XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 9 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Sky Italia Srl.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Gerritsen Eric , Vice Presidente Comunicazione e affari pubblici di Sky Italia Srl ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 9 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 10 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 10 
Coppola Paolo (PD)  ... 10 
Mauri Matteo (PD)  ... 11 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 12 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 12 
Gerritsen Eric , Vice Presidente Comunicazione e affari pubblici di Sky Italia Srl ... 12 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Sky Italia Srl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Sky Italia Srl.
  Ringrazio Eric Gerritsen, Vice Presidente Comunicazione e affari pubblici di Sky Italia per aver accolto il nostro invito e saluto anche i membri della delegazione.
  Do la parola a Eric Gerritsen per la relazione introduttiva.

  ERIC GERRITSEN, Vice Presidente Comunicazione e affari pubblici di Sky Italia Srl. Onorevole presidente Meta, onorevoli deputati, intanto la nostra azienda vi ringrazia per averci concesso l'opportunità di esprimere in questa sede la nostra opinione sul sistema dei servizi di media audiovisivi, sistema nevralgico del Paese, soprattutto in un'epoca di grandi cambiamenti come quella odierna.
  Avrebbe voluto essere qui il nostro amministratore delegato, Andrea Zappia, ma per ragioni familiari ha dovuto rinunciare e mi ha chiesto di sostituirlo. Naturalmente porto a tutti voi il suo saluto.
  Come da voi stessi riconosciuto nel documento di apertura, il sistema radiotelevisivo sta attraversando una forte rivoluzione tecnologica, dovuta in primo luogo al processo di convergenza tecnologica che non è più in fieri, ma è in atto.
  L'evoluzione ha già fatto sì che i contenuti audiovisivi possano essere trasmessi attraverso una molteplicità di strumenti e di modalità sconosciute fino a un recente passato. Occorre prendere atto dell'esistenza di un mercato unico, in cui tutti gli operatori competono per l'attenzione degli stessi spettatori indipendentemente dal modello di business applicato. Questo è per noi un punto importante, ossia l'esistenza di un mercato unico.
  Prima ancora di analizzare come la regolamentazione vada adattata alla nuova conformazione del mercato, l'ideale sarebbe superare definitivamente alcuni retaggi del passato che hanno fortemente sbilanciato il mercato, come vedremo nel prosieguo del mio intervento.
  Prima di entrare nel merito di questo, però, vorrei spendere alcune parole sull'industria televisiva e sul contributo che in questi anni Sky ha portato al sistema. Quello dell'intrattenimento televisivo è uno dei settori cresciuti maggiormente negli ultimi dieci anni in termini di ricavi – parliamo di circa 2,3 miliardi di euro in più – e anche in termini di occupazione.
  L'aspetto preoccupante è che a questa crescita non è corrisposto un livello di redditività interessante: i quattro operatori principali nel 2012 (ultimi dati ufficiali disponibili per tutti) hanno generato un EBIT complessivo di appena 31 milioni di euro, con un margine di appena lo 0,4 per Pag. 4cento. Quello della redditività è, quindi, un problema – forse il primo – di questa industria.
  Questo indicatore ci segnala una forte criticità per tutto il sistema e, vista la velocità con cui questo mercato sta evolvendo, rende ancora più necessari interventi tempestivi e coraggiosi che possano restituirgli prospettive di crescita e di ritorno alla redditività.
  Come dicevo, vorrei spendere qualche parola su quello che è stato l'impatto di Sky sul mercato televisivo e sul sistema economico. Sky rappresenta il più grande investimento estero in Italia degli ultimi dieci anni, con oltre 16 miliardi di euro di investimenti con effetti diretti cumulati pari al 2,2 per cento del Pil del 2013, e ben 7,2 miliardi investiti solo nello sport italiano. Questo impegno ha portato occupazione per più di 5.500 persone, tra dipendenti e collaboratori, e ha creato un indotto di oltre 13.500 persone occupate, portando grande innovazione e stimolo all'industria creativa.
  I nostri dipendenti hanno un'età media di 35 anni e il 50 per cento sono donne. Questo rappresenta una vera e propria ricchezza dell'azienda; sono proprio i più giovani infatti a spingere nella direzione di un'innovazione tecnologica e creativa capace di competere ai più alti livelli. A loro il merito di aver creato tecnologie come la digital key, un sistema per ricevere il segnale del digitale terrestre; a loro il merito di aver ideato la funzione restart, che consente, a film iniziato, di ricominciare a vederlo dall'inizio. Sembrano cose scontate ma vi assicuro che in termini di tecnologia richiedono sforzi e investimenti. Sono sempre loro ad aver prodotto «Gomorra», la serie TV italiana più venduta all'estero. Mi fa inoltre piacere, in questa occasione, confermare che sono stati avviati i lavori per «Diabolik – La Serie» e «The Young Pope», due produzioni internazionali che saranno realizzate in Italia, a Cinecittà, con l'intervento di due premi Oscar, Dante Ferretti e Paolo Sorrentino.
  Sempre queste persone, con grande attenzione ai nostri abbonati, hanno concepito, sviluppato e lanciato con successo una serie di nuovi servizi come Sky go e Sky on-demand.
  Sky go è un'offerta a disposizione di tutti i clienti di Sky per accedere ai canali più importanti ed a un'ampia library di contenuti: al 30 giugno 2014, più di 2 milioni di abbonati di Sky si erano dotati di questo servizio. Per darvi un numero indicativo, lo scorso week-end quasi 700 mila persone hanno effettuato l'accesso a Sky go.
  Sky on-demand è l'offerta video on demand (VOD) di Sky mediante il quale gli utenti connettono il loro decoder per accedere ad una amplissima offerta di contenuti su richiesta. Anche quest'offerta sta avendo molto successo. Al 30 giugno 2014 più di un milione di abbonati avevano aderito a questo servizio, connettendo il loro decoder a Internet e accedendo così a una grande quantità di contenuti.
  Mi piace anche fare un breve riferimento a un recente accordo tra Sky e Telecom Italia, grazie al quale dal 2015 i nostri clienti potranno guardare i loro programmi preferiti dei nostri canali via internet, attraverso le reti broadband di Telecom Italia con un decoder My Sky HD appositamente creato in Italia da Sky. Ciò mi consente di ribadire che Sky è un operatore multipiattaforma e non può essere considerato un semplice operatore della TV via satellite. Confinare Sky in questo recinto, come spesso è accaduto in termini di percezione ma anche di regolamentazione, significa non definire correttamente la natura della presenza di Sky nel sistema televisivo italiano. Il contributo è fondato sulla centralità dei programmi, che sono decisivi per la loro qualità, per la loro capacità differenziante, ma anche per l'innovazione tecnologica con cui vengono resi disponibili, su qualsiasi piattaforma.
  Quello che oggi vorrei sottolineare è che, probabilmente, l'unico player che ancora ci considera per piattaforma, ci considera satellitare, è la Lega di serie A, che continua a fare dei bandi per piattaforma.
  Tengo anche molto a sottolineare l'impegno che Sky ha profuso nel mondo artistico e culturale. Nel novembre 2012 Pag. 5abbiamo lanciato il primo canale interamente dedicato all'arte. Sky Arte HD è un canale che rappresenta una grande vetrina per la creatività e il talento italiano, un po’ in tutti gli ambiti, dalla letteratura alla fotografia, dalla grafica alla pittura e alla musica, con un focus su design e arte contemporanea.
  Mi fa piacere ricordarvi che Sky Arte ha già lanciato venticinque produzioni originali sul patrimonio artistico italiano e promosso oltre mille eventi culturali sul territorio attraverso il «Calendario dell'arte». Mi piace anche, in questa sede, citare il programma «7 meraviglie», in cui raccontiamo agli italiani, ma non solo, sette grandi tesori dell'arte italiana, dal Colosseo alla Reggia di Caserta.
  Mi piace soprattutto pensare che, fino a qualche anno fa, queste produzioni venivano acquistate magari dalla Bbc, poi venivano tradotte in italiano e venivano mandate sulle reti italiane. Abbiamo cambiato questa modalità, abbiamo creato valore in questo sistema, ed è un impegno su cui continueremo a lavorare.
  Vorrei adesso entrare nel merito di quello che noi riteniamo essere il problema centrale dello sviluppo della televisione italiana, ossia il tema del digitale terrestre e la gestione delle frequenze.
  L'avvento del digitale terrestre, tramite il processo di switch-off conclusosi nel 2012, ha rappresentato un fattore di forte discontinuità nel panorama televisivo italiano e ha anche confermato l'unicità del mercato audiovisivo, poiché l'offerta multicanale su DTT rappresenta oggi un effettivo concorrente per il bouquet di Sky.
  È il caso di osservare che sotto il profilo dell'iniezione di concorrenza effettiva nel mercato, lo sviluppo del DTT in Italia rappresenta fino ad oggi un'occasione non sfruttata e rappresenta un unicum in Europa. All'origine di questo vi è la forte anomalia italiana nella gestione delle radiofrequenze. All'inizio dello switch-off, contrariamente agli altri Paesi, le frequenze sono state assegnate ai broadcaster non solo nella misura sufficiente per ospitare i canali terrestri esistenti, ma addirittura secondo un rapporto di 1 a 1 fra il canale e il mux. Senza ragioni oggettive, e senza corrispettivi, per ciascun canale analogico detenuto è stato attribuito un mux digitale, ovvero una serie di frequenze tale da trasmettere, secondo la qualità prescelta, fra i 6 e i 10 canali DTT. Con l'analogico, si restituiva un canale e ne venivano dati da 6 a 10 per quanto riguarda la nuova era digitale. Quindi, è stato fatto un cadeau all'emittenza italiana. A questa scelta iniziale si sono aggiunte ulteriori scelte che hanno rapidamente consentito a RAI e Mediaset di detenere – caso unico in Europa – ben 5 mux a testa e quindi, cumulativamente, un numero di mux superiore a quelli che sono accesi in qualsiasi Paese europeo. Senza soffermarci su questo o quell'operatore, la quantità di frequenze assegnate alla TV terrestre in Italia è molto superiore a quella assegnata in altri Paesi europei. In Italia sono stati assegnati 19 mux nazionali, altri 3 sono stati recentemente messi all'asta, con risultati deludenti, contro il numero molto inferiore, da 3 a 8 mux, assegnati negli altri Paesi (come Francia, Germania, Spagna e Inghilterra, Paesi paragonabili per popolazione), senza considerare che in alcune realtà è anzi già iniziato un processo di riduzione.
  In Spagna il 6 maggio 2014 sono state interrotte le trasmissioni di ben 9 su 24 canali DTT (3 di Atresmedia, 2 di Mediaset, 2 di Veo TV e 2 di Net TV), a seguito di una decisione del 2012 della Corte Suprema spagnola, in quanto la Corte ha ritenuto che tali canali non erano già presenti in analogico e sono stati trasmessi su banda assegnata gratuitamente agli incumbent. Inevitabile il paragone con l'Italia, dove i canali DTT in chiaro – tutti trasmessi su banda assegnata gratuitamente – sono 86 e si aggiungono a quelli a pagamento disponibili sullo stesso segmento trasmissivo.
  Vorrei spendere qualche parola sull'ultima gara per le frequenze basata su un meccanismo a cui Sky ha deciso di non partecipare, in primis perché le regole imposte per la gara dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni imponevano di partecipare per un unico mux, senza Pag. 6nemmeno poter scegliere, essendo Sky confinata all'eventuale gara per il peggiore fra i 3 mux in gara, per il quale come del tutto preventivabile nessuno ha presentato un'offerta. Questo è il vulnus che ha portato a una serie di altre problematiche di cui mi accingo a rendervi conto.
  Credo che rispetto a questo trend di assegnare mux le uniche lodevoli eccezioni siano rappresentate da due canali, Discovery e Cielo di Sky.
  In questo quadro, un serio tentativo di riforma non potrebbe che partire dalla disciplina delle radiofrequenze: non solo, come è ovvio, recuperando il terreno perduto sulla strada del coordinamento internazionale delle frequenze, ma anche guardando al sistema delle comunicazioni nel suo complesso e quindi agli orientamenti comunitari e all'Agenda digitale. È tempo che anche il legislatore e il regolatore, come le stesse aziende, inizino a vedere le diverse tecnologie trasmissive come veicoli alternativi per la trasmissione dei contenuti audiovisivi e inizino a concepire la regolamentazione, quando possibile, secondo criteri di neutralità tecnologica.
  Procederò nella relazione evidenziando alcune delle anomalie conseguenti all'aver gestito le radiofrequenze in questa maniera. La prima è sicuramente la tematica Auditel, quindi la competizione per gli ascolti, tema importante perché è quello che poi definisce i ricavi pubblicitari. Sotto questo profilo, Auditel sta compiendo dei progressi, sia pure lenti, su un cammino nel quale è destinata a dover inseguire i sempre più rapidi cambiamenti di mercato. Come ultimo esempio delle dinamiche che caratterizzano Auditel, mi piace citare la recente decisione, che accogliamo favorevolmente, se sarà realizzata, di allargare il campione dalle attuali 5.200 a circa 15.000 famiglie. Si tratta di una decisione evidentemente necessaria proprio alla luce delle peculiarità del mercato televisivo italiano, che fanno sì che ad oggi le rilevazioni dei canali più piccoli siano soggette a un significativo margine di errore.
  Mi piace pensare che Auditel sia stata indotta a questa decisione anche dall'annuncio, da parte di Sky, di un proprio investimento per la realizzazione di uno smart panel di ben 10.000 propri abbonati per la misurazione precisa dei loro ascolti. Lo smart panel non serviva per motivi pubblicitari, ma per comprendere i gradimenti, quindi per motivi editoriali.
  Vorrei cogliere questa occasione per ricordarvi che il nostro modello di business fa sì che circa il 92 per cento dei nostri ricavi derivino da abbonamento e l'8 per cento circa arriva da pubblicità. Quindi, il mercato pubblicitario è importante, ma il nostro modello di business mette al centro il cliente. Il modello di business Rai ha due terzi dei suoi ricavi da canone e un terzo da pubblicità; quello di Mediaset è prevalentemente fatto di pubblicità. Quindi, la nostra attenzione al cliente è sicuramente molto centrale.
  Tornando all'Auditel, a fronte di questi elementi positivi, un aspetto negativo è che la governance di Auditel è tuttora caratterizzata dalla posizione di Rai e Mediaset, che è molto forte tanto a livello di struttura proprietaria, quanto a livello di organo di amministrazione. Sky ritiene che Auditel non dovrebbe essere controllata né da Rai e Mediaset, né da Rai, Mediaset e Sky congiuntamente; dovrebbe invece rappresentare paritariamente le diverse componenti dal lato della domanda e dell'offerta, così da fornire servizi non discriminatori a tutte le offerte televisive esistenti. Anche in questo caso, il problema non si esaurisce più al rapporto fra i player della televisione, come l'abbiamo conosciuta fino a ieri. È necessaria una modifica dei sistemi di rating che non potrà prescindere da una seria analisi delle metodologie idonee per misurare, in modo neutrale ed affidabile, la fruizione dei diversi media.
  Il secondo problema che vorrei toccare è quello dei tetti pubblicitari. Come ho detto, per noi la pubblicità rappresenta una fetta importante, l'8 per cento dei ricavi, ma non è certamente quella principale. Non posso però fare a meno di ricordare come la regolamentazione in Pag. 7questo momento abbia gravi discriminazioni, già nello stesso recinto della televisione come tradizionalmente intesa.
  Il decreto Romani del 2010, sotto questo profilo, è molto chiaro e fa sì che il tetto pubblicitario a cui noi siamo sottoposti sia del 12 per cento, mentre per la televisione free questo è al 18 per cento. Mi piace sottolineare che in nessuna norma europea si richiede un limite orario differenziato tra free e pay-tv. Questa scelta, così com’è, è discriminatoria. Lo stesso TAR del Lazio l'ha ritenuta tendenzialmente distorsiva e illegittima, e ha ritenuto necessario attivare il vaglio della Corte costituzionale. Il TAR del Lazio ha esplicitamente messo in discussione la genuinità della giustificazione fornita per l'introduzione di questa norma discriminatoria, che ha il solo effetto netto di penalizzare un concorrente a vantaggio di un altro.
  Se cominciate a pensare anche all'infinita disponibilità di canali che ha, ad esempio, Mediaset, capite che l'offerta pubblicitaria diventa quasi infinita. Se andate a vedere il mercato pubblicitario, noterete che negli ultimi cinque o sei anni non c’è stata una significativa variazione della quota di mercato dei player.
  È vero, il mercato, ossia la torta è diventata più piccola, ma Mediaset continua a rappresentare tra il 63 e il 65 per cento dei ricavi pubblicitari televisivi. Questo vuol dire un power ratio di quasi 2.0. Il power ratio è il dato di audience rispetto allo share di pubblicità. In Europa non troverete casi di televisioni che hanno un power ratio di questo genere.
  Il terzo punto a cui vorrei fare cenno è la necessità di creare un vero e sostenibile sostegno alla cultura e all'industria audiovisiva. La cultura è un tema sul quale noi ci siamo sempre impegnati. Prima ho parlato del nostro impegno su Sky Arte, su cui non ritorno. La promozione della cultura è quindi un intento lodevole e comprensibile, che ha visto Sky sempre protagonista. Tale intento deve nel contempo essere attuato in maniera equilibrata, senza creare artificiali distorsioni al mercato.
  Come noto, nel 2013 il Governo (gli allora Ministri Passera ed Ornaghi) ha disciplinato le quote relative alla promozione delle produzioni audiovisive italiane, in particolare cinematografiche, in Italia. Si tratta di un intento comprensibile, anche se potrebbe essere lunga la discussione su quali siano i migliori strumenti di promozione per via regolamentare. Non mancano infatti gli osservatori che fanno presente – anche in sistemi come quello francese, spesso invocato a modello – come il supporto pubblico all'audiovisivo, ed anche più specificamente il sistema delle quote, possa produrre risultati opposti rispetto a quelli desiderati in termini di creatività delle nuove iniziative, attrattività delle produzioni e quindi competitività.
  Qualsiasi strumento che, allo scopo di sostenere un settore industriale, imponga obblighi ai players di un settore contiguo, dovrebbe essere rigorosamente orientato a criteri di equità, flessibilità, proporzionalità e gradualità, nonché essere calibrato allo sviluppo del mercato e alla disponibilità di prodotto.
  Vorrei adesso passare a un terreno che vede tutti i broadcaster dallo stesso punto di vista, ed è quello della tutela del copyright. È evidente che quando si spendono cifre molto importanti per acquistare diritti, che siano essi sportivi, di cinema, teatrali, o quelli che siano, vedere calpestato il diritto del copyright fa molto male. È vero che le tecnologie trasmissive oggi vanno tutte viste come mezzi alternativi per veicolare il contenuto, ma comunque, quale che sia la tecnologia utilizzata, rimane fondamentale l'esigenza di tutelare il copyright per garantire una giusta redditività a chi investe nell'acquisizione e produzione di prodotti audiovisivi. Questo è vero per tutta la filiera. Se non c’è una difesa del copyright, è tutta la filiera che perde.
  Non voglio annoiarvi troppo con i numeri, anche perché credo che li sappiate. Conoscete quali danni vengono causati dalla pirateria. Recentemente, la Federazione anti-pirateria ha parlato di un Pag. 8danno di almeno 500 milioni di euro, probabilmente anche mal conteggiati.
  La protezione dei diritti d'autore e connessi contro ogni forma di utilizzazione abusiva a mezzo Internet – viste le dimensioni del fenomeno degli illeciti utilizzi on line – rappresenta un'esigenza di fondamentale importanza per il sostegno e lo sviluppo della creatività e dell'industria culturale, atteso il loro fondamento costituzionale (nazionale ed europeo) e la loro importanza per lo sviluppo del nostro Paese e del mercato unico. Quello che noi auspichiamo – e qui lo auspichiamo insieme agli altri broadcaster – è che ci sia una forte protezione del copyright.
  Infine, vi sono molte nuove sfide che il mercato televisivo deve affrontare. Prima, nella mia introduzione, ho parlato di mercato unico e credo di aver chiarito il nostro punto di vista. La verità è che oggi tutti gli operatori competono tra di loro in un unico mercato aperto per catturare l'attenzione esclusiva degli stessi spettatori attraverso l'offerta di contenuti accattivanti, indipendentemente dalla piattaforma distributiva e dai modelli di business.
  In questo contesto, entra in gioco un nuovo elemento, gli operatori over the top (OTT) a cui oggi, grazie alle smart tv connesse ad Internet o grazie ai tablet, è già possibile che il telespettatore acceda con la stessa semplicità con cui passa da un canale all'altro.
  Quello degli OTT non è un fenomeno di nicchia. Se pensiamo a nomi come Google, Amazon, Netflix ci rendiamo conto che la competizione sarà, ed in larga parte già è, tra giganti.
  L'entrata di questi nuovi player non è affatto di per sé nociva, visto che se correttamente regolamentata può potenzialmente portare anche una maggiore competitività e dinamismo nel settore audiovisivo.
  Sky guarda senza ostilità alle sfide competitive che si stanno presentando. Più che a una minaccia, rispetto alla quale andare alla ricerca di anticorpi, preferiamo guardare alla sfida. Abbiamo deciso di affrontare di petto questa sfida lanciando, come abbiamo fatto, i nostri servizi OTT reputandoci a tutti gli effetti una media company legata alla centralità dei contenuti e non a questa o quell'altra tecnologia.
  Al tempo stesso, va oggettivamente riconosciuto che i nuovi soggetti competono con tutte le altre televisioni, puntando agli stessi target, da una posizione di vantaggio, che attiene a specifici aspetti regolamentari. Esistono infatti delle asimmetrie normative. Noi non vogliamo qui invocare una regolamentazione di dettaglio anche per questa nuova forma di TV, ma vogliamo ricordare che sarebbe necessario pervenire, a beneficio dell'intero sistema, a un assetto di regole più leggero, con regole di principio proporzionate e tendenzialmente eguali per tutti, che non creino discriminazioni.
  A tal fine le istituzioni dovrebbero ricorrere ad una «regolamentazione per obiettivi»: una volta stabilito un quadro di princìpi fondamentali a protezione dell'utente, i player dovrebbero essere lasciati liberi di individuare le soluzioni tecniche e organizzative più soddisfacenti rispetto al parametro legale.
  In questo quadro, la televisione OTT deve essere un'occasione per migliorare la regolamentazione esistente a favore di tutti, non per replicare, rispetto alle nuove forme di TV, gli errori che sono stati compiuti sino ad oggi, in primis l'eccesso di regolamentazione e il ricorso a regolamentazioni discriminatorie o non proporzionate.
  Andrei rapidamente alle conclusioni e, per essere coerente, ritorno su quello che per noi è il vulnus centrale. In questo senso, chiediamo al legislatore di prevedere regole di principio, semplici, proporzionate e ragionevoli, applicate a tutti senza discriminazioni o distorsioni. In tale quadro auspichiamo soprattutto un intervento per la disciplina delle frequenze televisive. Questo intervento dovrebbe fornire un riequilibrio pro-competitivo in materia di frequenze, essendo questo il tema centrale nella regolamentazione del sistema radiotelevisivo. Questo approccio sarebbe in coerenza con gli indirizzi manifestati Pag. 9dalla Commissione europea e con i programmi dell'Agenda digitale, nonché con quanto sta accadendo in giurisdizioni comparabili come quella spagnola, pur caratterizzata da un numero di mux e di canali molto inferiori a quello italiano, dove si è preso atto dei rischi di distorsione del mercato che derivano dall'assegnazione gratuita di risorse trasmissive.
  Vi ringrazio per l'attenzione e per il tempo che ci avete dedicato e mi auguro di aver portato un contributo utile per il vostro lavoro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gerritsen per la relazione.
  Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MIRELLA LIUZZI. Ringrazio il dottor Gerritsen per la relazione. La prima parte, quella relativa alle frequenze, è sicuramente interessante. È stato altresì interessante ascoltare i vari dati, anche in relazione ai Paesi europei, e sicuramente ne prenderemo coscienza.
  La prima domanda che vorrei farle mira a conoscere l'idea di Sky riguardo a come dovrebbe essere trattata la net neutrality nell'ordinamento italiano, e anche a livello europeo. Mi piacerebbe conoscere la posizione di Sky su questo tema, che comunque è agli onori delle cronache da diversi mesi, e lo sarà soprattutto in futuro.
  Interessante è anche la questione relativa al tetto del 12 per cento della pubblicità, soprattutto in relazione a un'azienda che, come ha dichiarato lei, ricava i propri finanziamenti soprattutto dagli abbonati, quindi in realtà dovrebbe essere interessata in maniera molto labile.
  Sul copyright, come ho già detto in un'audizione di Confindustria, crediamo che, dal punto di vista di legislatori quali siamo, dovremmo più andare verso la tutela del copyright agendo in periferia, cioè con un approccio follow the money: cercare da dove arrivano i soldi e bloccare la pirateria on line, da questo punto di vista, fornendo alternative legali. Essendo Sky una media company, come ha dichiarato, sicuramente sono queste le azioni fondamentali che si dovrebbero mettere in campo, prima di parlare ovviamente di blocco della pirateria o di altre azioni più forti. Offrendo alternative legali e «seguendo i soldi» secondo noi si possono già avere ottimi risultati.
  Per il resto, credo che sarebbe anche interessante capire come si porrà Sky nel futuro riguardo agli over the top che sono stati citati nella sua relazione. Fa sempre piacere avere un approccio un po’ più elastico rispetto ad altre aziende o media company che, invece, guardano questa entrata nel mercato degli over the top come un rischio. Nel vostro caso, invece – sarà pure per la conformazione di Sky, diversa da altre media companies – questa viene vista come un'opportunità, e io credo che possa essere tale, perché si potrà fare in modo che in futuro ci sia un'offerta culturale più ampia, più vantaggiosa, che probabilmente investirà diversi target.
  Sono stata molto colpita dalla sua affermazione che le altre televisioni, e soprattutto gli over the top, puntano agli stessi target. Ad occhio mi sembra che non sia proprio così, però è possibile che voi abbiate fatto delle indagini di mercato, mentre io posso sbagliarmi.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Vorrei porre alcune domande molto semplici. Premetto che sono una Sky dipendente, soprattutto di Sky go, e mi fa piacere che queste innovazioni vengano soprattutto dai giovani. Vorrei sapere cosa pensate voi della proposta fatta ieri a Venezia dal Presidente del Consiglio sul mercato unico europeo del digitale, anche con riferimento a una sola authority della regolamentazione.
  Per quel che riguarda i tetti pubblicitari, come pensate di poter fare una richiesta – come ha detto nella relazione – di allineare il tetto anche rispetto a chi distribuisce gratuitamente i contenuti e non invece di abbinare una politica di abbonamenti, magari più commisurata ai diversi mercati, compreso quello italiano ?

Pag. 10

  SETTIMO NIZZI. Vorrei porre alcune domande. Quando parlate dell'accordo con Telecom, in pratica si sta parlando della possibilità di fare tv via cavo ? Se così fosse, con le limitazioni di Telecom e di tutti gli attori principali della telefonia, che danno poca banda, soprattutto via cavo, per le ben note questioni della carenza di fibra ottica e delle condizioni non adeguate della rete – per fortuna oggi, con le nuove tecnologie di trasmissione wi-fi, stiamo migliorando – insomma, se c’è poca banda e se già Internet costa tanto, per quanto riguarda la stragrande maggioranza degli utenti, cosa pensate di fare per diventare competitivi in quest'accordo tra Sky e Telecom rispetto all'utente finale ?
  In secondo luogo, voi auspicate che in Italia vi sia una riduzione del numero dei mux. Inoltre cosa si intende per neutralità tecnologica ? Da ultimo, da tanto si dibatte nel mondo la questione di Internet. Io sono un vostro vecchissimo utente – ho più di un contratto, ma questo non è importante – insomma, sono un buon finanziatore, cerco di dar lavoro ai vostri e ai nostri giovani. Ritengo che la qualità del servizio che voi offrite sia eccelsa. Rispetto alle tv che abbiamo nella nostra nazione, sicuramente Sky è irraggiungibile, oggi, dal punto di vista tecnologico e della qualità dell'immagine. Non parlo dei contenuti, perché naturalmente ognuno di noi vede quello che vuol vedere. Come dicevo, ci dibattiamo sempre rispetto alla problematica di accedere a Internet il più possibile in maniera gratuita. Quindi, bisognerà trovare il modo perché da una parte il copyright venga preservato il più possibile, e dall'altra parte si possa dare ampia possibilità. Se stiamo crescendo, come società, è perché abbiamo la possibilità di vedere tutto quello che vogliamo senza pagare. Se dovessimo far pagare tutto a tutti, ritorneremmo nell'ignoranza più crassa, anche per gli stessi utenti.
  I giovani sono così bravi, così preparati, perché non pagano per avere le informazioni. La differenza tra un adulto e un giovane è che il giovane non paga niente, sceglie formule gratis, riesce a studiare e a vedere tutto gratuitamente. Noi siamo un po’ più timorosi, cerchiamo di fare le cose secondo le regole, perciò facciamo il contratto, non facciamo niente di azzardato. Voi che siete una grossa azienda che lavora da tempo, considerando i grossi colossi che si avvicinano a questo mercato, credo dobbiate pensare a queste cose.

  PRESIDENTE. Per chi ieri non era presente, ricordo che l'onorevole Nizzi è tornato a far parte di questa Commissione dopo la sua breve, non so se fortunata, esperienza sarda. Nel mentre, però, mi pare che l'assenza dalla Commissione gli abbia fatto bene, avendolo lasciato che era un fan dell'altro player, e ricorderà le discussioni che abbiamo fatto in questa sede, quando c'erano tanti fan di un altro player. La mia è una posizione neutrale, ma apprezzo.

  SETTIMO NIZZI. Resto fan politico, ma tecnologicamente...

  PRESIDENTE. Scherzo. La mia era solo una battuta per stemperare.

  PAOLO COPPOLA. Signor presidente, per controbilanciare dico subito che io non ho l'abbonamento Sky, quindi può darsi che vi chieda di fare cose che già fate.
  Sono abbastanza curioso soprattutto relativamente ai vostri servizi on demand che utilizzano la rete Internet. Vorrei capire se Sky sta investendo in ricerca relativamente alla produzione di contenuti che sfruttino veramente l'innovazione data dalla rete, che non è un canale monodirezionale, a differenza degli altri, ma introduce la bidirezionalità. Da questo punto di vista, non so quanto ci sia di produzione che sfrutti appieno questa possibilità.
  Inoltre, visto l'accenno che avete fatto all'Auditel, chiedo se – come spero – abbiate informazioni di ritorno da Sky go che vi permettano di conoscere i dati veri e non presunti circa i programmi che vengono visti, per quanto tempo e via dicendo, e se le informazioni che arrivano Pag. 11da Sky go abbiano differenze sostanziali rispetto a quelle che arrivano dall'Auditel. In questo caso, come spiegate le differenze ? Le spiegate semplicemente perché il campione è diverso, non è rappresentativo, oppure è uno dei motivi che vi ha spinto a fare lo smart panel di 10 mila per controllare se i dati erano corrispondenti alla realtà ?
  Infine, sempre sulla possibilità di avere un controllo assai maggiore grazie alla diffusione dei contenuti sulla rete Internet, non pensate che il modello campionario di Auditel debba essere completamente superato, adesso che avremmo la possibilità di fare non più rilevazioni statistiche, ma rilevazioni puntuali sulla fruizione dei contenuti diffusi dai produttori ?

  MATTEO MAURI. Esprimerò solo qualche breve considerazione. Vado a quello che mi sembra il punto centrale del contributo che i rappresentanti di Sky hanno portato oggi, quello della regolamentazione delle frequenze e, in generale, del mercato televisivo. Questo è un Paese che nel corso degli ultimi decenni ha visto una regolamentazione un po’ curiosa del mercato.
  Ricordo solamente le condizioni sostanziali di illegalità diffusa e conclamata che c'erano prima della legge Mammì. La legge Mammì interviene sostanzialmente fotografando quella situazione preesistente, non svolgendo fino in fondo il compito del legislatore, ma semplicemente – per dirlo senza polemica politica – fotografando gli interessi che erano consolidati in quel momento.
  Poi abbiamo vissuto un lungo periodo dove, come è del tutto evidente, la presenza di un leader politico di primissimo piano a capo di un'azienda anche televisiva non può non aver condizionato alcune di queste scelte. Non so se vi riferite a questo quando parlate dell'ultimo decreto, ma sicuramente questi aspetti ci sono.
  Il tutto non ha aiutato nel definire un quadro chiaro, riconoscibile, semplice e imparziale, anche perché venivamo da un'esperienza precedente, quella della Rai e di un altro grande operatore che avevano coperto il mercato in maniera abbastanza anomala anche rispetto al resto degli esempi europei.
  Quindi, credo che noi siamo ancora in una condizione simile. A questo, è giusto osservarlo, si aggiunge l'elemento tecnologico con le profonde trasformazioni che ci sono e con le trasformazioni anche dei comportamenti degli utenti, che vanno di pari passo con quelli degli operatori, con la conseguenza, per dire la più rilevante, della distribuzione e a volte polverizzazione degli ascolti, distribuiti su un'offerta molto più ampia dal punto di vista sia dei canali sia delle metodologie di visione dei canali. L'offerta mi sembra, a questo punto, più orientata non tanto dai contenitori, quanto dai contenuti. Mi sembra di poter dire che c’è stata un'esplosione del tema del contenuto per andare a caccia del telespettatore, sia quello che viene contabilizzato perché guarda la pubblicità, sia quello che viene contabilizzato perché paga l'abbonamento a Sky piuttosto che ad altre pay-tv.
  Penso allora – è un'osservazione forse superficiale – che sicuramente sia necessario un momento di riflessione sull'esigenza di una ridefinizione, ristrutturazione, rivisitazione di come è stato fino a oggi fotografato il mercato e delle regole che si sono date, non nell'interesse di Sky (ovviamente voi portate il vostro legittimo punto di vista), ma per mettere il sistema nelle condizioni di operare al meglio.
  La questione di Auditel l'ho sempre trovata molto curiosa. Se chiediamo a un cittadino italiano chi è il proprietario di Auditel o chi decide in Auditel, la risposta sarà «lo Stato», perché Auditel è percepito come un soggetto pubblico. In realtà, a ben guardare, Auditel è tutto meno che un soggetto pubblico, come si ricordava prima. A maggior ragione, se i temi sono quelli che dicevamo precedentemente, sebbene io non voglia andare nella direzione opposta alle liberalizzazioni e alle privatizzazioni, credo però che lì dentro ci debba essere un elemento di garanzia per tutti, che di conseguenza deve essere realizzato superando il regime di proprietà e il regime di governo attuali.Pag. 12
  Credo che anche questo sia nell'interesse di tutti, sperando che regole migliori applicate a tutti spingano tutti nella direzione della qualità e, per esempio, nella realizzazione di quei contenuti di cui parlavo prima, che credo diventino un elemento di competitività non solamente di una rete o di un canale rispetto a un altro in Italia, ma anche sul mercato internazionale.
  È sempre più chiaro che chi è in grado di produrre format o serie televisive fa affari in giro per il mondo e porta direttamente un beneficio anche a questo Paese.

  LORENZA BONACCORSI. Mi scuso del ritardo, ma era in corso la seduta presso la Commissione di vigilanza Rai e non ho ancora il dono dell'ubiquità. Ho letto il paper con la relazione che ci avete consegnato e mi è parso interessante il ragionamento sulla questione delle frequenze. In questa stessa Commissione, e dietro sollecitazione della stessa, qualche giorno fa il Sottosegretario Giacomelli ci ha illustrato quello che il Governo intende fare rispetto a una sistematizzazione della questione delle frequenze.
  È una questione che, come diceva bene il collega Mauri, in Italia risale ad anni passati, anni di far west in questo campo, che un famoso libro ci ha raccontato. Abbiamo ovviamente sottolineato l'importanza e soprattutto la necessità di questo intervento, per due principali motivi: il primo, quello che citate anche voi, il coordinamento internazionale; il secondo, il coordinamento dello spettro frequenziale italiano con quello che succede nel mondo, cioè il passaggio rispetto a una serie di bande, come la banda a 700 MHz, alle telecomunicazioni e via dicendo.
  Credo che questo sia un ragionamento su cui dobbiamo tutti concentrarci, a cominciare da questa Commissione.
  Vorrei ora porre una domanda rispetto alla questione, di cui abbiamo letto nei giorni scorsi sui giornali, dei diritti tv calcio. Ho anche espresso il mio parere su Europa Quotidiano, qualche giorno fa, laddove ho stigmatizzato la volontà di cercare, di fatto, da parte della Lega Calcio, un congelamento di una situazione di duopolio. In questo caso, si tratta però di un duopolio anomalo, non Rai-Mediaset, bensì Sky-Mediaset. Mi chiedo quindi se non sia il caso di porre mano a un ragionamento di revisione rispetto alla legge cosiddetta Gentiloni-Melandri, alla luce sia degli avvenimenti ultimi sia di quello che sta avvenendo rispetto al mercato del calcio, ma anche rispetto all'evoluzione televisiva e tecnologica.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Gerritsen per la replica.

  ERIC GERRITSEN, Vice Presidente Comunicazione e affari pubblici di Sky Italia Srl. Avete posto molte domande, dunque mi perdonerete se cercherò di raggrupparle nelle risposte.
  Comincio dalla fine, cioè dai diritti tv calcio. La Champions League quest'anno è stata affidata per un triennio a Mediaset in esclusiva e noi non abbiamo fiatato. Ricordo che quando era successo il contrario, cioè era stata affidata a noi per tre anni, Mediaset aveva gridato allo scandalo, si era rivolta all'Antitrust e aveva fatto fuoco e fiamme.
  Sui diritti tv condivido quello che dice, onorevole Bonaccorsi, in merito alla legge Gentiloni-Melandri. Come ho detto anche all'inizio, la Lega è ancora l'unico luogo dove i diritti vengono assegnati per piattaforma, quindi una rivisitazione di questo aspetto non può che essere auspicabile.
  Per quanto riguarda la questione Auditel, da una parte siamo soddisfatti che Auditel voglia dimensionare il suo campionamento a un livello più ampio, ma rimaniamo assolutamente perplessi dalla governance del sistema. Inoltre, come giustamente qualcuno ha detto, con la disponibilità di big data, perché dobbiamo ancora funzionare con sistemi statistici, quando sappiamo più o meno tutto ? Credo che questo sia un percorso a cui il mercato arriverà. Lo auspico e, secondo me, prima ci arriva meglio è, per tutti.
  Per quanto riguarda la rete, il nostro accordo con Telecom è stato fatto perché Pag. 13ci sono clienti o prospect o città dove è complicato installare una parabola, quindi, al pari di come avevamo già fatto a suo tempo con Fastweb, con cui abbiamo un accordo per le offerte home pack, abbiamo concluso un altro accordo con un player più grande, Telecom Italia. Creeremo un decoder ad hoc per ricevere via cavo. E qui torno a un punto, quello di uscire dal perimetro solo del satellite.
  Credo che, per quanto riguarda il broadband, Telecom Italia ci abbia dato garanzie che ci sarà sufficiente capienza, quindi questa domanda eventualmente è da rivolgere a loro. Inoltre il passaggio delle frequenze 800 MHz agli operatori mobili potrà essere d'aiuto. Loro ci hanno detto che il sistema avrebbe funzionato e noi non abbiamo motivi per non fidarci.
  Sui diversi target, è vero che la televisione sta diventando un mondo molto articolato e molto complesso, ed è vero che specialmente i giovani guardano contemporaneamente più prodotti. Noi non abbiamo sempre le risposte, abbiamo le nostre teorie e stiamo mettendo in campo delle iniziative, però soprattutto a me fa molto piacere, lavorando in Sky, che abbiamo un azionista che vuole sempre andare avanti e innovare su qualunque tema. Quando si sono presentati gli OTT, certo, questi possono essere una minaccia, ma l'azionista ci ha incoraggiato e ci ha detto di entrare anche noi in questo mondo. Così abbiamo creato Sky on line, che sta pian piano prendendo una sua forma e una sua dimensione. Sperimentiamo anche noi e, mentre siamo in questo viaggio, impariamo a conoscere e a capire il nuovo consumatore.
  Se guardiamo il mondo dallo specchietto retrovisore, avremo grandi difficoltà a capirlo. A me viene in mente la differenza tra Internet 1.0, cioè le aziende che alla fine degli anni Novanta vedevano Internet come un'appendice al loro sistema, rispetto alle aziende che oggi cercano di pensare ad un Internet 2.0.
  Il modello di business non l'ha ancora azzeccato esattamente nessuno; lo stiamo tutti cercando, stiamo sperimentando. Questa è un'età molto pionieristica e molto interessante. Credo che avere oggi delle certezze sia un grande limite e un grande errore. È anche per questo che noi chiediamo che le regole siano basate su princìpi, altrimenti, se le regole diventano troppo specifiche, tra sei mesi, un anno, due anni, rischiano di essere già obsolete. La tecnologia va a una velocità tale !
  Vi cito un solo dato. Nel 2014 saranno state scattate più fotografie di quelle che sono mai state scattate complessivamente in tutti gli anni prima del 2014. Questo è un esempio banale per dire che la testa che serve in questo mestiere è una testa volta all'apertura, non alla chiusura.
  Sul tema della tutela del copyright, il follow the money è un principio che condividiamo perché ci sembra il più giusto.
  Per quanto riguarda la pubblicità, è vero che la pubblicità per noi rappresenta solo l'8 per cento, ma come vi ho detto tutta la televisione soffre di un problema di EBIT. Se le televisioni non fanno redditività è chiaro che c’è un problema. Quando c’è troppa offerta di mux, vuol dire che c’è troppo stock di pubblicità e che il prezzo medio cala troppo. Questo è un depauperamento di valore certamente per il settore, per le televisioni, ma direi per tutti, quindi ridurre il numero di mux, ridurre l'offerta, rimetterlo a un livello in linea con la media europea secondo noi è la soluzione più ovvia.
  Sul tema della net neutrality, è come se si stesse in una situazione in cui si dice a uno che pubblica un giornale che deve vendere solo in edicola e non in altri luoghi. Chi l'ha detto ? L'editore che pubblica un giornale lo venderà all'edicola, al supermercato, al benzinaio, per abbonamento e attraverso diversi canali. La tecnologia deve essere enabling e non restrittiva. In questo senso vale il principio della net neutrality.
  Quanto al mercato unico digitale, ben venga. Noi non possiamo che condividere. Stiamo parlando di un mercato televisivo unico, quindi è chiaro che anche questo va in quella direzione.
  Avete colto molto bene che per noi il punto centrale è quello dei mux. Sono molto contento che questo punto sia stato Pag. 14ripreso da molti di voi, perché rappresenta veramente il vulnus della questione italiana.
  Lo smart panel ci aiuta sulle scelte editoriali. È chiaro che, avendo un milione di abbonati che hanno il decoder dentro Internet, potremo anche avere una ricchezza di dati maggiore, ma non lo stiamo ancora facendo perché non ci siamo ancora attrezzati per fare il mining dei big data, che non è una cosa banale.
  Spero di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gerritsen. Siamo all'inizio di questo percorso, quindi è probabile che, prima della conclusione, magari incontreremo di nuovo l'amministratore delegato, sempre per rendere il nostro lavoro più efficace e più utile per tutti gli usi che la Commissione e il Parlamento riterranno di doverne fare, in una stagione in cui, anche su questo versante, le riforme urgono e sono sollecitate. Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.