XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 26 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 189  PISICCHIO, C. 276  BRESSA, C. 588  MIGLIORE, C. 979  GOZI, C. 1499  MARAZZITI E C. 2168 , APPROVATA DAL SENATO, RECANTI INTRODUZIONE DEL DELITTO DI TORTURA NELL'ORDINAMENTO ITALIANO

Audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Capece Donato , Segretario generale S.A.P.Pe ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Montesano Pasquale , Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Montesano Pasquale , Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Montesano Pasquale , Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Di Giacomo Aldo , Rappresentante del sindacato Si.N.A.P.Pe ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Mannone Pompeo , Segretario generale C.I.S.L. – F.N.S ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Chiaramonte Salvatore , Segretario nazionale C.G.I.L. – F.P./P.P ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Moretti Giuseppe , Segretario nazionale UGL Polizia Penitenziaria ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 12.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 189 Pisicchio, C. 276 Bressa, C. 588 Migliore, C. 979 Gozi, C. 1499 Marazziti e C. 2168, approvata dal Senato, recanti introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano, l'audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria.
  Sono presenti i rappresentanti dei sindacati del personale della Polizia penitenziaria: per il S.A.P.Pe, Donato Capece; per l'O.S.A.P.P., Pasquale Montesano; per Si.N.A.P.Pe, Aldo Di Giacomo; per C.I.S.L. F.N.S., Pompeo Mannoni; per C.G.I.L. Funzione Pubblica, Salvatore Chiaramonte e Quinti.
  Inizio in ordine di elenco. Vi darei sette minuti ciascuno. Peraltro, so che avete depositato un documento. È presente anche il relatore l'onorevole Vazio, oltre ai colleghi.
  Darei la parola a Donato Capece, per il S.A.P.Pe, accompagnato anche da Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto.

  DONATO CAPECE, Segretario generale S.A.P.Pe. Abbiamo esaminato con attenzione i disegni di legge riguardanti l'introduzione del reato di tortura. Vorremmo esprimere qualche nostra riflessione su questi progetti.
  In sintesi, esprimiamo un dissenso circa l'introduzione del nostro ordinamento del reato di tortura dal momento che nel codice penale ogni abuso contro la dignità delle persone trova adeguata repressione, sicché tale reato sembra rispondere più che altro a spinte ideologiche che guardano con diffidenza e sfavore verso le Forze di polizia.
  Si condivide la modifica approvata dalla Commissione giustizia del Senato in virtù della quale il delitto è stato qualificato e annoverato tra i reati comuni, tanto da poter essere commesso da chiunque. Se, quindi, il fatto è commesso da pubblico ufficiale diventa solo un'aggravante. Tale modifica sembra mossa dall'intento di affrancare tale reato da logiche ritorsive contro le Forze di polizia.
  Relativamente al servizio che la Polizia penitenziaria presta nel mondo del sistema penitenziario, chiediamo che si faccia molta attenzione per quanto riguarda questa tipologia di reato. Come tutti sappiamo, infatti, a causa del sovraffollamento penitenziario, la Polizia penitenziaria potrebbe subire denunce gratuite da parte dell'utenza che, a causa della mancanza di spazi detentivi, del problema del sovraffollamento, potrebbe scaricare le proprie problematiche su di essa.
  In conclusione, tenuto conto delle condizioni di invivibilità che connotano la Pag. 4stragrande maggioranza degli istituti penitenziari, gli appartenenti alla Polizia penitenziaria rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato, con conseguenze penali e non solo, che per gli stessi diventa devastante perché, come sapete, in caso di denuncia il poliziotto è collocato in aspettativa fuori servizio in attesa che si svolgano o meno le indagini.
  Questo è quanto volevamo rappresentare. Vi ringrazio dell'attenzione. Vi abbiamo già consegnato il documento.

  PRESIDENTE. I documenti saranno raccolti. Vi ringrazio anche per la sintesi e per il documento scritto, che sarà vagliato attentamente dalla Commissione.
  Do ora la parola a Pasquale Montesano, O.S.A.P.P., segretario generale aggiunto.

  PASQUALE MONTESANO, Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P. Buongiorno. L'attuale percorso normativo intrapreso intorno al complesso fenomeno delle torture è una scelta impegnativa che impone un breve excursus delle ragioni storiche che hanno proceduto all'odierno interessamento legislativo.
  Il divieto di torture è sancito dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Essa è ratificata dall'Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, ed è atto con cui la comunità internazionale si pronuncia a favore di un divieto generale al ricorso alla tortura, attuata nella Convenzione contro la tortura approvata dall'Assemblea generale dell'ONU il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Italia con la legge 3 novembre 1988.
  Da tale convenzione, in particolare, nasce un obbligo internazionale per la cui osservanza gli Stati europei hanno a loro volta adottato una specifica convenzione approvata il 26 novembre 1987, anche questa ratificata dall'Italia, ai fini dell'esecuzione della convenzione ONU, nel 1988, dalla convenzione europea del 1987, anch'essa ratificata.
  Inizialmente, il legislatore non ritenne necessaria l'introduzione nel nostro ordinamento di una specifica fattispecie penale, in quanto le condotte riconducibili alla definizione di tortura si credevano comunque riferibili a fattispecie penali già previste dalla legge italiana allora vigente, come quelle dirette a punire l'omicidio, le lesioni, le percosse, la violenza privata o le minacce.
  Oggi si argomenta sull'inadeguatezza della legislazione vigente, che non sembra punire tutte le condotte riconducibili alla nozione di tortura, così come intesa non soltanto dalla suddetta Convenzione delle Nazioni Unite, ma anche dal comune sentire, ove si ritengono anche alcuni comportamenti disumani e degradanti della dignità umana che non sarebbero pienamente riconducibili alla nozione di violenza o di minacce elaborate dalla nostra giurisprudenza.
  Si tratta di una sorta di limbo tra queste nozioni e quella di tortura, che sostanzialmente si tradurrebbe in una violazione latente della Convenzione del 1984, da cui nasce l'esigenza di integrare l'ordinamento sanzionatorio italiano con la previsione di uno specifico diritto che in anni precedenti ha ricevuto il confronto di pronunce giurisprudenziali e che hanno oggettivamente posto in luce l'esistenza di una carenza nell'ordinamento.
  Da qui nascono le proposte di legge in argomento volte a colmare quella avvertita come una lacuna dell'ordinamento giuridico italiano. Si evidenzia che la definizione del concetto di tortura adottata dalla Convenzione internazionale fa riferimento essenzialmente a comportamenti posti in essere da soggetti appartenenti al potere statuale, ovvero nell'interesse di quest'ultimo, ed è chiaro che il fatto stesso di adottare una convenzione su uno specifico reato è diretto soprattutto a evitare abusi dell'autorità contro le opposizioni e le minoranze di ogni tipo e dei cittadini in genere.
  Tuttavia, dalle proposte di legge citate si è configurato il concetto di tortura come reato comune, con specifiche aggravanti determinate dalla qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio dell'autore e ciò in considerazione della Pag. 5presenza su tutto il territorio nazionale di organizzazioni criminali particolarmente strutturate e caratterizzate da un potere che tende a essere pervasivo anche attraverso gli strumenti di tortura. Inoltre, in epoche recenti ci si è trovati di fronte a comportamenti violenti addebitabili a tessuti sociali estranei alle Forze di polizia in senso proprio, che hanno colpito ad esempio pazienti ricoverati in strutture ospedaliere.
  Orbene, se desta sicuramente condivisione il progetto giuridico intrapreso, tuttavia proprio al fine di migliorare i risultati, non possono essere sottaciute alcune perplessità e taluni spunti di approfondimento anche al fine di armonizzare la nuova fattispecie incriminatrice con la nozione di tortura da tempo individuata in ambito internazionale.
  Nei testi proposti per la nuova fattispecie incriminatrice non si prevede il dolo specifico e, al contempo, non vi è esclusione del reato di tortura per il dolore o le sofferenze causate dall'applicazione di una sanzione legittima.
  Inoltre, la condotta sanzionata è scarsamente tipizzata, con la conseguenza di rendere assai difficile la concreta definizione da parte dell'interprete in quanto il bene tutelato perde in concretezza e affidabilità, in modo da suscitare ampie riserve in ordine alla reale compatibilità con il principio di tassatività della norma penale.
  È, infatti, evidente che il concetto di acuta sofferenza fisica o psichica si connota in termini squisitamente soggettivi, tali da far dipendere la rilevanza penale della condotta dal maggiore o minore grado di resistenza o sensibilità della vittima a parità di azione offensiva lato sensu intesa.
  Sarebbe, quindi, fortemente auspicabile un maggiore sforzo da parte del legislatore in sede di formulazione della disposizione in commento, nell'intento di rendere almeno evidente la cristallizzazione di una condotta corrispondente ai requisiti di tassatività che la riserva di legge in materia penale richiede.
  Questa normativa considera, inoltre, quali modalità esecutive della condotta le violenze e le minacce gravi al pari dei trattamenti inumani o degradanti. Ci si chiede se tale previsione non si presenti di per sé ridondante. Il concetto di violenza dell'attuale elaborazione giurisprudenziale appare, infatti, talmente ampio da ricomprendere certamente al proprio interno anche il trattamento inumano o degradante.
  Ancora, nel richiedere un sistema di condotte offensive, la norma finisce per rendere inapplicabile il reato di tortura ai casi di unicità d'azione che, tuttavia, per la loro gravità, per le modalità esecutive e, non ultimo, per gli effetti concretamente prodotti, andrebbero ricondotte nell'ambito applicativo del reato di tortura. Si pensi, ad esempio, all'uso non reiterato di una forte scarica elettrica per estorcere una data informazione.
  Di conseguenza, così formulato il reato di tortura finisce col perdere la necessaria autonomia rispetto a una serie di previsioni normative che già oggi consentirebbero di punire le condotte nel medesimo ricomprese, creando peraltro nodi interpretativi assai difficili da sciogliere.
  A risultarne leso, vista la genericità e l'indeterminatezza della fattispecie incriminatrice che i vari disegni di legge vorrebbero rendere vigente come norma, è il principio di legalità nella sua interezza, ove difetterebbero i sottoprincìpi della tassatività o sufficiente determinatezza e quello di offensività, posto che le condotte che si vorrebbero incriminare risultano già tipizzate dal legislatore in altri reati, risultando la disposizione nella sua interezza ridondante.
  Al fine di scongiurare tale rischio, in luogo dell'introduzione dell'articolo 613-bis come oggi concepito, potrebbe essere valutata la previsione di aggravanti specifiche in relazione a disposizioni incriminatrici già esistenti, come lesioni, percosse, sequestro di persona e omicidio. In alternativa, per garantire che la nostra norma si riveli in concreto idonea a sanzionare le condotte che si mira a voler reprimere, Pag. 6appare quanto mai necessaria una sua profonda e seria rivisitazione in tal senso.
  Infine, va evidenziato, per quanto concerne principalmente la Polizia penitenziaria, che il carcere costituisce un vero archetipo della condizione umana, un microcosmo che rispecchia il macrocosmo del mondo esterno. Il grado di civiltà di uno Stato si misura dal grado di civiltà delle sue prigioni, diceva Voltaire. Cosa accadrà all'interno degli istituti di pena qualora si introduca una misura penale generica e foriera di utilizzo anche strumentale da parte dei detenuti ?

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Sta proprio leggendo il documento ?

  PASQUALE MONTESANO, Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P. In parte sì.

  PRESIDENTE. Le chiederei di sintetizzare, anche per gli altri.

  PASQUALE MONTESANO, Segretario generale aggiunto O.S.A.P.P. Mi avvio alla conclusione.
  La tematica in esame assume una rilevanza che esorbita dai confini nazionali e coinvolge i diritti fondamentali dell'uomo riconosciuti e tutelati a livello internazionale. D'altro canto, appare evidente l'influenza esercitata dall'esperienza giuridica internazionale sui diritti penali interni, influenza che ha prodotto e sta producendo una seppur lenta apertura del confronto con la normativa sovranazionale.
  Concludendo, mi sembra che potrebbero essere esposti alla mercé di quelle persone che facilmente potrebbero sostenere di essere sottoposte a torture qualora il legislatore non riesca a tipizzare in modo preciso e puntuale le condotte da incriminare. In tutto questo, praticamente, il sistema penitenziario e la Polizia penitenziaria assumono un aspetto molto importante.
  Da qui potrebbero nascere strumentalizzazioni facili da parte della popolazione detenuta, anche appartenente alla criminalità organizzata, strumentalizzando quello che è uno strumento a danno della Polizia penitenziaria.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per gli approfondimenti.
  Do ora la parola ad Aldo Di Giacomo.

  ALDO DI GIACOMO, Rappresentante del sindacato Si.N.A.P.Pe. Ho letto con molta attenzione tutte le proposte. Ritengo che, evidentemente, sia necessaria l'introduzione di un simile reato, ma nello specifico, per quanto riguarda le carceri, che già di per sé – questa è una riflessione che invito a fare, che ho già fatto io prima – di assoluta illegalità, che mi pare sia evidente a tutti.
  Ciò premesso, ritengo che l'introduzione di un simile reato nel momento attuale con la situazione carceraria porterebbe i rischi che i colleghi hanno detto prima, fermo restando che non si può che condividere l'introduzione di un reato del genere. Ho letto con molta attenzione e ritengo che la proposta di legge n.1499 rispetti un po’ le mie e le nostre idee, ferma restando la pregiudiziale che con il carcere attuale vi è veramente un rischio enorme di strumentalizzazione.

  PRESIDENTE. Se non ha presentato un documento, eventualmente può farcelo arrivare.
  Do ora la parola a Pompeo Mannoni per C.I.S.L. F.N.S., di cui la Commissione ha il documento.

  POMPEO MANNONE, Segretario generale C.I.S.L. – F.N.S. Abbiamo consegnato una memoria, quindi vado in sintesi estrema.
  Anzitutto, ringrazio per quest'audizione. Credo che, in termini generali, non si possa condividere il fatto che, rispetto a violenze fisiche o psichiche, queste debbano essere configurate come un reato, soprattutto se finalizzate, come dicono le proposte di legge, a estorcere informazioni. In ogni caso, in senso lato, utilizzare la violenza per questi fini sulle persone Pag. 7certamente è un atto da condannare, quindi credo che il principio generale sia indiscutibile.
  Il problema è l'effettiva applicazione di una norma quando messa in termini molto generali. Bisogna, infatti, valutare la fattispecie e, soprattutto, l'equilibrio che si dovrebbe trovare quando è un pubblico ufficiale a commettere questo reato. Non condivido le penalizzazioni eccessive per i pubblici ufficiali, perché non si riesce a stabilire, come una norma difficilmente può fare, l'equilibrio che si deve raggiungere, da un lato, senza commettere violenza eccessiva, dall'altro, per applicare la legalità che questi ufficiali sono chiamati a garantire al Paese, alla società, e quindi a tutti i cittadini.
  Siccome nella norma non si evince con chiarezza e credo che questo equilibrio sia un esercizio difficilissimo, è complicato esprimere un giudizio positivo proprio in termini applicativi, non di principio generale, ovviamente condivisibile.
  Credo, inoltre, che una norma di questo tipo applicata in taluni ambienti, come i miei colleghi citavano, quelli carcerari, diventi complicatissima in ragione del fatto che non ci sono modifiche ordinamentali, regolamentari, e quindi di individuazione specifica di una responsabilità.
  Quando si parla di queste norme molto delicate, bisogna contestualizzarle in ambienti specifici. Non si può parlare in termini generici, poiché in questo senso tutti condividono: bisogna capire l'applicazione specifica. Non si dà risalto, a nostro giudizio, a quest'attività di prevenzione che dovrebbe essere fondamentale circa l'applicazione di una norma severa come questa.
  Il nostro invito, attraverso le nostre riflessioni scritte, è quello di rivedere un po’ il sistema. Siccome dei reati rispetto alla violenza personale già esistono, questo principio di reato di tortura potrebbe essere racchiuso in taluni aggravamenti già delle norme esistenti in termini penali. Pensiamo che sia un esercizio più coerente per la realtà in cui si deve applicare, naturalmente in particolare nei delicatissimi sistemi carcerari, dove il sovraffollamento e le tensioni sono continue, quindi è difficilissimo trovare un equilibrio di applicazione che potrebbe, invece, essere solo una penalizzazione senza considerare l'ambiente in cui si applica la norma stessa.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Vedo che anche voi avete depositato un documento.
  Do ora la parola alla C.G.I.L. Funzione Pubblica nella persona di Salvatore Chiaromonte, accompagnato da Francesco Quinti.

  SALVATORE CHIARAMONTE, Segretario nazionale C.G.I.L. – F.P./P.P. Abbiamo trasmesso una nota molto succinta e le assicuro che l'intervento sarà altrettanto breve. Non possiamo, però, in premessa non rilevare che il ritardo in termini di produzione legislativa in tema di delitto di tortura nel nostro Paese ha assunto ormai dimensioni insostenibili. Siamo a 30 anni dall'emanazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e a 25 dalla ratifica di questa convenzione da parte del nostro Paese, alla quale non è seguìta, per una serie di motivi che non voglio qui sindacare, una produzione legislativa adeguata e coerente con convenzione e ratifica stesse. Speriamo sia la volta buona.
  Abbiamo segnali che consideriamo positivi in questa direzione. Come organizzazione sindacale, abbiamo in tempi recenti sostenuto, con un'iniziativa specifica insieme a un'altra numerosa serie di associazioni, la raccolta di firme in calce a uno specifico progetto di legge contro il delitto di tortura, progetto che abbiamo visto, molto positivamente, recepito nella sua interezza da due dei disegni di legge all'esame della Camera in questo momento, in particolare dalle proposte di legge a prima firma Migliore e Gozi.
  Per loro conto e con un lavoro da noi molto apprezzato, hanno integrato questo progetto con la previsione della specifica istituzione di un fondo che riconosca alle vittime della tortura e ai loro familiari un risarcimento. Naturalmente, ci rendiamo conto che, per arrivare in porto, dobbiamo Pag. 8approfondire l'analisi, la discussione, anche, se vogliamo, rinunciare alla strenua difesa di alcuni dei punti che pure abbiamo sostenuto in questo disegno.
  Mi riferisco, in particolare, al tentativo che con quel disegno di legge avevamo fatto di tipicizzare fortemente il delitto di tortura. Assegnavamo, infatti, come condizione indispensabile perché si parlasse di tortura, quella che la violenza e gli atti di violenza fossero eseguiti da pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio. Era, come consideriamo ancora, necessario tipizzare in questo senso, altrimenti si tratterebbe, così come il codice regola, di una forma di violenza, per quanto efferata, ma «normale» se condotta da cittadini privati.
  Riteniamo che il lavoro svolto finora sia positivo. Mi permetto di fare riferimento al prodotto consegnato dal Senato ai lavori della Camera. Resta una nostra molto forte attenzione su una delle condizioni che permette, a nostro giudizio, un'adeguata legislazione sul tema, che è la condizione dell'unicità del fatto. Qualcuno sostiene che si possa parlare di tortura soltanto in presenza di ripetizione di comportamenti. Noi consideriamo questa una condizione non razionale – mi lasci usare questo termine – per definire con precisione il reato stesso.
  Concludo solo con una considerazione. Siamo un sindacato rappresentativo anche degli agenti di Polizia penitenziaria e troviamo, per queste lavoratrici e questi lavoratori, indispensabile giungere a una normativa specifica sull'argomento. È l'unica condizione che permette di avere riconosciuto il lavoro difficile che pure loro prestano quotidianamente da parte dell'opinione pubblica e da questo Paese, che in questo momento potrebbe vedere tutti partecipi di un cattivo modo di fare il servizio dello Stato in un tema così delicato e complicato come quello dell'ordine pubblico e della sicurezza personale.
  È opportuno che si produca una norma che definisca con precisione il comportamento da censurare e da punire perché tutti gli altri, che sono la gran parte e la maggioranza dei lavoratori, possano con serenità svolgere il loro lavoro al servizio dello Stato nel rispetto dei diritti dei cittadini stessi.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Do ora la parola a Giuseppe Moretti, UGL Polizia penitenziaria.

  GIUSEPPE MORETTI, Segretario nazionale UGL Polizia Penitenziaria. Mi accompagna il commissario Iole Falco, responsabile delle pari opportunità della federazione.
  Vi ringrazio per aver accolto la nostra richiesta. Vorrei aprire con un piccolo inciso. Questa mattina abbiamo avuto un incontro con il vertice dell'amministrazione su un tema contrattuale che riguarda la mobilità del personale e abbiamo fatto una semplice domanda all'amministrazione: se avessero ricevuto un invito dalla Commissione a essere in audizione, ovvero se comunque avessero pensato di essere auditi anche loro per gli aspetti specifici legati al servizio della Polizia penitenziaria.
  Fatta questa piccola premessa, non dirimente rispetto alle problematiche che abbiamo rilevato – ovviamente, anche noi abbiamo lasciato una memoria relativa ai vari testi che sono stati sottoposti alla nostra attenzione – riteniamo che l'introduzione del delitto di tortura sia un atto dovuto nel nostro Paese anche rispetto alle indicazioni che ci arrivano dagli atti normativi, dagli obblighi internazionali comunque esistenti e a cui bisogna fare riferimento. È evidente, dunque, che in questo senso non possiamo assolutamente avere un'avversione a tale tipo di istituto.
  Quello che dobbiamo assolutamente evitare e per cui oggi riteniamo di fare delle osservazioni specifiche, è che non bisogna trasformare in carnefici coloro che istituzionalmente sono deputati ad applicare delle leggi, delle norme. Nel caso specifico, vi è il serio rischio che la Polizia penitenziaria, in ragione del lavoro svolto – ancor più delle altre Forze dell'ordine a contatto costantemente con le persone detenute, sempre oggetto di una campagna mediatica abbastanza demolitoria della Pag. 9propria immagine – possa avere comunque anche un rischio di implosione a seguito dell'introduzione di norme che non siano accompagnate e attagliate al sistema penitenziario.
  Questo è importante. Bisogna anche partire dal presupposto che va compiuto uno sforzo di immedesimazione rispetto al contesto e alla sicurezza delle carceri e al servizio specifico che svolge questo personale.
  È un momento delicato quello che sta vivendo il sistema penitenziario. Di fatto, è in atto anche un'operazione di modifica del modello gestionale della detenzione. L'amministrazione, per far fronte anche alle varie sentenze che ci sono state e che provengono dalla Corte europea, sta introducendo meccanismi di modifica della permanenza nelle celle detentive con l'introduzione anche di un sistema di vigilanza diverso, cosiddetto di vigilanza dinamica.
  Questo sistema sta ingenerando e potrebbe ingenerare, se posto in relazione alla modifica di una norma o, comunque, all'introduzione di una norma come quella oggetto d'esame, delle difficoltà. L'aumento esponenziale di aggressioni, risse che stiamo registrando determina contestualmente un aumento anche dell'utilizzo di mezzi di coercizione e comunque adeguati a sedare questo tipo di interventi.
  Credo che in primis si debba anche ragionare sull'adozione di provvedimenti normativi che possano deflazionare le carceri e far sì che, come sta facendo di fatto il Governo con gli ultimi provvedimenti, si passi attraverso elementi diversi, come l'ampliamento del ricorso agli arresti domiciliari o, comunque, una riduzione progressiva della presenza all'interno delle carceri delle persone che non destano comunque allarme sociale, strumenti introdotti, come ho detto, anche da decreti come lo «svuotacarceri».
  Vi è, inoltre, anche una disapplicazione di molti di questi provvedimenti. Alcuni provvedimenti come lo «svuotacarceri», ad esempio, in parte rimangono inattuati. Resta sempre il fenomeno delle porte girevoli, per cui nel carcere una persona sottoposta a un arresto preventivo passa perché non esistono magari camere di sicurezza all'interno delle stazioni di Polizia, delle stazioni delle Forze dell'ordine sul territorio.
  Bisognerebbe, quindi, anche sensibilizzare su una messa a regime di tale situazione per evitare proprio che, appunto, persone che non dovrebbero stare nelle carceri o, comunque, che ci stanno da 3 a 7 giorni al massimo non vi entrino, anche per non rischiare di essere messe in condizione di sostare in ambienti che possono determinare anche possibili ricorsi su queste problematiche.
  Inoltre, noi effettuiamo le traduzioni dei detenuti. L'articolo 42 dell'ordinamento penitenziario prevede dei mezzi di coercizione specifici. Anche in quel caso riteniamo che si sia al limite. Abbiamo allegato, negli atti che vi consegniamo, anche alcune immagini di mezzi utilizzati, che già di per sé potrebbero essere considerati mezzi di tortura. Vero è, come diceva qualcun altro, che la tortura comunque si concretizza con azioni ripetute e continuate.
  Noi abbiamo effettuato un'analisi anche delle criticità. Ne cito soltanto un paio. Le altre sono interne alle nostre osservazioni. Il soggetto attivo, ad esempio, non è facilmente individuabile, non comprendendosi se la fattispecie dia luogo a un reato comune proprio del pubblico ufficiale, e quindi è una tecnica normativa, quella che abbiamo registrato, poco attenta ai dettagli giuridici, che forse sono invece importanti.
  Lo stesso discorso vale per la condotta. Mi soffermerei sui trattamenti inumani e degradanti della dignità umana. C’è una produzione giurisprudenziale molto ampia a riguardo della Corte europea dei diritti dell'uomo, in relazione alla quale lo Stato italiano sovente è chiamato in mora. Citavo prima la sentenza Torregiani e le varie altre sentenze. Credo che, anche in questo caso, garantire le reali condizioni di vivibilità negli istituti sia un elemento che dovrebbe essere messo in valutazione rispetto alle difficoltà attuative di una norma troppo generica e non specificata.Pag. 10
  Non cito le altre questioni che abbiamo ritenuto di segnalare, ma vorrei sottolineare che abbiamo fatto un'elencazione delle principali fattispecie e sentenze che la CEDU ha emesso in relazione ad alcuni elementi riscontrati, come appunto il trattamento inumano atto a provocare umiliazione e angoscia nel trattamento degradante. L'elencazione prevede ben 14 sentenze della Corte europea, ovviamente tutte citate in maniera circostanziata, che riguardano problemi connessi alle condizioni di luminosità, ai servizi igienici non perfettamente separati, a spazi ridotti nelle celle per muoversi, per cui i detenuti erano costretti a trascorre la maggior parte della giornata sul letto, tutte sentenze che effettivamente, se prese singolarmente, non hanno nessuna consistenza rispetto all'analisi che stiamo conducendo, ma che prese complessivamente forse dovrebbero far riflettere sulla validità di una norma magari troppo generica.
  Mi avvio alle conclusioni. Secondo noi, va rivisto radicalmente anche il testo approvato dal Senato, che ci sembra sbilanciato verso una politica del diritto penale della vittima più che a una garanzia vera e propria, di equa ripartizione delle responsabilità.
  Siamo – io sono della Polizia penitenziaria – in questo potenzialmente soggetti a essere, appunto, capri espiatori di un sistema in via di implosione, qual è quello carcerario. Il reato del delitto di tortura è introdotto al fine di evitare che gravi fatti, distonici rispetto anche al motto del nostro Corpo, despondere spem munus nostrum, possano ricadere sull'onorabilità di una Forza di polizia. Sarebbe opportuno che il delitto ricalchi la fattispecie di matrice internazionale e non contenga pericolose derivazioni tali da ingenerare l'idea di voler criminalizzare una categoria.
  Riteniamo che vadano anche codificate delle procedure di impiego, che non sono esimenti, cioè devono essere uniformi su tutto il territorio, come non è adesso. Non ci sono disposizioni o modelli operativi che possano considerarsi omogeneamente applicati su tutto il territorio. Anche le risorse strumentali e i beni dell'amministrazione utilizzati devono essere omologati e certificati. Non è possibile che non lo siano dappertutto, così come dovrebbero essere.
  Crediamo, inoltre, che sia importante imporre l'utilizzo, a questo punto, anche a garanzia del personale che ce lo chiede, della videosorveglianza nelle sezioni detentive. Stiamo pagando troppo spesso per situazioni che si verificano, laddove effettivamente tutto si potrebbe risolvere con questo sistema. Evidentemente, è un sistema invasivo, ma dà garanzie a chi opera, visto che peraltro, con l'introduzione di modifiche nella gestione detentiva, si sta scardinando anche il concetto di costo di servizio e lo si sta facendo in ragione di un provvedimento che ovviamente tende a recuperare risorse, ma che non considera, ad esempio, la necessità di modificare la norma sulla colpa del custode. Questo è un altro nostro problema.
  In ragione di ciò, abbiamo fatto un elenco di richieste alla Commissione: di presentarsi, per esempio, negli istituti di pena dopo le 14 e senza preavviso per verificare di persona il tipo di condizione lavorativa; di ispezionare senza preavviso le camere di sicurezza dei tribunali italiani prima dell'emissione di una norma che non si può attagliare precisamente al sistema attuale; di ispezionare i repartini di degenza dei detenuti. Abbiamo provato a suggerire anche l'esperienza di una traduzione. Una traduzione oggi, un viaggio a bordo dei furgoni, può determinare anche quello che vive effettivamente la persona tradotta, mezzi vetusti, superati, con gravi difficoltà, in cui manca l'aria condizionata.
  So che sto facendo un discorso più ampio di un commento alla norma, ma è volto a far arrivare all'emissione di una norma che chiediamo di modificare, così come i nostri colleghi hanno fatto, passando comunque a un'indicazione di dolo specifico nel reato più che di dolo generico, verificando anche i termini esatti del funzionamento del sistema penitenziario e cosa determinerebbe l'applicazione di una norma che non può essere applicata. Già Pag. 11una serie di deroghe è stata inserita nel funzionamento degli istituti penitenziari che determinano la realtà attuale.
  Per evitare una situazione come quella che si è verificata con la sentenza della Corte europea, chiediamo di modificare profondamente il testo. Abbiamo anche riportato il testo che riteniamo più utile introdurre.

  PRESIDENTE. È stata sicuramente una seduta, come le altre scorse, per noi utilissima, in quanto ovviamente è uno spaccato, un'ulteriore riflessione che dobbiamo fare. Fermi restando gli obblighi anche internazionali che abbiamo nell'introduzione del reato, ovviamente è nostra intenzione introdurre il reato scritto nella maniera più congrua alle convenzioni e anche alla necessità di reprimere alcune condotte che ricadono nel reato di tortura.
  Quanto al resto, di tutte le problematiche relative al carcere e al personale tutti noi siamo consapevoli. I poteri ispettivi dei singoli deputati fanno parte proprio del nostro ruolo e ognuno li esercita come crede, andando nelle carceri. A prescindere da una visita della Commissione, credo che sia molto più utile, invece, quello che si fa normalmente, che ognuno di noi fa normalmente.
  Ci auguriamo che anche da parte dell'amministrazione penitenziaria ci sia a mano a mano una presa di coscienza per cercare un progressivo adeguamento. È un processo lento, non facile. Sono anni che ci dedichiamo a questa problematica, ma credo che qualche passo avanti sia stato compiuto, non siamo proprio all'anno zero.
  Certo, c’è da rendersi conto e da fare in modo che ci sia anche l'adeguata considerazione della vostra professionalità, delle condizioni in cui lavorate e in cui vivono i detenuti.
  Chiameremo anche il nuovo capo del DAP (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), che non abbiamo ancora chiamato perché è senza il suo vertice, ma terremo conto anche delle vostre indicazioni e chiederemo osservazioni anche all'amministrazione penitenziaria.
  Vi ringrazio anche da parte di tutti i colleghi deputati e vi auguro buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.45.