XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 17 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Abrignani Ignazio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE E SULLE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI ENERGIA

Audizione di rappresentanti di Anev.
Abrignani Ignazio , Presidente ... 3 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 3 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 3 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 3 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 6 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 7 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 7 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 7 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 7 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 7 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 8 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 8 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 8 
Anticoli Mauro , Coordinatore settore normativa di Anev ... 8 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 9 
Anticoli Mauro , Coordinatore settore normativa di Anev ... 9 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 9 
Anticoli Mauro , Coordinatore settore normativa di Anev ... 9 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 9 
Anticoli Mauro , Coordinatore settore normativa di Anev ... 9 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 9 
Anticoli Mauro , Coordinatore settore normativa di Anev ... 9 
Cocco Arturo , Segretario generale di Anev ... 9 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti di Snam:
Abrignani Ignazio , Presidente ... 10 
Malacarne Carlo , Amministratore delegato di Snam ... 10 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 16 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 16 
Senaldi Angelo (PD)  ... 17 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 18 
Malacarne Carlo , Amministratore delegato di Snam ... 18 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 19 
Malacarne Carlo , Amministratore delegato di Snam ... 19 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 19 

ALLEGATO 1: Documentazione presentata dai rappresentanti di Anev ... 21 

ALLEGATO 2: Documentazione presentata dai rappresentanti di Snam ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IGNAZIO ABRIGNANI

  La seduta comincia alle 13,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Anev.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia, l'audizione di rappresentanti di Anev.
  Avrebbero dovuto essere presenti, come sapevate, i rappresentanti di Energrid, che però hanno avuto problemi che oggi coinvolgono molti a livello di traffico. Abbiamo ora, invece, la presenza del dottor Cocco e del dottor Anticoli dell'Anev e poi avremo, alle 14,30, la Snam.
  A questo punto, invito il Segretario generale dell'Anev, dottor Cocco, a svolgere la sua relazione.

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. Grazie, presidente. Buongiorno, onorevoli. Io darò lettura del testo che abbiamo prodotto in occasione di questa indagine conoscitiva e che ovviamente sarà incentrato sulle problematiche dal punto di vista del settore che noi rappresentiamo, che è quello dell'energia eolica...

  PRESIDENTE. Ci avete inviato questo testo ?

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. Sì, l'abbiamo trasmesso ieri. È nella disponibilità dei componenti della Commissione.
  Lo scopo di questo testo è di fornire alcuni spunti che potrebbero costituire risposte sulle finalità generali della Strategia energetica nazionale, in particolare sul risparmio rispetto al costo della bolletta elettrica e, quindi, del comparto.
  Lo sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili, al fine di superare gli obiettivi europei, rende allo stesso tempo necessaria una revisione del sistema al fine di ridurre l'onere in bolletta. In tale contesto, è doveroso rammentare che gli strumenti di incentivazione alle rinnovabili posti in essere negli ultimi anni hanno di fatto comportato oneri finali che andrebbero rimodulati. Proprio per andare incontro alle crescenti necessità di riduzione dei costi della bolletta energetica si dovrebbe iniziare a ragionare su meccanismi alternativi rivisitati nell'intero complesso piuttosto che sulle modalità di accesso agli stessi, ricorrendo, per esempio, a strumenti quali il conto capitale e la leva fiscale, che congiuntamente potrebbero raggiungere il medesimo risultato con minor onere per il sistema.
  Se il costo complessivo rimane un punto di debolezza e la stessa SEN si propone di ridurlo, armonizzare gli incentivi alle rinnovabili e il costo in bolletta rimane una priorità. Quando si discute di riduzione significativa dei costi, va ricordato con estrema chiarezza che fino a oggi tutti gli incentivi alle fonti rinnovabili sono stati a carico della tariffa elettrica, così come numerosi altri interventi. Se, quindi, si intende procedere a una riduzione del Pag. 4prezzo dell'energia elettrica, bisognerà anche provvedere, contestualmente, alla definizione di nuovi strumenti per finanziare in modo efficace una serie di attività oggi a carico del comparto elettrico.
  Pertanto, l'unico strumento efficace è quello di rimuovere dal costo elettrico tutti gli oneri impropri, riducendoli sensibilmente con meccanismi fiscali e di supporto alla realizzazione delle infrastrutture. Ciò garantirebbe una maggiore efficienza e durata della vita utile di detti impianti e un conseguente drastico abbattimento dei costi per il sistema. Inoltre, un passaggio a tale nuovo schema consentirebbe ancora un maggior controllo sulle nuove installazioni e sul raggiungimento o superamento degli obiettivi settoriali.
  Passo ora alle osservazioni e inizio con un inquadramento generale. La situazione di recessione che attualmente attanaglia l'intero settore produttivo nazionale, così come l'economia dei nuclei familiari, pone alla ribalta la necessità di valutare misure che possano in qualche modo contribuire ad arginare tale situazione. Lo scopo principale di questo documento è quello di fornire alcune proposte per razionalizzare le risorse destinate al sostegno delle fonti rinnovabili contabilizzate all'interno della componente A3 della bolletta elettrica, fornendo, da una parte, la possibilità di abbattere negli anni gli importi a carico degli utenti finali e, dall'altra, strumenti nuovi di incentivazione per le rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico che permetterebbero di portare nuovo slancio per l'intero settore.
  Infatti, alla luce dell'attuale situazione di grave crisi in cui versa il settore delle rinnovabili, in particolare quello eolico, dovuta principalmente alle criticità che si sono rapidamente succedute e sommate nel corso degli ultimi anni, andando seriamente a compromettere un settore industriale tecnologicamente tra i più maturi e con un elevatissimo potenziale a livello economico e occupazionale, si pone la necessità di valutare nuovi meccanismi che portino nuovi slanci per il sostentamento degli impianti esistenti e soprattutto linfa a nuove installazioni.
  Per quanto riguarda l'attuale suddivisione degli oneri della componente A3 emergono, in termini di suddivisione delle aliquote, alcuni meccanismi premianti per i privati che tendono a consumare poco e per gli attori del panorama produttivo, i quali, invece, tendono a prelevare grosse quantità di energia elettrica, con particolare riferimento ai cosiddetti energivori.
  Negli ultimi anni gli oneri ascrivibili alla componente A3 sono progressivamente aumentati, soprattutto in funzione della crescita dissennata del fotovoltaico. Come potete vedere nella tabella al paragrafo 1, passiamo dal 2009 al 2012 da 3.120 a 10.385 miliardi di euro.
  Passerei adesso a illustrare l'incentivazione delle rinnovabili e, quindi, come in concreto è composta la voce A3 in quanto componente della bolletta. Dalle ultime rilevazioni effettuate riferite al 2012, la componente A3 che, come è noto, racchiude i costi relativi alle incentivazioni delle fonti rinnovabili e delle assimilate, rappresenta il 90,61 per cento degli oneri generali di sistema e il 17,42 per cento del costo totale della bolletta elettrica, in cui la voce relativa all'approvvigionamento e alla commercializzazione dell'energia rappresenta poco più della metà dei costi complessivi.
  Nella tabella al paragrafo 2 viene riportata la suddivisione della quota parte di componente A3 ascrivibile direttamente all'incentivazione delle fonti rinnovabili, con i costi suddivisi per tecnologia e rapportati alla produzione energetica incentivata. In sintesi, il fotovoltaico in termini percentuali comporta una voce di costo pari a quasi il 70 per cento, a fronte del 6,2 per cento rappresentato dall'eolico, che noi, come associazione, rappresentiamo.
  Per quanto riguarda l'eolico, alla fine del 2012 in Italia risultavano installati circa 8.144 megawatt, per una produzione elettrica che nello stesso anno ha raggiunto la quota di circa 13,5 terawattora, pari a circa il 15 per cento della produzione di energia rinnovabile nel nostro Paese e al 21 per cento di quella attualmente incentivata. Come si evince dalla Pag. 5tabella precedente, a questo valore è corrisposta nello stesso anno una quota parte di incentivo posto a carico della collettività pari al 6,2 per cento.
  I dati riportati dimostrano come l'eolico registri un andamento perfettamente in linea con le altre fonti rinnovabili, eccezion fatta per il fotovoltaico, con il 68,6 per cento dei costi, a fronte di una produzione pari al 29 per cento – rispetto al 21 che abbiamo visto prima dell'eolico – la cui crescita dissennata ha contribuito a generare un punto di vista generale sfavorevole nei confronti dell'intero settore delle rinnovabili. Il costo complessivo per il 2012 in A3 risulta essere pari a 9.169 miliardi di euro, di cui 6.292 relativi al fotovoltaico e 2.877 alle altre fonti.
  Per quanto riguarda la previsione di spesa per l'anno 2013, come riportato dal contatore presente sul sito del GSE, il Gestore dei servizi energetici, il valore legale relativo alle fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico per l'anno 2013 dovrebbe raggiungere circa 4,5 miliardi di euro.
  Si sottolinea che il valore massimo stabilito dalla legislazione vigente risulta essere pari a circa 12,5 miliardi, coerentemente con quanto previsto dalla SEN, che stabilisce al 2020 una forchetta massima all'interno dei valori 11,5-12,5 miliardi di euro, suddivisa in 6,7 miliardi per il fotovoltaico e 5,8 miliardi per le restanti fonti rinnovabili elettriche.
  Vediamo ora l'evoluzione e il passaggio a un sistema basato sull'incentivazione fiscale. Sulla base di quanto sopra esposto sarebbe opportuno valutare lo spostamento dell'incentivo della produzione elettrica al capitale per gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, ottenendo un sistema efficiente e un significativo risparmio per il sistema stesso. Infatti, individuando un mix di sgravi fiscali e di incentivi in conto capitale aggiudicati sempre tramite aste competitive e prevedendo la cartolarizzazione per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo, si potrebbe raggiungere il medesimo obiettivo attualmente individuato con un'efficienza molto superiore e rilanciare l'economia e la crescita in un settore strategico quale quello delle fonti rinnovabili elettriche, in particolare nell'eolico. Assodato il successo ottenuto nel settore edile e dell'efficienza energetica del sistema di sgravi fiscali, occorrerebbe, per lo sviluppo delle rinnovabili e per il raggiungimento degli obiettivi proposti, seguire la medesima strada. Partendo dal Cap di spesa annuale previsto dal DM 6 luglio 2012 di 5,8 miliardi di euro, risulta un delta di circa 1,2 miliardi rispetto ai dati pubblicati dal GSE attestanti la spesa annuale per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. È bene notare che questa tecnologia, il fotovoltaico, ha già raggiunto il pertinente Cap annuale previsto dal DM succitato.
  Il passaggio a un sistema di incentivazione basato su un sistema di agevolazioni fiscali come una detrazione del 55 per cento dell'imponibile dovrebbe avere inizio proprio da questo dato. Infatti, detto delta, una volta congelato il Cap al 4,6 miliardi di euro, potrebbe essere destinato al nuovo meccanismo, in modo tale da non gravare sul bilancio dello Stato.
  In una prima fase, l'allocazione del delta maturato potrebbe essere dedicata alla cartolarizzazione dei crediti per la transizione verso il nuovo meccanismo. In un successivo momento potrebbe essere utilizzata per far sì che detto meccanismo vada a regime, tendendo a coprire poi il Cap definito dal DM.
  Si stima che il solo ritorno del gettito IVA generato dallo sviluppo dei progetti rinnovabili per le casse dello Stato compenserebbe l'esborso annuale, generando un meccanismo virtuoso attualmente presente in termini ambientali, ossia di mancata emissione di sostanze climalteranti, e di produzione elettrica, ossia di minor dipendenza dall'importo energetico, ma non in termini finanziari. Considerato poi l'apporto creato dalla nuova occupazione sviluppata e dall'indotto che ruota attorno al settore delle fonti rinnovabili, questo consentirebbe un saldo positivo per il bilancio dello Stato.
  Arrivo alle conclusioni. Nella sostanza, il passaggio a un sistema di detrazioni fiscali da associare eventualmente a un Pag. 6fondo agevolato, coinvolgendo, per esempio, la Cassa depositi e prestiti, condizionato a un bilancio economico nullo o anche, volendo, positivo, permetterebbe di ottenere molteplici risultati positivi. In prima istanza, ci sarebbe un beneficio per tutto il sistema, con una drastica riduzione del peso della componente A3 sulla bolletta. In seconda, ma non ultima, istanza, permetterebbe di far ripartire un settore che dall'introduzione del sistema delle aste si è visto piombare in una parabola decrescente, con evidenti danni per il sistema Paese il quale, peraltro, non ha nemmeno portato a una diminuzione dei costi energetici per le famiglie e per le imprese.
  Io avrei concluso. Approfitto della vostra cortesia per aggiungere solo una considerazione che non è in tema di Strategia energetica nazionale, ma di riduzione dei costi relativamente alla bolletta energetica.
  Venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge Destinazione Italia. Il testo prevede una disposizione che introduce un meccanismo in base al quale gli operatori del settore avrebbero teoricamente la facoltà di poter effettuare una scelta.
  La prima opzione è quella che noi chiamiamo «spalma incentivi». Si tratta di vedere la riduzione degli incentivi dal punto di vista quantitativo a fronte di un aumento del periodo di godimento degli stessi di sette anni.
  La seconda opzione, che dovrebbe essere un'adesione su base volontaria, prevista dal decreto-legge è quella di vedere per i dieci anni successivi alla fine del periodo di erogazione degli incentivi l'impossibilità di poter effettuare i cosiddetti rifacimenti. Ciò significa, né più né meno, che rinnovare la tecnologia di un impianto rinnovabile e, quindi, le macchine, sostituendole con altre che abbiano una maggiore producibilità e una migliore resa dal punto di vista della produzione elettrica. Ovviamente la finalità della disposizione che vi ho appena citato è quella di ridurre i costi della bolletta elettrica ma, in buona sostanza, è una soluzione fittizia e doppiamente penalizzante. Da una parte, la volontarietà è associata all'obbligo di rinunciare a un periodo di dieci anni per rinnovare la tecnologia degli impianti. Dall'altra, non farebbe altro che prolungare un costo per lo Stato di ulteriori sette anni.
  Una soluzione di riduzione del costo della bolletta elettrica immediato per impegnarci in seguito non è che un'ipoteca sul futuro del nostro Paese. Prevedere un allungamento del periodo di incentivazione, anche se ridotto nella quantificazione dei corrispettivi stessi, significa comunque fare ricorso a una soluzione che indebiterebbe e porterebbe voci di spesa per i sette anni successivi. A noi questa sembra una soluzione assolutamente penalizzante e non risolutiva nell'ottica di una visione di medio e lungo periodo.
  Concludo con un'ultimissima battuta, sempre in tema di riduzione dei costi della bolletta energetica, facendo riferimento a quello che viene definito lo «Zano bond». Si tratterebbe dell'emissione di un bond di iniziativa del Ministero dello sviluppo economico di 2 o 3 miliardi. Esso comporterebbe un costo di interesse per gli anni successivi che andrebbe a gravare sulle casse dello Stato, a fronte di quella che, invece, potrebbe essere un'ipotesi di cartolarizzazione che potrebbe andare a beneficio degli operatori, affinché possano con una risorsa di credito, investire e, quindi, creare sviluppo e crescita, con le consequenziali ricadute occupazionali e i benefici per tutto l'indotto che possiamo immaginare. Questi vogliono essere alcuni suggerimenti che noi abbiamo rappresentato in questa sede e che siamo disponibili ad approfondire nel corso dell'indagine che questa Commissione sta svolgendo.
  Con questo io avrei concluso. Rimetto la parola al presidente, ringraziandolo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Cocco, anche per le considerazioni che ha svolto per così dire de iure condendo. Ancora non sappiamo nulla rispetto ai tempi di presentazione del decreto-legge Destinazione Italia. Abbiamo già avuto occasione di esaminare un testo provvisorio ma, come sa, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Peraltro, c’è un dubbio. Penso Pag. 7che non sia fondato, ma si dice che il testo verrà pubblicato tra qualche giorno per evitare di perdere i giorni delle feste ai fini della conversione in legge. C’è sia un disegno di legge sia un decreto-legge. Anche se riguardano un altro provvedimento, concernono sempre la Strategia energetica nazionale e sono attinenti al tema in discussione oggi.
  La ringrazio del suo intervento. Vorrei porle una domanda di natura tecnica su una questione che mi ha sempre molto incuriosito. Ho visto che dai vostri dati che i 12 miliardi che saranno erogati quest'anno a favore delle rinnovabili inciderebbero soltanto per il 17 per cento sul costo della bolletta. Mi sembra un po’ poco. Se voi lo dite, però, sarà sicuramente vero.

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. Sul 2012 è così.

  PRESIDENTE. Io vi chiedevo sul 2013. Mi sembra poco anche 17 su 10 miliardi.

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. La componente A3 di per sé non pesa più di tanto. Il peso maggiore è collegato al costo effettivo dell'energia, che è più della metà. Poi ci sono le imposte, gli oneri per la rete e via elencando.

  PRESIDENTE. Voi giustamente fate notare che l'eolico, a parità, incide in misura minore. La domanda è duplice, ma tecnica. Risultano installati circa 8.144 megawatt. Voi avete un quadro aggiornato dal punto di vista geografico di quali sono le zone dove sono stati installati il maggior numero di impianti ? Parlando di fotovoltaico, si pensa subito al Sud. Mi incuriosiva, invece, sapere se per avete i dati anche per quanto riguarda gli impianti del settore eolico e ci potete fornire in linea di massima le percentuali.
  Passo alla seconda domanda. Non essendo assolutamente competenti in materia, l'impressione è che gli impianti siano tutti uguali a livello di struttura. Quando si vede un impianto eolico, al di là del minieolico – parlo di quelli grandi – si pensa che siano tutti uguali. Vorrei capire un impianto di medie dimensioni – parlo di una struttura standard, senza esagerare – che tipo di produzione genera. Si tratta in particolare di capire se l'energia che il singolo impianto produce serve a coprire l'energia che consuma.
  È ovviamente solo una battuta, ma si tratta di capire più o meno il tipo di produzione. Sono impianti enormi. In Sicilia – io sono della zona di Trapani – ne vedo di enormi, al di là di chi siano i produttori. Vorrei capire più o meno di quale produzione stiamo parlando.
  Ricapitolando, vorrei conoscere l'indicazione geografica e la produzione di un impianto medio.
  Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie, presidente. Vorrei ringraziare non solo per la relazione, ma anche per i materiali che ci sono stati offerti.
  Credo che sia di interesse e di utilità anche per il lavoro successivo di questa Commissione la sottolineatura che avete fatto giustamente, dal vostro punto di vista, dell'incidenza sui costi di produzione elettrica incentivata delle diverse fonti rinnovabili. I dati che ci avete proposto saranno molto utili anche rispetto alle discussioni successive.
  Inoltre, vorrei ringraziare per la risposta alla mia domanda. Nell'ultima parte della sua comunicazione lei ha voluto ritornare su un aspetto che, in realtà, deve ancora essere espresso con la pubblicazione del decreto. Credo anch'io che quella sugli strumenti individuati dal Governo per l'abbattimento dei costi dell'energia – quelli che, con una battuta, ha chiamato Zano-bond – sia una discussione che andrà fatta con grande attenzione e approfondimento. Mi interessava capire il vostro punto di vista.
  Noi abbiamo rivolto la stessa domanda anche ad altri auditi. In realtà, su questo lei ha già fornito una risposta. Credo che quello sarà un aspetto non secondario del livello di coinvolgimento di questa Commissione Pag. 8in fase di conversione del decreto-legge. Forse può essere utile anche, se lo ritenete, nel momento in cui ci sarà il testo, che ci mandiate, anche solo per iscritto, alcune considerazioni. L'impianto è chiaro. L'impianto della sua argomentazione è assolutamente chiaro ma, a fronte del testo, credo possa essere interessante se vorrete esprimere le vostre considerazioni più in dettaglio sulla questione e in maniera più specifica.

  ANDREA VALLASCAS. Grazie, presidente. Anch'io vorrei porre alcune domande tecniche.
  Vorrei sapere quanto l’iter autorizzativo ha bloccato lo sviluppo nel settore eolico. Noi sappiamo, per esempio, che per installare un impianto fotovoltaico da 3 chilowatt basta una semplice comunicazione, mentre in Sardegna – io sono sardo – per posizionare una pala da 3 chilowatt è necessario fare una DIA. È un iter certamente più impegnativo, a livello non solo autorizzativo, ma anche di costi.
  Passo a un'altra domanda. Voi avete parlato del fotovoltaico, che è stato favorito sicuramente dagli incentivi rispetto all'eolico. Vorrei sapere, però, anche quanto le installazioni eoliche sono arrivate a saturare le aree produttive. Che proporzione c’è tra le aree di massima producibilità eolica esenti da vincoli e le pale installate ? Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. Venendo alle prime domande, quanto all'aspetto geografico, a parte le isole, che sono, dal punto di vista della ventosità, molto interessanti – in particolare, credo che la Sardegna sia uno dei siti più interessanti di tutto il Mediterraneo – la concentrazione maggiore delle installazioni si svolge lungo le dorsali appenniniche, proprio per una questione tecnica di presenza del vento. Come giustamente il presidente sottolineava, quella eolica è un tipo di fonte che si deve andare a cercare. Non è come l'irradiazione, che può essere più o meno presente al Sud, tanto in pianura, quanto in quota.
  Per quanto riguarda la producibilità, vorrei essere più puntuale passando la parola al dottor Anticoli che, dal punto di vista tecnico, credo possa fornire un supporto in termini più precisi.

  MAURO ANTICOLI, Coordinatore settore normativa di Anev. Buongiorno. La risposta a questo quesito si ricollega anche all'ultima domanda, cioè al discorso della saturazione. Oggi il discorso che possiamo fare noi sulla producibilità, rappresentando tutta la categoria, sia i produttori, sia gli operatori che gestiscono impianti grossi, ma anche piccoli, è legato alle ore equivalenti. Quante possono essere le ore in cui l'impianto produce in un anno energia elettrica ?
  Per avere questa risposta è sufficiente vedere le statistiche del GSE. Oggi il parco impianti in Italia si attesta in media intorno alle 1.800 ore, che sono un bel risultato e non sono sufficienti solo per produrre energia che viene autoconsumata. Sfatiamo subito questo mito: l'autoconsumo degli impianti eolici è veramente molto limitato. L'energia viene prodotta perché è incentivata e, quindi, c’è tutto l'interesse a produrre energia elettrica e a trovare alcuni siti, da un punto di vista della risorsa vento, che siano remunerativi e interessanti.
  Ripeto, 1.800 ore sono la media. Gli ultimi impianti che vengono realizzati si attestano anche sopra le 2 mila ore. Certo, non siamo come nel Nord Europa, dove c’è la possibilità di arrivare anche a 3 mila. Ci sono studi che vengono fatti per anni per individuare il sito più idoneo.
  Gli incentivi si sono ridotti e, quindi, oggi non esiste più la possibilità di fare un impianto eolico da 1.300-1.400 ore, perché non c’è proprio la ragione, non c’è il ritorno economico. La Sardegna rappresenta sicuramente un'area molto interessante dal punto di vista della risorsa eolica.
  Per rispondere alla sua domanda, quindi, sono 1.800 ore. Non saprei riferirle, Pag. 9invece, la producibilità effettiva su base annua, perché cambia ovviamente anno per anno, o addirittura mese per mese.

  PRESIDENTE. Comunque è ancora superiore al consumo.

  MAURO ANTICOLI, Coordinatore settore normativa di Anev. È sicuramente superiore al consumo dei servizi ausiliari necessari.

  PRESIDENTE. Sulla base dei dati riportati nella vostra documentazione voi dite che su tutta la produzione elettrica incentivata rappresentate addirittura il 21 per cento.

  MAURO ANTICOLI, Coordinatore settore normativa di Anev. Sì, ma sulle fonti rinnovabili.
  Oggi tutte le fonti rinnovabili coprono il 35 per cento. Tutte insieme coprono il 35 per cento della produzione elettrica.

  PRESIDENTE. Ci sono dati di Assoelettrica secondo cui, invece, l'incidenza rispetto all'incentivazione della parte elettrica arriva al 65 per cento. La produzione di energia elettrica vale il 35, il resto è energia elettrica.

  MAURO ANTICOLI, Coordinatore settore normativa di Anev. Lei sostiene che la componente incentivo vale il 65 per cento del ritorno.

  PRESIDENTE. Lo dice Assoenergia. Ognuno difende evidentemente le proprie posizioni. Una cosa è certa: se voi rappresentate il 35, il 65 è produzione elettrica da fonti ordinarie.

  MAURO ANTICOLI, Coordinatore settore normativa di Anev. Da fonti convenzionali. Questo sì, indubbiamente. Il 35 per cento riguarda tutte le rinnovabili, compreso fotovoltaico e idro.
  Tornando alle altre domande, sul discorso dello Zano-bond, giusto per chiarire, questo strumento esiste effettivamente nel testo del disegno di legge collegato alla legge di stabilità.
  Il discorso, invece, del cosiddetto spalmaincentivi, è ancora più preoccupante all'interno di un decreto-legge e, quindi, verosimilmente è molto più cogente in termini proprio di applicabilità. Lo spalma incentivi, come diceva correttamente anche il collega, è veramente una sorta di bluff. Difficilmente potrà essere accettato dagli operatori un sistema che impone di ridurre l'incentivo a fronte di un allungamento del periodo di incentivazione. Di fatto l'operatore dovrebbe rinunciare a qualcosa a vantaggio del sistema per ottenere un allungamento del periodo di incentivazione e mantenere in piedi impianti vecchi. Da un punto di vista di efficientamento del sistema questo è un non-senso, perché impedisce agli operatori di effettuare gli interventi di rifacimento e di repowering e di portare avanti interventi di ristrutturazione con tecnologie più avanzate, meno impattanti e molto più performanti dal punto di vista della produzione.
  Questa non è un'opzione che viene lasciata agli operatori. Di fatto si dice: o accettate la spalmatura ridotta, riducendo l'incentivo e allungandone l'estensione, oppure no. Di fatto, se un impianto ha ancora un anno di vita di incentivo, gli si propone di dargli l'incentivo che spetterebbe in un anno, ma spalmato in otto, ossia uno più sette. In tal modo si potranno fare gli interventi di ristrutturazione, di rifacimento e di integrale ricostruzione fra otto anni. Otto anni sono una scommessa già persa in partenza in Italia. Diversamente, le cose restano come stanno.

  ARTURO COCCO, Segretario generale di Anev. Proprio per concludere e fornirle un ulteriore elemento, presidente, lei parlava della Sicilia, che è uno dei siti in cui, come anche in Sardegna, ha iniziato a svilupparsi questo tipo di tecnologia. Quando lei vede una grossa macchina al lavoro, è molto probabile che ne veda una alta una novantina di metri da 850 megawatt. È Pag. 10una macchina che ha sicuramente, almeno dal punto di vista tecnologico e di ciclo di vita, una decina d'anni. Una macchina di una decina di metri più grande, che, dal punto di vista dell'impatto paesaggistico, non ha un grosso impatto – a distanza 10 metri non sono rilevanti su 80-90 – oggi sarebbe in grado di produrre 2,5-3 megawatt. La stessa macchina che era il massimo della tecnologia cinque, sei o sette anni fa, con 850 megawatt, oggi sarebbe una macchina da 2,5. Vi rendete conto che la maturazione tecnologica dell'eolico è tangibile, concreta e premiante.
  Oltretutto, quella che noi oggi abbiamo sulla base dell'installato è una producibilità che potrebbe essere implementata anche riducendo l'impatto: io tolgo tre macchine da 850 e ne metto una da 2,5. Ho una resa maggiore e un impatto minore semplicemente con una macchina al posto di tre.
  Questo è un concetto che, per esempio, in Germania è stato assolutamente capito e sposato dalla normativa. Per noi, riferendoci alla norma sul cosiddetto «spalmaincentivi», che sarebbe l'ipotesi contenuta nel decreto-legge, se non si accetta la riduzione e, quindi, l'allungamento dell'incentivo, la conseguenza è che per dieci anni non si potrà più intervenire e non si potrà rinnovare l'impianto. Questo sarebbe veramente penalizzante, oltre che costoso. Comporterebbe una semplice riduzione temporale del costo della bolletta per il brevissimo periodo, ma non sarebbe una soluzione per il sistema per il medio e lungo periodo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Cocco. Ringraziamo l'Anev per la sua partecipazione e per essere stata così precisa nelle risposte. Peraltro, come dicevamo anche prima con il collega Peluffo, dopo la pubblicazione del testo del decreto-legge Destinazione Italia, sarebbe molto utile se voleste mandare agli uffici della X Commissione un contributo, che sicuramente distribuiremmo a tutti i commissari.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Anev (vedi allegato 1).
  Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta. Seguirà poi l'ultima audizione con i rappresentanti di Snam. Grazie.

  La seduta, sospesa alle 14,45, è ripresa alle 15.

Audizione di rappresentanti di Snam.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia, l'audizione di rappresentanti di Snam.
  Sono presenti l'ingegner Carlo Malacarne, amministratore delegato, e la dottoressa Patrizia Rutigliano, direttore delle relazioni istituzionali. Come di consueto, potrete svolgere brevemente un intervento introduttivo al termine del quale i deputati potranno porre eventuali domande.
  Do la parola all'ingegner Malacarne per la sua esposizione.

  CARLO MALACARNE, Amministratore delegato di Snam. Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio innanzitutto per la possibilità che mi è stata offerta di prendere parte a questa indagine conoscitiva, che ritengo sia essenziale. Tutti sappiamo che il costo dell'energia è un elemento fondamentale per le nostre economie industriali. Cercherò in questa breve presentazione di illustrarvi come, per quanto riguarda la parte gas dell'energia, l'impianto infrastrutturale possa distribuire energia con una sicurezza di approvvigionamento e a un costo competitivo, illustrando le azioni che possono essere effettuate.
  In questo senso, ritengo che la Strategia energetica nazionale sia uno strumento idoneo per perseguire tali obiettivi. Nello stesso tempo, cercherò di rappresentarvi come la Snam, la società che io rappresento, possa contribuire a ottenerli.
  Non mi soffermo sugli obiettivi della SEN, perché penso che li conosciate tutti. Pag. 11L'unica cosa che vorrei sottolineare è che gli obiettivi generali illustrati nella SEN richiedono comunque, dal punto di vista infrastrutturale e della creazione di infrastrutture, tre elementi fondamentali.
  Il primo è un quadro autorizzativo chiaro, con tempi certi e una programmazione degli investimenti sicura per quanto riguarda la realizzazione delle infrastrutture.
  Il secondo è un sistema regolatorio che possa seguire la strategia di sviluppo di queste infrastrutture. Il sistema regolatorio è molto simile al sistema autorizzativo: deve essere chiaro e trasparente, in modo tale che ogni operatore possa programmare gli investimenti senza il rischio di non eseguirli.
  Il terzo elemento che ritengo importante è che questo percorso deve essere sostenuto anche a livello politico, non solo dagli operatori. Si tratta di «armonizzare» le regole, a livello non solo nazionale, ma anche europeo. Oggi non possiamo parlare di energia guardando solo il Paese. Purtroppo, o per fortuna, nel nostro caso, dobbiamo parlare di energia guardando l'evoluzione a livello europeo.
  Quando parlo di regole armonizzate, non mi riferisco a regole comuni o uguali, ma a regole che possano evidenziare quali sono le caratteristiche strategiche del Paese. Queste sono importanti, perché nessuno sviluppo di infrastruttura, se le regole non sono armonizzate, può portare al successo e agli obiettivi che ci si pone.
  Per capire che cosa possiamo fare in Italia, è necessario avere una visione generale al di fuori anche dell'Europa. Parlando di energia, ci troviamo di fronte oggi, a tre realtà completamente diverse nel mondo. La prima è la realtà statunitense, tutta la parte dell'America, con le nuove tecnologie delle riserve cosiddette non convenzionali. Leggiamo tutti i giorni dello shale gas, che ha prezzi basati semplicemente sul mercato. I prezzi sono grossomodo intorno ai 4 dollari a milioni di BTU (British Thermal Unit).
  Ci sono poi Paesi asiatici, o comunque di tutta la parte di Asia e Giappone, in cui alcune scelte strategiche e politiche che sono state fatte – uso del nucleare, fabbisogno di economie che hanno un incremento e uno sviluppo molto elevato – hanno portato a un'esigenza di questo combustibile, ossia del gas, che arriva, non essendoci collegamenti via pipe, allo stato liquido, e a un incremento del prezzo che è fino a quattro o cinque volte superiore a quello degli Stati Uniti. Il terzo contesto è quello di tutta l'area europea, che è in una condizione mista fra un prezzo di mercato e un contratto cosiddetto a lungo termine, il cosiddetto take-or-pay, che porta a equilibrare un prezzo di tre volte superiore a quello degli Stati Uniti e di due o tre volte inferiore a quello dell'area asiatica.
  Questo elemento è importante per capire quale può essere l'evoluzione di nuovi approvvigionamenti a livello europeo. L'Europa è collegata via pipe, cioè direttamente, per circa il 65-70 per cento dei suoi consumi. I contratti a lungo termine coprono, quindi, circa il 65-70 per cento. Questo significa che tale 65-70 per cento è un prezzo collegato a questi contratti, non completamente libero dal mercato. L'altro 30-35 per cento è legato, invece, al cosiddetto gas spot, che ha un prezzo che giorno per giorno si delinea sul mercato.
  Ci troviamo, dunque, in una situazione mista, che presenta la difficoltà di avere un aumento di questa quantità spot, che di solito arriva dal gas liquido, perché va verso i Paesi asiatici e che, nello stesso tempo, non ha le tecnologie non convenzionali, come quello che ha l'America, e automaticamente porta a un prezzo di mercato molto basso. Questa è la situazione generale.
  Se guardiamo alla questione della sicurezza energetica a livello europeo, per paragonarli ai livelli italiani, notiamo quello che stavo dicendo prima: il 65-70 per cento del gas a livello europeo è importato con contratti a lungo termine. Se guardiamo solo all'Italia, tale percentuale sale all'85-90. Siamo grossomodo intorno all'85-88 per cento a seconda dei consumi di gas importato.
  Si possono fare due commenti. La difficoltà di diminuire il prezzo a livello Pag. 12italiano è dovuta al fatto che la percentuale di contratti collegati a lungo termine, che è il 90 per cento e che, come accennavo prima, porta a prezzi più alti, genera più difficoltà nel creare il prezzo di mercato, visto che la quantità spot si aggira intorno al 10-11 per cento. Questo è il primo aspetto. Di conseguenza, dobbiamo cercare di aumentare con qualsiasi mezzo, e poi vedremo come, questa quantità, che è solo del 10 per cento. Se riusciamo a farla salire a livello europeo, ossia al 25-30 per cento, chiaramente abbiamo più possibilità di creare una competizione sul prezzo.
  L'altra osservazione è che, nonostante la diminuzione dei consumi di gas, un’overcapacity di gas non è una soluzione per garantire una sicurezza di approvvigionamento e una diversificazione delle fonti. Non è vero che, essendoci a disposizione più gas, automaticamente si ha la possibilità di essere sicuri nell'approvvigionamento o di non avere problemi in alcuni periodi dell'anno.
  Le condizioni di mercato per cui si ha la necessità di approvvigionare questo gas e i tempi in cui esso viene approvvigionato variano a livello commerciale a seconda delle esigenze di chi compra e vende gas. Tutto sommato, questo fattore non è strettamente collegato al consumo italiano, ma ad altre dinamiche, di economia, di approvvigionamento e di vendita.
  Per seguire una logica, abbiamo detto che aumentare la quantità di gas cosiddetto spot è un elemento importante per creare la competizione sul prezzo. Io vi ho rappresentato quali sono gli scambi di gas nei cosiddetti hub europei, cioè nei punti in cui oggi si compra e si vende gas in Europa.
  In termini inglesi il churn rate, indica semplicemente quanto è liquido il mercato. Più il mercato è liquido, più è facile che si riesca a creare una competizione e ad abbassare il prezzo. In Regno Unito c’è un 14,3. Quel numero rappresenta quante volte scambio una quantità unitaria di gas prima che esso sia consumato. Indica quanto scambio c’è. Ogni scambio chiaramente è uno scambio a qualità di prezzo, ossia si diminuisce il prezzo. Come vedete, il Regno Unito è il mercato più liquido. Si può affermare, quindi, che il prezzo creato nel Regno Unito è un prezzo di mercato a tutti gli effetti, perché è più liquido.
  Nel resto d'Europa, tranne per qualche punto, il rate è intorno ai 4,2-4,3. Quello dell'Italia è a 2,5, ma sta crescendo. Due o tre anni fa questo 2,5 era sotto il 2, a 1,5. Adesso sta crescendo la possibilità di scambiare gas e sta aumentando la quantità di gas liquido. Vedremo adesso i prezzi. Questo ha portato a un allineamento dei prezzi italiani con quelli europei, dovuto appunto a questa possibilità di scambio.
  Passiamo ora ad analizzare l'effetto sui prezzi. Prima del 2012 questo scambio era molto difficile, in primo luogo perché non c'era un’oversupply, un’overcapacity di gas e c'era meno gas disponibile. In secondo luogo, perché non era possibile scambiare questo gas con gli altri punti in Europa. Dal 2012 in Italia sono state introdotte alcune regole, alcuni criteri, per scambiare gas e Snam, come operatore, si è attivata per creare le condizioni di scambio a livello europeo: una situazione di borsa gas con tutte le piattaforme europee e la possibilità di interscambio attraverso le tubazioni di quantità di gas. Questo ha portato automaticamente, in sei mesi circa, ad allineare i prezzi. A gennaio e febbraio 2012 il prezzo in Italia, pur seguendo l'andamento del prezzo europeo, era comunque del 15-20 per cento più alto. A fine 2012 i prezzi si sono allineati e oggi sono equivalenti. In qualche mese dell'anno, anzi, sono addirittura più bassi in Italia che in Europa. Il concetto di gas disponibile e di possibilità di scambiarlo con maggior liquidità automaticamente porta a un allineamento dei prezzi.
  Che cosa manca, a questo punto ? Non c’è un problema solo commerciale, ma anche di infrastrutture. Noi dobbiamo avere la possibilità di scambiare questo gas anche fisicamente, non solo con contratti commerciali. Ciò significa che l'interconnessione dei Paesi europei – abbiamo Pag. 13visto che le borse gas sono in tutti i Paesi europei – è fondamentale per alimentare questa liquidità.
  L'Italia è un Paese europeo e ha un vantaggio rispetto agli altri Paesi europei: ha tre fonti di importazioni diverse, la Russia, l'Algeria, la Libia, nonché il rigassificatore dal Qatar. Inoltre, ha in progetto nuovi impianti, come il TAP dell'Azerbaijan. A differenza di altri Paesi l'Italia ha maggiori fonti di approvvigionamento. A maggior ragione il collegamento fisico con gli altri Paesi diventa, quindi, un valore aggiunto per l'Italia e le dà la possibilità di interscambio di gas a prezzi diversi o creando le condizioni di concorrenza sui prezzi del gas. Faremo poi alcuni esempi, perché probabilmente ci saranno anche vostre curiosità su questo aspetto.
  L'elemento infrastrutturale comprende trasporto e stoccaggio, due attività strettamente collegate fra loro. Con il trasporto si hanno le infrastrutture per scambiare questo gas. Lo stoccaggio è un magazzino che offre la possibilità di lasciare lì, nel momento in cui non serve, questo gas e di utilizzarlo nei momenti in cui si ha più necessità di scambio. Il trasporto e lo stoccaggio sono un tutt'uno, come strategia a livello italiano. L'incidenza sul totale del costo del metro cubo di gas è del 4 per cento per il trasporto e dell'1 per cento per lo stoccaggio. Stiamo parlando, quindi, del 5 per cento. Se questo 5 per cento con nuovi investimenti – vedremo poi che cosa vuol dire crescere – sale al 5,1 o al 5,2, non al 15, per cento, il beneficio è quello che la materia prima, che è al 39 per cento, può avere una situazione di competizione e di diminuzione del prezzo. Stiamo parlando di investimenti che hanno un'incidenza minima sulla struttura del costo finale, ma che possono creare grossi benefici sul costo effettivo della materia prima.
  Facciamo due considerazioni su questa interconnessione dei mercati. Oggi l'Italia, ha il cosiddetto backbone, cioè la linea che parte dall'Africa e arriva in Inghilterra. Il collegamento fisico esistente oggi in Italia con gli altri Paesi è già importante. Non occorre fare grossi investimenti per creare le interconnessioni, occorre solo – poi vedremo i numeri – fare alcuni potenziamenti a livello italiano, in modo da interscambiare tutte le importazioni che oggi abbiamo in Italia.
  Arriva meno gas algerino ? Devo portare il gas russo dove serve. Arriva meno gas russo ? Devo portare il gas algerino dove serve. Ci vuole un interscambio totale delle infrastrutture a livello italiano, in modo che tutti gli approvvigionamenti che arrivano in Italia possano essere utilizzati in qualsiasi parte del territorio. Questo permette di creare anche le condizioni cosiddette di esportazione, ma il concetto non è che dobbiamo esportare. Dobbiamo avere la possibilità di scambiare gas.
  Faccio subito un esempio che risulti chiaro e non tecnico. Vediamo che cosa succede se l'Italia rimane un puro Paese di consumo, come può esserlo un qualsiasi altro Stato. Il prezzo del gas è costituito dalla materia prima più il costo della logistica per portarlo. Il gas che viene dalla Russia prevede il costo della materia prima più quello del trasporto in Austria e in Slovacchia. Lo stesso vale per il gas del Nord Europa, con il costo che si ha in Germania o in Svizzera. Se l'Italia rimane un puro Paese di consumo, il prezzo del gas, seppure allineato, sarà sempre più alto di quello di uno Stato d'Europa, perché si deve sommare al costo della materia prima quello della logistica.
  Il fatto di utilizzare l'Italia non solo come un Paese di consumo, ma anche come un Paese di transito, portando automaticamente dallo stesso tubo gas verso l'Italia, dimezza il costo della logistica, solo per suggerire un'idea banale. Il concetto di hub, che è una parola grossa, perché è una parola commerciale, tradotto in infrastrutture consiste semplicemente nell'avere la possibilità di utilizzare nel modo più flessibile le infrastrutture esistenti.
  Gli investimenti che stiamo facendo in Italia, e che poi illustrerò, sono investimenti che danno la possibilità di portare nelle regioni – in questo caso nel Nord-Ovest, in Piemonte e in Lombardia – il gas Pag. 14necessario, in modo tale che si possa fare a meno, nel momento in cui serve, dell'importazione dal Nord Europa. Fare a meno dell'importazione vuol dire che automaticamente si lascia del gas dall'altra parte e sia ha la possibilità di scambiare gas con il centro dell'Europa. Questo è il concetto.
  Questo aspetto è chiaro – lo dico senza soffermarmici – anche a livello europeo. Nei documenti della Commissione europea il discorso che viene chiamato di reverse flow, ossia di utilizzo nei Paesi dello scambio di gas, è un punto sancito nelle regole della Commissione tecnica europea. Ogni Stato, peraltro per legge, nel momento in cui si implementa la direttiva europea, deve dotarsi delle infrastrutture per poter scambiare gas con i Paesi vicini. Non è semplicemente Snam a essere partita con un progetto di questo tipo tre anni fa. Questa strategia è sancita anche da regole comunitarie che vedono l'eccellenza nel poter utilizzare scambi di gas fra i diversi Paesi. Infatti, questo è esattamente il disegno che figura nel foglio della direttiva europea. I corridoi che l'Europa ritiene essenziali per poter scambiare gas sono le linee tracciate recanti i numeri 1, 2, 3 e 4. Sono le aree di scambio. Guarda caso, l'Italia è toccata da due o tre, se consideriamo il futuro TAP, di questi quattro corridoi. Questo significa che la possibilità di utilizzare il corridoio Italia come un corridoio di interscambio è giudicata strategica non solo per l'Italia, ma anche a livello dei Paesi europei.
  Detto questo, come abbiamo raggiunto il prezzo del gas, che oggi possiamo dire allineato con l'Europa, anche se, lo ripeto, è tre volte più alto che negli Stati Uniti ? Stiamo parlando di un prezzo che oggi ci vede più competitivi rispetto a due anni fa sull'area europea, ma non rispetto agli Stati Uniti. Questo è un dato di fatto.
  Oggi l'Italia è collegata – noi siamo entrati in questa società di piattaforma europea – con tutte le borse europee, con tutti i Paesi europei. Questo significa che ogni operatore che vende e compra gas e fa trading a livello italiano oggi può comperare gas con regole definite su tutti i mercati europei. L'interscambio oggi è possibile.
  Quello che va fatto, quello che va a migliorato, è l'aspetto per cui, visto che il costo della logistica è un elemento per definire il prezzo finale, l'armonizzazione delle regole cui avevo accennato prima deve diventare fondamentale anche a livello politico. Dobbiamo riuscire a creare costi di trasporto e di logistica coerenti con gli obiettivi europei. Se si deve portare gas dall'Italia alla Svizzera o alla Germania, non si può avere uno Stato intermedio che crea costi di logistica completamente diversi, non armonizzati con gli altri, perché automaticamente impedisce di passare.
  Lo sforzo che dobbiamo fare adesso, e che gli operatori stanno facendo con alcuni accordi – noi abbiamo accordi con i belgi, con Fluxys – è teso a facilitare lo scambio di gas. È importante che anche a livello politico, ma anche istituzionale in genere, con le Autorità per l'energia e il gas europee, ci sia uno sforzo di armonizzare le regole di trasporto e, di conseguenza, i prezzi dello stesso. L'Italia ne ha più bisogno degli altri, perché, essendo oggi un Paese di consumo, tutto sommato limitrofo, avrebbe i costi più elevati di logistica. Questa possibilità di scambio diventa, quindi, fondamentale.
  Passiamo velocemente al ruolo di Snam. Che cosa abbiamo fatto e che cosa stiamo facendo noi ? Nell'ottica che vi ho raccontato finora stiamo facendo due cose. Innanzitutto, abbiamo un Piano investimenti per realizzare e completare nei prossimi quattro anni le infrastrutture di interscambio con l'Europa. Si tratta di investimenti nel Nord dell'Italia che permettano alla fine del 2015 di utilizzare la tubazione che oggi arriva dalla Norvegia in doppio senso. In qualsiasi momento a ogni operatore che compra e vende gas in Italia sarebbe permesso di utilizzare per quantità più grandi rispetto a oggi il passaggio di gas da una parte all'altra. Nello stesso momento, abbiamo introdotto nuovi servizi sul trasporto e sullo stoccaggio, in linea e in accordo con l'Autorità. Stiamo Pag. 15cercando anche all'estero di spingere questi servizi, che possono permettere di aumentare la flessibilità di utilizzo delle infrastrutture. Questo significa supportare a livello operatore la teoria dell'interscambio o dell’hub. Ciò comporterebbe due elementi fondamentali. Innanzitutto, ci sarebbe una maggior sicurezza degli approvvigionamenti. Come abbiamo detto, quasi il 90 per cento dei contratti è take-or-pay. Dire che c’è un’overcapacity di gas è vero, ma la situazione potrebbe cambiare in qualsiasi momento. Con il contratto take-or-pay, se non si può utilizzare il gas in Italia perché non si hanno pari livelli di consumi, l'approccio dell'operatore sarà quello di cercare di rinegoziare e, peraltro, oggi anche di spostare i tempi per non pagare le penali. Ci potremmo trovare, così, nelle condizioni per cui magari per un anno o due in realtà si ha meno gas di quello che si potrebbe avere proprio per questo motivo.
  Oggi dall'Algeria, per esempio, arriva meno del 50 per cento del gas possibile. Questo vuol dire che tutta questa sicurezza di approvvigionamento non è automatica con consumi inferiori alla disponibilità, perché le disponibilità variano in funzione di elementi economici e strategici, non semplicemente dei consumi dell'Italia. L'aspetto infrastrutturale diventa, quindi, importante. Essere sicuri di poter portare il gas in eccesso in alcuni momenti al di fuori dell'Italia o di ricevere in momenti più critici gas da altri Paesi è un punto fondamentale.
  Quanto ai nostri investimenti – alle pagine 16 e 17 della documentazione che vi abbiamo consegnato sono riportati i numeri – sono enucleati in due progetti. Vi è un progetto in Pianura padana, con lo sviluppo delle centrali e i collegamenti con le pipeline esistenti, che permettono di avere la sicurezza di approvvigionamento nel Nord-Ovest dell'Italia e, nello stesso tempo, in caso di necessità, di portare gas verso la Svizzera e la Germania, ossia verso il Nord Europa. Si avrà la possibilità di farlo dopo che avremo completato questi investimenti. Gli altri investimenti che vedete e che riguardano la linea adriatica sono semplicemente legati al momento in cui arriverà il TAP. Oggi la struttura italiana porta il gas con la flessibilità necessaria esistente al momento ma, se c’è un nuovo approvvigionamento di 8-10 miliardi, si deve potenziare la rete. Tale rete è strettamente collegata al nuovo gas che arriverà, non alla situazione attuale.
  Come ripeto, questo discorso non è molto legato all'infrastruttura, è molto tecnico. Sembra legato ai consumi: meno consumi, più infrastrutture. Banalmente, invece, nel periodo estivo, in cui ci sono meno consumi, serve più capacità, perché il gas che arriva non esce. Non c’è nessuno che lo preleva, ragion per cui si riempiono di più le condotte. Il periodo più critico per la possibilità di portare gas è, quindi, il periodo estivo. Dal punto di vista strettamente tecnico, pertanto, non leghiamo l'infrastruttura direttamente al consumo: avere 5 miliardi in meno di consumo non significa avere metà infrastrutture di quelle che servono, anzi, d'estate ne servono di più, tutto sommato.
  Al di fuori dell'Italia stiamo cercando di applicare la strategia che vi ho illustrato: laddove abbiamo avuto la possibilità, tramite acquisizioni o accordi con gli operatori, abbiamo cercato di entrare nelle reti strategiche per scambiare questo gas. Siamo entrati nel Sud della Francia. La Spagna ha una capacità di rigassificazione di gas liquido di 60 miliardi e i consumi sono di 23-24. Non c’è possibilità, perché non ci sono collegamenti dalla Spagna verso la Francia e, di conseguenza, verso l’hub cui è collegata l'Italia. Diventa, quindi, strategica una rete che permetta di creare questi collegamenti. Ciò comporta che si metta a disposizione a livello europeo gas liquido che oggi non si può assolutamente portare a livello europeo.
  L'altro aspetto su cui stiamo lavorando è il collegamento a nord dove abbiamo un partner operatore, Fluxys, che sta facendo investimenti per creare in Svizzera e in Germania le stesse condizioni che noi avremo a fine Piano investimenti nel 2016. Nel 2016 siamo sicuri, grazie agli accordi che abbiamo stipulato senza investire direttamente, che in Svizzera e in Germania Pag. 16avremo le stesse capacità di trasporto che stiamo realizzando in Italia. Questo è il punto fondamentale.
  A quanto ammontano gli investimenti ? Prevediamo 6 miliardi di investimenti nei prossimi quattro anni, in totale. Sto parlando di tutte le attività del nostro Gruppo. Per finire questi progetti occorrono altri 4 miliardi dal 2017 al 2020. Stiamo parlando, quindi, di circa 10 miliardi.
  Dal punto di vista anche di impatto sul territorio, cioè dell'evoluzione dell'economia sul territorio, noi abbiamo oggi circa 1,5 miliardi all'anno. Negli ultimi tre anni abbiamo fatto questi investimenti, che mi pare pochi operatori oggi stiano facendo. Questo solo per dire che, indipendentemente dalla strategia energetica, che porta vantaggi secondo gli obiettivi che ho accennato prima, c’è anche un problema di impatto sul territorio di lavoro e di investimento notevole.
  Senza citare i numeri, perché non è questo l'oggetto dell'audizione, nel 2012 per noi hanno lavorato 1.400 imprese, di cui 850 piccole e medie. Normalmente, per 1,3-1,5 miliardi di investimento lavorano dalle 1.300 alle 1.500 imprese all'anno. Questo solo per darvi dei dati concreti.

  PRESIDENTE. Ingegnere, la ringraziamo, perché la sua esposizione è stata molto esaustiva. D'altronde, voi siete una holding che comprende varie società.
  Vediamo se ci sono domande. Io, in particolare, vorrei porne un paio.
  Lei parlava quasi di un’overdose di gas. Rispetto al nostro fabbisogno, peraltro, deve sapere che è stata esaminata qui alla Camera, in Commissione e poi in Assemblea, la questione del TAP. Abbiamo anche il progetto South Stream, che sta andando avanti. Lei ci ha inquadrato bene il discorso dal punto di vista dell’hub. L'Italia potrebbe guadagnare – è una parola forte – dal fatto di essere, dal punto di vista logistico, trasportatore di gas verso altri Paesi.
  Rispetto al nostro fabbisogno – la prima domanda è questa – noi siamo già oggi assolutamente autosufficienti, per cui queste nuove ulteriori infrastrutture sono legate eventualmente ad altri discorsi di natura economica ? Sotto questo profilo non abbiamo gas italiano. Questa è la seconda domanda.
  Passo alla terza e ultima domanda, che riguarda i consumatori. Nel mercato del gas il costo è determinato da un'incidenza della materia prima, della fiscalità e, come lei ci spiegato giustamente, della logistica. Rispetto a concetto questi fattori, la liberalizzazione ha inciso sul costo finale all'utente con un abbassamento del costo della tariffa, oppure no ?
  Sono queste tre le domande che le pongo.
  Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie, presidente. Voglio ringraziare per la comunicazione che ci è stata resa e anche per i materiali consegnati. Credo che anche gli altri commissari avranno modo di poterli approfondire, seppure non siano presenti oggi.
  Aggiungo soltanto due considerazioni alle domande che faceva adesso il presidente Abrignani. Una questione che mi è capitato di avvertire anche nella precedente legislatura è che ci sono alcuni momenti di audizione in questa Commissione in cui noi ci trasformiamo da Commissione Attività produttive in Commissione Affari esteri. Si inquadrano effettivamente le questioni in un ambito più ampio e, quindi, ci si deve concentrare sul sistema Paese e anche sulle sue interconnessioni.
  Per esempio, una delle discussioni che spesso vengono fatte rispetto allo shale gas in Italia è che questa opzione non è nella SEN, per come conosciamo il dibattito a livello europeo. È utile, però, tenere in considerazione che cosa ha significato lo shale gas negli Stati Uniti, che cosa significa in termini di scenario e di equilibri complessivi. Forse questo è uno degli elementi che dobbiamo tenere in conto nella nostra riflessione.Pag. 17
  La seconda riflessione, che citava ora il Presidente Abrignani, riguarda l'obiettivo di trasformare il nostro Paese in un hub del gas. Questo è uno degli impegni precisi esplicitati nel discorso di insediamento del Presidente Letta in Parlamento. A questo tema, ovviamente, corrisponde una serie di impegni. Io credo che anche nel corso della sua comunicazione sia stata richiamata la necessità di che cosa significa essere conseguenti a quell'obiettivo.
  Lo dico anche perché noi arriviamo da una discussione in Parlamento, qui alla Camera, rispetto alla ratifica dell'Accordo per il TAP, in cui c’è stata una scelta, a opera di una parte dell'opposizione, di fare ostruzionismo. È assolutamente legittimo utilizzare tutti gli strumenti consentiti dal Regolamento per far valere il proprio punto di vista ma, secondo me, in quella discussione sono mancati alcuni elementi che, giustamente, invece, oggi sono stati messi in evidenza e sui quali, a mio avviso, è utile tornare.
  Dobbiamo sempre avere presenti i dati che ci avete riportato sulla struttura del prezzo per i consumatori italiani e cercare di decidere su quale parte incidiamo, con quali scelte e con quale coerenza perseguiamo poi tali scelte.
  Infine, il terzo elemento, presidente, che, secondo me, è utile alla nostra discussione e che deve essere tenuto in maggior considerazione nel prosieguo è l'interconnessione con gli altri mercati europei in termini fisici, in questo caso, ma anche normativi.
  Peraltro, in alcune audizioni abbiamo sollevato una questione del tutto interna rispetto al Titolo V, ossia quanto possa e debba essere opportuno rivedere l'attribuzione nei confronti delle regioni rispetto alla competenza sull'energia. Il punto, in realtà, oltre a questo, riguarda l'interconnessione con la normativa europea.
  È stata sollevata una questione rispetto all'armonizzazione delle regole di trasporto a livello europeo. Credo che questo sia l'altro aspetto da mettere in evidenza, ossia come, a maggior ragione in un percorso auditivo, evidenziamo quali sono gli aspetti su cui è necessaria vieppiù un'armonizzazione con la normativa europea.
  Grazie.

  ANGELO SENALDI. Grazie, signor presidente. Ringrazio anch'io l'ingegner Malacarne per l'esposizione. Vorrei puntualizzare alcune considerazioni che mi sembrava di cogliere già nell'intervento del collega Peluffo.
  Lei ci ha parlato di costi differenti del gas tra gli Stati Uniti, l'Europa e l'Asia, perché la tecnologia dello shale gas ha ridotto i prezzi e ha reso quel mercato autonomo, riportando sugli altri mercati un surplus di gas che non viene più utilizzato negli Stati Uniti.
  La domanda è in questo senso. Lei ci ha parlato di maggior disponibilità generale di gas dovuta a questa nuova tecnologia utilizzata. Lasciamola confinata negli Stati Uniti o in altri territori. Cerchiamo di non tenerla in Europa, anche se mi sembra che la Polonia stia facendo qualcosa. Ci sono alcune aree che stanno ipotizzando di adottarla e che stanno cominciando a utilizzare questa tecnologia anche nel nostro territorio europeo.
  Lei ci ha parlato poi di una possibilità di collegamento con la Spagna, che comporta altra disponibilità di gas. Tutta questa disponibilità quanto può incidere, se c’è una stima, sulla diminuzione del prezzo unitario della materia prima ?
  Dopodiché, se andiamo a guardare la struttura del costo, è chiaro che bisogna incidere sul costo della materia prima per ridurre il costo finale, perché le altre componenti sono marginali, lasciando perdere il discorso delle tasse, che ha, a sua volta, una grande importanza. Se si agisce sulla materia prima, si può ipotizzare anche un decremento del prezzo.
  Mi sembra di aver capito anche dalle altre audizioni che ci sia una questione rispetto all'utilizzo del gas e che anche la produzione di energia elettrica da gas abbia un costo superiore rispetto alle altre metodologie di produzione, dovuto al maggior costo della materia prima rispetto ad altre fonti tradizionali, oppure addirittura alle fonti rinnovabili. Credo che tutto il Pag. 18sistema potrebbe effettivamente trarre grandi vantaggi da una diminuzione del prezzo del gas.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Malacarne per la replica.

  CARLO MALACARNE, Amministratore delegato di Snam. Svolgerò alcune considerazioni per cercare di soddisfare le vostre domande.
  Vediamo un attimo le condizioni. Innanzitutto, considerando le attuali politiche europee ambientali 20-20-20 e le decisioni sulle centrali nucleari, l'Europa al 2030 è un Paese importatore. Sto parlando di Europa. Poi passerò all'Italia. Nelle valutazioni più conservative si va dai 110 ai 150 miliardi in più di oggi che servono a livello europeo.
  In Italia consumiamo di meno, come nel Sud dell'Europa, rispetto al Nord. Del fabbisogno europeo, cioè, circa il 65 per cento è al Centro-Nord dell'Europa, il restante 35 per cento è in Italia e Spagna. In Italia oggi consumiamo 70 miliardi. Le previsioni al 2015 sono di poter arrivare intorno ai 75-76. Comunque, non c’è una diminuzione dei consumi.
  A questo aspetto dobbiamo collegare anche il fatto che la produzione nazionale oggi, a livello italiano, che è intorno ai 10 miliardi all'anno, va diminuendo. Nel 2020 raggiungiamo a malapena i 5-6 miliardi. Avremo, quindi, una produzione nazionale che andrà a finire, se non ci saranno nuove estrazioni a livello italiano. Lo rilevo solo per dire che non ci saranno aumenti di picco nel consumo del gas, ma che comunque il gas va avanti. Altre fonti oggi non sostituiranno il gas. Questo è importante.
  Quanto al discorso di avere più gas disponibile, disponibile vuol dire legato a contratti commerciali. Perché dico che dobbiamo avere un’overcapacity di gas ? Perché il prezzo di questi contratti commerciali può solo diminuire, nel momento in cui si ha una concorrenza, ragion per cui si deve avere un’overcapacity di gas.
  Prendendo l'esempio del TAP, fino a sei mesi fa in Italia su tutti i giornali, tutti i giorni, si scriveva: «In Italia paghiamo il gas il 15-20 per cento in più». Da tre o quattro mesi a questa parte in realtà non si dice più niente. Si dice che il prezzo italiano è come quello dell'Europa, che siamo allineati. Questo concettualmente che cosa vuol dire ? Vuol dire semplicemente che lo scambio di gas a prezzi diversi allinea gradualmente il prezzo medio al prezzo più basso. Questo è quello che succede. Io mi aspetto che, quando ci sarà il TAP, il prezzo non potrà essere allineato al take-or-pay, perché lo farà un mercato di scambio, che sarà più basso. Se ho più fonti di gas GNL che arriva su mercati, che sono liquidi e che creano giorno per giorno un prezzo più basso, i nuovi contratti si allineeranno al prezzo più basso.
  L’overcapacity è necessaria. Se io oggi dicessi che ho gas in quantità sufficiente così com’è e che mi fermo, il prezzo salirebbe immediatamente, perché i take-or-pay sono a prezzi più alti. Per rinegoziare un take-or-pay occorre poter dimostrare che sul mercato c’è una concorrenza tale di prezzo che è sceso per cui il prezzo iniziale non sta in piedi. Per fare questo, però, ci vogliono overcapacity e interscambio, ossia la possibilità di scambiare prezzi diversi di gas.
  Non lego la necessità del TAP al fatto che abbiamo già 70 miliardi. A parte il fatto che, come dicevo prima, questo non è del tutto vero. Nel momento in cui un operatore privato che ha un contratto take-or-pay non è più conveniente, o decide di chiudere, o decide di negoziare qualche aspetto, che oggi consiste nel ritardare la possibilità di prendere il gas. Se devo pagare penali nel momento in cui prendo il gas, ma riesco a negoziare che non lo prendo oggi, ma fra due anni, facendomi spostare la penale, questo significa che per due anni non porto quel gas. Tutta questa overcapacity può, quindi, finire da un momento all'altro. È un aspetto legato a un contratto commerciale.
  Perché serve il nuovo TAP ? Non sto a parlare adesso dell'infrastruttura in sé, ma il nuovo gas che arriva, o attraverso GNL, o attraverso il TAP, serve proprio per Pag. 19questo motivo, ossia perché permetterà sicuramente di fare il prezzo. Se arriva il TAP, vuol dire che il prezzo è sceso, altrimenti non arriva. Se leggo sul giornale «Domani arriva il TAP», se si firma un contratto sul TAP, questo significa che il prezzo è basso, altrimenti non arriverebbe. È questo il concetto.

  PRESIDENTE. È il concetto dell'offerta e della domanda. Se ho maggiore offerta rispetto alla domanda, il prezzo scende.

  CARLO MALACARNE, Amministratore delegato di Snam. Questo è il concetto. Noi, però, abbiamo un altro vantaggio, che citavo prima. Abbiamo detto che la necessità di gas al 2025-2030 di 150 miliardi in Europa è al 65 per cento al Centro-Nord e al 35 per cento al Sud. Il concetto dell’hub è che si riesce a scambiare più gas diversi, sapendo che là ne hanno bisogno. Perché lo devo far arrivare dal nord, dalla Russia, che mi chiude il mercato ? Lo faccio arrivare, se ce l'ho, da una fonte che mi offre questa possibilità. Questo è il concetto vero.
  Quanto al discorso di dove può arrivare il prezzo, lo shale gas ha portato a prezzi completamente diversi. Questo mercato, a livello europeo, oggi ha già allineato i prezzi. Ci può essere un ritocco, ma, secondo me, l'obiettivo è quello di non farli alzare. Il rischio non è quello di abbassarli e collegarsi allo shale gas, ma che i prezzi ritornino alti. Se guidano i take-or-pay e non riescono a guidare gli spot, i prezzi si alzano. Non c’è dubbio su questo.
  La strategia a livello europeo riguarda il discorso infrastrutturale, i servizi di mercato e l'armonizzazione delle regole e deve essere attuata per mantenere il prezzo che abbiamo oggi, o per averlo leggermente più basso. Non siamo ancora a livello finale di concorrenza, ma non raggiungeremo mai il discorso shale gas degli Stati Uniti. Su questo non c’è dubbio.
  Mi sembra di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. La ringrazio. È stato assolutamente esaustivo. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Anev (vedi allegato 2).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,45.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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