XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 10 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO PRESSO I CALL CENTER PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Audizione di rappresentanti di Assotelecomunicazioni – Asstel.
Damiano Cesare , Presidente ... 2 
Avenia Cesare , Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel ... 2 
Damiano Cesare , Presidente ... 7 
Boccuzzi Antonio (PD)  ... 7 
Piccolo Giorgio (PD)  ... 8 
Albanella Luisella (PD)  ... 8 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Avenia Cesare , Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel ... 9 
Fedriga Massimiliano (LNA)  ... 10 
Avenia Cesare , Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel ... 10 
Damiano Cesare , Presidente ... 11 
Avenia Cesare , Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel ... 11 
Damiano Cesare , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti di Assotelecomunicazioni-Asstel ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Assotelecomunicazioni – Asstel.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano, l'audizione di rappresentanti Assotelecomunicazioni – Asstel. Sono presenti Cesare Avenia, presidente; Raffaele Nardacchione, direttore; e Marco Rendina, responsabile lavoro e relazioni industriali.
  Nel ringraziarli per la loro presenza, do loro la parola. Avverto che i rappresentanti di Asstel hanno messo a disposizione della Commissione una documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).

  CESARE AVENIA, Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati per questo invito, che ci dà la possibilità prima di tutto di presentarvi cosa è Asstel e cosa facciamo nella nostra associazione e poi di rispondere ai temi che questa Commissione vuole approfondire per quanto riguarda il mondo dei call center.
  L'associazione che io rappresento nel sistema di Confindustria è un'associazione relativamente giovane, nata poco più di dieci anni fa, dopo che il settore delle telecomunicazioni fu liberalizzato. È stata fondata nel 2002 ed ha avuto un'evoluzione incredibile, come l'ha avuta il nostro settore, cioè il settore delle telecomunicazioni.
  In particolare ci tengo a ribadire – pochi lo sanno – che la nostra si è evoluta come un'associazione di filiera, nel senso che l'evoluzione del business rappresentato dalle nostre aziende ha comportato sempre di più la necessità di vedere a 360 gradi tutta la problematica delle telecomunicazioni.
  Pertanto, pur essendo una situazione in cui i soci inizialmente erano gli operatori di telecomunicazioni, immediatamente tra i soci fondatori dell'associazione ci sono state tutte le società che hanno visto nelle telecomunicazioni un'opportunità di business quanto più allargata.
  In particolare, attualmente Asstel è composta da tre anime. È un'associazione di filiera che vede da una parte gli operatori di telecomunicazione e dall'altra i fornitori di apparati e servizi di rete. Io stesso, oltre a essere presidente dell'associazione, sono anche il presidente di Ericsson Telecomunicazioni che, come sapete, è un'azienda di telecomunicazioni legata a una multinazionale, ma presente in Italia ormai circa 100 anni (quindi, ha vissuto tutta l'evoluzione delle telecomunicazioni in questo Paese). Io, come presidente di Ericsson, rappresento in particolare tutta la parte dei fornitori di apparati e servizi di rete.Pag. 3
  L'altra componente importante di Asstel è quella degli outsourcer di customer care e vendita. Ci sono quindi tre anime: gli operatori, i fornitori di servizi e apparati di rete e gli outsourcer.
  Per darvi un'idea della composizione delle persone che rappresentiamo nell'associazione, basti pensare che tutte le nostre associate occupano complessivamente 120 mila dipendenti. Faccio uno zoom un po’ più dettagliato sulla parte dei call center. In tutta l'associazione sono rappresentati 40.000 addetti di call center, che sono per metà addetti di aziende di outsourcer di call center (che fanno call center puro) e per l'altra metà addetti di call center che sono ancora nell'ambito degli operatori.
  Come voi sapete, il call center prima era una delle funzioni importanti dell'operatore di telecomunicazioni che gestiva in monopolio le telecomunicazioni in Italia (la famosa SIP o, andando ancora più indietro, l'Azienda di Stato per i servizi telefonici). Poi ci fu la liberalizzazione e tutte le componenti furono messe dentro un'unica azienda, che si chiama Telecom Italia. La liberalizzazione ha portato la crescita di questo business anche nell'ambito degli altri operatori. Da qui è nata l'esigenza di outsourcing di alcuni operatori.
  Questo business è andato sempre più evolvendosi. Attualmente il fatturato delle grandi imprese che svolgono customer care in outsourcing associate in Asstel, che occupano i famosi 20.000 dipendenti, è circa la metà di quello complessivo del comparto. So che c’è stata l'audizione del presidente di Assocontact, un'associazione gemella, che, tra l'altro, adotta il nostro stesso contratto di lavoro, di cui poi parlerò e di cui noi siamo titolari. Assocontact rappresenta circa la metà dei 1.300 milioni di euro fatturato del settore dell’outsourcing. Una metà la rappresentiamo noi e l'altra metà Assocontact.
  Il business model dei call center si è venuto affermando negli anni 1990. Le esigenze delle imprese di telecomunicazioni sono state sempre supportate da una crescita significativa. È stato un business model che noi abbiamo inventato al nostro interno per esportarlo all'esterno. Esportare all'esterno il business model significa che molte altre filiere hanno incominciato ad adottare esattamente lo stesso tipo di approccio.
  Attualmente, in assoluto soltanto una quota tra il 40 e il 50 per cento del fatturato complessivo degli outsourcer afferisce alle aziende di telecomunicazioni. Il business model si è quindi evoluto e molte altre filiere, tra cui quella dell'energia e quella della pubblica amministrazione, hanno utilizzato lo stesso business model. Di conseguenza, in questo momento possiamo dire che metà del business sta nell'ambito della telecomunicazione e l'altra metà sta in tutte le altre filiere che lo utilizzano.
  Come dicevo poc'anzi, noi, come Asstel, stipuliamo il contratto nazionale delle telecomunicazioni. È un contratto di filiera e, come tale, è un contratto molto innovativo. Posso dire senza tema di essere smentito che abbiamo delle relazioni industriali sufficienti, anzi positive.
  Abbiamo recentemente rinnovato il nostro contratto nazionale di lavoro e una serie di problematiche del mondo dei call center sono state affrontate dal nostro contratto, via via che aumentava l'incidenza di questo business model, anche nell'ambito delle altre filiere. Ovviamente, non essendoci altri tipi di contratti, il nostro è diventato sempre più il contratto di riferimento per questo tipo di lavoratori.
  Cosa abbiamo rinnovato nel nostro contratto di lavoro per prevedere il trattamento di questa tipologia di lavoro ? In particolare, già nel 2005 abbiamo introdotto una specifica regolamentazione degli appalti. L'articolo 53 del nostro contratto nazionale di lavoro prevede una serie di clausole di rispetto delle norme contrattuali e di leggi, la limitazione della possibilità di ricorrere al subappalto da parte delle aziende appaltatrici nei soli casi in cui ciò sia previsto dal capitolato di appalto e per le attività indicate tassativamente dal capitolato stesso, nonché l'inserimento nei contratti di forme di tutela Pag. 4per contrastare eventuali forme di lavoro irregolare o sommerso da parte dei subappaltatori. Sono tutte previsioni che fin dal 2005 noi avevamo inserito in questo articolo 53 del nostro contratto nazionale del lavoro.
  Nell'ultimo rinnovo contrattuale, che abbiamo sottoscritto con le rappresentanze sindacali il 1o febbraio 2013, abbiamo rafforzato ulteriormente quest'articolo 53, in primo luogo ispirato a princìpi di eticità. Il grande travaglio dell'ultimo rinnovo contrattuale ha visto salire il livello di attenzione da parte del sindacato su tutta una serie di fenomeni che avvenivano sul territorio e che mettevano in evidenza il fatto che le previsioni del contratto, che erano già significative su questo aspetto, non andavano oltre la legge.
  Noi abbiamo accettato la sfida e abbiamo previsto nel nostro contratto una serie di princìpi di eticità a cui le imprese committenti di appalti di attività di call center devono attenersi nel conferire un appalto. Io cito le più importanti, per esempio la consistenza imprenditoriale dell'appaltatore o del gruppo di appartenenza, che garantisca tanto l'autonomia organizzativa che quella finanziaria derivante da una diversificazione del portafoglio ordini. Qui volevamo affrontare il problema di aziende di call center che nascono, lavorano solo per un operatore e poi muoiono alla prima difficoltà.
  Un altro principio è l'assenza di procedure concorsuali in atto al momento della stipula. Tanti avventurieri nascono, partono con la loro attività di call center, ma non hanno la consistenza. C'erano addirittura casi di procedure concorsuali in atto.
  Il sindacato ha insistito moltissimo e alla fine abbiamo accettato di prevedere nel nostro contratto anche il fatto che quel contratto deve essere applicato nel caso in cui noi facciamo degli appalti. C’è proprio la previsione dell'applicazione del contratto nazionale delle telecomunicazioni o di un contratto nazionale complessivamente equivalente. Non si possono fare appalti se l'azienda che vuole fare l'appalto non ha un contratto nazionale significativo, e in particolare noi prevediamo che questo sia il contratto delle telecomunicazioni, come contratto simbolo che dia certi tipi di garanzie.
  Un altro criterio è la presenza di un codice etico aziendale dell'appaltante e dell'appaltatore coerente con i princìpi di responsabilità sociale d'impresa. Su questo abbiamo insistito molto, perché ovviamente è interesse di tutti nella nostra filiera avere comportamenti etici e responsabilmente sociali.
  Un altro principio è l'assenza, all'atto della stipula o dell'eventuale rinnovo del contratto di fornitura, di comportamenti o situazioni in contrasto con i princìpi di garanzia della legalità.
  Al di là dell'enunciazione generica dell'eticità a cui noi volevamo che tutti i nostri associati e chi faceva gli appalti sottostessero, abbiamo elencato questi esempi.
  In particolare, l'articolo 53, che è il cuore del nostro contratto che regola questo aspetto, ha previsto delle specifiche regole di confronto sindacale per le ipotesi di cambio appalto che generino gravi crisi occupazionali. Noi abbiamo previsto nel contratto che, in caso di un cambio di appalto, ci sia la possibilità di attivare un tavolo di confronto con i sindacati, per indirizzare eventuali gravi crisi occupazionali che dovessero derivare da quel cambio di appalto.
  Non ci siamo fermati qui. Dopo il 1o febbraio 2013, quindi dopo il rinnovo del contratto, si è posta la questione dei LAP (lavoratori a progetto). Insieme ad Assocontact, abbiamo stipulato con CGIL, CISL e UIL, e in particolare con SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL, un accordo economico collettivo, firmato il 1o agosto 2013. Questo accordo determina il compenso dei lavoratori a progetto addetti ad attività di vendita, recupero crediti e ricerche di mercato.
  Questo è stato anche un imbarazzo per certi versi. Credo che sia stato il primo esempio di accordo in cui abbiamo incominciato a mettere delle regole sul salario per lavoratori che non sono dipendenti. È Pag. 5stato veramente innovativo. Ovviamente, poiché era il primo caso che si poneva, abbiamo chiesto in Confindustria l'autorizzazione. Poiché la legge prevedeva che ci fosse un collegamento con un contratto nazionale, noi ci siamo offerti e, quindi, abbiamo fatto questo accordo.
  In questo modo, infatti, abbiamo dato attuazione al comma 7 dell'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 (il cosiddetto «Decreto sviluppo»), il quale subordina l'utilizzo dei lavoratori a progetto per le attività sopradescritte all'individuazione di un compenso minimo da parte della contrattazione collettiva di riferimento. L'abbiamo fatto.
  Per effetto di questo accordo, è stato stabilito un compenso orario minimo garantito, attualmente pari a 4,78 euro. Questo compenso minimo è collegato alla dinamica dei minimi contrattuali del contratto nazionale delle telecomunicazioni e cresce in parallelo con questi. C’è quindi un aggancio diretto.
  Inoltre, il meccanismo di calcolo del compenso stabilito nell'accordo è tale che, attraverso gli incentivi riconosciuti per le vendite andate a buon fine, un lavoratore a progetto è messo in condizione di percepire un compenso alternativo ben più elevato e collegato ai risultati, il che vuol dire, in parole povere, che il lavoratore percepirà il compenso più alto tra i due. Se va bene l'attività di vendita che fa, guadagna di più, ma se non va bene, ha un minimo garantito.
  Oggi la filiera delle telecomunicazioni attraversa una fase di grande difficoltà, che solo in parte è riconducibile alla situazione economica del Paese. Dal 2006 le telecomunicazioni stanno vivendo una decrescita continua. Ormai è una situazione praticamente strutturale a cui stiamo facendo riferimento.
  Sto facendo un discorso sulla filiera, ma in particolare su chi, nella filiera, rappresenta la parte più elevata. Infatti, tutta la filiera è alimentata dai ricavi degli operatori e questi, come tutti noi sappiamo, sono continuamente in decrescita e, tra l'altro, devono servire anche a fornire agli operatori delle comunicazioni – non ce lo dimentichiamo mai – le capacità di investimento, che sono quelle fondamentali per dotare questo Paese di un'infrastruttura strategica, quale quella della larga banda. Gli operatori dal 2006 stanno vivendo questo momento, ormai strutturale, di ricavi sempre decrescenti. Questo ovviamente è ben rappresentato nei dati che noi proponiamo.
  Sempre in base al nostro contratto nazionale delle telecomunicazioni, abbiamo superato il vecchio concetto degli osservatori, ma facciamo ogni anno un forum. Recentemente, tra l'altro, abbiamo cambiato anche il supporto, che prima ci veniva offerto da una società di consulenza privata: adesso siamo passati al Politecnico di Milano, che ci assiste in questo lavoro.
  È un lavoro che, insieme ai sindacati, facciamo anno dopo anno, cercando di definire meglio quali sono i dati che ci possono consentire un'analisi dell'andamento della filiera. Questi sono dati che pubblichiamo, insieme al sindacato, in un forum che facciamo annualmente. Quest'anno prevediamo di farlo a settembre.
  Comunque, i dati che vengono fuori da questo rapporto ovviamente sono quelli di una forte e reale competizione tra gli operatori. Tutti sappiamo che il prezzo finale ai consumatori del prodotto delle comunicazioni è quello che in assoluto ha avuto il trend di decrescita maggiore. Noi abbiamo preso un grafico dell'Agcom, in cui considerando pari a 100 le tariffe al dicembre 2005, a marzo del 2013 i servizi telefonici erano a 89, 2, mentre la raccolta dei rifiuti era a 141 e l'energia elettrica a 137. Tutti gli altri consumi erano cresciuti. Forse quello che era cresciuto di meno era il canone televisivo, ma comunque anche quello era a 118,7. I servizi telefonici, messi tutti insieme, erano scesi all'89,2. Sono dati incontrovertibili.
  C’è stata negli ultimi tempi un'espansione sempre maggiore del business dei fornitori di contenuti. Sono nuove aggregatori e produttori di dispositivi che offrono servizi cosiddetti over the top, che bypassano gli operatori di telecomunicazioni. Da una parte, gli operatori di telecomunicazioni Pag. 6continuano a fare gli investimenti per la larga banda e, dall'altra parte, le entrate che prima erano di esclusivo appannaggio degli operatori adesso prendono anche altre vie.
  C’è un forte intervento del regolatore nazionale ed europeo. Ovviamente un altro tema che ci piace segnalare in quest'occasione e l'unico elemento che noi vediamo di prospettiva futura e di positività del nostro settore è l'implementazione dell'Agenda digitale. Tuttavia, conosciamo i ritardi e la difficoltà che l'implementazione dell'Agenda digitale sta incontrando. Ha incontrato nel passato la difficoltà di avere delle date certe per abituare i cittadini a un maggiore utilizzo del mezzo trasmissivo.
  Questi sono i motivi per i quali noi riteniamo che i ricavi degli operatori siano in decrescita negli ultimi tempi.
  Un altro fattore di crisi è connesso proprio – vengo a un evento più specifico, che vi fa capire come incide in tutto questo mondo l'attività dei call center – all'aspetto regolatorio dei servizi di assistenza alla clientela. In questo caso, la regolamentazione del settore delle telecomunicazioni fissa degli obiettivi di qualità minima, nel tempo sempre più stringenti, e parallelamente prevede per il canale telefonico un generale principio di gratuità per il cliente, che parte proprio da quando c'era il monopolio.
  Questi elementi, secondo noi, in un'epoca di forte contrazione delle risorse, riducono sensibilmente lo spazio per considerare i servizi di assistenza una leva competitiva e tendono a concentrare gli sforzi dei gestori nell'unica prospettiva della riduzione dei costi.
  Se c’è una competizione e c’è una riduzione dei costi all'utente, il servizio di assistenza al cliente è per definizione gratuito e la conseguenza è quella che noi vediamo. Le caratteristiche di questo impianto regolamentare, secondo noi, non sono più adeguate e sono tali da mettere in discussione la sostenibilità di questo modello di assistenza telefonica ai clienti tramite operatori.
  Noi, come Asstel, ci siamo attivati già nel maggio del 2013 rivolgendoci ad AGCOM, che aveva posto in consultazione una revisione e un ulteriore inasprimento degli obiettivi qualitativi in questione, che portano a disfunzioni sulla funzionalità.
  Assistevo stamattina alla relazione del Garante della privacy, che lamentava il famoso problema delle chiamate mute. Se qualcuno vuole approfondire e capire cosa c’è dietro le chiamate mute, deve sapere che c’è un sistema (deciso dall'AGCOM) che impone di rispondere entro un certo tempo, per cui se un operatore nel frattempo ha preso un'altra chiamata e il buffer delle code si è esaurito, praticamente la chiamata che è stata piazzata non riceve più assistenza da parte dell'operatore, proprio perché questi tempi sono estremamente veloci.
  Noi auspichiamo che la consultazione avviata dall'Autorità per questo nostro stimolo conduca a un assetto più moderno e favorevole a questo importante comparto, che possa contribuire così al rilancio di servizi di assistenza specializzati e di qualità, a tutto vantaggio degli operatori e degli stessi utenti finali.
  Stiamo dicendo: eliminiamo questo concetto di gratuità. Permettiamo che si sviluppi un'ulteriore dinamica in questo tipo di settore, perché c’è la possibilità di dare un servizio di qualità all'utente finale. Sarà l'utente alla fine a giudicare se questo è un servizio che merita e che ha valore.
  Un'altra nota che ritengo opportuno inserire riguarda il tema della privacy, che spesso è chiamata in causa in associazione a processi di outsourcing di servizi, che comportano il trattamento di dati da parte di operatori situati fuori dal territorio nazionale. Noi riteniamo che le motivazioni a supporto non appaiono significative, perché ci sono stati una serie di interventi da parte del Garante della privacy per quanto riguarda le garanzie relative ai dati dei clienti nella legislazione corrente, sia nazionale che europea, che prevede già delle norme dirette alla tutela della riservatezza dei dati, anche in caso di flussi transfrontalieri.Pag. 7
  Nella relazione che noi depositeremo al termine della mia presentazione c’è una nota molto dettagliata su questo punto, che abbiamo pensato di mettere in allegato.
  Mi avvio alla conclusione, per dire che il quadro generale esposto determina nelle politiche industriali degli operatori telefonici la necessità di confrontarsi con una competizione aggressiva.
  Ho citato una riduzione sempre significativa dei margini, che mette a rischio sempre di più gli investimenti del settore. È chiaro che, da questo punto di vista, noi richiediamo forti interventi di ristrutturazione. L'ultimo contratto è stato un successo, però vi assicuro che immediatamente dopo la firma del contratto si è chiusa una stagione di difficoltà (perché non riuscivamo a chiudere il contratto) e si è aperta la stagione delle revisioni dei contratti delle singole aziende. Devo dire che da questo punto di vista c’è stato un grande senso di responsabilità da parte dei sindacati. Sono venute fuori una serie di attività di ristrutturazione e un ampio ricorso alla solidarietà.
  Vorrei concludere, presidente, con le proposte. Dal nostro punto di vista, cosa pensiamo che si debba fare per una ripresa sana di questo comparto industriale ? Soltanto a livello esemplificativo e non esaustivo, intendo porre all'attenzione di questa Commissione cinque punti, che secondo noi sono qualificanti. Sono tutti punti che noi come Asstel stiamo portando avanti in maniera efficace con il nuovo Governo.
  Il primo è attivare misure di defiscalizzazione degli investimenti, per consentire una sana e robusta politica degli investimenti. Ormai non è più rinviabile la dichiarazione che l'infrastruttura a larga banda è un'infrastruttura strategica per il Paese. Ci stiamo lavorando con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dello sviluppo economico e con la Presidenza del Consiglio. È un punto fondamentale sul quale noi ci dobbiamo impegnare.
  Occorrono misure che bilancino l'incidenza dell'IRAP, per ridurre l'incidenza del costo del lavoro. So che è stato detto a questa Commissione anche da altri colleghi. Non è pensabile che il carico dell'IRAP nel nostro settore, che è molto human intensive, non venga in qualche modo equilibrato. Non è possibile che un'azienda per la quale il costo del lavoro rappresenta l'85 per cento dei propri costi paghi i livelli di IRAP che paga attualmente.
  Al terzo punto mettiamo le misure che permettono di avere organizzazioni del lavoro più innovative e tecnologicamente più avanzate. Noi siamo quelli che sono più avanti in termini di utilizzazione di nuovi strumenti di organizzazione del lavoro. Tuttavia, spesso facciamo fatica a metterli in campo, proprio perché ci sono altri tipi di resistenze.
  Auspichiamo inoltre misure salariali e contrattuali più aderenti alla produttività e alla qualità del servizio.
  Infine, come dicevo prima, su questa benedetta Agenda digitale dobbiamo accelerare il processo di attuazione. Questa è l'unica speranza che noi abbiamo perché la nostra filiera complessivamente torni a crescere. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ANTONIO BOCCUZZI. Innanzitutto ringrazio l'ingegnere Avenia per la sua relazione. Condivido le politiche da lui illustrate rispetto agli appalti e ai subappalti. Ritengo molto importante anche l'iniziativa rispetto a eventuali tavoli di crisi che dovessero generarsi in caso di cambiamento di appalto.
  Come lei ricordava, l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 prevede una modifica rispetto alla possibilità di utilizzare lavoratori con contratto a progetto in attività di outbound.
  Lei ha illustrato una serie di misure interessanti, anche rispetto a un sistema premiante, seppur a mio avviso a fronte di una paga oraria che a me personalmente lascia alcune perplessità. La mia domanda Pag. 8è: quale percentuale di lavoratori ha un contratto a progetto rispetto al totale dei lavoratori occupati in attività outbound ?

  GIORGIO PICCOLO. Anch'io ringrazio per l'illustrazione. È chiaro che, come dicevate anche voi, siamo di fronte a un settore innovativo, perché da pochi anni è in atto il processo di liberalizzazione, che ha creato delle opportunità.
  Lei faceva riferimento al margine rispetto alla crisi e anche rispetto all'elemento delle liberalizzazioni. Se confrontiamo le tariffe prima del 2002 e quelle di oggi, è chiaro che il processo di liberalizzazione, se è vero, deve portare anche a questo.
  Io credo che siano positive alcune questioni che ha segnalato. Io sono d'accordo con il mio collega: stiamo parlando di un costo del lavoro contenuto. Non mi riferisco al costo del lavoro complessivo, ma alla paga dei lavoratori, che è abbastanza contenuta. Tuttavia, alcuni aspetti sono significativi. Come lei diceva, c’è la possibilità di evitare subappalti e di prevedere lo stesso contratto per gli appalti. Questo significa evitare di mettere il costo del lavoro in funzione di una necessità aziendale. Mi riferisco anche all'accordo sui contratti a progetto.
  Possiamo parlare di fatti innovativi e positivi, che potrebbero essere di riferimento per il mondo del lavoro più complessivo, perché questa è una delle questioni negative che esistono nel mondo del lavoro.
  Vorrei sottolineare due punti. Lei parlava della crisi. Con la liberalizzazione, avendo contratti di riferimento, anche se su costi contenuti, è chiaro che si possono scaricare gli effetti o sul costo del lavoro oppure sui servizi all'utenza. Si dovrebbe immaginare una premialità rispetto al servizio. Capisco che l'utente può scegliere anche rispetto al servizio e non solo ai costi, però lo può fare solo dopo. Da questo punto di vista, credo che si dovrebbe creare un meccanismo di premialità.
  L'altra questione che lei non ha trattato è la delocalizzazione. Nelle altre audizioni abbiamo visto che qualche azienda, forse vostra associata, pratica la delocalizzazione, che, insieme agli altri fenomeni, è un fenomeno importante.
  Noi capiamo la delocalizzazione in funzione del cliente. Se si prende un cliente in Romania, è giusto spostare il call center in Romania, se parliamo di una multinazionale oppure della possibilità di avere altri mercati, specialmente in Europa, ma non si può prendere un cliente in un Paese e gestirlo in un altro.
  Visto che avete parlato di codice etico, e visto che la Confindustria parla addirittura, giustamente, di escludere alcune aziende, voi avete previsto di escludere dalla vostra associazione quelle aziende che praticano la delocalizzazione ? Capisco che dobbiamo eliminare le gare al ribasso e altri fenomeni. Avete questa attenzione su un tema che credo sia cruciale rispetto a quei settori, visto che gli avventurieri vanno all'estero ?

  LUISELLA ALBANELLA. Sulla questione degli appalti, voi avete detto che avete messo in piedi all'interno del contratto alcune regole importanti.
  Avete anche detto che per voi è superata la questione dell'osservatorio. Nelle audizioni che noi stiamo facendo è riemersa la necessità di ripristinare l'Osservatorio nazionale, che è quello che funzionò negli anni 2007-2009 e diede la possibilità di fare un tavolo nazionale, ovviamente formato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dello sviluppo economico. La fase due di questo osservatorio, che fu eliminato dal Governo Berlusconi, era quella di mettere in piedi un tavolo di confronto con i committenti pubblici e privati per evitare quello che succede con le gare al massimo ribasso. Cosa pensate di questo ?
  Voi dite che nel contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni, sottoscritto da Asstel, è prevista la possibilità di un confronto con le organizzazioni sindacali quando avviene il cambio d'appalto. Vorrei sapere cosa pensate della possibilità di inserire una clausola sociale, così come previsto in altri contratti, che garantisca i Pag. 9lavoratori dei call center quando finisce un appalto e subentra un'altra committenza.
  L'INPS ci ha fatto un esempio. Loro hanno formato degli operatori e, se non c’è una clausola sociale nei contratti e non c’è un obbligo per l'azienda che subentra di tutelare questi lavoratori, si disperde una professionalità acquisita dagli operatori e ciò comporta per loro un ulteriore costo per formarli un'altra volta.
  Sareste d'accordo a inserire nelle norme contrattuali una clausola di questo tipo, che garantisca i lavoratori nel caso di cambi d'appalto ?
  Infine, voi sapete che uno dei problemi più gravi che noi abbiamo in questo momento in questo settore è quello delle delocalizzazioni, specialmente quando queste avvengono in Paesi al di fuori dell'Unione europea. Debbo dire che alcuni problemi li abbiamo anche quando si delocalizza in Paesi dell'Unione dove il costo del lavoro è più in basso. In alcune audizioni sì intravedeva la contrarietà agli incentivi che vengono dati a pioggia. Occorrerebbe quindi modificare le modalità con cui vengono dati gli incentivi. Molti dicevano che si traducono in concorrenza sleale, se vengono dati in una certa maniera.
  Tuttavia, è anche vero che alcune aziende delocalizzano in Paesi extraeuropei e in Paesi europei dove il costo del lavoro è più basso. Anche in questo caso c’è una concorrenza sleale, se noi, con un appalto italiano, diamo la possibilità di andare in realtà dove il costo del lavoro è più basso. C’è anche un'incongruenza: noi poniamo l'attenzione sulla questione degli incentivi, perché questi creano concorrenza sleale, però la concorrenza sleale è anche quella di utilizzare un appalto italiano in una realtà dove il costo del lavoro è più basso, trasferendo in un'altra parte dell'Europa un appalto italiano, con personale del posto.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  CESARE AVENIA, Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel. È stato chiesto quanti sono in totale i LAP a cui si applica il trattamento outbound dell'accordo. Si applica a tutti. Sono quasi tutti outbound. Comunque, è uno dei temi che noi andremo a coprire con il forum che faremo quest'anno con i sindacati. C’è sicuramente uno zoom un po’ più particolare su questo tipo di problematica, però la prima risposta che mi viene è che sono quasi tutti. Vedremo un dettaglio un po’ più preciso nel prossimo forum.
  È stato tirato fuori il discorso sulla delocalizzazione e, più in generale, sulla nostra posizione sul sistema degli incentivi. Noi l'abbiamo già espressa in altre occasioni: siamo contrari agli incentivi nel momento in cui vanno ad alterare la competizione tra le imprese e siamo contrari agli incentivi nel momento in cui fanno nascere delle aziende che poi non hanno la capacità di sopravvivere e di stare sul mercato.
  In quella previsione che vi ho letto dell'articolo 53 del nostro contratto, che è stata l'oggetto della grande battaglia del sindacato e su cui alla fine abbiamo trovato, secondo noi, un accordo più che ragionevole, i princìpi di eticità servivano proprio a affrontare quei casi, cioè a dire, perlomeno alle aziende di cui noi rispondiamo, che sono le aziende committenti iscritte ad Asstel, di impegnarsi a rispettare questi obiettivi di eticità. Andiamo oltre la legge e ci impegniamo, cosa che è avvenuta.
  Sulla delocalizzazione, signori, il problema che noi abbiamo è rendere il Paese più competitivo. È il problema dei problemi. Mi rendo conto che è un problema difficile, però è un problema che io, come presidente di Asstel, consegno a voi parlamentari. Dateci una mano a far sì che questo Paese sia più competitivo.
  Il mercato delle telecomunicazioni ha dimostrato – e noi siamo orgogliosi di questo – che funziona bene con le regole che ci sono. Forse c’è troppa regolamentazione. Vi ho dato un esempio di quali sono le regole che ci fanno soffrire e vi ho detto anche cosa chiediamo all'AGCOM di fare per cambiare, però noi siamo del parere che con ulteriori regole andiamo a Pag. 10imbrigliare ulteriormente questo mercato. Anzi, a questo punto dobbiamo prendere atto di queste regole e congelarle. Gli investimenti, anche da parte degli investitori stranieri, vengono fatti quando c’è stabilità nelle regole e nel mercato.
  Dobbiamo soltanto rimboccarci le maniche e far sì che il Paese diventi più competitivo. Vi assicuro che, se l'imprenditore ha la possibilità di agire per essere sempre più competitivo e dare una qualità del lavoro sempre maggiore, non ha nessuna esigenza e nessun motivo per la delocalizzazione.
  Noi siamo contrari a stabilire ulteriori regole. Queste regole sono state introdotte in altri Paesi e non hanno funzionato. Porre delle ulteriori regole al mercato del lavoro, che già ne ha tante di questo tipo, secondo noi, non è la risposta giusta.
  In particolare, c’è stato l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, su cui noi abbiamo chiesto dei chiarimenti alla Comunità europea. Abbiamo chiesto una circolare interpretativa, che ha chiarito alcuni dubbi. Ovviamente noi speriamo che la legge venga migliorata e che la norma primaria venga corretta, perché quell'articolo 24-bis ha creato dei problemi e ha richiesto che ci fossero dei chiarimenti.
  Sul discorso del trattamento dei dati e della privacy, a cui ho fatto riferimento nella mia relazione, esistono delle regole molto chiare e precise, che spiegano come si fa, anche nel caso in cui andiamo fuori dall'Unione europea, a gestire la privacy e il trattamento dei dati. Da questo punto di vista, noi pensiamo che un intervento sarebbe opportuno.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Mi scusi, vorrei dire una cosa su questo argomento. Mi sembra che la domanda del collega, almeno per come l'ho interpretata io, fosse se, come associazione di categoria, siete disponibili a escludere dall'associazione stessa i vostri associati che decidono di fare politiche di dumping sociale, ovvero di far competere i lavoratori del nostro Paese con lavoratori dell'India, ma anche di altri Paesi europei.
  Perché le domando questo ? Io faccio parte di un gruppo di opposizione e, quindi, potrei dire che bisogna abbassare le tasse, diminuire il costo del lavoro ed eliminare la burocrazia. Non c’è dubbio che ci siano interventi da fare, ma, detto questo, ho dei dubbi che il nostro Paese possa essere competitivo in questo settore con Paesi come India, Romania, Albania e altri, sburocratizzando e abbassando un po’ il costo del lavoro. Si può fare, se decidiamo che il costo della vita in Italia dimezza, però gli stipendi sono quelli.
  Sicuramente si può migliorare la situazione, ma perché rimangano gli appalti nel nostro Paese e, quindi, si garantisca lavoro ai cittadini del nostro Paese, quale strategia si può seguire ? Se da una parte la diminuzione della burocrazia e l'eliminazione delle tasse sul lavoro rappresentano sicuramente una strada percorribile, credo che ci debba essere anche un impegno da parte degli operatori di settore a penalizzare chi fa concorrenza sleale da altre parti, perché di concorrenza sleale si tratta.
  Abbiamo visto casi di call center in India (faccio un esempio che è sotto gli occhi di tutti) con persone che lavorano 18 ore al giorno con salari minimi. È chiaro che è una concorrenza sleale, perché esistono diritti del lavoro e contratti che vengono fatti in quel Paese, con orari di lavoro che nel nostro Paese fortunatamente non si possono mettere in atto.

  CESARE AVENIA, Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel. Il senso della mia risposta è questo: noi abbiamo leggi e regole che devono essere rispettate. Al di là delle leggi e delle regole che devono essere rispettate – ovviamente è compito del Governo farle rispettare – noi ci siamo fatti carico di una serie di previsioni nel nostro contratto nazionale del lavoro per impedire quello che ci stava più a cuore, ovvero la nascita del disagio sociale per effetto di problemi generati dalle nostre aziende committenti di grandi appalti sul territorio. Ci sono una serie di regole che sono state previste nel nostro contratto perché questo non accada.Pag. 11
  Circa la concorrenza sleale, noi siamo i primi che ne soffriamo, ma ci sono leggi e regole che vanno rispettate e non spetta a noi farle rispettare. Noi siamo assolutamente a favore di queste leggi e regole. Non siamo a favore di ulteriori leggi e regole, perché quelle che ci sono, secondo noi, sono più che sufficienti per far sì che la concorrenza sleale (se è sleale è contro la legge) venga contrastata.
  Quali sono le altre leggi che dobbiamo introdurre ? Altre leggi per irreggimentare ancora di più il lavoro ? Secondo noi, ce ne sono già a sufficienza e basta farle rispettare. Questa è la nostra posizione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente. Prima che lei vada via, vorrei fare qualche osservazione. Non sono delle vere e proprie domande, ma, se lo ritiene, potrà rispondere.
  Mi collego a quello che diceva l'onorevole Fedriga: noi stiamo imparando molto con questa audizione. Sentiamo gli operatori dei settori. Lei lo ha illustrato bene: non c’è soltanto il call center, ma abbiamo una complessità. È un mondo in parte nuovo. Forse per la politica lo è sicuramente. Sentiremo le organizzazioni sindacali.
  È evidente che c’è un'avversione all'eccesso di regole. Io mi limito a dire questo: il vostro è un buon contratto. Io sono un negoziatore e, quindi, lo apprezzo. Il vostro contratto stabilisce una regola, in base alla quale, nel caso di subappalto, colui che prende l'appalto deve applicare questo contratto delle telecomunicazioni o un contratto equivalente. Secondo lei, questa regola potrebbe essere recepita come indicazione legislativa ?
  In secondo luogo, voi avete fatto una cosa eccellente: siete i primi che avete fissato – non sto a dire se la cifra di 4,78 di euro è buona o cattiva – un compenso minimo per il lavoro a progetto. Qui c’è l'onorevole Gribaudo, che si è occupata nella Commissione del tema dell'equo compenso. A noi sta molto a cuore l'equo compenso. Come si fa a tradurre un equo compenso lo sappiamo. Se le parti sociali intervengono con un accordo, per me l'accordo è il vertice dell'avviso comune. L'avviso comune è un entente cordiale, mentre l'accordo è un compromesso fra le parti. Io accetto quell'accordo: 4,78 euro.
  Se voi, che avete tra le vostre fila committenti e operatori, vi siete spinti fino a questo punto, che neanche io conoscevo – lo confesso, bisogna sempre essere onesti – e che apprezzo molto, secondo lei, è condivisibile l'attuale meccanismo degli appalti al massimo ribasso, nel quale anche alcuni vostri committenti e associati impongono un massimo ribasso, che è persino inferiore al costo orario di 4,78 euro che avete stabilito per il lavoro a progetto ? Non parlo del lavoro subordinato, che è sicuramente superiore.
  Non è il caso che la legge intervenga per correggere questa stortura ? Altrimenti funzionerà come dice l'onorevole Fedriga: la concorrenza sleale si eserciterà nei Paesi nei quali è possibile che venga esercitata, cioè in Paesi comunitari e in particolare extracomunitari.
  Io credo che dai colloqui che noi stiamo facendo emerga che un punto cardine è sicuramente la fissazione del compenso orario minimo per qualsiasi tipo di lavoro, che è contenuta, del resto, nella delega in discussione attualmente al Senato.
  Il secondo punto è quello dell'intervento per una regolamentazione migliore del massimo ribasso, che impedisca questi atteggiamenti elusivi di un minimo riconoscimento salariale correlato a un contratto, ad esempio attraverso misure standard che scorporino il costo del lavoro dal massimo ribasso.
  Siamo d'accordo con voi sugli incentivi. Basta – lo dico io – agli incentivi che valgono tre anni, per aziende che nascono e muoiono nell'arco di tre anni, perché vi fanno una concorrenza indebita, basata sugli incentivi che diventano sconto sul costo del lavoro.
  Le ho posto due domande. Se vuole, può rispondere.

  CESARE AVENIA, Presidente di Assotelecomunicazioni – Asstel. Comincio dalla seconda. È un accordo relativamente recente. Pag. 12Voglio spiegare bene qual è il senso di quella cifra di 4,78 d i euro. A parte il fatto che è un valore che cambia negli anni, è mobile ed è già collegato, quindi c’è già un collegamento e un incremento, è il valore minimo che fa un lavoratore del settore outbound nel momento in cui si mette al telefono ed è talmente «sfigato» – scusate il termine – che non porta a casa neanche un contratto.
  Dopodiché, poiché il suo lavoro è invece quello di portare a casa i contratti, nel momento in cui porta a casa i contratti sicuramente prende di più. È quindi un valore minimo di partenza, che tendenzialmente cresce e, comunque, è collegato con il minimo contrattuale del contratto delle telecomunicazioni. C’è questo doppio collegamento.
  Per quanto riguarda le gare al massimo ribasso, noi in generale non le facciamo. Noi abbiamo una fortuna: siamo aziende che hanno rapporti di partnership e sanno giudicarli. Quando fanno gli affidamenti, le aziende li fanno sulla base di rapporti di partnership. Se decide di cambiare l'appalto, a parte quello che è previsto nel contratto, ovvero che ci si deve fare carico dell'eventuale problema sociale che si va a generare, quell'azienda ha investito nei rapporti con il partner e, quindi, ha una perdita secca. Se lo fa, ci devono essere delle motivazioni sicuramente significative.
  Quante sono le altre aziende, in particolare, per esempio, aziende dello Stato, che hanno questa sensibilità ? Noi in qualche modo dobbiamo garantire la competizione e dobbiamo garantire che non ci siano «mazzette». Dobbiamo garantire che le gare vengano assegnate in perfetta trasparenza. Dobbiamo garantire tutto questo. Purtroppo, proprio la pubblica amministrazione a volte è schiava di questo ed è costretta a fare la gara al massimo ribasso. Noi, con le nostre aziende, non la facciamo mai, perché una gara al massimo ribasso non tiene conto di un rapporto di partnership e di una qualità del committente, con tutti gli investimenti che sono stati fatti.
  Quello dei call center è un processo produttivo che cambia continuamente, grazie agli investimenti. Il nostro è un modello virtuoso, perché gli operatori investono sui propri collaboratori di call center all'interno, sperimentano un'evoluzione del processo e poi lo vanno a richiedere agli outsourcer che stanno fuori. Se l’outsourcer non ha questo legame stretto con l'operatore, che determina questa evoluzione tecnologica, rimane sempre uguale e non capisce quali sono le opportunità dinamiche di valorizzazione e di investimento.

  PRESIDENTE. Non vorrei essere stato equivocato: per me quello dei 4,78 di euro è un dato molto positivo. Non è negativo. Equivale a 827 euro lordi mensili, perché il lavoro standard di un operaio metalmeccanico è di 173 ore, come lei sa. Basta fare la moltiplicazione. Ho arrotondato all'eccesso. È chiaro che parlo di un lordo. Il netto sarà 600 euro, ma è un salario in evoluzione.
  Aver fissato per il lavoro a progetto un compenso minimo, come lei ha detto, secondo me è un passo avanti importantissimo, che dovrebbe essere preso a riferimento. Ci aiuterà sicuramente anche da un punto di vista legislativo quando affronteremo questo problema.
  Ho voluto chiarire questo punto, perché magari era stato inteso in senso negativo. Nessuno lo ha mai fatto.
  Ringrazio i rappresentanti dell'Asstel per il contributo all'indagine e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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