XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 26 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di una delegazione di ex parlamentari sciiti del Bahrein.
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 
Almarzooq Khalil , esponente della ... 4 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 5 
Alaswad Ali , esponente della ... 5 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7 
Cassano Franco (PD)  ... 7 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7 
Almarzooq Khalil , esponente della ... 8 
Alaswad Ali , esponente della ... 9 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 10 
Cassano Franco (PD)  ... 10 
Almarzooq Khalil , esponente della ... 10 
Alaswad Ali , esponente della ... 11 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PIA ELDA LOCATELLI

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori di questa seduta sarà assicurata, oltre che attraverso il resoconto stenografico, anche tramite la trasmissione sul circuito televisivo interno della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione di ex parlamentari sciiti del Bahrein.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione di una delegazione di ex parlamentari sciiti del Bahrein.
  Do il benvenuto a Khalil Almarzooq e ad Ali Alaswad, entrambi esponenti dell’Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamico sciita di opposizione, i cui parlamentari si sono dimessi nel febbraio 2011 in segno di protesta a seguito dell'inasprimento della repressione, da parte delle autorità, delle proteste rivolte contro il Governo sunnita in carica.
  Saluto e ringrazio per avere promosso l'audizione odierna anche Marco Perduca, già senatore, membro della Commissione esteri e della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, nonché membro dei Consigli direttivi delle associazioni Nessuno Tocchi Caino e Non c’è pace senza giustizia. Oggi è rappresentante presso le Nazioni Unite del Partito radicale transnazionale.
  Ringrazio anche Niccolò Figà-Talamanca, segretario generale della stessa associazione Non c’è pace senza giustizia, legata al Partito radicale transnazionale, costituita nel 1994 a seguito di una campagna radicale per l'istituzione del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia e della Corte penale internazionale, e che lavora per la protezione e la promozione dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e della giustizia internazionale.
  Prima di dare la parola ai nostri ospiti, i cui interventi saranno simultaneamente tradotti dall'inglese in italiano, ricordo che il Bahrein, Stato insulare del Golfo Persico, è una monarchia costituzionale retta dalla famiglia Al Khalifa. Interessato dall'onda di rivolte che nel 2011 ha colpito i Paesi a maggioranza islamica di fascia nordafricana e, in parte, mediorientale, il Bahrein è oggi un Paese segnato dallo scontro tra sciiti e sunniti e da un movimento di opposizione interna che, al di là della controversia religiosa, rivendica riforme costituzionali, riforme economiche, democratizzazione e tutela di diritti e libertà fondamentali.
  In politica internazionale il Bahrein partecipa alla coalizione internazionale guidata dall'Arabia Saudita contro i ribelli sciiti Houthi in Yemen. Dopo l'esecuzione delle condanne a morte da parte di Riad anche del leader sciita locale Nimr al Nimr, all'inizio del mese di gennaio in Bahrein ci sono state manifestazioni di protesta da parte della popolazione sciita – che nel Paese è maggioritaria – di cui Pag. 4la stampa internazionale ha dato notizia, anche per l'azione di repressione da parte delle forze di polizia.
  Il 4 gennaio il governo di Manama, dopo avere invitato il personale diplomatico iraniano a lasciare il Paese entro 48 ore, condannando l'assalto dell'ambasciata dell'Arabia Saudita a Teheran e del consolato nella città di Mashhad, al pari di altri Paesi sunniti filo-sauditi, ha interrotto le proprie relazioni diplomatiche con l'Iran. Questo per inquadrare il momento.
  Do ora la parola ai nostri ospiti affinché svolgano il loro intervento. Cominciamo con Khalil Almarzooq, che è il braccio destro del segretario generale di Al-Wefaq ed è membro del Consiglio dei rappresentanti. Il Consiglio dei rappresentanti è la Camera bassa, che è eletta a suffragio universale. Sappiamo che esiste anche una cosiddetta Camera alta, che invece viene nominata dal re. I nostri ospiti sono stati eletti a suffragio universale nella Camera bassa.
  Khalil Almarzooq, nello svolgimento del proprio incarico, ha svolto funzioni di primo vicepresidente. Il 14 febbraio 2011, insieme ad altri 17 membri del Parlamento appartenenti ad Al-Wefaq, il principale partito islamico sciita di opposizione, si è dimesso, in seguito alla repressione delle proteste da parte delle autorità. Almarzooq ha condotto negoziati con il governo nell'ambito del dialogo nazionale, ma il 17 luglio dello stesso anno, 2011, insieme ad altri quattro delegati di Al-Wefaq, si è ritirato dai negoziati. Un paio d'anni dopo, a settembre del 2013, è stato arrestato per le opinioni critiche rispetto al Governo. Amnesty International l'ha definito «un prigioniero di coscienza» e ne ha chiesto il rilascio immediato. Una corte bahrenita l'ha prosciolto dalle accuse di incitamento al terrorismo e appartenenza a un'organizzazione terrorista il 25 giugno 2014. Khalil al Marzooq continua a essere un promotore e un protettore dei diritti umani. L'ascoltiamo volentieri.

  KHALIL ALMARZOOQ, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. Grazie. Siamo onorati di essere qui. Apprezziamo il vostro impegno a tutela dei diritti umani nel mondo.
  Il Bahrein è un Paese molto importante nella regione del Golfo, pur essendo molto piccolo. La stabilità del Bahrein è cruciale per tutti, non solo per i suoi cittadini, ma anche per la regione e per la comunità internazionale. Si parla della presenza della V Flotta degli Stati Uniti e di rapporti commerciali ed economici tra il Bahrein e i Paesi europei che sono in gioco. Questi rapporti e queste alleanze con la comunità internazionale per noi dovrebbero essere fondati su princìpi e valori e sul benessere dei Paesi come il Bahrein e le altre nazioni. Ciò non può essere favorito da una situazione in cui si minano i diritti umani e le rivendicazioni democratiche delle persone. Quanto più noi ci battiamo per i diritti umani nel Bahrein, tanto più ciò tutela gli investimenti e favorisce i rapporti amichevoli e le alleanze.
  Purtroppo, la situazione nel Bahrein è andata peggiorando dal 2011, anche se la comunità internazionale ha contribuito a creare una commissione indipendente, la commissione indipendente del Bahrein per i diritti umani, che ha descritto chiaramente ciò che è avvenuto durante la brutale repressione, con il governo che ha cercato di zittire i manifestanti ispirati dalle «primavere arabe» nate in Egitto, in Tunisia e in altri Paesi. Paragonando il Bahrein ad altri Paesi, quelli delle «primavere arabe» soprattutto, potremmo dire che il Bahrein è il Paese più sicuro, senza le violenze che ci sono state in Siria, in Libia o altrove. Questo è stato uno degli elementi chiave del contributo dell'opposizione, cui noi apparteniamo. Abbiamo preservato il Paese dalla violenza. Ci siamo astenuti dal permettere ai giovani di ricorrere alla violenza, facendo del Bahrein un campo di battaglia regionale. Purtroppo, tutti questi contributi dell'opposizione principale hanno visto di fronte a sé una continua repressione da parte delle autorità, che hanno soffocato tutte le proteste e arrestato i principali dirigenti, Pag. 5come Ali Salman, segretario generale del nostro movimento, che rappresenta la spina dorsale dell'opposizione, la quale è composta anche da altri partiti politici. Hanno arrestato anche Ibrahim Sharif, ex segretario generale del secondo movimento di opposizione del Bahrein, e hanno continuato a convocare e interrogare attivisti dei diritti umani e politici che alzano la voce contro politiche sbagliate. O si è d'accordo con il governo, o si deve tacere, altrimenti, se si criticano le politiche sbagliate del governo, si finisce per essere interrogati o incarcerati.
  Che cosa vuole la gente del Bahrein ? Una piattaforma politica che permetta di far sentire la sua voce, che permetta di discutere i suoi problemi e in cui si possa chiedere conto della cattiva gestione, ossia che il sistema politico possa farsene carico. Se ciò sarà ottenuto, non ci sarà bisogno che la gente scenda in piazza, magari violentemente, per far sentire la propria protesta.
  Dal 2011 a oggi abbiamo costruito, per fortuna, buoni rapporti con la comunità internazionale. Abbiamo cercato di farci sentire all'esterno per indurre il governo e l'opposizione a dialogare. Purtroppo, però, il dialogo non va avanti perché il governo non ha intenzione di passare dalla monarchia assoluta a una monarchia costituzionale. Quello che è fuorviante è che in Bahrein abbiamo delle elezioni e abbiamo in qualche modo delle istituzioni, ma queste istituzioni non rappresentano la popolazione e la sua volontà in modo paritario. Faccio un solo esempio: noi abbiamo ottenuto il 65 per cento dei voti, ma abbiamo avuto soltanto il 45 per cento dei seggi. Anche se si ottiene quindi più del 50 per cento dei voti, si ottiene un quoziente che non permette neanche di fermare disegni di legge dannosi per i diritti umani. È per questo che abbiamo tanti decreti-legge, neanche una legislazione vera e propria. Gran parte della legislazione promana dal governo. Queste leggi, come quelle antiterrorismo, sono usate per reprimere l'opposizione anziché per tutelare veramente il Paese dal terrorismo e dalla violenza. Abbiamo anche leggi che proibiscono le proteste nella capitale. Il ministero dell'interno ultimamente ha vietato tutte le manifestazioni di massa, che sono un diritto universale che andrebbe tutelato. Se si parla di una politica sbagliata, si viene accusati o di aver insultato il ministro dell'interno o un qualche altro ministro, oppure si è accusati di istigare all'odio contro il regime o addirittura al rovesciamento del regime e del sistema.
  Ciò che noi vogliamo, con il vostro aiuto, è lavorare assieme alla comunità internazionale per andare a una riconciliazione nazionale attraverso il dialogo. Gli abitanti del Bahrein hanno bisogno gli uni degli altri. Abbiamo bisogno di un sistema politico inclusivo che fornisca eguaglianza, giustizia e pluralismo, in modo che gli abitanti del Bahrein, che amano il proprio Paese, riescano a isolarlo dal caos regionale dovuto alle tensioni tra potenze regionali. Non vorremmo esserne coinvolti.
  Il collega forse avrà altri commenti da fare prima di passare alle domande.

  PRESIDENTE. Grazie per il suo intervento. Adesso completiamo con l'intervento di Ali Alaswad, che, a sua volta, è membro di Al-Wefaq, National Islamic Society. Anche lui è stato eletto alla Camera bassa nel 2010 e si è dimesso nel 2011 per l'inasprimento della repressione delle proteste democratiche, insieme ad altri colleghi della stessa organizzazione.
  In particolare, Ali Alaswad è stato molto attivo nella fase della «rivoluzione» del 2011 sul fronte dell'informazione ai media internazionali, fornendo notizie sull'evoluzione degli eventi in Bahrein. A seguito di minacce ricevute presso la sua abitazione, nel giugno del 2011 si è trasferito a Londra, dove ha continuato a svolgere attività politica per sollevare la questione della democrazia nel suo Paese. Nel 2013 ha collaborato con la commissione di inchiesta parlamentare per gli affari esteri del Regno Unito, fornendo informazioni, rapporti e prove sui rapporti delle relazioni tra il Regno Unito, l'Arabia Saudita e il Bahrein. A lei la parola.

  ALI ALASWAD, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione Pag. 6politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. La ringrazio. Grazie di averci ricevuti oggi per parlare del Bahrein. Mi soffermerò su tre elementi, innanzitutto sulle sfide regionali. Nella regione abbiamo problemi di diritti umani e di princìpi al riguardo, problemi di sicurezza e problemi economici. Da decenni è in corso una lotta per la partecipazione al governo e alla determinazione delle politiche. Comincio dalle dichiarazioni di dieci giorni fa del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Egli ha parlato al telefono con il ministro degli esteri del Bahrein della situazione nel Golfo e delle sfide alla pace e alla sicurezza regionali. Ban Ki-moon ha incoraggiato il Bahrein a prendere ulteriori provvedimenti a favore del dialogo politico nazionale per attenersi agli obblighi internazionali per i diritti umani, riconoscendo la libertà d'espressione, di riunione e altre libertà fondamentali. Ban Ki-moon, inoltre, ha parlato delle questioni dei diritti umani e delle libertà. Le agenzie e la stampa di Stato in Bahrein hanno ignorato e oscurato questi punti trattati nella telefonata. Ciò che è accaduto al Segretario Generale è sempre accaduto anche all'opposizione, che ha sempre chiesto libertà e un dialogo nazionale. La comunità internazionale, a nostro avviso, dovrebbe esercitare maggiori pressioni sul Bahrein per coinvolgerlo in un autentico dialogo, che porti a una riconciliazione nazionale che ponga fine a questa crisi.
  La crisi di cui parliamo oggi ruota attorno alla questione della rappresentanza e della divisione, o condivisione, dei poteri. Il collega ha citato un punto importante, la nostra rappresentanza in Parlamento. Porto un esempio del mio collegio elettorale. Quando mi sono candidato, ho ottenuto circa 6.800 voti. Io sono del Governatorato del Nord, dove permettono di eleggere un parlamentare. In altri Governatorati permettono di eleggerne sei, e questo in un Parlamento di quaranta membri. Le disparità a livello di rappresentanza sono davvero enormi.
  Abbiamo parlato di eguaglianza, di dignità, di pari rappresentatività. Nell'opposizione siamo convinti che il dialogo e il negoziato siano l'unica strada per raggiungere la riconciliazione. Le violazioni dei diritti umani si aggravano sempre di più in Bahrein. La polarizzazione e il conflitto nella regione si aggravano di pari passo. Il Bahrein ha visto un'occasione per coprire queste violazioni, considerato che la comunità internazionale ha lo sguardo rivolto altrove. Questo si è visto nel caso di Nabeel Rajab, attivista dei diritti umani ben noto in Bahrein, a cui è stata vietata l'uscita dal Paese a causa del suo ruolo a difesa dei diritti umani.
  Dal 2012, abbiamo ricevuto 176 raccomandazioni dall'ONU di Ginevra. Molte di queste raccomandazioni sono nel rapporto della nostra commissione dei diritti umani – rapporto, tra l'altro, firmato dal re del Bahrein –, che contiene 26 raccomandazioni. Noi siamo convinti che il governo del Bahrein non abbia accolto queste raccomandazioni, che vertono sulla tortura, per esempio. Impediscono al relatore speciale sulla tortura, Juan Méndez, di visitare il Bahrein. Ha dovuto rinviare la propria visita a lungo e, alla fine, ha cancellato la sua missione. Ciò significa che le torture proseguono. In Bahrein abbiamo circa 3 mila detenuti, su 600 mila cittadini del Bahrein stesso che vivono sull'isola.
  Per amore della stabilità questi princìpi dovrebbero essere tutelati e verificati dalla comunità internazionale. Nel 2002 fu convenuto e stabilito dal re di avere una Costituzione, senza alcuna consultazione dei cittadini. Pensiamo che ciò sia accaduto perché la pressione della comunità internazionale pesò. Adesso riteniamo che non possano esserci riforme né cambiamenti se non interviene la comunità internazionale.
  Ci sono alcune questioni complicate. Il Bahrein sta usando strumenti che sono inaccettabili e dichiarati tali dalle ONG indipendenti per i diritti umani. Sono inaccettabili anche per i Paesi della comunità internazionale. Stanno privando della cittadinanza attivisti, giornalisti e Pag. 7difensori dei diritti umani. Togliendo loro la nazionalità, le famiglie e i parenti perdono il diritto a molti servizi, come i servizi sanitari e quelli educativi. C’è stato il caso di un nostro parlamentare che aveva un figlio che non poteva ottenere né un attestato di cittadinanza, né un certificato di nascita, con tutte le sofferenze che ne derivano per i genitori al momento di dover andare in ospedale. È una situazione senza futuro, e questo è solo un esempio. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio anche per questa seconda presentazione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO CASSANO. Grazie, presidente. Farei alcune domande, che ruotano intorno allo stesso problema. Una volta dichiarata l'attenzione e la solidarietà nei riguardi di una minoranza politica che, però, è una maggioranza nel Paese e che non trova modo di espressione politica, una volta appunto manifestata la solidarietà nei riguardi del vostro impegno e della vostra battaglia, vorrei capire alcune cose.
  L'opposizione e la chiusura del re e del regime sono legate al mantenimento di privilegi politici ed economici ? E che ruolo gioca la religione in tutto questo ? Io sono abbastanza anziano. Negli anni Sessanta, quando capitava a noi giovani di occuparci dei vostri Paesi, l'aggettivo che usavamo quasi sempre era «arabo». Non c'era la religione in primo piano. Sapevamo benissimo che gli arabi avevano una religione diversa dalla nostra, ma il principio di nazionalità era più evidente e più forte che non quello religioso. Invece, guardando il panorama del Medio Oriente, oggi vediamo un grande peso attribuito al fattore religioso, alla contrapposizione che c’è tra le due aree fondamentali dell'Islam, cioè sciiti e sunniti. Trovo che ci sia un intreccio di tutti questi fattori. Quello che mi chiedo è se questo principio, che voi giustamente invocate, sul fatto che ci debba essere una rappresentanza proporzionale nelle istituzioni parlamentari e, quindi, uguaglianza di diritti, possa essere una battaglia che vale per tutti i Paesi attraversati da questo scontro. Sappiamo che ci sono Paesi nei quali magari c’è una situazione quasi invertita. La mia domanda allora è: quale può essere una configurazione della situazione generale che aiuti voi ad andare avanti e a riuscire a conquistare quello che volete conquistare ? Credo che questa contrapposizione, così forte ed evidente, tra due interpretazioni diverse dell'Islam renda sicuramente più difficile la vostra lotta, perché in qualche modo si ha l'impressione che stia diventando anche più aspra con il gioco della contrapposizione di grandi Paesi. Volevo avere da voi una riflessione su questo tema per essere aiutato a capire. Grazie.

  PRESIDENTE. Anch'io farei una domanda, in modo che poi rispondiate complessivamente.
  Intanto faccio una considerazione. Sono rimasta molto colpita dal fatto che ripetutamente, nei due interventi che avete fatto, avete avanzato la richiesta di dialogo come richiesta fondamentale, prima ancora della richiesta di diritti. È una cosa che mi ha molto impressionato, questa possibilità proprio di parlarvi. Di solito ci capita di ascoltare istanze che vanno in una direzione di maggiore richiesta di concessioni democratiche – vogliamo i diritti, vogliamo la rappresentanza – mentre voi avete insistito molto sulla richiesta di dialogo e avete chiesto all'opinione pubblica internazionale, alla comunità internazionale, proprio di favorire questa possibilità di dialogo. Lo ripeto, questo è un dato che mi ha molto sorpresa.
  In secondo luogo, sempre sulla stessa linea, avete chiesto una piattaforma – questa è la parola usata – per avere la possibilità di far sentire la vostra voce, di chiedere conto, perché evidentemente la situazione è tanto grave che nemmeno questa possibilità esiste.
  Mi pare che contiate molto sul ruolo – vi chiederei una conferma e magari qualche esempio concreto – del potere o della Pag. 8pressione che la comunità internazionale può esercitare sulle autorità del Bahrein per aiutarvi in questo avvio di dialogo.
  La quarta è una domanda che mi sta particolarmente a cuore, perché mi sono sempre occupata dei diritti delle donne, anche perché i diritti delle donne sono diritti umani. Vorrei qualche notizia sulla condizione delle donne nel vostro Paese e sul ruolo che svolgono, se lo svolgono, in questa vostra battaglia per un Bahrein più democratico. Grazie.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  KHALIL ALMARZOOQ, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. La ringrazio. Sono domande molto interessanti e molto puntuali.
  Rispondo all'onorevole Cassano. Sì, le autorità in Bahrein vogliono mantenere il potere assoluto. È per questo che respingono anche l'incoraggiamento da parte del Segretario Generale dell'ONU, la chiamata dal Presidente Obama e gli inviti di altri ministri di paesi europei a instaurare una forma di governo inclusiva. Avere un governo inclusivo nel Paese vuol dire che loro perdono il potere. Temono di essere chiamati a rispondere. Alcuni ministri dicono che l’accountability vale solo per il re. È lui che nomina i ministri, quindi i parlamentari sono esenti dal dover render conto. La questione principale è tenere il potere in mano, tenere questo potere assoluto. Nelle circostanze attuali, con sfide economiche, minacce regionali e terrorismo, tutto ciò fa sì che le autorità abbiano potere assoluto senza doverne rendere conto. È questo che abbiamo oggi nel Paese. Le persone sono sconvolte non solo per la mancanza di libertà, ma anche perché vengono tagliate le sovvenzioni ai poveri. I poveri sono frustrati con il Parlamento. Vorrebbero che i membri dell'opposizione entrassero in Parlamento. Noi volevamo interpellare un ministro. Trenta parlamentari su quaranta hanno firmato la richiesta di interpellanza al ministro. Tre parlamentari, a causa della struttura dei poteri legislativi, hanno detto, però, che la richiesta di interpellanza non era appropriata, ed è decaduta. Questo significa che c’è un potere assoluto che ha in mano il potere decisionale.
  Sono le autorità che giocano sulla polarizzazione tra comunità sunnita e sciita nel contesto regionale. Loro sostengono che dare potere alla comunità sciita danneggerebbe i sunniti e cercano di riprendere esperienze negative di quello che è accaduto, per esempio, in Iraq per affermare: «questo succederà anche qui. Succederà anche a voi». Questo crea un blocco sul cammino verso il rispetto e l'inclusività. Fra sciiti e sunniti la situazione, tuttavia, non è questa. Tutti gli abitanti del Bahrein vogliono la rappresentanza in Parlamento, in modo da poter chiamare a rispondere il governo. Ciò è dimostrato, e lo notate se andate su Twitter, non solo su quello dei lealisti, ma anche su quello dell'opposizione: si tratta di decidere a chi vanno i proventi, le entrate del Paese, chi fa le scelte economiche e chi fa le scelte per la crescita del Paese.
  Comunque, il nucleo centrale è la questione della rappresentanza. Tutto dipende da un sistema elettorale che garantisca l'eguaglianza tra i cittadini. Noi siamo pronti a negoziare un modo in cui gestire il processo legislativo in modo tale che il regime autoritario non possa prevalere in toto. Abbiamo bisogno di una formula per un dialogo sui diritti. Noi mettiamo l'accento sul dialogo perché abbiamo notevoli timori. Anche se ci si dice che queste paure sono illogiche, le riteniamo legittime. È chiaro che c’è qualche parte nel dialogo che può temere la maggioranza. Abbiamo bisogno pertanto di un dialogo che possa sedare questi timori e che possa trovare soluzione ai timori di tutti. Dobbiamo tenere conto dei timori della nostra comunità, delle altre parti e anche dei governanti. Il dialogo ci occorre non perché sia più importante della tutela dei diritti, ma perché riteniamo che avere una piattaforma che metta assieme la popolazione, il processo decisionale e strumenti che diano protezione a tutti e non siano, Pag. 9invece, usati contro qualcuno sia l'unico modo per far cessare le violazioni dei diritti umani.
  La via d'uscita è che gli abitanti del Bahrein si mettano seduti attorno a un tavolo e negozino il modo per tutelare gli interessi di tutti e gli interessi del Paese. Purtroppo, abbiamo visto che negli ultimi quattro anni, senza l'aiuto e il sostegno della comunità internazionale, questo non si è verificato. Negli ultimi quattro anni tutto ciò che è successo è avvenuto perché la comunità internazionale premeva per il dialogo. Se non ravvisiamo appelli a favore del dialogo nel Bahrein, in questo caso non ci saranno progressi. La comunità internazionale è fondamentale perché qualcosa succeda. Ciò che ci serve da parte della comunità internazionale è che il governo e la popolazione, con le sue varie componenti, siano incoraggiati a dialogare, a confrontarsi e a negoziare una piattaforma migliore, che ricorra a princìpi come quello di eguaglianza, un sistema elettorale indipendente, una magistratura indipendente. Voi avete l'esperienza, le conoscenze istituzionali, le esperienze nella gestione e nella soluzione dei conflitti, nella gestione costituzionale e nella gestione politica. Tutto questo deve essere sfruttato per aiutarci a giungere a una soluzione. Altre risposte potranno essere date dal collega. Grazie.

  ALI ALASWAD, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. Un'osservazione importante a proposito dei princìpi per una soluzione è che durante il dialogo abbiamo raggiunto un punto in cui si è parlato del voto di fiducia da parte del Parlamento. Anche su questo punto il governo e le autorità non hanno fatto nulla per assicurare all'opposizione che, se parteciperà alle elezioni, otterrà almeno queste due cose: l'eguaglianza – una persona, un voto, non come nell'esempio che ho fornito all'inizio, l'esempio del mio collegio elettorale, che elegge un parlamentare con gli stessi voti con cui se ne eleggono sei altrove – e il voto di fiducia al governo.
  Che cosa fa il governo ? Porta il suo programma e dice che, se si respinge questo programma due volte, il Parlamento è sciolto. Vedete, invece che essere il Parlamento a sciogliere il governo, è il governo che scioglie il Parlamento, perché il Parlamento ha respinto due volte il programma. Non possiamo partecipare a elezioni del genere, a un Parlamento del genere, se il governo non è trasparente e non rende conto. Il primo ministro non è interpellato in Parlamento, questo dice la Costituzione. Abbiamo un primo ministro dal 1971. Ha tutto in mano. Ha l'impunità grazie alla Costituzione. Ha la ricchezza. Non ha creato neanche le opportunità perché i giovani potessero ottenere lavoro, o le opportunità di istruirsi, né un minimo di uguaglianza. Quando parliamo di un minimo, il minimo è l'eguaglianza. Una volta stabilito questo principio, ci metteremo attorno a un tavolo. La Costituzione attribuisce al re ventidue poteri. Può fare praticamente tutto. Questa non è una monarchia costituzionale, è una monarchia assoluta, in cui il popolo non ha diritto di voto. Non si può sciogliere il governo e, ad oggi, non è possibile neanche rivolgere un'interpellanza a un ministro, non dico al primo ministro.
  Come secondo elemento, per noi il ruolo della comunità internazionale quale può essere ? Come diciamo noi, deve avere un ruolo di mediazione, eventualmente, non apertamente, ma privatamente, da ministro degli esteri a ministro degli esteri potrebbe essere. Paesi come quelli europei e gli Stati Uniti hanno in mano degli strumenti. Non concedano tutto a Paesi governati da una monarchia assoluta senza chiedere in cambio qualcosa per il popolo. La comunità internazionale e il Bahrein che rapporto devono avere? Quando si tratta di organizzare un gran premio di Formula 1 o una manifestazione dell'aviazione in Bahrein, d'accordo, si fa, ma concedendo qualcosa al popolo.
  La terminologia del dialogo che è stata impiegata, e che io ho usato fin dall'inizio, Pag. 10nel mio intervento, come ha detto Ban Ki-moon, ha a che fare con la riconciliazione. Penso che la comunità internazionale possa avvalersi di diverse raccomandazioni e andare di pari passo con il governo del Bahrein per vedere se si conseguono dei miglioramenti nel campo dei diritti umani e se sui vari punti è stato fatto qualcosa.
  Per quanto riguarda le donne, in Bahrein c’è una società civile, in cui c’è un ruolo positivo per le donne. Nel nostro movimento non consideriamo le donne soltanto come elettrici che devono semplicemente attribuire il seggio ai loro deputati. Abbiamo creato anche commissioni per le donne, in cui elaborano idee e partecipano. Ci sono sette donne incarcerate attualmente per il loro ruolo politico nel campo dei diritti umani. Le donne in Bahrein sono molto attive. Partecipano alle attività e hanno un ruolo positivo. Il nostro movimento ha preso una decisione per le prossime elezioni: quella di fare entrare le donne in Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie per queste risposte esaurienti.
  È rimasto scoperto un tema, che vorrei ricordare, sollevato dal collega Cassano, rispetto al ruolo della religione. Possiamo aggiungere qualcosa ? Ricordo che dobbiamo comunque concludere in cinque minuti questa audizione.

  FRANCO CASSANO. Se posso aggiungere una cosa, credo che la vostra battaglia sarà vicina alla vittoria quando ci sarà anche un'opposizione sunnita al sovrano, ossia quando si mostrerà che non si tratta semplicemente di una contrapposizione di religione, ma, come dite voi, di una contrapposizione tra i princìpi della democrazia e i princìpi dell'autoritarismo.
  Poiché il predominio sunnita nelle istituzioni è probabilmente anche uno strumento per privilegiare una comunità che nel Paese è minoritaria, come si fa a smontare questo meccanismo e a far sì che domani, accanto alla vostra, ci sia un'opposizione sunnita ? Quello sarà infatti il momento nel quale il re incomincerà a cedere, almeno credo.

  KHALIL ALMARZOOQ, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. Nella nostra regione si parla sempre di scontri tra fazioni sunnite e sciite, ma da noi non è questo il caso. Non si tratta di uno scontro tra sunniti e sciiti, tra cittadini e cittadini. Abbiamo dei governanti che vogliono tenere il potere nelle loro mani e non vogliono un compromesso.
  Sì, c’è una certa demografia in Bahrein che fa sì che tra sunniti e sciiti si crei una certa polarizzazione. Questo offre degli appigli ai sunniti per mantenersi leali, ma non si parla mai in termini di sunniti e sciiti in Bahrein, anche se i media cercano di fare un collegamento a tale aspetto. La questione è la mancanza di cittadinanza. Tutto quello che cerchiamo di fare è ripristinare un concetto di cittadinanza, in modo da evitare lo scontro tra sunniti e sciiti. Noi riconosciamo quanto possa essere distruttivo passare a un movimento fazioso che rivendichi diritti solo per gli sciiti o solo per i sunniti. Ecco perché parliamo di cittadinanza, di società civile e di Stato di diritto. È su questo che bisogna che la comunità internazionale ci aiuti. Se confrontiamo i discorsi del nostro leader o di altri, vedrete sempre gli stessi toni e gli stessi messaggi. Vedrete quello che diceva Mandela: «siamo tutti africani. Dobbiamo vivere assieme e lavorare assieme, ma dobbiamo essere eguali». La questione non è che noi vogliamo diritti per gli sciiti. Vogliamo gli stessi diritti per tutti i cittadini del Bahrein e, come ribadisco, dobbiamo convenire su una piattaforma che non permetta ad alcuno di accaparrarsi il potere, a qualunque parte appartenga.
  Nell'opposizione e nel nostro movimento ci sono diversi sunniti, ma hanno paura di farsi vedere. A livello di coalizione, ci sono sunniti e sciiti che lavorano assieme, ma, a causa della presenza sunnita nell'esercito e nelle forze di sicurezza, questi sunniti hanno paura. Hanno paura anche di perdere il lavoro. Gli sciiti non hanno nulla da perdere perché non sono Pag. 11nell'esercito e nell'alta amministrazione. Gran parte di essi è disoccupata e, quindi, parlano fuori dai denti. Forse il collega può completare la mia esposizione.

  ALI ALASWAD, esponente della Al-Wefaq National Islamic Society, organizzazione politica bahrenita, nonché principale partito islamista sciita di opposizione. Se mi permette, uno dei miei colleghi in Parlamento mi diceva, nella terza tornata negoziale: «quello che state rivendicando voi sono le nostre richieste, solo che i nostri non sono disposti a pagarne il prezzo». Lui era un leader di un partito sunnita, della Fratellanza. Me l'ha detto in Parlamento. Gli ho risposto: «uniamoci. Se rivendichiamo tutti e due, otterremo quello che chiediamo. Se paghiamo noi il prezzo, lo paghiamo perché pensiamo che sia il meglio per noi, per i nostri figli e per le nuove generazioni, ossia eguaglianza e giustizia».
  Vorrei concludere su questo tema, oggi: noi abbiamo soltanto un'agenda nazionale. Non abbiamo un'agenda sciita o un'agenda di partito o di fazione. Dal 2006 al 2010 siamo stati in Parlamento e non è emerso nulla che avesse che fare unicamente con gli sciiti. Noi, come parlamentari del nostro movimento, abbiamo portato avanti solo temi dell'agenda nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio per questa interessante audizione. Siamo arrivati proprio alle 14, puntuali. La dobbiamo concludere, quindi, ma credo che un impegno sia quello di continuare a mantenere i rapporti e di cercare di collaborare su future azioni, perché noi, comunità internazionale, possiamo contribuire a fare pressione per affermare il principio, come voi avete detto, di libertà e giustizia sulla base di un'agenda nazionale, e non di un'agenda separata tra sciiti e sunniti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.