CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 5 novembre 2013
116.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, ai sensi dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Atto n. 25).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, ai sensi dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 (atto n. 25);
   preso atto della valutazione favorevole espressa dalla Commissione bilancio, tesoro e programmazione;
   rilevato che:
    il provvedimento in esame dà attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge n. 219 del 2012 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali), affermando il principio di uguaglianza giuridica di tutti i figli, a prescindere dalla loro nascita dentro o fuori dal rapporto matrimoniale;
    l'affermazione del suddetto principio rappresenta un progresso culturale e giuridico unanimemente condiviso dalla Commissione, tanto in questa quanto nella precedente legislatura, nel corso della quale è stato esaminata in modo ampio e approfondito la delega legislativa;
    la legge n. 219 del 2012, oltre a novellare direttamente alcune rilevanti disposizioni del codice civile, ha delegato il Governo a completare la riforma, dettando specifici principi e criteri direttivi;
    tra le principali modifiche apportate al codice civile dall'articolo 1 della legge delega, si segnalano le seguenti: modifica della disciplina della parentela (articolo 74 c.c.), così da specificare che il vincolo sussiste tra le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal carattere legittimo o naturale della filiazione; riformulazione dell'articolo 251 c.c., con ampliamento della possibilità di riconoscimento dei figli incestuosi; riformulazione dell'articolo 276 c.c. in materia di legittimazione passiva alla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale, con la previsione che, morto il genitore e venuti meno anche i suoi eredi, parimenti legittimati passivi, il figlio naturale può proporre l'azione nei confronti di un curatore nominato dal giudice; nuova formulazione dell'articolo 315 c.c., con affermazione del principio ispiratore dell'intero provvedimento, ovvero che «tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico»; introduzione del nuovo articolo 315-bis c.c, che affianca ai doveri del figlio verso i genitori, i paralleli diritti ad essere mantenuto educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; a crescere in famiglia ed a mantenere rapporti significativi con i parenti, ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, se ha compiuto i 12 anni o anche in età inferiore, se capace di discernimento; introduzione dell'articolo 448-bis, che sottrae i figli dall'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà e permette loro di escluderlo, salvo eccezioni, dalla successione; abrogazione delle disposizioni sulla legittimazione dei figli naturali; sottrazione al tribunale dei minorenni della competenza rispetto ad Pag. 30una serie di provvedimenti in tema di affidamento e mantenimento dei figli, che vengono assegnati al tribunale ordinario; conferma della competenza del tribunale per i minorenni per i provvedimenti in caso di condotta del genitore pregiudizievole ai figli (articolo 333 c.c.), purché non sia in corso tra le parti un giudizio di separazione o divorzio o relativo all'esercizio della potestà genitoriale ex articolo 316 c.c;
    l'articolo 2 della legge 219 delega il Governo a modificare le disposizioni vigenti in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adattabilità, al fine di eliminare ogni residua discriminazione tra figli legittimi, naturali e adottivi;
    i princìpi e criteri direttivi dettati dal comma 1 per l'esercizio della delega prevedono, in particolare: la sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai figli legittimi e ai figli naturali con i riferimenti ai figli; viene però fatto salvo l'uso delle denominazioni di figli nati nel matrimonio o fuori del matrimonio, in relazione a disposizioni ad essi specificamente relative (lettera a)); una nuova articolazione e ridefinizione sistematica dei capi del titolo VII del libro primo, la cui rubrica è denominata «Dello stato di figlio» (lettera b)); la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione, con la previsione che la filiazione fuori del matrimonio possa essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo (lettera c)); l'estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e la ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità nel rispetto dei principi costituzionali (lettera d)); la modifica della disciplina del riconoscimento dei figli naturali con l'adeguamento al principio dell'unificazione dello stato di filiazione delle disposizioni sull'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia di uno dei genitori, con l'attribuzione al giudice della valutazione di compatibilità con i diritti della famiglia legittima; altro principio di delega concerne l'inammissibilità del riconoscimento in tutti i casi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o giudizialmente dichiarato; l'abbassamento dell'età del figlio minore, da 16 a 14 anni, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, dell'impugnazione del riconoscimento previa autorizzazione giudiziale e nomina di un curatore speciale (articolo 264 c.c.) e ai fini del consenso all'azione per la dichiarazione di paternità o maternità esercitata dal genitore o dal tutore (articolo 274 c.c.) (lettera f)); la limitazione dell'imprescrittibilità dell'azione di impugnazione del riconoscimento solo al figlio e l'introduzione di un termine di decadenza per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati (lettera g)); l'unificazione della disciplina sui diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati sia nel matrimonio che fuori del matrimonio (lettera h)); la disciplina delle modalità di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, nell'ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato (lettera i)); l'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio dell'unificazione dello stato di figlio (lettera l)); il necessario coordinamento della disciplina del diritto internazionale privato di cui alla legge 218/1995 al principio di unicità dello stato di figlio (lettera m)); la specificazione della nozione di abbandono morale e materiale del figlio, con riguardo all'irrecuperabilità delle capacità genitoriali, fermo restando che le condizioni di indigenza non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (lettera n)); la segnalazione ai comuni, da parte dei tribunali dei minori, delle situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedano interventi di sostegno nonché i controlli che lo stesso tribunale effettua sulle situazioni di disagio segnalate agli enti locali (lettera o)); il diritto dei nonni ovvero la legittimazione degli ascendenti a fare valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minori (lettera p));Pag. 31
   osservato che:
    le principali novità recate dallo schema di decreto legislativo possono essere così sintetizzate: spostamento dagli articoli articoli 155 e ss. ai nuovi articoli da 337-bis a 337-octies delle disposizioni sull'esercizio della responsabilità genitoriale in tutte le ipotesi di «crisi» del rapporto tra i genitori, raccogliendo insieme la disciplina dei rapporti tra genitori e figli, sia nella fase «fisiologica» sia in quella in cui si dissolve il legame, matrimoniale o di fatto; riconoscimento per i nonni della possibilità di ricorrere al giudice per vedere riconosciuto il loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni (competenza del tribunale per i minorenni); previsione e disciplina dell'obbligo di ascolto del minore in tutti i procedimenti in cui debbano essere adottati provvedimenti che lo riguardano, salvo che il giudice ritenga l'ascolto in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo (nuovo articolo 336-bis c.c.); interventi sulla disciplina delle successioni, finalizzate all'attuazione in tale ambito dell'estensione dei vincoli di parentela alla filiazione fuori dal matrimonio, a seguito della novella dell'articolo 74 c.c.
   tanto premesso, ritenuto che:
    nell'esaminare la delega, particolarmente articolata e complessa, occorre distinguere tra principi e criteri direttivi che impongono una ricognizione della legislazione vigente al fine di apportarvi delle modifiche terminologiche e formali ovvero di coordinamento (come nel caso dell'articolo 2, comma 1, lettere a) e b)) e principi e criteri direttivi volti a completare anche sotto il profilo sostanziale la riforma prevista dalla legge n. 219;
    all'esito del dibattito e dalle audizioni svolte dalla Commissione, tenuto conto anche dei lavori preparatori relativi all'esame della legge delega, approvata nella precedente legislatura, lo schema presentato dal Governo appare conforme alla delega legislativa, della quale costituisca un equilibrato ed armonico sviluppo, in grado di ammodernare adeguatamente il codice civile, il codice di procedura civile e la restante legislazione in materia, in sintonia con l'evoluzione dei tempi e della coscienza sociale;
   rilevato, in particolare, che:
    lo schema di decreto attua, agli articoli 5 e 55, la trasposizione degli articoli da 155 a 155-sexies del codice civile Libro primo in un nuovo Capo II del Titolo IX del Libro primo dello stesso codice così rubricato «esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio»;
    i citati articoli da 155 a 155-sexies, come riformati dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, trovano, nella trasposizione nel nuovo Capo sulla responsabilità genitoriale, una parziale e meramente formale riformulazione dovuta ad integrazioni prevalentemente provenienti dall'articolo 6 della legge n. 898 del 1970 sul divorzio;
    non possono definirsi quali profili di novità esorbitanti dalla delega, le disposizioni sostanzialmente riproduttive di norme della legge sul divorzio, espressive di principi e discipline già vigenti, collocate nel nuovo Titolo IX, in ossequio al principio della riconduzione tutte le disposizioni sui figli a un regime unitario, che prescinda dalla loro nascita in costanza o meno di matrimonio,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI RELAZIONE DEL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

1. Introduzione.

  La presente relazione, preparata dai componenti della Commissione Giustizia del Movimento 5 Stelle, intende approfondire e dare una linea di indirizzo in merito alle sollecitazioni espresse nel messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere inviato il 7 ottobre scorso ai sensi dell'articolo 87, comma secondo, della Costituzione.
  A distanza di 7 anni dall'ultimo indulto, il riproporsi del medesimo problema, oltretutto aggravato nei numeri, sancisce l'incapacità della politica degli ultimi venti anni di risolvere il problema del sovraffolamento delle carceri. All'epoca, l'indulto pose apparentemente fine allo stato di emergenza arrestando ogni spinta riformatrice per la soluzione del problema alla radice.

2. Problema strutturale delle carceri e possibili soluzioni.

a) il problema.

  A partire dal 2010, durante l'amministrazione del Commissario delegato per l'emergenza carceri, Franco Ionta, anche capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (DAP), sono andati persi, per mancato utilizzo, 228 milioni di euro di fondi Fas provenienti dal Cipe. Il Commissario ha inoltre omesso di impiegare le 15 unità lavorative in dotazione provenienti dal DAP, ricorrendo a consulenze esterne assai onerose, spesso fiduciarie o affidate a mezzo di bandi non adeguatamente pubblicizzati. A tal proposito, è anche accaduto che a una gara avesse partecipato una sola persona. Si è ricorso alle prestazioni della Dott.ssa Fiordalisa Bozzetti retribuita 220.000 euro in 3 anni per la gestione della contabilità. Ci si è avvalsi di diversi avvocati per pareri legali, come ad esempio l'Avv. Andrea Gemma le cui consulenze sono costate ben 140.000 euro in 2 anni. Queste risorse, molto probabilmente, si sarebbero potute trovare all'interno della stessa amministrazione pubblica.
  Il Prefetto Angelo Sinesio, succeduto a Ionta come Commissario delegato, è stato successivamente nominato Commissario straordinario mediante il Decreto del Presidente della Repubblica del 3 dicembre 2012. Nella sua audizione del 2012 alla Camera, Sinesio ha affermato che ad ottobre 2012 sarebbe iniziata la cantierizzazione di 17 nuovi padiglioni. Di questi, alla scadenza, non ne era stato ancora avviato nessuno, tranne il pre-cantiere di Siracusa. Per ogni consegna si stimano almeno 400 giorni lavorativi.
  Nel Piano carceri del Commissario straordinario, come ricordato anche nel messaggio del Presidente della Repubblica, c'era in progetto la riapertura di spazi detentivi nell'isola di Pianosa, nonostante la loro chiusura sia stata disposta, così come nel caso dell'Asinara, dall'articolo 6 della Legge 23 dicembre 1996 n. 652. (con effetto decorrenza 31/12/1997).
  I dati sul sovraffollamento carcerario ricevuti dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero Pag. 33della Giustizia – aggiornati al 30 settembre 2013 – evidenziano che il numero dei detenuti ammonta a 64.758, mentre la «capienza regolamentare» è di 47.615, con un esubero di 17.143 detenuti. Risulta evidente l'alto livello di congestione del sistema carcerario italiano.
  Inoltre, secondo i dati statistici relativi alla percentuale dei detenuti rispetto alla popolazione dei diversi Paesi, pubblicati dal Consiglio d'Europa, nell'anno 2011 in Italia vi erano 110,7 detenuti ogni 100.000 abitanti. Proporzioni paragonabili a quelle di Grecia e Francia (rispettivamente, 110,3 e 111,3), superate da Inghilterra e Spagna (entrambe oltre quota 150).

b) possibili soluzioni.

  Per fronteggiare la necessità di aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari, volendo rimodulare il piano carceri originario, si può evitare di edificare nuove carceri, se non per un istituto da 800 posti nell'area del Napoletano/Casertano (costo 40 mln di euro). La ratio di questo programma alternativo sta nel recupero funzionale di carceri male utilizzate e delle sezioni chiuse, nella costruzione di nuovi padiglioni e nella riallocazione di cubature. Alcuni esempi: in provincia di Catania si potrebbe arrivare ad una capienza regolamentare di 1.850 posti (contro i 744 attuali) in presenza di 1.081 detenuti. Anche a Roma si potrebbe arrivare a una capienza regolamentare di 2.800 posti (contro i 1.979 attuali) in presenza di 2.834 detenuti. A Milano si potrebbe raggiungere la capienza regolamentare di 4.000 posti (contro i 2.478 attuali) in presenza di 3.866 detenuti.
  L'intero progetto di ristrutturazioni, apertura e riallocazioni di sezioni detentive e soprattutto di modifica dell'edilizia carceraria prevede, ad esempio, l'unificazione di celle portandole a triple/quadruple con un allargamento delle stesse così da rientrare nelle prescrizioni contenute nella sentenza Torreggiani.
  Tutto ciò porterebbe le carceri italiane ad avere 69.120 posti disponibili, rispetto alla capienza attuale di circa 47.040 posti, ovvero un aumento della capacità di ben 22.000 posti entro la fine del 2015, non solo superando definitivamente l'emergenza carceraria ma generando anche un surplus di posti disponibili.
  Per quanto riguarda infine la grave carenza di organico della polizia penitenziaria, si può prevedere la modifica del sistema di vigilanza rendendola dinamica, come già sperimentato positivamente in alcuni penitenziari, così da recuperare risorse umane.

3. Interventi legislativi.

3.a) Accordi per espatrio detenuti.

  Attualmente gli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia per l'esecuzione della pena all'estero non hanno funzionato.
  Le carceri italiane ospitano attualmente circa 23.000 detenuti stranieri su un totale di 65.000 persone; la percentuale media nazionale degli stranieri detenuti in Italia è del 36-37 per cento, ma a livello locale, soprattutto nel Nord Italia, la percentuale arriva anche al 60-70 per cento. Il carcere di Padova ospita addirittura l'80 per cento di detenuti stranieri.
  L'Italia ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti assieme ad altri 60 Paesi. Ha poi stretto accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti fuori dalla convenzione, ma non con quelli che più pesano sul conto delle carceri. Mancano infatti all'appello proprio i Paesi che affollano maggiormente le nostre carceri: il Marocco con 4.249 detenuti (18,7 per cento del totale), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2.774 unità (12,2 per cento).
  Per quanto riguarda invece l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento), un accordo specifico è stato siglato nel 2002. Quanti albanesi siano poi stati effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio è impossibile saperlo, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non viene neppure monitorato a fini statistici.Pag. 34
  Gli stranieri detenuti in Italia che stanno scontando attualmente una condanna definitiva, e che potrebbero quindi essere trasferiti, sono circa 12.500.
  Solo se si facessero funzionare o si sottoscrivessero nuovi accordi, prevedendo una migliore definizione ed automaticità delle sentenze penali di condanna emesse in Italia, solo attraverso accordi con Albania, Marocco e Tunisia si potrebbero rimpatriare ben 10.100 detenuti. Il dato purtroppo non censisce i detenuti in attesa di giudizio e, quindi, il numero complessivo potrebbe essere inferiore, ma ancora molto rilevante in termini di risparmio sull'edilizia penitenziaria. Si pensi che basterebbero accordi su 3.000 detenuti per ottenere un risparmio sull'edilizia penitenziaria di almeno 150 mln di euro (50.000 euro a posto detenuto) e, nella gestione dei detenuti, di almeno 360.000 euro al giorno (120 euro per detenuto).
  Tali auspicabili accordi potrebbero prevedere altresì una speciale contribuzione a carico dell'Italia per la permanenza ed il sostentamento del detenuto nelle carceri estere, così da migliorare indirettamente anche le condizioni delle carceri negli altri Paesi. Anche prevedendo una contribuzione di 70 euro giornaliere per detenuto, si avrebbe un risparmio del 40 per cento giornaliero rispetto al costo sostenuto in Italia.

3.b) T.U. Droghe.

  Attualmente nelle carceri sono detenuti ben 23.094 persone per produzione e spaccio di stupefacenti (14.378 definitivi e 8.657 in custodia cautelare).
  Il numero dei detenuti condannati ai sensi del solo articolo 73 del T.U. son ben 19.119 mentre limitatamente al comma 5 del medesimo articolo sono 3.000 o forse più, stando alla relazione del Ministro Cancellieri.
  Si potrebbe, come già previsto da provvedimenti legislativi all'esame della Commissione Giustizia, introdurre la completa depenalizzazione del consumo e coltivazione per uso personale di cannabis e derivati.
  La proposta del Movimento 5 Stelle è indirizzata ad una distinzione tra droghe pesanti e leggere, inserendo la cannabis indica e derivati nella Tabella II (articolo 14 T.U). Inoltre si dovrebbero prevedere abbassamenti delle pene edittali per le ipotesi di lieve entità in adeguamento a quanto previsto per le sostanze di cui alla Tabella II, così da non rientrare nei casi richiedenti la custodia cautelare in carcere.
  In una ottica di lungo periodo si potrebbe prevedere la legalizzazione e la regolamentazione del consumo delle c.d. droghe leggere che comporterebbe un abbassamento della convenienza criminale-economica delle organizzazioni dedite al traffico illecito di sostanze stupefacenti, con effetti positivi sia in termini di maggiori entrate per lo Stato, da destinare a programmi di recupero dei detenuti, sia in termini di contrasto al sovraffollamento carcerario.

3.c) Esecuzione pena.

  Il sistema della recidiva nell'esecuzione della pena, e più precisamente la modifica dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, introdotto dalla Legge n. 94 del 2013 produrrà i suoi effetti deflattivi entro qualche mese e, pertanto, sarebbe da calcolare anche la sua incidenza sulla diminuzione del numero dei detenuti.
  Si potrebbe prevedere di espungere dal divieto di concessione dei benefici previsto dall'articolo 4-bis comma 1 della Legge O.P. i reati previsti nel T.U. Droghe ed in materia doganale.
  Si potrebbe prevedere la soppressione dell'articolo 30-quater e dell'articolo 58, comma 7-bis, della legge sull'Ordinamento Penitenziario in materia di permessi premio ai recidivi e concessione dei benefici.
  Si potrebbe infine sopprimere il comma 5 dell'articolo 94 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 concernente il divieto di affidamento in prova dei tossicodipendenti in casi particolari per più di due volte.

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3.d) Custodia cautelare e processo penale (Ferraresi-Colletti).

  L'uso talvolta eccessivo della custodia cautelare in carcere, soprattutto per coloro che non sono stati condannati in primo grado, è un effetto della eccessiva lunghezza dei processi.
  Si potrebbe ben incidere su tale problematica, ad esempio estendendo la custodia cautelare al proprio domicilio, ma dovrebbero essere messi a punto interventi e reperimento di fondi per rendere più spediti i processi penali.

a) riforma del processo penale e dei suoi antecedenti processuali.

  L'obiettivo principale deve essere quello di istruire e dibattere il minor numero di procedimenti penali, in tutti e tre i gradi di giudizio.
  Una delle soluzioni che si ritengono maggiormente valide è quella di prevedere un patteggiamento più conveniente per coloro che si accordano con il Pubblico Ministero ancora prima del rinvio a giudizio, così da evitare una mole impressionante di processi per fatti di lieve entità.
  Non sono, inoltre, da trascurare le norme, ancora poco utilizzate, di cui agli artt. 34 e 35 D.Lgs 28 agosto 2000, n. 274 relativi alle definizioni alternative del procedimento davanti al giudice di pace penale. Per i giudizi in cui sono presenti avvocati d'ufficio si potrebbe prevedere l'obbligo per la parte di rinunciare a tali articoli, spesso non utilizzati dai difensori più che dalle parti. Tale obbligo dovrebbe essere previsto almeno per tutti i procedimenti perseguibili a querela di parte, in modo da favorire una composizione della lite di tipo mediativo.
  Il M5S ha presentato altresì una proposta riguardante la prescrizione dei processi penali (A.C. 1174). Attualmente, per una moltitudine di reati, per chi se lo può permettere, vi è un incentivo implicito ad affrontare il processo, proprio per la brevità della prescrizione. La nostra proposta introduce la sospensione della prescrizione dal momento del rinvio a giudizio in modo da rendere meno appetibile il ricorso a tecniche dilatorie dei procedimenti e favorire il patteggiamento ovvero il ricorso al cosiddetto giudizio abbreviato.
  Altra proposta depositata dal M5S è quella dell'abrogazione del divieto di reformatio in peius (A.C. 1364) in caso di appello. Il fine è quello di scoraggiare l'appello da parte dell'imputato, con l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 597 c.p.c.

4. Amnistia e Indulto.

  Il Movimento 5 Stelle si opporrà ad eventuali proposte di legge che vogliano introdurre l'amnistia e l'indulto come mezzi deflattivi a contrasto del sovraffolamento carcerario.
  La motivazione è triplice.
  In primis, amnistia e indulto non rappresentano una manovra strutturale e quindi risolverebbero il problema solo in una ottica di breve periodo. Valga l'esempio dell'indulto del 2006 che non ha affatto risolto il problema. Anzi, dopo 5 anni, la situazione è ancora più grave. Ciò perché automaticamente e ciclicamente la politica evita di trovare soluzioni durature preferendo alimentare emergenze che portino a derogare l'ordinaria amministrazione. Il rischio concreto, quindi, è che con tali provvedimenti si stoppino tutte le iniziative tese a risolvere il problema delle carceri in una ottica di medio-lungo periodo.
  La seconda motivazione è di natura psicologica. I cittadini cosa possono pensare di uno Stato che ogni tot anni intende concedere sanatorie a persone che hanno commesso reati ? Si potrebbe riproporre su larga scala la c.d. «teoria dei vetri rotti». L'aspetto psicologico può riguardare anche coloro che delinquono, i quali tendono a vedere meno grave, nelle sue conseguenze, il compimento dei delitti. In parole povere viene sminuito il valore deterrente e la credibilità del sistema penale.Pag. 36
  Tale analisi, mancante nel messaggio del Presidente della Repubblica, è il risultato di uno studio sugli effetti dell'indulto del 2006 in cui si specifica che «our findings show that a policy that commutes actual sentences in expected sentences significantly reduces inmates’ recidivism. Moreover, the results provide credible evidence that a 1-month increase in expected punishment lowers the probability of committing a crime. This corroborates the theory of general deterrence. The results indicate a large deterrent effect of expected punishment» (The Deterrent Effects of Prison: Evidence from a Natural Experiment, Journal of Political Economy, Vol. 117, No. 2, April 2009).
  La terza motivazione consiste nell'aumento dei reati. È lo stesso messaggio del Presidente della Repubblica che lo conferma, nonché le statistiche relative ai reati più comuni, come furti, scippi e rapine a mano armata. Il vero problema, che nessuno vuole riconoscere, è che avendo delle risorse finite o insufficienti, il reinserimento dei detenuti sarà solo sulla carta perché nessun ufficio, men che meno i collaboratori e i consulenti penitenziari, né gli uffici dell'U.E.P.E., potranno mai dedicarsi compiutamente alla riabilitazione ed alla condivisione delle esperienze di circa 20.000 persone.
  Per tutti questi motivi il Movimento 5 Stelle è contrario ad ogni legge che voglia riproporre amnistia ed indulto come soluzione – a nostro avviso falsa – al problema del sovraffolamento carcerario.

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ALLEGATO 3

Sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI RELAZIONE
DEL GRUPPO LEGA NORD E AUTONOMIE

  La presente relazione è diretta a valutare le tematiche poste dal messaggio sulla questione carceraria, inviato alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87, secondo comma, della Costituzione.
  Occorre, da subito sottolineare, come il messaggio sopra richiamato, che non può essere oggetto, neanche indirettamente, della presente relazione, salvo quello di aver consentito – seppur tali dibatti in occasione delle conversioni in legge dei provvedimenti emergenziali in tema di «carceri» sono già avvenuti – un ampio dibattito in Commissione giustizia, avendo audito, tra l'altro sia il Ministro della giustizia che il Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
  Necessita altresì sottolineare come l'attività della Commissione Giustizia, in questi sette mesi di attività è stata «monopolizzata» dal tema del sovraffollamento delle carceri, e non da ultimo, da ben tre settimane, l'attività è indirizzata alla discussione delle tematiche poste dal messaggio del Presidente della Repubblica sulla questione carceraria, e così si è impedito l'esame di ulteriori e urgenti provvedimenti pendenti presso la Commissione (che attendono da diverso tempo una valutazione e analisi).
  La Lega Nord e Autonomie ritiene di poter evidenziare dal dibattito svolto, nonché dalle relazioni depositate, che il problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani è stato in passato risolto con amnistie e indulti e altri provvedimenti «tampone», ma tali strumenti si sono rivelati del tutto inidonei, anzi dannosi, a risolvere il problema, tanto che le carceri sono tornate in breve tempo stracolme come prima, creando però nel frattempo più problemi alla sicurezza dei cittadini.
  Da un articolo apparso sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 17 giugno u.s., che riprende i dati forniti dal Ministero dell'Interno e riferiti al 2012, si apprende che, se l'aumento dei crimini denunciati in generale ha avuto un incremento del 1,3 per cento, (circa 2,8 milioni, ossia 36 mila in più rispetto al 2011), dall'analisi per tipologia di reato il peggioramento più pesante è per i c.d. reati predatori, che sono quelli che incidono direttamente sui beni personali, maggiormente legati alle fasi di crisi economica e in grado di destare particolare allarme nella collettività, ossia furti, scippi, borseggi e truffe che vanno a colpire i singoli cittadini, anche con modalità particolarmente violente. Oltre la metà delle denunce riguarda la sottrazione di beni, ossia i furti: oltre 1,5 milioni, in aumento del 4 per cento rispetto al 2011, tra cui spiccano ancora di più i furti in casa sia come numero (quasi 273 mila) sia come incremento (circa 16 per cento in più), seguono i borseggi che si avvicinano a 150 mila con un aumento dell'11 per cento, le frodi (114 mila con un aumento del 8 per cento), le rapine (42 mila con aumento del 5 per cento) e gli scippi (20 mila con un aumento del 14 per cento), e con riguardo allo stalking le cifre sono ancora più allarmanti: nel 2011 sono state denunciate 8.141 persone, nel 2012 invece 8.821 e solo nei primi mesi di Pag. 38quest'anno 7.094, per cui le previsioni parlano di oltre 20 mila casi a fine anno.
  Dal 1942 a oggi sono stati varati tra indulti e amnistie 25 provvedimenti (uno ogni 2,8 anni) e l'ultimo in ordine di tempo, che risale al Governo Prodi nel 2006 (legge 241/2006), ha avuto effetti devastanti: dopo solo sei mesi dal provvedimento di clemenza il tasso di crescita dei delitti è aumentato dal 2,5 per cento al 14,4 per cento mentre le carceri sono tornate in poco tempo affollate come prima. L'elevata minaccia degli atti di clemenza (indulto, amnistia), e questo a conferma di quanto esposto, la si ricava proprio dalla relazione del Ministro della Giustizia, che in tema di «custodia cautelare» ... evidenzia come «dall'esame della serie storica delle presenze a partire dal 1992 ... il numero dei soggetti detenuti in attesa di giudizio è rimasto sostanzialmente stabile, ad eccezione del picco che si è registrato negli anni immediatamente successivi all'indulto del 2006».
  L'inefficacia dei provvedimenti, in genere di urgenza, adottati dall'attuale Governo e anche dal Governo «Monti», è dimostrato in prime cure proprio dalla ciclicità di tali provvedimenti stessi, ed in secondo poi, dalle proposte di legge, in particolare il testo unificato A.C. 331 e 927 Ferranti/Costa «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» (oggi pendenti in Parlamento – che ora è all'esame del Senato AS 925 –), che segue di solo un anno il decreto-legge 211/2011, convertito dalla legge, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 (cosiddetto decreto «svuota carceri»), che sostanzialmente ha previsto, da un lato, l'estensione a 18 mesi della soglia di pena detentiva, anche residua, per l'accesso al benefico dell'esecuzione della pena presso il domicilio, (oltre 12.000 i condannati effettivamente scarcerati o meglio ammessi alla detenzione domiciliare) e dall'altro lato, la rinuncia, in attesa del giudizio per direttissima, all'applicazione della custodia cautelare in carcere per una serie di reati di grave allarme sociale (ad esempio furto, furto con violenza o con destrezza, come quello commesso su mezzi pubblici di trasporto, o nei confronti di chi si stia, o si sia appena recato presso sportelli automatici di prelievo di danaro o in banca) sostituita dalla detenzione presso il proprio domicilio.
  Nello specifico la proposta di legge Ferranti/Costa, è improntata a finalità di riduzione del numero dei detenuti ristretti nelle carceri italiane, ma l'effetto sarà quello di rimettere in libertà delinquenti che si sono macchiati di reati di grave allarme sociale. Difatti, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge, potranno beneficiare della detenzione domiciliare, per i delitti puniti con pene detentive fino a sei anni di reclusione, gli autori di gravissimi reati quali, a titolo esemplificativo, truffa, furto, furto con strappo e in abitazione, violenza privata, pornografia minorile, atti persecutori (stalking), prostituzione minorile e altri, mentre invece tale provvedimento non prevede alcun investimento a favore delle forze dell'ordine, cui sarà demandato il compito di effettuare i controlli sull'effettività delle detenzioni domiciliari;
  l'articolo 2 della proposta di legge i Ferranti/Costa, attraverso l'istituto della messa alla prova, consente poi una vera e propria impunità del delinquente che commette reati, sempre di grave allarme sociale, tra cui, peculato mediante profitto dell'errore altrui, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, corruzione per un atto d'ufficio, abuso d'ufficio e altri oltre a quelli sopra richiamati, in quanto la commissione di tali reati «costerà» un brevissimo periodo di lavori di pubblica utilità, e, poiché al termine del periodo, il certificato penale del reo sarà «intonso», la persona offesa non potrà richiedere «alcunché a titolo di risarcimento del danno, stante appunto l'estinzione del reato commesso.
  Dai dati come forniti dal Ministero della Giustizia, emerge che i detenuti oggi reclusi hanno commesso in media tre reati a testa, e che in principalità i detenuti hanno commesso, prendendo in considerazione, Pag. 39rispetto alla media detta, il reato più grave, la produzione e spaccio di sostanze stupefacenti 23.094 presenze (su un popolazione di 64.500 detenuti circa), per la rapina 9.473 presenze, per l'omicidio volontario 9.077 presenze, per l'estorsione 4.238 presenze, per il reato di furto 3.853 presenze (tenuto sempre conto che in media i reati ascrivibili ai detenuti sono tre), per il reato di violenza sessuale 2.755 presenze e per la ricettazione 2.732 presenze. All'interno della «categoria» della detenzione per produzione e spaccio di stupefacenti, seppur la relazione ritiene fuorviante alcuni dati come enunciati, attraverso un'analisi puntuale delle tabelle allegate (all. 3 – tabella 1) emerge come i detenuti condannati solo con l'articolo 73 (e la tabella allegata non cita, e quindi non si riferisce al comma 5) del decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 (T.U. Sostanze Stupefacenti), sono pari a 1.394 (su un totale indicato di 24.236 e non 3000 come indicati, evidentemente con approssimazione, nella relazione ministeriale (punto 3.2, secondo periodo).
  Sempre dai dati, per converso, emerge che le persone in affidamento in prova terapeutico ex articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 (T.U. Sostanze Stupefacenti) – norma che prevede la concessione della misura dell'affidamento in prova terapeutico per pene detentive fino a 6 anni –, risultano essere appena 3.313 su una popolazione di detenuti definitivi accertati quali tossico o alcool dipendenti di 8.000. Emerge, con chiarezza, come l'istituto in affidamento in prova terapeutico è scarsamente utilizzato (le concessioni sono soltanto poco più di un terzo dei potenziali beneficiari). La relazione ministeriale evidenzia come i «motivi che determinano questo dato, sono, in sintesi, le scarse risorse rese disponibili alle ASL/SERT responsabili della presa in carico dei detenuti alcool o tossico dipendenti e della elaborazione di un programma di trattamento ... risorse che, peraltro, vanno impiegate anche per i detenuti imputati che potrebbero essere beneficiari di analoghe misure extracarcerarie nel corso del giudizio. La carenza di risorse umane e finanziarie porta a una selezione dei detenuti da prendere in carico con esclusione quasi completa dei detenuti stranieri e spesso optando per gli italiani che hanno una pena breve da scontare.».
  È di tutta evidenza che la «soluzione» al problema tossico o alcool dipendenza deve essere affrontato unicamente attraverso un cammino terapeutico e non un «abbandono» terapeutico oppure una non presa in carico ovvero una misura alternativa a questa, poiché, in linea con quelli forniti dalle principali comunità terapeutiche, la tossico o alcool dipendenza la si combatte attraverso un programma di riabilitazione terapeutico che consente una vera e propria rieducazione del condannato e il suo reinserimento pieno nella società. Occorre, in quest'ottica, potenziare le risorse finanziarie e umane affinché risulti possibile l'accesso al 100 per cento ovverosia a tutti, siano essi detenuti con pene definitive o solo imputati, rispetto alle richieste di affidamento in prova terapeutico ex articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 309/1990, solo così, e con maggiore incisività, sarà possibile recuperare il maggior numero di soggetti affetti da tossico o alcool dipendenza, e quindi non si rende pertanto necessaria alcuna modifica normativa al decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 (T.U. Sostanze Stupefacenti) come modificato dalla «Fini-Giovanardi».
  La soluzione al sovraffollamento carcerario, è, e rimane ancorata, – dati che emergono dalla piana lettura della relazione del Commissario Straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie – al piano originario previsto nel 2010 (Ordinanza PdCM 19.03.2010, n. 3861) che stanziava 675 milioni di euro per la costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari per un totale di 4.750 posti e l'ampliamento di 20 padiglioni di istituti esistenti per 4.400 posti, così per un totale complessivo di 9.150 posti. Come emerge dalla relazione in parola «Malgrado la predetta riduzione (227,8 milioni di euro in meno rispetto ai 675 milioni) delle risorse finanziarie, la rimodulazione operata ha tuttavia previsto la realizzazione di 11.573 posti Pag. 40detentivi, rispetto ai 9.300 posti già approvati, con un incremento di 2273 posti». Stanziando nuovamente i 227,8 milioni di euro si riuscirebbe, approssimativamente, a creare altri 5.800 posti (ogni posto in media costa circa 38.641 euro), e così per un totale di 17.373 posti che sommati agli attuali (47.599), consentirebbero di avere una capienza di posti pari a 64.972, posti superiori agli attuali detenuti che risultano essere (alla data del 14.10.2013) pari a 64.564. Da ultimo, occorre considerare che nel computo dei posti detentivi appena evidenziati non vengono in alcun modo presi in considerazione o comunque valutati dalla relazione del Commissario Straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, come invece risulta dal VIII rapporto nazionale realizzato dall'osservatorio dell'associazione Antigone, ben 38 carceri (che potremmo definire fantasma) in tutta Italia, ossia istituti penitenziari che, negli ultimi venti anni e più, sono stati costruiti, a volte anche arredati e vigilati ma che rimangono inutilizzati, sottoutilizzati o in totale stato d'abbandono. Solo alcuni esempi dal lungo elenco. Il carcere di Irsina (Matera) è costato 3,5 miliardi di lire negli anni Ottanta ma è stato in funzione soltanto un anno e oggi è un deposito del Comune. Il carcere di San Valentino (Pescara) è stato costruito da quasi vent'anni e non vi ha mai messo piede un detenuto: ora è in stato di abbandono. A Bovino (Foggia) c’è una struttura da 120 posti pronta, ma non è mai stata aperta. Sempre a Foggia, ad Accadia, un penitenziario è stato ultimato nel 1993 ma non è mai stato utilizzato. Il penitenziario di Codigoro (Ferrara) nel 2001, dopo lunghi lavori, sembrava pronto all'uso ma oggi è ancora chiuso. A Revere (Mantova), dopo vent'anni dall'inizio dei lavori di costruzione, il carcere con capienza di 90 detenuti è ancora incompleto. I lavori sono fermi dal 2000 e i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, sono già stati saccheggiati. Ad Agrigento nella sezione femminile ci sono sei detenute per cento posti. L'istituto penitenziario di Castelnuovo della Daunia (Foggia) è arredato da 15 anni e non è mai stato inaugurato. Nel carcere di Monopoli (Bari) non ci sono mai stati i detenuti, ma sono stati sfrattati degli occupanti abusivi che vivevano nelle celle in abbandono da 30 anni. L'elenco potrebbe continuare. Nel frattempo però abbiamo un problema che potrebbe non esistere sul territorio nazionale: il sovraffollamento delle carceri !
  Inoltre, si potrebbe riconsiderare, come peraltro si evince dalla relazione del Ministro della Giustizia «La capienza regolamentare viene ... calcolata rispetto ad un parametro secondo il quale in una camera detentiva di 9 metri quadri è prevista la presenza di un detenuto – parametro più ampio rispetto a quelli indicati dall'Europa – mentre in quelle più grandi è prevista la allocazione di un detenuto per ogni ulteriori 5 metri da aggiungere ai 9 di partenza (tale indicazione è mutuata da un decreto ministeriale del 1975 dell'allora Ministero della Sanità che disciplina l'abitabilità delle abitazioni civili)», lo spazio minimo al numero di detenuti per camera detentiva allineandosi a quello previsto dal Comitato per la prevenzione della tortura (istituito dal Consiglio d'Europa) che ha fissato in 7 m2 (2 metri o più tra le pareti, 2 metri e mezzo tra il pavimento e il soffitto) lo spazio minimo per detenuto; in tal modo si potrebbero «rimodulare» gli spazii e si otterrebbe un ulteriore incremento dei posti disponibili così alzando il livello di «tollerabilità».
  Infine, un piano carceri per soli detenuti stranieri è in realtà già pronto, ma nessuno lo vuole applicare ! Piano che ovviamente potrebbe essere sommato a quello già in essere relativo alla costruzione di nuovi istituti penitenziari di cui sopra. Gli accordi per lo scambio ci sono, multi e bilaterali, stretti con quasi tutti i Paesi del mondo. Si potrebbe, da subito, con questo strumento, incentivare il trasferimento dei detenuti stranieri attraverso l'applicazione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, ratificata dall'Italia con la legge 25 luglio 1988 n. 334 e via via allargato con una serie di accordi bilaterali. Secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Pag. 41(Dap), pubblicati su un quotidiano nazionale, si contano oggi 22.770 detenuti stranieri, un terzo della popolazione carceraria. Il costo medio per detenuto è di circa 130 euro. Lo Stato, nel 2013, spenderà dunque 909 milioni di euro, quasi un miliardo l'anno. Ma quanto risparmierebbe se desse seguito agli accordi di rimpatrio ? È sufficiente moltiplicare quel costo unitario per i 12.509 detenuti stranieri che scontano una condanna già definitiva, i soli sui quali può ricadere l'ipotesi di un trasferimento. Il costo reale del mancato rimpatrio, o se si vuole il conto del risparmio virtuale, arriva dunque a 568 milioni di euro l'anno, un milione e mezzo al giorno. Un cifra nel conto dello Stato che potrebbe essere destinata a costruire nuove strutture e ammodernare quelle esistenti.
  L'Italia ha aderito alla convenzione di Strasburgo del 1983 insieme a 60 Paesi (gli ultimi sono la Russia e il Messico nel 2007). Mancano sia come firmatari della convenzione che come accordi bilaterali, per contro, proprio i Paesi che per nazionalità affollano maggiormente gli istituti penitenziari: il Marocco, con 4.249 detenuti occupa il secondo posto nella classificazione delle presenze straniere (18,7 per cento), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2.774 (12,2 per cento). L'unico accordo bilaterale in essere, e non si conosce in che misura è applicato, è quello con l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento). Quando è stato sottoscritto, nel 2002, nelle carceri italiane vi erano 2.700 detenuti albanesi, di cui 960 condannati in via definitiva, accordo siglato dall'allora Ministro della Giustizia Roberto Castelli.
  Da ultimo appare anche doveroso sottolineare, tenuto conto che la relazione del Ministro della Giustizia in questo senso non fornisce alcun dato, che nel 2010, con il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161 «Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea», si è appunto data attuazione, da parte del Ministri Maroni e Alfano, al reciproco riconoscimento delle sentenze penali nell'ambito comunitario. Applicando il decreto legislativo in parola, ai detenuti comunitari con pena definitiva (ad esempio quelli provenienti dalla Romania), si potrebbe procedere al trasferimento – che in questo caso non necessità del consenso del detenuto – di coloro che sono ristretti nelle carceri italiane per reati puniti con pena detentiva non inferiore ai 3 anni e con pena residua da scontare non sia inferiore ai 3 mesi. È evidente che non procedendo in questo senso si consente, da un lato il «colpevole» aggravamento del sovraffollamento carcerario e dall'altro lato, si induce l'opinione pubblica a ritenere che provvedimenti di clemenza o «para» clemenza (indulto/amnistia/messa alla prova/etc.) siano gli unici «mezzi» per affrontare il problema.
  L'impegno del Governo deve essere quello di attuare e applicare il trasferimento di detenuti stranieri, in ossequio sia alle disposizioni della convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, ratificata dall'Italia con la legge 25 luglio 1988 n. 334 che al quelle di cui al decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161 per i cittadini stranieri comunitari, oltre attuare e applicare le convenzioni bilaterali esistenti in materia di estradizione, incentivare la sottoscrizione di accordi bilaterali, e ciò al fine di far scontare la pena detentiva o una misura privativa della libertà personale nel Paese di origine.