XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 3 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 784  BOSSA, C. 1874  MARZANO, C. 1343  CAMPANA, C. 1983  CESARO ANTIMO, C. 1901  SARRO E C. 1989  ROSSOMANDO, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ACCESSO DEL FIGLIO ADOTTATO NON RICONOSCIUTO ALLA NASCITA ALLE INFORMAZIONI SULLE PROPRIE ORIGINI E SULLA PROPRIA IDENTITÀ

Audizione di Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, di Luciano Trovato, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) e di rappresentanti dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA).
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Cavallo Melita , Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Cavallo Melita , Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Trovato Luciano , Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Radicioni Stefano , Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) ... 8 
Algieri Graziella , Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Algieri Graziella , Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Algieri Graziella , Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Roffino Claudia , Consigliere Nazionale dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA) ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Roffino Claudia , Consigliere Nazionale dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA) ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Micucci Donata Nova , Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA) ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Micucci Donata Nova , Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA) ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Bossa Luisa (PD)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Cavallo Melita , Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma ... 16 
Trovato Luciano , Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, di Luciano Trovato, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA) e di rappresentanti dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 784 Bossa, C. 1874 Marzano, C. 1343 Campana, C. 1983 Cesaro Antimo, C. 1901 Sarro e C. 1989 Rossomando, recanti disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità, di Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, di Luciano Trovato, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, di Algieri Graziella, Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA), e di Donata Nova Micucci, Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA).
  Vorrei iniziare, anche per non stringere troppo sui lavori. Oltretutto, questa è un'indagine conoscitiva, quindi gli interventi sono tutti resocontati, anche a prescindere dal fatto che ci siano dei depositi di documentazione.
  È presente il relatore e vari proponenti delle proposte di legge in discussione.
  La dottoressa Donata Nova Micucci è accompagnata da Claudia Ruffino e Frida Tonizzo, consiglieri nazionali. Peraltro, l'ANFAA ha anche presentato un documento.
  Darei la parola alla presidente Melita Cavallo e poi al presidente Luciano Trovato.

  MELITA CAVALLO, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma. Buongiorno a tutti. Come mio solito, non ho preparato una relazione. In ogni caso, ho una certa esperienza sulla ricerca delle origini. Quando, infatti, non era ancora entrato in vigore l'attuale articolo 28, ho lavorato a Napoli sulle adozioni e con i minori adottati dalla fine degli anni Settanta e fino a tutto il 2000: molto, troppo spesso, ho ricevuto questi ragazzi, questi uomini e queste donne, che chiedevano notizie sulla loro nascita e molto spesso erano nati da parto anonimo.
  Contesto quanto è stato scritto in queste proposte di legge sullo strazio – è stato usato il termine «strazio» – poiché, sinceramente, non ho mai visto uomini e donne straziati. Non escludo che possano esserci, ma nella mia pluriennale esperienza di giudice minorile a Napoli, adesso anche a Roma, ho sì avuto contatto, rapporto e relazione con molte persone che mi hanno chiesto informazioni qualche Pag. 4volta con turbamento, qualche volta con insistenza, qualche volta con una certa sofferenza pensando a quella che avrebbe potuto essere l'informazione, ma con l'eccesso di questo strazio che appare dall'introduzione alle singole proposte di riforma, sinceramente, non posso dire di avere avuto contatto.
  Posso aggiungere qualcosa che può giovare alla stesura finale di una proposta. Molto spesso queste persone, anche nate da parto anonimo, mi chiedono soprattutto la nazionalità, l'età, «non c’è neppure l'età di questa donna quando ha partorito ?»  Qualche volta chiedono perché hanno problemi di salute. Questo è un elemento importante che si ritrova anche nell'attuale stesura dell'articolo 28.
  Faccio un flash. Vengono due persone sposate e lui vuole sapere qualcosa in merito a un parto anonimo. Mi faccio stima di ascoltarle e, siccome ho sempre negli atti l'integrale di nascita, che da quando ho preso la presidenza del tribunale viene rilasciato, come prima non accadeva – ancora qualche P.M. contesta il mio rilascio – ne risultava il peso alla nascita e che quest'uomo, che era sui 45 o forse 50 anni, era di 4,5 chili alla nascita. Non s'immagina l'emozione di questa persona a conoscer il suo peso alla nascita, nel dire alla moglie che era la ragione per cui i loro figli erano nati tutti grossi. Alla luce della mia esperienza, talvolta bastano poche notizie, poveri dati anamnestici per dare a queste persone un filo che le riannoda al loro passato. I dati identificativi, quindi, sono l'ultima delle richieste di queste persone da me ascoltate, centinaia di persone, non un caso solo.
  Infine, allorquando, in un caso particolare della mia vita, ho voluto aiutare un ragazzo con un grande desiderio: aveva cessato gli studi, ma quando ha saputo il nome della madre, non l'ha incontrata. Questa è una realtà che mi ha fatto molto riflettere. Vogliono sapere qualcosa. In effetti, tutte le proposte di legge danno la possibilità, anche a 25 o a 21 anni, di conoscere alcuni dati.
  Sui dati identificativi c’è, naturalmente, in tutte queste proposte di legge la compulsione del genitore perché possa rimuovere il segreto e questo sicuramente deve esserci, così come ha fatto la Francia dopo la sentenza della CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo), così come dovrà fare l'Italia dopo la sentenza Godelli del 25 settembre 2012. È molto importante quanto riportato dalla sola proposta Cesaro, che conclude che, a decorrere dalla data di entrata in vigore, le competenti strutture sono tenute a provvedere alla raccolta dei dati anamnestici e sanitari, come infatti non fanno. Ove fosse possibile già disporre con apposito provvedimento dal Ministro della salute, sarebbe cosa buona e giusta.
  Già al Ministro Fazio e a colui che l'aveva preceduto avevo portato una notazione in cui chiedevo che gli ospedali assumessero queste informazioni, nazionalità della donna, età della donna, eventuali malattie, come l'emofilia. Non vedo perché non si possono mettere a disposizione del genitore che adotta il minore nato da parto anonimo. Possono essere utili in qualsiasi momento, quindi secondo me possono essere messe a disposizione.
  In alternativa, si può metterle in busta chiusa, come ho chiesto a tanti ospedali, alcuni dei quali mandano in busta chiusa con la firma di colui che ha preso il parto: vi sono descritti gli elementi che la donna pensa di poter fornire. A mio parere, se il Ministro dell'economia potesse emanare un provvedimento di questo tipo sin da subito, sarebbe utilissimo.

  PRESIDENTE. Il Ministro della salute !

  MELITA CAVALLO, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma. Io sono andata sempre dal Ministro della salute: la segretaria mi ha detto che era una bella idea e così via, ma naturalmente non è successo niente.
  Come loro sanno, l'attuale articolo 28 dà la possibilità all'adottato di accedere alle notizie quando i suoi genitori adottivi sono morti. Ho sempre contestato questo terribile ultimo comma perché sembra che Pag. 5tutto sia a garanzia dei genitori adottivi, non dell'eventuale turbamento dei ragazzi. Al contrario, ritengo giusto che, allorquando la madre che ha partorito in anonimato sia morta, il figlio possa accedere ai dati identificativi e, parimenti, quando sia irreperibile. Penso a tutti i bambini nati nei cinque anni da cui io sono a Roma, soprattutto nati da straniere, che fanno perdere le loro tracce.
  Addirittura, oggi un autobus trasporta ragazze rumene, come di altri Paesi dell'est, che vengono qui per abortire o partorire e poi ritornano, quindi sono stranieri. Sarà assolutamente impossibile reperire queste donne, il loro indirizzo, compulsarle per sapere se vogliono rimuovere il segreto. Sarà assurdo. L'irreperibilità sarà di qui a vent'anni. Penso ai casi di questo momento. In quelli passati, infatti, la figura della donna straniera che partorisce è molto residuale, ma da qui a vent'anni l'avremo e l'irreperibilità sarà, secondo me, la risposta più frequente quando qualcuno andrà, che sia il tribunale per i minorenni o un apposito organo, alla ricerca di questa donna. Sicuramente, non la troverà.
  Perciò è importante che la donna, quando partorisce, dia assolutamente dei dati minimali che possano aiutare il ragazzo nel suo percorso di crescita, aiutare i genitori a capire se ha qualche sintomo che possa far pensare a una malattia anche degenerativa esistente nella famiglia della donna. Credo che qualsiasi madre possa dire questo. Non sono proprio sentite su questi punti. Se questo potesse essere subito un provvedimento, sarebbe cosa buona.
  Inoltre, tutte le proposte di riforma contengono più o meno gli stessi elementi. Mi convince che a quarant'anni si possa sapere, come secondo la proposta più estesa, che porta come primo firmatario Cesaro. Effettivamente, quando una persona è arrivata nell'età matura, a quarant'anni, se vuole, deve poter sapere. Può darsi che non voglia sapere, che gli basti sapere solamente quelle poche cose che possiamo dirgli.
  A me è sempre accaduto che, anche di fronte ai ragazzi che sono stati riconosciuti – ho iniziato a rappresentare qualcosa – a un certo punto alla mia dichiarazione che, se vogliono conoscere il nome della madre e del padre, possono tornare e il nome sarà a loro disposizione, non ritornano, non vogliono sapere. È bastato loro sapere che abitavano là. Si apre parecchio sui fratelli, ma è sempre da ritenere che debba esserci un'indagine.
  Non si può liberamente dare il nome di un fratello, che avrà anche trent'anni, e lasciare che questi si presenti a casa sua e produrre uno scombussolamento nella vita di altre persone. È sempre necessaria un'indagine preliminare. Molto spesso lo facciamo già, anche se non per i bambini di adesso, che mantengono rapporti tra i fratelli. Se, però, viene un uomo che è stato adottato e a noi risulta che ha dei fratelli, gli spieghiamo che compulseremo i genitori di questi fratelli plurimaggiorenni e poi, nell'eventualità che sappiano che sono adottivi, gli diciamo di tornare e che gli faremo conoscere, se possibile, il nome di questi fratelli. Questo è sempre necessario. Non si può irrompere nella vita delle persone con una storia antica, magari mal vissuta da uno dei fratelli, mentre gli altri vivono serenamente la loro vita.
  Segnalo la necessità che questi ragazzi abbiano poche sentite notizie subito. Anche il racconto che farà la madre dell'adozione può essere vestito da qualche notizia sulla quale può disegnare una storia accessibile a un bambino, che lo aiuti a legare la sua realtà di oggi con una realtà alla nascita.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Cavallo.
  Do ora la parola al presidente Luciano Trovato.

  LUCIANO TROVATO, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro. Buongiorno a tutti. Credo che l'onore che mi è stato fatto di essere convocato davanti alla Commissione giustizia dipenda dalla circostanza che sono stato il magistrato Pag. 6che ha operato nella prima rimessione alla Corte costituzionale nel 1994 e in quest'ultima, che poi ha fatto sì che la Corte costituzionale, che per la verità ormai era ben aperta dalla CEDU, dalla sentenza Godelli, intervenisse sulla vicenda.
  Sarò molto veloce. Dividerei il mio intervento in due parti, una generale e una seconda un po’ più articolata. Sulla seconda, poiché mi rendo conto che le cose potrebbero essere tecnicamente molto puntuali, mi riserverei di depositare un intervento scritto.
  Sugli aspetti preliminari, vorrei segnalare, sulla base di un'esperienza di quindici anni di giudice minorile, due aspetti. Il primo riguarda la circostanza che chi si appresta a mettere mano a questa parte della normativa tratterà diritti connotati da una delicatezza e da una fragilità estrema. A questi aspetti deve essere accompagnato, da parte delle istituzioni, il massimo di riserbo e il massimo di professionalità.
  Semplicemente, vi segnalo che anche in relazione ad aspetti che non riguardano l’iter giudiziario, che non riguardano la decisione, ma semplicemente la notifica, per esempio, delle persone che si vorrebbe compulsare per chiedere se ci sia o meno la reversibilità dell'iniziale intenzione, se questa viene fatta male e non con le forme accurate, la sola notifica può essere distruttiva del bene principale di questi diritti, la delicatezza, la riservatezza.
  Da questo punto di vista, non posso non raccomandare, a chi si prepara a intervenire su questa materia, di curare tutta la parte di preparazione della donna che sta per partorire, che è indecisa se riconoscere o meno. In relazione alle esperienze toscane, lombarde, laziali, ho letto con piacere il progetto di tutela della nascita nel Lazio, conoscevo e ho frequentato il progetto Mamma segreta in Toscana, ho letto il progetto Madre segreta in Lombardia, a Milano: son tutte cose che, se mi è concesso, deposito per la Commissione e sono progetti tesi alla presa in carico della donna che sta per partorire e che è indecisa se riconoscere o meno. Servono a guidarla in un percorso di sostegno psicologico e a portarla a una decisione finale, di abbandonare o non abbandonare, la più possibile cosciente e meditata.
  Siccome purtroppo questi progetti di accompagnamento – a me piace quello di Mamma segreta forse perché ci ho lavorato tanti anni – a volte sono neutralizzati dal comportamento della madre, che si presenta uno o due giorni prima del parto. Da questo punto di vista, è altrettanto importante che la capacità di esprimere riserbo e professionalità sia assicurata nelle strutture ospedaliere, dove la psicologa, l'assistenza dell'ospedale, che in generale non manca negli ospedali apprezzati, devono essere specificamente preparate a questo fine.
  Il secondo degli aspetti generali che vorrei trattare è la competenza istituzionale a trattare questi percorsi. Faccio presente alla Commissione che la massa di ricorsi che potrà esserci non deve essere immaginata dal legislatore sull'attuale numero dei neonati abbandonati, che oggi sappiamo essere circa 400/anno, ma sappiamo, come voi stessi ci avete insegnato nelle relazioni introduttive, che negli anni Cinquanta erano 5.000/anno.
  Il caso che è andato alla Corte costituzionale era degli anni Sessanta. Stiamo parlando di una prevedibile massa di ricorsi di accesso alle origini che fa riferimento a un numero di interessati che sono quelli di trenta o quarant'anni fa. Questo è un primo dato importante.
  Una seconda questione è quella di calare il dato nella nostra legislazione. Non nelle proposte di legge che ho letto, ma nella letteratura ho sentito ipotizzare l'istituzione di un consiglio nazionale sul modello francese. A mio avviso, questa non è la strada adeguata. Non è nelle proposte e non mi ci soffermerò, ma credo che sia forse più tarato per un modello centralizzato, come quello francese, che non per l'Italia.
  Può il tribunale ordinario essere incaricato della trattazione di queste procedure ? Anche in questo caso, avrei delle osservazioni. È vero che si parla di ricorsi Pag. 7proposti da adulti nei confronti di adulti, quindi non ci sarebbe motivo di interpellare un tribunale per i minorenni. La verità, però, è che, mentre il tribunale ordinario è già oberato da un carico di giustizia civile enorme, il tribunale per i minorenni, in generale, è molto più spedito. Nel mio tribunale siamo 5 giudici e 24 giudici onorari. Si avvale di una competenza specializzata che, a mio modo di vedere, sia per l'efficienza sia per la specializzazione, potrà essere utilmente evocata.
  Da questo punto di vista, anche qui depositerei per la Commissione, se non è già agli atti, una nota del dottor Augusto Bonato, giudice onorario di Milano. In questo articolo, il dottor Bonato ha riassunto l'esperienza di diversi anni di ascolto dei ricorrenti che chiedono accesso alle origini, circa 300, per cui credo che una nota riassuntiva di una mole di esperienza di questo tipo non possa essere disconosciuta.
  Vengo agli aspetti particolari, sui quali, presidente, ripeto che mi riserverei, scendendo un po’ più sulla parte tecnica, di depositare un intervento scritto. Direi che, anzitutto, andrebbe prevista espressamente la possibilità della madre che non vuole riconoscere di essere nominata. Questo di far coincidere il non riconoscimento con l'anonimato è un equivoco che, a mio modo di vedere, non è nella legge, ma nella prassi. Dovrebbe essere previsto espressamente, per eliminare qualsiasi dubbio, di consentire alla madre che abbandona, quindi che non riconosce, che non assume la genitorialità giuridica, di mantenere la genitorialità naturale.
  Un secondo punto, in relazione a questo, è prevedere la reversibilità della dichiarazione di anonimato quando questa ha accompagnato l'abbandono, nel senso di consentire alla madre spontaneamente di fare quello che si chiama il contrarius actus, di andare dallo stesso ufficiale dello stato civile del comune in cui fu fatta la dichiarazione di nascita e presso il tribunale per i minori che trattò l'adottabilità di quel minore per revocare quest'iniziale dichiarazione.
  Contemporaneamente, per ragioni sistemiche, direi che dovrebbe essere previsto il diritto della madre che non ha riconosciuto, dopo tanti anni, se dovesse essere interpellata dal figlio che ha abbandonato, di essere comunque interpellata prima che sia presa qualsiasi decisione. In ogni caso, a mio modo di vedere, dovrebbe essere previsto un diritto incondizionato alla conoscenza dei dati non identificativi.
  Ma questo diritto esiste, nel senso che deve essere autorizzato dal tribunale. Nel mio territorio un assistente sociale è stato denunciato alla procura della Repubblica – è mia esperienza personale – per avere comunicato dati non identificativi. I dati non identificati oggi nell'attuale ordinamento sono autorizzabili su richiesta da parte del tribunale, mentre i dati non identificativi in quanto tali dovrebbero essere comunque conservati, come oggi non avviene e avviene soltanto nei tribunali che fanno opera virtuosa di richiesta di questi dati. In ogni caso, anche questi dati non identificativi, che sono sì consentiti dall'articolo 93 ma su autorizzazione del giudice, dovrebbero sempre comunque essere comunicati con cautele espressamente previste, direi sempre con un collegio specializzato che prenda in carico la situazione.
  Recependo la carica innovativa della sentenza dalla Corte costituzionale n. 278 del 2013, che ha riconosciuto la distinzione, per la per la prima volta in modo così significativo, tra genitorialità giuridica e genitorialità naturale, deve riconoscersi il diritto all'accesso alle informazioni sulle origini con una formula che suoni «Ogni persona adottata ha diritto di conoscere le origini nei modi e nei limiti previsti dalla legge». Fissare un principio di questo tipo sarebbe estremamente importante. Da questo discendono tutte le cautele che possono essere imposte.
  Bisognerebbe prevedere la possibilità di una valutazione preliminare, come oggi non accade, che eventualmente possa non riconoscere la validità dei motivi della richiesta di accesso alle origini. Nella mia esperienza ho avuto persone che chiedevano Pag. 8l'accesso alle origini, che abbiamo respinto su questo profilo, per motivi di rivalsa nei confronti del genitore abbandonante, per fargli causa, per infamarlo, insultarlo sotto casa per l'abbandono ricevuto. Questo, a mio modo di vedere, non è un diritto che possa essere riconosciuto dalla legge.
  Preso atto che il limite alla conoscenza delle origini trova la propria fonte nella comparazione tra il diritto dell'adottato alla conoscenza e il diritto dei genitori abbandonanti all'oblio, andrebbe previsto che il diritto alla conoscenza possa espandersi liberamente ove siano deceduti i genitori che non avevano riconosciuto. Da questo punto di vista, per potersi espandere rispetto a genitori in ipotesi anonimi, la possibilità di ricostruire questa filiazione deve potersi ammettere.
  Infine, chi mette le mani su questa normativa non potrà non intervenire sull'articolo 93 dello stato civile. In particolare, ritengo che il legislatore, aderendo al rilievo della Corte costituzionale, debba rivedere l'intera disciplina dell'anonimato, del certificato di assistenza al parto della donna che manifesta l'intenzione di non riconoscere.
  In particolare, bisognerebbe prevedere che il certificato di assistenza al parto sia nominativo per ogni donna. Oggi il certificato di assistenza al parto di madre che ha chiesto l'anonimato nel campo madre è 999, una sigla, un numero, mentre nel certificato di assistenza al parto sarebbe sufficiente indicare le precauzioni quanto alla conservazione riservata di ogni certificato di assistenza al parto.
  Non c’è bisogno di indicare un numero per rilanciare a un altro documento e direi che sarebbe necessario, già nel certificato di assistenza al parto, prevedere che il certificato sia nominativo. Così andrebbe consentito a ogni donna madre di accedere al proprio certificato di assistenza al parto e alla propria cartella clinica. Abbiamo esempi per cui è stato necessario che intervenisse il Garante della privacy per accedere al certificato di assistenza al parto di una donna il cui bambino era morto alla nascita.
  Bisognerebbe dichiarare, infine, che il certificato di assistenza al parto e la cartella clinica possono essere esibiti solo per esigenze sanitarie, quelle del quarto comma dell'attuale articolo 28, o quando l'attualità giudiziaria richieda di conoscerne il contenuto nel corso della procedura aperta per la conoscenza delle origini.
  Prima di concludere, presidente, consentitemi solo di aggiungere che non ho visto i veri e propri strazi di cui parlava la presidente Cavallo, ma in questo tentativo di intervenire, di rinvio alla Corte costituzionale – è la terza volta che partecipo a un collegio che rinvia alla Corte costituzionale – devo dire che sono stato motivato fermamente dall'incontro con queste persone che non erano state riconosciute. Ho in mente il primo caso che mi ha indotto a intervenire: posso assicurarvi che gli occhi di quel signore, che si chiamava Giuseppe e aveva appena avuto dei figli, erano di vetro. Racconto quest'esperienza con emozione: riuscivo a guardare la sua anima e – credetemi – non era straziato, ma semplicemente una persona appesa in aria. Non aveva origini, non aveva radici.
  Su questo il Parlamento deve intervenire. Non è possibile che diritti così delicati non siano presi in carico da un legislatore. Deve intervenire con la delicatezza e con quella professionalità che spero di avervi segnalato.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Trovato.
  Do ora la parola ai rappresentanti dell'organismo dell'OUA.

  STEFANO RADICIONI, Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA). Intervengo per l'Organismo unitario dell'avvocatura. Sono l'avvocato Stefano Radicioni. Il mio sarà un intervento flash in una materia di cui chi se ne occupa conosce bene la delicatezza.
  Vorrei semplicemente rapportarmi a quello che è stato detto finora soprattutto dalla presidente del tribunale dei minori di Roma, che è il mio presidente. Quello Pag. 9che mi sembra che debba essere evidenziato alla Commissione è che qui stiamo parlando di vita reale, di persone che hanno un vissuto sicuramente particolare. Credetemi, sentir parlare di Garante della privacy, di tutti questi passaggi che per un certo verso sono figli del nostro Paese e della nostra burocrazia, da avvocato mi impensierisce molto.
  C’è sicuramente il diritto inviolabile, sancito e consacrato nella nostra Costituzione, alla salute. Come giustamente diceva il presidente, la dottoressa Cavallo, sicuramente si impone un intervento normativo che debba garantire a queste persone di conoscere dati rilevantissimi. Pensiamo alle malattie genetiche, a qualsiasi tipo di problematica che comunque necessita di una conoscenza che deve andare oltre la semplice assicurazione relativa all'anonimato della madre.
  L'intervento normativo è, quindi, importantissimo e ormai non più procrastinabile e deve avere come stella cometa, in primo luogo l'aspetto relativo alla salvaguardia del diritto alla salute: tutti questi dati importantissimi attinenti al diritto alla salute debbono essere, a nostro parere, la priorità assoluta. È necessaria questa scala di valori, altrimenti si corre il rischio di perdere i punti fondamentali correndo dietro a tante cose e, come torno a ripetere, rischiamo di annebbiare ciò che veramente è importante. Mi interessava dire questo.
  Sono, quindi, assolutamente d'accordo con quanto detto dalla presidente, ma forse andrebbe anche più incentivato, nel senso che per esempio adesso, come giustamente osservato, alcuni tribunali virtuosi si sono posti il problema e, quindi, stanno tentando anche con mille difficoltà di aprire la strada in questo senso, ma chiaramente un intervento normativo è assolutamente necessario.
  Vado random con un altro flash e mi riferisco a quanto detto dal presidente del tribunale dei minori di Catanzaro. Mi diceva della necessità, per quanto riguarda le competenze, di non disperderne di importanti, chiaramente formate nell'arco dei decenni nell'ambito dei tribunali dei minori. Immagino e voglio sperare che queste competenze non vadano comunque perse. Anche nell'ipotesi di creazione di sezioni specializzate nei tribunali ordinari, probabilmente a Roma ci trasferiremmo da via Giulia a viale Giulio Cesare o il contrario – non è quello il problema – e, anzi, manterremmo probabilmente via Giulia e ci scriveremo sopra, anziché tribunale dei minorenni, tribunale ordinario di Roma. Non è quello il problema. Le competenze ci saranno sicuramente.
  Per la verità, presidente, sono spaventato da un'altra cosa e lo dico da avvocato, che va in udienza tutti i giorni: sono spaventato dal fatto che lei mi abbia detto di essere presidente di un tribunale con 5 togati e 24 onorari. Questo mi spaventa moltissimo, non perché non apprezzi il valore e, assolutamente, il grande lavoro necessario dei giudici onorari, che spesso sono anche miei colleghi, oggi divenuti indispensabili, ma perché questo è un Paese che ha necessità di giudici togati. Se non capiamo questo e non comprendiamo che dovremmo averne in un tribunale dei minori o in una sezione specializzata famiglia del tribunale ordinario e per tutte le materie, ma soprattutto in questa, perderemo davvero e di nuovo una di quelle stelle comete che volevo semplicemente individuare.
  Non vi importuno più e lascio, col permesso del presidente, la parola alla collega Algieri, coordinatrice della Commissione famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura.

  GRAZIELLA ALGIERI, Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA). Ho preparato una piccola relazione, ma cercherò di essere veramente breve. L'OUA fa notare come, chiaramente, non sia più possibile differire l'intervento normativo e come questo debba essere rivolto a bilanciare il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, soprattutto, come hanno già detto quelli che mi hanno preceduto, nei casi di malattie genetiche, con l'interesse della madre a mantenere l'anonimato. D'altronde, la nota sentenza della Corte europea Pag. 10del 2013 è andata in questo senso. Non si può, però, continuare a preferire in maniera incondizionata la riservatezza materna e non anche l'esigenza del figlio a conoscere le origini.
  L'OUA pone l'attenzione ad alcuni punti importanti per la previsione legislativa. Andiamo al primo punto. Come hanno già ribadito i due presidenti, tra cui il presidente del mio distretto, nelle strutture sanitarie occorre l'obbligo di raccogliere i dati anamnestici e sanitari senza informazione di identificazione, chiaramente, di tutte quelle donne che vogliono avvalersi della facoltà di non riconoscere il figlio. Questo permetterebbe perlomeno di tutelare il diritto del figlio alla propria salute senza alcuna violazione dell'identificazione. Questo, però, va bene nel caso in cui c’è una richiesta per motivi di salute. Andiamo oltre.
  L'altra necessità da prevedere è la possibilità del figlio di rivolgersi al tribunale competente che, ahimè, per noi Organismo unitario dell'avvocatura, in maniera differente dai presidenti, è il tribunale ordinario con apposita sezione specializzata di famiglia, che deve trattare tutti i dati relativi ai diritti della persona e della famiglia. Il buon funzionamento di un'apposita sezione specializzate in famiglia presso i tribunali ordinari ha dato ottimi risultati e ne è esempio il tribunale di Milano, che da oltre un decennio ha una propria sezione di famiglia. Dunque, per quanto riguarda la competenza territoriale, è a nostro avviso il tribunale di residenza del figlio ricorrente.
  D'altronde – mi perdoni, presidente – la stessa ordinanza di qualche giorno fa del tribunale per i minorenni di Firenze, n. 144 del 2014, ha evidenziato le difficoltà: l'ordinanza si dirige a fornire applicazione al diritto dell'adottato a conoscere le proprie origini attraverso un incarico e delle indagini che cercano di verificare se la madre biologica vuole cambiare idea, e quindi rimuovere l'anonimato. Il ricorso è stato indirizzato al tribunale per i minorenni di Firenze, competente sul luogo di residenza del figlio ricorrente, ma ahimè il tribunale che ha emesso il provvedimento di adozione è quello di Napoli.
  Per evitare questa discrasia, per un'economicità processuale che può recare ulteriore danno al ricorrente che, per seguire il tribunale per i minori che ha pronunciato l'adozione, sarà costretto a rivolgersi a un tribunale che può essere collocato anche fuori dalla propria regione, è opportuno prevedere la competenza presso i Tribunali ordinari di residenza con acquisizione del fascicolo dell'adozione presso il tribunale che la dispose.
  Tutto questo, chiaramente, fa anche rivedere l'articolo 28, nel comma 5, della legge sull'adozione, che prevede che come autorità competente fornisca l'autorizzazione circa le proprie origini il tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'adozione. È necessario riformulare l'articolo 28, è necessaria l'estensione del diritto a conoscere le proprie origini a qualsiasi figlio a prescindere se sia stata pronunciata o meno nei suoi confronti una sentenza di adozione, per evitare proprio una disparità di trattamento.

  PRESIDENTE. Siccome depositerà questa relazione e si andrà in Aula, se crede di andare per princìpi, va benissimo, ma non voglio interromperla.

  GRAZIELLA ALGIERI, Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA). Va bene, cercherò di andare per princìpi. Questa relazione non sarà depositata. Lo sarà il documento dell'Organismo, ma a questo punto mi riservo di depositarla.

  PRESIDENTE. Se crede, ma non la interrompo.

  GRAZIELLA ALGIERI, Coordinatrice della Commissione Famiglia dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA). Ho visto un po’ di accenni a chiudere il mio intervento. Cercherò di essere ancora più breve. Dai dati AIBI (Amici dei bambini), 1.900 sono i bambini adottabili, di cui il 60 per cento è in casa famiglia, per cui non è improbabile Pag. 11che molti di essi raggiungano la maggiore età senza che si sia perfezionato nei loro confronti un procedimento adottivo.
  Può accadere anche che la donna risulti deceduta o che non desideri rinunciare all'anonimato. In questa fattispecie, è necessario l'intervento del legislatore e il tribunale ordinario di residenza del figlio dovrà valutare le motivazioni importanti. Su questo siamo d'accordo, non si può concedere senza accertamenti, senza valutare le motivazioni. Si può autorizzare ugualmente, ma sempre con le opportune cautele. Anche in questo caso, occorre sempre la raccolta di un apposito registro dei dati della donna partoriente, accessibile solo previa autorizzazione da parte del tribunale.
  Consentitemi di osservare che abbiamo dimenticato un po’ tutti il padre biologico. Non c’è. Non l'ho sentito. In ogni caso, è necessario che il padre biologico possa rivolgersi al giudice tutelare per assumere informazioni circa l'identità del bambino, partorito chiaramente in anonimato, proprio allo scopo di consentirgli il riconoscimento prima che si perfezioni eventuale procedimento adottivo. Serve anche a garantire il diritto del figlio a vivere con i propri genitori biologici, sempre in conformità alla Convenzione sui diritti dell'infanzia.
  Depositiamo un documento dell'OUA nel quale abbiamo evidenziato di trattare anche con una certa urgenza l'articolo 38 e sollecitato la necessità di una banca dati dei bambini parcheggiati nelle case famiglie. Per ogni quota parcheggiata di bambino, il comune paga anche una certa quantità di denaro, quindi sono anche soldi pubblici. Inoltre, far permanere due o quattro anni all'interno di una casa famiglia o comunità un bambino è un danno terribile per il bambino stesso.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Algieri.
  Do ora la parola ai rappresentanti dell'ANFAA, che ha depositato anche un documento. Pregherei i nostri ospiti di sedersi al tavolo. La presidente rimane.
  Do la parola a Claudia Roffino, consigliere nazionale dell'ANFAA.

  CLAUDIA ROFFINO, Consigliere Nazionale dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA). Buongiorno a tutti. Sono Claudia Roffino. Sono figlia adottiva prima ancora di essere consigliera dell'ANFAA. Il nostro intervento si articola in due parti: la mia parte, quella di Donata Nova Micucci, presidentessa dell'Anfaa, e una terza per un'eventuale integrazione e approfondimento.

  PRESIDENTE. Non è possibile che parlino tre persone. Abbiamo dei tempi da rispettare. Scegliete due persone, come abbiamo fatto per tutti.

  CLAUDIA ROFFINO, Consigliere Nazionale dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA). Vi abbiamo messo a disposizione il materiale completo in una cartellina, il libro di Francesco Santanera, fondatore dell'ANFAA, che recupera la storia che ha portato all'approvazione della legge legittimante del 1967, considerata un faro, una rivoluzione copernicana in materia.
  Sono venuta al mondo il 25 febbraio 1966 grazie alla scelta tanto difficile e definitiva quanto responsabile e amorevole di una donna che ha scelto di partorire in assoluto anonimato, come consentitole dalla legge italiana. Ha, dunque, preferito per mia fortuna non praticare un aborto, all'epoca clandestino, e non mettere a repentaglio la mia vita, ma mi ha partorito in assoluta sicurezza per entrambe in ospedale donandomi la vita. Ha scelto di non essere nominata, responsabilmente consapevole che in quel periodo della sua vita non avrebbe potuto svolgere appieno il ruolo di genitore, donandomi però una famiglia.
  Avevo, infatti, solo tre mesi – oggi l’iter è ancora più rapido – quando ho incontrato per la prima volta mamma e papà all'IPIM di Torino, diventando loro figlia. Da quel momento sono stati loro, con nonni, zii e cugini, la mia famiglia unica e vera, con cui ho costruito la mia storia e Pag. 12la mia identità, strutturando la mia vita nel passato, nel presente e nel futuro.
  Sicuramente, nell'età dell'adolescenza, quando noi figli adottivi dobbiamo affrancarci non solo dai nostri genitori, ma anche dalle due persone che ci hanno donato la vita, assenti fisicamente e affettivamente, ma presenti mentalmente e psicologicamente, ho sentito forte la curiosità di sapere chi fossero e perché avessero scelto di non tenermi con sé. Non nego che all'epoca ero anche molto arrabbiata con loro, ma pian piano crescendo e con l'appoggio dei miei genitori, che non hanno mai demonizzato i miei genitori biologici, cosa che nessuno dovrebbe fare, la rabbia si è tramutata in riconoscenza e la curiosità di sapere chi fossero si è trasformata nella decisione di capire cosa c’è dietro un parto in assoluto anonimato.
  Per questo ho voluto parlare col personale dell'ospedale della mia città, dove avviene il maggior numero delle nascite in anonimato della regione in cui vivo, per poi estendere la ricerca ad altri ospedali. Ho parlato con ostetriche, neonatologi, assistenti sociali, psicologhe, ginecologhe e personale di alcuni IPIM, persone che nella loro esperienza lavorativa hanno condiviso le emozioni delle donne che hanno scelto in passato e che scelgono tutt'oggi di partorire senza essere nominate.
  Sono proprio le risposte che ho ricevuto che hanno fatto sì che trovi agghiacciante la sentenza della Corte costituzionale e molte delle proposte di legge che ne sono seguite. La scelta delle donne è dolorosa, drammatica, devastante. Spesso il loro silenzio viene confuso con l'indifferenza, laddove invece sono ammutolite da un dolore sordo che le strappa da dentro, quel momento tanto sognato dalle donne in attesa di un bambino di sentire per la prima volta il battito del cuore del nascituro e, per le donne che hanno in mente di non riconoscere, uno dei momenti più dolorosi. La loro disperazione urla all'interno del loro corpo, ma solo due grosse lacrime che rigano il loro volto ne sono la testimonianza. Eppure affrontano tutto questo per permettere al bambino di nascere, di non pagare con la morte una violenza, un errore, una scelta non condivisa e non percorribile da sole.
  In quel momento le vere abbandonate non siamo noi bambini, come la cultura vuol farci credere, ma loro. Non mi sento abbandonata da chi mi ha messo al mondo. Di fronte a un percorso di questo tipo, a una scelta così drammatica e amorevole, da bambina nata grazie a tutto ciò e da donna e adulta consapevole, posso avere solo sentimenti di stima e di riconoscenza per chi ha fatto tutto ciò per me. È in nome di questa riconoscenza che non posso pensare che sia in alcun modo leso il suo diritto alla segretezza.
  Per quanto grande e impellente possa essere il desiderio di sapere chi sia, ritengo fondamentale che lei sia tutelata tanto quanto ha tutelato me. Spero con tutto il cuore che, dopo il percorso doloroso che ha portato alla mia nascita, abbia avuto la possibilità di crearsi una famiglia felice e serena, come è stato concesso a me proprio da lei, con dei figli e che con loro sia stata una madre affettuosa e premurosa, come non ha avuto la possibilità di essere con me. È così difficile creare degli equilibri nella nostra vita che ritengo di essere l'ultima persona ad avere diritto a sconvolgerli, come inevitabilmente accadrebbe se, a seguito di una mia eventuale domanda al tribunale, si incorresse nel benché minimo errore. In quel caso, quale richiesta danni vi sarà rivolta ? Spero molto elevata.
  Non bisogna, inoltre, dimenticare le motivazioni che hanno portato al non riconoscimento. Le donne musulmane, ad esempio, scelgono quest'opportunità per non essere uccise dal padre o dai fratelli. Vogliamo solo rimandare la loro esecuzione ? Che dire delle donne che da oggi in poi vorranno avvalersi del parto in anonimato ? Quante di loro, per paura di poter un giorno essere cercate, faranno scelte diverse, non solo abortire, ma anche più terribili, come l'abbandono nei cassonetti, infanticidi occulti ? Forse di questi bambini non nati, morti, uccisi non vi importa nulla perché sulle statistiche sono indicati con numero zero, ma di questi Pag. 13zeri uno sopra l'altro saremmo responsabili tutti noi e dovremmo dare risposte almeno alle nostre coscienze.
  Penso che proprio per ciò che è stato donato a me, il dono più prezioso che si possa ricevere, la vita, sia mio dovere tutelare i bambini che hanno diritto a nascere e difendere l'anonimato di queste donne. Sembra poi che tutti i figli non riconosciuti siano alla spasmodica ricerca della donna che li ha messi al mondo, come si pensava prima del 2001 per i riconosciuti, al punto che è stato promulgato l'articolo 24 della legge 28 marzo 2001, n. 149, che prevede che l'adottato possa presentare istanza per avere accesso all'identità dei genitori biologici o dei propri fratelli e sorelle.
  Dalla relazione sullo stato di attuazione della legge recante modifiche alla disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, presentata dal Ministro della giustizia Cancellieri e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giovannini, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati il 16 dicembre 2013, risulta invece veramente minima la percentuale di chi ha presentato richiesta di accesso e veramente insignificante rispetto al numero degli adottati la percentuale delle richieste accolte. Chi non cerca, poi, non fa sicuramente numero.
  Per quanto riguarda i dati sanitari, sicuramente vanno fatti dei passi avanti e ci sono cose da fare senza violare la segretezza del parto. Ricollegandomi a quanto detto dalla dottoressa Cavallo, ad esempio ho fatto domanda all'ex IPIM della mia cartella, non della cartella della donna, ma della mia: ho avuto alcune informazioni sulla donna, la sua provenienza, la sua età e, cosa molto emozionante, la mia primissima foto. Queste informazioni sono un mio diritto, il nome della donna no.
  Si è parlato di non avere radici: le radici ce le danno i nostri genitori, chi ci alleva e ci cresce. Al massimo, non conosciamo le nostre origini. Il dottor Trovato ha detto di aver letto nell'anima di quell'uomo: ha mai provato a leggere nell'anima di quelle donne ?

  PRESIDENTE. Ringraziamo il consigliere Roffino.
  Do ora la parola alla presidente Donata Nova Micucci.

  DONATA NOVA MICUCCI, Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA). Come ANFAA vorremmo sottolineare come la Suprema Corte costituzionale nella sua sentenza non abbia censurato quanto disposto dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 sulla tutela del parto anonimo, che dispone quanto segue: la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale ovvero dal medico o dall'ostetrica. Al contrario, facendo espressamente riferimento a tale norma, ha voluto precisare che sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non volere essere nominata e, nello stesso tempo, esigenza di cui abbiamo sentito anche negli interventi precedenti, l'attualità della scelta della madre a tutelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso anche da parte degli uffici competenti ai dati di tipo identificativo agli effetti della verifica di cui si è anzidetto.
  Pertanto, il Parlamento, per dare attuazione a questa decisione della Corte costituzionale, deve anzitutto rispettare il diritto alla segretezza garantito alle partorienti che hanno dichiarato di non volere essere nominate. Solo a esse, in attuazione di quanto sentenziato dalla Corte costituzionale, può essere riconosciuta la facoltà di recedere dalla decisione a suo tempo assunta e di esprimere la propria disponibilità a incontrare il proprio nato.
  Se, invece, le richieste di accesso all'identità delle donne che li hanno generati partissero a loro insaputa dai loro nati, adottati e diventati adulti, sarebbe violato, a nostro parere, il dettato della Corte costituzionale di assicurare la massima riservatezza. Le istanze, al di là dell'autorità Pag. 14che si decide di nominare per rintracciare la donna, sarebbero infatti inevitabilmente prese in esame da un numero elevato di persone, i responsabili del reparto maternità, gli addetti alla conservazione del plico e così via. Per brevità, non li elencherò tutti.
  L'esistenza di decine di migliaia di donne, oltre 90.000 dal 1950 a oggi, che si sono avvalse del diritto alla segretezza del parto sarebbe sconvolta se il Parlamento approvasse una simile disposizione. Al riguardo, riportiamo – questa è vita vissuta – uno stralcio del disperato appello inviato all'ANFAA da una signora che ci ha scritto ben tre volte. Rimasta incinta a 16 anni, giovanissima, ha deciso di non riconosce il suo piccolo: «La mia vita ormai dipende dal legislatore – quando ha saputo di questa decisione della Corte costituzionale – vi prego di non smettere di lottare per il parto anonimo. Per questo – scrive a noi – non vi ho mai ringraziato abbastanza. Quelle come me non possono palesarsi, non possono parlare ai dibattiti, devono solo aspettare. Ho cominciato a vivere nel terrore che un giorno arrivi a casa mia una raccomandata che mi obbliga a presentarmi in tribunale come se fossi una malvivente. Ho il timore di dover ripercorre quell'esperienza terribile. Ho la certezza che non riuscirò a sopportare tutto questo. Uno Stato non può tradire in questo modo un patto stipulato che mi ha portato a fare questa scelta che mi ha permesso di non abortire e di dare la vita».
  Riteniamo che nei confronti di questa donna e di tutte coloro che hanno deciso di non riconoscere il loro nato nessuno di noi possa permettersi di dare giudizi. Si tratta di scelte dolorose e sofferte che tutti noi dobbiamo imparare a rispettare, compresi per primi i loro nati diventati adulti, cui loro hanno dato la vita.
  È interessante, a questo proposito, quanto precisato dalla dottoressa Marisa Persiani, che trovate nella relazione che alleghiamo. Riteniamo, com’è, che il non riconoscimento non sia una decisione negativa ma responsabile della partoriente nei confronti del proprio nato. Catherine Bonnet, psichiatra infantile e psicoanalista, componente della commissione per la tutela dei minori testé istituita da Papa Francesco contro i fenomeni della pedofilia, lo ha definito un geste d'amour. Questi neonati non sono, pertanto, abbandonati.
  Vi prego di non usare questo termine quando si parla di questi bambini. Non sono abbandonati come alcuni di loro sostengono, ma affidati immediatamente alle autorità preposte, il tribunale per i minorenni e i servizi sociali, affinché li inseriscano al più presto in un'idonea famiglia adottiva, come è stato stabilito fin dall'entrata in vigore della legge 5 giugno 1967, n. 431.
  Il diritto alla segretezza del parto, come abbiamo ribadito più volte, va salvaguardato, ma vogliamo precisare che la segretezza del parto in anonimato prevista dal legislatore non impedisce – lo abbiamo sentito, anche se ridimensionato – la conoscibilità delle notizie riguardanti l'origine dell'adottato non riconosciuto alla nascita, purché le stesse non rivelino i dati identificativi della madre. Rimane il problema di raccogliere questi dati identificativi, come secondo una nostra proposta al legislatore. Per un approfondimento sulle condizioni personali e sociali delle gestanti e madri in difficoltà, alleghiamo la sintesi di un convegno che abbiamo tenuto a Roma nel 2011.
  Vogliamo ribadire al legislatore che, se dovesse stabilire che le donne che non riconoscono il loro nato possono essere rintracciate a loro insaputa, vi è il fondato pericolo che il diritto al parto in anonimato non sia più esercitato dalle donne che non scelgono l'aborto. La soluzione alternativa, come avviene in altri Paesi, non potrebbe essere che quella delle culle termiche, della riproposizione delle ruote di medioevale memoria finalizzate, nell'intenzione dei loro promotori, a contrastare l'abbandono dei neonati nei cassonetti, che da nessuna parte si sono rilevate come un elemento risolutivo.
  Anche la citata Bonnet ha evidenziato in più articoli come sia in Germania sia negli Stati Uniti sia in Inghilterra, in cui il Pag. 15riconoscimento è obbligatorio, molti hanno dovuto ricorrere, per impedire aborti e infanticidi selvaggi, all'istituzione delle ruote, che chiamiamo adesso culle termiche.
  La sentenza della Corte costituzionale...

  PRESIDENTE. La prego di avviarsi alla conclusione.

  DONATA NOVA MICUCCI, Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA). ...che contrappone la genitorialità naturale riferita alla donna che ha partorito nel segreto alla genitorialità giuridica, e quindi formale, del rapporto adottivo dimostra di aderire a una concezione della famiglia che con il progresso della civiltà si riteneva definitivamente superata, imperniata sulla rilevanza del legame di sangue.
  Noi riteniamo, e non solo noi, che l'identità di una persona si costruisca nell'ambito di un processo dinamico di interazione con la realtà all'interno delle relazioni affettive più significative stabilite con le figure di massimo riferimento, particolarmente nella prima infanzia. Lo vedrete nella nostra nota.
  Voglio evidenziare tutte le eventuali contraddizioni che potrebbero emergere. Se il Parlamento fosse certo che è solo il dato biologico procreativo a legittimare il rapporto genitori e figli e che si debba subordinare l'acquisizione dell'identità personale solo all'identificazione dei genitori biologici, conseguentemente il legislatore dovrebbe rendere obbligatorio l'accesso all'identità dei donatori di sperma e donatrici di ovuli nella fecondazione eterologa, la ricerca del padre biologico con ogni mezzo per completare il quadro genetico, il test del DNA per ogni nato, ivi compresi i bambini nati in costanza di matrimonio, che possono essere stati generati da una persona diversa dal marito, per verificare la coincidenza tra la genitorialità biologica e quella giuridica.
  Evidentemente, è un paradosso quello che stiamo illustrando, ma è la realtà se riteniamo che l'identità si raggiunga solo vedendo in faccia le persone che vi hanno procreato: dobbiamo procedere a queste soluzioni ? È questo che il Parlamento vuole proporci ? Di ridurre la genitorialità, i genitori adottivi al ruolo di allevatori, di badanti dei loro figli e i figli adottivi al ruolo di badati e di allevati ? Lo rifiutiamo proprio.
  Aggiungo solo una proposta in merito al fatto che anche noi concordiamo, come è stato rilevato nelle audizioni precedenti, sulla necessità che la possibilità di accedere all'identità sia riconosciuta non solo agli adottati, ma a tutti i non riconosciuti, e sulla necessità di raccogliere al momento del parto più informazioni cliniche possibili sullo stato di salute della partoriente.
  Infine, sulle proposte presentate attualmente al Parlamento, concordiamo con quella dell'onorevole Rossomando che individua un percorso che parte dalla disponibilità manifestata precedentemente dalla donna di tornare sulla scelta a suo tempo compiuta e non concordiamo sul percorso che parte dalla richiesta dei figli adottivi. Rimaniamo disponibili a ogni richiesta di chiarimento.

  PRESIDENTE. Acquisiamo anche i documenti. L'OUA e l'ANFAA hanno presentato documenti che saranno messi a disposizione, come anche il dottor Trovato.
  C’è tempo. Non abbiamo ancora chiuso l'istruttoria. Ci sono ancora altre audizioni la prossima settimana, il 12, quindi una decina di giorni, poi avremo altre due sedute di audizioni, sicuramente un paio di settimane.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUISA BOSSA. Ho usato io il termine «strazio», dottoressa Cavallo, nella presentazione della mia proposta di legge, ma ci conosciamo da una vita. In ogni caso, lei mi chiama in causa. Il termine «strazio», che ho usato tra virgolette, se è stata attenta, come so che è, viene dal latino distractus, participio passato di distrahere – faccio la filologa classica, evidentemente l'unica cosa che so fare – che significa «tirare in diverse parti»: cos’è un uomo, Pag. 16una donna che cerca di conoscere le sue origini se non uno sballottato di qua e di là, mandato per uffici, chiese, tribunali, come mi risulta, in famiglia ? È vera, infatti, l'esperienza della dottoressa che prima ci ha fatto anche commuovere, ma sono vere anche tante altre esperienze. Ho usato, dunque, il termine strazio semplicemente per questo e per questo contesto.
  Il problema c’è ed è inutile nasconderlo se si è espressa la Corte costituzionale in merito, la cui sentenza, mi scuserà, ma io non trovo agghiacciante come è stato detto qui. Credo che abbia ragione il dottor Trovato a dire che ogni essere umano ha diritto di conoscere le sue origini. È vero. Vorrei chiedere, allora, al dottor Trovato, ma anche alla dottoressa Cavallo, se nelle relazioni che ci faranno pervenire potranno anche suggerirci riflessioni, emendamenti, correzioni per migliorare le nostre proposte di legge, che non possono più aspettare.

  PRESIDENTE. Ci sono due, forse tre minuti per le risposte. Darei per ultima la parola alla presidente, che voleva aggiungere qualcosa ed è stata quella che ha parlato di meno.

  MELITA CAVALLO, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma. Non ho condiviso alcune cose che sono state dette dall'avvocatessa. Tra l'altro, lo spostamento alla competenza del tribunale ordinario solo perché è il tribunale che si occupa di maggiorenni e non ha una specializzazione sulle problematiche sarebbe un disastro. Si è fatto riferimento alla notifica, cioè alla comunicazione eventuale alla donna, la qual cosa è di una delicatezza estrema, e quindi non credo che potrebbe essere risolto meglio il problema spostando la competenza al tribunale ordinario.

  LUCIANO TROVATO, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro. Sarà un onore quello di rispondere all'onorevole Bossa e, nei limiti delle mie forze, proverò anche a fare qualcosa di più forse di quanto ho detto in modo generico.
  Penso, però, che qualsiasi disegno di legge debba essere ispirato a quei princìpi generali sulla professionalità e sulla riservatezza che deve connotare qualsiasi intervento. Da questo punto di vista, sulla competenza istituzionale mi permetto di annotare che non è un problema di difesa di parrocchia. Nella mia carriera professionale sono più gli anni di pubblico ministero e di giudice ordinario che di giudice minorile. È un problema di avere vissuto la specializzazione di un giudice, che non è contraria al rispetto delle garanzie delle parti o degli avvocati.
  Penso che, partendo da questi princìpi e articolandoli in norme, bisognerebbe che quella particolare professionalità sia ricalcata dalla normativa. Senza di quella, penso che in realtà si vorrebbe far qualcosa, ma che questo qualcosa fallirebbe concretamente. È questo il mio messaggio.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Potete mandare ulteriori osservazioni anche tecniche sulle proposte di legge per consentire al relatore, che ringrazio di essere stato presente, di tenerle presenti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.