TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 453 di Giovedì 2 luglio 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A SOSPENDERE LE PROCEDURE DI ESPROPRIAZIONE RELATIVE AD IMMOBILI ADIBITI AD ABITAZIONE PRINCIPALE

   La Camera,
   premesso che:
    secondo uno studio di Accord, servizio di consulenza e mediazione, nel 2014 i casi di pignoramenti e le esecuzioni immobiliari sono stati 5.500, con un incremento a dicembre del 2014 dell'11 per cento rispetto al 2013. Secondo Accord, i primi 10 giorni del 2015 confermano un trend in crescita, tanto che le case pignorate potrebbero superare quota centomila nello spazio di pochi mesi. L'impennata dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari ha portato ad un incremento delle richieste di aiuto da parte delle famiglie italiane, che si rivolgono a un soggetto terzo in grado di risolvere un problema per loro insormontabile, come la cancellazione del pignoramento sull'immobile, o per impedire la svendita della casa pignorata;
    occorre tutelare espressamente chi rischia di perdere la prima casa poiché in Italia le politiche abitative sono pressoché nulle. Ad esempio, a Genova sono quasi 4000 le famiglie in difficoltà in lista per un alloggio di edilizia residenziale pubblica e il patrimonio edilizio attualmente a disposizione degli enti non è neanche lontanamente sufficiente a soddisfare la richiesta. La situazione non cambia nelle altre città italiane,

impegna il Governo:

   ad assumere immediate iniziative normative che prevedano, fuori dei casi già previsti dalla legge, la sospensione per trentasei mesi della procedura espropriativa immobiliare al ricorrere congiunto delle seguenti condizioni:
    a) che l'immobile sia l'unica abitazione adibita ad abitazione principale dal debitore esecutato;
    b) che altri componenti del nucleo familiare del debitore, con lui residenti secondo le risultanze dei registri anagrafici nel medesimo immobile alla data della notifica dell'atto di pignoramento, non siano in atto proprietari o titolari di diritti reali di godimento su altri immobili adibiti a civile abitazione e situati entro 150 chilometri dal comune di residenza e che inoltre, negli ultimi tre anni, non abbiano ceduto a terzi diritti su altri immobili;
    c) che il valore dell'immobile sia inferiore a 300.000,00 euro tranne che per gli immobili ricadenti nei comuni di Roma, Milano, Torino, Bologna, Venezia e Firenze per cui detto limite è pari a 400.000,00 euro, facendo sì che il valore dei fabbricati, ai fini di quanto disposto dalla presente lettera, sia calcolato in misura pari all'importo stabilito ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, moltiplicato per tre, e che, qualora non sia possibile determinare il valore in conformità a quanto previsto dalla presente lettera, il valore sia determinato ai sensi dell'articolo 79, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;
    d) che l'immobile non sia sottoposto a sequestro e a confisca in attuazione della legislazione contro la criminalità organizzata;
   ad assumere iniziative per prevedere, al contempo, l'istituzione di un fondo, con dotazione annua di almeno dieci milioni di euro, per la remunerazione degli interessi ai creditori la cui procedura esecutiva immobiliare sia stata oggetto di sospensione ex lege che remuneri i creditori ad un tasso di interesse dello 0,5 per cento annuale sul credito vantato, con la previsione che potranno accedere a tale fondo solo i creditori, muniti di titolo esecutivo, che abbiano proceduto a pignoramento ovvero sia intervenuti, a norma dell'articolo 551 del codice di procedura civile, nell'espropriazione immobiliare de quo.
(1-00921) «Colletti, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Sarti, Sibilia».
(24 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 52, comma 1, lettera g), del decreto-legge n. 69 del 2013, meglio conosciuto come «decreto del fare», ha novellato l'articolo 76, comma 1, del decreto del Presidente n. 602 del 1973, disciplinando l'interruzione delle procedure esecutive sugli immobili adibiti a «prima casa», intraprese da Equitalia;
    in base alla nuova disposizione, per bloccare le esecuzioni esattoriali, gli immobili devono rappresentare gli unici di proprietà del debitore, nonché devono essere adibiti ad uso abitativo e il contribuente vi deve risiedere anagraficamente;
    a seguito di un ricorso, avverso una sentenza, del tribunale di Milano che aveva accolto l'opposizione all'esecuzione immobiliare esattoriale avanzata da un contribuente nei confronti di Equitalia spa, avverso il pignoramento dell'usufrutto vitalizio di un appartamento, già adibito a casa coniugale, la terza sezione civile della Corte di cassazione con sentenza 12 settembre 2014, n. 19270, pur dichiarando inammissibile il ricorso per carenza di interesse, essendo intervenuta la richiamata norma, ha chiarito ulteriormente i confini di efficacia temporale di tale disciplina, stabilendo che la novella introdotta dal decreto-legge n. 69 del 2013 in materia di espropriazione della prima casa quando a procedere sia Equitalia, risulta applicabile ad ogni procedimento di esecuzione in corso, pure se intrapreso prima dell'emanazione della novella citata;
    nella sentenza, inoltre, la Corte di cassazione ha precisato che quando l'espropriazione immobiliare abbia ad oggetto l'unico bene di proprietà, non di lusso, ove il contribuente abbia stabilito la propria residenza, «l'azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell'esecuzione o per iniziativa dell'agente di riscossione»;
    la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 10 settembre 2014, III sezione causa C-34/13, ha stabilito, ai sensi della direttiva 93/13/CEE relativa alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, che, qualora la banca o istituto finanziario che sia abbia fatto firmare clausole abusive, l'ipoteca è nulla ed il pignoramento (come la successiva vendita all'asta) debbano essere bloccate, facendo di fatto prevalere il diritto all'abitazione nel caso di applicazione di clausole vietate dall'Unione europea. Le clausole abusive previste dalla direttiva 93/13/CEE, sono quelle che, malgrado il requisito della buona fede, determinano, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto;
    il fondo di solidarietà per i mutui prima casa istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, che consente la sospensione, fino a 18 mesi, del pagamento dell'intera rata del mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale, non interviene nel caso in cui sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato e comunque prevede una serie di requisiti per il suo accesso che escluderebbe una vasta platea di interessati: la sospensione del pagamento della rata di mutuo, infatti, è subordinata al verificarsi di almeno uno dei seguenti eventi, relativi alla sola persona del mutuatario, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e accaduti nei tre anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio:
     a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione;
     b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione;
     c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all'80 per cento;
    nonostante l'intervento delle norme e della giurisprudenza citate, cresce il numero di italiani che stanno perdendo la propria ed unica abitazione, per motivi collegati alla crisi (perdita del posto di lavoro, aumento del costo della vita ed altro);
    secondo i dati dell'Adusbef i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari nel 2014 sono stati quasi 5.500, 20 ogni giorno lavorativo, l'11,6 per cento in più rispetto al 2013. La cifra è stata ricavata dalle proiezioni sui dati raccolti in 35 tribunali italiani al 30 ottobre 2014. In 5 anni di crisi (2008-2013), per Adusbef e Federconsumatori, pignoramenti ed esecuzioni immobiliari sono aumentati di circa il 108,1 per cento. Se venissero sommati gli aumenti dei pignoramenti dal 2006 al 2014, l'incremento sarebbe, per le associazioni citate, pari al 161,7 per cento in nove anni, che in termini assoluti equivarrebbe alla scomparsa di una città delle dimensioni di Ancona, Bolzano o Terni,

impegna il Governo:

   al fine di sostenere i nuclei familiari in difficoltà, soprattutto quelli con figli, a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a prevedere una moratoria per i pignoramenti e l'esecuzione immobiliari relative ad abitazioni adibite a prima casa, qualora il debitore ed i componenti del suo nucleo familiare con lui residenti non siano proprietari di ulteriori unità immobiliari adibite ad abitazioni nel medesimo comune o in altri comuni entro il raggio di 150 chilometri e solo per quei pignoramenti ed esecuzioni immobiliari dovute ad accertate condizioni di insolvenza e involontarietà del debitore;
   a valutare l'opportunità di adottare iniziative di rango normativo volte a consentire l'utilizzo delle risorse di cui al fondo di garanzia per i mutui per la prima casa, ex articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per remunerare, per effetto della moratoria, gli interessi dei creditori che hanno avviato le procedure di esecuzione o proceduto al pignoramento dell'immobile.
(1-00924) «Sberna, Gigli, Capelli, Dellai».
(30 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    la grave crisi economico-sociale che ha colpito così pesantemente il nostro Paese dal 2008 ha causato seri problemi ai cittadini, molti dei quali si sono trovati in condizioni di difficoltà economica;
    si tratta di persone che si trovano a dover fronteggiare la perdita del posto di lavoro, o la chiusura della loro attività economica, ed a sostenere contemporaneamente le necessità finanziarie derivanti dall'impegno di mantenere la famiglia;
    la prima casa costituisce un elemento fondamentale del patrimonio delle famiglie italiane e rappresenta, al contempo, un bene necessario per le famiglie. Proprio per la grave crisi economico-sociale che ha colpito il nostro Paese è aumentato in modo elevato il numero dei pignoramenti che si sono registrati in Italia in questi ultimi anni;
    appare, pertanto, giusto evidenziare che lo Stato punti al soddisfacimento dei propri crediti, ma è necessario, altresì, tutelare e garantire quanti sono oppressi dalle procedure di espropriazione immobiliare, soprattutto quando riguardino la prima casa di proprietà. Non è, infatti, ammissibile che una famiglia perda la propria casa, magari il suo unico bene reale, acquistato dopo anni di sacrifici;
    l'impignorabilità della prima casa risulta, altresì, necessaria, al fine di una perequazione sociale che salvaguardi un bene, la prima casa, che costituisce, tra l'altro, un elemento fondamentale di aggregazione familiare, che consente di tutelare le famiglie ed il diritto di tutti ad avere un alloggio, al fine di evitare il rischio di indigenza e disagio sociale abitativo che ne deriverebbe;
    il decreto-legge cosiddetto «del fare» n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha previsto, all'articolo 52, che l'agente della riscossione non dà corso all'espropriazione se l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate da decreto del Ministro per i lavori pubblici del 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente. Per gli altri beni immobili del debitore (abitazioni non prima casa, case di lusso, fabbricati A/8 e A/9) l'agente della riscossione può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui si procede è superiore a centoventimila euro. Si prevede, inoltre, che in tal caso l'espropriazione possa essere avviata se è stata iscritta ipoteca e sono decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto;
    la Corte di cassazione, con la sentenza 12 settembre 2014, n. 19270, ha contribuito ad ampliare la tutela del diritto alla prima casa, stabilendone l'impignorabilità da parte di Equitalia, con estensione della validità della disposizione contenuta nel citato decreto-legge anche per i procedimenti in corso. La Corte di cassazione ha, infatti, affermato che: «dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare e non introduce un'ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all'articolo 11 delle preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti ad essa successivamente compiuti di processi iniziati prima della sua entrata in vigore, quand'anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all'epoca di introduzione del giudizio»; tale norma è entrata in vigore il 22 giugno 2013;
    contrariamente alle conclusioni contenute nella nota del Ministero dell'economia e delle finanze - per la quale tale norma non ha effetto retroattivo e, pertanto, tutti i pignoramenti effettuati prima del 22 giugno 2013 dovevano considerarsi validi ed efficaci - la Corte di cassazione ha esteso la non pignorabilità a tutti gli immobili soggetti ai procedimenti di Equitalia ancora in corso. Pertanto, «in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell'avviso di vendita ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore dell'articolo 52, comma 1, lettera g), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi dell'articolo 86 del decreto-legge n. 69 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194, supplemento ordinario del 20 agosto 2013), l'azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell'esecuzione o per iniziativa dell'agente della riscossione, se l'espropriazione ha ad oggetto l'unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale vi abbia la propria residenza anagrafica»;
    il tema del diritto all'abitazione quale diritto intangibile da tutelare è stato affrontato di recente anche dall'Unione europea. In particolare, la decisione della Corte di giustizia europea n. C-34/13 del 10 settembre 2014, in materia di pignoramento eseguito sulla prima casa se il contratto di mutuo contiene clausole vietate dalla direttiva UE/93/2013, con la quale i giudici tornano ad affrontare il tema delle clausole abusive dei contratti dei consumatori, con particolare riferimento ai contratti di credito al consumo che prevedono la costituzione, a favore della banca o finanziaria, di un diritto di garanzia sull'immobile di abitazione del cliente. La Corte di giustizia europea sottolinea che «la perdita dell'abitazione familiare non è solamente idonea a violare gravemente il diritto dei consumatori, ma pone i familiari del consumatore interessato in una situazione particolarmente delicata». Essa «costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio» e, pertanto, «qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura»;
    occorre, pertanto, tutelare in modo certo coloro che perdono o che rischiano di perdere la propria casa con misure adeguate che permettano di risolvere questo problema che incide in modo grave sulla situazione economica delle famiglie italiane;
    andrebbe resa più rapida con ogni mezzo l'attuazione del programma di recupero degli immobili di edilizia popolare varato con il decreto-legge n. 47 del 2014 e sarebbe opportuno avviare un piano di medio termine per l'ampliamento complessivo dell'offerta di edilizia residenziale pubblica e di razionalizzazione delle gestioni, in particolare valorizzando il nesso fra politiche per la casa e tutela della famiglia come elemento imprescindibile di coesione sociale: dai giovani che desiderano sposarsi ma non possono permettersi un'abitazione agli anziani che temono di essere cacciati dalle loro case, perché non più in grado di pagare il mutuo o le tasse;
    sarebbe opportuno che le fondazioni bancarie inseriscano tra i loro obiettivi prioritari il diritto delle famiglie alla prima casa, facilitandone non solo l'accesso ma lo stesso mantenimento e che si favorisca la creazione di reti di solidarietà che permettano finanziamenti a tasso zero alle famiglie in difficoltà in una logica di auto-aiuto,

impegna il Governo:

   a sospendere gli espropri relativi alla prima casa;
   ad affrontare con misure adeguate lo stato di estrema indigenza in cui versa un numero crescente di famiglie italiane per il protrarsi della crisi e per l'oggettiva difficoltà di inserimento e reinserimento nel mondo del lavoro, con riferimento alla situazione di coloro che sono destinatari di procedure di espropriazione di un immobile adibito ad abitazione principale;
   a rivedere tempi e modi con cui Equitalia rivendica i suoi diritti senza mai farsi carico dei corrispondenti doveri di rimborso e restituzione in tempi adeguati con riferimento alle problematiche esposte in premessa;
   a varare una politica di accordi con le banche per l'individuazione di misure volte ad una gestione dei mutui in sofferenza, con particolare riferimento alle famiglie in situazione temporanea di insolvenza.
(1-00926) (Nuova formulazione) «Binetti, Dorina Bianchi».
(30 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'abitazione costituisce un bene primario che deve essere tutelato in modo adeguato e concreto. Il diritto sociale dell'abitazione deve essere garantito dallo Stato in quanto rientra tra i diritti inviolabili dell'uomo, riconosciuti e garantiti dall'articolo 2 della Costituzione, e trova un riconoscimento espresso nell'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nell'articolo 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali;
    la Costituzione all'articolo 47 prevede che la Repubblica debba favorire il diritto alla proprietà dell'abitazione, con misure che possano aiutare le persone più bisognose ad avere un alloggio di proprietà e, quindi, rendendo concreto questo diritto;
    la Corte costituzionale ha più volte affermato che rientra, tra i compiti della Repubblica, quello di favorire l'accesso all'abitazione ai cittadini più deboli. La difficoltà di avere una casa costituisce una delle preoccupazioni alle quali le amministrazioni pubbliche devono offrire risposte efficaci, in particolare attraverso i piani di edilizia economica e popolare;
    ai sensi del combinato disposto degli articoli 2, 3 e 32 le politiche legislative in materia abitativa sono basate sulla tutela dei diritti inviolabili della persona, tutela che è strettamente legata ai compiti che lo Stato ha nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale;
    nella Carta dei valori, della cittadinanza e dell'integrazione dell'aprile 2007 viene affermato: «L'Italia è impegnata perché tutti possano fruire di un'abitazione adeguata ai bisogni della propria famiglia e a costi ragionevoli. Chi si trovi in stato di bisogno, o sia costretto a subire costi eccessivi per la propria abitazione, può rivolgersi alle autorità pubbliche o alle associazioni sindacali per ricevere assistenza o ottenere il rispetto dei propri diritti»;
    il «caro affitti», le difficoltà di trovare sul mercato appartamenti liberi da affittare e la conseguente emergenza abitativa che sfocia nel ripetuto blocco degli sfratti hanno senz'altro origine nella scarsa disponibilità di alloggi per la locazione;
    l'emergenza abitativa costituisce nell'attuale crisi economica uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale;
    agli ormai insostenibili oneri tributari dei contribuenti, si aggiunge una difficoltà sempre maggiore di questi ultimi ad acquistare un immobile di proprietà: se la disoccupazione e le condizioni precarie dei contratti di lavoro a termine impediscono un facile accesso al mutuo bancario, il credit crunch, ma soprattutto l'aumento dei tassi di interesse dei mutui causati dalla crisi finanziaria hanno oberato e stanno oberando in modo gravoso i contribuenti;
    negli anni di crisi, le banche italiane hanno registrato un boom dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari, avviati in seguito all'impossibilità di molte famiglie di pagare i mutui. Come hanno denunciato Adusbef e Federconsumatori, soltanto tra il 2008 e il 2012 i pignoramenti e le esecuzioni sono aumentati del 97,8 per cento, con un ulteriore aumento, a dicembre del 2014, che ha sfiorato l'11 per cento rispetto al 2013, come ha calcolato uno studio di Accord;
    sarebbe opportuno prevedere un meccanismo alternativo al pignoramento e all'esecuzione immobiliari in modo da evitare, per quanto più possibile, che cittadini in gravi difficoltà finanziarie non si vedano espropriare la casa di prima proprietà senza poter trovare una soluzione abitativa per sé e per la propria famiglia soltanto perché non più in grado di assolvere al pagamento delle rate del mutuo;
    l'impatto sociale che la problematica dell'emergenza abitativa assume è tale da far ipotizzare, laddove non vi sia un intervento urgente da parte dell'amministrazione comunale, possibili ripercussioni che potrebbero mettere a rischio la sicurezza dei cittadini;
    negli ultimi decenni nel nostro Paese è cresciuto in maniera esponenziale il fenomeno dell'instabilità familiare. La mutata percezione dell'istituto matrimoniale e l'evoluzione dei legami familiari determinano un alto numero di separazioni e divorzi;
    se fin dai primi anni ’70 il numero di matrimoni celebrati in Italia è in costante riduzione, il fenomeno dello scioglimento del vincolo matrimoniale, per effetto di separazione o divorzio, è invece in continua crescita;
    è noto che le separazioni dei genitori provocano spesso situazioni di difficoltà e di grave disagio ai genitori separati e, di conseguenza, anche ai figli;
    tale situazione di difficoltà riguarda, in particolare, la figura paterna che, a seguito della pronuncia dell'organo giurisdizionale di assegnazione della casa familiare e dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento, viene a trovarsi in una situazione di difficoltà economica che può comportare una condizione di emergenza abitativa e l'impossibilità di condurre un'esistenza dignitosa, impedendo pertanto l'esercizio del ruolo genitoriale;
    considerato, quindi, come l'emergenza abitativa e il pignoramento degli immobili sia un fenomeno che interessa in modo preponderante le famiglie in condizione di separazione, sarebbe auspicabile prevedere, anche attraverso lo strumento della normativa d'urgenza, un piano straordinario di interventi finalizzati al sostegno economico, al sostegno abitativo, a facilitare l'accesso al credito per i genitori separati in condizioni di disagio sociale, anche con misure mirate a potenziare su tutto il territorio nazionale la rete dei centri di assistenza e dei centri mediazione familiari;
    il problema dell'emergenza abitativa, inoltre, richiederebbe da parte del Governo un intervento urgente volto:
     a) a prevedere, di intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni, un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale abitativo, incentrato sull'autorecupero e sulla riconversione della destinazione d'uso degli immobili regionali e comunali in disuso (caserme, fondi demaniali della difesa, plessi scolastici, ospedali, aziende sanitarie locali, centri medici);
     b) a prevedere accordi di programma con i movimenti, le associazioni, i comitati, i cittadini organizzati per l'assegnazione di aree abbandonate della città da destinare a progetti di micro-comunità di quartiere ai fini della riqualificazione del territorio, del recupero e della rifunzionalizzazione degli edifici abbandonati e degli alloggi a scopo abitativo;
   da ultimo, le politiche messe in atto dal Governo in materia di gestione dei flussi migratori rischiano di creare un impatto sociale ingestibile, alimentando l'ingiustizia che vivono i cittadini italiani, in condizioni estreme di disagio e di emergenza abitativa, nel trovarsi a constatare come il Governo abbia soluzioni immediate per far fronte ai problemi di vitto e alloggio degli extracomunitari che sbarcano sulle coste italiane. È difatti irragionevole e rischioso allestire le strutture temporanee per l'accoglienza degli immigrati nei territori dove vi sia una diffusa condizione di emergenza abitativa per i cittadini italiani,

impegna il Governo

a prevedere un tavolo di concertazione tra il Governo, le associazioni di rappresentanza dei consumatori e gli istituti di credito al fine di studiare una soluzione alternativa al pignoramento e all'esecuzione immobiliari, volta alla rinegoziazione della proprietà in modo che il mutuatario in stato di necessità che non riesca più ad assolvere al rimborso del capitale possa ottenere dall'istituto di credito di convertire la propria proprietà con un immobile di valore minore, il più vicino possibile al precedente domicilio, in relazione al quale riesca ad assolvere al pagamento del mutuo di conseguenza ridotto, lasciando alla banca la proprietà del primo immobile.
(1-00927) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(30 giugno 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'aggravamento della situazione economica delle famiglie italiane, dovuto al protrarsi della recessione da cui solo ora il Paese sembra cominciare a uscire, ha generato livelli di indebitamento sempre più rilevanti, grazie anche al basso livello dei tassi di interesse, che ha spinto molti a sottoscrivere finanziamenti e mutui per l'acquisto di beni e servizi;
    secondo dati recenti della Banca d'Italia quasi una famiglia su tre risulta aver contratto passività finanziarie, e molte di esse, per effetto del rallentamento nella dinamica dei redditi, conseguente alla recessione economica, hanno oggi notevoli difficoltà nel rimborsare tutto il debito contratto, mettendo così a repentaglio l'intero patrimonio, che costituisce la garanzia generale nei confronti dei creditori ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile;
    con la legge 27 gennaio 2012, n. 3, è stata poi istituita la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento, rivolta soprattutto alle famiglie, ai privati e alle società non fallibili, con la quale si è attuato un parziale superamento del principio di soggezione di tutti i beni del debitore, presenti e futuri, alle azioni dei creditori, ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile. Queste disposizioni consentono, in particolare, sotto la supervisione di un giudice, un'effettiva ristrutturazione dei debiti contratti, con un bilanciamento corretto ed equilibrato, certo migliore di una moratoria generalizzata e riferita ad un'unica tipologia di beni, tra gli interessi dei creditori e le esigenze solidaristiche e di equità sociale. Con il deposito di una proposta di accordo di composizione della crisi, ovvero di un piano del consumatore, il giudice, in particolare, vagliate le condizioni di ammissibilità, può già disporre, in via cautelare, la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata, che dalla successiva data di omologazione dell'accordo o del piano non possono più essere iniziati o proseguiti. L'accordo può prevedere, inoltre, una moratoria fino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca;
    la legge non ha trovato fino ad oggi attuazione in ragione della mancanza dei decreti attuativi, in particolare di quelli destinati a stabilire le caratteristiche degli organismi di composizione della crisi, che hanno un ruolo centrale nella gestione di queste procedure, ma la mancanza è stata finalmente sanata con l'emanazione del decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, pubblicato il 27 gennaio 2015;
    per mettere al riparo le famiglie dal rischio di vedersi espropriare dai propri creditori anche beni essenziali come la prima casa, il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha stabilito che per i crediti di natura tributaria l'agente della riscossione non possa dar corso all'espropriazione se «l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente»: tali limitazioni sono state ritenute applicabili dalla giurisprudenza, che si è per prima occupata della materia anche ai procedimenti esecutivi già in corso alla data di entrata in vigore della norma (Corte di cassazione n. 19270 del 12.9.2014);
    l'insieme delle norme citate e, in particolare, il pieno dispiegarsi degli effetti della legge n. 3 del 2012 possono consentire di evitare i rischi di impoverimento e di esclusione sociale che deriverebbero dall'espropriazione forzata di beni essenziali come la prima casa di abitazione delle famiglie indebitate;
    al contrario, l'ipotesi di sospendere ex lege le procedure di espropriazione degli immobili adibiti ad abitazione principale presenterebbe profili di incompatibilità costituzionale, specie con gli articoli 41 e 42 della Costituzione, tenuto conto che le esigenze abitative delle famiglie in difficoltà finanziarie non possono tradursi in una compressione dei diritti privatistici dei creditori, ma devono, piuttosto, essere risolte attraverso politiche abitative;
    su tale tema, il Governo ha sin qui messo in campo importanti iniziative, a partire dal decreto-legge sull'emergenza abitativa n. 47 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, che hanno segnato la ripresa di una politica abitativa orientata a dare risposte ad un bisogno sempre più complesso e articolato, frutto di una significativa divaricazione avvenuta negli anni tra domanda e offerta di soluzioni adeguate ad una società in profonda trasformazione per composizione sociale, livello di reddito, distribuzione territoriale, tipologie familiari;
    inoltre, relativamente all'acquisto della prima casa, la Cassa depositi e prestiti spa ha messo a disposizione risorse per 2 miliardi di euro destinate al finanziamento, tramite mutui garantiti da ipoteca, dell'acquisto di immobili residenziali, nonché di interventi di ristrutturazione e miglioramento dell'efficienza energetica con priorità per le giovani coppie, i nuclei familiari di cui fa parte almeno un soggetto disabile e famiglie numerose; è stato previsto il rifinanziamento (40 milioni di euro) del fondo a favore dei mutuatari in difficoltà, che prevede la sospensione del pagamento delle rate del mutuo per un massimo di 18 mesi con oneri a carico del bilancio pubblico; per favorire la locazione, sono state varate misure di sostegno degli inquilini morosi incolpevoli ed è stato rifinanziato il fondo per l'accesso alle abitazioni in locazione; per quanto attiene, infine, il programma di recupero e razionalizzazione degli immobili ed alloggi di edilizia residenziale pubblica, è in fase attuativa quanto previsto dall'articolo 4 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80;
    tali misure necessitano tuttavia di essere rafforzate, sia sul fronte di una loro efficace implementazione (utilizzo effettivo delle risorse stanziate per il rifinanziamento del fondo sostegno affitti e fondo per la morosità incolpevole, avvio di un piano a breve termine per il recupero e l'utilizzo di alloggi di edilizia sociale oggi inagibili), sia con riguardo alla capacità di programmare interventi strutturali in un arco temporale di medio-lungo periodo, potendo contare anche su nuove linee di finanziamento europee (fondo europeo di sviluppo regionale e fondo sociale europeo per gli obiettivi di politica abitativa);
    sarebbe opportuno elaborare un programma pluriennale di offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati alle fasce più deboli e di messa a disposizione di patrimonio pubblico di edifici ed aree, al fine di coniugare la risposta al fabbisogno abitativo con la riqualificazione e la rigenerazione urbana;
    sarebbe, altresì, opportuno favorire l'aumento dell'offerta di alloggi in locazione, in particolare rafforzando il canale concordato, quale migliore strumento per contenere il livello degli affitti e favorire l'incontro tra domanda e offerta, anche attraverso una revisione della legge n. 431 del 1998 ed il rinnovo della convenzione nazionale sottoscritta nel 2001, nonché rivedere l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, con l'inserimento di una serie importante di realtà territoriali sino ad oggi escluse,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di istituire un osservatorio sul sovraindebitamento, con all'interno enti e soggetti sia pubblici sia privati, dotati di competenze e professionalità specifiche, in grado di monitorare adeguatamente gli aspetti giuridici, sociali ed economici del fenomeno, con specifico riferimento alle procedure di espropriazione di immobili adibiti ad abitazione principale, per individuare le strategie più corrette per contrastarlo efficacemente;
   ad effettuare un attento monitoraggio sulla effettiva applicazione della legge n. 3 del 2012, al fine di valutarne l'efficacia e la necessità di eventuali correttivi;
   ad effettuare un'analisi approfondita ed aggiornata al fine di definire le misure da mettere in campo per arginare il fenomeno dei pignoramenti degli immobili adibiti ad abitazione principale;
   a procedere ad una verifica del progressivo stato di attuazione della legge 23 maggio 2014, n. 80, anche valutando l'opportunità di introdurre elementi correttivi ai fini di una maggiore efficacia e tutela delle fasce maggiormente in difficoltà per effetto della crisi economica, con specifico riferimento alla tutela dei nuclei familiari destinatari di provvedimenti di espropriazione di immobili adibiti ad abitazione principale.
(1-00928) «Bazoli, Braga, Causi, Amoddio, Berretta, Campana, Ermini, Giuliani, Greco, Giuseppe Guerini, Iori, Leva, Magorno, Marzano, Mattiello, Morani, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio, Verini, Zan, Mariani, Piazzoni, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Carella, Colaninno, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Sanga, Zoggia».
(1o luglio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto emerge da un'indagine dell'Associazione difesa utenti servizi bancari finanziari postali e assicurativi-Adusbef e dall'associazione Federconsumatori, anche nel corso del 2014 è proseguita la tendenza, in aumento, del fenomeno connesso ai pignoramenti e alle esecuzioni immobiliari, la cui quota a dicembre del 2014 ha raggiunto 52.606 procedure, con un aumento pari all'11,6 per cento, rispetto al 2013 (108,1 per cento considerando gli ultimi cinque anni);
    le rilevazioni delle analisi predisposte indicano, a tal fine, che dalle proiezioni sulle rilevazioni effettuate in 35 tribunali d'Italia, l'aumento maggiore si è registrato nella città di Modena con un +34 per cento, seguito da Sondrio (+33,3 per cento), Sulmona (+23,9 per cento), Frosinone (+22,1 per cento), Ferrara (+21,3 per cento), Pesaro (+20,4 per cento), Catania (+18,7 per cento), Monza (+15,2 per cento) e Cagliari (+14,9 per cento), mentre nelle grandi città: Bologna (+13,3 per cento), Torino (+10,8 per cento), Milano (+10,6 per cento), Roma e Napoli (+10,4 per cento);
    considerando la crescita vertiginosa delle procedure legate ai pignoramenti e alle esecuzioni immobiliari, (il cui aumento registrato in nove anni risulta pari al 161 per cento), nel complesso tali indicatori confermano un quadro economico delle famiglie italiane ancora fragile, il cui ulteriore riflesso della paralisi economica si riproduce nell'ambito delle sfere di competenza preposte alla vendita giudiziaria dell'espropriazione immobiliare;
    è più che evidente l'impossibilità di proseguire al pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti da parte delle famiglie e delle imprese in difficoltà: i recenti interventi legislativi volti alla sospensione temporanea, nonché al divieto di esproprio per la prima abitazione, non hanno quindi interrotto l'aumento dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari, rendendo necessarie ulteriori iniziative per tutelare espressamente chi rischia di perdere la prima casa, implementando le politiche abitative in vigore e contrastando con ogni mezzo la dimensione su scala nazionale del numero dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari;
    a tal fine, risultano necessarie altresì ulteriori iniziative normative nei confronti del sistema bancario, che ha beneficiato di 274,6 miliardi di euro di prestiti triennali al tasso dell'1 per cento dalla Banca centrale europea, ma che evidentemente persiste in un comportamento volto a rallentare le possibilità di accesso al credito da parte di famiglie e imprese,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta alla sospensione degli espropri relativi alla prima casa, e comunque tesa a rivedere i criteri che attualmente disciplinano i meccanismi e le procedure di espropriazione, valutando gli effetti applicativi delle disposizioni in vigore, evidentemente insufficienti, alla luce dei dati allarmanti citati in premessa;
   ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rafforzare gli strumenti di garanzia dei cittadini nei confronti di provvedimenti di espropriazione di immobili adibiti ad abitazione principale, finalizzata innanzitutto alla tutela delle famiglie, in particolare qualora il debitore ed i componenti del nucleo familiare non siano proprietari di ulteriori unità immobiliari adibite ad abitazione;
   a prevedere interventi strutturali volti ad introdurre elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di espropriazione, con specifico riferimento a quelle riferite ad immobili adibiti ad abitazione principale, nei confronti di coloro che, pur volendo ottemperare ai propri debiti fiscali e contributivi, non siano in grado di farlo per una comprovata e temporanea difficoltà finanziaria, determinata da un peggioramento della situazione economica oggettivo e indipendente dalla volontà del debitore stesso;
   ad adottare iniziative normative in tempi rapidi al fine di istituire un fondo, con dotazione annua pari ad 10 milioni di euro, per la remunerazione degli interessi per i creditori la cui procedura esecutiva immobiliare sia stata oggetto di sospensione ex lege;
   ad assumere iniziative nei confronti del sistema bancario, con riferimento alla gestione dei crediti deteriorati, individuando misure di sostegno e garanzia volte ad evitare la perdita della casa di abitazione in un periodo in cui la crisi finanziaria sta causando enormi difficoltà per famiglie e imprese.
(1-00930) «Palese».
(1o luglio 2015)