CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2011
503.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00607 Tempestini: Sulla partecipazione italiana a banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale.

NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
premesso che:
svolto ai sensi dell'articolo 124, comma 1, del regolamento, dal Comitato permanente sugli obiettivi di Sviluppo del Millennio, l'esame istruttorio della Relazione sull'attività di banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale per l'anno 2009 (doc. LV. n. 4-bis), predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze e trasmessa al Parlamento il 25 maggio 2011 unitamente alla Relazione del Ministero degli affari esteri sull'attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo, per l'anno 2009 (doc. LV, n. 4);
si richiama l'audizione del Direttore generale del Tesoro, professor Vittorio Grilli, svolta il 27 luglio 2010 nell'ambito dell'esame della medesima Relazione riferita all'anno 2008, avviato nella seduta della III Commissione del 29 giugno 2010;
in quella sede è stata formulata dal Governo la richiesta (in vista della presentazione della Relazione per l'anno 2009) di un'indicazione chiara e trasparente dei singoli impegni finanziari a favore di banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale, nonché di un approfondimento sui profili programmatici e valutativi circa il ruolo dell'Italia all'interno di tali organismi;
la relazione per il 2009 non è stata in alcun modo modificata o integrata nella sua struttura rispetto a quelle presentate in passato, non recando alcun prospetto tabellare, né elemento di natura strategica o programmatica e manifestando scarsa leggibilità sia per il lettore inesperto che per quello esperto;
anche per l'anno cui essa è riferita, il 2009, la relazione appare lacunosa nell'analisi non recando alcun riferimento agli effetti della crisi finanziaria che allora proruppero in modo clamoroso;
va tenuto presente il contesto di progressiva e drastica riduzione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e nella consapevolezza di dovere assicurare priorità al canale multilaterale, tuttavia nel quadro di in una strategia diversificata che deve contemplare anche il canale bilaterale, come avviene nei maggiori Paesi europei;
è essenziale la positiva sinergia tra Ministero degli affari esteri e Ministero dell'economia e delle finanze nella definizione e attuazione di una strategia di cooperazione allo sviluppo caratterizzata da efficacia, efficienza e prevedibilità degli stanziamenti;
va tenuto in considerazione il contesto di perdurante crisi finanziaria globale, il consolidarsi di nuovi attori internazionali e il mutamento degli equilibri in atto nell'area mediterranea e mediorientale che richiederebbero una lettura rinnovata del ruolo dell'Italia nelle organizzazioni multilaterali e un aggiornamento della strategia di impegni per lo sviluppo;
è inaccettabile l'ormai strutturale ritardo, pari a un biennio, con cui la Relazione viene trasmessa al Parlamento e che pone l'istituzione parlamentare nell'impossibilità

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di svolgere un esame accurato e serio, con inevitabili negative ripercussioni sulla percezione dei cittadini circa lo sfasamento dell'istituzione parlamentare rispetto all'attualità e all'evolvere dello scenario internazionale;
la partecipazione finanziaria al capitale di banche e fondi di sviluppo rappresenta uno degli strumenti attraverso i quali l'Italia partecipa alla politica internazionale e cui si deve guardare anche ai fini dell'internazionalizzazione e della crescita di competitività del sistema Paese, dipendendo anche da tale partecipazione il peso economico e politico dell'Italia sulla scena internazionale,

impegna il Governo:

a presentare entro l'anno in corso, e prima della presentazione della legge di stabilità, la relazione annuale sull'attività di banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale per il 2010, allegata alla relazione del Ministero degli affari esteri, secondo quanto dispongono l'articolo 3, comma 6, lettera c), e l'articolo 4, comma 2, della legge n. 49 del 1987;
a corredare tale relazione di tabelle relative ai singoli impegni finanziari assunti dall'Italia, sia per il 2010 che per il 2009, per ogni organismo e relativi stati di avanzamento nei versamenti, nonché di un approfondimento di natura strategica e programmatica sulla partecipazione dell'Italia alle banche e ai fondi di sviluppo a carattere multilaterale per il triennio 2011-2013, inclusi i futuri orientamenti contributivi per quelli in fase di reintegrazione come IFAD e Asian Development Bank, anche con riferimento alla presenza italiana ai livelli di management presso tali organismi.
(8-00129)
«Tempestini, Pianetta, Barbi, Di Stanislao».

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-04746 Mecacci: Sulla situazione in Bielorussia.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito a quanto rappresentato dall'Onorevole interrogante, si conferma che i risultati delle elezioni in Biellorussia del 19 dicembre hanno riconfermato il presidente uscente Lukashenko con il 79,67 per cento delle preferenze, in un clima di tensione caratterizzato da numerosi fermi a seguito di incidenti tra i manifestanti sostenitori delle opposizioni e le forze dell'ordine. In tale contesto assume una particolare gravità la circostanza dell'arresto della maggioranza dei candidati dell'opposizione. Contro le violenze e gli arresti arbitrari l'Italia si è da subito attivata prendendo posizione sia autonomamente che nei fori multilaterali in grado di influenzare il corso degli eventi in Biellorussia.
Il Ministro Frattini ha reagito immediatamente, qualificando il 20 dicembre scorso come «inaccettabili» gli episodi di violenza della vigilia. Ha inoltre affermato che «tali eventi danneggiano il clima di fiducia ed ostacolano qualsiasi processo di reintegrazione della Bielorussia nella comunità internazionale». Tali preoccupazioni sono state ribadite dal Ministro degli esteri in occasione del colloquio avuto col suo omologo bielorusso Martynov, in visita a Roma il 22 dicembre per una cerimonia, prevista da tempo, con le famiglie di bambini bielorussi adottati in Italia.
Anche a seguito delle condanne del Parlamento Europeo e del Consiglio d'Europa, con l'attivo contributo dell'Italia, il 31 gennaio di quest'anno, il Consiglio Affari Esteri dell'UE ha inviato un messaggio chiaro alla dirigenza bielorussa, adottando sanzioni - restrizioni ai viaggi e congelamento dei beni - nei suoi confronti (117 persone, cui si aggiungono le 41 persone oggetto di precedenti sanzioni, la cui efficacia è stata ripristinata). Fra le persone direttamente colpite dalle sanzioni figura anche il Presidente Lukashenko.
A fronte della mancanza di progressi da parte di Minsk, al Consiglio Affari esteri di marzo, l'Italia ha favorito l'inclusione di altre 19 personalità nella lista dei destinatari delle misure restrittive: si tratta, in particolare, di magistrati, giornalisti e alcuni rettori di Atenei rei di avere contribuito alla repressione delle opposizioni e espulso alcuni studenti partecipanti alle manifestazioni del 19 dicembre dalle Università.
In maggio, a fronte della condanna a 5 anni di reclusione contro il candidato presidenziale dell'opposizione Sannikov (seguita da quella di altri due candidati presidenziali: Mikalay Statkevich e Dzmitry Uss), il Ministro Frattini ha preso subito posizione contro una sentenza «politicamente motivata e contraria ai principi europei dello Stato di diritto, volti alla tutela dei diritti fondamentali dei singoli individui, tra cui rientra la pacifica espressione delle proprie opinioni politiche». Le «motivazioni politiche» della sentenza sono state stigmatizzate anche dall'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell'UE, Lady Ashton.
Alla condanna di Sannikov il Consiglio Affari Esteri del 23 maggio ha immediatamente reagito con l'inserimento, di ulteriori 13 funzionari coinvolti nella repressione postelettorale di dicembre, nella lista dei destinatari delle misure restrittive già decise in gennaio.
Al recente Consiglio Affari Esteri dell'UE del 20 giugno è stato quindi deciso un inasprimento della pressione sanzionatoria

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con l'adozione di nuove misure di carattere economico, da affiancare ad un'ulteriore estensione della lista di persone oggetto di restrizione ai viaggi e congelamento beni. Sono stati infatti decisi: l'introduzione di un embargo sulla vendita di armi e materiali utilizzabili per la repressione interna; restrizioni in materia di prestiti alla Biellorussia da parte della BEI e della BERS; misure sanzionatorie nei confronti di tre imprese, la «Beltechexport», la «PUE BT Communication» e la «CJSC Sport-pari» di proprietà dell'uomo d'affari Vladimir Petfiev (ritenuto il probabile maggior finanziatore della famiglia Lukashenko).
In parallelo all'evoluzione dell'atteggiamento della UE, anche in sede OSCE le relazioni con la Bielorussia hanno conosciuto un netto peggioramento, a causa anche della decisione di Minsk di chiedere la chiusura dell'Ufficio OSCE in Bielorussia. L'atteggiamento delle autorità bielorusse ha contribuito ad un ulteriore irrigidimento delle rispettive posizioni e il 6 aprile veniva attivato il «Meccanismo di Mosca». Tale strumento, che ha carattere di eccezionalità e che può essere messo in atto da un gruppo ristretto di Paesi senza il consenso dello Stato ricevente, prevede l'invio di esperti dell'OSCE, con l'incarico di monitorare la situazione dei diritti umani nel Paese. Malgrado la netta opposizione di Minsk a collaborare abbia impedito la creazione di una Commissione di esperti, è stato presentato un rapporto indipendente sulla situazione nel Paese al Consiglio Permanente dell'OSCE del 16 giugno. Accolto con favore dai 14 Paesi che avevano chiesto l'attivazione del «Meccanismo di Mosca», questo è stato invece criticato da alcune delegazioni di Paesi europei orientali extra-UE e in particolare dalla Russia.
Infine, in sede ONU, nel corso dell'ultima sessione del Consiglio Diritti Umani, conclusasi il 17 giugno, l'Unione Europea, con l'attivo contributo dell'Italia, ha promosso l'adozione di una risoluzione sulla situazione in Bielorussia che condanna le violazioni dei diritti umani a seguito delle presidenziali del dicembre 2010 ed esorta le autorità di Minsk a cessare la persecuzione di forze democratiche, società civile e attivisti dei diritti umani, a rilasciare i prigionieri politici, a indagare in modo imparziale e trasparente sui presunti casi di tortura e maltrattamenti, a rispettare le libertà di espressione e associazione. La risoluzione richiede quindi all'Alto Commissariato per i Diritti Umani di presentare, nel contesto di un dibattito interattivo, un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia nel corso delle sessioni di settembre 2011 e giugno 2012. La risoluzione esorta infine la Bielorussia a cooperare pienamente con il Consiglio Diritti Umani, con gli organi convenzionali ONU di tutela dei diritti umani e con l'Alto Commissariato, consentendo loro di visitare il Paese. La Risoluzione è stata adottata con 21 voti a favore, 19 astensioni (per la maggior parte di Paesi africani e asiatici) e 5 voti contrari, tra cui Cina, Russia e Cuba.
Sul piano generale, e come si evince dalle concorrenti iniziative avviate nei vari fori multilaterali di riferimento, l'Italia ha sempre mantenuto nei confronti della dirigenza biellorussa una linea improntata a fermezza ed equilibrio. Il Governo considera necessario continuare con una politica di «confronto critico» che bilanci la necessità di inviare un segnale di ferma condanna, mediante una pressione sanzionatoria progressivamente accresciuta nei confronti di coloro che hanno avuto precise responsabilità nella repressione postelettorale, con la necessità di mantenere aperto un dialogo, nella consapevolezza che un isolamento della Biellorussia rischierebbe effetti controproducenti. Peraltro le pressioni sanzionatorie non esplicherebbero tutta la loro efficacia se non venissero controbilanciate dall'incentivo della loro revocabilità a fronte dei comportamenti «virtuosi» attesi.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-04712 Zampa: Sulla mancata ratifica della Convenzione dell'Aja del 1996.

TESTO DELLA RISPOSTA

La risposta sollecitata dall'onorevole Zampa nell'atto di sindacato ispettivo oggi in discussione, impone una premessa teorico normativa a mio giudizio essenziale per cogliere appieno l'iter evolutivo connesso alla ratifica della Convenzione dell'Aja del 1996, in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.
Tengo ad evidenziare, infatti, che la decisione del Consiglio del 5 giugno 2008-2008/431/CE (con cui sono stati autorizzati alcuni Stati membri a ratificare la Convenzione dell'Aja del 1996) ha introdotto, all'articolo 3, un termine meramente orientativo per giungere alla contemporanea ratifica dello strumento internazionale.
Nella predetta disposizione si legge, infatti, che gli Stati membri assumeranno le determinazioni necessarie, affinché gli strumenti di ratifica o di adesione siano depositati simultaneamente «se possibile anteriormente al 5 giugno 2010».
La locuzione utilizzata («se possibile») esclude, quindi, che lo spirare del termine indicato possa far ravvisare un inadempimento dello Stato italiano a quanto previsto nella decisione.
Peraltro, che la decisione non sia da considerare pienamente vincolante quanto ai tempi e ai modi del simultaneo deposito degli strumenti di ratifica o di adesione descritti nell'articolo 3, si evince dalla circostanza che alcuni degli Stati Membri (quali Germania, Spagna, Polonia, Cipro e Lussemburgo) vincolati dalla suddetta decisione al contemporaneo deposito degli strumenti di ratifica o adesione, sono stati autorizzati dalle Istituzioni dell'Unione europea a procedere autonomamente a tali adempimenti.
Ciò posto, non stupisce che l'Italia, da sempre attenta e particolarmente sensibile alle questioni riguardanti i minori, abbia voluto scrupolosamente vagliare tutte le disposizioni destinate a trovare applicazione nel diritto nazionale.
Occorre dare atto, infatti - così come ricordato dallo stesso Onorevole interrogante - della intervenuta costituzione di un tavolo di lavoro interministeriale per l'elaborazione di uno schema di disegno di legge di ratifica della Convenzione in esame.
Nell'attività prodromica all'elaborazione di un testo unanimemente condiviso, sono stati coinvolti i rappresentanti dei Ministeri degli esteri, dell'interno, del lavoro, salute e politiche sociali, delle pari opportunità, nonché della Commissione adozioni internazionali e del Dipartimento per la giustizia minorile.
I lavori, iniziati nel novembre 2008, hanno portato tempestivamente alla elaborazione di un testo preliminare. In effetti, in data 5 ottobre 2010, il Ministero dell'interno ha sciolto esclusivamente la riserva formulata con riferimento all'istituto di diritto islamico della Kafala ed in data 19 ottobre 2010 è stata convocata una nuova riunione del predetto tavolo interministeriale.
Durante l'incontro - così come riferito dall'Ufficio Legislativo di questo Ministero - sono state accolte le richieste inizialmente formulate dai rappresentanti dell'interno ed è stato, quindi, elaborato un nuovo schema di disegno di legge, sottoposto

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al vaglio delle Amministrazioni interessate, durante la riunione svoltasi lo scorso 16 febbraio 2011.
Concludo precisando che attualmente, ci si trova in una fase pressoché conclusiva dei lavori, dal momento che tutte le Amministrazioni coinvolte hanno espresso parere favorevole in ordine allo schema di disegno di legge recante la ratifica della predetta Convezione ed anche perché le ulteriori «questioni problematiche», evidenziate in particolare dal Ministero dell'interno, sono state formalizzate in un testo sintetico, che sarà a breve oggetto di verifica ed analisi da parte del tavolo di lavoro.
In questo contesto, ribadisco e confermo il perdurante e costante impegno del Governo a favorire la tempestiva ratifica della predetta Convenzione.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-04846 Di Pietro: Sul sequestro della petroliera italiana Savina Caylyn.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'8 febbraio scorso, appena appreso della cattura da parte di un gruppo di pirati della petroliera italiana Savina Caylin, con a bordo il comandante Lubrano Lavadera, gli ufficiali Bon, Guardascione, Cesaro, il direttore di macchine Verrecchia e 17 marinai di nazionalità indiana, il Governo si è immediatamente attivato.
È stato dato ordine alla fregata «Zeffiro», impegnata nella zona nell'ambito dell'operazione navale UIE Atalanta, di individuare la petroliera. Questa è stata intercettata il 10 febbraio. Da quel momento e per i successivi due mesi, la nostra nave militare, su cui nel frattempo era stato imbarcato una squadra del Comando Operativo delle Forze Speciali, ha monitorato la situazione da una distanza di sicurezza.
La «Zeffiro» è stata successivamente richiamata, non senza che fosse concordato con i partners internazionali la continuazione dell'attività di sorveglianza della petroliera da parte di unità e sistemi di forze alleate che operano nell'area nel contesto dell'Operazione Atalanta. Il Comando delle Forze Speciali ha infatti da parte sua considerato che, in ragione degli ingenti costi di dispiegamento ed attesa, il valore aggiunto di un'unità navale dedicata sarebbe stato giustificato solo dall'espressa volontà di intervenire con un'operazione di forza risolutiva, i cui esiti appaiono comunque incerti e suscettibili di mettere a repentaglio le vite degli ostaggi.
Parallelamente, sin dall'inizio della vicenda, l'Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri si è mantenuta in costante contatto con le famiglie del personale italiano, assicurando un continuo aggiornamento sull'evolversi della situazione. I contatti continuano a restare quotidiani e, su invito della Farnesina, i familiari sono stati più volte ricevuti all'Unità di Crisi, dove sono stati ragguagliati sull'evolvere della situazione anche da ufficiali della Marina Militare.
L'Unità di Crisi si è inoltre mantenuta in contatto con la Società armatrice. Giova ribadire che la società armatrice a voluto affidarsi fin dalle prime fasi del sequestro da una uno studio inglese di intermediazione esperto in questo tipo di negoziati. Negli ultimi giorni, purtroppo, la stessa società armatrice fa stato di uno stallo nei contatti che non starebbero procedendo nella giusta direzione, questo mentre si assiste ad una drammatizzazione della minaccia da parte dei pirati.
Data la difficoltà dell'azione di forza, il Governo ha avviato, come di consueto in queste situazioni, un'azione intensificata su tutti quegli attori regionali e locali che potrebbero influenzare positivamente la risoluzione della vicenda.
In ambito locale, è stata avviata da parte dell'Ambasciatore d'Italia presso il Governo Transitorio somalo una costante azione di sensibilizzazione al più alto livello per reiterare il fermo auspicio del Governo italiano affinché nessuno sforzo venga risparmiato per una pronta risoluzione della vicenda. È stata anche ribadita l'esigenza che nessuna iniziativa che possa mettere in pericolo la sicurezza degli ostaggi, italiani e stranieri, a bordo delle navi, venga avallata o perseguita da queste Autorità.

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Nelle prossime settimane le autorità somale saranno ulteriormente sollecitate con una mia missione nell'area.
Come in analoghi casi di sequestro che hanno coinvolto connazionali all'estero, i contatti continuano anche nel contesto regionale. Il Ministro Frattini ha infatti disposto la missione in Tanzania ed a Gibuti entro i primi giorni del prossimo mese di luglio del suo Inviato Speciale per le emergenze umanitarie, On. Margherita Boniver, per sensibilizzare ulteriormente le autorità locali affinché esercitino i propri buoni uffici.
Di tutto quanto sopra i familiari sono stati informati direttamente dal Sottosegretario Vincenzo Scotti nel corso di un incontro avvenuto il 27 giugno alla Farnesina. Il Sottosegretario ha ribadito l'impegno del Governo per favorire, attraverso un ulteriore rafforzamento dell'azione politico-diplomatica, una positiva soluzione della vicenda.
Quanto invece alle eventuali misure del Governo per dotare di ulteriori strumenti di protezione gli armatori italiani le cui navi transitano nel golfo di Aden e allargo delle coste somale, la tematica è stata oggetto nei mesi scorsi di studi approfonditi coordinati dalla Difesa, e con l'attiva partecipazione degli Esteri, i Trasporti e gli stessi armatori.
Dopo esame sia degli aspetti operativi che giuridici, si è profilata la possibilità di rafforzare la protezione delle unità mercantili tramite uno specifico intervento normativo che consenta l'imbarco di protezioni armate. La questione ha peraltro fatto l'oggetto di una indagine conoscitiva della Commissione Difesa del Senato, la quale si è conclusa la settimana scorsa con l'adozione di una risoluzione che, in linea con le conclusioni dello studio coordinato dalla Difesa nei mesi scorsi, impegna il Governo ad individuare lo strumento legislativo atto a favorire soluzioni per consentire l'impiego sul nostro naviglio civile delle scorte armate imbarcate militari o civili. Agli armatori sarebbe lasciata la scelta della soluzione preferita nonché l'onere di sostenerne i costi.
Resta fermo che tale soluzione non potrebbe certo risultare definitiva ai fini della totale eradicazione del fenomeno, per la quale è comunque necessario partire da un orizzonte più ampio che prenda in considerazione tanto le operazioni navali internazionali quanto le attività diplomatiche attualmente in corso per stabilizzare la Somalia, per le quali il Ministro Frattini è personalmente impegnato in una azione internazionale estremamente energica.

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ALLEGATO 5

Interrogazioni n. 5-04848 Renato Farina: Sulla situazione in Sud Sudan e n. 5-04931 Renato Farina: Sui recenti sviluppi della situazione nel Sud Kordofan.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Italia, in qualità di Paese testimone dell'Accordo di Pace del 2005, riveste un ruolo di primo piano nel monitoraggio della situazione in Sudan ed in particolare dei fatti preoccupanti, relativi alla regione di Abyei e Sud Kordofan, evocati dall'onorevole Farina.
Il nostro Ambasciatore a Khartoum siede, infatti, nella Commissione internazionale incaricata di monitorare l'attuazione dell'Accordo di Pace. In seno a tale organismo, che il nostro Paese ha sostenuto con un contributo di oltre un milione e duecento mila euro tra il 2008 ed oggi, l'Italia presiede l'importante gruppo di lavoro sulla «condivisione del potere» (power sharing).
A pochi giorni dalla cerimonia di indipendenza del Sud Sudan, prevista a Juba il 9 luglio prossimo - dove mi recherò in rappresentanza del Governo - la situazione politica e di sicurezza presenta ancora aspetti di criticità.
Il bombardamento e l'occupazione della regione contesa di Abyei da parte delle truppe di Khartoum, il 31 maggio scorso, ne sono una prova. Si è trattato di una grave violazione dell'Accordo di Pace sottoforma di una rappresaglia sproporzionata all'attacco, parimenti deprecabile, attuato da forze sud-sudanesi contro un convoglio di militari del nord appartenenti alle Unità Integrate che - sotto il controllo della missione UNMIS - si stavano dispiegando in una nuova area ad esse assegnata. La Comunità internazionale ha pertanto criticato fortemente la reazione di Khartoum così come l'atteggiamento poco collaborativo dimostrato dalle autorità di Juba.
Spiragli di speranza sembrano ora potersi dischiudere in virtù dell'accordo temporaneo per l'amministrazione e la sicurezza di Abyei, raggiunto tra Nord e Sud Sudan il 20 giugno scorso ad Addis Abeba, grazie alla mediazione dell'ex Presidente sudafricano Mbeki, Capo del panel dell'Unione Africana incaricato di favorire i negoziati tra le parti, panel che l'Italia ha sostenuto fin dall'inizio anche finanziariamente (con 1,5 milioni di euro nel 2010). L'accordo, che è stato sostanzialmente recepito il 27 giugno dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la Risoluzione 1990, prevede meccanismi di amministrazione condivisa tra Sud e Nord Sudan, fa salvo lo status finale dell'area da regolarsi tramite future negoziazioni e persegue l'obiettivo di demilitarizzare l'area di Abyei per permettere il dispiegamento di una Forza di Sicurezza Interinale (UNISFA - United Nations Interim Security Force for Abyei) sotto egida ONU.
Proseguono, inoltre, sempre con la mediazione del «panel Mbeki», i negoziati per la pacificazione in Sud Kordofan, ove la situazione di sicurezza ed accesso umanitario rimane molto difficile.
L'aspettativa è che un impulso alla normalizzazione della situazione possa provenire anche dalla nuova missione ONU che verrà avviata alla scadenza di UNMIS (il prossimo 9 luglio) e che, secondo il rapporto del Segretario Generale Ban Ki-Moon, dovrebbe mirare a sostenere il nuovo Stato sul fronte politico,

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della sicurezza e della protezione dei civili, nonché nel consolidamento dell'autorità statale, e nella promozione dello sviluppo socio-economico del Paese.
La nuova missione UNMISS in Sud Sudan - su cui nelle prossime settimane verrà sottoposto al Consiglio di Sicurezza un progetto di Risoluzione - dovrebbe prevedere una componente militare di circa 7000 soldati e 900 poliziotti, accanto ad una civile.
In questa cornice di fondo, il Governo sta monitorando attentamente le evoluzioni dei negoziati in tutti i fori rilevanti, ritenendo che la Comunità Internazionale debba continuare ad esercitare una pressione bilanciata su entrambe le parti dell'Accordo di pace del 2005 affinché esse mantengano un approccio collaborativo nello svolgimento dei negoziati volti a garantire relazioni pacifiche tra Nord e Sud Sudan.
L'Italia ha, inoltre, attivamente operato per definire una linea comune a livello UE. In particolare, per quanto riguarda il riconoscimento del nuovo Stato, il Governo è favorevole ad una dichiarazione politica congiunta dell'UE e degli Stati membri, accompagnata da riconoscimenti bilaterali dei singoli Stati, che siano il più possibile contestuali. Tali riconoscimenti, che dovrebbero auspicabilmente seguire quello di Khartoum, non devono tuttavia rimanere ostaggio di eventuali condizionalità poste da parte del Nord Sudan.
L'approccio UE, così come definito dalle Conclusioni sul Sudan del Consiglio Affari Esteri del 20 giugno scorso e dalla strategia del Rappresentante Speciale dell'UE, rispecchia l'impostazione del Governo italiano. Nell'esprimere forte preoccupazione per le violenze occorse nelle province del Sud Kordofan e Abyei, si prevede, infatti, l'esercizio di una pressione bilanciata su entrambe le parti per giungere ad un compromesso stabile.
Di fronte agli oggettivi rischi di sicurezza nel Paese, la Farnesina ha da tempo messo in opera varie misure per assicurare la tutela dei circa 530 connazionali presenti in Sudan, tra cui circa 60 religiosi, in particolare missionari comboniani e salesiani concentrati nell'area di Khartoum e Juba ma presenti anche nella Diocesi di Rumbek, Tonj e Wau (Sud Sudan).
Il Ministero degli esteri, attraverso l'Ambasciata a Khartoum, ha curato una mappatura dei connazionali e delle organizzazioni italiane presenti in tutto il Paese, cui invia aggiornamenti sugli aspetti di sicurezza ed, ove necessario, messaggi di allerta tramite posta elettronica o sms. Sono stati finalizzati specifici accordi per la protezione dei cittadini italiani nel Sud Sudan con la missione UNMIS e con gli uffici dell'UE a Khartoum e a Juba.
Nel corso dei recenti disordini a Kadugli, capitale del Sud Kordofan, la nostra Ambasciata ha fornito pronta assistenza alla connazionale Suor Rosangela Boschi, unica cittadina presente nell'area. Grazie al tempestivo intervento della nostra Rappresentanza, la nostra connazionale è stata ospitata, insieme a circa 400 operatori umanitari, nella base UNMIS presso Kadugli, prima che il gruppo venisse scortato verso Khartoum da un convoglio ONU.
Il Governo è fortemente impegnato in Sudan anche nel settore della Cooperazione allo Sviluppo con programmi, sia sul piano multilaterale che bilaterale, per un valore complessivo pari a circa 28 milioni di euro, di cui 18 concentrati nel Sud Sudan. Per far fronte alla situazione umanitaria, anche alla luce dei recenti episodi ad Abyei, la Farnesina sostiene l'azione delle Agenzie delle Nazioni Unite, attive tanto in Sudan che in Sud Sudan, con interventi di emergenza per un valore complessivo di 4 milioni di euro. La Cooperazione italiana sta collaborando in particolare con UNICEF, IOM e UNHCR per sostenere le attività a beneficio degli sfollati nel territorio sudanese.
Il nostro Paese nutre rilevanti interessi economici e commerciali in Sudan, che presenta importanti potenzialità per le nostre imprese, già attive nei settori delle costruzioni, dell'energia, oltre che in quello idrico ed agricolo. Nel 2005 Italia e Sudan hanno sottoscritto un «Accordo per la Promozione e Protezione reciproca degli

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Investimenti» che, ratificato da parte sudanese nel 2008, è attualmente all'esame di questa Commissione in prima lettura.
In Sudan rilevanza cruciale hanno le opportunità di sfruttamento delle materie prime e delle risorse naturali, settore in cui sono richiesti investimenti internazionali che sinora si sono concentrati nel Nord del Paese, trascurando il Sud Sudan, in cui si concentra in realtà circa il 70 per cento del petrolio estratto in tutto il Paese.
Per sviluppare i rapporti politici con le autorità del Sud Sudan e anche per cogliere le opportunità di cooperazione economica e commerciale nel nuovo Stato, l'Italia ha inviato a Juba un diplomatico (il Cons. Amb. Carlo Gambacurta) che - alla data dell'indipendenza del nuovo Paese (9 luglio 2011) sarà accreditato come «Delegato Speciale del Governo Italiano presso la Repubblica del Sud Sudan».
In merito al fenomeno del terrorismo di matrice islamica, va ricordato che negli anni '90 il Sudan ha tollerato la presenza di gruppi jihadisti, tra cui Al Qaeda. Nel corso dell'ultimo decennio il Paese, che ha peraltro ratificato le principali convenzioni internazionali contro il terrorismo, ha cambiato la propria politica, instaurando progressivamente un certo grado di collaborazione con la comunità internazionale, pur restando nella lista USA degli Stati sponsor del terrorismo, principalmente a causa dei rapporti con l'Iran e del sostegno fornito ad Hamas ed Hezbollah.
Il fatto che negli ultimi anni non si siano verificati attacchi terroristici contro obiettivi occidentali lascia ben sperare. Occorre comunque monitorare attentamente la situazione anche in considerazione dei traffici potenzialmente legati ad attività terroristiche in una regione contigua alla parte nord ed orientale dell'Africa.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-04973 Tempestini: Sui recenti sviluppi della situazione in Somalia.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Accordo di Kampala del 9 giugno 2011 fra Presidente e Presidente del Parlamento della Somalia, concluso su mediazione del Presidente ugandese e del Rappresentante Speciale per la Somalia del Segretario Generale dell'ONU, ha temporaneamente ricomposto il forte dissidio politico e personale fra le due massime Istituzioni Federali Transitorie, che stava per sfociare in un ben più aspro e destabilizzante scontro istituzionale fra il Governo Federale e il Parlamento.
L'Accordo ha quindi risolto il grave problema del superamento della scadenza «naturale» della transizione in Somalia il 21 agosto 2011, prorogando di un anno il mandato dei due firmatari ma imponendo le dimissioni del Primo Ministro e la formazione di un nuovo Gabinetto, la cui composizione dovrà risultare maggiormente bilanciata fra i sostenitori del Presidente e quelli Presidente del Parlamento.
Con le dimissioni rassegnate dal Primo Ministro il 19 giugno scorso (dopo manifestazioni di piazza a suo favore ormai concluse) e la designazione del suo successore da parte del Presidente, il 23 giugno, nella persona dell'ex-Vice Primo Ministro e Ministro della Cooperazione Internazionale, Abdiweli Mohamed Ali, l'Accordo di Kampala ha registrato un positivo avvio di attuazione. Il Parlamento ha infatti approvato ieri il nuovo Primo Ministro con 437 si, 4 no e 2 astenuti. Ora il Primo Ministro compilerà la lista dei Ministri e si ripresenterà al Parlamento per ulteriore voto di fiducia.
L'Italia è da tempo fortemente impegnata a favore della pacificazione della Somalia sia mediante un ruolo di promozione della causa in tutti i pertinenti fori multilaterali (ONU, UE, UA, IGAD, Gruppo Internazionale di Contatto e Gruppo di Contatto sulla Pirateria) sia con rilevanti contributi finanziari (dal 2009 ad oggi circa 30 milioni di euro) a sostegno della governance, della sicurezza e della grave situazione umanitaria nel travagliato Paese del Corno d'Africa.
In tale contesto, l'Italia è stata fra i primi e più attivi membri della Comunità internazionale a fornire un assai apprezzato contributo al superamento del problema della scadenza della transizione e dello scontro politico che ne era derivato. Con due ripetuti «position papers» del 31 gennaio e del 21 aprile 2011, fatti circolare fra i partners nelle riunioni internazionali intervenute, abbiamo sostenuto, nel rispetto dell'appropriazione somala e del processo di pace di Gibuti, la tesi che la proroga del mandato di tutte e tre le Istituzioni Federali Transitorie fosse la soluzione più opportuna (a differenza dei molti che propendevano per sollecite elezioni di un nuovo Presidente e di un nuovo Presidente del Parlamento, peraltro da parte di un Parlamento non ancora riformato e quindi sempre meno rappresentativo).
La nostra proposta era condizionata a che tale proroga non fosse superiore a un anno e venisse accompagnata da un preciso impegno per le riforme e per la sollecita attuazione degli obiettivi transitori (i cosiddetti transitional tasks) previsti dalla carta Federale Transitoria del 2004 e dall'Accordo di pace di Gibuti del 2008. Pur con il «sacrificio» del Primo Ministro, l'Accordo di Kampala è andato quindi

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proprio nella direzione auspicata e fortemente sostenuta da parte del nostro Governo.
Nel monitorare e incoraggiare, d'intesa con le Nazioni Unite e con i maggiori partners internazionali, l'attuazione degli ulteriori e fondamentali impegni assunti a Kampala dal Presidente e dal Presidente del Parlamento, l'Italia proseguirà con rinnovato impegno la sua azione a favore della stabilizzazione e di una sostenibile riconciliazione nazionale in Somalia.
Fra le iniziative più urgenti, stiamo erogando un ulteriore contributo di 2 milioni di euro alla Missione di pace dell'Unione Africana AMISOM per il rafforzamento di quella sicurezza senza la quale nessun processo politico può svilupparsi. In parallelo, abbiamo inoltre allo studio nuovi progetti di assistenza ad alcune entità regionali più stabili (quali il Somaliland, il Puntland e il Galgaduud) per favorime la convergenza con il Governo di Mogadiscio.
Giova inoltre sottolineare come all'ultima riunione del Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia di Kampala del 2 e 3 giugno scorsi, anche l'Italia ha contribuito a coagulare il sostegno dei partner (ne fa fede il comunicato finale) a favore dell'iniziativa del Rappresentante Speciale delle NU per la Somalia di promuovere delle riunioni fra i maggiori attori somali. Su tale base, quale seguito di quella indetta a Nairobi il 12 e 13 aprile 2011, alla quale il Presidente e l'allora Primo Ministro si rifiutarono di partecipare, lo stesso Presidente, d'intesa con il Rappresentante Speciale per la Somalia di Ban Ki Moon, intende convocare quanto prima un'altra riunione intersomala a Mogadiscio.
Nel contempo, a livello europeo, dove già siamo impegnati anche nelle due operazioni EU NAVFOR «Atalanta» contro la pirateria ed EUTM per la formazione in Uganda di forze di sicurezza somale, l'Italia - come auspicato dall'Onorevole interrogante - ha da tempo chiesto con forza, e ha ora ottenuto, che si proceda sollecitamente alla nomina di un Rappresentante Speciale dell'Unione Europea per il Como d'Africa, alla cui posizione concorrerà anche un candidato italiano.