XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 4 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 784  BOSSA, C. 1874  MARZANO, C. 1343  CAMPANA, C. 1983  CESARO ANTIMO, C. 1901  SARRO, C. 1989  ROSSOMANDO, C. 2321  BRAMBILLA E C. 2351  SANTERINI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ACCESSO DEL FIGLIO ADOTTATO NON RICONOSCIUTO ALLA NASCITA ALLE INFORMAZIONI SULLE PROPRIE ORIGINI E SULLA PROPRIA IDENTITÀ

Audizione di Paolo Sceusa, presidente del tribunale per i minorenni di Trieste.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Berretta Giuseppe (PD)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Rossomando Anna (PD)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Sceusa Paolo , Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste ... 12 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Paolo Sceusa, presidente del tribunale per i minorenni di Trieste.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 784 Bossa, C. 1874 Marzano, C. 1343 Campana, C. 1983 Cesaro Antimo, C. 1901 Sarro, C. 1989 Rossomando, C. 2321 Brambilla e C. 2351 Santerini, recanti disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità, di Paolo Sceusa, presidente del tribunale per i minorenni di Trieste.
  Presidente, la ringraziamo per essere venuto. Non abbiamo voluto rinviare quest'audizione. Anche se oggi l'Aula non è piena, ci sono tutti i rappresentanti delle forze politiche e soprattutto chi ha presentato la proposta, oltre che, ovviamente, l'onorevole relatore, Giuseppe Berretta.
  Ricordo che è stata ravvisata in Commissione l'opportunità di audire i presidenti dei tribunali per i minorenni che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 22 novembre 2013, abbiano già avuto modo di autorizzare la ricerca e l'interpello di madri naturali per verificare l'attualità della scelta che fu fatta a suo tempo per l'anonimato.
  Il Parlamento si sta orientando verso un testo normativo, ragion per cui noi vorremmo capire quali sono le problematiche in merito da chi le affronta da vicino. Oggi abbiamo con noi il dottor Paolo Sceusa, presidente del tribunale per i minorenni di Trieste.
  Ricordo che lo scorso 14 gennaio sono già stati auditi la dottoressa Laura Laera, presidente del tribunale per i minorenni di Firenze, e il dottor Stefano Scovazzo, presidente del tribunale per i minorenni di Torino.
  Peraltro, nell'indagine conoscitiva che abbiamo iniziato su questo provvedimento abbiamo sentito anche, all'inizio, il presidente del tribunale per i minorenni di Roma e il presidente del tribunale per i minorenni di Catanzaro, dottor Trovato.
  Do la parola al dottor Sceusa, presidente del tribunale per i minorenni di Trieste, per sapere da lui quali sono le modalità utilizzate in concreto per procedere a tale verifica, ossia al cosiddetto interpello, e quant'altro riterrà opportuno riferire a questa Commissione.
  Grazie.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Molte grazie. Buongiorno. Grazie al presidente di avermi invitato. Grazie agli intervenuti per l'attenzione e l'ascolto.
  Io ho già fatto pervenire a codesta Commissione uno scritto riassuntivo del nostro modus operandi proprio a proposito della scelta che abbiamo fatto, come tribunale per i minorenni, anche per dar Pag. 4seguito ai ricorsi pendenti nella materia, di promuovere il tentativo di contattare la donna che si sia avvalsa della facoltà di non essere nominata al momento della nascita. Questo anche in pendenza dell'intervento legislativo che si attende a seguito della sentenza della Corte costituzionale.
  Come si vede, il documento è sintetico, ma, a suo modo, anche dettagliato. Esso costituisce il riassunto di una concertazione tra i giudici del mio tribunale per individuare tutti i passaggi delicati ed esposti, in sostanza, a frizione nel conflitto degli interessi nonché dei diritti in gioco.
  Il riferimento è al diritto della persona che è stata adottata a seguito di abbandono, avendo ormai raggiunto l'età di legge, a conoscere le sue origini naturali e a venire in contatto, quindi, con la propria genitrice e all'interesse della genitrice a rimanere anonima, così come volle il giorno in cui decise di esercitare questa sua facoltà. Essendo passati molti anni, come tutti sappiamo a seguito di quella sentenza della Corte, è necessario compulsare tale genitrice per vedere se vi sia stato o meno un ripensamento.
  È ovvio che il decorso del tempo non può aver fatto altro che modificare lo stato e la vita delle persone, ivi compresa quella della madre, e che, quindi, ella potrebbe trovarsi in una situazione esistenziale e di vita familiare personale molto diversa e perciò avere bisogno di un'attenzione speciale alla salvaguardia di questa situazione.
  Io mi richiamo senza dubbio a quello che vi ho scritto. Essendo dettagliato, potete vedere i vari passaggi che fanno parte di questo modus operandi, in attesa dell'intervento legislativo.
  Peraltro, avendo letto tutte le proposte che sono state fatte e soprattutto il testo unificato di base, e con gli emendamenti che sono in corso – immagino – di disamina e di discussione, io mi sarei permesso anche di focalizzare quelli che mi sembra di aver notato essere i punti critici, o quantomeno più discussi, all'oggetto dei singoli emendamenti.
  Anche per questo motivo ho preparato uno scritto sintetico, che vi lascerò. È numerato e si compone dell'elencazione dei suggerimenti che sommessamente io ritengo di potervi fornire. Tra parentesi è espressa, in color blu, la ratio di questi suggerimenti.
  È molto importante sapere qual è il pensiero retrostante a un intervento normativo, perché questo può conferire coerenza, in un intento di semplicità e celerità di questa fase delicata, che si propone ex abrupto, ma che ha bisogno di una rapida soluzione. Gli anni trascorsi possono essere anche molti, anche più del minimo, che oggi è fissato in venticinque. Pertanto, le mamme crescono, i capelli imbiancano e, quindi, può darsi anche che siano molto prossime, se sono in vita, al momento del trapasso, per il quale si pongono poi ulteriori problemi di compatibilità e di frizione fra diritti o interessi.
  Venendo ai punti, secondo la mia sommessa opinione, è necessario occuparsi del tema già dal momento in cui la madre si avvale della facoltà di non essere nominata in ospedale, laddove partorisce. Io indicherei come opportuno che i sanitari stessi debbano informare la madre dei conseguenti effetti giuridici per lei e per il figlio – questo è indicato anche nel vostro testo – per assicurare una scelta consapevole.
  Occorre che i medici raccolgano subito tutti i dati anamnestici per inviarli senza ritardo, in forma anonima, io direi al giudice competente per l'adottabilità piuttosto che a chi governa il settore della privacy. Perché ? Perché è il giudice del luogo di nascita del bambino e, quindi, è già individuato. Inoltre, è quello competente a decidere poi della sua adottabilità a seguito della facoltà della madre di non riconoscerlo. Questo per assicurare anche la pronta disponibilità dei dati utili a ogni necessità, anche precoce, di cura, indipendentemente dalla variabile della revoca dell'anonimato, che potrebbe essere fatta comunque in qualunque momento.
  I medici dovrebbero informare la madre per iscritto della perpetua revocabilità da parte sua dell'anonimato, non solo a seguito di interpello del figlio, nonché delle modalità per formalizzare tale revoca, che vengono indicate al punto 3.Pag. 5
  Dovrebbero anche informare sempre la madre che il figlio stesso, una volta divenuto adulto – sull'età dirò qualcosa dopo – potrà comunque chiedere che lei venga rintracciata per farle decidere se revocare o meno il suo anonimato. La ratio di questo è assicurarle che, pur nel mancato suo spontaneo esercizio di tale revoca, che potrebbe essere garantito in perpetuo, al figlio sia garantito di poterne sollecitare l'eventuale ripensamento. Questa è una cosa che la madre dovrebbe sapere ex ante.
  Ancora, i medici dovrebbero attestare senza ritardo l'adempimento di tutto quanto sopra al giudice competente per l'adottabilità, il quale dovrà inserire tale attestato nel fascicolo del procedimento di adottabilità, ovviamente sempre in forma anonima, per quanto riguarda la donna. Il giudice dovrebbe poter controllare che tutti gli oneri di informazione siano stati adempiuti, così da poter prontamente far integrare dalla donna stessa, finché la signora è ancora lì, le eventuali carenze informative.
  Passando adesso al versante maschile della genitorialità, secondo me sarebbe opportuno che chi assume di essere il padre del nato da madre anonima possa effettuare la sua dichiarazione di paternità fino al momento in cui non sia stato disposto l'affidamento pre-adottivo. Questo perché ? Per assicurare al bambino il massimo delle chance di recuperare almeno un genitore naturale tutte le volte che, benché dichiarato adottabile, per le sue condizioni di salute o per altro, non trovi coppie disposte ad adottarlo.
  La condizione normale e tipica del bambino «abbandonato in culla», come diciamo noi, è quella di esser privo di un genitore e, quindi, di un padre identificabile. Si dà e si è dato, però, il caso in cui il padre sapesse che la madre di suo figlio era in procinto di partorire e aveva partorito, anche se magari ne aveva perso i contatti, e volesse farsi avanti lui. In questo caso è opportuno che possa farlo anche dopo. Magari chi è competente alla decisione non ne sa nulla e non si è accorto di lui, ma è opportuno che il padre possa farsi avanti e che possa farlo fino al momento dell'inizio dell'affidamento pre-adottivo.
  L'efficacia del riconoscimento paterno, però, dovrebbe essere, a mio avviso, subordinata al positivo riscontro genetico della paternità. Questo per evitare il possibile accaparramento – per così dire – di neonati non riconosciuti dalle partorienti da parte di chi voglia frodare le ordinarie procedure adottive affermando paternità inesistenti.
  Purtroppo, può succedere, ed è successo, che la segretezza che copre la madre non copra, però, il fatto del parto. Esso avviene in un ospedale e ci sono molti operatori che lo sanno. Può darsi che giri la voce che c’è stato un parto da parte di una donna che, però, non ha inteso essere nominata e non ha inteso, quindi, riconoscere il figlio.
  Questo potrebbe indurre qualcuno che, magari frustrato nella propria prospettiva adottiva nazionale – come sapete, è molto difficile, per il rapporto sbilanciato fra i richiedenti e gli adottabili, poter ottenere in tempi brevi un bambino – ad adottare questa come una scorciatoia semplice, ove bastasse una dichiarazione di riconoscimento di paternità non sindacata e non verificata prima.
  Ciò sarebbe possibile anche da parte dell'uomo coniugato, che potrebbe, come sapete, effettuare questo riconoscimento e poi, attraverso l'adozione speciale, magari ex articolo 44, far adottare quel bambino anche dalla propria coniuge. Sarebbe, quindi, da prevedere un controllo genetico.
  La competenza a ricevere queste dichiarazioni di paternità e a procedere al detto riscontro genetico sarebbe opportuno venisse posta in capo allo stesso giudice, il quale, in caso di riscontro negativo, cioè quando si vedesse effettivamente che il padre non è il richiedente – che potrebbe anche essere in buona fede e non necessariamente in malafede – sarebbe competente a procedere per l'adottabilità (si tratta sempre del giudice del luogo di nascita del bambino), per realizzare un'opportuna concentrazione delle competenze.Pag. 6
  Ancora, le modalità per formalizzare la revoca spontanea dell'anonimato da parte della madre, secondo me, dovrebbero essere quanto mai semplici e prevedere che esclusivamente la madre – ovviamente, questa esclusività dipende dalla natura di diritto personalissimo che riguarda la facoltà di tornare indietro e di ripensare a quella segretezza – possa revocare il suo anonimato mediante dichiarazione scritta redatta o autenticata davanti all'ufficiale di stato civile di un qualsiasi comune del Paese contenente gli elementi sufficienti a risalire al luogo, alla data del parto e alla persona nata.
  Perché prevedere questa competenza diffusa ? Proprio per assicurare una diffusione e una deformalizzazione a raccogliere la dichiarazione di revoca spontanea dell'anonimato. La madre, a quel punto, può essere dovunque, sia rispetto al luogo del parto, sia rispetto al luogo in cui vive il figlio.
  Si potrebbe prevedere che l'ufficiale di stato civile che riceve questa dichiarazione la debba trasmettere senza ritardo al giudice che dichiarò l'adottabilità, con riferimento sempre a quello del luogo di nascita del bambino, per l'inserimento, ovviamente segretato, nel fascicolo del procedimento.
  I tribunali per i minorenni e chi svolge queste procedure sono comunque abituati e attrezzati a garantire la segretezza di questo tipo di dati, non fosse altro in tutte quelle adozioni «normali» in cui, invece, i genitori naturali sono perfettamente noti e la cui identità è assolutamente in atti.
  Ovviamente, il tribunale gestisce normalmente questo dato segreto e lo fa attraverso mille accorgimenti di prassi diverse, perché questa questione non è normata. Tuttavia, non mi risulta che ci siano state fughe di notizie, o quanto meno non sono sicuramente la norma. Per tale ragione la famiglia dell'adottante e il minore stesso non vengono in contatto con l'identità dei genitori naturali e viceversa.
  Lo stesso problema si pone e si porrebbe tutte le volte in cui questa dichiarazione di filiazione avvenisse per ripensamento da parte della madre che non volle essere nominata. Questo dato deve pervenire, per la via che vi ho detto, preferibilmente dall'ufficiale di stato civile (uno qualsiasi) al tribunale in busta chiusa, o in fascicolo separato, e venire conservata dal tribunale a futura memoria per poter essere utilizzata al momento in cui si avanzasse la richiesta del figlio di sciogliere questo segreto. A quel punto, il segreto, in realtà, sarebbe scioglibile immediatamente, perché la donna aveva già revocato prima la sua facoltà.
  Pertanto, la dichiarazione resterebbe segretata nel fascicolo a disposizione del figlio, una volta che costui richiedesse il dato. Questo serve ad assicurare l'immediatezza della risposta giudiziaria all'eventuale domanda del figlio, perché il dato è già pervenuto.
  La legittimazione a proporre la domanda volta a far consultare la madre sull'eventuale revoca dell'anonimato, a mio avviso, dovrebbe essere solo facoltà solo del figlio, non di altre persone, degli eredi o di altri, per rimarcare che si tratta, a bilanciamento di quello materno, di un diritto personalissimo e speculare del figlio e, pertanto, non trasmissibile agli eredi. Questo è ciò che io ritengo più opportuno.
  Questo dovrebbe essere, a mio modo di vedere, proponibile, quanto a condizione legittimante, a decorrere dal diciottesimo anno di età e non dai venticinque, come oggi, per evitare quello che io ritengo un anacronismo di sbarramenti alla piena capacità di agire del maggiorenne. Se uno è maggiorenne, può, a quel punto, essere determinato a fare questa e altri tipi di domande.
  In più, nella situazione in cui si trova il soggetto, figlio di madre ignota, la prossimità temporale alla sua domanda rispetto alla maggiore età ha anche il vantaggio di evitare tutti gli eventi naturali disgraziati che possono accadere, per esempio la morte della madre, e che diventano sempre più probabili a mano a mano che il tempo passa.
  Ancora, la competenza esclusiva sulla domanda del figlio a far consultare la madre per vedere se revoca la propria segretezza dovrebbe essere sempre del Pag. 7giudice che procedette per l'adottabilità, che è quello sul cui tavolo nel tempo sono eventualmente pervenute e si sono raccolte tutte le evenienze successive a quella nascita segreta, come, per esempio, la revoca della segretezza stessa. Questa deve essere competenza esclusiva sua, perché è il giudice che già possiede la maggior parte dei dati che servono a istruire e a decidere la domanda del figlio.
  La revoca dell'anonimato materno, spontanea o su compulsazione del figlio, non dovrebbe avere effetti di natura parentale, né patrimoniale o successoria, legittima o legittimaria, per assicurare che questo diritto personalissimo della madre non sia perturbato da incidenze derivanti da interessi di terzi. In proposito vedo che c’è un'unanimità di opinioni da parte degli onorevoli interessati della Commissione.
  In caso di morte accertata o presunta, incapacità dichiarata e irreperibilità della madre a me sembra opportuno che non vi siano ostacoli all'accoglimento de plano della domanda del figlio, perché il suo interesse a conoscere le proprie origini non è più controbilanciato dall'esistenza in vita, sciente e cosciente, della contro-interessata, la quale, invece, potrebbe decidere di mantenere quel segreto.
  Nel momento in cui non ci sono conseguenze parentali e patrimoniali di alcun tipo, non vedo una ragione precisa per frapporre ancora ostacoli a quello che è stato definito un diritto, ed è un diritto pieno, sia dalla CEDU prima, sia poi, di rimbalzo, anche dalla Corte costituzionale. Se questo è un diritto che viene affievolito o limitato perché c’è un contro-interesse forte, quello della madre che non volle essere nominata, nel momento in cui questo contro-interesse cade, non c’è più ragione per il suo affievolimento.
  Le modalità per la consultazione della madre anonima a seguito dell'istanza del figlio di poterne conoscere l'identità è opportuno siano rimesse alla competenza del giudice che procedette all'accertamento della sua adottabilità. Qui sarebbe importante che si usasse proprio questa formula, ossia «del giudice che procedette all'accertamento della sua adottabilità» e non «del giudice che lo dichiarò adottabile», perché potrebbe darsi che il minore, pur abbandonato in culla, non sia poi stato dichiarato adottabile, nel caso in cui si sia fatto avanti in maniera accertata e comprovata il vero padre. C’è stato, quindi, un procedimento per l'accertamento, ma non l'adottabilità.
  Quel figlio, però, pur avendo recuperato il padre naturale, potrebbe conservare, ed è immaginabile che lo conservi, l'interesse a rintracciare la madre perché a questa venga chiesto di ripensare eventualmente alla segretezza del suo parto.
  Da ultimo, le modalità concrete per pervenire al rintraccio della donna e per consultarla, compulsarla e domandarle di rivedere la sua posizione, nella forma più rispettosa possibile del suo diritto alla riservatezza, ossia alla privacy, che le consenta di essere veramente la sola e l'unica, in base a ragioni proprie o anche familiari, a poter sindacare in merito, rappresentano un meccanismo molto delicato. Tale meccanismo è talmente frazionato nelle sue possibili evenienze da prestarsi molto poco a una normazione legislativa che voglia essere, così come dovrebbe essere sempre, di natura generale e astratta.
  Tutto si può dettagliare, se si vuole, ma – attenzione – per via dei dettagli, che sono tendenti all'infinito, si può sempre rischiare di omettere qualche passaggio importante, oppure di iper-normare e, quindi, di legare poi le mani agli operatori e ai giudici, i quali magari si trovano di fronte a una situazione che è normata in un modo, ma che richiederebbe un aggiustamento diverso.
  Io suggerirei che tali modalità siano lasciate alla concreta individuazione da parte del giudice, nella salvaguardia della massima possibile riservatezza della persona da consultare, salve le responsabilità di ogni operatore per ogni eventuale colpevole violazione dei propri obblighi di segreto professionale.
  All'interno di questi estremi, che io mi sono sforzato di individuare in quest'ultima frase dello scritto che vi lascio, io penso possa essere contenuto quel carattere di generalità e di astrattezza che Pag. 8consenta di «palettare» la discrezionalità individuante le modalità concrete di contatto. Questo richiamando ai doveri di segretezza e alla salvaguardia della massima possibile riservatezza, ma lasciando libertà di adattare alle contingenze del caso concreto, sia le modalità di contatto della signora, sia, per esempio, il luogo in cui questo contatto deve avvenire e da chi deve essere fatto.
  Questi problemi noi ce li siamo posti concretamente, proprio perché abbiamo dei casi pendenti. Le modalità con cui abbiamo tentato di standardizzare il nostro modus operandi sono esposte nello scritto che già feci pervenire.
  Il tentativo di standardizzare questo modus operandi, però, non deve sembrare contraddittorio rispetto a quello che ho detto prima, ossia che farlo legislativamente potrebbe essere controindicato.
  Ve lo dico a ragion veduta. Pur avendo disegnato, su due casi che avevamo, questo modus operandi, sul terzo, che si è presentato con le sue caratteristiche particolari, abbiamo già dovuto compiere degli aggiustamenti. Questo meccanismo non andava più bene in tutte le sue parti. In molte parti andava bene, ma in alcune no.
  Si tratta di un caso nel quale la signora interessata non è nemmeno più vicina, come luogo di residenza, alla nostra competenza territoriale. Pertanto, è evidente che noi ci troviamo a dover applicare questa sorta di protocollo interno per delega e per mano di altri giudici, ai quali non possiamo far altro che suggerire questo tipo di modus operandi, senza sapere, però, quello che loro e solo loro potranno esattamente accertare essendo prossimi al luogo in cui la signora vive. In particolare, potranno conoscerne le specifiche caratteristiche di salute, età, vita familiare e parentale attraverso le loro propaggini accertative, che possono essere i servizi sociali o i loro giudici onorari. Questi sono dati che a noi mancano. Per questo motivo è importante lasciare, al giudice che deve operare l'accertamento, questa libertà.
  Io sono a disposizione per altre domande. Avrei terminato l'esposizione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie per la completezza. Acquisiamo anche gli ulteriori documenti ed elaborazioni che ha voluto preparare per noi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE BERRETTA. Desidero solo ringraziare il presidente per questa informativa completa e dettagliata, di cui sicuramente terremo conto nell'elaborazione dell'ulteriore testo che cercheremo di realizzare all'esito di questo lungo e complesso percorso.

  PRESIDENTE. «All'esito» è una parola grossa, ma siamo comunque alla fine degli approfondimenti. Devo dire che anche questo ulteriore contributo è molto ricco di spunti di riflessione. Siamo contenti tutti, io credo, di averlo fatto, anche perché il punto focale, oltre agli ulteriori suggerimenti, è proprio quello relativo alla questione dell'interpello.

  ANNA ROSSOMANDO. Io ho una domanda che cerco di rivolgere nel modo più chiaro che posso. Ovviamente, anch'io la ringrazio molto, non solo per l'esposizione, ma anche per lo sforzo di entrare in un'applicazione. Mai come in questo caso, stabilito un principio, qualunque esso sia – naturalmente, il principio della Corte costituzionale noi lo interpretiamo con sfumature diverse anche all'interno stesso della Commissione – è difficile tradurre tale principio nella pratica.
  Le volevo rivolgere questa domanda perché, per il resto, vale tutto quello che lei ha detto e che ci ha lasciato. Spetterà poi a noi discuterlo. Parlando di due situazioni, quella del limite di età per chiedere di conoscere la propria origine e quella dell'accessibilità dopo la morte della madre, si pone quella che noi chiamiamo tecnicamente la continuità del ricorso.
  Con una certa chiarezza lei ci ha esposto, però, due tesi che fanno riferimento a due princìpi diversi. Per il limite di età lei ha ritenuto di evocare un dato principio: Pag. 9si gode già di pieni diritti e autonomia a diciott'anni e, quindi, lei non capisce perché non abbassare il limite.
  Sul limite di età di venticinque anni chi l'ha proposto, con varie considerazioni, anche nelle audizioni, ha fatto riferimento, invece, a una situazione che è sempre molto presente nei tribunali per i minori, cioè allo sviluppo della personalità, con tutto ciò che esso comporta, compresi possibili traumi e contraccolpi. Naturalmente, su questo punto la discussione è molto aperta.
  Sull'accessibilità dopo la morte, invece, lei ha fatto riferimento al principio opposto, cioè a delle considerazioni – non so che termine usare, perché «buonsenso» sarebbe molto sbagliato e lo derubricherebbe a un qualcosa che non è – di natura valutativa che lei ci ha proposto.
  In questo caso anche altri soggetti che sono stati auditi prima di lei hanno evocato, invece, un principio che è di stretto diritto, per un verso, ma che fa anche riferimento a dei princìpi, ossia quello del diritto personale e personalissimo, per l'altro.
  Un diritto, quando è personale e personalissimo, ovviamente, a meno che non cambiamo la legge su che cosa intendiamo per diritti personali e personalissimi, non può che essere in capo a chi è titolare di tale diritto personale e personalissimo.
  Ovviamente, non è mia pretesa – soprattutto mi zittirebbe la presidente – in questo momento intavolare un dibattito e fare cambiare idea a lei, che ci ha già offerto molti spunti interessanti di riflessione. La domanda, forse un po’ retorica, riguarda il fatto che lei ha utilizzato in un caso una categoria strettamente giuridica, per quanto concerne i diciottenni, accompagnata da qualche sua considerazione, e, in questo caso, altre considerazioni, che ci sono chiare.
  Sono stata un po’ lunga perché volevo essere molto rispettosa e garbata.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Sceusa per la replica. Poi desidero anche io porre un quesito.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. È stata sicuramente garbata e anche molto precisa e chiara. Ho capito la sua domanda.
  Relativamente al punto dei diciott'anni, il mio è semplicemente un suggerimento. Nulla vieta che si possa mantenere l'attuale limite o che lo si possa variare in più o in meno. In più mi pare difficile, magari in meno.
  Questo perché sappiamo tutti che l'età adulta dei diciotto anni si raggiunge sulla carta per volontà di legge. Quella è la maggiore età. Non sempre è stato così. Una volta erano ventuno gli anni anche in Italia. Spesso, però, quel dato anagrafico si discosta dal dato di maturazione.
  Forse il legislatore, quando inserì l'età dei venticinque anni, ebbe in mente questo aspetto: per prudenza, si ritiene che non tutti i diciottenni siano sufficientemente maturi da poter soppesare quale sia – prima di tutto – il loro effettivo interesse a sapere come stanno le cose o chi fossero i veri genitori. Pertanto, il legislatore ha distanziato il momento della legittimazione a chiedere queste notizie di fronte al tribunale.
  A mio modo di vedere, però, questo tipo di valutazione può confliggere con un interesse di tipo specifico, pragmatico, ma non per questo meno giuridico, perché l'età dei diciotto anni va mantenuta. Ripeto, per ogni anno di tempo che si pone oltre il diciottesimo aumentano le possibilità della difficoltà di rintraccio, tanto per dirne una, o addirittura la possibilità di premorienza della madre rispetto al momento in cui verrà consultata.
  Nulla toglie al diciottenne la facoltà di aspettare, se vuole aspettare, quanto vuole. Avere, però, la possibilità di avanzare la richiesta da subito con la maggiore età a me sembra coerente con quello che dovrebbe essere almeno un gesto di fiducia nella maturità dei nostri giovani. Se la legge li rende maggiorenni a diciott'anni, forse è possibile che anche per questo aspetto essi possano fare le loro domande, salvaguardando, peraltro, la facoltà, perché tale è, del giudice di poter prudenzialmente Pag. 10rigettare il ricorso ove l'accoglimento andasse contro i loro interessi.
  Quanto al discorso della morte, io non vedo un contrasto di tipo giuridico rispetto alle conseguenze tipiche della personalità del diritto o dell'essere il diritto di tipo personalissimo. Il diritto personalissimo ha come caratteristica eminente il fatto della non trasmissibilità agli eredi. Qui non c’è da trasmettere qualche cosa agli eredi. Infatti, il diritto della donna, che non si trasmette agli eredi, è quello eventualmente di revocare il proprio segreto. Tale diritto può vivere soltanto e morire con lei. È personalissimo e non si trasmette.
  Nel momento in cui quel diritto personalissimo non viene trasmesso a nessuno, non esiste più. Esiste soltanto un diritto vivente di una persona vivente, che è il figlio, il quale, per la morte, l'irreperibilità o l'incapacità eventualmente sopravvenuta della madre, può comunque ottenere soddisfazione alla propria richiesta e al proprio diritto, mancando il contraltare che impediva tale soddisfazione.
  Quanto alla natura di diritto personalissimo della madre, in questo caso io non vedo come debba necessariamente rimanere ferma anche dopo la sua morte. Ripeto, la contraddizione ci sarebbe solo se si chiedesse la trasmissione a terzi di un diritto personalissimo dopo la morte. Qui c’è una perenzione dell'interesse stesso, che consente, però, a quello del figlio di rimanere, invece, vivo.
  D'altra parte, i due problemi sono collegati, lo vedo anch'io. Se si volesse, invece, sbarrare per sempre al figlio la possibilità di conoscere il dato per il fatto che la madre è morta o ha perso la sua capacità, ragion di più per avvicinare ai diciotto anni il momento in cui la possa chiedere. Quanto meno le probabilità che la madre sia ancora viva e possa nuovamente, da viva, sciente e cosciente, dire la sua aumenterebbero.

  PRESIDENTE. Passo a una domanda. Sto leggendo questo interessante protocollo operativo che voi avete messo a punto. Già oggi, sostanzialmente, data la sentenza della Corte costituzionale, se la madre risulta morta, vedo che c’è l'accoglimento del ricorso con trasmissione di ogni notizia al ricorrente.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Noi lo prevediamo, sì.

  PRESIDENTE. C’è anche la contestuale e automatica autorizzazione soprattutto all'acquisizione delle notizie di carattere sanitario. Forse si potrebbe anche scindere la problematica. Leggendo bene il protocollo, in realtà – qui c’è un percorso punto per punto che è molto interessante – vedo che c’è la prima ricerca di accertamento riservato identificativo presso la direzione della struttura sanitaria o di altre pubbliche istituzioni che possano possedere il dato riferito alla madre.
  Riservata ogni successiva determinazione, già oggi, in caso di positiva identificazione, se la madre risulta morta, stante la caduta del segreto perenne, voi procedete all'accoglimento del ricorso con trasmissione di ogni notizia al ricorrente. Io penso, dentro di me, che questo sia volto soprattutto ad acquisire notizie di carattere sanitario relative alla madre biologica.
  Mi chiedo: sotto questo profilo si potrebbe, quindi, scindere la questione ? Se la Commissione si determinasse nel ritenere che, una volta morta la madre, questo automatismo non ci sia, esso dovrebbe esserci comunque con riferimento alle notizie sanitarie. Questo aspetto potrebbe sussistere.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Sì, a prescindere anche dal mantenimento.

  PRESIDENTE. Voi lo fate ? Io non sono espertissima della materia dei tribunali per i minori. Vorrei capire: voi lo fate in via interpretativa adesso, a seguito della sentenza ? La mia domanda verte sulla comunicazione dei dati sanitari.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Laddove essi siano disponibili, è possibile utilizzarli già adesso.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Se li acquisite a seguito di richiesta del figlio e la madre è morta, pur non essendo quella parte disciplinata oggi, voi lo fate comunque in via interpretativa. Questo è un punto importante che dobbiamo tener presente.
  Finisco la mia domanda e poi do la parola all'onorevole Bonafede.
  Vedo da questo protocollo che, a differenza di quanto abbiamo acquisito dal tribunale per i minori di Firenze, c’è questa ricerca. Voi utilizzate molto, nella parte relativa all'acquisizione del contatto, il servizio sociale. Non avete utilizzato la polizia giudiziaria. Firenze ci ha detto che la utilizza.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Noi, in realtà, prevediamo, in questa ricerca, che all'inizio è molto difficoltosa...

  PRESIDENTE. Noi abbiamo scritto questo sul testo base: si ricorre ai servizi sociali. Da altre parti ci è stato riferito che, poiché bisogna identificare la madre, si ricorre alla polizia giudiziaria. Qui io vedo, invece, che il servizio sociale viene incaricato un po’ di tutti i passaggi.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. No. In realtà, se lei vede la parte scritta in rosso...

  PRESIDENTE. Non intendo quella parte. Io dico una volta identificata e saputo che esiste la madre.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Nella fase di identificazione è necessario passare attraverso le forze dell'ordine perché hanno disponibilità dei dati.

  PRESIDENTE. La madre non viene convocata – pongo la questione in modo banale – dal comandante della stazione, ma dal servizio sociale. Questa è la mia domanda, un po’ terra terra.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Assolutamente no. Noi prevediamo che i servizi sociali recapitino all'interessata la lettera del tribunale. In realtà il contatto è con un giudice, che può essere un onorario o un togato – normalmente è un onorario – che prende il contatto con la madre.

  PRESIDENTE. Ci interessano le modalità di recapito.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Non vogliamo mandarle a casa i Carabinieri. I Carabinieri ci servono per identificarla, sintetizzando. Non glieli mandiamo a casa. La lettera viene portata da una persona in borghese, possibilmente anche idonea e capace di intervenire con la dovuta delicatezza, magari psicologica o di sostegno, nei confronti di questa signora, che non si aspetta una visita del genere.

  ALFONSO BONAFEDE. Volevo fare una specificazione in merito a ciò che era stato chiesto. A me risulta che, in realtà, sul pregresso non sia possibile distinguere tra la conoscibilità dell'identità e quella dei dati sanitari. Pertanto, alla domanda che faceva anche la presidente, cioè se sia possibile, in caso di decesso, poter distinguere la conoscenza dei dati sanitari o dell'identità, la risposta sarebbe no. Io credo che questo non sia fattibile da un punto di vista concreto.

  PRESIDENTE. Lei si riferisce a oggi ?

  ALFONSO BONAFEDE. Da oggi in poi sì, perché adesso vengono richiesti i dati sanitari. Rispetto a situazioni passate, invece, la madre non forniva dati sanitari, ragion per cui l'unico modo per ottenere i dati sanitari era quello di conoscere l'identità della madre.
  Aggiungo anche, sempre in merito al discorso di conoscere l'identità o meno, che, se non ricordo male – dico la verità: è da un mesetto che non rinfresco la materia – in base al Codice della privacy, una persona ottiene il diritto a conoscere l'identità dopo i cento anni.

Pag. 12

  PRESIDENTE. Mi pare che siano 99 anni, per la privacy.

  PAOLO SCEUSA, Presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. Sì, però questa sarebbe una norma speciale.

  ALFONSO BONAFEDE. Adesso è dopo i 99 anni. La ratio della norma, secondo me, è stabilire che, una volta che si è totalmente certi della morte della madre, il figlio a cento anni acquisisca il diritto di conoscere quei dati.
  Anche da un punto di vista di ratio che ispira l'intero sistema io direi che l'idea che, una volta morta la persona e avuta la certezza della morte, ci possa essere il diritto di conoscerne l'identità sia in perfetta armonia con un principio già esistente, che però viene applicato male. Il principio per cui, una volta avuta la certezza della morte della madre originaria, il figlio, quando ha compiuto cento anni, possa avere conoscenza delle sue origini, secondo me, troverebbe giusta applicazione non nel momento in cui il figlio compie cento anni, ma nel momento in cui si ha certezza che la madre sia morta.
  Non so se sono riuscito ad essere chiaro. A sostegno dell'idea per cui, nel momento in cui c’è il decesso, in realtà può prevalere il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, secondo me, anche in armonia con i princìpi attuali, ci sarebbe anche una questione di legittimità costituzionale. Non si vede perché una persona di novantacinque anni non possa avere diritto a conoscere le proprie origini e, invece, compiuti i cento anni sì.
  Questa era un'osservazione ulteriore.

  PRESIDENTE. Mi sembra comunque un'osservazione di sistema.
  Va bene. Ringraziamo il nostro ospite e anche i colleghi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.