedere alla demolizione, si potrebbero anche imporre dei criteri di priorità. Invece, quando dipendiamo dagli enti locali che sono diversi e sparsi sul territorio e costoro, a loro volta, dipendono dalla Cassa depositi e prestiti, come possiamo rispettare e applicare – ne faccio una questione anche di concreta applicabilità – questa normativa?
  Vi è, poi, quello che è stato detto dal collega Riello. Vi sono, infatti, esigenze di trasparenza. Seppur dovessero passare i criteri di priorità fissati per legge, abbiamo un dovere di trasparenza nella loro osservanza nei confronti dei cittadini, dei condannati e degli avvocati. Dunque, per questo meccanismo dovremmo pubblicare tutti i nostri ordini demolizione per far vedere che abbiamo rispettato l'ordine di priorità, correndo il rischio di costituire un ulteriore aggravio dei carichi di lavoro dei nostri uffici giudiziari.
  Ci troveremmo, infatti, di fronte a un aumento degli incidenti di esecuzione – come hanno detto bene i colleghi che mi hanno preceduto – da parte del condannato, che soltanto per finalità esplorative, non conoscendo le carte che abbiamo nei nostri uffici, fa il ricorso, appunto, per incidente di esecuzione per vedere se abbiamo Pag. 10 rispettato i criteri o meno. In sostanza, si creerebbe – ripeto – un aumento di contenzioso.
  Fin qui la pars destruens. Ora comincia la pars construens, perché credo che vi sia la volontà effettiva da parte del legislatore di farsi carico del fenomeno complessivo dell'abusivismo edilizio; tuttavia, non con questo intervento settoriale, ma con un intervento più articolato e ampio. Vengo, dunque, alle proposte che mi permetto di fare e di rassegnare nella relazione scritta che deposito.
  Innanzitutto, ci troviamo di fronte all'abbattimento dell'immobile abusivo – è stato detto anche dal collega Ricciardi – ancorato soltanto all'affermazione di penale responsabilità del dell'imputato che ha commesso quell'abuso. Invece, questo non accade nel reato di lottizzazione abusiva, per il quale si può procedere alla confisca anche se vi è stata prescrizione, purché il reato sia stato accertato.
  Allora, ancorare de iure condendo la demolizione non alla condanna, ma all'accertamento del reato consentirebbe ai responsabili di reati edilizi di non farla franca con la prescrizione. Cito solo un esempio che proviene dal mio distretto. Secondo le cifre alle quali ho fatto riferimento e che analiticamente deposito, presso la procura di Vallo Lucania, che abbraccia tutto il Cilento, pendono soltanto 9 procedure di demolizione perché tutti gli altri processi per abuso edilizio si sono prescritti.
  Allora, di che cosa parliamo? Se vogliamo davvero perseguire il fenomeno dell'abusivismo, dobbiamo ancorare l'ordine di demolizione non alla condanna, ma all'accertamento concreto, come avviene per l'ipotesi di lottizzazione abusiva.
  Un altro suggerimento che mi permetto di dare per evitare la confusione e la sovrapposizione di competenze tra autorità giudiziaria e autorità amministrative comunali che devono chiedere il mutuo alla Cassa depositi e prestiti è quello di consentire agli uffici giudiziari di attingere direttamente al capitolo di spesa n. 1360 del Ministero della giustizia per queste spese giudiziarie. La soluzione sarebbe l'abrogazione definitiva dell'articolo 32, comma 12 del decreto-legge n. 269 del 2003 sul condono, per restituire al pubblico ministero e all'autorità giudiziaria la pienezza del potere sanzionatorio persino nel momento delle demolizioni, liberandoli dai condizionamenti a cui attualmente sono esposti, dovendo rivolgersi ai comuni per aspettare che arrivino i soldi dalla Cassa depositi e prestiti. Insomma, dovremmo restituire all'autorità giudiziaria la pienezza del suo potere sanzionatorio.
  Colgo positivamente, in questa proposta di legge, una cosa di cui la politica si dovrebbe far carico, ovvero l'ipotesi di cui alla lettera m), del comma 1 dell'articolo 44-bis del testo unico in materia edilizia, che la proposta di legge al vostro esame mira ad introdurre. Si tratta del cosiddetto «abuso di necessità», che andrebbe recuperato e valorizzato perché il vero problema riguarda il «povero disgraziato». Credo che queste persone meritino una particolare attenzione, non certo i grandi speculatori o coloro che si sono fatti la villa al mare.
  Bisognerebbe, dunque, ridefinire meglio l'ipotesi dell'abuso di necessità e recuperarlo non come criterio di priorità, bensì come ipotesi di sospensione per un periodo limitato nel tempo dell'ordine di demolizione, magari a 6 mesi, per esempio quando l'immobile sia occupato dal condannato o dalla sua famiglia o quando la superficie complessiva non superi una certa metratura (ipotizzo 110 metri quadri) o ancora in presenza di comprovate necessità economiche o di emergenza abitativa del soggetto che non ha altra casa.
  Bisognerebbe, però, porre nel nulla eventuali atti di alienazione. Infatti, può accadere che, furbescamente, il condannato si renda nullatenente e venda tutte le case che ha posseduto precedentemente, prima di commettere o di essere condannato per l'abuso.
  Ecco, valorizzerei l'abuso per necessità perché la politica deve dare delle risposte a queste persone che noi magistrati guardiamo in faccia tutti i giorni, ovvero quelli che abitano la casa e non ne hanno un'altra, Pag. 11 presso i quali andiamo con la ruspa per buttarla a terra.
  Credo che ci dobbiamo far carico di questo. Per carità, l'ordine di demolizione andrà eseguito, ma in Italia si proroga tutto, anche gli sfratti, quindi perché non concedere una proroga seppur limitata nel tempo? Penso, pertanto, a una sospensione di 6 mesi dell'ordine demolizione per consentire al condannato di trovarsi un'altra casa o un'altra soluzione abitativa.
  L'ultimo punto che mi permetto di suggerire è che in materia di abusi edilizi andrebbe valorizzato l'istituto di cui all'articolo 316 del codice di procedura penale, cioè il sequestro conservativo, che oggi il codice àncora a dei presupposti ben precisi, dopo il promanamento dell'azione penale.
  Ora, una specifica differenziata applicazione di questo istituto, ovvero la possibilità di sequestrare i beni o altre utilità dell'imputato condannato a garanzia delle spese di demolizione, potrebbe consentire in una certa misura, all'intero «sistema della demolizione», di autofinanziarsi e di non chiedere allo Stato – sarebbe un sollievo di non poco conto – le somme necessarie per le attività di demolizione, che anticiperebbero gli stessi imputati di abuso edilizio. Sarebbe, insomma, un circuito virtuoso che comporterebbe un risparmio, oltre a costituire un deterrente di non poco conto per i responsabili di un così diffuso fenomeno quale l'abusivismo edilizio.
  Vi ringrazio dell'attenzione. Deposito le due relazioni che lascio agli atti della Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie, procuratore generale. Acquisiamo sia la relazione più breve, sia il documento più ampio della Procura generale. Prima di sentire l'avvocato generale Aldo De Chiara, vorrei chiudere con tutti gli uffici, quindi cedo la parola al dottor Nunzio Fragliasso, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del tribunale di Napoli.

  NUNZIO FRAGLIASSO, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli. Buonasera, signora presidente, onorevoli componenti nella Commissione giustizia. Vi ringrazio per l'invito. Vorrei iniziare con una premessa che potrebbe sembrare un fuor d'opera, invece, può rende l'idea del contesto nel quale operiamo nel settore delle demolizioni.
  Io coordino l'Ufficio demolizioni della procura di Napoli, che allo stato è composto da 10 magistrati che, ovviamente, non fanno solo demolizioni, ma trattano anche, sotto il profilo della cognizione, tutti i reati in materia ambientale, urbanistica e paesaggistica.
  Il contrasto all'abusivismo edilizio nel circondario di Napoli ha carattere assolutamente prioritario per le molteplici implicazioni di questo fenomeno criminale. L'abusivismo edilizio, infatti, incide negativamente non solo sul carico urbanistico del territorio, ma anche sul paesaggio e sull'ambiente, degradandolo fortemente, ma ha anche altri effetti negativi. Non bisogna dimenticare, infatti, che tra questi c'è l'arricchimento della criminalità organizzata.
  Nella realtà del circondario di Napoli, il settore degli abusi edilizi è controllato, se non gestito direttamente, da consorterie camorristiche, che controllano direttamente o indirettamente le imprese di movimento terra, le imprese che forniscono i materiali per la costruzione, le stesse imprese edili. Si arricchiscono sul fenomeno dell'abusivismo edilizio perché, come abbiamo accertato nelle indagini di criminalità organizzata, viene imposto sulle costruzioni abusive un pizzo per ogni solaio eretto, addirittura raddoppiato rispetto alle costruzioni regolari, perché almeno formalmente attraverso l'imposizione del pizzo le consorterie camorristiche garantiscono la prosecuzione e l'ultimazione dei lavori.
  Vi sono altre conseguenze che hanno un'incidenza negativa sotto l'aspetto sociale: lo sfruttamento del lavoro nero, perché chiaramente i cantieri edili abusivi utilizzano manodopera irregolare, un'incidenza negativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, perché è chiaro che di regola nei cantieri edili abusivi non viene rispettata Pag. 12tutta la normativa sugli infortuni sul lavoro.
  Vi è un'ulteriore incidenza negativa, come ricordava il collega Ricciardi, perché normalmente nei cantieri edili abusivi vengono impiegati materiali di costruzione scadenti, con conseguente rischio per la staticità dei fabbricati abusivi, in una zona a forte rischio sismico come tutta quella nel circondario di Napoli, in particolare la zona del vesuviano.
  Abbiamo anche un altro aspetto negativo, lo smaltimento illegale degli scarti della lavorazione, perché è lapalissiano che un cantiere edile abusivo, che lavora quindi al nero in modo irregolare, non potrà mai smaltire legalmente gli scarti di lavorazione, pena la scoperta dello stesso.
  Il collegamento con la criminalità organizzata si coglie (ovviamente la Commissione giustizia ne è a conoscenza) se si pone mente a un dato: dal 1991 ad oggi l'83 per cento dei comuni commissariati nella provincia di Napoli e l'81 per cento dei comuni commissariati nella regione Campania è stato commissariato soprattutto per motivi legati all'abusivismo edilizio, per un diffuso abusivismo edilizio, per una compromissione delle amministrazioni comunali nella materia dell'abusivismo edilizio, per pratiche di demolizioni inevase.
  La nostra esperienza ci dice che, benché i comuni siano titolari di un potere concorrente demolitorio al pari di quello della magistratura, il comma 5 dell'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per i comuni e il comma 9 del medesimo articolo per l'autorità giudiziaria) di regola i comuni non danno esecuzione all'ordine di demolizione quand'anche emesso. Un dato per Napoli: Napoli è la città con il maggior numero di ordinanze di demolizioni emesse da un comune negli ultimi undici anni, ben 16.837 ordinanze di demolizione, delle quali portate ad esecuzione solo 710, cioè il 4 per cento.
  Questo ci dice, quindi, che il fenomeno dell'abusivismo edilizio, in realtà come quella del circondario di Napoli, è incoraggiato e incentivato dalla quasi matematica certezza che l'immobile abusivo non verrà abbattuto, che non c'è sanzione, come ricordava prima il procuratore generale di Salerno.
  In questa materia così delicata, la sanzione è una sanzione veniale, si tratta di mere contravvenzioni, a maggior ragione dopo il recente asserto della Corte costituzionale, il n. 56 del 2016, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale del delitto previsto dall'articolo 181, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 42 del 2004, eliminando la previsione della figura di delitto e della sanzione più grave della reclusione sotto il profilo della prescrizione per i reati commessi in danno di immobili soggetti a vincolo imposto con provvedimento amministrativo, equiparandoli ai beni paesaggistici riconosciuti con provvedimento legislativo, per i quali la sanzione è quella della contravvenzione, con la conseguenza, quindi, che in quattro anni il reato si prescrive, al massimo in cinque anni perché è previsto un aumento massimo di un quarto, non si arriva nemmeno la sentenza di primo grado.
  La demolizione, nei pochi casi in cui si arrivi alla sentenza di condanna passata in giudicato, è l'unico strumento dissuasivo di prevenzione generale e speciale che può tutelare i nostri territori.
  Detto questo come premessa di carattere generale, vengo alla proposta di legge, perché è ovvio che la Commissione, come diceva il procuratore generale Primicerio, si aspetti da tecnici del diritto un parere tecnico. Al di là delle intenzioni, rischia di risolversi in un vulnus all'attività che i soli uffici requirenti, quindi le sole procure della Repubblica generali e circondariali, mettono in campo, vista l'assoluta latitanza dei comuni.
  La procura della Repubblica di Napoli, seguita poi dal procuratore generale di Napoli che ha recepito pressoché integralmente, con il consenso di tutti i procuratori del distretto di Corte d'Appello di Napoli, i criteri di priorità, si era data dei criteri di priorità nell'esercizio di un potere di autoregolamentazione, perché ha preso atto di una circostanza che è legata alla mancanza di fondi di autonomia di finanziamento. Pag. 13
  Le procure della Repubblica (almeno questa è l'esperienza napoletana), non avendo autonomia finanziaria, non sono è in grado di eseguire tutte le demolizioni che sono pendenti. Allo stato sono pendenti 6.590 procedure di demolizioni solo presso la procura della Repubblica di Napoli, quindi, solo il circondario di Napoli che è ancor più ristretto del passato, posto che è stata istituita la Procura di Napoli nord.
  Preso atto di ciò, il procuratore della Repubblica di Napoli si è dato dei criteri per spiegare perché, stante la limitatezza delle risorse economiche, si attivavano determinate procedure di demolizione anziché altro, mettendo agli ultimi posti proprio quegli abusi edilizi di ridotta entità che non avevano carattere speculativo, appunto gli abusi edilizi di necessità.
  Questo perché il vero problema è la mancanza di autonomia di finanziamento. Anche qui mi permetto di produrre con mero scopo ricognitivo un appunto che fa la ricognizione delle fonti normative di rango anche secondario che disciplinano la materia.
  Sulla carta, come diceva il procuratore generale di Napoli, la lettera g) del comma 1 dell'articolo 5 del testo unico delle spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, prevede che le spese di demolizioni siano spesse ripetibili, quindi imputabile al capitolo 1360 del Ministero della giustizia, ma l'articolo 32, comma 12, del decreto legislativo n. 269 del 2003 ha previsto, invece, che sia la Cassa depositi e prestiti a istituire annualmente un fondo di rotazione di 50 milioni di euro al quale attingere per effettuare le demolizioni.
  Questa priorità nell'individuazione della fonte di finanziamento è stata ribadita da una convenzione organizzativa stipulata il 15 dicembre 2005 tra i Ministeri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, ed è stata ribadita da circolari della Cassa depositi e prestiti, la circolare 28 ottobre 2004 n. 1254 e due circolari del Ministero della giustizia, la 15 marzo 2006 a la 19 marzo 2008, quindi allo stato le demolizioni non vengono fatte (non è possibile farlo perché ce lo raccomanda anche il Ministero della giustizia) attingendo al capitolo 1.360, ma attingendo alla Cassa depositi e prestiti, che però con propria circolare ribadita da quella convenzione interministeriale ci ricorda che unico interlocutore della Cassa depositi e prestiti è il comune, quindi passiamo per il comune.
  La nostra comune esperienza ci dice che i comuni quasi mai si attivano per chiedere alla Cassa depositi e prestiti di finanziare le demolizioni, per due ordini di ragioni. Un primo ordine di ragioni è di governo del territorio, perché è evidente che, se un'amministrazione comunale chiede soldi per le demolizioni, si rende invisa all'elettorato.
  Per capire quanto sia delicata la materia, alla procura di Napoli da quando abbiamo deciso di riorganizzare e incentivare le demolizioni sono arrivate le minacce, i proiettili in busta, cosa che magari non arrivava quando si faceva la criminalità organizzata.
  Il motivo è un dato di fatto: molto difficilmente i comuni riescono a ottenere la restituzione delle somme anticipate – perché, come ricordava il procuratore generale Primicerio, è un mutuo, quindi un'anticipazione – dall'esecutato, quindi è un cane che si morde la coda.
  Per i finanziamenti dipendiamo dai comuni, quindi ha un senso darsi dei criteri di priorità come autoregolamentazione, stante la penuria di finanziamenti e la mancanza di autonomia finanziaria, per giustificare perché ne facciamo alcune e non tutte, come dovremmo, perché, come si ricordava prima, si tratta di un atto dovuto, come ha ribadito anche la Corte di cassazione.
  Questa ha stabilito infatti che, se il giudice dimentica di inserire nella sentenza di condanna o di patteggiamento l'ordine di demolizione, questo potrà essere inserito anche in un momento successivo perché è un atto dovuto, addirittura colorito dalla correzione degli errori materiali.
  Altro è – vengo alla proposta di legge – prevedere questi criteri di priorità per legge, che, al di là delle intenzioni probabilmente si tradurrebbero in un vincolo, in un fardello ulteriore, che rischia di paralizzare l'attività delle procure della Repubblica, Pag. 14 che sono le uniche attive sul territorio.
  Se c'è l'esigenza di razionalizzare la materia, questi criteri di priorità si dovrebbero prevedere non solo per le procure, ma anche per i comuni, che sono titolari di un potere autonomo e concorrente. Questa dimenticanza rischia di tradire le vere intenzioni di questa proposta di legge.
  In secondo luogo, questo articolato normativo potrebbe risolversi in una paralisi delle demolizioni, perché già adesso con i criteri interni siamo sommersi e subissati da incidenti di esecuzione che i giudici dell'esecuzione rigettano perché dicono che non c'è una violazione di una norma di legge perché è un criterio interno alle procure, ma, nel momento in cui i criteri saranno codificati, gli incidenti di esecuzione si moltiplicheranno.
  È vero che nella proposta di legge non è prevista una sanzione, per verificare se il pubblico ministero abbia correttamente derogato ai criteri di priorità posti dalla norma di legge in corso di approvazione da parte del Parlamento, allora come si fa a stabilire se sono stati rispettati i criteri di priorità o se la deroga è rispettosa dei ruoli? Ogni volta bisognerà verificare nel caso di Napoli se su 6.590 procedure di demolizioni pendenti siano stati rispettati i criteri di priorità?
  Vi dirò di più: nella mia sezione ho 10 magistrati, il criterio di priorità sulla carta dovrebbe vincolare l'ufficio, quindi, se un sostituto procuratore che ha un proprio ruolo di cui risponde anche disciplinarmente non ha demolizioni che rispondono ai criteri di priorità, non deve eseguire alcuna demolizione? Come vedete, c'è un rischio.
  Poiché grazie alla gentilezza della Commissione ho letto il resoconto stenografico dell'audizione del procuratore di Roma, non sarei preoccupato di dover fare queste verifiche, perché noi le facciamo, è la prima fase per valutare se l'immobile da abbattere abbia carattere prioritario, ma è una verifica tendenziale, che serve a utilizzare in un senso o nell'altro le poche risorse.
  In chiave propositiva sarebbe preferibile, se proprio si devono dare criteri di priorità, non solo attribuirli ai comuni, ma prevederli in ordine al finanziamento, cioè dare un'autonomia di finanziamento alle procure della Repubblica, attingendo direttamente ad un fondo ad hoc o al capitolo 1360, in modo che le procure abbiano gli strumenti economici e normativi per fare in astratto tutte le demolizioni, il legislatore fornisca dei criteri per incasellare e parametrare le risorse economiche, oppure riversare questi criteri di priorità sul comune o sulla Cassa depositi e prestiti, prevedendo normativamente l'obbligo per i comuni di attivarsi per richiedere il finanziamento. Così modificata la norma, penso che possa avere un senso.
  Concludo dicendo che mi rendo conto che il legislatore deve guardare all'intero territorio nazionale, ma ci sono delle specificità locali per cui ciò che può essere prioritario a Napoli, con quello spaccato di cui vi ho dato conto in premessa, può non essere prioritario a Bergamo o a Milano. Ecco perché lasciare un margine di discrezionalità alle procure, che hanno dimostrato di aver fatto buon uso della discrezionalità di cui finora hanno goduto, potrebbe essere un incentivo per proseguire nelle demolizioni.
  Vorrei produrre dei documenti, alcuni dei quali sono su carta intestata e già firmati, mentre devo firmare quelli che non sono su carta intestata?

  PRESIDENTE. Non c'è bisogno. Vengono tutti catalogati e indicizzati come corredo della sua audizione.
  Credo che l'avvocato generale De Chiara volesse integrare qualcosa.

  ALDO DE CHIARA, avvocato generale presso la Corte di Appello di Salerno. Io mi riporto a tutte le valutazioni tecniche svolte dai miei colleghi. Piuttosto, se mi è concesso, da tecnico per una volta vorrei fare delle considerazioni che non sono strettamente tecniche, perché anche un tecnico a cui sia chiesto di esprimere delle valutazioni su un'iniziativa legislativa, ha il diritto di chiedersi quale scopo reale questa si proponga di raggiungere. Pag. 15
  Per rispondere in modo adeguato, occorre andare con la mente alcuni anni indietro. Il problema delle demolizioni degli immobili abusivi in Italia nasce perché dal 2008-2009 in Campania si è registrata un'inversione di tendenza, perché – diciamo la verità – prima né il Parlamento, né l'amministrazione, né l'autorità giudiziaria avevano preso sul serio un problema esistente, che andava represso secondo quanto prescrivono le leggi vigenti.
  Con l'inversione in Campania è sorto il problema. D'altronde devo ricordare a voi rappresentanti dell'elettorato che nel maggio 2010 il Governo della Repubblica varò un decreto legge con cui si disponeva la sospensione nella sola regione Campania delle demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria.
  Non credo che servano ulteriori parole per commentare il significato dell'iniziativa, e basta leggere i nomi dei senatori che hanno concepito la proposta di legge Falanga, quasi tutti campani, per dire che il problema è soprattutto della Campania e del Mezzogiorno. È stata quindi concepita una proposta di legge che, così come è scritta, non ci porta da nessuna parte, perché, se anche io, da magistrato del pubblico ministero, volessi eseguire questa proposta, non saprei da dove iniziare.
  In quale arco temporale devo programmare, nell'arco di un anno? Si consideri ad esempio che per il 2016 ho 10 scheletri e un abuso cosiddetto «di necessità», nel 2016 riesco ad abbattere i 10 scheletri, nel frattempo inizia il 2017, quindi riporto l'ultimo abuso come «ballerino»? La legge va riscritta da capo, questo non significa che non condivida (ci mancherebbe altro!) i dubbi di legittimità costituzionale sulle priorità imposte alla magistratura dal Parlamento. Se dovesse passare, è scontato il conflitto di attribuzione tra l'autorità giudiziaria e il Parlamento.
  A voler essere propositivi, però, vi ho inviato un articolo da me pubblicato su Il Mattino il 14 marzo scorso: lo scopo era quello di salvaguardare i cosiddetti «abusi di necessità». Questo – come diceva molto bene il procuratore generale Primicerio – è il vero problema. Qual è, però, l'abuso di necessità? Lo è una villa di due piani su una superficie di 160 metri quadrati? Non credo proprio.
  Allora, dovremmo rifarci all'edilizia pubblica, quindi 110 metri quadri, ma, come diceva il procuratore Primicerio, a condizione che da quando si sta parlando – cioè dal 31 dicembre 2010 –medio tempore l'occupante non si sia liberato, a qualsiasi titolo, di altri immobili.
  Noi, però, stiamo affrontando il problema a valle; invece, dovremmo affrontarlo a monte, cioè cercare di evitare che si costruisca abusivamente perché non è da Paese civile. Il fenomeno esiste solo in Italia, non in altri Paesi europei. Allora, il discorso è che non funziona non solo la legislazione, ma anche l'amministrazione e – non ho nessun problema a dirlo – buona parte dell'autorità giudiziaria che di questo non se ne vuole occupare, se non fosse per le procure del distretto di Napoli, Salerno, Lecce e qualcun'altra.
  Premetto che, in 45 anni di magistratura, mi sono occupato di questi problemi per oltre 20 anni. Ricordo che, a un certo punto, nel 1993 il Ministro dell'interno Scotti fece una bellissima circolare, «potere di sospendere i sindaci per reiterata violazione della legge in materia» perché non adottavano i provvedimenti. Ancora oggi un'iniziativa del genere è possibile. Dove stanno, però, i prefetti con i «dovuti attributi» che hanno il coraggio di intervenire, come impone la legge vigente, nei confronti degli enti locali?
  Si finisce, così, per scaricare tutto sulla magistratura, dicendo che i magistrati vogliono fare i protagonisti, mentre quei pochi di noi cercano solo di applicare le leggi.
  Nei primi anni Ottanta, il comune di Napoli – di qualsiasi colore fosse la giunta – ha abbattuto sui Camaldoli e a Pianura decine di immobili perché aveva avuto le comunicazioni giudiziarie dal pretore. A parole si è sempre detto che difendiamo il territorio, ma nei fatti si è fatto ben poco.
  Concludo con due osservazioni. Come ha detto il dottor Primicerio, l'abuso di necessità va determinato per legge; inoltre, occorre la possibilità di accedere al capitolo n. 1360, abrogando espressamente Pag. 16l'articolo 32 del decreto legislativo n. 269 del 2003.
  Infine, chiediamoci il perché non fate più l'amnistia, che era una costante nella vita politico-parlamentare italiana. Ecco, non la fate perché ogni giorno c'è l'amnistia giudiziaria, cioè la prescrizione. Questa, però, è una vergogna.
  Allora, va esteso ai reati edilizi quanto previsto per il reato di lottizzazione abusiva. Non è nulla di rivoluzionario. Non sono un fondamentalista; né un ambientalista pazzo. Vi dico che occorre estendere quello che voi legislatore avete stabilito nel 2001. Non parlo della confisca, ma di ancorare la demolizione all'accertamento del reato. Che poi l'imputato venga prosciolto per morte del reo, per amnistia o per prescrizione non ha alcuna importanza. L'importante è che si possa demolire in modo da evitare quello che succede tutti i giorni nelle nostre aule di giustizia (rinvii e quant'altro).

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato generale. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO MAROTTA. Innanzitutto, vorrei ringraziare i magistrati che sono intervenuti. Mi sembra doveroso per il contributo che hanno portato, aprendo un dibattito importante e interessante. Dati i tempi, voglio fare solo una considerazione.
  La differenza tra la politica e l'aspetto tecnico – io pure mi considero un tecnico, ma purtroppo faccio anche politica – è la difficoltà di far coincidere o trovare un momento di sintesi tra le due cose. Questo è il problema che viviamo.
  Siamo di fronte a un'emergenza di 70.000 abitazioni – da quello che leggo dai giornali – con un'autorità giudiziaria che, a Napoli, si muove in maniera diligente e stanzia anche risorse umane, come diceva giustamente il procuratore Fragliasso, comprendendo che è un problema per combattere il quale occorre, appunto, investire mezzi e forze, anche sul piano umano.
  Ci diceva il dottor Ricciardi che siamo a 700 abbattimenti. Il problema per la politica diventa drammatico. Per questo, vi è un'ipotesi di intervento anche in questo settore; dopodiché, sul tipo di intervento possiamo non essere d'accordo.
  Forse quella non è la strada giusta. Me ne rendo conto ora, affrontando il problema. Forse possiamo immaginare – lo dico, ma siamo già nell’iter di una proposta di legge – un percorso successivo che veda sempre al centro il magistrato, ma preveda anche possibili istanze dell'altra parte, con un tempo nel quale il magistrato può valutare l'aspetto che tutti hanno sottolineato, ovvero quello del bisogno del nucleo familiare e della drammaticità della situazione.
  Se, invece, mettiamo questo aspetto in un elenco in cui diciamo molte altre cose, creiamo elenchi che saranno sempre deficitari perché ci metteremmo alcuni aspetti, ma ne dimenticheremmo altri. Insomma, facendo mente locale, immagino un percorso che, nei casi veramente estremi, su sollecitazione che può partire dalla parte e interessare il giudice dell'esecuzione, ovvero il procuratore, dia la possibilità di individuare una sospensione per alcuni, con un certo termine, e per altri una corsia preferenziale, perché la prevenzione si fa anche con l'esecuzione delle sentenze.
  Infatti, se il cittadino sa di rimanere al di fuori del sistema della giustizia continuerà a costruire. Quindi, la prevenzione è necessaria. Da questo punto di vista, gli abbattimenti sono necessari, ma occorre anche individuare un cammino che non sia una strada obbligata, ma che, al di là delle preferenze e delle circolari interne che la magistratura potrà fare, individui un percorso in cui chi ha costruito veramente per bisogno e necessità trovi un momento di soddisfazione o di possibilità di essere compreso nella situazione drammatica che vive da parte di chi è preposto a questo.

  CARLO SARRO. Abbiamo ascoltato gli spunti che sono stati offerti alla Commissione. Si è spaziato molto perché è stata condotta un'analisi approfondita del fenomeno dell'abusivismo e delle ragioni e delle forme in cui esso si manifesta. È un fenomeno di gravità evidente. Pag. 17
  Il dato di fondo è che il testo che stiamo esaminando riguarda un segmento di questo problema, quello dell'esecuzione delle sentenze.
  Mi pare di comprendere, alla luce delle risultanze della scorsa e dell'odierna audizione, che la circostanza che le procure si attrezzino definendo dei criteri interni organizzativi e individuando un ordine nell'esecuzione delle sentenze, è testimonianza che il problema esiste, e che se ne occupi il legislatore credo sia circostanza altrettanto positiva, essendo questa ordinariamente la nostra funzione.
  Ci sono dei correttivi da praticare e delle criticità da rimuovere nel testo? Benissimo, leggeremo anche i contributi scritti che immagino sono stati già prodotti o verranno offerti successivamente. Il fenomeno per la sua complessità richiede ovviamente risposte plurime, raccolgo l'esortazione finale dell'avvocato De Chiara sulla tempistica, cioè la reazione dell'apparato repressivo deve essere contestuale all'avvio della consumazione dell'abuso.
  Ho depositato il primo giorno di questa legislatura una proposta di legge nella quale è previsto che l'intervento debba essere condotto nel momento in cui c'è l'accertamento dell'inizio dei lavori, cioè dello scavo, che è la fase in cui la rimessa in pristino è più agevole, con un meccanismo sanzionatorio per quanti sono preposti alla vigilanza, a partire dai comuni, quindi con l'effetto, in caso di omesso intervento, della rimozione dei sindaci ma soprattutto dei titolari degli uffici tecnici, che sono i responsabili dell'esecuzione.
  Il dato di fondo è che, comunque, un'esigenza c'è e credo che a questa il Parlamento debba dare risposta, naturalmente la più adeguata e la più corretta possibile, ma una risposta anche dal punto di vista legislativo deve essere data.
  Un'ultima riflessione: ho ascoltato in molti interventi il rilievo che il provvedimento andrebbe esteso anche ai comuni, che devono seguire una valutazione delle priorità. Il testo oggi vigente procedimentalizza abbastanza chiaramente la funzione e il compito dei comuni nella materia della repressione degli abusi edilizi, c'è da rafforzare la sanzione nel caso di omesso intervento, considerando che il comune agisce per gli abusi che si consumano sul proprio territorio e l'autorità giudiziaria agisce in un ambito territoriale molto più ampio, quindi su numeri molto più significativi, e, ulteriormente, il comune agisce sulla base di rilievi condotti in sede amministrativa e quindi per l'esecuzione di provvedimenti sanzionatori. Viceversa, l'autorità giudiziaria si muove per l'esecuzione di sentenze, dunque anche una disciplina differenziata non appare prima facie assolutamente incoerente e incongrua.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, vorrei ringraziare tutti, anche il relatore, perché c'è stata la possibilità di approfondire questo tema più o meno conosciuto, però molto delicato.
  Vorrei cercare di tirare le fila dei vostri suggerimenti a prescindere dal testo che andremo a discutere in seguito. Pur essendo procure in prima fila nell'affrontare questa problematica, voi evidenziate problematiche nell'interfacciarsi con i comuni in fase esecutiva e quindi nell'acquisire i fondi. Sostenete dunque che un valore più stringente e, quindi, criteri trasparenti e oggettivi dovrebbero essere dati non alle procure ma alla Cassa depositi e prestiti, se quella è l'interfaccia, o comunque a chi deve elargire i fondi, ai comuni nella richiesta dei fondi.
  In questo elenco di criteri si dice che il primo criterio di priorità dovrebbe essere immobili che per condizioni strutturali, caratteristiche e qualsiasi altro motivo già accertato costituiscano «un pericolo per la pubblica e privata incolumità». In questo caso l'immobile non dovrebbe essere già abbattuto o sequestrato? Lo lasciamo in piedi fino al terzo grado di giudizio? Pongo queste domande perché voi operate.
  Ancora: gli immobili, anche abusivamente occupati, «utilizzati per lo svolgimento di attività criminali». Ma questo immobile non è soggetto a confisca?
  Se tutto questo (lo dico anche al relatore con grande trasparenza e lealtà, come siamo abituati a fare in questa Commissione) è destinato all'unico problema reale – perché il resto implica soltanto avere un Pag. 18criterio cronologico, oggettivo e fondi, e demolire meglio prima che dopo – che è quello dell'abuso di necessità, l'unico vero problema di cui la politica in qualche modo si può far carico, da non esperta della materia mi chiedo se non si potrebbe prevedere in questi casi ben delimitati l'acquisizione dell'immobile al patrimonio del comune che dopo lo darà in concessione con edilizia popolare agevolata?

  NUNZIO FRAGLIASSO, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli. C'è già una legge della regione Campania che lo prevede, ma è l'applicazione della legge che lascia a decidere.

  PRESIDENTE. L'ultimo quesito chiaramente è rivolto alla politica, ma alcune di queste condizioni quali, ad esempio «se abitati da componenti condannabili del 416-bis», non prevedono che ci sia già stato un intervento a monte dell'autorità giudiziaria?

  UGO RICCIARDI, sostituto procuratore presso la Corte di Appello di Napoli – Capo dell'Ufficio demolizioni. In maniera sintetica voglio rispondere all'ultima questione. C'è una legge regionale del 2009, che anni fa inserì – a livello di flash, senza poi svilupparlo come sarebbe stato opportuno – il discorso dell’housing sociale.
  Se l’housing sociale viene sviluppato in maniera seria, parlandone insieme, così come stiamo discutendo adesso con il legislatore nazionale o regionale, risolve a tutti noi il problema degli 80, dei 100, dei 110, il problema degli abusivi che hanno costruito con le loro mani la casa che abitano assieme ai figli.
  In realtà però – diciamocela tutta – quando abbiamo affrontato il problema con qualche politico ovviamente non qui presente, ci è stato risposto «che ci importa di questi?», perché a livello elettorale non sono certo questi che portano i voti, perché l’housing sociale rappresenterebbe alla fine la pietra del mosaico che viene tirata, però da qui non usciamo più.

  PRESIDENTE. Questo era un tema più per noi. Andiamo avanti con risposte flash.

  LUIGI RIELLO, procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli. Sì, molto a flash. Innanzitutto do per scontato, perché ci muoviamo in un'ottica di collaborazione istituzionale, le buone intenzioni dei proponenti, quindi mi pongo non in un'ottica di presunzione di malafede o di perseguimento di altri scopi: ci poniamo tutti lo stesso scopo, però dobbiamo essere realistici, anche perché quello dell'esecuzione è uno dei segmenti, però è il segmento fondamentale.
  Spesso parliamo della ineffettività della pena, mentre ci troviamo di fronte a un caso in cui l'effettività è molto forte e dirompente, perché la demolizione è quella che è. Quindi, ci dobbiamo porre il problema di come renderla effettiva, anche perché, come è stato detto, è una sanzione di natura amministrativa ma è un corollario di quella penale, è priva di contenuto discrezionale, così come la Cassazione ha più volte ribadito.
  Se veramente il problema è quello dell'abuso cosiddetto «di necessità», che pure nei nostri criteri abbiamo posto agli ultimi posti non per non farlo, ma per postergarlo nell'ambito di un criterio che rispetti la cronologia, in questo caso la palla passa alla politica, nel senso che si può fare una sanatoria laddove è possibile, una sospensione nei termini citati dal collega Primicerio, il problema dell’housing, quindi ci sono gli strumenti per agire.
  Soprattutto i casi di cui alla lettera a) e alla lettera c), del comma 1 dell'articolo 44-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia, che l'articolo 1 della proposta di legge al vostro esame mira ad introdurre, dove si svolgono attività criminali o vi è un pericolo accertato per la pubblica incolumità, effettivamente potrebbero essere risolti su un piano diverso, che è quello della confisca.
  Credo che, dando per scontato che siamo tutti nella stessa direzione, una volta tanto che non c'è una supplenza dell'autorità giudiziaria, perché c'è stato dato questo potere/dovere, dobbiamo esercitarlo con correttezza, prendendo atto che prima Pag. 19nulla si realizzava e che oggi resta come problema essenziale, come evidenziavo nella parte introduttiva e il collega Fragliasso ha ben approfondito, il problema dei fondi, perché ci ha posto nelle condizioni in cui siamo e, frapponendo il comune tra il magistrato e la Cassa depositi e prestiti, non solo ha creato una discrasia, ma ha aggravato il problema e ci ha imposto di affrontarlo con questi criteri che non vogliono essere legislativi, non vogliono essere di sostituzione al potere legislativo, ma soltanto di razionalizzazione nell'ambito di un criterio cronologico, secondo quanto è scritto nel provvedimento che ho dato e che corrisponde a quello adottato dalla Procura della Repubblica di Napoli.

  LEONIDA PRIMICERIO, procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno. Non devo aggiungere altro perché ho già rassegnato prima le mie perplessità e le mie osservazioni. Per rispondere meglio ad una delle sue domande, le dico che io faccio il magistrato, se mi si chiede qualcosa, al di là delle mie perplessità sull'incostituzionalità e gli errori nella legge, la Costituzione mi impone che io sia soggetto soltanto alla legge e debba rispettare la legge, quindi qualora questa proposta di legge diventasse legge, dovrei rispettare questa legge e questi criteri.
  Leggendo questa legge dico però che non sono in grado di poterla rispettare perché, al di là delle perplessità sugli errori o l'incostituzionalità, il rispetto di questi criteri non dipende soltanto da me. Io sarei responsabile del mancato rispetto di questi criteri, ma il rispetto di questi criteri non dipende da me, perché per rispettare questi criteri ci vogliono dei soldi, che io devo chiedere ai comuni, i comuni dipendono da altri, quindi io mi troverei ad essere responsabile delle condotte o delle mancate condotte di altri, della richiesta di questi fondi o della mancata erogazione di questi fondi, quindi non sarei in grado, in concreto, di rispettare questi criteri, punto.

  ALDO DE CHIARA, avvocato generale presso la Corte di Appello di Salerno. Molto brevemente, sotto accusa sono stati praticamente i sindaci, gli enti locali, però io ricordo a me stesso che c'è un altro ente pubblico di cui non abbiamo parlato, la regione, la quale, ai sensi dell'articolo 31, comma 8, del testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia, ha un controllo sostitutivo da esercitare nei confronti dei comuni inadempienti, e mi risulta perché su questo fronte le regioni siano assolutamente carenti. Invito, quindi, la Commissione a valutare l'opportunità di coinvolgere in questo discorso le regioni.
  Rispondo alla domanda: la Campania è ricca di scheletri di tre o quattro piani anche nelle zone costiere (non solo la Campania, ma io parlo della Campania), e nessuno interviene. Il magistrato non può intervenire perché il più delle volte non c'è il giudicato, perché c'è la prescrizione, i comuni dicono di non avere soldi perché oggi, se hanno una lira, la investono in iniziative promozionali, di cultura, gli eventi e tutte le cose belle che sappiamo, e reprimere non è mestiere dei sindaci, a reprimere dobbiamo chiamare altri organi, l'autorità giudiziaria o altro, altrimenti non ne usciremo mai.

  NUNZIO FRAGLIASSO, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli. Innanzitutto mi riallaccio a quanto ha detto l'avvocato generale De Chiara. L'articolo 40 del testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia prevede altresì quel potere sostitutivo delle regioni nel settore delle demolizioni o della sospensione dei lavori abusivi, che non viene quasi mai attivato, perché gli unici che fanno le demolizioni sono gli uffici requirenti.
  Dateci autonomia di spesa (lo diceva prima il procuratore Primicerio), non potete darci dei criteri se il loro rispetto non dipende da noi. Ben vengano i criteri codificati dal legislatore, ma dateci autonomia di spesa e di finanziamento.
  Chiudo dicendo che addirittura la citata convenzione tra i tre Ministeri del 15 dicembre 2015, poi ripresa da circolari del Ministero della giustizia, prevede espressamente che il magistrato e il pubblico ministero possano avviare la procedura di pagamento della demolizione ai sensi del Pag. 20testo unico delle spese di giustizia, quindi attingendo al capitolo 1360 del Ministero della giustizia, solo qualora la Cassa depositi e prestiti abbia rigettato il finanziamento. Ma la nostra esperienza ci dice che la Cassa depositi e prestiti non lo rigetta mai, è il comune che non lo richiede.
  Questa è una cosa che i Ministeri sanno, perché, anche nella convenzione, prevedono che ogni trenta giorni noi uffici giudiziari dobbiamo sollecitare i comuni inadempienti ma, nonostante i solleciti, i comuni non adempiono.
  Un ultimo flash in riferimento all'acquisizione al patrimonio comunale: la nostra esperienza ci dice che determinati comuni del napoletano acquisiscono al patrimonio comunale le opere abusive, la giurisprudenza della Cassazione ha detto che questo non blocca la demolizione, perché solo quando ci sia una delibera del Consiglio comunale che dichiari la prevalenza di interessi pubblici e il contrasto della demolizione con altri interessi pubblici, in assenza di vincoli la cui assenza deve essere accertata dall'autorità preposta che non sempre è il comune, si possa bloccare la demolizione.
  In realtà acquisiscono al patrimonio comunale e ci lasciano dentro l'autore dell'abuso, senza che questo debba mai pagare un'indennità di occupazione prevista solo sulla carta, né forfetaria né come cambio di collocazione, in spregio delle carenze di risorse economiche del comune.
  I comuni acquisiscono sulla carta questi immobili abusivi e li lasciamo alla disponibilità degli abusi senza incamerare nulla. Noi sistematicamente segnaliamo queste circostanze alla Procura regionale presso la Corte dei conti, ma, comunque, occorrerebbe un intervento legislativo per invertire la tendenza e sovvertire questo modo di procedere.
  La ringrazio, signora presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.