XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 27 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI D'ACCOGLIENZA

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), competenti per l'area dei Balcani.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Oropeza José Angel , direttore OIM per il Mediterraneo ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Oropeza José Angel , direttore OIM per il Mediterraneo ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Oropeza José Angel , direttore OIM per il Mediterraneo ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 15 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Fauttilli Federico (PI)  ... 15 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 16 
Fauttilli Federico (PI)  ... 16 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 16 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 16 
Fauttilli Federico (PI)  ... 16 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 16 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 17 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 18 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 19 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 19 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 19 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 19 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 19 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 19 
Rocco Gianluca , coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 19 
Dabizzi Andrea , esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo ... 20 
Ravetto Laura , Presidente ... 20 

ALLEGATO: Documentazione illustrata in corso di seduta – Flussi migratori attraverso la regione dei Balcani ... 21

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.30.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché mediante la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), competenti per l'area dei Balcani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito della indagine conoscitiva che stiamo conducendo sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, l'audizione di rappresentanti dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), competenti per l'area dei Balcani. Vi ringrazio a nome del Comitato della vostra presenza.
  Inizierà ad esporre la sua relazione il dottor Gianluca Rocco, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Seguiranno gli interventi del dottor Andrea Dabizzi, esperto di migrazione irregolare e tratta degli esseri umani, e del dottor José Angel Oropeza, direttore dell'OIM per il Mediterraneo.
  Prima di dare la parola ai nostri ospiti, vorrei dirvi che cosa fa questo Comitato, anche se immagino che questa non sia la vostra prima volta in audizione presso il Comitato e che ci sia stata un'interazione anche con i precedenti presidenti.
  Il Comitato, di fatto, ha avviato due indagini, di cui una relativa ai flussi migratori ed incentrata in particolare, almeno sinora, sul tema degli sbarchi nel nostro Paese. Abbiamo, infatti, assistito ad eventi drammatici, che abbiamo affrontato come Comitato audendo vari soggetti, fino ad alcuni Ministri competenti. Tuttavia, se questo è, ovviamente, un tema di grande attualità, dalle audizioni condotte con molti altri soggetti si evince che c’è un tema importante anche riguardo ai flussi migratori per via terrestre.
  Più in generale, la prima cosa che vorremmo chiedervi sono alcuni dati, perché, come Comitato, abbiamo riscontrato che è abbastanza difficile avere dati aggiornati sui flussi. Secondo le nostre fonti, nel 2013 le persone sbarcate in Italia sono state 42.925, il secondo dato più alto negli ultimi dieci anni; in particolare, nei primi tre mesi del 2013 vi sono state circa 1.000 persone, a fronte delle circa 10.000 nello stesso periodo del 2014.
  Il Ministro dell'interno, in audizione presso di noi, ha parlato di circa 18.000 sbarchi dal 1o gennaio del 2014, un numero otto volte maggiore rispetto al 2013, e di 20.500 persone arrivate via mare, a fronte delle 2.500 nello stesso periodo del 2013. Ha parlato addirittura del rischio di un esodo.
  Tra l'altro, come sappiamo, vi è una forte polemica per la gestione, anche all'interno dello stesso Ministero, rispetto all'operazione Mare Nostrum, che da noi è stata affrontata. Per ciò che riguarda, Pag. 4invece, le frontiere terrestri, la frontiera tra Italia e Slovenia costituisce naturalmente il tratto del territorio nazionale più esposto alle rotte dell'immigrazione. Secondo le informazioni che abbiamo acquisito, i Balcani costituirebbero, in tal senso, l'anello di congiunzione tra i Paesi d'origine e quelli di destinazione, sotto l'attento controllo delle organizzazioni criminali, che gestiscono il passaggio di frontiera. Le stime arrivano ad indicare fino a 100 ingressi irregolari al giorno, cioè circa 36.500 persone che valicano la frontiera italo-slovena illegalmente, a fronte delle 24.000 sbarcate in Italia via mare dall'agosto del 2012 all'agosto del 2013. Su questi dati, che abbiamo ricevuto dal Ministro dell'interno, vi chiederò una conferma e anche una vostra valutazione.
  Per quanto riguarda, invece, la parte degli sbarchi, ho visto che tra le vostre competenze c’è anche una sorta di monitoraggio sulle situazioni sanitarie e che siete presenti come organizzazione anche nei luoghi degli sbarchi (in Puglia e in Sicilia). Vi sarei grata, quindi, se ci poteste dare delle informazioni su questo, perché, senza voler creare nessun tipo di allarmismo, personalmente, come presidente del Comitato, trovo – mi assumo la responsabilità di quello che dico – che si stia un po’ sottovalutando perlomeno la comunicazione dell'effettiva situazione della tutela della salute e della condizione sanitaria degli stessi migranti e degli operatori coinvolti.
  Inoltre, vorremmo chiedervi delle considerazioni su un tema specifico, a proposito dei rifugiati siriani. Secondo quanto riferitoci dai rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che abbiamo audito circa un mese fa, l'anno 2014 sarà un anno cruciale per l'asilo, anche in considerazione dei rifugiati siriani, per lo più nei Paesi limitrofi (Turchia, Giordania, Libano, Nord dell'Iraq), che nel 2013 avrebbero raggiunto il numero di 2,5 milioni, alimentando un flusso migratorio molto rilevante in direzione dell'Europa continentale. Il dato generale segnalatoci indica, per il solo 2013, 27.830 domande di asilo, circa 10.000 in più rispetto al 2012, quando sono state 17.350.
  Abbiamo audito il Ministro degli esteri Mogherini, che nel corso della sua audizione ha palesato preoccupazioni per l'effetto che la crisi in Siria potrebbe avere, non solo in termini umanitari, ma anche in termini di stabilità per la regione e, quindi, ha auspicato uno stretto dialogo con i Paesi di origine e un dialogo più stretto con la vostra organizzazione. Anche su questo vi chiederei dei commenti. Prima di dare la parola ai relatori, aggiungo solo che una volta terminate le vostre relazioni, i colleghi potranno porre le loro domande, alle quali potrete rispondere, a seconda di chi viene interpellato. Do ora la parola a Gianluca Rocco, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Grazie, presidente. Comincio ringraziando la presidenza e i membri di questo Comitato per l'opportunità di parlare oggi dei flussi migratori attraverso i Balcani di queste persone che, per la maggior parte, aspirano ad arrivare nell'area Schengen, e naturalmente anche in Italia.
  Comincio da dove lei ha finito, parlando dei dati e dei flussi. Abbiamo preparato del materiale, riportando anche delle mappe e dei dati statistici (perlomeno, quelli disponibili al momento), per cercare di aiutarvi, anche visivamente, durante questa esposizione.
  I flussi migratori che riguardano l'Europa, come si vede dalla prima cartina che vado ad illustrare, sono minoritari rispetto a quelli del mondo intero. Tuttavia, ci permettono di fare un'analisi differenziata tra gli spostamenti terrestri e gli spostamenti via mare. I flussi per via terrestre richiedono, organizzativamente, una struttura più semplice di quelli via mare. Di conseguenza, passare un confine terrestre può richiedere l'intervento di facilitatori o di trafficanti, ma un confine può essere passato anche semplicemente arrivandoci Pag. 5e avendo le connessioni con le popolazioni locali. Questo è certamente molto più difficile nel caso dei passaggi via mare. Di conseguenza, quando si analizzano questi due fenomeni, bisogna tenere conto che i dati statistici relativi ai movimenti via terra hanno un'approssimazione più grande di quelli via mare. La seconda conseguenza che si può trarre dalla differenziazione di questi due tipi di flussi è che quando si arriva via mare, di norma, la maggior parte di coloro che intraprendono il viaggio, o quantomeno di coloro che arrivano a destinazione, vengono individuati dalle autorità del Paese ricevente, o perché arrivano, attraverso le correnti o attraverso certe rotte, sempre negli stessi punti, ovvero perché ci sono già dei punti di arrivo predestinati, come nel caso di Lampedusa.
  Nel caso degli arrivi via terra questo non avviene, perché le rotte sono molto più flessibili e possono cambiare anche all'interno della stessa giornata, in dipendenza di diversi fattori, principalmente del dislocamento di autorità di polizia in una posizione piuttosto che in un'altra.
  Questa è la prima analisi generale che bisogna fare quando si parla di statistica. Le statistiche, soprattutto quelle che riguardano gli arrivi via terra, sono molto variabili. Esse variano a seconda del budget che gli Stati hanno, della possibilità di allocare esperti e delle condizioni climatiche. Pertanto, diventa molto difficile comparare i dati degli arrivi, via Lampedusa o via mare, con i dati degli arrivi via terra. Ci sono dei dati statistici e delle cartine che vi abbiamo portato, dove si fa riferimento a Frontex. Frontex è l'istituto che ha la possibilità di reperire la maggior parte di queste informazioni. Tuttavia, la maggior parte delle informazioni che vengono reperite da Frontex si rifanno, più che altro, ad attività di polizia (polizia di frontiera o polizia criminale) e ai centri per l'analisi del rischio che i Paesi dei Balcani hanno. Molto spesso mancano le informazioni che vengono dalle organizzazioni non governative e da altre fonti, e che potrebbero essere complementari.
  Nella cartina a pagina 4 dei documenti che vi abbiamo dato, vediamo che cosa sta succedendo in questo momento nei Balcani. La quasi totalità dei migranti che arrivano nei Balcani provengono dalla Turchia. Arrivare in Turchia è abbastanza semplice e non costa molto. La compagnia aerea turca ha ampliato le rotte nella maggior parte dei Paesi di origine di questi migranti. Il costo per viaggiare via aerea dal Nord Africa ad Istanbul è relativamente basso (si parla di un centinaio di dollari, che è un prezzo abbastanza profitable).
  La maggior parte dei migranti, una volta in Turchia, si spostavano tramite il confine terrestre in Grecia. Recentemente c’è stato l'intervento di Frontex e dell'Unione europea, con materiali, capacità umane e risorse finanziarie. Adesso il confine terrestre è abbastanza controllato, per cui i passaggi attraverso la frontiera terrestre tra Grecia e Turchia si sono notevolmente ridotti. Naturalmente, questo ha aperto nuove vie: una parte di questi migranti ha cercato di usare la Bulgaria per entrare nei Balcani, mentre un'altra parte sta utilizzando le isole greche, per poi arrivare dalla Grecia in Albania o direttamente in Italia. Dalla Bulgaria o dalla Grecia, poi, queste persone si spostano nei Paesi dei Balcani. Generalizzando, questi sono flussi misti di migranti, composti da richiedenti asilo, rifugiati, persone che veramente scappano dalla guerra, ma anche da persone che cercano un lavoro o che vanno a raggiungere i familiari.
  In questo contesto, lasciando da parte i rifugiati (coloro che veramente hanno diritto all'asilo e richiedono l'asilo) e ponendo l'attenzione su coloro che sono più migranti economici, cioè quelli che più interessano l'Italia e i Paesi dell'area Schengen, emerge che questo secondo gruppo, tendenzialmente, non richiede asilo nei Paesi di prima entrata, ovvero in Bulgaria o in Grecia. Infatti, è molto chiaro che, richiedendo asilo lì, se venissero ritrovati in Italia, verrebbero rimandati indietro in Bulgaria o in Grecia. Il posto dove richiedono asilo sono i Paesi Pag. 6dei Balcani: dalla Bulgaria arrivano in Serbia e richiedono asilo. Per essere chiari, coloro che non sono realmente dei richiedenti asilo o dei rifugiati, richiedono asilo per guadagnare tempo e per avere la possibilità di stare in un centro, di riposarsi, di riprendere i contatti e di proseguire il viaggio. Quello che sta succedendo è che nei Paesi dei Balcani, dove il sistema dell'asilo deve essere rivisto, o non è completamente in linea con gli standard europei o con quelli della Convenzione, c’è uno sfruttamento dell'asilo come possibilità di riprendere fiato prima di continuare verso l'Europa.
  Quando si parla di Balcani, ci sono due strade che sono più o meno utilizzate. Una è quella che attraversa la Macedonia e la Serbia, per andare principalmente in Ungheria, ma anche in Croazia. C’è poi una strada più adriatica, che va dall'Albania al Montenegro, e quindi dal Montenegro in Croazia o in Serbia.
  Certamente, la maggior parte dei migranti utilizza la via attraverso la Serbia, perché è più facile, praticabile durante tutto l'anno, anche in condizioni climatiche svantaggiose e con meno confini da attraversare. Le altre strade diventano più interessanti quando la strada principale diventa meno praticabile. Ci sono dei movimenti che dal confine Albania-Grecia riguardano l'Italia. Ci sono dei movimenti che dalla Grecia vanno direttamente in Italia. Certamente, a questo stato di fatto, la maggior parte preferisce andare a nord attraverso la Serbia, rientrare sull'Ungheria e poi, eventualmente, dalla Slovenia arrivare all'Italia.
  Chi sono queste persone ? Queste persone sono certamente siriani, i quali hanno i loro problemi, per cui richiedono asilo nei Paesi dei Balcani; ci sono, poi, afgani, algerini, eritrei, pakistani ed egiziani. Ci sono un po’ tutte le nazionalità che poi rivediamo al top delle graduatorie europee. Naturalmente, certe nazionalità preferiscono certi Paesi rispetto ad altri. I pakistani cercano di andare in Inghilterra.
  Quello che sta succedendo è che adesso queste nazionalità che transitano, si muovono molto di più all'interno del territorio Schengen e si spostano anche da un Paese all'altro, in dipendenza delle condizioni locali. C’è stato un grossissimo flusso dalla Serbia all'Ungheria, che poi si è temporaneamente rallentato, perché l'Ungheria aveva cambiato delle norme sulla possibilità di detenere certe tipologie di migranti. Pertanto, i movimenti sono abbastanza fluidi e possono cambiare molto rapidamente.
  La cartina che abbiamo inserito a pagina 6 è, a mio giudizio, molto interessante per l'Italia. Tra le nazionalità che ritroviamo nei Balcani, abbiamo algerini, marocchini e persone del Nord Africa che, come ho detto prima, arrivano per via aerea in Turchia, o anche via mare in Grecia.
  Questo, secondo me, è un dato da tener presente: qualsiasi iniziativa venga fatta su Lampedusa o sugli arrivi a Lampedusa, potrebbe aprire o rinforzare delle strade che sono già presenti e che al momento non sono sfruttate, semplicemente perché costano di più o sono più complicate. Se si bloccasse l'arrivo diretto via mare, si potrebbe avere un aumento dei flussi, da un lato attraverso la Spagna, dall'altro lato attraverso i Balcani e la Grecia.
  Ho cercato di darvi la visione di quello che sta succedendo nei Balcani. La situazione, come ho detto, è molto fluida. Ci sono degli elementi che potrebbero influenzare questi flussi e questa situazione che ho appena illustrato. Pensiamo alla situazione economica all'interno dell'Unione europea e dell'Italia. Qualora la situazione economica migliorasse, automaticamente bisognerebbe aspettarsi che i numeri possano eventualmente salire, relativamente a persone che cercano lavoro e una vita migliore in un'economia all'interno dell'Unione europea.
  Certamente, il problema della Siria è reale. I numeri sono molto alti e si continua ad uscire dalla Siria. Uno dei problemi relativi ai siriani, che vediamo nei Balcani, è che al momento c’è poco filtro tra la Siria e l'Italia. Alcuni dei Paesi dei Balcani, per esempio, danno quella che si chiama temporary protection e non danno lo stato di rifugiati; altri rimandano i Pag. 7siriani dalla Serbia in Bulgaria, dicendo che se sono passati attraverso la Bulgaria dovevano chiedere asilo lì.
  In questo «rimbalzare» i siriani tra un Paese e l'altro, se non c’è un filtro dei Paesi intermediari che possono dare l'asilo a queste persone, è logico che il numero di quelli che possono arrivare in Italia aumenta. Certamente, in un futuro sarebbe quindi importante intervenire su quei Paesi intermediari, o quei Paesi che adesso sono più di transito, per assicurarsi che la Convenzione che tutti questi Paesi hanno firmato venga rispettata e che l'asilo venga dato ai siriani.
  Per quanto riguarda la situazione in Ucraina, alcuni rapporti indicano che ci sono dei traffici che sono facilitati dalle mafie in Ucraina e che passano attraverso il Mar Nero. Come la situazione si svilupperà in Ucraina è un punto interrogativo. Certamente, una situazione di guerra e di tensione non è molto vantaggiosa per chi si occupa di queste cose illegalmente. Dove questi traffici andranno è ancora da vedere. Certamente la Romania è uno dei possibili punti di approdo: dalla Romania ai Balcani sarebbe poi facile rientrare o arrivare sulle rotte e sui traffici che sono ancora presenti. Per i Paesi del Nord Africa vale lo stesso discorso: sale la tensione e le rotte sono lì. Per quanto concerne la situazione in Afghanistan, con la NATO che esce da questo Paese, si lasciano le frontiere in mano agli afgani: sarà meglio o sarà peggio ? Ci sono dei punti interrogativi che potrebbero avere influenze notevoli sull'area Schengen e sull'Italia.
  Certamente, quello che secondo me bisognerebbe fare è seguire l'esempio di ciò che è successo in Grecia. In Grecia, l'Unione europea è intervenuta pesantemente tramite Frontex, con persone, mezzi e finanziariamente, supportando la polizia greca. I risultati si sono visti: i numeri si sono abbassati e le rotte sono cambiate. Questa è una seconda cosa da tenere presente: quando si chiude un buco, se ne apre un altro, per cui la politica deve essere abbastanza aperta.

  PRESIDENTE. Scusi, perché si sono visti i risultati ? Cosa hanno fatto come operazioni di polizia ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Sul confine terrestre hanno costruito, non un muro ma una rete metallica in certe parti che erano poco accessibili e hanno aumentato la presenza dei poliziotti di frontiera: hanno inoltre incrementato la cooperazione con i poliziotti europei, che sono presenti e lavorano insieme ai poliziotti greci, i quali respingono.

  PRESIDENTE. Che respingono !

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Secondo me, quindi, sicuramente ci vuole un intervento diretto e pesante dell'Unione europea. Come ha menzionato anche il Ministro Alfano, c’è una capacity building che bisogna creare nei Paesi di origine. Nel caso dei Balcani, questa capacity building, ovvero questo investimento dell'Unione europea, deve essere vista in maniera diversa, perché i Balcani – possiamo discutere su quando ciò avverrà – saranno parte dell'Unione europea. Pertanto, l'investimento su standard e su attività di controllo non è un investimento a fondo perso e non può essere comparato a quello che viene fatto in Libia o in Egitto.
  Certamente, ci sono delle capacità. Al momento, quello che sta succedendo nei Balcani è che alcuni Paesi europei utilizzano il rimpatrio come misura principale per risolvere il problema dei migranti irregolari, per cui abbiamo alti numeri di migranti irregolari che, tramite il rimpatrio forzato, rientrano dall'Ungheria in Serbia piuttosto che in Bosnia o in Kosovo.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo e se sono forse un po’ troppo esplicita. Lei, se ho compreso bene, ritiene che ci dovrebbe essere un investimento maggiore da parte dell'Europa anche su Pag. 8questi transiti terrestri, nonché anche in termini di aiuto all'Italia da questo punto di vista ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Certamente, mi posso esprimere un po’ più con cognizione di causa sui Paesi dei Balcani. Sicuramente un investimento maggiore avrebbe dei risultati. Il problema di fondo adesso, è che quando si fa la riammissione forzata di un magrebino dall'Ungheria alla Serbia, essendo la Serbia circondata dall'Unione europea, l'egiziano che vuole ritornare, anche se vuole farlo volontariamente, deve passare attraverso l'Unione europea: deve riandare in Grecia o andare in Bulgaria. Pertanto, rimandare le persone dall'Italia, dall'Ungheria e da tutti i Paesi europei nei Balcani, in questa che è come una piscina, non risolve il problema. Infatti, i Paesi dei Balcani non hanno i fondi per rimandare queste persone fuori, per cui, alla fine, queste ultime prendono un ordine di lasciare il territorio del Paese entro 30 giorni e, finché riescono, cercano di ripassare o di rientrare in Europa. Questo, quindi, a mio parere, è l'investimento che deve essere fatto, anche in vista del fatto che almeno due tra i Paesi sono già candidate country, per cui dovrebbero entrare in Europa abbastanza velocemente.
  Ci sono poi delle dinamiche che riguardano più i cittadini dei Paesi balcanici che vengono in Europa e in Italia. Questo è un problema un po’ diverso. Quando abbiamo riflettuto su questo, anche guardando al tempo a disposizione, abbiamo pensato che potrebbe essere più interessante per voi avere delle informazioni su certe categorie di questi (le vittime di tratta o i minori non accompagnati), piuttosto che sull'albanese che viene qui per cercare lavoro. Parliamo di persone dei Balcani e non di persone che transitano attraverso i Balcani. Il mio collega, però, su questo potrà darvi una visione più completa su queste tematiche. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Rocco. È stato molto interessante. Do la parola al dottor Andrea Dabizzi, esperto di migrazione irregolare e tratta degli esseri umani dell'ufficio OIM di Sarajevo.

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Grazie, presidente. Desidero innanzitutto associarmi al dottor Gianluca Rocco nel ringraziare la presidenza e i membri di questo Comitato per averci dato oggi l'opportunità di venire a presentare la tematica dei flussi di migrazione attraverso i Balcani. Cercherò di essere il più possibile sintetico, così da poter lasciare spazio ad eventuali vostre domande. Prima di introdurre l'argomento della tratta, vorrei cominciare da dove il dottor Rocco ha terminato, cioè dai flussi di immigrazione irregolare che sono originari dei Balcani, che non riguardano cioè quei cittadini che provengono da regioni terze e che transitano attraverso i Balcani per raggiungere l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea, bensì coloro i quali sono originariamente cittadini dei Paesi dei Balcani occidentali.
  Naturalmente, ci sono dei fattori incentivanti, quelli che vengono chiamati push factors, che spingono i cittadini originari dei Balcani e che ritroveremo, poi, anche come elementi della tratta degli esseri umani. Sono i fattori che tutti noi conosciamo, a partire dalla situazione economica precaria negli Stati dei Balcani. Ci sono, ad esempio, dei Paesi come la Bosnia che hanno dei tassi di disoccupazione molto alti: oltre il 30 per cento la disoccupazione in genere e oltre il 60 per cento la disoccupazione giovanile. Dalla parte opposta, naturalmente, ci sono le opportunità di lavoro e di miglioramento in generale degli standard di vita che vengono viste nell'Unione europea. Un altro fattore è la protezione che viene riconosciuta in alcuni Stati ai richiedenti asilo e a coloro i quali poi ottengono l'asilo. C’è poi la forte presenza nei Paesi dell'Unione europea di comunità immigrate originarie di questi Stati dei Balcani. Anche questo lo rivedremo come un elemento che favorisce la tratta degli esseri umani. Naturalmente, c’è stato un cambio nelle modalità di Pag. 9migrazione per quanto riguarda i cittadini dei Balcani occidentali verso l'Unione europea, verso la fine del 2010 e soprattutto nel 2011, con la liberalizzazione dei visti, cosa che non vale per i cittadini kosovari, per i quali il visto è ancora richiesto. Per i cittadini di Serbia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Macedonia e Montenegro c’è la possibilità di viaggiare in Italia, così come negli altri Paesi dell'area Schengen, senza avere bisogno del visto. Tutti questi Paesi, naturalmente, sono visti come la destinazione finale del migrante originario dei Balcani. Poiché siamo qui per parlare non di migrazione regolare ma di migrazione irregolare, come si genera l'immigrazione irregolare dei cittadini originari dei Balcani, in Italia come negli altri Paesi dell'Unione europea ? Si genera in due modi: con un ingresso illegale e con un soggiorno irregolare, oppure con un ingresso legale ma con un soggiorno irregolare.
  Nella slide a pagina 10 vi abbiamo elencato le possibilità di ingresso illegale da parte dei cittadini degli Stati che non hanno bisogno del visto, che penso siano casi abbastanza noti. Nelle pagine successive abbiamo inserito anche delle cartine di riferimento, con dei dati statistici, così come ci chiedevate, che sono stati presi dal rapporto Frontex. Questi dati ci permettono di vedere come i cittadini di alcuni degli Stati dei Balcani sono fra quelli che utilizzano di più certe modalità di ingresso illegale. Il più classico è l'uso di documenti falsi, cioè documenti veri e poi contraffatti, o documenti completamente falsi che somigliano agli originali. C’è anche l'uso di documenti autentici, ottenuti con una procedura fraudolenta o comunque da una persona non autorizzata. C’è poi l'uso di timbri falsi sul passaporto, per dimostrare una storia di ingressi e uscite dall'Unione europea che in realtà non si è verificata. Questo è ciò che concerne l'ingresso illegale.
  Dall'altra parte, c’è il soggiorno irregolare, cioè un ingresso fatto legalmente, ma con un soggiorno che diventa irregolare quando, ad esempio, c’è un termine di permanenza superiore ai tre mesi consentiti, oppure quando la permanenza è successiva a un decreto di espulsione (una persona che riceve un decreto d'espulsione e non esce dal Paese), o ancora quando la permanenza è successiva a una domanda di asilo che è stata rigettata.
  Uno dei più classici esempi è quello dell'ingresso con passaporto per motivi turistici di una persona che entra in Italia come in altri Paesi per fini lavorativi e, quindi, svolge un'attività lavorativa per la quale non è autorizzata.
  Come vi dicevo, alle pagine 12, 13, 14 e 15 potete trovare delle cartine che vi danno l'idea, con i dati statici e con i numeri, dell'entità di questi fenomeni, mostrando che ci sono Stati, come la Serbia e l'Albania, i cui cittadini sono entrati illegalmente o hanno soggiornato irregolarmente nel territorio dell'Unione europea.
  Come potete vedere nella cartina a pagina 14, proprio nel 2011 c’è stata un'impennata per quanto riguarda il rifiuto degli ingressi relativi ai cittadini dei Balcani occidentali, in concomitanza con la liberalizzazione dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali, di cui ho parlato precedentemente.
  Se posso, introduco brevemente l'argomento della tratta. Perché la tratta degli esseri umani ? Naturalmente, ci sono delle distinzioni da fare: una cosa è l'immigrazione irregolare (quello che in inglese è chiamato human smuggling o migrant smuggling), altra cosa è la tratta degli esseri umani. Molto spesso le distinzioni non sono chiare e definite e risulta difficile distinguere un immigrato irregolare da un richiedente asilo o da una vittima della tratta di esseri umani, perché molto spesso usano tutti gli stessi canali per il flusso o le stesse organizzazioni criminali, le quali favoriscono, appunto, l'immigrazione irregolare, il flusso e lo sfruttamento delle vittime della tratta e anche il flusso dei richiedenti asilo.
  Naturalmente, ciascuna categoria dovrebbe essere sottoposta a un protocollo distinto e diverso per quanto riguarda l'identificazione, così come anche ad una procedura amministrativa e di tutela diversa, perché una cosa è essere un immigrato Pag. 10irregolare, altra cosa è essere una vittima della tratta ed essere stato soggetto a uno sfruttamento (exploitation) e un'altra cosa ancora è essere un richiedente asilo. Di conseguenza, naturalmente, anche la procedura di identificazione dovrebbe essere distinta.
  Peraltro, molto spesso capita di essere un migrante irregolare e poi di diventare vittima della tratta o viceversa. Ci sono coloro i quali partono da Paesi lontani (questo accade anche nei Balcani occidentali) per arrivare verso l'Unione europea e, a metà del viaggio, vengono fermati e, attraverso l'uso della forza e della minaccia, vengono sfruttati in diversi modi, per potere poi continuare e terminare il loro viaggio. Succede anche che migranti irregolari vengono obbligati a collaborare con queste organizzazioni criminali, perché naturalmente possono poi aiutare costoro come interpreti con tutti coloro i quali arrivano e dei quali si prende responsabilità l'organizzazione criminale stessa. Accade anche che nella seconda parte del viaggio una vittima della tratta, che viene magari fermata in Italia o in un altro Paese, risulta come immigrato irregolare, ma non si sa che a monte c’è stata una situazione di sfruttamento.
  Le situazioni più classiche sono, naturalmente, lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato e lo sfruttamento per elemosinare (ce ne sono altre, ma queste sono le più famose e anche le più frequenti nei Balcani occidentali).
  Una delle caratteristiche delle organizzazioni che gestiscono la tratta è la transnazionalità. Ci sono delle cellule presenti in ciascun Paese che si coordinano, comunicano e si basano sulla mutua fiducia e sulla collaborazione tra di loro. Queste sono efficienti soprattutto in quei Paesi di origine e di transito che sono instabili, dove la risposta dell'autorità non è così forte e dove c’è anche un elevato livello di corruzione.
  Come accennavo all'inizio della mia presentazione, soprattutto nei Paesi di destinazione (pensiamo al nostro Paese come agli altri Paesi dell'Unione europea), lo sfruttamento delle vittime della tratta avviene, non soltanto ma spesso, in quei Paesi e in quelle città dove ci sono delle forti comunità di immigrati che provengono dalla stessa regione. Se pensiamo ai cittadini dei Balcani, in quei posti dove, in Italia come negli altri Paesi dell'Unione europea, ci sono delle forti comunità di immigrati originari dei Balcani occidentali, è più facile che si possa verificare lo sfruttamento di cittadini originari della stessa regione.
  Naturalmente, le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta gestiscono anche altri flussi, ad esempio quello della droga e quello delle armi. Di recente, come avrete sicuramente sentito, ci sono state 16 persone arrestate dalla Polizia di Stato di Trieste e altre 13 indagate nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Gli articoli parlavano di tratta degli esseri umani, però poi si citava un'organizzazione gestita da stranieri, in particolare da afgani e pakistani, che era dedita a trasportare questi soggetti, attraverso l'Italia, verso altri Paesi. In questo caso, se di tratta si tratta – scusate il gioco di parole – si dovrebbe trovare l'elemento determinante, cioè quello dello sfruttamento. Riportando queste notizie, sembra trattarsi più del fenomeno che citavo prima, cioè di human smuggling.
  Per quanto riguarda la tratta degli esseri umani nella ex Jugoslavia dal 1995 in poi, quindi dalla dissoluzione della Jugoslavia, il primo fenomeno che si è verificato è stato quello della tratta per sfruttamento sessuale di vittime prevalentemente straniere, per lo più provenienti dall'Ucraina, dalla Romania e della Moldova.
  Verso l'inizio degli anni 2000, si è poi passati da uno sfruttamento sessuale di vittime straniere a uno sfruttamento di vittime domestiche, ovvero nazionali, di ciascuno dei Paesi, magari con lo spostamento della vittima, nell'ambito dello stesso Paese, da una regione all'altra. È stato più difficile riuscire a combattere questo fenomeno, perché lo sfruttamento si spostava dai locali pubblici, dai club, ad Pag. 11appartamenti privati e, quindi, diventava ancora più arduo riuscire ad identificarlo.
  Di recente, sono emerse nuove forme di tratta nei Paesi dei Balcani. Una è quella dei minori forzati a elemosinare, anche grazie al fatto che elemosinare, soprattutto per quanto riguarda i minori, è stato visto come un esempio di tratta di esseri umani. Altre forme sono la servitù domestica, i matrimoni forzati e il lavoro forzato di cittadini della ex Jugoslavia all'interno della regione, ma anche fuori.
  I casi più eclatanti sono stati, per esempio, quelli di cittadini della Macedonia, della Serbia e della Bosnia, che sono stati vittime del lavoro forzato in Azerbaijian e, più recentemente (ma è un caso sospetto ancora da verificare in via definitiva), a Soci in Russia.
  I settori di maggiore specializzazione dei lavoratori provenienti dai Balcani occidentali sono l'agricoltura e le costruzioni. Questo naturalmente significa che, in questi settori, c’è un maggior rischio che questi cittadini possano venire sfruttati negli altri Paesi. Per quanto riguarda i cittadini dei Balcani vittime nel territorio dell'Unione europea, per ritornare a quello che dicevo prima, un fattore incentivante è, naturalmente, la liberalizzazione dei visti, perché una potenziale vittima della tratta si può spostare dai Balcani in Italia, così come in altri Paesi dell'Unione europea legalmente, attraversando con il proprio passaporto la frontiera, e poi una volta là può essere sfruttata.
  I minori stranieri forzati ad elemosinare sono un altro esempio, che sovente accade, di tratta di essere umani, che coinvolge cittadini originari dei Balcani occidentali. Ci sono casi di minori albanesi e bosniaci che sono impiegati in attività di microcriminalità a Parigi come a Londra. Di recente, ho assistito a una conferenza organizzata proprio dall'autorità francese a Sarajevo, che denunciava, appunto, il problema dei minori bosniaci impiegati nella metro di Parigi in attività di microcriminalità. Mi hanno anche dato in via ufficiosa dei dati e si parla di centinaia di minori intercettati, utilizzati, appunto, per attività di microcriminalità. Lo stesso accade a Londra, però più per quanto riguarda i minori albanesi. Sulla prostituzione non penso che ci sia bisogno di aggiungere niente. Tutti quanti abbiamo cognizione dell'entità e della gravità del problema.
  In Italia c’è stato, di recente, il caso del taccheggiamento nella metro di Milano di quelle che venivano chiamate «le bosniache», cioè un gruppo di donne che, durante l'ora di punta, nella metro effettuavano azioni di microcriminalità. La maggior parte di loro erano donne in stato interessante o comunque con bambini molto piccoli.
  L'ultimo argomento che vorrei introdurre è quello dei minori stranieri non accompagnati in alcuni Paesi dell'Unione europea: l'Italia, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania. Se potete cortesemente dare un'occhiata alla cartina che abbiamo incluso a pagina 21, avrete anche i numeri sull'entità di questa problematica in Italia, specialmente per quanto riguarda l'Albania e, successivamente, la Repubblica del Kosovo.
  Il fattore incentivante, ancora una volta, è dato dall'affluenza, che è aumentata con la liberalizzazione dei visti. Soprattutto i cittadini dell'Albania possono entrare in Italia legalmente e fanno ciò prevalentemente via mare, ma anche per via aerea, e poi vengono abbandonati sul territorio italiano. In Italia, a differenza di altri Paesi dell'Unione europea, grazie alla nuova normativa introdotta, essi non devono richiedere l'asilo. Come sempre, ci sono dei fattori che spingono il minore e la famiglia del minore a mandare il minore in Italia.

  PRESIDENTE. Me lo può spiegare ? Saremmo l'unico Paese europeo ad avere una normativa differente rispetto agli altri in materia di richiesta d'asilo dei minori ?

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Non esattamente. La normativa italiana permette al minore di avere la protezione senza la richiesta di asilo.

Pag. 12

  PRESIDENTE. La domanda è se siamo l'unico Paese europeo che ha questa disciplina ?

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Per quanto ne so, la disciplina italiana è la più avanzata in questo senso per quanto riguarda la tutela dei minori. Per questo motivo, appunto, non c’è una richiesta d'asilo.
  Quali sono i fattori ? Qual è il motivo principale che spinge il minore e la famiglia del minore a inviare il minore in Italia ? È il fattore economico, ovvero la possibilità di trovare un lavoro e poi, con le rimesse, di mantenere la famiglia di origine in Albania. Infatti, la maggior parte dei minori che arrivano in Italia dall'Albania hanno un'età superiore ai quindici anni, sono cioè vicini al termine del periodo di studi e quasi in età lavorativa. L'iniziativa è individuale e viene presa dalla singola famiglia o da un gruppo di amici, ovvero da persone che si conoscono e che permettono di portare i minori in Italia. Precedentemente, quando non c'era la liberalizzazione dei visti, invece, si faceva sempre ricorso alle organizzazioni criminali, che avevano il compito di portare il minore sul territorio italiano.
  Come dicevo, l'Albania e le regioni del Kosovo sono quelle di origine, mentre gli Stati della Bosnia-Erzegovina, della Macedonia, del Montenegro e della Serbia sono, più che altro, degli Stati di passaggio di minori che provengono, invece, da regioni dell'Africa e dell'Asia, come l'Afghanistan e la Siria.
  Ci sono poi dei casi di minori stranieri non accompagnati che entrano in Serbia, richiedono l'asilo in questo Paese e poi, nelle more del procedimento, scompaiono. Il sospetto è che tentino di continuare il viaggio verso altri Paesi.
  L'Organizzazione internazionale per le migrazioni, dal 2008, in collaborazione con il Governo italiano, prende parte a un programma che ha la funzione di condurre un'indagine esplorativa sulle condizioni nel Paese di origine, quindi prevalentemente in Albania, per capire se ci sono i presupposti per il rientro del minore identificato in Italia.
  Ad oggi, su circa 600 casi seguiti, solo quattro minori hanno fatto rientro, anche perché, se ci sono tutte le condizioni per rientrare nel Paese d'origine (in questo caso, come dicevo, l'Albania), l'ultima parola spetta sempre al minore. Il minore ha l'ultima parola per decidere se vuole rientrare o rimanere sul territorio italiano. Io avrei concluso. Naturalmente, abbiamo lasciato i nostri riferimenti, sia telefonici che di posta elettronica, nel caso in cui voleste ulteriori chiarimenti o nel caso necessitiate di ulteriori approfondimenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Dabizzi. È stato molto interessante ascoltarvi. Tra l'altro, stiamo predisponendo un dossier proprio sul tema dei minori non accompagnati nel nostro Paese, pertanto, le informazioni che ci ha dato saranno riportate fedelmente. La ringraziamo. Prima di dare la parola al dottor Oropeza, il dottor Rocco mi ha chiesto un secondo per una precisazione.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Faccio solo una precisazione: quando si parla di liberalizzazione dei visti come fattore incentivante, non stiamo dicendo che i visti non dovrebbero essere liberalizzati, ma piuttosto che le dinamiche sono cambiate. Mentre prima era necessario che dei criminali portassero le persone in Europa, adesso può essere il vicino di casa che va in vacanza in Italia a portare delle persone qui. Le dinamiche sono cambiate e adesso, da un punto di vista di polizia, è diventato molto più difficile e diverso contrastare questi traffici.

  PRESIDENTE. Grazie della precisazione. Tra l'altro, abbiamo discusso del tema con il Ministro degli esteri, più che altro, relativamente alle riflessioni che si stanno facendo in Europa sull'ampliamento delle caratteristiche dei visti che Pag. 13possono essere rilasciati. C’è anche questa discussione in seno alla Commissione.

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Signor presidente, mi scusi, vorrei soltanto precisare che per quanto riguarda l'argomento dei minori, nelle cartelline che sono state distribuite abbiamo introdotto anche due documenti: uno di presentazione del problema dei minori non accompagnati in Albania, l'altro di presentazione del problema dei minori non accompagnati negli altri Stati dei Balcani occidentali.

  PRESIDENTE. Ci sarà molto utile per il nostro dossier. Do la parola al dottor Oropeza, direttore OIM per il Mediterraneo.

  JOSÉ ANGEL OROPEZA, direttore OIM per il Mediterraneo. Ringrazio la presidente Ravetto e i suoi colleghi del Parlamento italiano. Io, in realtà, non ero preparato per fare un intervento su quello che l'OIM fa nel Mediterraneo o sulla situazione nel Mediterraneo. Ho ascoltato i miei colleghi sui Balcani e certamente posso fare alcuni riferimenti in merito. Mi offro di tornare presso il Comitato in futuro per un'audizione strutturata su tutto ciò che l'OIM fa nel Mediterraneo. La situazione continua a essere molto fluida, voi lo sapete benissimo. Il Sottosegretario Manzione è stato recentemente in audizione qui al Comitato Schengen e ha riportato dei numeri.

  PRESIDENTE. In realtà, è venuto il Sottosegretario Gozi.

  JOSÉ ANGEL OROPEZA, direttore OIM per il Mediterraneo. Solo ieri sono arrivati 970 migranti. Ad oggi, sono quasi 39.000 quelli che sono arrivati in Italia via mare. Una minoranza sono cittadini libici, mentre per la gran parte sono cittadini dell'Eritrea, della Somalia, del Sud Sudan e della Siria, cioè di Paesi che hanno una situazione molto complessa. Conosciamo benissimo il problema dei diritti umani in Eritrea, la fragilità e la convulsione sociale in Somalia. C’è poi la guerra in Siria, una guerra che entra ora nel suo terzo anno. Dal principio, quasi tutte le persone che si sono rifugiate al confine della Siria con la Giordania, il Libano e la Turchia hanno sentito il bisogno di andarsene più lontano per raggiungere le famiglie in Europa, particolarmente in Germania o in Svezia.
  Noi siamo presenti nel Sud Italia, insieme all'UNHCR, a Save the children e alla Croce Rossa, in un progetto che risale al 2006 e che si chiama Praesidium, che noi chiamiamo «Lampedusa 1». I flussi migratori misti in questa regione hanno originato una risposta da parte del Governo italiano, attraverso un meccanismo interagenziale con queste quattro organizzazioni, per lavorare sull'identificazione delle persone in questi flussi misti (vittime della tratta, persone in situazioni di alta vulnerabilità, donne incinte e persone anziane) e, certamente, anche per raccogliere le informazioni sul percorso legale che tutte queste persone dovranno affrontare durante il loro soggiorno in Italia.
  Anche nel quadro del progetto Praesidium, noi facciamo un monitoraggio delle condizioni di assistenza nei diversi centri di accoglienza (i famosi CARA) e nei centri di detenzione (CIE) in Italia. Forniamo supporto nei centri di detenzione, per verificare le condizioni di assistenza legali e di vita dei migranti detenuti, e nei centri di assistenza, per verificare l'assistenza accordata dal Ministero dell'interno e dagli operatori dei diversi CARA ai migranti che sono in accoglienza.
  Noi assistiamo anche tutti i migranti sbarcati in Italia e offriamo la mediazione culturale con le autorità italiane. Certamente, la situazione nel Mediterraneo rimarrà molto fluida. È ancora molto difficile dire quanti flussi ci saranno nel futuro. Oggi conosciamo bene le condizioni in Eritrea, in Somalia, in Siria, nella Repubblica Centrafricana, in Mali, in Costa d'Avorio e anche in Niger. Sappiamo che abbiamo una regione abbastanza instabile, con una propensione alla mobilità umana importantissima. Certamente, questo crea una pressione sul Nord dell'Africa Pag. 14e sull'altra sponda del Mediterraneo. Pensiamo che se la situazione, politica e sociale, molto fragile della Libia rimarrà così, vedremo numeri importanti di flussi migratori in questa regione.
  Dopo la tragedia del 3 ottobre a Lampedusa, seguita da quella dell'11 ottobre, abbiamo ragionato, dapprima con il Governo italiano e poi con il Governo europeo, perché dobbiamo fare uno sforzo in più. Credo di dover ringraziare il Governo italiano e gli uomini e le donne della Marina italiana, che salvano migliaia di migranti ogni giorno. Questi 38.000 sono parte delle persone che sono state salvate dalla Marina militare italiana. Per noi, certamente, il salvataggio delle vite umane deve essere la priorità e credo che il Governo italiano lo abbia capito e faccia ciò. Noi siamo molto grati per questo.

  PRESIDENTE. Il Governo italiano l'ha capito, l'Europa non so quanto !

  JOSÉ ANGEL OROPEZA, direttore OIM per il Mediterraneo. Su questo dobbiamo fare un po’ di più. Per questo motivo, abbiamo parlato con il Governo italiano e con alcuni Governi europei di cosa fare nella regione africana, perché questo flusso continua a venire da lì. Noi ascoltiamo i testimoni. Queste 38.000 non sono persone che noi non vediamo: vediamo, parliamo e sappiamo bene come sono arrivati qui in Italia. Ascoltiamo storie terribili, di persone che sono vendute due, tre o quattro volte dai gruppi di beduini, dai trafficanti e dai criminali che organizzano tutto questo.
  Noi avevamo fatto una proposta per un dialogo migratorio più forte tra le regioni d'Europa e quelle del Corno d'Africa, del Sud Sahara, del Nord Africa e del Sahel. Dobbiamo trovare soluzioni a questa crisi umanitaria e di grave mobilità nella regione. Questo si deve fare in collaborazione con i Governi dei Paesi di transito e dei Paesi d'origine. Credo che senza la loro cooperazione possiamo fare poco.
  Noi abbiamo anche suggerito che questo dialogo potrebbe dare la possibilità di creare centri di ricezione, che possiamo chiamare in diverse maniere, stazione migratoria, processing center, centro d'accoglienza, nel percorso migratorio di tutti questi migranti, dall'Eritrea verso la Libia e di trovare delle soluzioni per ognuno di questi migranti. Possiamo anche ipotizzare un permesso umanitario, per esempio per i siriani che in forma temporanea vogliono raggiungere la loro famiglia in altri Paesi dell'Unione europea. Per esempio, ci sono 80.000 studenti laureati, anche a livello di master, che sono scappati dall'Eritrea e adesso sono nel limbo, aspettando una soluzione, che di solito è un percorso migratorio irregolare. Questa è una risorsa umana importantissima, della quale anche l'Europa avrà bisogno in futuro. Le stime dicono che da qui a 20-25 anni l'Europa avrà bisogno di 30-40 milioni di posti di lavoro, che non saranno creati per la popolazione locale, per via del calo della natalità. Dobbiamo pensare che la strategia è esattamente quella di creare posti di lavoro.
  Noi dobbiamo pensare che tutta questa gente che arriva può rispondere a un nostro bisogno in Europa. Io non parlo come cittadino europeo. Sono nato in Venezuela, ma sono cittadino di un Paese Schengen: sono svizzero. Anche la Svizzera, il mio Paese, avrà bisogno di manodopera in futuro, in numeri molto importanti. Dobbiamo prepararci per questo.
  Rispetto ai minori non accompagnati, credo che sia un tema molto sensibile. Noi lavoriamo con il Governo italiano, come ha segnalato il mio collega dell'ufficio OIM di Sarajevo, nell'indagine sulla condizione familiare dei minori non accompagnati in Italia. Inoltre, noi facciamo una cosa molto interessante, non solo per il ritorno di questi minori (sono pochi quelli che ritornano), ma anche per il ricongiungimento familiare in Europa, nel quadro dell'accordo di Dublino. È un'esperienza che comincia a realizzarsi di più con tutti i Paesi europei e con l'unità di Dublino nell'Unione europea, per attuare il ricongiungimento familiare di tutti questi minori che entrano in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea.Pag. 15
  Io mi fermo qui con questa breve panoramica della situazione migratoria nel Mediterraneo. Offro la mia disponibilità per un incontro più strutturato, dove potremmo parlare delle diverse proposte dell'OIM. Sottolineo il desiderio dell'OIM di facilitare il dialogo migratorio tra i diversi Paesi dell'Unione europea e i diversi Paesi dell'Africa, per trovare una soluzione a questo problema, che è una sfida comune per tutti i Paesi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie molte. Sicuramente, dottor Oropeza, la reinviteremo, anche perché avremo senz'altro delle domande. Lei giustamente parla di partnership e noi di ciò parliamo sempre, ma poi magari verifichiamo che all'interno dell'Unione europea i Paesi si muovono singolarmente (vedi la Spagna con il Marocco), oppure viene il Ministro degli esteri in audizione e ci dice che con la Libia non si sa con chi trattare, perché non si capisce bene quali sono gli equilibri politici. Sicuramente, quindi, il Comitato avrà il piacere di confrontarsi con lei su questi temi. Do quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, iniziando dal senatore Arrigoni che deve andare via.

  PAOLO ARRIGONI. Rinvio le domande in merito alla migrazione attraverso il Mediterraneo a quando il dottor Oropeza tornerà in audizione al Comitato. Ho una semplice domanda in ordine al ruolo della Repubblica Turca di Cipro del Nord sui flussi dei migranti nella Ue, che magari passano attraverso la Turchia. Vorrei una specifica in tal senso.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Per quanto riguarda i flussi che dalla Turchia, via mare, arrivano alla Grecia, all'Albania o all'Italia, uno dei problemi che vengono riportati da colleghi di polizia europei che si occupano di questo, è che le attività via mare di controllo delle barche che passano sono abbastanza limitati. È un problema di fondi e di disponibilità delle autorità greche ad assicurare un tipo di attività che, per esempio, l'Italia svolge abbastanza massicciamente.
  Per questo motivo, ci sono un grande numero di barche che riescono a passare o, in certi casi, affondano. Certe volte queste notizie vengono riportate, altre volte non vengono riportate. Certamente, la Turchia, in generale, come punto di partenza, ha una politica sui visti molto aperta. È molto facile arrivare da qualsiasi Paese dell'Africa, del Terzo Mondo o del Centro Asia in Turchia e non costa molto. Inoltre, quello che i rapporti dicono è che solitamente in Turchia ci sono dei network che appartengono alla stessa nazionalità dei migranti, per cui il pakistano che arriva in Turchia entra in contatto con il pakistano che è lì e che gli spiega come si fa per passare. Queste sono le dinamiche.

  PAOLO ARRIGONI. Qual è il ruolo specifico della Repubblica Turca di Cipro del Nord ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Su questo non abbiamo notizie molto rilevanti per quanto riguarda i flussi dai Balcani. Non c’è un ruolo specifico che è diverso. Quello che succede è che si usano le isole greche. Attraverso le isole greche, si rientra in Albania o in Grecia, al confine con l'Albania. Questo è quello che succede.

  PRESIDENTE. Passiamo alla domanda dell'onorevole Fauttilli, perché anche lui deve andare in Commissione bilancio.

  FEDERICO FAUTTILLI. Ringrazio il presidente e soprattutto i nostri relatori per la disponibilità. Anch'io mi rimetto a un tempo successivo per quanto riguarda la migrazione mediterranea, che è quella che a noi interessa maggiormente.
  Vorrei porre una semplice domanda rispetto alla cartina di pagina 6. Da quello che è segnato sulla cartina, vedo che i flussi terrestri che arrivano dal Pakistan, dall'Afghanistan, dall'Iraq, addirittura dalla Somalia via mare, attraverso la Turchia, Pag. 16praticamente, si fermano in Grecia. Sicuramente non è così, ma proseguono per l'Europa: proseguono per l'Europa attraverso i Paesi balcanici e, quindi, non toccano l'Italia, oppure arrivano anche in Italia ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Nella cartina successiva si vede qualche flusso che passa direttamente in Italia. Se parliamo in termini numerici, i numeri più grossi sono quelli che vanno verso Nord, ovvero verso i Paesi balcanici, perché costa meno. Poi, dai Paesi balcanici, dalla Croazia e poi dalla Slovenia, vengono in Italia. Le persone menzionate dal mio collega, che sono state arrestate recentemente tra Trieste e altre città, evidentemente passavano di lì, cioè dalla Slovenia o dalla Croazia.

  FEDERICO FAUTTILLI. Non sono flussi ampi come quelli che registriamo nella migrazione mediterranea ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Assolutamente no. Al momento c’è anche una questione di costi. Come ho detto, è più facile entrare via terra ed eventualmente, se si vuole entrare in Italia, in Friuli Venezia Giulia.
  Quello che noi notiamo è che i canali sono aperti e, al momento, sono utilizzati maggiormente per droga e armi. Prima parlavo di fattori che potrebbero influenzare questi cambiamenti. Se la situazione economica in Italia riparte e la gente vede la prospettiva di trovare lavoro, le vie ci sono e possono essere utilizzate domani mattina.

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Se posso, aggiungo una cosa su questo. Questo è spiegato molto bene anche nel rapporto annuale fatto da Frontex e abbiamo cercato di riportarlo nella nostra cartina: c’è un flusso via mare, che ha origine in particolare dalla Turchia e dall'Egitto, che raggiunge le coste italiane, soprattutto quelle della Calabria. Abbiamo riportato anche i dati di questo flusso nella slide a pagina 5.
  È vero che sono numeri enormemente minori rispetto al flusso verso Lampedusa ma, come dicevamo prima, ogni flusso deve essere tenuto d'occhio e controllato, perché i flussi di migrazione sono sempre in evoluzione: si blocca o si riduce un canale, ma se ne apre o si rinforza un altro. Basti pensare che questa via marittima, che ha origine principalmente dalla Turchia e dall'Egitto e che nel rapporto Frontex viene definita Eastern mediterranean route, dal 2009 al 2013 è andata cambiando così: da 28.848 nel 2009, a 6.175, poi a 1.467, a 4.370 e, infine, a 11.831 nel 2013. Questo corrisponde a un incremento del 171 per cento. Questo, come dicevo, prova che i flussi sono sempre in evoluzione.
  Un altro elemento che vorrei aggiungere e che potrebbe determinare un cambiamento nei flussi di migrazione attraverso i Balcani è che, dall'ingresso della Croazia nell'Unione europea, il primo luglio del 2013, il confine dell'Unione europea con la Bosnia-Erzegovina è diventato il confine più lungo che l'Unione europea ha con un Paese terzo (sono più di 1.000 chilometri). Anche questo è un elemento che potrebbe determinare dei cambiamenti nei flussi attraverso i Balcani verso l'Unione europea. Grazie.

  FEDERICO FAUTTILLI. È immaginabile, come ipotesi, che i flussi mediterranei, se c’è un'azione più attenta, mantenendo Mare Nostrum, si possano trasferire sui Paesi balcanici ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Proprio dalla cartina che menzionava lei, ciò risulta evidente. Ci sono marocchini presenti nei Balcani, per cui la via c’è. Al momento, è meglio venire direttamente in Italia via mare. Nel momento in cui si blocca maggiormente quella via, l'acqua va dove è più basso, per cui ci si può aspettare un aumento delle rotte che sono già esistenti.

Pag. 17

  GIORGIO BRANDOLIN. Avrei molte domande da fare, anche perché ho vissuto in prima persona, nei primi anni 2000, una esperienza a Gorizia e Trieste come amministratore. All'epoca, sul confine tra Gorizia e Nova Gorica venivano prese da 200 a 300 persone ogni sera. In seguito, il problema è stato parzialmente spostato su un'altra tratta, con la collaborazione delle polizie italiana e slovena, prima ancora che la Slovenia entrasse in Europa e prima ancora che entrasse in Schengen (parlo del 2001).
  Ho alcune domande. Lei prima parlava di collaborazione tra le polizie dei vari Paesi, che è la cosa più logica e che ha funzionato molto bene sul mio confine. Mi risulta che nel 2015 la Croazia entrerà in Schengen. Così è stato qui dichiarato da un Ministro. Non so se la vostra organizzazione si interessa anche di questo, ma vorrei conoscere il livello di collaborazione con la polizia croata, che giustamente, come voi avete ricordato, dovrà controllare un confine di 1.000 chilometri, tra l'altro, molto articolato e in montagna, quindi anche facilmente perforabile rispetto a quello adesso controllato da Slovenia e Ungheria, con tutte le complicazioni per quel che riguarda la Bosnia e via dicendo, che conosciamo e conoscete molto bene. Vorrei capire a che livello di collaborazione e di preparazione è la polizia croata, nel momento in cui, tolto il confine Schengen tra Slovenia e Croazia, sarà la stessa Croazia parte del confine Schengen.
  Voi operate in quel di Sarajevo. Ricordo che, come ben sapete, Sarajevo, dopo tutte le tragedie degli anni 1990, è stata un punto di approdo, attraverso la via aerea, di tantissimi immigrati, in particolare musulmani. Non vedo nelle vostre cartine quel punto di approdo e di «smistamento» – passatemi una parola così indegna per delle persone – nel resto d'Europa. Vorrei sapere se esiste ancora questo punto. Mi ricordo che all'epoca l'Italia era riuscita ad imporre un controllo su quel tipo di immigrazione, ovvero sull'arrivo musulmano a Sarajevo e poi sullo smistamento in Europa.
  Ho ben chiaro – e voi lo avete dimostrato molto bene – che numericamente i flussi attraverso i Balcani dipendono dalla possibilità di arrivare in Europa attraverso altri percorsi. Nel momento in cui si chiudono quei percorsi, se ne aprono altri e – così ci dite – i Balcani sono sempre pronti. La mia domanda, quindi, riguarda proprio quella «piscina» di cui lei ha parlato e che io definisco «buco nero» nel centro dell'Europa, cioè i Paesi dell'ex Jugoslavia non ancora entrati in Europa. La Croazia e la Slovenia, infatti, sono entrate in Europa mentre gli altri hanno avviato il processo di adesione. Il loro ingresso in Europa, secondo la vostra esperienza e secondo i numeri e ciò che vivete a Sarajevo, potrà bloccare questi flussi ? Il problema dell'utilizzo dei Balcani per questa migrazione verrà risolto ? Non parlo della Bosnia, perché non saprei neanche definire esattamente la sua situazione, ma sicuramente la Serbia entrerà in Europa e probabilmente anche la Macedonia. Questo aiuterà a bloccare questi flussi, che probabilmente si sposteranno da un'altra parte.
  Vi do un'ulteriore informazione: quelle persone di cui parlavate voi, fermate dalla Dda di Trieste e non solo, per tratta di persone, hanno un'origine particolare. Si tratta di organizzazioni che chiedono il pizzo – passatemi l'espressione – a coloro i quali poi arrivano nel nostro Paese e trovano posti di lavoro già preparati dalle loro comunità. L'esempio è il cantiere di Monfalcone di Fincantieri, in cui ci sono 3.500 trasfertisti – per non dire altro – di cui una buona parte del Bangladesh. Infatti, due degli arrestati sono proprio del Bangladesh, i quali organizzavano, taglieggiando, questi operai per arrivare a lavorare come subappaltatori nel cantiere di Monfalcone che – lo ripeto – ha numeri abbastanza importanti: 6.000 operai, di cui quasi 3.500-4.000 nei momenti di punta esterni.
  Anche su questo, l'Europa dovrebbe intervenire. Dovrebbe intervenire anche – lo dico al presidente – il Ministro del lavoro, per aiutare a controllare determinate zone (noi stiamo seguendo Prato, ma Pag. 18Monfalcone è un altro esempio), laddove c’è un'immigrazione che non è irregolare, però è taglieggiata. Ci sono queste tratte di cui parlavate voi, tanto è vero che due di questi soggetti, del Bangladesh, sono stati arrestati tra quei 16 di cui parlava lei.
  Mi fermo qui, anche se avrei tante altre domande. Riassumendo, la prima domanda specifica riguardava il 2015, l'ingresso della Croazia in Schengen e come questa lo affronterà. Se abbiamo già problemi tra Slovenia e Ungheria, con l'aiuto italiano, chi aiuterà la Croazia a mantenere Schengen ? Le altre due considerazioni che vi ho fatto riguardano Sarajevo e i musulmani e poi il discorso su come il lavoro, anche organizzato, deve essere controllato e su chi lo controlla, per non arrivare a queste tratte di esseri umani, di cui vi ho parlato con l'esempio di Monfalcone.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Comincio dicendo che certamente il problema sul nostro confine – io sono di Udine – lo conosco molto bene. La collaborazione di polizia, sicuramente, in quella occasione è stata risolutiva. Molto sta succedendo nei Balcani, a livello abbastanza alto. C’è più cooperazione, anche tra Serbia e Kosovo, naturalmente non apertamente ma sul versante dell'attività di polizia tale cooperazione esiste, anche se deve essere rinforzata. Guardando alle attività concrete, quello che vedo io è che quando c’è la presenza di un fattore esterno, che può essere un poliziotto europeo in mezzo ai poliziotti balcanici, poi si lavora anche meglio, perché magari in due ci si mette d'accordo, ma in tre è più difficile. Pertanto, un ruolo europeo, simile a quello che sperimentato in Grecia, dove abbiamo poliziotti italiani e francesi che lavorano insieme allo stesso fine, certamente può aumentare l'efficacia di questa cooperazione, che esiste.
  Con la polizia croata, noi, come OIM, nella regione lavoriamo molto bene, perché hanno un'esperienza di standard europei molto fresca e hanno la conoscenza della lingua, per cui cerchiamo di farli lavorare insieme alle polizie della regione. Questo è un qualcosa che deve essere continuato e incrementato. A differenza del passato, non ci sono più quelle situazioni in cui noi non si voleva che i croati ci insegnassero e via dicendo: si va un po’ più sul pratico.
  Per quanto riguarda l'entrata in Schengen nel 2015: l'ha detto lei ! Io ci spero, perché si danno molto da fare. Certamente, i criteri di Schengen di adesso non sono i criteri di Schengen della Slovenia, ma sono molto più rigidi, per cui è molto più difficile e ci vuole molto più investimento.
  Parlando di Schengen, sarebbe facilissimo risolvere il problema: facendo entrare la Bulgaria e la Romania in Schengen, automaticamente l'asse si sposterebbe ad est e l'Italia verrebbe po’ salvata. Naturalmente, questa è una provocazione. Certamente, al confine tra la Croazia e la Bosnia ci sono zone che sono scarsamente popolate – perché c’è stata la guerra – e abbastanza impervie. La zona di Drvar, verso il sud, è una zona in cui io, se fossi un migrante irregolare, passerei, ben sapendo che non mi troverebbero presto (forse arriverei fino in Italia prima che mi trovino). Secondo me, le condizioni di Schengen per la Croazia guarderanno certamente anche a questi aspetti. C’è molto che si sta facendo, ma non so quanto in avanti sono.
  Per quanto riguarda l'aeroporto di Sarajevo, è vero che a quel tempo c'era questa situazione, che si è un po’ modificata da quando la Bosnia ha avuto la liberalizzazione dei visti, perché hanno dovuto instaurare certi criteri. Certamente, i controlli sono maggiori ed è un po’ più difficile utilizzare gli aeroporti. C’è un uso degli aeroporti, soprattutto da parte di coloro che hanno documenti falsi. Ci sono dei canali di criminali per cui, se uno ha i soldi, automaticamente viene portato in uno degli aeroporti della regione con un documento falso e poi arriva nel mezzo dell'Europa e fa quello che vuole. L'aspetto musulmano, che potrebbe riguardare il terrorismo e via dicendo, esisteva.

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  GIORGIO BRANDOLIN. Non si tratta solo di terrorismo. Lei sa che Sarajevo è stata ricostruita dai Paesi arabi ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Recentemente c’è stato uno studio a Sarajevo sul numero, che era estremamente alto, di persone che venivano dal Qatar durante l'estate. Lo studio è stato condotto molto bene dalle autorità locali e ha mostrato che il 99,9 per cento di queste persone rientra. Pertanto, i problemi che c'erano a quel tempo sono adesso molto minoritari da quel punto di vista.
  Che cosa significa per loro l'ingresso in Europa ? Purtroppo, al momento, uno dei problemi che abbiamo noi, come organizzazione, quando parliamo con l'Unione europea o con gli Stati membri, è che non è possibile mettere questa discussione sul piano dei diritti umani, dell'individuo o della migrazione: si va a finire sempre sul piano del costo, perché i Paesi dicono che, se danno asilo a una persona, tenersela costa; se si vuole mettere in prigione un criminale, non hanno i soldi per farlo. Alla fine, si preferisce girarsi dall'altra parte, perché si pensa che magari il migrante passi e non si fermi nel loro Paese.

  GIORGIO BRANDOLIN. Lo facciamo anche noi ! A Lampedusa negli SPRAR sono arrivati cento siriani. Parlo di un mese fa. Era stato tutto organizzato con i comuni e via dicendo: sono arrivati e hanno dormito una notte. Punto.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Io porto l'esempio di cosa ha fatto l'Inghilterra adesso in Grecia. L'Inghilterra ha investito 2 milioni di pounds per pagare il viaggio di ritorno volontario ai migranti che volevano ritornare nel loro Paese dalla Grecia. Il ragionamento che gli inglesi hanno fatto, secondo me, è che innanzitutto costa meno rimpatriarli dalla Grecia piuttosto che dall'Inghilterra, per cui è abbastanza economico. Io farei un parallelo con i Paesi dei Balcani. Noi aiutiamo 10.000 persone all'anno a rientrare volontariamente nei loro Paesi d'origine dalla Grecia. Parliamo di nazionalità come il Pakistan e l'Afghanistan, dove si pensa che queste persone non vogliano rientrare volontariamente: invece rientrano ! C’è gente che non ne può più, c’è gente che, dopo tre o quattro volte che cerca di entrare in Europa ed è rispedita in Grecia, vuole tornare a casa.
  Secondo me, questo è quello che dovrebbe fare l'Italia con i Balcani. I Balcani sono una cosa a termine: è un posto che diventerà Europa e quando ciò avverrà, il confine si sposterà da altre parti. Pertanto, bisogna che l'Europa investa di più in capacity building e cooperazione con la polizia, assistenza volontaria per il rimpatrio delle persone e deportazione dei criminali.

  GIORGIO BRANDOLIN. Cosa intende per deportazione dei criminali ?

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Le persone che sono criminali e che vengono da quei Paesi vengono espulse.

  PRESIDENTE. Ha un suggerimento per sollecitare un po’ l'Europa da questo punto di vista ? Ormai tutti ce lo dicono, tranne forse qualche autorità, anche a livello locale. Ormai è abbastanza chiaro che c’è un problema di disattenzione.

  GIANLUCA ROCCO, coordinatore regionale per gli uffici OIM nei Balcani occidentali. Ci sono anche degli strumenti finanziari europei. Noi abbiamo lavorato con l'Unione europea a Bruxelles su alcune di queste dinamiche: capacity building e ritorno volontario. Queste verranno discusse adesso con gli Stati membri. Gli Stati membri possono dire che bisogna che facciamo quello che ha fatto...

  PRESIDENTE. Io mi scuso, ma devo chiudere la seduta, anche perché ho un ufficio di presidenza in Commissione affari costituzionali a cui devo presenziare e siamo andati ben oltre il termine che ci Pag. 20era consentito. Vi ringrazio. Vi sarò grata se, nei limiti della riservatezza di questi documenti, potrete trasferirci qualche documentazione in merito, per esempio, a questo tema, perché noi possiamo reinvitare chi ha la delega a livello nazionale in materia europea – penso al sottosegretario Gozi – e chiedergli a che punto è questa cosa e se la stanno portando avanti. Penso anche al Ministro degli esteri, a seguito dei suoi incontri. Inoltre, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione che ci avete illustrato oggi, in modo da renderla pubblica. Dottor Dabizzi, vuole aggiungere qualcosa di telegrafico ?

  ANDREA DABIZZI, esperto migrazione irregolare e tratta esseri umani – Ufficio OIM Sarajevo. Presidente, mi ha anticipato il dottor Rocco, proprio parlando dei due elementi strategici, cioè la capacity building nei Paesi di origine e di transito e la partnership, che ci aiuta a prevenire e poi a risolvere tutti i vari problemi, quali quelli di cui parlavamo (minori non accompagnati e così via).

  PRESIDENTE. Se ci aiutate, noi siamo un Comitato abbastanza incisivo e proporremo ai nostri interlocutori ciò che ci trasferite. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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