TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 230 di Venerdì 16 maggio 2014

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   nel saggio «Stress test», appena pubblicato, e i cui contenuti sono stati anticipati da La Stampa e dal Daily Beast, l'ex Ministro del tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, riporta fatti sconcertanti e di straordinaria gravità per il nostro Paese;
   Geithner, che ha ricoperto l'incarico di segretario al Tesoro dal 26 gennaio 2009 al 28 febbraio 2013 durante il primo Governo presieduto da Barack Obama, rivela infatti nuove e inquietanti informazioni in merito al complotto organizzato contro Silvio Berlusconi per favorire l'ingresso di Mario Monti a Palazzo Chigi, ovvero di un tecnico scelto ad hoc per agevolare le misure imposte da Bruxelles;
   nel ripercorrere la disastrosa situazione finanziaria che spinse a progettare il complotto, l'ex Ministro statunitense racconta di essere stato avvicinato da alcuni funzionari europei (nel testo scrive «officials», parola che indica alte burocrazie o personalità legate ai Governi) nell'autunno del 2011, proponendo un piano per far cadere il Premier italiano Berlusconi. Lui lo rifiutò, come scrive nel libro, puntando sull'asse col presidente della Banca centrale europea Draghi per salvare l'Unione europea e l'economia globale;
   Geithner scrive: «Ad un certo punto, in quell'autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell'Fmi all'Italia, fino a quando non se ne fosse andato»;
   il complotto iniziò ad essere tessuto nell'estate del 2010, quando «i mercati stavano scappando dall'Italia e la Spagna, settima e nona economia più grande al mondo». L'ex segretario scrive che aveva consigliato ai colleghi europei di essere prudenti: «Se volevano tenere gli stivali sul collo della Grecia, dovevano anche assicurare i mercati che non avrebbero permesso il default dei Paesi e dell'intero sistema bancario». Ma all'epoca Germania e Francia «rimproveravano ancora al nostro West selvaggio la crisi del 2008», e non accettavano i consigli americani di mobilitare più risorse per prevenire il crollo europeo;
   nell'estate del 2011 la situazione era peggiorata, però «la cancelliera Merkel insisteva sul fatto che il libretto degli assegni della Germania era chiuso», anche perché «non le piaceva come i ricettori dell'assistenza europea – Spagna, Italia e Grecia – stavano facendo marcia indietro sulle riforme promesse». A settembre Geithner fu invitato all'Ecofin in Polonia e suggerì l'adozione di un piano come il term asset-backed securities loan facility (talf americano), cioè un muro di protezione finanziato dal governo e soprattutto dalla banca centrale, per impedire insieme il default dei Paesi e delle banche. Fu quasi insultato. Gli americani, però, ricevevano spesso richieste per «fare pressioni sulla Merkel affinché fosse meno tirchia, o sugli italiani e spagnoli affinché fossero più responsabili»;
   è proprio in questo quadro inquietante di supponenza tedesca e incompetenza europea che arrivano le prime pressioni per cambiare il Governo italiano. Al G20 di Cannes lo stesso governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, gli promette «l'uso di una forza schiacciante». «Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente – racconta Geithner – ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello.» Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani «, io dissi». Nonostante il niet degli Stati Uniti, i «funzionari europei» riescono nell'intento: nel giro di poche settimane si dimette il Premier greco George Papandreou, Berlusconi viene sostituito con Monti («un economista che proiettava competenza tecnocratica») e in Spagna viene eletto Mariano Rajoy. A dicembre la Banca centrale europea approva il piano per finanziare le banche. Piano che viene accolto con euforia da Bruxelles che si affretta a dichiarare che l'Europa è uscita dal tunnel della crisi. «Io non la pensavo così», sottolinea l'ex segretario del Tesoro. E, infatti, nel giugno del 2012 la minaccia del default tornerà a mettere in ginocchio i mercati del vecchio continente;
   i fatti riportati costituiscono un'ulteriore conferma del fatto che Silvio Berlusconi sarebbe stato costretto alle dimissioni a seguito di un vero e proprio complotto organizzato a Bruxelles per far cadere un Governo eletto democraticamente e piazzarne uno tecnico e asservito all'Unione europea; la testimonianza di Geithner è solo l'ultima di una lunga serie di dichiarazioni che mostrano esattamente il piano che, nell'autunno del 2011, ha portato alla fine del Governo Berlusconi;
   recentemente, Peter Spiegel nel Financial Times scrive che Berlino spingeva per il commissariamento dell'Italia. Obama la prese per un'impuntatura irrazionale, diede ragione alle resistenze italiane e alla fine si optò per un comunicato finale vago. Risultato: gli spread continuarono a salire e Silvio Berlusconi fu costretto alle dimissioni;
   qualche mese fa Alan Friedman, in «Ammazziamo il gattopardo» (2014), dichiara: «La torrida estate del 2011 è un momento molto importante e storico per l'Italia (...). La Germania della Merkel non ama il primo ministro in carica, Silvio Berlusconi. Tra giugno e settembre di quella drammatica estate accadono molte cose che finora non sono state rivelate. E questo riguarda soprattutto le conversazioni tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Mario Monti, che precedono di 4-5 mesi la nomina dell'allora presidente della Bocconi a Palazzo Chigi, il 13 novembre 2011 (...). Per gli annali della storia il presidente Napolitano accetta le dimissioni di Berlusconi il 12 novembre e avvia, come si conviene, le consultazioni con i gruppi parlamentari e politici. Poi, 24 ore dopo, Monti viene indicato come Premier al posto di Berlusconi. Ma, stando alle parole di Carlo De Benedetti e Romano Prodi, entrambi amici di Monti, e per ammissione dello stesso ex Premier, le cose sono andate diversamente. E quando Friedman insiste con Monti: »Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il Presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?», Monti ascolta con la faccia dei momenti solenni, e, con un'espressione contrita, e con la rassegnazione di uno che capisce che è davanti a una domanda che non lascia scampo al non detto, risponde: «Sì, mi ha, mi ha dato segnali in quel senso» Parole che cambiano il segno di quell'estate che per l'Italia si stava facendo sempre più drammatica. E che probabilmente porteranno a riscrivere la storia recente del nostro Paese»;
   Josè Luis Rodriguez Zapatero, nel libro «Il dilemma: 600 giorni di vertigini» (2013), scrive: «Ci fu una cena ristretta: solo 4 primi ministri europei con i loro ministri economici, i vertici dell'Unione europea, del Fmi e il presidente degli Stati Uniti, seduti attorno a un tavolo piccolo, rettangolare che ispirava confidenza. Una cena sull'Italia e il futuro dell'euro, quasi due ore nelle quali si mise il Governo italiano sotto un duro martellamento perché accettasse lì, a quello stesso tavolo il salvataggio del Fondo Monetario Internazionale e dell'Ue come già Grecia, Irlanda e Portogallo (...). Berlusconi e Tremonti si difesero con un catenaccio in piena regola. Tremonti ripeteva: »conosco modi migliori per suicidarsi«. Berlusconi, più casereccio, evocava la forza dell'economia reale e del risparmio degli italiani. Alla fine si arrivò a un compromesso per il quale Fmi e Unione europea avrebbero costituito un gruppo di supervisione sulle riforme promesse. Il Cavaliere spiegò in pubblico che il ruolo del Fmi era di »certificare« le riforme, però il governo italiano risultò toccato profondamente. Solo pochi giorni dopo quel G20, il 12 novembre, Berlusconi si dimetteva. E Mario Monti era eletto primo ministro. Il lettore potrà trarne le sue conclusioni»;
   anche l'interpellante ha ricostruito nel libro «Il grande imbroglio» (2012) le vicende del 2011, quando, alla vigilia del G20 di Cannes del 3 e 4 novembre 2011, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si rifiuta di firmare il «decreto sviluppo» che dava attuazione agli impegni presi dal Governo italiano con la Commissione e il Consiglio europeo nella lettera del 26 ottobre 2011, costringendo il Presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, a recarsi al vertice «a mani vuote»; l'interpellante ricostruisce la vicenda qualche mese dopo con un articolo su Il Giornale (6 febbraio 2012) e il giorno dopo il consigliere del Presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione, dottor Pasquale Cascella, con lettera al direttore de Il Giornale, completa il quadro rivelando che la decisione del Presidente della Repubblica di non firmare il «decreto sviluppo» era stata presa nel corso di un incontro con Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore, Giulio Tremonti. Scrive Cascella: «Il Capo dello Stato ricevette il Ministro dell'economia (Giulio Tremonti) prima della riunione del Consiglio dei ministri» del 2 novembre 2011;
   tutto ciò premesso, pare evidente e quanto mai urgente chiarire quanto avvenuto nel corso del 2011, data la delicatezza della questione, che incide direttamente sulla democrazia (visto che l'obiettivo del complotto richiamato era un Governo democraticamente eletto dai cittadini italiani nella primavera del 2008), nonché sul sistema di sicurezza del nostro Paese –:
   se il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che risponde al Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti suddetti, e quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda adottare al fine di chiarire le circostanze riportate in premessa, per spiegare innanzitutto chi erano i «funzionari» europei citati da Timothy Geithner e da quale autorità erano stati inviati per veicolare un messaggio così pericoloso da costituire un vero e proprio attentato alla sicurezza e alla democrazia del nostro Paese, ferma restando la volontà dell'interpellante di richiedere la costituzione di una specifica Commissione di inchiesta parlamentare sul punto.
(2-00536) «Brunetta».
(13 maggio 2014)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   sul suo sito istituzionale, l'Istituto italiano di cultura di Bruxelles afferma testualmente di essere: « (...) un organismo del Ministero degli affari esteri italiano che ha quale permanente obiettivo quello di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana in Belgio attraverso l'organizzazione di iniziative culturali volte a favorire la circolazione delle idee, delle arti e delle scienze e offre i seguenti servizi: corsi di lingua e civiltà italiana tenuti da docenti qualificati di madrelingua; due sessioni annuali di esami per ottenere il diploma di conoscenza della lingua italiana come lingua straniera; una biblioteca italiana a disposizione degli alunni e degli iscritti all'istituto per la consultazione e il prestito di libri, cd, dvd, riviste e giornali italiani; servizio di informazione e documentazione sull'Italia nel campo culturale»;
   appare tutto molto suggestivo, salvo poi scoprire che un'inchiesta de Il Fatto Quotidiano del 16 marzo 2014 ha fatto emergere che tale istituto «ha tenuto per anni i docenti a libro paga senza alcun contratto, spedendoli a insegnare persino alla Commissione e al Parlamento europeo. Nessuna ritenuta, niente tasse, zero contributi, anche per 10-15 anni solo impegni a voce e mandati di pagamento, le ore e gli importi scritti a penna»;
   inoltre, risulterebbe che gli stessi siano stati ingaggiati affinché tenessero corsi ai funzionari della Commissione europea, la quale fatturava all'istituto, mentre i soldi pare finissero a professionisti abilitati ma irregolari da sempre; a rendere più pesante tale condizione di irregolarità è che gli insegnanti specializzati, laureati e abilitati sono stati inquadrati e pagati come colf, malgrado facessero parte di un organismo del Ministero degli affari esteri;
   risulta, sempre dall'indagine citata, che la questione degli insegnanti al «nero» nella rappresentanza culturale italiana a Bruxelles fosse ben nota alla Farnesina, anche se nessun intervento ha poi fatto seguito, nemmeno alle segnalazione degli interessati circa la loro condizione di irregolari; ciò ha portato, inevitabilmente, a far emergere lo scandalo compromettendo, di fatto, l'immagine dell'Italia in Europa, proprio in prossimità della sua assunzione di presidenza dell'Unione europea a partire da luglio 2014;
   nel frattempo, l'inchiesta ha prodotto il risultato che, poche ore dopo la sua pubblicazione, l'ambasciatore italiano a Bruxelles, Alfredo Bastianelli, su indicazione della Farnesina, ha «commissariato» l'Istituto italiano di cultura in oggetto poiché, come ha affermato in una nota rivolta alla comunità che frequenta l'ente culturale presso il consolato l'Italia e apparsa sul sito euronews.it del 17 marzo, «le irregolarità contabili e amministrative impongono un'attenta azione di riordino»;
   sempre nella stessa nota, il rappresentante dell'Italia in Belgio ha poi comunicato che il Ministero degli affari esteri gli ha chiesto di assumere direttamente la guida dell'istituto fino alla nomina di un nuovo direttore, al posto di quello precedente, Federiga Bindi, il cui incarico non sarà rinnovato «anche a seguito delle irregolarità contabili e amministrative», come si legge in una nota del 28 gennaio 2014 diramata dal Ministero interessato;
   si apprende, sempre dall'inchiesta giornalistica, che l'ambasciatore sarebbe, in tal senso, orientato ad adottare contratti di un anno rinnovabili una sola volta, una soluzione applicata anche altrove ma che gli interessati vedono come fumo negli occhi;
   va segnalato che, secondo Il Fatto Quotidiano, agli insegnanti restavano, come unica traccia di pagamento, i bonifici che giungevano da un conto del Monte dei Paschi di Siena e che accadeva: « (...) tutto per un perverso meccanismo a tenaglia: il ministero che evitava di sottoscrivere impegni scritti di qualsiasi tipo perché non accampassero pretese sull'amministrazione, l'istituto che non rinunciava a utilizzarli per i corsi a pagamento che gli consentivano d'incassare corpose entrate senza gli oneri contributivi e fiscali, quindi a costi unitari ridottissimi»;
   malgrado quanto sopra esposto, non risulta siano state fornite risposte agli insegnanti coinvolti in questa vicenda –:
   come mai, malgrado le reiterate segnalazioni degli insegnanti di cui in premessa, non si sia proceduto tempestivamente ad accertare le contestazioni mosse all'ex direttore dell'Istituto italiano di cultura di Bruxelles, Federiga Bindi, e quale soluzione intenda adottare per tutti quei docenti regolarizzati e affidati a un'agenzia interinale.
(2-00505)
«Scagliusi, Manlio Di Stefano, Spadoni, Del Grosso, Di Battista, Grande, Sibilia, Nuti».
(15 aprile 2014)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   negli ultimi tempi la provincia di Brescia è tristemente assurta all'onore delle cronache nazionali – dalla trasmissione di Rai Tre Presa Diretta, ai quotidiani la Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, solo per citare i più recenti – per numerosi casi di allarmi ambientali legati alle attività delle ecomafie: dai ritrovamenti di discariche abusive di rifiuti pericolosi seppelliti sotto il manto stradale della A4, alle cave trasformate in discariche illegali, agli impianti per lo smaltimento di rifiuti pericolosi chiusi e abbandonati con la loro pesante eredità sul territorio, tanto da essere definita dai media la «Terra dei Fuochi del Nord» per le evidenti similitudini e connessioni con il tristemente famoso territorio posto tra le province di Caserta e Napoli;
   si tratta di un fenomeno di particolare gravità, che, come emerso nelle tante indagini portate avanti negli anni dalle forze dell'ordine e dalle relazioni parlamentari della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha riguardato con tutta evidenza non solo le regioni del sud d'Italia, ma anche molte regioni del nord, Lombardia compresa, dove l'attività delle organizzazioni criminali ha trovato terreno fertile nell'alleanza con imprenditori senza scrupoli che hanno minato il futuro dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   lo stesso Rapporto Ecomafia 2013 di Legambiente evidenzia come la Lombardia detenga tra le regioni del nord il triste record di presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso nel ciclo dei rifiuti speciali e pericolosi, che da soli ammontano all'80 per cento di tutti i rifiuti che transitano in Lombardia;
   secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, infatti, dal 2001, anno nel quale è stato introdotto nell'ordinamento italiano il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, nella sola provincia di Milano si sono svolte circa il 10 per cento di tutte le inchieste italiane nel settore;
   tali inchieste sono state e sono fondamentali nel testimoniare la presenza diffusa nelle regioni del Nord della ’ndrangheta calabrese, che nel ciclo illegale dei rifiuti speciali e pericolosi, soprattutto quelli tossici (nella provincia di Milano e di Brescia esistono, ad esempio, numerose industrie dismesse e siti in cui per decenni sono stati smaltiti illegalmente rifiuti e scorie), sembra trovare oggi i propri maggiori profitti;
   in particolare, sempre secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, i reati più gravi relativi al ciclo illegale dei rifiuti vengono commessi in Lombardia mediante la gestione diretta dei lavori di «movimento terra» nei cantieri pubblici e privati (attraverso lo sbancamento, il trasporto del materiale e il riempimento dei vari lotti). La ’ndrangheta, controllando gli appalti su tutto il territorio regionale, gestisce non solo lo smaltimento illegale, ma anche il traffico illecito dei rifiuti grazie alla disponibilità dei camion e dei mezzi utilizzati per il trasporto nei cantieri. Il 2012 e l'inizio del 2013 hanno visto l'avvicendarsi di alcune significative inchieste, dalla provincia di Brescia a quella di Cremona, che hanno come filo conduttore il trasporto e il trattamento di rifiuti al di fuori delle leggi, attraverso la realizzazione di discariche abusive per lo smaltimento illecito, spesso accompagnati da gravi episodi di corruzione;
   anche la presidente della corte d'appello di Brescia, Graziana Campanato, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha citato con preoccupazione l'infiltrazione ormai diffusa in tutta la regione delle ecomafie del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento al traffico illecito: «In questo territorio – ha ricordato la presidente – risulta che il sottofondo delle nostre strade è formato con rifiuti che sono altamente tossici. Non sono reati che vanno a colpire solo determinati settori, ma incidono sulla nostra salute, sulla nostra vita, sono tanto e più gravi di quelli contro il patrimonio»;
   che la provincia di Brescia, insieme a Milano, sia tra le province lombarde presa più di mira dalle ecomafie emerge anche dall'intensa attività di contrasto svolta nell'ultimo anno. Grazie alle operazioni che hanno condotto a procedimenti a carico di imprenditori lombardi, si è accertato che la maggioranza dei reati collegabili al ciclo dei rifiuti riguarda lo sversamento degli stessi in discariche abusive e il tombamento in terreni privati, cave o terrapieni, in prossimità degli svincoli delle tangenziali. Spesso si tratta di cave trasformate in discariche completamente al di fuori della normativa sui rifiuti speciali; si pensi, ad esempio, alle discariche abusive di Ospitaletto e Travagliato in provincia di Brescia, scoperte nei primi mesi del 2013 dalla magistratura;
   fra le più significative indagini condotte nell'ultimo anno dal Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia, c’è il sequestro nel febbraio 2013 di un'area di circa 40 mila metri quadri a Cignone, frazione di Corte de’ Cortesi, a pochi chilometri da Cremona, nella quale sono stati rinvenuti 60 mila metri cubi di materiale inquinante. L'insediamento produttivo coinvolge tre aziende del settore edilizio, due del cremonese – di fatto gestite da personaggi calabresi vicini alla ’ndrangheta – e una del bresciano, che hanno per anni sistematicamente eluso le norme sullo smaltimento dei rifiuti speciali, tra cui anche l'amianto, ammassando illecitamente cumuli alti fino a 4 metri, nonostante fossero già state emesse ordinanze di sequestro. Sempre il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia ha sequestrato a marzo del 2013 un'area di 300 mila metri quadrati, a cavallo tra i comuni di Ospitaletto e Travagliato, nel bresciano, trasformata in una maxi discarica abusiva di rifiuti pericolosi, scorie di lavorazione dell'acciaio e rifiuti speciali sul cui terreno venivano coltivate derrate destinate all'alimentazione animale mettendo in grave pericolo la salute pubblica per la possibile contaminazione della catena alimentare da inquinamento ambientale. Un'area di veleni a pochi passi dal nuovo tracciato della linea ferroviaria dell'alta velocità, scoperta durante i lavori di costruzione lungo una parte del perimetro dell'area;
   la sola provincia di Brescia conta la presenza di numerose attività industriali ed agricole dal notevole potenziale inquinante e, in particolare, ben 187 aziende IPPC (integrated pollution prevention and control) nel settore industriale, 217 aziende IPPC nel settore agricolo, 20 aziende a rischio di incidente rilevante (soggette a notifica) e 20 aziende a rischio di incidente rilevante (soggette a rapporto di sicurezza) e nella sua provincia la più alta densità di impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi e non; inoltre, nell'ovest bresciano, nell'area compresa tra Castegnato, Ospitaletto, Passirano e Paderno, Legambiente ha censito 21 discariche dismesse: il cratere di 22 ettari della Bosco Sella (5 milioni di metri cubi di rifiuti dell'ex Asm), i siti Pianera e Pianerino (contenenti il pcb della Caffaro), Codenotti, Gervasoni, Bettoni, Arici e Bonara, la Vallosa a Passirano, la Del Bono e la Gottardi a Ospitaletto, a Sorelle Vianelli a Paderno. Naturalmente si tratta di siti che attendono di essere bonificati, con costi altissimi sotto il profilo sociale, ambientale e naturalmente economico;
   in questo scenario oltremodo preoccupante – e dove sarebbe necessario da parte delle forze dell'ordine un monitoraggio costante, sia per contrastare nuovi crimini sia per indagare su quanto avvenuto nel passato – desta particolare sconcerto che attualmente il personale in forza al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia possa notoriamente contare su sole due/tre unità operative. Una quantità di personale del tutto esigua per più di una ragione: per la criticità della situazione che via via sta emergendo sul territorio; per la vastità dell'area di competenza di quel nucleo che comprende, oltre alla provincia di Brescia, anche quelle di Bergamo, Mantova e Cremona; per la molteplicità dei ruoli che gli stessi carabinieri del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano e Brescia si trovano a dover ricoprire, dal momento che per disposizione regionale i tecnici dell'Arpa della Lombardia, dal 1o febbraio 2011, hanno perso la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, cosicché ogni accertamento dell'Arpa delegato dalla magistratura o comunque di rilevanza penale deve necessariamente essere integrato e supportato dalla presenza dei carabinieri del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente aventi tale qualifica, attività questa dispendiosa per il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente alla luce delle scarsissime risorse umane di cui dispongono; l'Arpa di Milano e Brescia hanno altresì visto nel corso del 2014 il potenziamento di un consistente numero di unità di personale; tale potenziamento tuttavia, se non verrà affiancato da un sufficiente numero di militari del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente aventi qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, per i motivi anzidetti, risulterebbe un provvedimento del tutto effimero e di scarsa efficacia; per l'entrata in vigore del Sistri che vedrà anche il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano e Brescia impiegati in prima linea nel controllo del sistema di gestione dei rifiuti nelle aziende;
   inoltre, una struttura così esigua, come quella del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia, che già fatica a seguire l'ordinario e che, nonostante tutto, ha continuato fino ad ora ad assicurare ad apprezzabili livelli la propria attività solo grazie allo strenuo sacrificio e senso di responsabilità del personale, appare a maggior ragione inadeguata, in termini di risorse umane, anche in vista dell'Expo 2015, momento in cui i riflettori di tutto il mondo si rivolgeranno verso il nostro Paese e dove, come dimostrano alcune indagini già in corso, si stanno attivando gli appetiti delle organizzazioni criminali –:
   se non intendano attivare le misure necessarie per incrementare nell'immediato il numero del personale in forza al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano ma, soprattutto, del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia che presenta un gravissimo deficit numerico di personale e che opera, come è del tutto evidente, in un territorio complesso, già segnato da numerosi casi di emergenze ambientali e dove sarebbe necessario incrementare l'azione di indagine e di contrasto da parte delle forze dell'ordine;
   se il Governo non ritenga opportuno provvedere, anche attraverso ulteriori stanziamenti, all'innalzamento del monte ore individuale del personale, anche per il futuro, affinché parte delle risorse gestite dalle prefetture di Milano e Brescia siano rispettivamente destinate alla copertura di eventuali ore di straordinario prestate e non retribuite, se pur impiegate nell'azione di contrasto della criminalità in materia ambientale per il conseguimento delle finalità generali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda attivare sul territorio bresciano una speciale cabina di regia che comprenda la visione globale sulle diverse province sopracitate in modo da procedere a controlli urgenti e immediati per verificare l'entità e la diffusione della presenza delle situazioni più critiche, al fine di tutelare la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente e di verificare la fattibilità di un'immediata bonifica.
(2-00478)
«Cominelli, Cinzia Maria Fontana, Carra, Misiani, Sberna, Carnevali, Berlinghieri, Lacquaniti, Galperti, Casati, Bazoli, Giuditta Pini, Rampi, Montroni, Gribaudo, Giuseppe Guerini, Manzi, Mauri, Bratti, Mariani, Chaouki, Narduolo, Sanga, Rotta, Preziosi, Bruno Bossio, Naccarato, Pastorino, Pierdomenico Martino, Murer, Manfredi, Giuliani».
(1o aprile 2014)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in Abruzzo, a 6 miglia dal tratto di costa incluso nel Parco nazionale della costa teatina, la multinazionale inglese Medoil sta portando avanti il progetto «Ombrina 2» per l'estrazione di petrolio e la conseguente desolforazione su una grande nave-raffineria che stazionerà stabilmente in quel tratto di mare;
   le multinazionali che estraggono petrolio e gas nel mare Adriatico pagano royalty ridicole e godono di agevolazioni fiscali a giudizio degli interpellanti scandalose e stanno compromettendo il delicato equilibrio ecologico di un mare fragile e «chiuso» come il mare Adriatico;
   questo progetto di trivellazione petrolifera, al pari di tutti gli altri in attesa di autorizzazione, stravolge l'ambiente marino in uno dei tratti più suggestivi di tutta la costa adriatica, al punto di essere un parco nazionale istituito con legge nazionale tanti anni fa, e colpisce al cuore il progetto di sviluppo ecosostenibile scelto dalla regione e dagli enti locali e centrato sul turismo, sulla pesca, sull'artigianato, sull'agricoltura di qualità (la provincia di Chieti è la seconda provincia vitivinicola d'Italia) e sulla tutela e valorizzazione del territorio;
   è fondata la preoccupazione per l'ambiente e la salute dei cittadini abruzzesi a causa dell'inquinamento che ne deriva e per possibili incidenti, come la cronaca di questi anni purtroppo testimonia;
   tutti i comuni, le province e la regione Abruzzo, nonché tante associazioni professionali, economiche e ambientaliste hanno manifestato netta contrarietà a questo progetto petrolifero che insieme a tanti altri in itinere potrebbe dar vita ad un vero e proprio distretto petrolifero abruzzese incompatibile con i progetti di valorizzazione turistica, agricola e ambientale del territorio della costa teatina;
   vari comuni abruzzesi hanno già preannunciato il ricorso al Tar contro il decreto autorizzativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel decreto di autorizzazione della piattaforma «Ombrina 2», sostiene che « (...) preso atto che, seppure sollecitato in data 11 luglio 2012, la regione Abruzzo non ha fatto pervenire il proprio parere di competenza», mentre il presidente della regione sostiene di non aver ricevuto nessuna richiesta di parere e sollecito di parere dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, quindi, si è in presenza di un «giallo» in cui è certo però che uno dei due soggetti fa affermazioni non corrispondenti al vero;
   le modifiche introdotte al decreto-legge 29 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (il cosiddetto «decreto sviluppo») hanno dimezzato il limite delle miglia per le trivellazioni petrolifere marine con una logica inaccettabile dal punto di vista ambientale, economico e sanitario, ignorando il fatto che le 12 miglia erano state introdotte dal legislatore italiano dopo il terribile incidente della piattaforma Deep Horizon nel Golfo del Messico –:
   quali siano i motivi che hanno spinto il Governo, tramite i Ministeri competenti, a non contrastare il progetto «Ombrina 2», ritenuto invece inaccettabile da tutte le istituzioni abruzzesi, dai comuni alla regione;
   quale sia l’iter amministrativo della richiesta autorizzativa del progetto «Ombrina 2»;
   quale sia il quadro complessivo di tutte le richieste di sfruttamento degli idrocarburi nel tratto abruzzese del Mar Adriatico e quali siano tutti i progetti già in produzione;
   se corrisponda al vero che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato alla regione Abruzzo le richieste di parere sul progetto «Ombrina 2»;
   se non si intenda convocare a breve una riunione tra i Ministeri competenti, la regione Abruzzo e gli enti locali interessati, nonché le organizzazioni economiche e ambientaliste, per definire una posizione comune su questo progetto;
   se non si intendano assumere iniziative volte a rivedere il regime fiscale e delle royalty particolarmente favorevoli alle multinazionali del settore degli idrocarburi.
(2-00507) «Migliore, Melilla».
(15 aprile 2014)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'Italia, nel 2013, in relazione alla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ha finalmente ratificato la Convenzione di Istanbul del 2011;
   sul tema, in seguito, è intervenuto il decreto-legge n. 93 del 2013, il cosiddetto «decreto contro il femminicidio», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 che, in particolare, fra le misure urgenti, oltre ad un Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, prevedeva un incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di 10 milioni di euro per l'anno 2013, 7 milioni di euro per l'anno 2014 e 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 per le attività dei centri anti violenza e le case rifugio;
   agli interpellanti, in contatto con le associazioni che si occupano della delicata questione, risulterebbe che le risorse stanziate non siano ancora state assegnate, con ciò lasciando soli i centri antiviolenza e le realtà coinvolte sul tema ad affrontare un fenomeno che, lungi dall'essere emergenziale, sembra aver assunto ormai, purtroppo, il carattere di un fenomeno strutturale;
   sul tema, il gruppo Sinistra Ecologia Libertà aveva anche già presentato un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-04447), a prima firma dell'onorevole Di Salvo, cui ancora non è stata data risposta;
   il contrasto alla violenza maschile contro le donne è una questione prioritaria per il nostro Paese, rispetto alla quale sono indispensabili obiettivi condivisi e, soprattutto, stanziamenti economici mirati sia alla prevenzione del fenomeno, sia al sostegno e all'accoglienza delle vittime;
   in tale contesto, non può non apparire gravissima, oltre che preoccupante, la mancata assegnazione di fondi già previsti da quasi un anno da una legge dello Stato –:
   quale sia la situazione relativa alla predisposizione e all'avvio del Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking;
   se corrisponda al vero che le risorse già stanziate nel decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, non siano ancora state messe a disposizione per le attività dei centri antiviolenza e per le case rifugio;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, e in quali tempi, non solo per assegnare i finanziamenti stanziati dalla citata legge ma, più in generale, per rilanciare con determinazione politiche incisive sul tema della prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne.
(2-00538)
«Pannarale, Migliore, Di Salvo, Fratoianni, Costantino, Nicchi, Duranti, Kronbichler, Lavagno, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Piras, Ricciatti, Zan».
(13 maggio 2014)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2014, in concomitanza con la giornata di voto per il rinnovo del Parlamento europeo, si terrà a Rovetta, in provincia di Bergamo, una manifestazione per ricordare l'eccidio di 43 militi della Legione Tagliamento trucidati il 28 aprile del 1945;
   l'evento organizzato da simpatizzanti «fascisti» prevede tra inni e slogan la celebrazione di una messa officiata da Don Giulio Tam, ex prete lefevriano scomunicato, noto per la sua aperta adesione a ideologie di stampo fascista, nel ricordo di «tutti i caduti per l'onore», così si legge nella locandina che pubblicizza l'evento;
   per numero di partecipanti, provenienti da tutte le regioni del Paese e anche dall'estero, il raduno sopra citato è considerato la principale manifestazione nazifascista d'Italia;
   gli organizzatori, in occasione del XXII raduno nazionale dell'Associazione Reduci 1o Legione CC.NN. «M» d'Assalto, hanno previsto per il giorno precedente, il 24 maggio 2014, una giornata di raduno che vedrà, tra gli altri eventi, un incontro commemorativo in riva al lago d'Iseo per la deposizione di una corona in memoria dei caduti e una visita al cimitero di Lovere, sempre in provincia di Bergamo, dove riposano alcuni di questi;
   un tragico episodio che ogni anno, nel piccolo paese orobico, genera quello che agli interpellanti appare un revival fascista in grande stile con insegne di aquile romane, divise da «camerata», bandiere, immagini del Duce e inni;
   al di là del giusto ricordo di ogni vittima di guerre, in tal caso è opportuno ricordare che diverse disposizioni dell'ordinamento italiano limitano, ed in certi casi vietano, la propaganda dell'ideologia fascista. Così la disposizione transitoria finale della Carta costituzionale prevede, al punto XII, il divieto di riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. La cosiddetta legge Scelba, legge 20 giugno 1952, n. 205, considera reato l'apologia del fascismo, prevedendo all'articolo 1: «quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». Ancora, la legge della Repubblica italiana 25 giugno 1993, n. 205, sanziona e condanna gesti, azioni e slogan, legati all'ideologia nazifascista e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a sopradetti movimenti politici;
   la manifestazione di cui sopra si svolgerà in concomitanza alle elezioni amministrative e alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e, in tal senso, si deve ricordare che la legge 4 aprile 1956, n. 212, «Norme per la disciplina della propaganda elettorale», prevede all'articolo 9 che: «Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda». Così anche il decreto legislativo n. 267 del 2000, all'articolo 5, comma 2, attribuisce al sindaco la facoltà di adottare provvedimenti urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza del particolare raduno che si svolge, oramai da quasi vent'anni, nei comuni di Rovetta e Lovere;
   quali iniziative abbia intenzione di assumere al fine di verificare, per il tramite del rappresentante territorialmente competente del Governo, le modalità con le quali è stata organizzata la manifestazione vista la concomitanza dello svolgersi delle elezioni;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, abbia intenzione di assumere al fine di prevenire lo svolgimento di simili manifestazioni che, a parere degli interpellanti, violano le norme contenute nell'ordinamento italiano.
(2-00541) «Locatelli, Pisicchio».
(13 maggio 2014)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all'articolo 2, comma 11, dispone, tra l'altro, che «Per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dal comma 1, le amministrazioni, fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in servizio, avviano le procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottando, ai fini di quanto previsto dal comma 5 dello stesso articolo 33, le seguenti procedure e misure in ordine di priorità:
    a) applicazione, ai lavoratori che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2014, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva nonché del regime delle decorrenze previsti dalla predetta disciplina pensionistica, con conseguite richiesta all'ente di appartenenza della certificazione di tale diritto. Si applica, senza necessità di motivazione, l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto comunque denominato, per il personale di cui alla presente lettera:
     1) che ha maturato i requisiti alla data del 31 dicembre 2011 il trattamento di fine rapporto medesimo sarà corrisposto al momento della maturazione del diritto alla corresponsione dello stesso sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, commi 22 e 23, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
     2) che matura i requisiti indicati successivamente al 31 dicembre 2011 in ogni caso il trattamento di fine rapporto sarà corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello stesso secondo le disposizioni dell'articolo 24 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 e sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148»;
   dette disposizioni si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   l'articolo 2, comma 14, del citato decreto-legge n. 95 del 2012 dispone che «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione»;
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», all'articolo 2, detta «Disposizioni in tema di accesso nelle pubbliche amministrazioni, di assorbimento delle eccedenze e potenziamento della revisione della spesa anche in materia di personale»;
   alcune regioni hanno avviato delle riorganizzazioni volte alla ricerca di una maggiore efficienza e alla riduzione della spesa e tra queste la regione Piemonte con delibera della giunta regionale 2 luglio 2013, n. 106035, ha previsto, per le aziende del servizio sanitario regionale, un tetto di spesa per il personale stabilito per gli anni 2013, 2014 e 2015;
   conseguentemente, a detti atti amministrativi le aziende sanitarie locali hanno già posto in essere una serie di azioni finalizzate alla riduzione della spesa del personale, ma in molti casi, nonostante tutte le azioni intraprese, gli obiettivi del rispetto del tetto di spesa non sono raggiungibili se non attraverso una riduzione della consistenza organica per adeguarla ai tetti previsti;
   alla luce delle normative sopra citate, alcune asl del Piemonte, a seguito di accordi sindacali, hanno avviato le previste procedure, dovendo però registrare diversi livelli di sensibilità e di chiarezza nelle risposte da parte degli uffici dell'Inps competenti per territorio, alcuni dei quali lamenterebbero l'assenza di chiare circolari interpretative sulla materia –:
   se non ritenga il Governo, visti gli importanti riflessi che la citata disciplina può produrre sia nei confronti dei lavoratori che per quanto concerne la possibilità di raggiungimento degli obiettivi finanziari ed organizzativi indicati da parte delle aziende, di adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso la previsione di un'apposita circolare applicativa, volta a garantire che l'attuazione delle norme sopra riportate risulti uniforme su tutto il territorio nazionale e che siano assicurati tempi certi per il pagamento del trattamento di quiescenza agli aventi diritto collocati a riposo con i requisiti «pre-Fornero».
(2-00506)
«Taricco, Fiorio, Martelli, Guerra, Gandolfi, Anzaldi, Bray, Carra, Piccoli Nardelli, Grassi, Rosato».
(15 aprile 2014)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2014 Romilda Rizzo, Antonio Martone e Alessandro Natalini, rispettivamente ex presidente e componenti dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, ex Civit, oggi Anac, hanno trasmesso una serie di considerazioni, contenute nel documento «Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione», all'indirizzo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
   in particolare, il documento segnalava alcune problematiche in materia di corruzione e trasparenza che i tre alti funzionari hanno inteso sottoporre all'attenzione del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, affinché quest'ultimo si adoperasse per risolverli;
   in primo luogo si specifica come, con il decreto legislativo n. 39 del 2013 che trasferisce funzioni consultive dall'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche al Ministero stesso, quest'ultimo debba ancora fronteggiare e risolvere con direttive o circolari ministeriali le «numerose questioni sollevate da pubbliche amministrazioni ed enti in ordine all'applicazione dell'articolo 3 in tema di inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione»;
   segue la rilevazione, peraltro già presente nel «Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190 del 2012», dell'opportunità di intervenire legislativamente per risolvere «l'asimmetria tra le situazioni di inconferibilità e incompatibilità previste per i dirigenti statali e quelli di amministrazioni regionali e locali di società in controllo pubblico presenti del decreto legislativo n. 39 del 2013»;
   secondo i tre alti funzionari «in generale, vanno chiariti i profili di applicazione della legge n. 190 del 2012, stante la genericità delle previsioni normative al riguardo, e i continui tentativi, promossi da più parti, per rimanere al di fuori dell'ambito di applicazione» e si riporta il caso esemplare della Sea spa che, in un ricorso, avrebbe richiesto l'annullamento del piano nazionale anticorruzione;
   secondo quanto riportato nel documento in questione, l'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche avrebbe segnalato, inoltre, le preoccupazioni relative all'ambito di riferimento degli enti economici e delle società controllate e partecipate per il quale sussistono interpretazioni (come quelle riportate nella circolare ministeriale n. 1 del 2014) che limitano «l'ambito soggettivo di applicazione delle norme sulla trasparenza a un settore che, come testimoniato anche da recenti fatti di cronaca, dovrebbe essere, invece, oggetto di particolare attenzione nelle politiche di prevenzione»;
   la stessa Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche avrebbe, quindi, deciso, di fronte a interpretazioni dello stesso Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, risultate essere difformi o limitative dell'applicazione della normativa, di sospendere i riscontri e i controlli in merito agli obblighi di trasparenza da parte delle società partecipate al fine di «non ingenerare ulteriori incertezze applicative»;
   circolare, quella sopra citata, che peraltro l'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche avrebbe conosciuto solo attraverso la pubblicazione on-line sul sito del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, dimostrando, quindi, un'evidente mancanza di quel necessario coordinamento che dovrebbe sussistere tra le attività dello stesso Ministero e quelle dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche. Coordinamento che dall'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche ritengono fondamentale non solo per «l'efficace attuazione della normativa anticorruzione» e per «evitare condizioni di incertezza», ma soprattutto per «facilitare i flussi informativi senza pregiudicare l'attività di vigilanza»;
   il nuovo presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, Raffaele Cantone, dichiarava in un'intervista a la Repubblica, il 20 aprile 2014, che «l'obiettivo dell'Authority non è quello di combattere la corruzione già avvenuta, ma di provare a prevenirla. Questa è la grande scommessa della legge del 2012», corroborando quanto ritenuto di importanza fondamentale da chi lo ha preceduto e sostenendo, quindi, la necessità di risolvere le condizioni di debolezza e inefficacia insite nella normativa vigente e nel dna dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche;
   l'8 maggio 2014, un blitz della Guardia di finanza e della direzione investigativa antimafia ha scoperchiato quella che è stata definita dagli inquirenti una vera e propria «cupola degli appalti» che avrebbe gestito il sistema delle attività e degli affidamenti dei lavori relativi all'Expo 2015 di Milano. A seguito della notizia del coinvolgimento trasversale di alcune figure della politica locale e nazionale attuale e della cosiddetta Prima Repubblica come Primo Greganti, ex Pci, Pds e Ds, già implicato nelle indagini di Tangentopoli, Gianstefano Frigerio e Angelo Paris, entrambi ex Forza Italia; Luigi Grillo, ex Dc; Sergio Cattozzo, ex Udc; il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha annunciato l'11 maggio 2014 la formazione di una non meglio definita task force anticorruzione ad hoc per l'Expo. A ventiquattrore di distanza, la stessa task force ad hoc sembra essere stata inglobata nella già esistente authority guidata da Raffaele Cantone, affidata allo stesso presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche;
   oggi l'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche è costituita, di fatto, dal solo presidente, Raffaele Cantone, poiché, a seguito delle dimissioni degli ultimi quattro componenti, non risulta alcun sostituto in carica; essa rappresenta, di fatto, al momento, un'autorità monca sotto il profilo organizzativo;
   la decisione, apparentemente coerente, di riportare sotto la guida del presidente Cantone e dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche il controllo e la prevenzione di casi di corruzione nell'Expo avviene in una condizione, quindi, di estrema debolezza, per i motivi di cui sopra, in cui versa l'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche e, in generale, per il complesso normativo in cui la stessa Authority deve muoversi –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche illustrate;
   se il Governo abbia cognizione della debolezza intrinseca dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, stante quanto riportato dagli stessi dirigenti dell’Authority e l'assenza dei componenti, ad esclusione del presidente Cantone;
   se e come il Governo intenda affrontare le problematiche di ordine interpretativo, regolamentare e applicativo illustrate dai dirigenti dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche;
   se e come il Governo intenda rafforzare l'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'incarico che dovrebbe esser conferito al presidente Cantone dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri e delle indagini e degli arresti relativi agli appalti per l'Expo 2015 di Milano.
(2-00539)
«Dadone, Nuti, Fraccaro, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Lombardi, D'Ambrosio, Busto, De Rosa, Terzoni, Daga, Mannino, Segoni, Zolezzi, Micillo».
(13 maggio 2014)

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la delibera della giunta regionale del Lazio n. 1614 del 2001, recante «Disposizioni normative per i soggetti affetti da nefropatie in trattamento dialitico» prevede che le asl, qualora l'assistito sia nell'impossibilità di raggiungere i centri di cura con mezzi di trasporto pubblico e/o privato, debbano provvedere con mezzi idonei: pulmini collettivi e autolettighe;
   non tutte le asl sono tuttavia dotate di tali servizi, e, in ogni caso, ove esistenti, spesso risultano insoddisfacenti a causa del numero esiguo di persone trasportabili definite dagli importi delle gare d'appalto;
   la regione Lazio prevede, per i residenti con la documentazione secondo la normativa, la possibilità di richiedere alla asl di appartenenza i contributi per il viaggio con mezzo pubblico e il viaggio mediante auto privata, per il trasporto mediante autovettura con un accompagnatore familiare, per il trasporto mediante auto pubbliche (taxi), pulmino collettivo e autolettiga;
   tra le realtà impegnate su questa delicata problematica figurano l'Associazione Lazio dializzati onlus, organizzazione operante a Latina, che effettua servizio di trasporto con pulmino e ambulanza da e per i centri dialisi pubblici (ospedale S. Maria Goretti), nonché pubblici/privati di Latina città e provincia, con passaggi su Roma;
   da notizie di stampa risulta che su un'ambulanza della citata onlus – come noto, in quanto organizzazioni non lucrative d'utilità sociale, anche destinatarie del 5 per mille – sarebbe stato affisso materiale elettorale a sostegno di un candidato del «Nuovo Centro Destra» al Parlamento europeo;
   i pulmini e le ambulanze, come intuibile, entrano ed escono dagli ospedali e da strutture sanitarie private più volte al giorno, trasportando numerosi pazienti, soprattutto anziani con pluripatologie che, usufruendo per necessità del servizio di trasporto delle citate associazioni, si troverebbero, di fatto – e anche loro malgrado – a fare campagna elettorale per un candidato alle elezioni europee;
   il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, recante «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» prevede che le onlus debbano perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale o comunque finalità inerenti a quelle di solidarietà sociale;
   è del tutto evidente che la propaganda elettorale non rientra tra quelle attività, in ogni caso esulando dalle finalità di solidarietà sociale caratterizzanti le onlus, peraltro espressamente indicate all'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito a quanto descritto in premessa e quali siano gli orientamenti in proposito;
   se non ritenga di dover intervenire con urgenza in relazione ad una situazione che appare in contrasto con quanto previsto dalla legge n. 460 del 1997 e che vede pazienti, utenti del servizio di trasporto della onlus citata, effettuare, di fatto, campagna elettorale per un candidato alle elezioni europee, indipendentemente dalla loro volontà;
   in caso affermativo, quale tipo di iniziativa intenda intraprendere e con quali tempi.
(2-00542)
«Costantino, Piazzoni, Migliore, Duranti, Pilozzi, Ricciatti».
(13 maggio 2014)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALL'OPERAZIONE MARE NOSTRUM E AL RAFFORZAMENTO DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE

   La Camera,
   premesso che:
    dal 18 ottobre 2013 il Governo italiano ha avviato una missione militare-umanitaria per gestire l'emergenza determinata dagli sbarchi dei clandestini sulle nostre coste, denominata Mare Nostrum;
    alla presentazione dell'operazione Mare Nostrum e delle sue finalità, il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, affermò che «la somma del pattugliamento e dell'azione della polizia giudiziaria e della magistratura avrà un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani»;
    sempre a quel tempo il Ministro della difesa pro tempore, Mario Mauro, ribadì che «ci muoviamo per primi e al limite delle nostre possibilità nell'ambito di Eurosur, finalmente varato, che consentirà di controllare le frontiere all'interno di Frontex per dare un esempio chiaro e forte» e venne sottolineato altresì: «non ci sarà bisogno di altri fondi, ma basteranno i soldi dei Ministeri», stimando tale costo «al momento attorno al milione e mezzo di euro al mese»;
    proprio il giorno dopo l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, il Ministro dell'interno ha reso noto che sarebbero ben 600.000 le persone sulle coste dell'Africa in attesa di imbarcarsi per arrivare via mare in Italia;
    se nel 2013 gli sbarchi sono stati 42.925, solo dall'inizio di quest'anno gli arrivi hanno già superato quota 20.000 e il Viminale ha fatto sapere che il dato è di oltre dieci volte maggiore a quello registrato nello stesso periodo del 2013, un vero e proprio record;
    nel gennaio 2014, senza alcun coinvolgimento degli enti locali interessati, il Ministero dell'interno ha inviato un'informativa a tutti i prefetti affinché rendano disponibili, nei rispettivi territori di competenza, altre strutture per l'accoglienza e nei giorni scorsi ha provveduto ad un primo trasferimento di clandestini nelle regioni del Nord;
    avvicinandosi l'estate, con il miglioramento delle condizioni del mare, è prevedibile che le partenze aumentino ulteriormente ed in misura considerevole, soprattutto quelle dalla Libia;
    contestualmente agli sbarchi stanno crescendo anche le fughe dai centri di prima accoglienza, anche di minori, di cui si perdono le tracce;
    la circostanza è motivo di allarme per i partner europei del nostro Paese, che potrebbero anche considerare, come accaduto già nel 2011, di interrompere più o meno temporaneamente l'applicazione degli accordi di Schengen, con effetti negativi sulla libertà di movimento in Europa dei cittadini della Repubblica;
    i dati sopracitati dimostrano che l'operazione Mare Nostrum, anziché avere «un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani», non ha svolto alcuna funzione dissuasiva, ma ha piuttosto agevolato l'attività degli scafisti, poiché la consapevolezza di giungere più facilmente alle coste italiane, anche grazie alle navi della Marina militare e delle forze di polizia, sta spingendo un numero sempre maggiore di aspiranti clandestini a pagare ingenti somme per tentare la traversata del Canale di Sicilia;
    in assenza di dati ufficiali, a parte quelli concernenti le fasi iniziali dell'operazione, i costi di dell'operazione Mare Nostrum sono stati calcolati a non meno di 300.000 euro al giorno dalla stampa specializzata, che li ha desunti dalla somma degli oneri di funzionamento dei mezzi impiegati;
    a quanto è dato di leggere su queste fonti, infatti, l'attività di una fregata classe Maestrale costa all'incirca 60.000 euro al giorno, quella di una San Marco 45.000 euro, mentre quella dei pattugliatori pare essere di poco inferiore ai 15.000 euro;
    a tali costi, vanno poi aggiunti quelli di esercizio degli aeromobili, gli elicotteri AB-212 ed i droni, che si aggirano sui 4.000 euro ad ora di volo, mentre per gli EH-101 ed il Breguet Atlantic si va dai 7.000 ai 13.000 euro;
    se si sommano, altresì, le indennità spettanti al personale ed i costi della manutenzione necessaria per l'uso straordinario dei mezzi, la spesa finale per l'operazione Mare Nostrum dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese;
    i costi dell'operazione Mare Nostrum incidono esclusivamente sull'economia italiana e risultano ben più gravosi degli esborsi stanziati per i normali pattugliamenti che precedevano l'avvio dell'operazione;
    secondo la circolare dell'8 gennaio 2014 del Ministero dell'interno – Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, recante «Afflusso di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Individuazione di strutture di accoglienza», a qualunque clandestino che sbarchi in Italia e semplicemente presenti richiesta di protezione internazionale, anche se fittizia, deve essere garantito vitto e alloggio per un importo di euro 30 oltre l'IVA, un pocket money di 2,5 euro al giorno e una tessera/ricarica telefonica di 15 euro all'ingresso delle strutture di accoglienza, nonché assistenza e cure sanitarie;
    se i clandestini arrivati in Italia dall'inizio del 2014 presentassero domanda di protezione internazionale per ottenere i benefici sopramenzionati, i costi calcolati, solo al giorno, sarebbero di 225.000 euro per le ricariche telefoniche, 37.500 euro in pocket money e 450.000 euro di vitto e alloggio, oltre agli oneri per le cure sanitarie;
    su 11 centri di identificazione ed espulsione, sei sono stati chiusi nel 2013 per lavori di ristrutturazione, causati dai danneggiamenti dei clandestini ospitati, tra cui quello di Lampedusa, e perciò risulta che centinaia di clandestini, in questi giorni trasferiti nelle regioni del Nord, vengano alloggiati anche in alberghi a 4 stelle, come, ad esempio, al Riz di San Genesio, in provincia di Pavia, dove il pernottamento a notte costa dai 120 ai 140 euro;
    secondo quanto riferito dal Ministro degli affari esteri, Federica Mogherini, in un'audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen: «nel 2013 l'Italia è diventata il secondo Paese Schengen per numero di visti concessi, con 2.125.490 visti rilasciati. Siamo secondi solo alla Francia (2.471.220 visti) e per la prima volta abbiamo superato la Germania (poco più di 2 milioni). Le nostre 172 sedi abilitate hanno rilasciato un visto ogni 15 secondi. In 8 anni, dal 2005, il numero è raddoppiato»;
    in Europa, gli altri Paesi stanno apprestando misure sempre più restrittive per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, addirittura avviando piani per il rimpatrio dei cittadini comunitari disoccupati, come, ad esempio, in Germania e Gran Bretagna, soprattutto per evitare il collasso del sistema del welfare;
    l'articolo 17, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2013/33/UE, stabilisce: «3. Gli Stati membri possono subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali d'accoglienza e dell'assistenza sanitaria, o di parte delle stesse, alla condizione che i richiedenti asilo non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute, nonché ad assicurare il loro sostentamento. 4. Gli Stati membri possono obbligare i richiedenti asilo a sostenere o a contribuire a sostenere i costi delle condizioni materiali di accoglienza e dell'assistenza sanitaria previsti nella presente direttiva, ai sensi del paragrafo 3, qualora i richiedenti asilo dispongano di sufficienti risorse, ad esempio qualora siano stati occupati per un ragionevole lasso di tempo. Qualora emerga che un richiedente asilo disponeva di mezzi sufficienti ad assicurarsi le condizioni materiali di accoglienza e l'assistenza sanitaria all'epoca in cui tali esigenze essenziali sono state soddisfatte, gli Stati membri possono chiedere al richiedente asilo un rimborso»;
    ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 9, della nuova direttiva sull'accoglienza 2013/33/UE: «9. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata adottata in base a informazioni false fornite dal richiedente»;
    vi sono rischi sanitari cui vengono esposti i cittadini e gli operatori nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum, anche alla luce della gravissima epidemia di Ebola che si sta diffondendo con preoccupazione dalla Guinea in tutta l'Africa e che ha già spinto altri Paesi europei a varare una serie di misure restrittive all'ingresso nel proprio territorio;
    vanno considerati i gravissimi disagi, i problemi di ordine pubblico e i danni anche in termini economici, in particolare per gli abitanti delle zone in prossimità degli sbarchi che, avvicinandosi l'estate, con il miglioramento delle condizioni del mare, aumenteranno ulteriormente ed in misura considerevole,

impegna il Governo:

   a sospendere immediatamente l'operazione Mare Nostrum e a rafforzare i controlli alle frontiere, in particolare quelle marittime;
   a completare il piano di accordi bilaterali elaborato al principio della XVI legislatura, al fine di impedire le partenze dai Paesi costieri dell'Africa e in particolare dalla Libia, e ad investire eventualmente forze e parte delle risorse impiegate attualmente nell'accoglienza per collaborare all'attività di contrasto concordata con i Paesi controparte;
   ad adottare le più opportune misure di sicurezza, inclusa la predisposizione di un piano sanitario d'emergenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini, degli uomini delle forze dell'ordine, nonché del personale finora impiegato nell'operazione Mare Nostrum, anche alla luce della gravissima epidemia di Ebola che si sta diffondendo con preoccupazione dalla Guinea in tutta l'Africa;
   a riferire trimestralmente al Parlamento in merito agli esiti delle domande di protezione internazionale presentate, alle concessioni dello status di rifugiato da parte delle diverse commissioni territoriali, alle domande rigettate, ai controlli effettuati nei confronti dei soggetti titolari dello status di rifugiato, o comunque del diritto ad una protezione sussidiaria o umanitaria, in merito all'effettiva sussistenza dei requisiti per continuare a beneficiare delle forme di tutela sopra richiamate, in particolare relativamente ai rientri in patria, ed infine in merito al numero e alla tipologia dei visti rilasciati;
   ad adottare misure idonee al fine di ottenere i rimborsi, garanzie o contributi previsti ai sensi del paragrafo 9 dell'articolo 9 e dei paragrafi 3 e 4 dell'articolo 17 della nuova direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale;
   ad avviare, durante il semestre italiano di presidenza europea, tutte le più opportune iniziative al fine di rafforzare il controllo dei confini terrestri italiani ed in particolare marittimi, a promuovere una revisione della Convenzione di Dublino II e ad attuare il principio del burden sharing, così come previsto dalla direttiva 2001/55/CE.
(1-00439)
«Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(23 aprile 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    nel primo trimestre 2014 si è registrato un numero di persone arrivate via mare in Italia tre volte superiore a quello rilevato nello stesso periodo nel 2013 (non solo a Lampedusa ma in altre località della Sicilia), mentre sono state in totale circa 43.000 le persone che sono arrivate via mare nel 2013;
    grazie all'operazione Mare Nostrum circa 20.000 naufraghi sulle coste siciliane sono stati messi in salvo con il pattugliamento navale iniziato il 18 ottobre 2013. Nell'ambito della stessa operazione sono stati arrestati circa 200 scafisti e svolti numerosi interventi sanitari, evitando altre tragedie del mare come quella del 3 ottobre 2013, in cui perirono 366 persone, donne, uomini e bambini, o altre come quella avvenuta nel Mar Egeo al largo di Samos, dove sono morte almeno 22 persone;
    i flussi migratori che arrivano sulle coste italiane sono costituiti sia da migranti economici che profughi politici. Tuttavia, in questi mesi, come ha affermato il Ministro Alfano nell'informativa urgente svolta il 16 aprile 2014 presso la Camera dei deputati, gli arrivi sono composti in gran parte da rifugiati. Molti fuggono dalla guerra in Siria (un quarto degli arrivi del 2013 era rappresentato da siriani), altri dall'Eritrea, dal Sud Sudan e da altri Paesi africani spesso teatro di guerra o in preda a forte instabilità politica;
    spesso la situazione caotica nei Paesi di transito degenera in violenza verso i migranti (per esempio i campi di detenzione in Libia o la violenza dei trafficanti nel deserto del Sinai);
    Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi che sopportano l'onere di affrontare la situazione degli sbarchi del Mediterraneo, ma servirebbe una maggiore solidarietà a livello europeo ed il semestre a guida italiana sarà un'occasione per discutere questi temi;
    l'Unione europea spende annualmente 80 milioni di euro, a carico dei contribuenti, nell'ambito del programma Frontex. Lo stanziamento di circa 9 milioni di euro mensili, assegnato all'Italia per soccorrere i migranti, non deve essere sospeso, ma confermato e se possibile aumentato. L'accoglienza e la sicurezza, la protezione e il pattugliamento che l'Italia ha garantito con un'iniziativa unilaterale attendono ora un rafforzamento da parte dell'Unione europea;
    il flusso ininterrotto di profughi dalla Siria ha come destinazione finale non l'Italia, ma altri Paesi europei. Una delle principali tappe di transito in Italia è Milano, che si è fatta carico di accogliere la quota maggiore di rifugiati siriani negli ultimi mesi;
    il riassetto e la distribuzione dei profughi nella rete di accoglienza in tutte le regioni vanno migliorati e si deve prevedere il coinvolgimento nell'accoglienza, attraverso la Conferenza Stato-regioni, degli enti locali con un piano coerente e organico, che eviti interventi paralleli e non coordinati e per di più costosi;
    i sistemi di accoglienza pianificati dalla direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo, stando anche a recenti fatti di cronaca, hanno mostrato numerose carenze e inadeguatezze,

impegna il Governo:

   a richiedere presso la Commissione europea un ulteriore supporto – anche tramite maggiore assistenza finanziaria delle operazioni Frontex – nello sforzo messo in atto dall'Italia per far fronte all'ingente flusso di sbarchi ed evitare nuove vittime;
   a sostenere presso le istituzioni europee l'opportunità di rivedere le norme del regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, prevedendo la possibilità di far richiedere ai rifugiati domanda di asilo già nei Paesi di transito e non solo nel primo Paese di arrivo, al fine di evitare i «viaggi della morte» per mare;
   ad adoperarsi per realizzare, in prospettiva, un ufficio europeo dell'immigrazione in territorio nordafricano che abbia, oltre alle opportune missioni nelle aree di maggiore afflusso, una sede istituzionale permanente, in modo da consentire ai profughi che ne abbiano diritto il successivo reinsediamento, in tempi brevissimi, verso tutti i Paesi dell'Unione europea, con preferenza per quelli dove essi abbiano già legami familiari;
   a proporre alla Commissione europea la creazione di un centro di accoglienza europeo per immigrati sul territorio europeo (al fine di avviare un diverso percorso per i richiedenti asilo e protezione internazionale), dando la disponibilità dell'Italia all'assunzione di responsabilità in merito, anche in assenza e nelle more di una revisione delle norme del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III);
   a sostenere gli enti locali che hanno dato disponibilità all'accoglienza, in particolare il comune di Milano, che ha visto un ingente afflusso di profughi siriani in transito per il Nord Europa, e Roma Capitale, che ha aumentato notevolmente i posti disponibili per l'accoglienza.
(1-00455)
(Nuova formulazione) «Santerini, Marazziti, Schirò, Dellai».
(8 maggio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 18 ottobre 2013 ha avuto inizio l'operazione Mare Nostrum, finalizzata a fronteggiare l'emergenza degli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane;
    all'avvio della missione, il Ministro della difesa pro tempore quantificò in un milione di euro al mese il costo della stessa; attualmente, invece, la missione costa circa 300.000 euro al giorno (e, quindi, circa 9 milioni di euro al mese) e non solo non risolve l'emergenza, ma anzi sembra acuirla. A tali costi vanno sommate le indennità spettanti al personale ed i costi della manutenzione necessaria per l'uso straordinario dei mezzi: la spesa finale dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese; senza considerare i ben più ingenti costi, di cui non si conosce l'esatta entità, sostenuti per il vitto e l'alloggio dei migranti nei centri di accoglienza e per i loro trasferimenti, nonché le spese amministrative per l'organizzazione del tutto;
    la missione doveva costituire un deterrente per le organizzazioni criminali, che gestiscono i viaggi degli immigrati dalle coste dell'Africa settentrionale verso l'Italia;
    invece, da testimonianze diffuse parrebbe che Mare Nostrum non abbia avuto alcun effetto deterrente, ma che, al contrario, abbia fortemente incentivato la partenza dei migranti verso le coste italiane, favorendo, quindi, gli affari delle organizzazioni criminali che hanno aumentato enormemente i propri illeciti profitti;
    ciò in quanto si è ormai affermata l'idea che basti partire dalle coste africane e chiedere soccorso alle autorità italiane per essere raccolti in mare dalle navi militari italiane (utilizzate come impropri «taxi gratuiti»), magari a pochi chilometri dai porti di partenza, e portati presso i centri di accoglienza italiani;
    addirittura anche alcuni partner europei, pur condividendo le linee generali dell'operazione Mare Nostrum, messa in campo per evitare dolorosi naufragi, avrebbero espresso dubbi sulla valenza delle operazioni di search and rescue come attualmente condotte, arrivando a ritenere che l'ufficializzazione di tali interventi incoraggia i trafficanti di persone, alimentando l'illegalità e attraendo nuovi flussi; di fatto, significa che l'Italia spende 9 milioni di euro al mese per farsi dire dall'Europa, che è l'anello debole nella lotta all'immigrazione clandestina;
    sono già più di 25.000 i migranti giunti nel nostro Paese dall'inizio del 2014 e, secondo i dati del Ministero dell'interno, centinaia di migliaia sono pronti a salpare verso l'Italia; si parla di un vero e proprio esodo di circa 800.000 persone, di cui non si conoscono né la vera provenienza, né le condizioni sanitarie, né gli eventuali precedenti penali;
    contestualmente agli sbarchi stanno crescendo anche le fughe dai centri di prima accoglienza, anche di minori, di cui si perdono completamente le tracce;
    l'Italia subisce le oscillazioni delle situazioni politiche dell'area euromediterranea, essendo geograficamente il Paese di prima accoglienza per l'Unione europea. Nel regolamento Dublino III rimane sostanzialmente invariato il principio secondo cui il primo Stato di arrivo è quello competente a valutare le richieste di asilo e a sostenere gli oneri sociali ed economici corrispondenti. Ciò penalizza fortemente Paesi come l'Italia, che, a seguito delle eccezionali ondate migratorie del recente passato e in considerazione di quelle future, rimane e resta la frontiera geografica esterna dell'Unione europea più prossima alla sponda nordafricana;
    lo sforzo logistico e finanziario sostenuto dall'Italia, fin dalle rivolte sviluppatesi in Tunisia, in Egitto e in Libia, è stato notevole e molto impegnativo e i sacrifici, segnatamente delle popolazioni di Lampedusa, sono stati enormi. Questo significa gestione dei flussi, ma anche rimpatri coattivi per coloro che non hanno titolo all'accoglienza;
    il Governo italiano deve imporsi: i nuovi flussi, che si caratterizzano per ondate di migranti in fuga da persecuzioni e guerre, si incrociano inevitabilmente con il tema della necessaria revisione del sistema di misure di protezione internazionale e di asilo;
    ingenti sono anche i danni, sotto il profilo dell'immagine, che le località ospitanti i centri di accoglienza o interessate dagli sbarchi hanno sopportato e sopporteranno ulteriormente (considerato che con l'estate aumenteranno gli arrivi in misura considerevole), soprattutto in prossimità della stagione balneare, trattandosi di comuni spesso con una significativa attività turistica;
    il 23 ottobre 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle politiche migratorie basata su tre punti: solidarietà e responsabilità fra gli Stati membri che devono condividere gli oneri migratori, accordi di cooperazione con i Paesi da cui partono i migranti (come quelli conclusi in maniera efficace dai Governi Berlusconi) e riallocazione dei richiedenti asilo nell'ambito dell'Unione europea;
    sono state, invece, registrate tenaci resistenze da parte degli Stati membri ad un maggiore coinvolgimento dei loro assetti operativi nelle attività di controllo delle frontiere esterne, nonché la diffidenza degli stessi Stati membri manifestatasi in occasione del Consiglio di giustizia e affari interni del 5 dicembre 2013, quando molte delegazioni hanno criticato le proposte della Commissione europea indirizzate ad introdurre meccanismi più stringenti di compartecipazione degli oneri, sia in termini di trasferimento del migrante da uno Stato membro ad un altro che di insediamento da Paesi terzi;
    bisogna dare effettivo seguito agli impegni: l'emergenza è strutturale e non può gravare solo sull'Italia. L'Europa deve intervenire con urgenza, superando ogni tipo di resistenza degli Stati, attraverso l'introduzione di meccanismi più stringenti di compartecipazione degli oneri economici e sociali che il fenomeno migratorio comporta, nonché mediante una modifica delle regole che attualmente caricano in maniera eccessiva sull'Italia il peso del Paese di «primo» ingresso (come il regolamento Dublino III);
    non si tratta di «soccorso all'Italia», ma di «soccorso ai profughi», che, si ricorda, non sbarcano nel nostro Paese, ma nel continente europeo, le cui coste accessibili appartengono all'Italia; esiste un diritto umanitario, che è stato applicato in occasione della missione Mare Nostrum, ma esiste anche il problema di un miglior coordinamento europeo che per ora è assente;
    senza strumenti di solidarietà concreta e di responsabilità condivisa tra i partner europei, operazioni come Mare Nostrum rischiano di essere un boomerang capace di rendere l'Italia solo un anello debole a vantaggio della clandestinità e dei trafficanti di morte; anche in considerazione degli imprescindibili obblighi di tutela dei diritti fondamentali delle persone, sarebbe auspicabile che l'Unione europea desse finalmente prova di effettiva solidarietà e di un'efficace capacità di risposta,

impegna il Governo:

   ad interrompere immediatamente la missione Mare Nostrum e a rafforzare i controlli per contrastare il criminale traffico di persone, fermi restando l'impegno umanitario del Paese per evitare dolorosi naufragi, nonché il dovere di garantire l'applicazione delle norme di protezione internazionale e di asilo;
   a riattivare il piano di accordi bilaterali elaborato nel corso della XVI legislatura dal Governo Berlusconi, in particolare il Trattato di amicizia Italia-Libia, al fine di ridurre i tempi di identificazione degli stranieri irregolari, mettendo in campo ogni strumento utile alla collaborazione con le autorità consolari dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio e semplificando i compiti dei funzionari diplomatici nell'organizzazione degli incontri con gli stranieri da identificare;
   a promuovere immediate iniziative dell'Unione europea, ponendo all'ordine del giorno dell'agenda europea il tema dell'accoglienza ai migranti e ai profughi e la promozione di una politica di accoglienza europea, attuando il principio di ripartizione degli oneri (burden sharing) introdotto dal Trattato di Lisbona e modificando, a tal fine, il regolamento cosiddetto Dublino III, per obbligare tutti gli Stati membri a farsi carico di una quota di migranti;
   a riferire trimestralmente in Parlamento in merito alle iniziative e alle decisioni adottate in sede di Unione europea sul tema dell'accoglienza, in particolare in merito alle modifiche del regolamento Dublino III;
   a vigilare sull'applicazione delle disposizioni in vigore e sul rispetto puntuale e rigoroso delle norme che legano la possibilità di ingresso e soggiorno sul territorio dello Stato al possesso di un regolare contratto di lavoro e ad intensificare e rendere pienamente efficaci i controlli ispettivi, con il fattivo coinvolgimento dei vari livelli istituzionali e delle parti sociali;
   ad adottare le opportune iniziative per favorire una maggiore tutela della salute dei cittadini, dei migranti, delle forze dell'ordine e del personale impiegato nelle operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri d'accoglienza dei richiedenti asilo;
   a valutare, sulla base dell'esperienza compiuta, ogni possibilità di miglioramento dell'attuale assetto normativo, per contrastare l'immigrazione clandestina e regolare i flussi migratori, legandoli alle effettive necessità economiche e sociali del Paese;
   ad intensificare una specifica, coordinata e capillare attività di contrasto dei fenomeni di illegalità legati ai flussi di migranti.
(1-00459) «Brunetta, Ravetto, Palmizio».
(12 maggio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 ottobre 2013, in seguito ai tragici fatti di Lampedusa avvenuti appena dieci giorni prima, il Governo ha deliberato l'avvio dell'operazione militare ed umanitaria Mare Nostrum, volta a combattere la tratta degli esseri umani attraverso il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare;
    Mare Nostrum vede l'utilizzo per la prima volta di una nave anfibia per il comando e il controllo delle operazioni con elicotteri a lungo raggio, la messa a disposizione di ampi spazi di ricovero e di capacità ospedaliera per i naufraghi, oltre all'impiego di quattro navi della Marina militare, due pattugliatori, due fregate e diversi velivoli;
    secondo le dichiarazioni rilasciate all'epoca dal Ministro dell'interno, l'operazione avrebbe dovuto sortire «un effetto deterrente molto significativo per chi pensa di fare impunemente traffico di esseri umani, effetto che sarà garantito dall'azione di pattugliamento, con la possibilità di intercettare i mercanti di morte e l'intervento delle procure»;
    l'effetto deterrente, tuttavia, non sembra essersi verificato, considerato che, dall'avvio dell'operazione, le persone soccorse in mare, secondo quanto riferito dal Ministro della difesa in risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea il 7 maggio 2014, sono state quasi ventottomila;
    i costi dell'operazione sono incredibilmente elevati, posto che, sempre stando alle cifre fornite dal Ministro della difesa nella medesima risposta, «dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum ad oggi sono state mediamente sostenute spese pari a circa 9,3 milioni di euro al mese», per un totale di 65 milioni di euro;
    pur essendo finanziata a carico dei bilanci dei singoli Ministeri coinvolti, è evidente che gli stanziamenti in favore dell'operazione Mare Nostrum stanno sacrificando altre voci di bilancio, in un momento delicatissimo per la finanza pubblica;
    il Consiglio dei ministri dell'interno dell'Unione europea del 7 ottobre 2013 ha convenuto con la proposta avanzata dalla delegazione italiana di istituire una task force, insieme con la Commissione europea, volta ad individuare concrete azioni che assicurino un uso efficace delle politiche e degli strumenti esistenti in tale settore a disposizione dell'Unione europea e la questione è stata oggetto di discussione a Bruxelles nel Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre 2013;
    il 23 ottobre 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui flussi migratori diretta a realizzare un approccio coordinato, basato sulla solidarietà e sulla responsabilità e sostenuto da strumenti comuni a livello di Unione europea, ribadendo, al contempo, la necessità che l'Unione europea e i suoi Stati membri si attivino maggiormente per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare;
    nella risoluzione, inoltre, i deputati hanno sottolineato che la ricollocazione dei richiedenti asilo «è una delle forme più concrete di solidarietà e di condivisione delle responsabilità»;
    come osservato dal Censis, con l'inizio delle rivolte nei Paesi del Nord Africa i flussi irregolari verso l'Italia sono cresciuti in maniera considerevole: nel 2011 erano giunte in Italia 62.692 persone, contro le 4.406 del 2010; mentre prima si salpava, soprattutto, dalla Tunisia, oggi è la Libia il porto franco sul quale si rovesciano i flussi migratori dall'Africa orientale e settentrionale, da quella subsahariana, dall'Asia per poi percorrere la rotta verso l'Italia;
    ad oggi tale situazione si è ulteriormente acuita a causa dell'instabilità politica ed istituzionale che la Libia sta attraversando e che facilita la vita per i mercanti di clandestini;
    dall'inizio del 2014 sarebbero, in totale, oltre 21.000 gli stranieri arrivati via mare, contro i 2.500 dello stesso periodo del 2013, con le ovvie, devastanti conseguenze sia sulla capienza dei centri di prima accoglienza sia sulla sicurezza dei territori interessati dagli sbarchi;
    nel corso dell'intero 2013 le domande di asilo presentate nel nostro Paese sono state circa 27.000 e nel primo trimestre del 2014 sono già state avanzate oltre 13.000 istanze, con un incremento di circa il 140 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013;
    nel corso dell'informativa urgente sull'immigrazione resa alla Camera dei deputati il 16 aprile 2014, il Ministro dell'interno ha affermato che «l'attuazione di Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9 milioni di euro al mese e nessun Paese – nessun Paese – può reggere una pressione migratoria così forte, se non è adeguatamente sostenuto dalla comunità internazionale»;
    in ambito europeo dal 2005 opera l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, nota come Frontex, il cui scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati dell'Unione europea e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere;
    è assolutamente necessario ed improcrastinabile che l'Unione europea si faccia maggiormente carico della questione migratoria, anche attraverso l'opera di Frontex, e che si applichi un approccio coordinato e condiviso della questione dell'immigrazione;
    in ambito europeo, inoltre, risulta del tutto inadeguato il regolamento cosiddetto di Dublino III, fondato sul principio della competenza del Paese di primo ingresso e che, nella sua attuazione pratica, comporta una scarsissima collaborazione dei nostri partner europei nella gestione dell'afflusso di immigrati,

impegna il Governo:

   a sospendere con decorrenza immediata l'operazione Mare Nostrum;
   a valutare l'istituzione, in collaborazione con i Paesi membri dell'Unione europea, di appositi presidi nei Paesi dai quali partono i maggiori flussi migratori, che siano in grado di effettuare una valutazione preventiva delle possibilità dei soggetti migranti di ottenere lo status di rifugiato nell'ambito dell'Unione europea e che possano fornire informazioni circa i rischi connessi ai cosiddetti viaggi della speranza;
   a destinare la quota maggioritaria delle risorse annualmente stanziate in favore delle iniziative di cooperazione allo sviluppo promosse dall'Italia a progetti che creino possibilità di sviluppo sociale ed economico nei Paesi destinatari degli aiuti e che sostengano i processi di stabilizzazione nei Paesi delle zone di crisi, al fine di contrastare efficacemente la questione migratoria sotto il profilo della prevenzione;
   ad attivarsi in sede europea, e in particolar modo nell'ambito del semestre di Presidenza italiano dell'Unione europea, affinché sia ampliato e rafforzato il ruolo di Frontex nel contrasto all'immigrazione nel Mediterraneo e per la sicurezza dei confini, anche delegando all'Agenzia il coordinamento sia delle attività di pattugliamento sia delle attività di cooperazione operativa con i Paesi di origine e di transito dei flussi;
   nel medesimo ambito, ad avviare un processo di revisione del regolamento (UE) n. 604/2013 cosiddetto Dublino III, nonché a sollecitare gli Stati membri a proseguire ed intensificare l'attività di assistenza umanitaria, finanziaria e politica nelle aree di crisi del Nordafrica e del Medio Oriente, per affrontare la migrazione e la pressione umanitaria alla radice;
   in ambito internazionale, a sollecitare il rispetto dei trattati già stipulati al fine di contrastare l'immigrazione clandestina e a promuovere la sottoscrizione di nuovi accordi, con particolare riferimento alle procedure di rimpatrio nei Paesi di origine dei detenuti al fine di scontare la pena;
   ad assumere iniziative per destinare un adeguato stanziamento al «fondo rimpatri», di recente sostanzialmente azzerato con il decreto-legge n. 120 del 2013, affinché tale attività possa essere regolarmente proseguita come previsto dalle normative vigenti.
(1-00461)
«Rampelli, Corsaro, Nastri, Giorgia Meloni, La Russa, Taglialatela, Cirielli, Maietta, Totaro».
(13 maggio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    l'operazione Mare Nostrum è stata avviata il 18 ottobre 2013 dal Governo Letta a seguito dei fatti drammatici in cui persero la vita, nelle acque di Lampedusa, 366 migranti;
    l'operazione è, dunque, nata con l'intento di scongiurare il ripetersi di tali sciagure e di disporre, come dichiarato dal Ministro della difesa nel corso dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea presso la Camera dei deputati in data 7 maggio 2014, «un dispositivo navale in grado di operare contestualmente sia in attività di assistenza umanitaria che di sicurezza marittima»;
    secondo i dati forniti dal Governo, dall'avvio dell'operazione sarebbero state soccorse dalla Marina militare 27.790 persone, di cui 3.034 minori, mentre sarebbero stati arrestati e denunciati all'autorità 207 «scafisti»;
    per quanto concerne gli oneri dell'operazione, sempre secondo fonti del Governo, sarebbero state mediamente sostenute spese mensili pari a circa 9,3 milioni di euro, coperte con le ordinarie disponibilità iscritte al bilancio del Ministero della difesa. Nello specifico, circa 7 milioni di euro sarebbero stati destinati al funzionamento e alla manutenzione dei mezzi e il restante per gli oneri connessi alle indennità del personale impiegato nelle attività di pattugliamento e soccorso;
    dall'avvio dell'operazione, le navi impiegate hanno funzionato come mezzi di raccolta dei migranti, immediatamente dopo selezionati e trasferiti a terra nel porto di Augusta, in provincia di Siracusa e poi a Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove esiste un centro di primo soccorso ed accoglienza cronicamente al collasso, o, in alternativa, a seconda della destinazione, in altro porto;
    la tragedia che si è consumata, in data 12 maggio 2014, ha evidenziato tutti i limiti dell'operazione Mare Nostrum, che si è dimostrata insufficiente ad evitare la morte di un numero ancora non precisato di persone, benché tale incidente sia avvenuto distante dalle coste italiane e in uno specchio di mare in cui si erano già portate avanti, in passato, altre operazioni di soccorso;
    Mare Nostrum costituisce una risposta emergenziale ad una questione strutturale, quale è quella relativa ai flussi migratori. Inadeguata e insufficiente e che, in ogni caso, non previene in alcun modo l'esposizione dei potenziali rifugiati ai rischi delle traversate per mare e che, se pure ha permesso di fermare molti dei cosiddetti scafisti, certo non è in grado di intervenire sull'emergenza della tratta di esseri umani che ha luogo in Libia e che vede negli scafisti solo l'ultimo anello della catena;
    le navi dell'operazione Mare Nostrum, se, da un lato, svolgono un'importante opera di pattugliamento e di soccorso, come prescritto dalle convenzioni internazionali in vigore, dall'altro, tuttavia, rappresentano veri e propri centri di accoglienza galleggianti, nei quali è stato imbarcato anche personale del Ministero dell'interno e probabilmente, come anche confermato da notizie di stampa indipendente, interpreti inviati dai consolati dei Paesi di provenienza;
    le navi, di fatto, sono state trasformate in veri e propri uffici di polizia, nelle quali vengono effettuate le «preidentificazioni» ed il rilievo delle impronte digitali;
    ai sensi dell'articolo 18 del «regolamento Eurodac», gli Stati, prima di procedere al prelievo delle impronte digitali, sono tenuti ad informare la persona sull'identità del responsabile del trattamento ed eventualmente del suo rappresentante, delle finalità per cui i dati saranno trattati nell'ambito dell'Eurodac, dei destinatari dei dati, dell'esistenza di un eventuale obbligo per rilevare le impronte digitali, dell'esistenza di un diritto di accesso ai dati che la riguardano e di un diritto di rettifica di tali dati;
    il rilievo delle impronte digitali assume un'importanza particolare alla luce del regolamento cosiddetto Dublino III, che prescrive che il migrante sia «preso in carico» dal Paese di primo accesso. Essendo l'Italia un Paese di transito per la maggior parte dei migranti e vista la diffusione delle notizie sulla lentezza delle procedure del nostro Paese nell'evasione delle richieste d'asilo e sulle limitazioni – pur se illegittime – poste alla libera circolazione in territorio europeo anche successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, sono molti i migranti che si oppongono al rilevamento;
    la diffusione delle informazioni sul collasso del sistema di accoglienza italiano e sulle conseguenze giuridiche del rilevamento delle impronte potrebbe, poi, portare le imbarcazioni su rotte meno intercettabili e più pericolose, proprio al fine di evitare la fotosegnalazione a bordo da parte delle autorità italiane;
    il regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, nato per contrastare il fenomeno del cosiddetto asylum shopping (la presentazione della richiesta di protezione in più Paesi), appare del tutto inadeguato a gestire i flussi migratori attuali, impedisce, di fatto, la necessaria solidarietà europea nella gestione delle domande di protezione e incentiva fenomeni di fughe collettive dai centri di prima accoglienza e, quindi, di «clandestinizzazione» dei migranti;
    occorre segnalare, inoltre, come non sia stato organizzato nel nostro Paese un sistema di prima accoglienza idoneo alla portata del fenomeno delle migrazioni e, in particolare con riferimento ai richiedenti asilo, siano state utilizzate strutture di accoglienza del tutto improprie e al limite della dignità umana;
    negli ultimi anni per fronteggiare situazione di emergenza si è assistito al moltiplicarsi dei cosiddetti «centri informali», centri di prima accoglienza attivati dai prefetti ai sensi del decreto-legge n. 451 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 563 del 1995 (cosiddetta legge Puglia), in luoghi spesso non idonei a ricevere ed ospitare degnamente e per periodi medio-lunghi un numero consistente di persone, come palestre e palasport. Lo stesso vale nel caso in cui i centri siano allestiti, sempre su indicazione dei prefetti, in locali privati altrettanto inidonei allo scopo e sulla base di procedure emergenziali, che non consentono di valutare la congruità delle spese di affitto o dei canoni di requisizione. In tali centri i migranti attendono anche oltre due mesi per formalizzare la propria richiesta d'asilo in assenza delle più basilari attività di supporto legale e psicologico;
    particolarmente drammatica è, poi, la situazione dei centri di prima accoglienza per minori non accompagnati, che pure hanno diritto a particolari garanzie internazionali che trovano giustificazione nella loro vulnerabilità: sempre più spesso i minori vengono tradotti in strutture di prima accoglienza al collasso e impreparate ad un sostegno specifico. I tempi di trasferimento in comunità idonee ad accogliere i minori sono lunghi e le fughe dai centri di accoglienza per minori sono state ampiamente documentate anche da fonti giornalistiche. Di fatto, il nostro Paese perde le tracce della gran parte dei minori che sbarcano sulle coste;
    la salvaguardia della vita umana in mare è un principio giuridico fondamentale e inderogabile ed è alla base del diritto internazionale del mare operante anche nelle attività di contrasto di eventuali natanti che trasportino migranti a fini di sfruttamento o favoreggiamento dell'immigrazione irregolare;
    tra le diverse convenzioni operanti nel diritto internazionale vi è anche il protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, firmato a Palermo il 15 dicembre 2000, ratificato e reso esecutivo con legge 16 marzo 2006, n. 146, che prevede, tra l'altro, l'obbligo di assicurare l'incolumità e il trattamento umano delle persone a bordo di un'imbarcazione sospettata di trasportare migranti in condizioni irregolari (articoli 9, paragrafo 1(a), e 18, paragrafo 5) e l'obbligo di proteggere e assistere le vittime di traffico, in particolare donne e bambini (articolo 16);
    anche l’ articolo 7 del decreto del Ministero dell'interno del 14 luglio 2003 prevede che l'azione di contrasto debba essere sempre improntata alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della persona. In ogni caso lo stesso articolo 7 prevede che la visita a bordo di mercantili sospettati di essere coinvolti nel traffico di migranti deve avvenire in una cornice di massima sicurezza, onde salvaguardare l'incolumità del team ispettivo e dei migranti stessi, e che, qualora si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia;
    nello specifico, sui richiedenti asilo, che rappresentano la grande maggioranza dei migranti, la decisione assunta dal Ministero dell'interno, con circolare del 19 marzo 2014, di distribuire nel territorio nazionale, a cura delle prefetture, i richiedenti asilo, ben lungi dall'essere una misura straordinaria necessitata dalla saturazione dei posti di accoglienza dovuta ad arrivi massicci ed imprevedibili, è ancora una volta conseguenza diretta della mancata riforma di norme confuse e non coordinate tra loro e della conseguente pluriennale mancanza di un piano nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo e di integrazione sociale dei titolari di protezione;
    la Libia, Paese di partenza della maggior parte dei migranti diretti in Italia, vive un momento di gravissima crisi politica. Il Governo del Paese non ha una sovranità certa sul territorio e specialmente nella fascia costiera sono ampiamente documentate lesioni collettive gravissime ai diritti dei profughi. Il Paese non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1951. Si hanno notizie certe di fenomeni di schiavizzazione, reclusioni all'interno di strutture lager, stupri di massa. Ogni atto teso esclusivamente a scoraggiare i rifugiati presenti in Libia a prendere il mare significherebbe, quindi, esclusivamente esporli a rischi gravissimi per la loro incolumità fisica e psicologica;
    è evidente che non esiste una correlazione tra le scelte interne di politica migratoria dei singoli Stati europei. L'inasprimento delle normative, o il suo contrario, non hanno avuto effetti su flussi che dipendono esclusivamente da ragioni politiche e sociali nel continente africano. Sarebbe necessaria una politica comune dell'Unione europea per gestire in maniera unitaria il fenomeno delle migrazioni che sia improntata all'accoglienza e alla necessità di un rilancio della cooperazione internazionale, tesa alla promozione dei diritti e delle tutele, quale unica via per contrastare gli esodi di massa,

impegna il Governo:

   a sbloccare immediatamente i fondi per il finanziamento dei programmi di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, portando il sistema Sprar alla sua piena operatività e trasferendo in tempi brevi in detti programmi i richiedenti asilo attualmente accolti presso strutture provvisorie;
   ad attuare centri di accoglienza decentrata di dimensioni medio-piccole, finanziati dallo Stato e gestiti dai comuni con le professionalità richieste anche dalle direttive dell'Unione europea, e a disporre la chiusura immediata dei centri provvisori di prima accoglienza gestiti dalle prefetture, in cui la libertà personale è stata sottoposta ad evidenti limitazioni, anche oltre 48-96 ore, in assenza di un provvedimento amministrativo formale e della doverosa convalida da parte dell'autorità giudiziaria, in conformità a quanto previsto dall'articolo 13 della Costituzione;
   a prevedere la progressiva fuoriuscita dall'emergenza, adeguando il sistema d'accoglienza italiano a quanto previsto dalla normativa interna ed internazionale;
   a implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei minori non accompagnati, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni e, dall'altro, garantendo loro una rete di protezione che preveda tutele particolari riconosciute ai minori a garanzia della loro particolare vulnerabilità;
   a farsi promotore di un'iniziativa tesa a sospendere l'applicazione del regolamento cosiddetto Dublino III e a stabilire con gli Stati aderenti a tale accordo nuove regole che permettano ai richiedenti asilo di raggiungere in condizioni di sicurezza il Paese in cui intendono fare richiesta d'asilo;
   a porre in sede europea il tema della garanzia della libera circolazione dei rifugiati negli Stati dell'Unione europea, estendendo a tali soggetti i diritti previsti per i cittadini europei dal trattato di Schengen, permettendo così un'allocazione libera, e dunque più razionale, dei flussi migratori;
   a rivedere al più presto gli accordi bilaterali vigenti con l'Egitto, la Nigeria e la Tunisia, che consentono il rimpatrio immediato anche prima che possa essere depositata un'istanza di protezione internazionale, sulla quale dovrebbe decidere l'apposita commissione territoriale e non l'autorità di polizia in frontiera;
   a farsi portatore in sede europea di un'iniziativa che porti al definitivo superamento del sistema Frontex, affinché quelle risorse e professionalità siano finalizzate in primis ad organizzare un efficiente sistema di monitoraggio e soccorso;
   a porre in sede europea la questione dell'indifferibilità dell'apertura di canali di «accesso protetto», che tramite corridoi umanitari garantiscano la possibilità ai migranti di fare richiesta di asilo direttamente nei Paesi di transito, come l'Egitto, per poi poter entrare in Europa in sicurezza.
(1-00466)
«Palazzotto, Migliore, Fratoianni, Duranti, Di Salvo, Piazzoni, Piras, Scotto, Fava, Marcon, Pannarale, Ricciatti».
(15 maggio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 18 ottobre 2013, a seguito dell'ennesima grave tragedia avvenuta pochi giorni prima, con il naufragio e la morte di quasi 200 migranti, in gran parte eritrei e somali, è stata avviata da parte dell'Italia un'importante operazione militare ed umanitaria nel Mar Mediterraneo meridionale, denominata Mare Nostrum, allo scopo, da un lato, di assicurare la salvaguardia delle vite dei migranti in mare, anche alla luce delle numerose vittime tra donne e bambini, e, dall'altro, di sottrarre gli stessi migranti alla rete di traffici illeciti nella quale restano invischiati nel tentativo disperato di giungere in Italia;
    dall'ottobre 2013 sono state tratte in salvo più di diciannove mila persone e, qualora non vi fosse stato un così imponente sforzo da parte dell'Italia, probabilmente si sarebbe assistito in questi mesi a tragedie e numeri di morti ancora più imponenti di quelli che, purtroppo, si sono comunque verificati, come testimoniato anche dalle notizie giunte il 14 maggio 2014 sull'ennesima strage avvenuta alle porte del nostro Paese;
    tuttavia, il costo stimato dell'operazione Mare Nostrum, pari a circa 9 milioni di euro al mese interamente a carico del nostro Paese, ha messo in evidenza come la risposta a tale fenomeno non possa più essere data adeguatamente a livello nazionale, ma richiede un deciso e complessivo intervento a livello dell'Unione europea;
    va, altresì, sottolineato che i profondi cambiamenti politici e sociali avvenuti nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno contribuito a determinare un profondo cambiamento nella qualità dei flussi migratori, sempre più caratterizzati da migranti in fuga da guerre e persecuzioni e aventi titolo al riconoscimento dello status di rifugiato internazionale, e sempre meno caratterizzati da migranti meramente economici, in cerca di un'opportunità di vita migliore;
    l'impossibilità per molti di loro di potersi trasferire liberamente in altri Paesi dell'Unione europea, ove spesso risiedono familiari e parenti già da tempo integrati ed insediati, ha portato all'ulteriore conseguenza per la quale molti potenziali beneficiari di protezione internazionale rifiutano di farsi riconoscere una volta giunti in Italia nella speranza di potere, magari di nuovo clandestinamente, raggiungere i propri familiari nei Paesi del nord Europa, come sta avvenendo proprio in questi giorni con i profughi siriani accampati nella stazione di Milano;
    al fine di ridurre i numeri di questa silenziosa strage in mare, nonché quelli di chi illecitamente lucra sul traffico di esseri umani, potrebbe essere di cruciale importanza l'apertura di presidi dell'Unione europea nei Paesi di origine o di transito dei migranti, al fine di raccogliere le eventuali richieste di protezione internazionale prima del loro imbarco clandestino;
    occorre, dunque, un vero cambio di passo anche a livello europeo, sulla base della considerazione che le vite soccorse in mare rappresentano un valore assoluto, che ai beneficiari di protezione internazionale vada riconosciuto il diritto di circolare e soggiornare all'interno dell'Unione europea e che, se l'Italia costituisce la frontiera a sud dell'Unione europea, un'efficace risposta a questo fenomeno non può che essere data politicamente ed economicamente a livello europeo;
    del resto, lo stesso direttore dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, Morten Kjaerum, durante la sua audizione alle Commissioni riunite affari costituzionali, giustizia e politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati e politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica, tenutasi nella giornata di martedì 13 maggio 2013, ha affermato che «sul tema della condivisione degli oneri derivanti dal fenomeno migratorio da parte di tutti i Paesi Ue, non ci sono ancora soluzioni», ma servono certamente interventi «sostenibili e di lungo periodo»;
    in questo quadro, è auspicabile un deciso rafforzamento delle strategie di partenariato con i Paesi di origine e con quelli di transito dei flussi migratori, nonché il potenziamento dei programmi di protezione regionali esistenti, condotti in collaborazione e d'intesa con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, anche al fine di approntare standard adeguati di assistenza, in linea con quelli europei, relativi alle persone bisognose di protezione internazionale,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi europee, volta a trasformare l'operazione Mare Nostrum in un'operazione dell'Unione europea, sulla base della consapevolezza che le vite salvate in mare aperto sono un valore assoluto, e a promuovere un più stretto coordinamento delle attività di pattugliamento del Mediterraneo con le attività di cooperazione operativa con i Paesi di origine e di transito dei flussi;
   ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi internazionali ed europee, volta a modificare i criteri enunciati nel regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III), al fine di favorire un ampliamento delle possibilità di ricongiungimento dei richiedenti protezione internazionale ad altri familiari, oltre alle ipotesi già previste dal capo III del predetto regolamento;
   a perseguire il progetto di reciproco riconoscimento dello status di protezione internazionale rilasciato da uno Stato membro da parte di tutti gli altri partner europei, in modo da permettere la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato dell'Unione europea;
   a sostenere, in accordo con gli altri partner dell'Unione europea, l'opportunità di un trasferimento della sede di Frontex in un'area geograficamente collocata al centro del Mediterraneo;
   ad adottare ogni iniziativa utile, d'intesa con i partner europei, al fine di valutare la possibilità che nei Paesi di origine o di transito siano istituiti presidi dell'Unione europea per un preventivo screening delle domande dei richiedenti protezione internazionale, anche al fine di evitare che i migranti possano diventare merce per i trafficanti di esseri umani;
   a compiere ogni sforzo, anche sul piano bilaterale, per stipulare accordi di cooperazione con i Paesi terzi da cui provengono, o attraverso i quali transitano, i migranti diretti in Europa;
   ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee volta a predisporre un piano integrato delle misure di accoglienza a livello europeo – anche in attuazione dell'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, laddove sancisce che i principi della solidarietà e dell'equa ripartizione della responsabilità non sono limitati al solo piano finanziario – nonché ad incrementare le misure di accoglienza riservate ai richiedenti asilo non abbienti, dotando di adeguate risorse finanziarie gli strumenti normativi deputati a trasporre nell'ordinamento italiano le due direttive europee contenute nel disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre» (A.C. 1836), relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e all'esame delle relative domande.
(1-00467)
«Fiano, Andrea Romano, Agostini Roberta, Bersani, Bindy, Cuperlo, D'Attorre, Marco Di Maio, Fabbri, Famiglietti, Gasparini, Giorgis, Gullo, Lattuca, Lauricella, Marco Meloni, Naccarato, Piccione, Pollastrini, Richetti, Rosato, Francesco Sanna, Beni, Moscatt, Chaouki».
(15 maggio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    l'operazione militare ed umanitaria nel Mar Mediterraneo meridionale, denominata Mare Nostrum, è iniziata il 18 ottobre 2013 al fine di fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria in corso nello stretto di Sicilia, determinato dall'eccezionale afflusso di migranti. L'operazione Mare Nostrum ha un duplice obiettivo: a) quello di garantire la salvaguardia della vita in mare; b) quello di assicurare alla giustizia tutti coloro i quali lucrano sul traffico illegale di migranti. Per assolvere a questi compiti, essa prevede il rafforzamento delle attività correlate con il controllo del flusso migratorio ed il potenziamento dell'attuale dispositivo militare di sorveglianza aeromarittima;
    in una recente audizione effettuata il 29 aprile 2014 nelle Commissioni parlamentari affari esteri e difesa del Senato della Repubblica, il direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ha fornito alcuni dati che evidenziano come nel nostro Paese siano giunte circa 25 mila persone, con un forte aumento rispetto al 2013 ed in linea con i dati del 2011, in cui si era registrato un picco degli arrivi in conseguenza del fenomeno delle cosiddette «primavere arabe». Lo stesso direttore ha espresso la preoccupazione che il numero dei migranti possa ulteriormente aumentare con l'arrivo dell'estate, anche perché, secondo le informazioni raccolte, in Nord Africa ci sarebbero tra le 600 e le 800 mila persone potenzialmente intenzionate ad affrontare la traversata del Mediterraneo;
    il problema dell'immigrazione è particolarmente complesso e delicato e riguarda soprattutto, in questo momento storico, la grave instabilità politica dei Paesi africani del Mediterraneo e di quelli dell'Africa sub sahariana. Infatti, la ciclicità delle crisi che attraversano quei Paesi, dovuta alla fragilità degli equilibri politici interni e dei loro apparati statuali, fanno si che il fenomeno dell'immigrazione abbia natura strutturale e non emergenziale e sia dovuto a problemi non solo economici, ma anche e soprattutto a motivazioni politiche. Ciò cambia il profilo dei flussi migratori che, inizialmente originati dal desiderio o dalla necessità di fuggire da luoghi devastati da guerra e persecuzione, sono oggi determinati in larga parte dalla richiesta di diritto d'asilo;
    i cosiddetti «viaggi della speranza» partono da Eritrea, Mali, Siria, Gambia, Somalia, Senegal, Pakistan, Nigeria ed Egitto dove sono in corso guerre e persecuzioni;
    è vero che il fenomeno dell'immigrazione desta particolare preoccupazione, ma è anche vero che, a partire dall'eccezionale ondata migratoria, le misure approntate hanno ampliato la possibilità di fronteggiare in modo sicuro il fenomeno. Infatti, il dispositivo di sorveglianza delle frontiere e di soccorso in mare per il controllo dei flussi migratori che riguardano il canale di Sicilia, costituito proprio dall'operazione Mare Nostrum allo scopo di impedire naufragi e morti, ha funzionato e sta funzionando bene se è vero che, a partire dal 18 ottobre 2014, oltre 19 mila persone sono state tratte in salvo;
    è da considerare, comunque, che l'attuazione dell'operazione Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9 milioni di euro al mese ed è chiaro che, senza l'intervento della comunità internazionale, il nostro Paese non può reggere una pressione migratoria così forte;
    è, quindi, essenziale che l'Unione europea si faccia carico dei problemi legati all'immigrazione sia rafforzando il ruolo di Frontex, sia sollecitando gli Stati membri dell'Unione europea ad assumersi un impegno più diretto nelle operazioni gestite dall'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea e volte al controllo della frontiera marittima;
    è necessario, quindi, che Frontex assuma il coordinamento non solo delle attività di pattugliamento del Mediterraneo, ma anche delle attività di cooperazione operativa con i Paesi di origine e di transito dei flussi, anche al fine di garantire il controllo delle frontiere e la lotta all'immigrazione illegale;
    in questo quadro, pur tenendo conto dell’ instabilità della gran parte dei Paesi del Nord Africa, un elemento significativo ed utile potrebbe risultare quello legato alle strategie di partenariato con i Paesi di origine ed anche con quelli di transito dei flussi migratori;
    è necessario, altresì, per affrontare il problema migratorio alle sue radici, l'intervento diretto dell'Unione europea direttamente nelle aree di origine del fenomeno, potenziando i programmi di protezione regionali esistenti, condotti in collaborazione e d'intesa con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. È opportuno, quindi, che nei Paesi da cui nascono i maggiori movimenti migratori vengano approntati standard adeguati di assistenza, in linea con quelli europei che riguardano le persone bisognose di protezione internazionale;
    è necessario, peraltro, accrescere i mezzi finanziari che alimentano tali programmi. Un maggiore intervento in questa direzione non può, inoltre, prescindere dalla disponibilità degli Stati membri a mettere a disposizione risorse finanziarie più consistenti in modo da collegare il fenomeno migratorio a nuove opportunità di sviluppo che aiutino i Paesi destinatari delle forme di assistenza tecnica ad acquisire livelli crescenti di autosufficienza ed autonomia;
    le politiche di cooperazione devono mirare non solo all'assistenza nel luogo di origine, ma anche a migliorare le capacità dei migranti, con il duplice obiettivo di incrementare la possibilità per gli stessi di essere inseriti con maggiore preparazione e competenza nel mondo del lavoro. Vanno in questo senso gli accordi europei in materia di lavoro, che riguardano i Paesi di origine dei flussi verso l'Italia. Si ricordano, in proposito, gli accordi conclusi con l'Egitto, l'Albania, la Moldavia e lo Sri Lanka;
    occorre, altresì, intervenire per modificare il regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, sul diritto di asilo. Infatti, secondo le norme vigenti, attualmente lo Stato membro responsabile dell'esame dell'istanza è quello in cui è avvenuto l'ingresso, regolare o meno, del richiedente asilo. Tutto ciò ha determinato difficoltà di accertamento dell'identità di migranti in arrivo. Se vengono identificati in Italia e viene loro riconosciuto lo status di richiedenti asilo non possono più muoversi sul suolo europeo, mentre spesso cercano di ricongiungersi a parenti o comunità che risiedono in centro o nord Europa con ogni mezzo;
    superare il regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, significherebbe consentire il trasferimento legale di queste persone. Infatti, fin quando non si permetterà al richiedente asilo o al rifugiato di spostarsi all'interno dell'Europa secondo la propria volontà, continueranno a sussistere condizioni generali di estrema e difficile complessità, come l'aumento di flussi incontrollati verso altri Stati membri ed onerosi ri-trasferimenti nel nostro Paese. È, quindi, di importanza fondamentale che nei Paesi vengano istituiti presidi dell'Unione europea per consentire di raccogliere da subito le intenzioni del migrante. Infatti, i dati acquisiti dimostrano come l'intenzione dei migranti non sia quella di rimanere nel nostro Paese, ma di raggiungere un'altra destinazione in Europa;
    la necessità di rendere più efficace il sistema di accoglienza presuppone la velocizzazione dell'esame della decisione delle istanze di protezione internazionale. Il Governo ha risposto in modo idoneo a queste domande, incrementando le commissioni territoriali che sono destinate a questo importante compito. Occorre, comunque, che una volta adottata la richiesta, la persona che ottiene il diritto di asilo non debba necessariamente restare in Italia, ma che l'asilo debba essere sviluppato in termini di diritto in tutta l'Unione europea,

impegna il Governo:

   nel corso del prossimo semestre di Presidenza dell'Unione europea, che andrà ad iniziare il 1o luglio 2014, a porre con forza sul tavolo del Consiglio europeo la questione della diversità della pressione migratoria che l'Italia subisce rispetto agli altri partner europei nello spirito dell'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale sancisce che i principi della solidarietà e dell'equa ripartizione della responsabilità non sono limitati al solo piano finanziario;
   a sottolineare l'alto valore umano rappresentato dall'operazione Mare Nostrum posta in essere dal nostro Paese richiedendo, per tale motivo, ai partner europei una partecipazione attiva alla medesima;
   a proporre modifiche ai criteri enunciati nel regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III) in modo da favorire il ricongiungimento dei richiedenti protezione internazionale ad altri parenti, oltre a quelli enunciati nel capo III del predetto regolamento;
   a perseguire il progetto di reciproco riconoscimento dello status di protezione internazionale rilasciato da uno Stato membro da parte di tutti gli altri partner europei, in modo da permettere la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato dell'Unione europea;
   ad incentivare il ruolo di Frontex in modo da assumere la regia ed il coordinamento non solo delle attività di pattugliamento del Mediterraneo, ma anche delle attività di cooperazione operativa con i Paesi di origine e di transito dei flussi;
   a sostenere, rispetto ai partner europei, come ha sostenuto in Parlamento il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, l'opportunità «di portare la sede di Frontex al centro del Mediterraneo, dove è in corso la partita cruciale dell'immigrazione»;
   ad esplorare, con i partner europei, la possibilità che, nei Paesi di origine o di transito dei richiedenti protezione, possano essere aperti presidi dell'Unione europea per un preventivo screening delle domande e per evitare che essi possano cadere nelle mani dei «mercanti di uomini»;
   a compiere ogni sforzo, anche sul piano bilaterale, per stringere accordi di cooperazione con i Paesi terzi da cui provengono o attraverso cui transitano i migranti diretti in Europa;
   ad incrementare le misure di accoglienza riservate ai richiedenti asilo non abbienti, dotando di adeguate misure di copertura finanziaria gli strumenti normativi deputati a trasporre nell'ordinamento le due direttive europee – attualmente contenute nel disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre» (A.C. 1836) – relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e all'esame delle relative domande, in modo da ottenere un sistema più rapido per la selezione degli aventi diritto e più efficiente per adempiere gli obblighi internazionali ai quali comunque l'Italia è sottoposta.
(1-00468) «Dorina Bianchi, Leone».
(15 maggio 2014)