CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 aprile 2012
634.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Sulla missione a Copenhagen in occasione della Conferenza dei Presidenti delle Commissioni affari esteri dei Parlamenti dell'Unione europea (11-12 marzo 2012).

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Il vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, onorevole Franco Narducci, ha partecipato l'11 e 12 marzo 2012 alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni Affari esteri dei Parlamenti dell'Unione europea, che si è tenuta a Copenhagen, nell'ambito del semestre di presidenza danese. Il Parlamento italiano è stato altresì rappresentato dal Presidente della Commissione Affari esteri del Senato della Repubblica, sen. Lamberto Dini. I lavori sono stati aperti dall'indirizzo di saluto del Presidente della Commissione Affari esteri del Folketinget, on. Jeppe Kofod, il quale ha espresso l'esigenza di rafforzare la politica estera europea a fronte delle sfide comuni sia interne che esterne, richiamando altresì la necessità di assicurare il controllo parlamentare in nome del principio democratico.
La relazione principale, come di consueto, è stata svolta dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e vicepresidente della Commissione europea, baronessa Catherine Ashton, la quale, dopo aver accennato all'importanza della dimensione artica per i cambiamenti climatici e la tutela delle popolazioni indigene oltre che per le potenzialità economiche, ha riferito sull'organizzazione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Ribadendo l'obiettivo che il nuovo servizio sia rappresentativo di tutti gli Stati membri evitando però duplicazioni rispetto alle diplomazie nazionali, ha riconosciuto che si è ancora agli inizi e che molto lavoro è ancora da fare soprattutto per rendere efficace la collaborazione tra Consiglio e Commissione. Nel comunicare l'apertura di una nuova delegazione UE a Tripoli ed in futuro in Myanmar, si è poi soffermata sulla cooperazione con i paesi in transizione verso la democrazia soprattutto nella regione mediterranea, affermando che buoni risultati sono stati conseguiti con la Tunisia e la Giordania. A suo avviso, stante la situazione di crisi, occorre utilizzare le risorse comunitarie mobilitando contemporaneamente quelle delle istituzioni finanziarie internazionali e del settore privato. Con riferimento alla cosiddetta «primavera araba», la baronessa Ashton ha sottolineato il nesso imprescindibile tra economia e politica per cui occorre soddisfare le aspettative dei popoli in materia di alimentazione, occupazione ed educazione affinché possano apprezzare i vantaggi della democrazia e dello Stato di diritto, in cui rientra lo sviluppo della condizione femminile. Al riguardo, una delle linee prioritarie dell'azione europea si rivolge alla società civile proprio per sviluppare l'inclusività come strumento di partecipazione democratica.
Passando allo scacchiere balcanico, la baronessa Ashton ha confermato che non sussiste alcun dubbio sull'obiettivo europeo per il futuro dei paesi di quella regione, ma ha osservato che il percorso è ancora lungo, pur apprezzando l'importanza del riconoscimento della Serbia come Stato candidato. A suo avviso, è da valorizzare l'accordo, che ha definito storico, tra Belgrado e Pristina al fine di consentire, almeno a livello procedurale, il proseguimento dei negoziati. Per quanto

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concerne la Bielorussia, ha espresso ferma condanna per il trattamento dei prigionieri politici e per la repressione del dissenso da parte del regime di Lukashenko ed ha richiesto a gran voce alle autorità di Kiev il rilascio dell'ex premier Julia Tymoshenko. Sul piano globale, l'Alto Rappresentante ha rilevato come la progressiva diminuzione della quota europea della ricchezza internazionale imponga di sviluppare la dimensione del partenariato a tutto campo, assumendo un atteggiamento più creativo nei confronti dei diritti umani e delle democrazie in via di sviluppo, anche in virtù del nuovo statuto accordato all'Unione europea in seno alle Nazioni Unite. Menzionando l'esempio dei Paesi BRICS, ha invitato a considerarli separatamente in ragione della loro diversità e a non accomunarli con il rischio di alimentare in loro un ingiustificato sentimento di forza di gruppo. In conclusione, ha ribadito l'importanza del modello della democrazia europea a cui i popoli di tutto il mondo guardano con interesse perché garantisce la responsabilità del governo nei confronti della società. Non basta, infatti, convocare per una volta il popolo alle urne, ma occorre assicurare continuità elettorale e costituzionale, tutelando i diritti delle minoranze, contrastando il fenomeno della corruzione e accrescendo l'indipendenza dell'amministrazione, in modo da configurare una vera democrazia (deep democracy).
Nel dibattito successivo alla relazione della baronessa Ashton i parlamentari presenti hanno richiamato l'attenzione sulla drammatica situazione del Sahel e sulla reviviscenza del conflitto tra Sudan e Sud Sudan, ma soprattutto sulla questione del nucleare iraniano e sulla drammatica crisi siriana. A questo proposito, l'Alto Rappresentante, replicando in particolare al Presidente Dini, ha ricordato che le sanzioni nei confronti dell'Iran non sono un fine ma un mezzo ed hanno già prodotto il risultato di riportare Teheran a negoziare, senza effetti di rilievo sul prezzo del petrolio. A suo giudizio, come dimostrato anche dal caso birmano, le sanzioni sono uno strumento efficace di politica estera. Quanto alla Siria, un eventuale intervento internazionale non rappresenta una facile opzione.
Gran parte della discussione si è naturalmente incentrata sulle conseguenze delle rivoluzioni arabe. La delegazione spagnola ha lamentato la debolezza non solo economica ma anche politica dell'Europa, confermata dall'incapacità di assumere una posizione comune sulla Siria. Ha altresì invitato l'Alto Rappresentante ad assumere la copresidenza dell'Unione per il Mediterraneo. Il delegato maltese ha evocato il pericolo di una divisione della Libia, mentre quello irlandese ha criticato la mancanza di progressi nella crisi israelo-palestinese e quello cipriota ha denunciato il sostegno occidentale ai paesi del Golfo, in particolare al Bahrain, dove è stato applicato un doppio standard.
Il Presidente della Commissione esteri del parlamento europeo, Elmar Brok, ha posto il problema di confrontarsi in tutta la regione nord-africana e medio-orientale con la politica estera statunitense, spesso oscillante. Dal canto suo, il rappresentante turco ha rivendicato il ruolo del suo paese per la stabilizzazione della regione sia nei confronti della Siria che dell'Iran. La baronessa Ashton ha ribadito l'importanza del dialogo dell'Unione europea con la Lega araba. Ha quindi confermato un giudizio sostanzialmente positivo sull'evoluzione della situazione in Tunisia, sottolineando come il nuovo premier di quel paese abbia effettuato a Bruxelles la sua prima visita all'estero. Ritiene invece ancora meno chiara la prospettiva dell'Egitto, ancora segnata dall'eredità del vecchio regime, mentre la sopravvivenza stessa del paese è messa in gioco dalla crisi economica. A suo avviso, comunque, la questione principale è oggi costituita dalle conclusioni a cui perverrà l'Assemblea costituente e dalle imminenti presidenziali soprattutto per quanto riguarda la tutela del pluralismo religioso.
Le delegazioni polacca, lituana e lettone hanno denunciato il ritorno della Bielorussia alla dittatura comunista; mentre il

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delegato macedone ha chiesto la fissazione della data di avvio del negoziato per l'adesione del suo Paese.
La seconda relazione della Conferenza è stata svolta dal Segretario generale della NATO, l'ex Primo Ministro danese Anders Fogh Rasmussen, il quale ha sottolineato l'importanza dell'Alleanza atlantica nel preservare, in un'epoca di crisi e di austerità, i valori di libertà, democrazia, Stato di diritto, prosperità e sicurezza. Ne ha quindi tratto spunto per auspicare una maggiore cooperazione tra la NATO e l'Unione europea affermando, sulla base delle esperienze in Kosovo, Afghanistan e Somalia, che si potrebbe fare molto di più nella condivisione delle capacità e nella riduzione delle duplicazioni. A questo proposito, ha ricordato lo storico divario per cui l'80 per cento del bilancio della difesa della NATO è a carico degli Stati Uniti d'America, mentre l'Europea contribuisce per il solo 20 per cento, nonostante che il Trattato di Lisbona abbia predisposto la cornice giuridica necessaria allo sviluppo della politica europea di sicurezza e difesa. In tale ottica, ha ribadito l'esigenza che ci sia un maggiore coinvolgimento della Turchia, paese membro della NATO e al momento candidato all'adesione all'UE, in particolare per quanto concerne l'Agenzia europea per la difesa. Ritiene infatti paradossale il fatto che, mentre si coopera sul terreno, a Bruxelles non ci siano colloqui permanenti. Il Segretario generale ha quindi ricordato l'importante azione svolta in Libia, ma ha escluso ogni logica interventista per l'Iran. Ha poi confermato per l'Afghanistan il ritiro dell'ISAF a fine 2014, segnalando come già metà della popolazione viva su territori in cui è avvenuto il passaggio della gestione della sicurezza alle autorità afghane. A suo avviso, nel futuro è immaginabile una maggiore enfasi sulle attività dell'Unione europea proprio per il progressivo venire meno dell'attuale impegno militare.
Ha invece lamentato che la missione EULEX dislocata in Kosovo non abbia adeguate risorse con evidenti ricadute negative sulla missione NATO. Ha quindi confermato la piena disponibilità a portare avanti l'adesione all'Alleanza atlantica dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, non appena si sia risolta la questione relativa al nome. Rasmussen ha ribadito la politica della «porta aperta» per cui ogni paese europeo può essere invitato a far parte dell'Alleanza, precisando che eventuali ulteriori allargamenti non sarebbero mai rivolti contro la Russia, ma sarebbero anzi nell'interesse di Mosca con cui, in generale, ha auspicato il rafforzamento delle relazioni, manifestando peraltro ottimismo sulla questione delle difesa missilistica dal momento che NATO e Russia condividono la percezione delle stesse minacce.
Larga parte della relazione è stata infine dedicata dal Segretario generale alla crisi siriana, denunciando quello che sta succedendo ai danni della popolazione civile, ma escludendo un paragone con il caso libico, caratterizzato da uno specifico mandato delle Nazioni Unite. Ha quindi invitato alla cautela anche circa l'ipotesi di armare le forze di opposizione che non sono unite ed in cui comunque sussistono elementi pericolosi per i loro collegamenti con il terrorismo internazionale. Nell'indicare il triplice obiettivo di isolare il regime, riunire l'opposizione e far pervenire alla popolazione gli aiuti umanitari, ha evidenziato come il segnale negativo dell'indecisione del Consiglio di sicurezza abbia finito per incoraggiare il regime siriano nella repressione.
Nel successivo dibattito, le delegazioni turca e cipriota non hanno mancato di ribadire le rispettive divergenze, mentre i rappresentanti polacco ed estone hanno manifestato preoccupazione per i nuovi investimenti russi in armamenti, anche con riferimento alla situazione di Kaliningrad. Il vicepresidente Narducci ha invece richiamato l'attenzione sul contributo della NATO nello scacchiere mediterraneo, ricevendo dal Segretario generale l'assicurazione che sarà un punto all'ordine del giorno del prossimo vertice di Chicago. A nome del Parlamento europeo, l'On. Brok ha sollecitato lo sviluppo dell'Agenzia europea per la difesa.

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La terza ed ultima relazione è stata svolta dal Ministro degli affari esteri danese, Villy Søvndal, che si è soffermato in particolare sulle rivoluzioni arabe, sottolineando la domanda popolare di democrazia a cui l'Europa deve dare risposta. Ha quindi espresso pieno sostegno alla strategia per il Mediterraneo, portata avanti dall'Alto Rappresentante, per lo sviluppo della democrazia, il dialogo con la società civile, gli accordi di libero scambio. Pur nella consapevolezza dell'influenza della crisi economica sulla politica estera europea, ha affermato che ci sono nuove opportunità da cogliere perché i popoli di tutto il mondo guardano all'Europa, aspirando a condividerne i valori democratici. In conclusione, ha auspicato una più decisa azione della comunità internazionale in Siria per una soluzione politica e la fine delle violenze contro la popolazione civile, sostenendo pienamente la politica delle sanzioni nei confronti del regime del presidente Assad.
Nell'ultima sessione di interventi, il rappresentante del Senato francese ha lamentato l'assenza dell'UE in quanto tale nelle operazioni in Libia ed ha sollecitato il potenziamento della PSDC secondo l'iniziativa franco-tedesco-polacca che ha ricevuto anche il sostegno di Italia e Spagna. Il Presidente Dini, a sua volta, ha criticato la sostanziale disapplicazione del Trattato di Lisbona e la burocratizzazione del SEAE, rivendicando la necessità che la politica estera sia radicata nei Parlamenti perché sia veramente strumento di promozione dei valori europei oggi più che mai importanti nel mondo. Condividendo tale ultima osservazione, il ministro danese ha tuttavia richiamato i progressi del SEAE ed in generale i successi del soft power esercitato dall'UE nella prevenzione dei conflitti.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-06255 Di Biagio: Sulla tutela della lingua italiana in Svizzera.

TESTO DELLA RISPOSTA

Ringrazio l'onorevole Di Biagio per aver sollevato con la sua interrogazione la questione della promozione della lingua italiana in Svizzera, tema di particolare interesse per il Governo, visto che si tratta di un Paese dove l'italiano ha un riconoscimento ufficiale in quanto lingua madre, oltre che per una consistente comunità di connazionali residenti, anche per una importante parte della popolazione locale. In questo contesto appare quindi essenziale favorire, di concerto con le Autorità svizzere, una politica volta ad assicurare un'adeguata offerta di apprendimento della lingua italiana.
Le autorità elvetiche, come sottolineato dall'interrogante, sono infatti impegnate a salvaguardare il valore della diversità culturale e a favorire una conoscenza reciproca dei vari gruppi linguistici come elemento di coesione nazionale. In tal senso il Governo svizzero sta aderendo all'invito rivoltogli nel 2003 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, il quale aveva evidenziato le esigenze educative delle minoranze linguistiche, ivi incluse quelle negli italofoni, i quali - concludeva la pronuncia - devono poter beneficiare di un insegnamento impartito in italiano anche al di fuori della propria area di diffusione tradizionale.
Contribuiscono a tale obiettivo una serie di strumenti, cui anche il Governo italiano attivamente contribuisce, quali le scuole italiane presenti in tutti i principali centri del Paese (ad esclusione di Berna), i corsi di italiano per i connazionali, i Dipartimenti di italianistica di Berna, Zurigo, Basilea, Ginevra, Losanna e San Gallo, nonché i due lettorati con docenti di ruolo presso le Università di Losanna e Zurigo.
Sul versante più propriamente scolastico, sono stati avviati importanti progetti bilingui presso alcune scuole italiane e locali. Il Liceo Artistico italo-svizzero di Zurigo, funzionante dall'anno scolastico 1988/1989, adotta un percorso bilingue e biculturale aperto ai ragazzi svizzeri e alla nostra collettività e rappresenta un forte segnale politico e culturale in favore dell'integrazione della nostra identità nel contesto locale.
Negli ultimi anni è stato costituito, sempre a Zurigo, il «Polo scolastico italo-svizzero» comprendente la scuola primaria statale «Casa d'Italia», la scuola statale dell'infanzia, la scuola media paritaria «E. Fermi» e il liceo scientifico e linguistico paritario «Vermigli». L'offerta formativa del Polo, concordata con le Autorità elvetiche, consente l'assolvimento dell'obbligo scolastico in entrambi i Paesi ed il rilascio di titoli di studio validi sia in Svizzera che in tutti gli Stati dell'Unione Europea. Tale progetto bilingue e biculturale si configura come un'iniziativa unica nel suo genere in una Circoscrizione Consolare a forte presenza italiana.
Anche il Liceo Linguistico paritario «Basel & scuola media» di Basilea ha avviato dall'anno scolastico in corso un progetto bilingue, conforme agli ordinamenti e al curriculum italiano e nello stesso tempo in grado di favorire l'acquisizione di competenze della lingua tedesca per studenti che proiettano il loro futuro universitario e professionale in Svizzera.

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In Svizzera inoltre beneficiano di contributi a valere sull'apposito capitolo per iniziative scolastiche in favore delle comunità di connazionali all'estero 13 Enti gestori che offrono corsi per alunni della fascia dell'obbligo scolastico e per l'infanzia. Gli Enti gestori organizzano in totale 392 corsi tenuti da 83 docenti che raggiungono 4.375 alunni.
Completano il quadro i corsi organizzati dall'Istituto di Cultura di Zurigo e quelli realizzati dalla Società Dante Alighieri, presente nel territorio della Confederazione con 19 Comitati, nonché di numerose scuole di lingua private o semipubbliche.
Anche sul piano dell'istruzione universitaria il Governo è fortemente impegnato, con misure atte a favorire una presenza adeguata dell'italiano negli atenei più importanti del Paese. Si stima infatti intorno a 1400 il numero di studenti di lingua italiana negli atenei svizzeri nell'anno accademico 2010/11. Per favorire l'assunzione di lettori locali, nel 2010 sono stati quindi concessi contributi, ammontanti a 12.000 euro, sia all'Università di Ginevra che a quella di Basilea. A Lugano, inoltre, si trova l'unico Ateneo italofono situato fuori dall'Italia, l'Università della Svizzera Italiana (USI).
L'attività promozionale promossa dal Governo si avvale inoltre di iniziative quali «la Settimana della lingua italiana», che anche nel 2012 mirerà a promuovere, assieme al nostro patrimonio linguistico, la coscienza dei valori civili, storici e culturali che la lingua nazionale esprime. Fin dalle prime edizioni di tale iniziativa, la Confederazione Elvetica è stata ad essa associata, proprio in quanto Paese dove l'italiano è una delle sue lingue nazionali, e l'edizione 2011 ha riscosso un notevole successo presso la popolazione locale.
Allo scopo di rafforzare una sempre migliore conoscenza reciproca attraverso l'uso della lingua italiana, il Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca ha di recente anche promosso, in collaborazione con le Autorità svizzere, il «Progetto Italia-Svizzera 150». Realizzato in occasione delle celebrazioni del centocinquantenario dell'unità d'Italia, il progetto è rivolto in primo luogo agli studenti e docenti delle scuole secondarie superiori per trattare le questioni principali che riguardano la storia comune dei due Paesi.
In conclusione vorrei rassicurare l'onorevole Di Biagio che gli interventi descritti ed attuati presso istituzioni scolastiche e accademiche continueranno ad essere sostenuti dal Governo, di concerto e con il pieno coinvolgimento delle istituzioni elvetiche, per contribuire a valorizzare la lingua italiana e a mantenere l'identità linguistica nelle nuove generazioni, promuovendo nel contempo la reciproca conoscenza delle culture dei due Paesi.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-06121 Renato Farina: Sulla libertà religiosa in Cina.

TESTO DELLA RISPOSTA

Come noto e come più volte indicato dal Ministro Terzi - da ultimo in occasione della presentazione dell'Osservatorio permanente sulla libertà religiosa - la tutela della libertà religiosa costituisce uno degli elementi qualificanti della politica dei diritti umani perseguita dall'Italia.
Tale politica viene perseguita sia in sede europea - dove l'Italia, nella sua qualità di Stato membro fondatore, incoraggia attivamente in ruolo crescente della UE quale promotore sulla scena internazionale dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto - sia nello sviluppo dei rapporti bilaterali con gli Stati stranieri.
Nel contesto europeo, in occasione della Gymnich dello scorso 9 marzo il Ministro Terzi, ha attirato nuovamente l'attenzione degli Stati Membri sulla necessità di intensificare gli sforzi nel campo della tutela della libertà di religione e della protezione delle minoranze religione. Il Ministro ha quindi chiesto specificamente che questo tema venga posto al centro dell'azione europea (anche attraverso l'elaborazione di apposite «linee-guida») e che ai programmi di tutela della libertà religiosa siano assicurati adeguati stanziamenti.
Nell'ambito dei rapporti tra Unione europea e Cina, la questione dei diritti umani, ivi inclusa quella della libertà di religione, costituisce un punto fisso dell'agenda del dialogo politico sin dal 1995. Un dialogo, fortemente incoraggiato dall'Italia, che si tiene almeno due volte l'anno e che consente alle parti di confrontarsi in modo costruttivo su tali tematiche fondamentali.
Un confronto che si sviluppa sia a livello tecnico che a livello di vertici politici. Da ultimo, in occasione del XIV Vertice tra Unione e Cina tenutosi a Pechino lo scorso 14 febbraio, il Presidente Van Rompuy ha sollevato nei colloqui con il Primo Ministro cinese Wen Jiabao la questione della libertà religiosa e dei diritti umani. A tale importante risultato si è giunti grazie alle sollecitazioni del Governo italiano, il quale ha pure potuto rappresentare le forti sensibilità espresse e gli indirizzi che sulla materia il Parlamento continua a dare, con determinazione e costanza, al Governo.
Anche sul piano bilaterale l'Italia non manca di sollevare la questione della libertà di religione con le controparti cinesi, esprimendo, laddove sia necessario, preoccupazione per specifiche situazioni in cui si manifestano violazioni di tale libertà. Alla base di tale azione vi è il costante monitoraggio tanto delle condizioni generali della comunità cattolica cinese, quanto di specifici casi individuali che si configurano come particolarmente sensibili, quali quelli citati dall'Onorevole Farina che hanno avuto luogo nella regione autonoma della Mongolia Interna, segnatamente, nella città di Erenhot.
Con la Cina, l'Italia ha istituito un «Partenariato strategico» dal 2004, all'interno del quale, in uno spirito di mutuo rispetto, amicizia e franchezza, si discute al più alto livello di tutte le tematiche dell'agenda globale e bilaterale. Cabina di regia di tale partenariato è il Comitato Governativo Italia-Cina, che, nella sua IV sessione plenaria, nel luglio del 2011, ha

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esteso il dialogo tra i due Paesi a tematiche di respiro globale, quali anche i diritti dell'uomo.
Nei suoi contatti con le Autorità cinesi competenti in materia di politica religiosa, l'Ambasciatore d'Italia a Pechino solleva regolarmente la questione dei fedeli della chiesa cattolica, ribadendo la forte attenzione del Governo italiano nei confronti di comportamenti e situazioni che rischiano di essere finanche incompatibili con lo spirito della Costituzione della Repubblica Popolare il cui dettato riconosce, all'articolo 36, la libertà di credo.
Il tema del rispetto dei diritti umani è stato toccato anche in occasione della recente visita in Cina del Presidente del Consiglio Monti, che ha ottenuto rassicurazioni dal Primo Ministro Wen Jiabao circa le intenzioni del Governo cinese di progredire sul sentiero delle riforme.
Infine vorrei ricordare come, accanto all'ambito europeo e a quello bilaterale, l'Italia persegua la battaglia della promozione dei diritti umani e delle libertà religiose, anche all'ONU. In tale contesto, l'Italia ha contribuito, come noto, all'adozione della risoluzione contro ogni forma di intolleranza e discriminazione religiosa, promossa dall'Unione Europea e adottata dall'Assemblea Generale nel dicembre 2011. Grazie al nostro contributo, la Risoluzione postula il dovere in capo a ogni Stato di esercitare la massima vigilanza per prevenire gli episodi di violenza contro gli appartenenti a minoranze religiose e punirne i responsabili. Un'analoga risoluzione - per la quale si registra il medesimo apporto italiano - è stata adottata dal Consiglio Diritti Umani nella sua diciannovesima sessione (marzo 2012).