TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 120 di Lunedì 18 novembre 2013

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interpellanza e interrogazione

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la rivista Internazionale ha riportato un articolo del The New York Times in cui viene denunciata la realtà di migliaia di migranti rinchiusi in Italia in centri disumani come i centri di identificazione ed espulsione (cie);
   in particolare, il centro di identificazione ed espulsione di Roma non è una prigione, ma la differenza sembra essere solo una questione semantica. Gli edifici sono separati tra loro da recinti di rete metallica. Di notte vengono chiusi e i cortili di cemento sono illuminati a giorno;
   ci sono telecamere di sicurezza ovunque e alcuni poliziotti indossano tenute antisommossa. Durante il giorno i detenuti possono passeggiare solo nelle zone prestabilite, ma devono indossare ciabatte o scarpe senza lacci. Dopo una rivolta nel reparto maschile, nel centro sono stati vietati gli oggetti acuminati, comprese penne, matite e pettini. Quello di Ponte Galeria è uno degli undici centri in cui sono detenuti gli stranieri che non hanno un lavoro o un permesso di soggiorno, o hanno un permesso scaduto. Alcuni di loro sono in Italia da anni;
   sia in Italia che in Europa queste strutture sono sempre più criticate dalle organizzazioni umanitarie, che le considerano disumane, inefficaci e costose. I centri di identificazione ed espulsione, dicono molte di queste organizzazioni non governative, nascono da una politica che mette l'immigrazione sullo stesso piano della criminalità e che non tiene conto né dei vantaggi economici che potrebbe portare né della natura sempre più multiculturale della società italiana;
   a luglio del 2012, gli osservatori dell'associazione italiana Medici per i diritti umani avevano chiesto di visitare il centro di identificazione ed espulsione di Bari, ma è stato negato l'accesso alle zone di detenzione «a causa di tensioni interne». Ad agosto del 2010 era scoppiata una rivolta e il centro era stato in parte distrutto. Dopo questo episodio, cinque centri sono stati ristrutturati. Una rivolta è stato danneggiato anche il centro di identificazione ed espulsione di Torino, dove i migranti sono detenuti in sei settori separati. Quando nell'aprile del 2012 gli osservatori di Medici per i diritti umani lo hanno visitato, un terzo dei detenuti prendeva sedativi o ansiolitici e il direttore ha dichiarato che nel 2011 si erano verificati 156 episodi di autolesionismo. Molti detenuti soffrono di depressione e ci sono stati anche dei suicidi;
   «a quindici anni dalla loro istituzione i Centri di identificazione si confermano strutture congenitamente incapaci di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona», afferma il rapporto di Medici per i diritti umani. Senza contare che non hanno scoraggiato l'immigrazione irregolare. Dal rapporto emerge che nel 2012 solo il 50 per cento (4.015 su 7.944) degli immigrati irregolari detenuti nei centri è stato espulso. Una minima percentuale, rispetto ai 440 mila immigrati irregolari che si pensa vivono in Italia –:
   se non ritenga che i centri di identificazione ed espulsione debbano essere superati nel quadro di una riforma radicale delle politiche di contrasto dell'immigrazione clandestina, evitando la loro riduzione alla semplice repressione «carceraria».
(2-00114) «Matarrelli, Melilla».
(26 giugno 2013)

   MELILLA. – Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. – Per sapere – premesso che:
   i centri di identificazione ed espulsione (cie) hanno manifestato il loro totale fallimento;
   ad avviso dell'interrogante rinchiudere persone sino a 48 mesi, oltre che un'inqualificabile forma di carcerazione, è un enorme spreco di risorse pubbliche;
   nel 2012 sono state trattenute 7700 persone e ne sono state rimpatriate meno della metà;
   un numero insignificante se rapportato al dato ufficiale, e sicuramente sottostimato, di 326 mila immigrati senza documenti presenti in Italia, secondo lo studio della fondazione Ismu;
   è grave, inoltre, la situazione sotto l'aspetto dell'ordine pubblico: sono ripetute e costanti le violazioni dei diritti umani dei «trattenuti», gli episodi di autolesionismo, le fughe, le violenze, le rivolte, le risse e le denunce di maltrattamenti;
   il sovraffollamento nei centri di identificazione ed espulsione è ormai a livelli impressionanti: a Lampedusa ve ne sono 977 in un centro che, al massimo, ne potrebbe ospitare 300;
   i costi per la gestione dei centri di identificazione ed espulsione sono ormai insostenibili;
   anche i sindacati di polizia ritengono queste strutture una sorta di «lager» per immigrati e poliziotti –:
   quali iniziative intendano assumere per superare in tempi rapidi i centri di identificazione ed espulsione. (3-00247)
(30 luglio 2013)

B) Interrogazione

   MELILLA. – Al Ministro degli affari esteri. – Per sapere – premesso che:
   nel 2001, anche grazie alle proposte dell'Italia, a Genova fu assunto l'impegno alla costituzione di un Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria;
   nel 2002, a Ginevra le Nazioni Unite costituirono questo fondo destinato alla lotta alle grandi pandemie;
   dalla sua nascita, il Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria ha consentito di finanziare programmi sanitari in 151 Paesi del mondo che hanno curato 5 milioni di persone malate di Aids e 11 milioni malati di tubercolosi, mentre contro la malaria sono stati acquistati oltre 300 milioni di zanzariere trattate con insetticidi appropriati;
   il Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria è il principale finanziatore dei programmi sanitari di cooperazione internazionale;
   la diffusione dell'hiv-Aids si è rallentata, così come la malaria e la tubercolosi sono state contrastate con efficacia: in particolare, in Africa i decessi per Aids negli ultimi anni si sono ridotti di un terzo;
   ciononostante nel 2011 si sono registrati 2,7 milioni di morti per Aids e tubercolosi, mentre a causa della malaria nel 2010 i morti sono stati quasi 700 mila;
   la crisi economica internazionale dal 2008 ha avuto un riflesso negativo sul finanziamento del fondo globale da parte dei Paesi donatori;
   pur avendo avuto l'Italia un ruolo importante nella costruzione del Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria, con contributi nel 2001 di 200 milioni di euro, nel 2002 e nel 2003 rispettivamente di 100 milioni di euro, divenendo così il secondo donatore dopo gli Usa con un totale di 790 milioni di euro complessivi, l'Italia dal 2009 non rispetta più nessun impegno e non ha provveduto a dare contributi –:
   se non intenda provvedere rapidamente ad onorare gli impegni a contribuire al Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria per recuperare un ruolo positivo nella lotta alle grandi pandemie nei Paesi più poveri del mondo. (3-00373)
(10 ottobre 2013)