CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 febbraio 2012
607.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-06103 Di Stanislao: Sull'eventuale revisione dei caveat relativi alla missione in Afghanistan.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito alla questione sollevata dall'Onorevole interrogante si deve osservare che il Ministro Di Paola, nell'ambito dell'audizione tenutasi il 18 gennaio scorso presso le Commissioni Esteri e Difesa riunite e congiunte del Senato sul provvedimento di proroga delle missioni internazionali ha ampiamente approfondito l'esigenza di una sempre maggiore protezione del nostro personale.
È, infatti, una priorità del Governo, condivisa da tutte le forze del Parlamento, quella di far sì che i nostri militari e tutti i mezzi schierati in teatro siano forniti delle dotazioni e delle capacità necessarie a garantire la massima sicurezza possibile del nostro personale e di quello degli afgani e di ISAF.
In tale ottica, le regole di ingaggio, peraltro comuni a tutte le forze di ISAF, sono rigorosamente commisurate all'esigenza di garantire la sicurezza del personale sotto minaccia del nemico ed a prevenire ed evitare al contempo la possibilità di danni collaterali.
Ritengo opportuno evidenziare che già il Ministro della difesa Di Paola - a margine del recente «Meeting of NATO Defense Ministers» tenutosi a Bruxelles - ha rilasciato, a diversi organi di comunicazione, alcune precisazioni in merito alle dichiarazioni rese dal Segretario alla Difesa americano, Leon Panetta.
Il Ministro ha, infatti, chiarito innanzitutto che Panetta non ha parlato di un ritiro degli americani nel 2013, ma che egli, invece, ha indicato il 2013 come un anno di transizione, ovvero di un passaggio delle Forze ISAF da un impegno diretto in combattimento ad una funzione di supporto, che tuttavia, non esclude che le funzioni di combattimento in difesa della prima linea afgana, possano continuare fino alla fine del 2014.
Ciò - come ha altresì sottolineato il Ministro - varrà per tutti i contingenti, anche quello italiano.
È evidente, tuttavia, che le condizioni saranno diverse da zona a zona, come pure differenti potranno essere le funzioni di combattimento a seconda delle zone in particolare.
Gli italiani, per esempio, sono in una zona che si può considerare meno impegnativa rispetto a quelle più orientali del Paese.
Dunque, non è prevista alcuna ulteriore modifica della misura e delle modalità del nostro impegno in Afghanistan, che rimane, pertanto coerente con gli indirizzi espressi dal Parlamento in sede di approvazione dei provvedimenti di proroga delle missioni internazionali.
L'Italia, come gli altri alleati, secondo il principio «in together out together», pertanto, resterà in Afghanistan fino alla fine della transizione, la quale proseguirà fino ai 2014 con l'obiettivo del pieno passaggio sotto responsabilità afgana di tutto il territorio.
In particolare, dopo aver raggiunto il livello di 4.200 militari nel corso del 2011, prevediamo di avviare una prima fase di moderata riduzione verso la fine del 2012, in coerenza con l'evoluzione della situazione e con l'orientamento della Comunità Internazionale.

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È, inoltre, intendimento del nostro Paese quello di mantenere una presenza in Afghanistan anche dopo il 2014, come conferma il recente Accordo bilaterale di cooperazione e partenariato di lungo periodo tra Italia e Afghanistan firmato il 26 gennaio scorso in occasione della visita del Presidente Karzai a Roma. Un accordo che mira ad accrescere la cooperazione in campo politico, economico, e culturale, la collaborazione nei settori chiave della sicurezza, della lotta al narcotraffico, ed il rafforzamento delle istituzioni e dello stato di diritto nel Paese.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-06102 Gidoni: Sull'evoluzione della missione in Afghanistan del contingente italiano.

TESTO DELLA RISPOSTA

In primo luogo, ritengo opportuno evidenziare che già il Ministro della Difesa Di Paola - a margine del recente «Meeting of NATO Defense Ministers» tenutosi a Bruxelles - ha rilasciato, a diversi organi di comunicazione, alcune precisazioni in merito alle dichiarazioni rese dal Segretario alla Difesa americano, Leon Panetta.
Il Ministro ha, infatti, chiarito innanzitutto che Panetta non ha parlato di un ritiro degli americani nel 2013, ma che egli, invece, ha indicato il 2013 come un anno di transizione, ovvero di un passaggio delle Forze ISAF da un impegno diretto in combattimento ad una funzione di supporto, che tuttavia, non esclude che le funzioni di combattimento in difesa della prima linea afgana, possano continuare fino alla fine del 2014.
Ciò - come ha altresì sottolineato il Ministro - varrà per tutti i contingenti, anche quello italiano.
È evidente, tuttavia, che le condizioni di supporto saranno diverse da zona a zona, come pure differenti potranno essere le funzioni di combattimento a seconda delle zone in particolare.
Gli italiani, per esempio, sono in una zona pur impegnativa, che si può considerare meno difficile rispetto a quelle più orientali del Paese.
Dunque, non è prevista alcuna ulteriore modifica della misura e delle modalità del nostro impegno in Afghanistan, che rimane, pertanto coerente con gli indirizzi espressi dal Parlamento in sede di approvazione alla Camera dei provvedimenti di proroga delle missioni internazionali.
L'Italia, come gli altri alleati, secondo il principio «in together out together», pertanto, resterà in Afghanistan fino alla fine della transizione, la quale proseguirà fino al 2014 con l'obiettivo del pieno passaggio sotto responsabilità afgana di tutto il territorio.
In particolare, dopo aver raggiunto il livello di 4.200 militari nel corso del 2011, prevediamo di avviare una prima fase di moderata riduzione verso la fine del 2012, in coerenza con l'evoluzione della situazione e con l'orientamento della Comunità Internazionale.
È, inoltre, intendimento del nostro Paese mantenere una presenza in Afghanistan anche dopo il 2014, con modalità da definire, come conferma il recente Accordo bilaterale di cooperazione e partenariato di lungo periodo tra Italia e Afghanistan firmato il 26 gennaio scorso in occasione della visita del Presidente Karzai a Roma. Un accordo che mira ad accrescere la cooperazione in campo politico, economico, e culturale, la collaborazione nei settori chiave della sicurezza, della lotta al narcotraffico, ed il rafforzamento delle istituzioni e dello stato di diritto nel Paese.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-06153 Porfidia: Sul trasferimento della scuola NATO-NCISS (Nato Communications and Information System School) di Latina.

TESTO DELLA RISPOSTA

La scuola di Latina - Nato Communications And Information System School (NCISS) - è specializzata in tecnologie per il settore delle comunicazioni; la stessa prepara a livello avanzato il personale militare e civile alla conduzione e alla manutenzione dei sistemi di informazione e comunicazione (CIS) della NATO, fornisce corsi di orientamento e di amministrazione su tali sistemi, nonché offre corsi di orientamento ai Paesi alleati.
Costituisce, pertanto, una poliedrica realtà formativa che si propone quale obiettivo principale quello di «formare», sullo specifico settore, il personale militare e civile in forza ai Paesi aderenti e non alla NATO.
Tanto premesso, per affrontare nel merito la questione posta con l'interrogazione in discussione, si rappresenta che nel corso della riunione programmatica della NATO tenutasi i giorni 8-9 giugno 2011, cui hanno preso parte tutti i Ministri della Difesa dei Paesi dell'Alleanza, in applicazione delle decisioni concordate al precedente Summit di Lisbona del novembre 2010, è stata approvata la nuova Struttura di Comando Integrata della NATO e la relativa dislocazione geografica dei nuovi Enti e Comandi.
La nuova struttura scaturisce dalla necessità di armonizzare la funzionalità militare e l'efficienza della soluzione prescelta con le esigenze di equa rappresentatività dei Paesi interessati.
La forte contrazione del numero degli Enti e dei Comandi prevista dalla riforma (da 13 a 9, con una riduzione da 13.200 a 8.800 unità) aveva creato molte preoccupazioni non solo nei Paesi come il nostro, che ospitano diversi Enti e Comandi della NATO, ma anche in altri Paesi, quali la Gran Bretagna, la Turchia e la Spagna, sul cui territorio esiste un unico Comando.
Al termine delle negoziazioni avvenute tra il Segretario Generale della NATO e i Paesi direttamente interessati, si è trovato un accordo che, rispettando i criteri di riduzione e razionalizzazione posti alla base della riforma, ha consentito di giungere all'approvazione della nuova struttura e, quindi, del suo processo attuativo, coinvolgendo anche alcune entità, quali la scuola NCISS di Latina.
Tutti i Paesi che ospitano vari Enti e Comandi della NATO hanno dovuto accettare dei sacrifici di tipo quantitativo o qualitativo.
In questo quadro - vorrei precisare, in merito, che la decisione della rilocazione della scuola NCISS di Latina non ricade sulle Autorità nazionali, ma è di competenza della Nato - l'Italia ha mantenuto due Comandi: uno di rilevanza strategica della NATO, il Joint Force Command di Napoli ed un altro di rilevanza tattica, ovvero il costituendo Deployahle Air Command & Control Centre su Poggio Renatico.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-06154 Paglia: Sulle iniziative per assicurare la piena attuazione per il comparto difesa e sicurezza della normativa in materia di trasferimenti e permessi recata dalla legge 4 novembre 2010, n. 183.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, riconoscendo la specificità del personale del comparto, ha introdotto un elemento di novità nell'ordinamento giuridico, che riconosce a livello di norma di rango primario la particolarità dello status del militare; di contro, l'articolo 24 della medesima legge ha modificato un testo di legge (legge n. 104 del 1992) rivolto a tutto il pubblico impiego.
Nel merito, la IV Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 2707/2011 in data 5 aprile 2011, ha ritenuto che ...«la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall'articolo 19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti ed i correlati impieghi in attività usuranti».
Le istanze di trasferimento prodotte dal personale sono, comunque, valutate con l'intendimento di fornire la massima tutela possibile, tenendo conto anche degli altri doveri costituzionalmente rilevanti attinenti alla salvaguardia dell'efficienza e della operatività dello strumento militare, considerato che, in aderenza a quanto previsto dall'articolo 33 comma 5 della legge n. 104 del 1992, come ora novellato ...«il lavoratore (...) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede».
Si ha notizia che il Ministro dell'economia e delle finanze, per conto della Guardia di finanza, ha posto un quesito su queste tematiche al Consiglio di Stato, su cui si attende il relativo parere.
Nondimeno, lo stesso Ministro della difesa, sottoporrà direttamente uno specifico quesito al Consiglio di Stato in merito all'effettivo ambito di applicazione della legge vigente per gli appartenenti alle Forze armate.