CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 settembre 2013
84.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
ALLEGATO

ALLEGATO

Sulla missione svolta a Vilnius in occasione della III Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune e sulla politica di sicurezza e difesa comune (4-6 settembre 2013).

COMUNICAZIONI

  Dal 4 al 6 settembre 2013 una delegazione di Camera e Senato ha preso parte ai lavori della III Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica europea di sicurezza e difesa (PESD), che si è svolta a Vilnius nell'ambito del semestre lituano di presidenza di turno dell'UE.
  Della delegazione della Camera, guidata dal presidente della Commissione difesa, onorevole Elio Vito, hanno fatto parte anche gli onorevoli Federica Mogherini (PD) e Claudio Fava (SEL), questi ultimi in rappresentanza della III Commissione. Per il Senato hanno partecipato il senatore Nicola Latorre, presidente della 4a Commissione, e, in rappresentanza della 3a Commissione, i senatori Luigi Compagna (PdL) e Luis Alberto Orellana (Movimento Cinque Stelle).
  I lavori della Conferenza hanno avuto inizio con le riunioni del Gruppo di lavoro e della Commissione di revisione ad hoc, finalizzate alla decisione sugli emendamenti presentati al regolamento della Conferenza, da sottoporre per l'adozione definitiva alla Conferenza dei presidenti dei Parlamenti degli Stati membri, nel corso del primo semestre del 2015 sotto la presidenza di turno dell'Italia.
  Alla prima riunione del Gruppo di lavoro, incaricato di un primo istruttorio sugli emendamenti, ha preso parte il presidente Vito in rappresentanza della delegazione italiana.
  In tale sede sono state trattate essenzialmente questioni di metodo.
  Su proposta italiana, è stata adottata una nuova tabella di marcia, rispetto a quanto stabilito nelle conclusioni della precedente Conferenza di Dublino, al fine di prevedere che, in linea con il termine biennale fissato dalla Conferenza dei Presidenti, il negoziato finalizzato alla formulazione delle raccomandazioni da parte della Conferenza interparlamentare si concluda durante la presidenza greca, per poi rinviare alla V Conferenza interparlamentare, da tenere a Roma nel secondo semestre del 2014, l'adozione definitiva di tali raccomandazioni, insieme all'approvazione delle modifiche al regolamento che non implichino una valutazione da parte della Conferenza dei Presidenti (la precedente calendarizzazione aveva, infatti, previsto che l'approvazione definitiva degli emendamenti avvenisse già sotto la presidenza greca).
  Un ulteriore risultato ha riguardato, su proposta lituana, la valutazione di una proposta di sistematizzazione per tipologie delle 35 proposte emendative presentate. Il documento, che è poi stato distribuito anche durante la fase conclusiva della Conferenza, è stato considerato una base di lavoro, da non considerare vincolante sul piano dei contenuti e delle tipologie individuate.
  Data la complessità delle questioni da valutare, su proposta della delegazione del Parlamento europeo, rappresentata in tale sede dal presidente della Commissione affari esteri, onorevole Elmar Brok, è stata adottata la decisione di prevedere lo svolgimento di un seminario interamente dedicato Pag. 12alla valutazione delle singole proposte emendative, da tenere sotto la presidenza greca. Si è altresì convenuto di convocare una prossima riunione del gruppo di lavoro un giorno prima rispetto all'avvio della prossima Conferenza ad Atene, promuovendo la presenza di tutti i capi delegazione per facilitare la conclusione della fase istruttoria entro il primo semestre del 2014.
  A fronte delle prevedibili osservazioni greche sulla inopportunità di modificare la tempistica già fissata a Dublino, il gruppo di lavoro ha convenuto che nulla preclude che, qualora ve ne siano le condizioni, il lavoro istruttorio possa essere concluso in un arco di tempo più ridotto, per quanto il termine di due anni fissato a Varsavia appaia ordinatorio e, soprattutto, le questioni sul tappeto richiedano un prevedibile lungo tempo di gestazione. Il presidente Vito ha manifestato già in questa sede una posizione di non preclusione nei confronti degli emendamenti a carattere più formale, dando atto alla presidenza lituana del positivo sforzo profuso per facilitare il compito del gruppo di lavoro e della Conferenza stessa.
  Degli esiti della riunione del gruppo di lavoro è stato dato conto nella successiva riunione dell’Ad Hoc Review Committee (AHRC), presieduta dai presidenti delle Commissioni esteri e difesa del Parlamento lituano e dal rappresentante del Parlamento europeo. Alla riunione erano presenti tutti i capi delegazione e per l'Italia vi hanno preso parte i due presidenti, onorevole Vito e senatore Latorre. È stato unanime l'invito allo svolgimento di un lavoro di esame del regolamento che sia efficiente e che dia voce a tutti i Parlamenti. Alla luce del dibattito in atto in quei in alcuni Parlamenti nazionali sui temi dell'attualità di politica internazionale e del rapporto con gli esecutivi nelle decisioni di politica estera, è apparso opportuno che la Conferenza affronti con velocità e pragmatismo i temi procedurali e dediche maggior tempo ai temi di merito. Il presidente Latorre ha, in particolare, espresso riconoscimento allo sforzo lituano sul piano metodologico, segnalando l'opportunità di procedere ad una razionalizzazione delle proposte emendative. Ha espresso l'auspicio che la Conferenza possa progressivamente consolidarsi al fine di contribuire in modo sostanziale all'unificazione della politica europea in materia di esteri e di difesa. Nella stessa ottica, da parte spagnola, si è auspicato di scongiurare in futuro la costituzione di ulteriori gruppo di lavoro.
  Chiusa la fase dedicata ai temi procedurali ha avuto luogo la sessione inaugurale con l'intervento di apertura da parte dei presidenti delle Commissioni esteri e di difesa del Parlamento lituano, Benediktas Juodka e Arturas Paulasuskas, della Presidente della Repubblica di Lituania, Dalia Grybauskaitè, del Presidente del Seimas, Vydar Gedvilas, e del presidente della Commissione esteri del Parlamento europeo, Elmar Brok.
  Se la Presidente della Repubblica ha affrontato il tema generale della centralità dei Parlamenti nella decisione sulla politica internazionale e dell'impegno lituano per un consolidamento del vincolo di solidarietà europeo soprattutto in un'ottica di consolidamento del partenariato orientale, il presidente Gedvilas ha valorizzato il ruolo pacificatore del progetto europeo in quanto solidamente basato sulla rule of law, dato non scontato nelle altre aree del mondo. Per questo l'Unione europea ha un forte ascendente e una grande responsabilità nei confronti dei Paesi partner. Per tale motivo la politica estera e di difesa comune devono essere efficaci e promuovere la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali nel resto del mondo. Nella stessa area orientale del continente europeo, a più di vent'anni dal crollo del Muro di Berlino, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani non sono tuttavia pienamente realizzati. In tal senso ha auspicato che al Vertice di Vilnius, convocato in novembre, sul Partenariato Orientale si possa pervenire ad una posizione comune.
  Il presidente Paulaskas, ex presidente del Seimas e oggi presidente della Commissione difesa, ha insistito sulla necessità di migliorare la cooperazione UE-NATO in risposta a tutte le minacce alla sicurezza, Pag. 13da quella terroristica a quella di tipo informatico, sottolineando che anche da questa Conferenza può giungere un impulso utile, sopratutto nella prospettiva del Consiglio europeo del prossimo mese di dicembre.
  Il presidente Brok ha richiamato alla memoria il sacrificio di molti cittadini lituani, alcuni dei quali sono oggi deputati al Seimas, nella lotta per la conquista della libertà, che è il primo dei valori posti alla base dell'Unione. Ha subito toccato la crisi siriana, auspicando che il Vertice G20 in corso negli stessi giorni potesse fare emergere una prospettiva di soluzione politica a fronte di una tendenza della Russia e della Cina al mantenimento dello status quo. Ha anticipato le conclusioni della Conferenza, stigmatizzando l'uso delle armi chimiche ai danni della popolazione siriana e segnalando che da tale uso devono derivare gravi conseguenze, non potendo esse in alcun modo costituire strumento di confronto militare. Ha espresso valutazioni critiche sul versante dei partner orientali dell'Unione, manifestando perplessità in ordine all'adesione da parte dell'Armenia e dell'Azerbaijan all'Unione doganale con la Russia, passo che appare precludere il cammino di tali Paesi verso una piena autonomia. In tali paesi occorre che l'Unione operi per promuovere leggi elettorali democratiche e riforme nel settore giudiziario. Ha prospettato sviluppi positivi per la vicenda della ex premier ucraina, Julia Timoshenko. Nel complesso, ha richiamato il principio di condizionalità fissato dal Consiglio di Helsinki nel rapporto con i Paesi terzi.
  Sui temi della politica estera e di difesa ha sottolineato come il Trattato di Lisbona non sia stato adeguatamente attuato, ad esempio in materia di coalizioni tra Stati per la realizzazione di missioni, e come i tagli ai bilanci della spesa militare impongano cooperazioni tra gli Stati membri per i quali deve valere un unico standard di sicurezza, da garantire per tutti nello stesso modo in omaggio al valore della solidarietà europea. Occorre, infine, che gli sforzi nazionali confluiscano in un'unica azione sul piano europeo e per questi motivi il Consiglio di dicembre non può esprimere decisioni di natura meramente formale.
  Si è quindi avviata la prima sessione dedicata all'individuazione di idee e strumenti per la promozione della democrazia in un'Europa allargata e all'approfondimento delle priorità della presidenza lituana in vista del Consiglio europeo di dicembre. In questa fase sono intervenuti il ministro degli esteri, Linas Linkevicius, e il ministro della difesa, Juozas Olekas.
  Il ministro Linkevicius ha, conformemente alle aspettative, dato particolare risalto al tema del Partenariato orientale che rappresenta la priorità della presidenza di turno lituana. Ha svolto una disamina sullo stato dei rapporti tra l'UE e i partner orientali, con spunti interessanti rispetto alla condizione dell'Azerbaijan che intende rappresentare un attore rilevante sul piano della sicurezza energetica o sulla Bielorussia, i cui confini distano poche decine di chilometri da Vilnius e nei cui confronti l'UE ha il dovere di promuovere un dibattito interno sul terreno dei diritti umani e delle libertà fondamentali, evitando politiche di isolamento. In generale ha rilevato che i Paesi del P.O. sono assai disomogenei tra loro e impongono un esercizio di creatività politica da parte dell'Unione. D'altra parte, occorre che l'UE gradui le aspettative che ingenera nei partner esterni per evitare effetti di disaffezione. Per tali ragioni è da considerare un successo la programmazione del Vertice di novembre, in cui la condizione di ben sei Paesi collocati lungo il confine orientale costituirà oggetto di analisi e di esame.
  Il ministro della difesa Olekas ha valorizzato il contributo lituano ai battlegroups europei e, in generale, alle iniziative di missioni europee, ad esempio in Mali o nel contrasto alla pirateria al largo delle coste somale. Ha individuato nell'assenza di una visione politica unica la maggiore lacuna della difesa europea, malgrado le conclusioni del Consiglio del dicembre del 2012 abbiano gettato le basi per una coerente visione di tipo strategico. Richiamando il rapporto interinale dell'Alto Pag. 14Rappresentante, ha individuato un fattore di novità nella visibilità della PSDC e delle questioni attinenti ai temi della sicurezza europea. A suo avviso la discussione sui temi della sicurezza e della difesa e sul ruolo strategico dell'UE dovrebbe costituire un'attività regolare per i Capi di stato e di Governo, come pure per il Parlamento europeo. Occorre inoltre innovare la Strategia europea di Sicurezza, elaborata nel 2003, in modo da formalizzare un'offerta di sicurezza ai partner esterni, molti dei quali già contribuiscono alle missioni internazionali o hanno avviato delle forme di cooperazione con singoli Stati membri (è il caso della brigata trilaterale realizzata da Lituania, Polonia e Ucraina). Non ha trascurato il tema dell'efficienza energetica in materia di difesa per poi tornare sui profili istituzionali, dando risalto al ruolo crescente esercitato dalla Commissione europea.
  Il successivo dibattito ha evidenziato il grave deficit di sicurezza a livello globale, da correlare all'impegno contro la povertà e per lo sviluppo e in quadro di forte richiamo ai principi della Carta delle Nazioni Unite e di un impegno rafforzato dei Parlamenti per la formazione di un consenso maturo presso l'opinione pubblica. Il presidente Latorre, con riferimento alla crisi siriana ma con uno sguardo esteso alle maggiori crisi regionali, ha sottolineato che non è più sostenibile una risposta differenziata da parte dei diversi protagonisti della comunità internazionale, da cui non può che derivare un declino inesorabile ed uno sconvolgimento degli equilibri mondiali. Occorre, ha insistito, ridefinire il modello di governance europea in tema di politica estera, dipendendo da ciò ogni decisione sui possibili assetti di tipo operativo, quali dovranno essere inquadrati dal prossimo Consiglio europeo di dicembre.
  La sessione dedicata al confronto con l'Alto Rappresentante Ashton, sulle priorità e strategie dell'UE in tema di PESC e PSDC, di cui è stato enfatizzato lo svolgimento a porte chiuse, ha ribadito il ruolo dei Parlamenti anche in quanto poli di diffusione dei valori europei, protagonisti di un confronto politico-diplomatico più aperto e detentori della fondamentale funzione di monitoraggio elettorale. Inoltre, ai Parlamenti spetta in via principale un ruolo di sostegno ai Paesi in transizione verso la democrazia, con particolare riferimento ai partner orientali. Guardando al complesso dei rapporti esterni dell'UE, Ashton ha ribadito che l'Unione è ancora al centro di attenzioni e di speranze e rappresenta un modello imitato in altre regioni, come dimostra il caso dell'Unione africana o del progetto di unione doganale avviato dalla Russia o ancora la dimensione dei diritti umani dell'ASEAN. Le crisi in Libia, Kosovo o Myanmar sono accomunate da un bisogno universale, ovvero dalla tensione dei popoli verso la democrazia. Occorre fare di più nell'azione esterna dell'UE, che è per la pace e si esplica a più livelli, soprattutto sul versante preventivo e del ripristino di condizioni di sicurezza. Ashton ha citato dati allarmanti sull'elevato numero di vittime di conflitti registrato nel solo mese di agosto 2013, a paragone degli ultimi cinque anni. Occorre più coordinamento ed incisività tenendo ben presente che gli Stati e l'Unione risparmiano di più prevenendo i conflitti che non dovendoli affrontare quando essi esplodano, nella consapevolezza che le attività preventive e di tipo politico-diplomatico sono spesso meno attraenti sul piano mediatico. L'Alto Rappresentante ha quindi svolto la consueta disamina Paese per Paese ed area per area rispetto agli impegni del suo mandato, valorizzando il metodo della task force attuato in Myanmar e Burma e che potrebbe essere impiegato anche in Egitto.
  Prima di affrontare il nodo siriano ha dedicato qualche cenno ai rapporti con l'Iran auspicando il mantenimento della cooperazione diplomatica nel modulo 3+3 sotto la leadership dell'UE. Quanto alla crisi in Siria, alla luce del parallelo vertice G20 in corso a San Pietroburgo e in attesa delle relative decisioni, ha dato grande risalto alla questione dei più di due milioni di bambini sfollati interni e della enorme crisi umanitaria in atto. Grazie ad Pag. 15alcune sollecitazioni giunte durante il dibattito con riferimento alla situazione in Egitto, ha parlato della necessità di elaborare una politica regionale per fare fronte a questo «arco di instabilità» che dalla Libia arriva fino a Damasco ed oltre. Ha fatto riferimento ad una sorta di «piano Marshall» in corso di preparazione da parte dell'Unione europea insieme al Fondo Monetario Internazionale e ai Paesi del Golfo. Ha quindi dedicato qualche cenno alla revisione del Servizio diplomatico europeo (SEAE), dalla cui istituzione sono derivate 16 missioni europee che vedono impegnati 75 diplomatici, di cui 30-35 soltanto in Afghanistan. 
  Ad apertura del dibattito è intervenuto il presidente Vito per porre il tema della tutela dei profughi siriani, a partire dalla considerazione per cui l'Unione europea non è una mera associazione tra Stati ma un ordinamento giuridico unitario, fondato sulla scelta di condividere profili di sovranità nazionale ed orientato alla promozione di pace, sicurezza, diritti umani. Nel preannunciare la presentazione da parte della delegazione italiana di conseguenti proposte emendative alla proposta di conclusioni, ha segnalato che la crisi ha fatto emergere la centralità dei Parlamenti nella gestione delle crisi ed un nuovo spazio politico da riempire con nuovi modelli e filosofie di intervento da parte della comunità internazionale. Nel ricordare il prossimo impegno parlamentare per il finanziamento della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ha annunciato un impegno italiano a favore dei profughi siriani chiedendo che anche l'Unione europea faccia la sua parte. A questo invito Ashton ha confermato un impegno lamentando, tuttavia, l'impossibilità di raggiungere la quota di aiuti richiesti dall'ONU. Ha, in generale, evidenziato la difficoltà di operare sul terreno siriano pur alla luce delle gravissime emergenze in atto nel Paese sul piano medico-sanitario e tenuto conto che circa il 70 per cento delle abitazioni è andato distrutto. Il senatore Orellana, nel suo quesito all'Alto Rappresentante, ha rilevato come presso l'opinione pubblica non vi sia alcuna conoscenza del percorso finalizzato allo svolgimento della Conferenza denominata «Ginevra II», su cui occorrerebbe invece un'azione informativa maggiore, ma solo di quanto in corso di valutazione da parte di singoli Paesi con prevedibili ripercussioni sul clima complessivo e sull'andamento dell'impegno diplomatico. Anche l'on. Fava ha avuto modo di intervenire sul tema della interazione tra UE e Dipartimento di Stato Usa. In risposta, Ashton ha rimodellato in chiave riduttiva il ruolo dell'UE, cui, a suo avviso, non può essere chiesto troppo e che, nel caso della crisi in Siria, è opportuno che ceda il passo ad altri attori internazionali anche in ragione della presenza in territorio siriano di alcuni cittadini e rappresentanti europei.
  La sessione successiva sulla cooperazione tra UE e NATO è stata introdotta dal Segretario Generale Rasmussen che, incontrando maggiormente le aspettative dei parlamentari rispetto alla sessione precedente, si è reso disponibile ad un confronto franco e aperto sui temi di sua competenza, a partire dal tema siriano. Ha esordito sottolineando che l'attacco con le armi chimiche merita una risposta e che la NATO sta operando a tutela della Turchia e del confine sud dell'Alleanza. Ricordando come dall'ingresso della Lituania nell'Unione europea l'intera area si sia via via trasformata in una regione ad elevati standard di sicurezza con positive ripercussioni sul piano euroatlantico, ha segnalato che ciò ha innalzato il grado di solidarietà politica generale. Sul tema della difesa europea ha segnalato che in assenza di una politica di difesa e senza maggiori investimenti nel settore sicurezza l'Europa è destinata in futuro a non avere influenza nel mondo e a diventare sempre più soggetto passivo rispetto ad influenze esterne Ha quindi riferito i dati negativi sui tagli ai bilanci della difesa di numerosi Stati europei, pari anche al 20 per cento, a paragone degli investimenti fatti da parte di Paesi asiatici. In generale il continente asiatico per la prima volta nel 2013 ha superato l'Europa e per il 2015 la sola Cina avrà investimenti pari alla somma Pag. 16degli otto maggiori Paesi europei della NATO. Ha evidenziato che la riduzione della spesa coincide con una crescita delle minacce. Ha quindi precisato che l'Europa deve detenere adeguate capacità militari per potere efficacemente continuare ad esercitare il suo ruolo di soft power.
  Ha segnalato che l'Unione europea non riesce a valorizzare le proprie risorse, ad esempio sul piano dell'addestramento tecnico che non viene differenziato da un Paese all'altro. Vi è anche un problema di prassi industriali da correggere, promuovendo maggiori economie di scala. Occorre che l'Europa sia più ambiziosa, che sia meno attraversata da egoismi nazionali in quanto la nostra sicurezza non rappresenta più un bene opzionale. Rispetto ai tre cluster del Consiglio europeo e alla necessità di una cooperazione UE-NATO in termini di più forte partenariato, ha evidenziato progressi sul piano capacitivo, come dimostrano gli sforzi per lo sviluppo di droni o per i progetti multinazionali per il rifornimento in volo o ancora sul terreno del pooling and sharing. Ha sottolineato che senza uno sforzo su questo versante i costi da sostenere non si misureranno in denaro ma in termini di vite umane. Quanto al versante dell'industria, ha invitato l'Unione europea e gli Stati membri ad un passo in avanti in termini di efficienza e modernità, abbattendo le barriere alla concorrenza interna. L'industria europea per la difesa è vitale per il futuro stesso della NATO.
  Infine, ha invitato i Paesi membri ad un coordinamento delle forze, tenendo conto che nessuno Stato può provvedere da solo a tutte le esigenze.
  Ha concluso il proprio intervento sottolineando la comunanza di valori e le medesime prospettive future che accomunano la NATO e l'UE. Occorre, per questo, scongiurare duplicazioni e sovrapposizioni insostenibili per le opinioni pubbliche e per i contribuenti europei. A dicembre l'Unione europea è chiamata a compiere una scelta strategica che dovrà essere per il rafforzamento delle capacità e per la riduzione dei profili burocratici.
  In sede di dibattito è intervenuta l'onorevole Mogherini che ha sviluppato il tema della cooperazione tra NATO e UE con riferimento all'area della Siria e del Mediterraneo. Ha evidenziato che senza una visione e un'analisi comune ogni impegno sul piano della capacità militare è destinato ad essere vanificato. In risposta Rasmussen ha evidenziato che mentre «sul terreno», nelle diverse missioni comuni, la cooperazione tra NATO e UE funziona, la mancanza di sedi e meccanismi strutturati di coordinamento politico tra NATO e UE rende difficile avanzare su questo piano. Ha aggiunto anche che all'origine dei mancati progressi sul piano politico vi sia anche il nodo della crisi cipriota e come egli stesso si sia impegnato secondo un approccio pragmatico per una soluzione graduale. Ha ricordato la necessità di procedere ad una revisione della Strategia europea di sicurezza in un quadro di maggior coordinamento tra i 28 Stati membri.
  Nel seguito del dibattito, in cui sono stati trattati temi di diversa natura, Rasmussen è entrato nel merito della crisi siriana anticipando alcuni elementi sulle possibili responsabilità del regime di Assad sulla base dell'analisi dei luoghi da cui le armi sarebbero state utilizzate e della valutazione per cui l'opposizione siriana non avrebbe ritorni decisivi da un loro utilizzo ai danni della popolazione. Quanto ad una possibile reazione militare ha segnalato che potrebbe trattarsi di una reazione non collettiva, breve e mirata, nel quadro di un impegno che deve innanzitutto essere di tipo politico, volto a scongiurare la frammentazione della Siria e il formarsi di un «brodo di coltura» ideale per l'insorgere del terrorismo.
  La Conferenza è quindi proseguita con i due workshop sul Partenariato orientale e sulla sua importanza strategia per l'UE e sul divario tra capacità e ambizioni dell'Europa in vista del Consiglio europeo di dicembre.
  Il primo workshop ha accertato che il Partenariato rappresenta una politica strategica per l'UE e che occorre un impegno a sostegno dei Paesi più fragili, a partire Pag. 17dall'Ucraina e dall'area del Caucaso meridionale, in considerazione della crescita di pressione esercitata dalla Russia. In tal senso è essenziale che l'UE raggiunga una posizione comune determinata in occasione del Vertice programmato per il 28-29 novembre a Vilnius.
  Quanto al secondo workshop, introdotto dal presidente della Sottocommissione del Parlamento europeo sulla sicurezza e la difesa, onorevole Arnaud Danjean, e segnato dalla partecipazione della direttrice dell'Agenzia Europea per la Difesa (EDA), Claude-France Arnould, ha evidenziato la necessità che l'Unione europea faccia un migliore utilizzo delle proprie risorse finanziarie e sviluppi le proprie capacità, anche sul versante civile: il Consiglio europeo sappia promuovere sinergie industriali, individui degli obiettivi ineludibili e migliori i profili procedurali. La difesa europea si colloca al centro della questione della credibilità europea e per questo non è più tollerabile che gli Stati nazionali boicottino l'industria europea che, tuttavia, non può nascere «per decreto» ma deve rappresentare un fenomeno di dinamismo commerciale ed economico reale. Occorre lottare contro i fenomeni di corruttela che segnano negativamente il settore e promuovere più strette forme di collaborazione con la NATO. Quanto al tema della crisi economica e della cessione di sovranità, occorre che i Parlamenti stimolino un dibattito maturo sui temi della sicurezza ed elaborino dei progetti utili ad accrescere il grado di fiducia da parte dei cittadini.