TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 591 di Mercoledì 16 marzo 2016

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

      VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le vestigia della Sardegna romana rappresentano uno dei segni più importanti della storia antica dell'Isola e, in particolare, appare fondamentale la valorizzazione (anche ai fini di nuovo sviluppo economico) del periodo di sicuro splendore che la città di Cagliari ha conosciuto in epoca romana, diventando la capitale della provincia di Sardegna e Corsica;
   l'importanza della città romana è ancora oggi certificata dalla persistenza di grandi opere edilizie urbane, quali l'Anfiteatro, la Villa di Tigellio, il mausoleo di Attilia Pomptilla;
   appaiono davvero straordinarie anche le necropoli riconducibili a tale periodo storico: una localizzabile a Tuvixeddu, in continuità con quella punica, un'altra disposta nell'area ricompresa tra le chiese di San Lucifero, San Saturnino e San Bardilio e la terza nell'area dell'odierno Viale Regina Margherita, riservata ai marinai della classis misenensis;
   l'importanza dei ritrovamenti archeologici di epoca romana consolida la convinzione che sia utile trovare «elementi narrativi» che possano supportare la comunicazione di merito e la promozione dell'immagine culturale e turistica della città di Cagliari;
   le vestigia della città romana appaiono peraltro ubiquitariamente disposte al di sotto dell'intero centro cittadino e riemergono costantemente ogni qual volta vengono disposti scavi nelle aree prospicienti il porto di Cagliari, in particolare nel quartiere di Stampace;
   le testimonianze archeologiche di epoca romana rappresentano pertanto un significativo biglietto da visita della storia remota della città di Cagliari e possono dunque contribuire in modo rilevante alla costruzione della identità culturale ed economica della città;
   appare assai importante, sotto il profilo mediatico e comunicativo, individuare «elementi simbolici» che possano rapidamente consentire l'identificazione dell'immagine della città con la sua ricchezza culturale del tempo passato;
   oltre tre secoli or sono, in maniera quasi casuale, nel corso di attività agricole in un terreno prospiciente la Chiesa dell'Annunziata, nel quartiere cagliaritano di Stampace, emerse un mosaico pavimentale policromo, delle dimensioni di circa 9 per 6,5 metri, di grande pregio e qualità, che riconsegnò ai ricercatori una splendida immagine di Orfeo intento a suonare la lira, circondato da una moltitudine di animali;
   secondo il canonico Spano che scrive in merito nel Bollettino archeologico sardo del novembre del 1858, tale meraviglia ritrovata attirò immediatamente l'occhiuta attenzione dei piemontesi che, nel 1762, diedero incarico all'intendente generale, cavalier Gemiliano Deidda, di disporre il trasferimento in terraferma del manufatto;
   prima di disporre il trasporto in Piemonte (che avvenne nel successivo 1763), per incarico delle autorità, il mosaico venne integralmente e fedelmente riprodotto in un disegno dal pittore Domenico Colombino;
   la deportazione dell'Orfeo a Torino inferse purtroppo danni clamorosi al manufatto, che venne diviso in varie spedizioni separate, alcune delle quali andarono perdute o irrimediabilmente danneggiate, con sparizione di alcune delle scene che erano originariamente raffigurate nel mosaico;
   attualmente, la parte «salvata» del mosaico, comunque di straordinario interesse e bellezza, è esposta presso il Museo archeologico di Torino, divisa in quattro frammenti, il più grande dei quali raffigura Orfeo e la sua lira e ha dimensioni di circa 163 per 259 centimetri;
   tale immagine di Orfeo è considerata una delle più belle raffigurazioni di tale personaggio mitologico e, conseguentemente, è stata esposta nella celebre mostra su Costantino e il suo editto, allestita nel Palazzo Reale di Milano sino al marzo 2013 e, successivamente, a Roma presso il Colosseo e la Casa Iulia;
   il rilancio dell'immagine di Cagliari, capitale italiana della cultura per il 2015, passa decisamente attraverso il recupero delle ricchezze artistiche e archeologiche indebitamente sottratte all'isola dai suoi dominatori;
   in particolare, l'Orfeo della Villa di Tigellio ha tutte le carte in regola per contribuire alla caratterizzazione dell'offerta museale cittadina, potendo diventare in prospettiva una delle icone della Cagliari romana –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire il rientro a Cagliari, la valorizzazione e la piena fruizione in adeguato ambiente espositivo del mosaico dell'Orfeo rinvenuto nel quartiere cagliaritano di Stampace nel 1762 ed attualmente esposto nel Museo archeologico di Torino. (3-02109)
(15 marzo 2016)

   PIEPOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   chi ha partecipato alla procedura di «abilitazione scientifica nazionale» per il conseguimento dell'idoneità alla funzione di professore universitario di prima e seconda fascia (per i settori concorsuali di rispettivo interesse) nelle tornate 2012 e 2013, pur avendo riportato 3 giudizi favorevoli su 5, è stato dichiarato non idoneo in applicazione di una norma (articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011) che così disponeva: «la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti»;
   con la recente sentenza n. 470 del 5 febbraio 2016, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha confermato la sentenza del Tar Lazio, sezione III-bis, n. 13121 del 20 novembre 2015 con cui era stato dichiarato «illegittimo l'articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011, secondo il quale la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti, anziché a maggioranza dei componenti», con la conseguenza che «il giudizio reso collegialmente non può che considerarsi favorevole, con conseguente conseguimento dell'abilitazione a professore di prima fascia da parte dell'interessato»;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come è noto, pur convenendo sul fatto che l'annullamento della norma regolamentare in questione da parte del Consiglio di Stato non possa essere limitato alle sole fattispecie particolari ma abbia efficacia per tutti, ritiene che tale efficacia non riguardi i provvedimenti antecedenti all'annullamento, in particolare per quel che riguarda quei candidati che non abbiano presentato ricorso in tempo utile;
   appare opportuno che il Ministero proceda in urgente autotutela disponendo il riconoscimento del regime derivante dal suddetto annullamento giurisdizionale nei confronti di tutti coloro che sono stati giudicati non idonei (nonostante 3 giudizi positivi su 5) alla luce di una norma dichiarata illegittima e per questo annullata;
   l'applicazione della maggioranza semplice conseguente all'annullamento della norma regolamentare illegittimamente restrittiva amplierebbe ragionevolmente lo spettro degli idonei e in tal senso garantirebbe una migliore scelta, in linea con l'interesse pubblico sotteso alla procedura in questione;
   il sopra citato riconoscimento in via di autotutela, dunque, nel porsi in linea con il suddetto interesse pubblico, non pregiudicherebbe alcuna posizione di terzi, trattandosi di una procedura non concorsuale ma di mera abilitazione;
   oltre a garantire parità di trattamento a tutti coloro che si sono già sottoposti alla procedura e che, se non si vedessero estesi gli effetti dell'annullamento della norma in questione, dovrebbero sottoporvisi nuovamente nelle tornate future – con la conseguente alea del giudizio di un'ulteriore commissione – l'amministrazione scongiurerebbe altresì il rischio di vedersi esposta a sicure iniziative giudiziali e azioni risarcitorie degli interessati esclusi dall'applicazione degli effetti dell'annullamento ex tunc ed erga omnes della regola della maggioranza dei quattro quinti dei componenti –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per risolvere in tempi rapidi una questione che riguarda molti studiosi dichiarati non idonei solo per un cavillo formale e per mera mancanza di ricorso, restituendo, invece, uguaglianza e giustizia al mondo della ricerca già positivamente valutato ed evitando, inoltre, all'amministrazione cause e condanne a risarcimenti altrimenti inevitabili. (3-02110)
(15 marzo 2016)

   BORGHESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un asilo comunale di Milano (per la precisione quello di via Toce, quartiere Isola) ha deciso di non ricordare la «festa del papà», tradizionalmente in programma il 19 marzo;
   questo per non turbare la sensibilità dei cosiddetti «genitori arcobaleno» (gli interroganti, pertanto, presumono che a maggio non sarà festeggiata neppure la festa della mamma);
   molti genitori ovviamente hanno protestato per questa decisione, chiamando in causa i rappresentanti delle istituzioni e apostrofando questa decisione come «scandalosa»;
   l'assessorato all'educazione del comune di Milano ha chiarito di non aver mai dato disposizioni relative a feste per le giornate del papà e della mamma e che si tratta di iniziative gestite in base alla discrezione, alla libertà didattica e alla sensibilità delle educatrici;
   più che decisione «scandalosa», ad avviso degli interroganti, appare solo uno dei tanti atteggiamenti paradossali del politically correct, che soprattutto in asili e scuole elementari trova molto riscontro;
   di esempi se ne sono avuti tanti negli ultimi tempi, dal divieto dei simboli natalizi (presepe, canti, recite) per «non offendere le altrui sensibilità religiose», ai menù differenziati nel «rispetto delle altrui culture gastronomiche»; dai corsi di lingua araba o rumena destinati agli alunni italiani per «meglio integrarsi con i compagni stranieri», quando invece dovrebbe essere il contrario e cioè corsi intensivi di lingua italiana per i bimbi stranieri al fine di favorirne l'integrazione;
   senza ancora alcuna normativa generale in materia, la prassi burocratica si sta adeguando al nuovo corso; nei moduli scolastici, infatti, i due genitori non vengono più definiti «madre e padre», bensì «genitore 1» e «genitore 2» –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di assicurare il rispetto della Costituzione che, ai sensi dell'articolo 29, riconosce la famiglia quale nucleo fondamentale della società, contrastando con forza qualsiasi deriva ideologica strumentalmente celata dietro l'autonomia scolastica.
(3-02111)
(15 marzo 2016)

   CENTEMERO e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 13 luglio 2015, n. 107, all'articolo 1, comma 108, prevede per l'anno scolastico 2016/2017 un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015 e che tale personale partecipi, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all'articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell'anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), ossia i soggetti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c);
   il suddetto comma 108 prevede inoltre che successivamente, i docenti di cui al comma 96, lettera b), ossia i soggetti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettere b) e c), e assegnati su sede provvisoria per l'anno scolastico 2015/2016, partecipano per l'anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell'attribuzione dell'incarico triennale;
   viene inoltre precisato, sempre dal comma 108 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, che limitatamente all'anno scolastico 2015/2016, i docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015, anche in deroga al vincolo triennale sopra citato, possono richiedere l'assegnazione provvisoria interprovinciale e che tale assegnazione possa essere disposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel limite dei posti di organico dell'autonomia disponibili e autorizzati;
   la legge n. 107 del 2015, ai commi 95-114, dispone un piano straordinario di mobilità per l'anno scolastico 2015/2016 e, in particolare, al comma 96, lettere a) e b), ai sensi dell'articolo 399 del decreto legislativo n. 297 del 1994, dispone l'assunzione in ordine di:
    a) soggetti iscritti a pieno titolo nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado;
    b) i soggetti iscritti a pieno titolo, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, esclusivamente con il punteggio e con i titoli di preferenza e precedenza posseduti alla data dell'ultimo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, avvenuto per il triennio 2014-2017;
   l'ipotesi di contratto nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed ata per l'anno scolastico 2016/2017 sottoscritto a Roma il 10 febbraio 2016 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con le organizzazioni sindacali e al vaglio del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione prevede, nella parte relativa al personale docente, che soggetti del piano straordinario di mobilità per 2017/2018 siano distintamente:
    a) i docenti assunti a tempo indeterminato con sede definitiva, compresi gli insegnati di sostegno, e quelli immessi in ruolo senza sede definitiva, che partecipano alla operazioni di trasferimento insieme ai docenti con sede definitiva, in deroga al triennio (docenti immessi in ruolo entro l'anno scolastico 2014/2015);
    b) i docenti immessi in ruolo nelle prime due fasi del piano straordinario di assunzioni 2015/2016 senza sede definitiva, che vengono considerati nella fase A del piano straordinario di mobilità, considerandoli come fuori sede, e partecipano ai trasferimenti nell'ambito della provincia sui posti residuali dopo i trasferimenti sulla provincia e prima della mobilità interprovinciale;
    c) i docenti immessi in ruolo nelle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni che partecipano alla mobilità su ambito territoriale e con priorità per i docenti assunti da graduatoria ad esaurimento, rispetto a graduatoria concorsuale, che partecipano alla fase B e alla fase C del piano di mobilità straordinaria con preventivo accantonamento dei posti nella provincia di nomina provvisoria;
   l'ipotesi di contratto nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed ata per l'anno scolastico 2016/2017 prevede, all'articolo 6, dunque, quattro fasi, che individuano precedenze e priorità:
    a) la fase A:
     1) gli assunti entro l'anno scolastico 2014/2015 con assegnazione su scuole su tutti i posti vacanti e disponibili nonché su quelli degli assunti nelle fasi B e C del piano assunzioni le 2015/2016 provenienti da graduatorie ad esaurimento. Questi docenti possono anche fare domanda su province diverse da quelle di titolarità;
     2) gli assunti nell'anno scolastico nelle fasi zero e A del piano straordinario di assunzioni 2015/2016, che otterranno sede definitiva in una scuola degli ambiti provinciali in cui hanno ottenuto quella provvisoria, utilizzando anche i posti vacanti e disponibili per la mobilità, e che potranno anche partecipare alla mobilità territoriale, nelle modalità della fase D;
    b) la fase B:
     1) gli assunti entro l'anno scolastico 2014/2015 che potranno spostarsi in ambiti di province diverse, ma sempre con titolarità sulla scuola e nel limite dei posti vacanti e disponibili in ciascun ambito compresi quegli degli assunti in fase B e C del piano straordinario di assunzioni 2015/2016;
     2) gli assunti nell'anno scolastico 2015/2016 delle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni provenienti da graduatorie di merito del concorso 2012, indicando gli ambiti territoriali della provincia. Questi docenti possono utilizzare la mobilità territoriale in fase D;
    c) la fase C:
     1) i docenti assunti in fase B e C del piano straordinario di assunzioni, provenisti da graduatorie ad esaurimento, partecipano alla mobilità territoriale. I docenti verranno assegnati ad un abito territoriale;
    d) la fase D:
     1) gli assunti nell'anno scolastico 2015/2016 da fasi zero e A del piano straordinario di assunzioni e nelle fasi B e C provenienti da graduatorie di merito del concorso 2012, in deroga al vincolo triennale, che possono partecipare alla mobilità su posti vacanti e disponibili in ciascun ambito dopo le fasi precedenti;
   dall'ipotesi di contratto nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente per l'anno scolastico 2016/2017 si evince che tra i docenti assunti nel piano straordinario di assunzioni per il 2015/2016 la priorità, nella mobilità territoriale al di fuori della provincia di assegnazione provvisoria, viene assegnata agli assunti da graduatorie ad esaurimento, a cui è assegnata la precedenza rispetto ai docenti assunti da graduatoria di merito del concorso. In particolare per i docenti assunti in fase B da graduatoria di merito la modalità con cui si assegna la sede con mobilità straordinaria, ossia a partire dalla provincia di servizio anziché da provincia di scelta del docente, ovvero da quelle rientranti nelle regioni in cui si è svolto il concorso, appare passibile e oggetto di contenzioso per disparità di trattamento. Il comma 108 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 aveva inoltre previsto che il piano straordinario di mobilità territoriale e professionale fossero utilizzati tutti posti vacanti e disponibili dell'organico dell'autonomia compresi i posti del potenziamento;
   il piano straordinario di assunzioni, come si è potuto leggere in molte testate nazionali e riviste specializzate nel settore scuola, ha inoltre comportato molte difficoltà ai docenti che hanno spesso assunto incarichi a tempo indeterminato lontano dalle famiglie, in moltissimi casi già costituite vista l'età media dei docenti italiani;
   per il personale docente è inoltre prevista la possibilità, in fase successiva alla mobilità e all'assegnazione a sede scolastica, di essere utilizzati o di essere assegnati con assegnazione provvisoria a sede diversa da quella in cui si è trasferiti. Tutto questo al di là dei diritti riconosciuti al personale docente, potrebbe compromettere seriamente la continuità didattica per gli studenti;
   gli uffici scolastici territoriali saranno oggetto di una consistente mole di lavoro che riguarderà tutti i trasferimenti dei docenti immessi in ruolo nell'anno scolastico 2015/2016 e di chi immesso in ruolo in anni antecedenti volesse chiedere il trasferimento, tutto questo con personale limitato –:
   quali provvedimenti intenda adottare affinché non si creino disservizi ed effetti negativi per gli studenti che vedano compromessa la continuità didattica, per ristabilire priorità e merito rispetto ai docenti, soprattutto quelli immessi in ruolo nella fase B del piano straordinario di assunzioni e da graduatoria di merito del concorso e per salvaguardare i motivi familiari, con particolare riferimento alla possibilità di ricorrere agli strumenti dell'utilizzo e dell'assegnazione provvisoria per l'anno scolastico 2016/2017. (3-02112)
(15 marzo 2016)

   PIZZOLANTE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo affermazioni rilasciate il 24 luglio 2015 dal dottor Alessandro Gilotti, allora presidente dell'Unione Petrolifera, riprese da numerose agenzie di stampa e, più estesamente, dal mensile Quattroruote nel numero del mese di agosto 2015, le stazioni di servizio per l'erogazione di carburanti «tradizionali» – benzina e gasolio – sarebbero troppo numerose e poco redditizie, essendo «i volumi erogati dagli impianti molto bassi, mentre le royalties sui prodotti venduti che le società petrolifere devono pagare a quelle autostradali sono spesso altissime». Secondo i dati riportati da Gilotti, infatti, si sarebbe verificato un crollo vertiginoso delle vendite in autostrada (-54 per cento dal 2007) che avrebbe reso superfluo un numero considerevole di stazioni di servizio attualmente operanti;
   il 31 dicembre 2015, inoltre, sono in scadenza circa 300 concessioni di aree di servizio autostradali (230 delle quali non prorogabili), rispetto alle quali le compagnie petrolifere non hanno manifestato alcun interesse;
   alle concessioni in scadenza non prorogabili e non rinnovate dalle compagnie vanno aggiunte le circa 3.000 stazioni tecnologicamente obsolete e non coerenti con i principi della sicurezza stradale situate lungo la rete viaria ordinaria che, in conseguenza di un accordo tra gestori, Assopetroli e Unione Petrolifera, dovrebbero essere prossimamente dismesse;
   in data 31 marzo 2014 è stato adottato il decreto, di concerto tra il Ministro dell'interno e il Ministro dello sviluppo economico, «Modifiche ed integrazioni all'allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, recante la disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di g.p.l. per autotrazione» (14A02767), che autorizza negli impianti di rifornimento multi-prodotto la presenza contemporanea di carburanti liquidi e gassosi, metano e gpl, e la possibilità di erogare questi ultimi anche in modalità self-service;
   negli anni passati la società Autostrade si è espressa ripetutamente a favore dell'integrazione nelle aree di servizio di erogatori di diverse tipologie di carburante, incluso gpl e metano. In particolare, già in occasione di un incontro avvenuto nel 2005 presso la regione Emilia-Romagna con i sindaci delle città di Piacenza e Bologna – in rappresentanza anche dei comuni di Parma, Reggio Emilia e Modena – l'amministratore delegato dottor Castellucci ha assunto l'impegno di inserire nei bandi di gara per le concessioni degli impianti di carburante lungo l'autostrada A1, l'obbligo di erogazione di metano e gpl nelle aree di servizio in cui è prossima la scadenza delle concessioni;
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede un «fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti destinato anche alla erogazione di contributi per la chiusura e contestuale trasformazione da impianti di distribuzione di carburanti liquidi in impianti di distribuzione esclusiva di metano o di gpl per autotrazione». Tali fondi, dunque, dovrebbero incentivare lo smantellamento dei distributori tradizionali di benzina e gasolio in favore della riconversione in distributori di metano e gpl;
   il fondo in oggetto è previsto dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, che, all'articolo 6, istituisce «presso la cassa conguaglio gpl il fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, nel quale confluiscono i fondi residui disponibili nel conto economico avente la medesima denominazione, istituito ai sensi del provvedimento Cip n. 18 del 12 settembre 1989, e successive integrazioni e modificazioni»;
   il decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, prevedeva l'integrazione per gli anni 1998, 1999 e 2000, attraverso «un contributo calcolato su ogni litro di carburante per autotrazione (benzine, gasolio, gpl e metano) venduto negli impianti di distribuzione, pari a lire tre a carico dei titolari di concessione o autorizzazione e una lira a carico dei gestori, da utilizzare per la concessione di indennizzi, per la chiusura di impianti, ai gestori e ai titolari di autorizzazione o concessione, secondo le condizioni, le modalità e i termini stabiliti dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato con proprio decreto»;
   ciò avveniva in considerazione della gravosità dell'onere finanziario necessario a incentivare adeguatamente la ristrutturazione della rete distributiva. Analogamente, anche per la legge 9 agosto 2013, n. 98, il relativo decreto del Ministro dello sviluppo economico del 19 aprile 2013 stabiliva che «il fondo è integrato attraverso un contributo a carico dei titolari di autorizzazione e dei gestori degli impianti di distribuzione carburanti della rete ordinaria, articolato in una componente fissa ed in una componente variabile, della seguente misura: – componente fissa a carico dei soggetti titolari di impianti pari a 100 euro e pari a 2.000 euro per gli impianti dichiarati incompatibili; – componente variabile per tutti gli impianti calcolata su ogni litro di carburante per autotrazione (benzina, gasolio e gpl) venduto sulla rete ordinaria nell'anno 2013 nella misura di 0,0015 euro a carico dei soggetti titolari di impianti e di 0,0005 euro a carico dei gestori»;
   vi è la concreta possibilità che numerose stazioni di servizio autostradali vengano dismesse nei prossimi mesi, o perché non più sufficientemente redditizie per le compagnie che le gestiscono o perché le relative concessioni non sono più rinnovabili –:
   se non ritenga opportuno incentivare ulteriormente la riconversione di tali stazioni in impianti di erogazione di metano e gpl per autotrazione, coerentemente alle indicazioni citate in premessa, prevedendo nuove misure per incrementare adeguatamente il fondo predisposto ad hoc, laddove necessario di concerto con le regioni e le concessionarie autostradali. (3-02113)
(15 marzo 2016)

   COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il fondo di previdenza del clero secolare e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, istituito quale fondo unico con la legge 22 dicembre 1973, n. 903, costituisce una forma previdenziale compatibile con l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e, con altre forme di previdenza sostitutive, esclusive o esonerative. Il fondo di previdenza sopra richiamato eroga, infatti, la pensione di vecchiaia, la pensione di invalidità e la pensione ai superstiti, per un totale di 13.788 pensioni erogate (dato di consuntivo 2014);
   nonostante il rapporto iscritti/pensionati sia sempre ben superiore all'unità (1,45 nel 2015), la gestione è costantemente in passivo, riportando risultati economici annuali negativi compresi tra i 56 e i 115 milioni di euro nel periodo 2002-2015 ed un disavanzo patrimoniale di oltre 2,2 miliardi di euro nel solo 2015. La ragione risiede fondamentalmente nello squilibrio tra contributi versati e prestazioni erogate (nel 2015 il rapporto contributi/prestazioni è di 1 a 3). Come riportato dal quotidiano on line repubblica.it, articolo del 17 luglio 2015, dal titolo «Inps, il fondo del clero in rosso perenne: disavanzo patrimoniale a 2,2 miliardi», emerge che se i pensionati del clero vedessero ricalcolati i loro assegni con il metodo contributivo, oltre il 60 per cento delle pensioni subirebbe una decurtazione superiore al 50 per cento e non ci sarebbero soggetti che avrebbero un vantaggio dal ricalcolo; è inoltre rilevato che l'Inps in una nuova «puntata» della sua operazione trasparenza «Inps a porte aperte», chiarisce le regole previste per la composizione e l'effettivo funzionamento dei maggiori fondi speciali gestiti dall'istituto. Ciò significa che, di fatto, secondo gli interroganti, tutti i partecipanti al fondo ricevono un assegno che supera i contributi;
   il fondo ha anche altre peculiarità: non è stato interessato dalla riforma pensionistica «Monti-Fornero»; i contributi non sono commisurati ad un'aliquota percentuale della retribuzione o del reddito, ma sono dovuti in misura fissa; il sistema di calcolo delle pensioni non è né retributivo, né contributivo o misto, bensì a prestazioni definite in somma fissa. Ancora l'Inps ricorda che circa il 72 per cento dei quasi 14.000 pensionati del fondo risulta titolare di altre pensioni da gestioni diverse, il cui valore medio è di 1.000 euro lordi mensili. Circa 1.000 pensionati di questo fondo ricevono una seconda pensione di importo superiore ai 2.000 euro lordi;
   gli interroganti evidenziano che, ai sensi degli articoli 6 e 21 della legge n. 903 del 1973, il fondo sarebbe alimentato dal contributo annuo obbligatoriamente dovuto da ogni iscritto, nonché dal contributo dello Stato italiano che, con decreto del 7 ottobre 2014 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato aumentato, a decorrere dal 1° gennaio 2013, da euro 7.693.286,34 a euro 7.924.084,93;
   la stessa Corte dei conti ha evidenziato le criticità sottese all'insostenibilità del fondo di previdenza per il clero secolare e per i ministri del culto delle confessioni diverse dalla cattolica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, nel caso, se non ritenga opportuno fornire un quadro particolareggiato riguardo sia agli importi minimi e massimi delle pensioni erogate, suddivise per scaglioni, ed eventualmente al numero di pensioni cumulate con altre, sia all'ammontare delle pensioni erogate agli ordinari militari, quali gli arcivescovi, che per legge vengono equiparati ad un generale di corpo d'armata con il relativo vitalizio accordato ai militari di quel rango. (3-02114)
(15 marzo 2016)

   PASTORINO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, SEGONI e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un atto di sindacato ispettivo svoltosi il 10 marzo 2016 presso l'XI Commissione (lavoro pubblico e privato) riguardante lo stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso, il rappresentante del Governo ha sostenuto che «dalle informazioni acquisite dalla direzione territoriale competente, non risulta essere stata presentata alla direzione provinciale dell'Inps alcuna istanza volta al riconoscimento in favore dei lavoratori dello stabilimento di Riva Trigoso del trattamento di cassa integrazione ordinaria»;
   questa risposta è stata fornita agli interroganti nonostante numerose fonti di stampa avessero riportato la notizia che, dal 7 marzo 2016, a seguito del fallimento delle trattative con le rappresentanze sindacali su un complesso di misure alternative, erano iniziate tredici settimane di cassa integrazione ordinaria nello stabilimento, che coinvolgeranno, fino al 5 giugno 2016, un massimo di trentacinque dipendenti. Questo provvedimento, nei fatti, sta interessando quindici lavoratori;
   fonti di stampa successive alla risposta data all'atto di sindacato ispettivo in Commissione, confermano quanto sopra esposto. Si riporta testualmente la notizia che «si è svolto un nuovo picchetto alla portineria di Fincantieri indetto dai Cobas». «Con il presidio, che si aggiunge al blocco dello straordinario, a cui aderisce anche Fiom, i lavoratori protestano contro l'apertura della cassa integrazione, iniziata il 7 marzo 2016 e destinata a proseguire sino alla fine di giugno 2016. Al momento sono ancora quindici gli operai a casa»;
   inoltre, Confindustria Genova, già con nota del 4 febbraio 2016, comunicava (a Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil), ai sensi e per gli effetti della procedura di cui all'articolo 14 del decreto-legge 14 settembre 2015, n. 148, che Fincantieri spa-stabilimento di Riva Trigoso avrebbe dovuto procedere «con carattere d'urgenza alla contrazione dell'attività produttiva delle proprie maestranze, a favore delle quali viene richiesto l'intervento della cassa integrazione guadagni» a causa di una «carenza di commesse di lavoro». Il testo di questa nota riporta le modalità attuative del provvedimento come effettivamente messe in atto a far data dal 7 marzo 2016;
   il livello di produzione e del carico di lavoro dello stabilimento di Riva, attuali e in prospettiva, in particolare a seguito delle nuove e importanti commesse del programma navale 2015 (cosiddetta «legge navale» approvata dal Parlamento circa un anno fa), risultano decisamente elevati: testimonianze dei sindacati riferiscono che in alcuni reparti è stato pure chiesto ai lavoratori di non usufruire delle ferie, tale la mole di lavoro;
   paradossalmente, secondo i dati a consuntivo 2015, ben il 55 per cento delle lavorazioni di scafo e allestimento viene appaltato a ditte esterne;
   l'applicazione della cassa integrazione appare incongrua a fronte dell'attuale livello di produzione dello stabilimento di Riva e delle sue prospettive a 5 anni –:
   se il Ministro interrogato non intenda svolgere ogni verifica di competenza in ordine ai fatti riportati in premessa, cui il Governo non sembra aver riservato adeguata attenzione anche in occasione della precedente risposta all'atto di sindacato ispettivo sopra citato, per chiarire quali passi concreti abbia intenzione di muovere rispetto alle scelte industriali dell'impresa, salvaguardando la massima produttività dello stabilimento di Riva Trigoso e il diritto al lavoro dei suoi dipendenti.
(3-02115)
(15 marzo 2016)

   DAMIANO, GNECCHI, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI, TINAGLI, ZAPPULLA, MARTELLA e BINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, nei primi undici mesi del 2015 sono stati venduti 102,4 milioni di buoni da 10 euro, il 67,5 per cento in più rispetto al corrispondente periodo del 2014, con punte del 97,4 per cento in Sicilia, dell'85,6 per cento in Liguria e dell'83,1 per cento e dell'83 per cento rispettivamente in Abruzzo e in Puglia. Dati davvero impressionanti se confrontati con la media dei 500 mila dei primi anni di utilizzazione di tali contratti. Si allarga ancora, dunque, quella che il presidente dell'istituto previdenziale ha definito «la nuova frontiera del precariato»;
   per di più, molto probabilmente, tali dati risultano ampiamente sottostimati, rispetto alle ore lavorate, laddove si considerino i noti limiti alla tracciabilità delle effettive prestazioni lavorative;
   lo stesso Ministro interrogato ha manifestato l'intenzione di voler monitorare con grande attenzione e rigore l'utilizzo di tale tipologia contrattuale;
   l'impennata dell'utilizzo dei voucher, nati secondo le intenzioni originarie del legislatore per favorire l'emersione del lavoro irregolare, rischia di trasformarsi – soprattutto a seguito delle innumerevoli modifiche normative che ne hanno notevolmente ampliato l'ambito di applicazione – in un abuso dello strumento, che contribuisce a diffondere il lavoro precario, «cannibalizzando» i contratti regolari;
   i lavoratori che usufruiscono dei voucher non hanno alcun diritto né tutele minime, tenuto conto che non si matura il trattamento di fine rapporto, non si maturano ferie, non si ha diritto alle indennità di malattia e di maternità né agli assegni familiari, non si matura il diritto al sussidio di disoccupazione;
   inoltre, l'ammontare del voucher (dieci euro) ha perso parte del suo valore, rispetto al momento in cui il lavoro accessorio è stato varato;
   a parere degli interroganti, l'uso distorto dei voucher entra in contraddizione con gli obiettivi di stabilizzazione del lavoro, che il cosiddetto Jobs act si è posto, penalizzando in particolare i giovani under 35, che, secondo il centro studi Datagiovani, rappresentano ormai più della metà degli occasionali (54,1 per cento) –:
   alla luce della radicale trasformazione e diffusione dello strumento dei voucher, quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di approfondire l'analisi di tale tipologia contrattuale, in vista di una riconsiderazione della sua disciplina finalizzata, nell'immediato, a rafforzare le procedure di tracciabilità delle prestazioni e, in prospettiva, a ricondurre l'istituto ai suoi connotati originari dell'occasionalità e accessorietà delle prestazioni, a tal fine promuovendo la costituzione di tavoli di monitoraggio a livello regionale, con il coinvolgimento delle parti sociali. (3-02116)
(15 marzo 2016)

   TAGLIALATELA, LA RUSSA, NASTRI, RAMPELLI, MAIETTA, PETRENGA, CIRIELLI, GIORGIA MELONI e TOTARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di luglio 2009 fu sottoscritta alla prefettura di Napoli un'intesa interistituzionale tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la regione Campania, la provincia e il comune di Napoli, attraverso la quale venivano stanziati 20 milioni di euro: 10 milioni finanziati dal Governo ed altri 10 stanziati dalla regione;
   l'intesa aveva quale obiettivo quello di realizzare azioni dirette all'avviamento al lavoro della platea di disoccupati di lunga durata già destinatari in passato di interventi per la riqualificazione delle proprie competenze attraverso i progetti Isola e Bros;
   la totale assenza di progetti da parte della regione Campania ha determinato la spesa di gran parte dei fondi (12,5 milioni di euro) trasformati in sostegno al reddito per gli ex corsisti e per il rilascio del libretto formativo che, comunque, non rispondeva ai criteri definiti in sede di intesa interistituzionale;
   successivamente, la giunta regionale della Campania con proprio atto deliberativo ha previsto nel piano regionale straordinario per il lavoro una misura dedicata ai cosiddetti precari Bros, con una copertura finanziaria di 10 milioni di euro di fondi regionali;
   la misura di che trattasi fu recepita nel bando «Più sviluppo più lavoro» ed in particolare della linea di intervento 1, esplicitamente dedicata a questo bacino in quanto riconosciuto dalle convenzioni del 26 giugno 2006 e del 14 aprile 2008 (tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, regione Campania, provincia e comune di Napoli) ai sensi della deliberazione della giunta regionale n. 342 del 29 febbraio 2008;
   il comune di Napoli e la provincia di Napoli, a seguito di confronto, hanno elaborato linee di intervento per avviare progetti occupazionali per i lavoratori Bros che, nel frattempo, hanno ottenuto di poter avere una qualificazione nel settore ambientale di tutti i soggetti interessati, attraverso work experience effettuate in collaborazione con imprese operanti nel settore ambientale;
   il percorso di definizione dei progetti fu sospeso per la decisione della precedente amministrazione regionale di puntare esclusivamente sul bando «Più sviluppo più lavoro» per la collocazione dei lavoratori del progetto Bros;
   oggi, il comune di Napoli, alimentando notevoli aspettative, ha ripreso quei progetti focalizzando la propria attenzione in particolare sul settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali per avviare al lavoro la platea dei soggetti coinvolti nel progetto Bros;
   tale scelta presuppone la possibilità effettiva di poter utilizzare le risorse residue della predetta intesa interistituzionale del luglio 2009 pari a circa 7,5 milioni di euro non ancora trasferiti alla regione Campania, fondi finalizzati all'occupazione dei Bros –:
   se siano ancora effettivamente disponibili i fondi statali di cui in premessa che risulterebbero non ancora trasferiti alla regione Campania finalizzati all'occupazione dei soggetti interessati dal progetto Bros, il cui trasferimento fu sancito dalla già citata intesa interistituzionale del luglio 2009. (3-02117)
(15 marzo 2016)

   SCOTTO, NICCHI, GREGORI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI, ZACCAGNINI e MARTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere. Premesso che:
   la Fondazione Irccs «Istituto nazionale dei tumori», istituita nel 1928, svolge, in coerenza con la programmazione nazionale e regionale, l'attività di assistenza sanitaria e di ricerca biomedica e sanitaria, di tipo clinico e traslazionale, confermandosi, in questo, come centro di riferimento nazionale, ponendosi quale polo di eccellenza per le attività di ricerca pre-clinica, traslazionale e clinica, e di assistenza;
   fra gli obiettivi costantemente perseguiti, riveste un ruolo centrale l'attività di informazione ai cittadini per la prevenzione e la cura delle patologie oncologiche. Parimenti di rilievo è l'attività di formazione e qualificazione permanente delle risorse umane, così come la funzione di centro innovatore nel campo nell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari;
   l'Istituto è il maggior polo di oncologia pediatrica in Italia e il secondo in Europa e l'unico Centro per la cura dei tumori nel nostro Paese autorizzato al trapianto di fegato;
   l'Istituto nazionale dei tumori ha la sede centrale a Milano e gestisce tutti gli altri istituti similari, comprese le fondazioni, ed ha un movimento di denaro di portata rilevante;
   dopo l'annuncio del prossimo ingresso nel Governo quale Sottosegretario allo sviluppo economico del senatore Antonio Gentile, si apprende da organi di stampa la nomina da parte del Ministro interrogato del figlio di Gentile, Andrea, avvocato penalista, a consigliere d'amministrazione dell'Istituto nazionale tumori di Milano;
   Andrea Gentile avrà l'incarico tra qualche settimana, prima comunque delle elezioni comunali a Cosenza, e, oltre il prestigio, usufruirà dei 31 mila e 500 euro all'anno fino al 2018 di remunerazione;
   il Ministro interrogato aveva solo un nome da proporre nel consiglio di amministrazione dell'istituto e il prescelto è stato proprio il figlio del Sottosegretario che, adesso, aspetta solo di essere nominato Vice Ministro;
   nell'ambiente medico sono in tanti a considerarla «inopportuna» e prova dell'impropria ingerenza della politica negli ospedali, attraverso scelte che finiscono con l'ignorare la salvaguardia dell'eccellenza e della ricerca, fra le quali: «Non posso dire che la mossa mi stupisca – dichiara Pier Mannuccio Mannucci, fino a dicembre 2015 direttore scientifico della Fondazione Policlinico – Il Ministro Lorenzin non è nuovo a questi giochi. L'Ncd è un partito debole, per questo tende a mettere i suoi uomini anche là dove dovrebbero stare dei tecnici. A prescindere dal fatto che siano capaci o meno». È vero che «un solo consigliere non può fare chissà quali danni», tuttavia Mannucci non nasconde il suo disappunto: «Una persona così discussa in un posto in ogni caso delicato non può che amareggiare»; Maurizio Mari, direttore generale della Fondazione Cerba e braccio destro di Umberto Veronesi, ha dichiarato sul punto: «Non entro nel merito delle competenze di Gentile che personalmente non conosco, io critico la nomina legata a questioni di partito per questo tipo di posizioni: queste persone si ritrovano ad amministrare un ospedale, non a definire le politiche generali come potrebbe fare un assessore, che non deve essere necessariamente un tecnico»; il noto oncologo Alberto Scanni, primario emerito del Fatebenefratelli, non si discosta di molto e parla di «mancanza di buon gusto». In seguito ha commentato: «Se questo è il modo in cui cambiano i tempi non siamo messi bene. In Lombardia abbiamo fior di personaggi importanti nel campo. Se proprio vogliamo andare a cercare qualcuno fuori mi aspetto una persona con un pedigree nella sanità di tutto rispetto e al riparo da qualsiasi critica. E non mi sembra questo il caso»;
   persino il segretario regionale del Partito democratico in Lombardia, Alessandro Alfieri, ha dichiarato con riferimento alla nomina di Andrea Gentile: «Il suo curriculum parla da sé, dove sono le competenze richieste per ricoprire questo ruolo? Questa scelta è un grave errore che la Lombardia non si può accollare» –:
   quali ragioni abbiano indotto il Governo ad una scelta ad avviso degli interroganti così insensatamente lottizzatrice e familistica come quella di nominare l'avvocato Andrea Gentile nel consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale dei tumori, considerato che il figlio del potente Sottosegretario calabrese del Nuovo centrodestra Antonio Gentile non ha praticamente alcuna competenza medica né esperienza manageriale particolarmente significativa nel settore medico, nonostante la presenza in Italia di personalità di prestigio internazionale, maturate in seno alla comunità scientifica, scavalcate da una scelta che, con tutta evidenza, sembra fatta appositamente per concedere un incarico prestigioso a un rappresentante del partito del Ministro interrogato. (3-02118)
(15 marzo 2016)