CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 27 gennaio 2011
431.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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Giovedì 27 gennaio 2011. - Presidenza del presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

La seduta comincia alle 10.05.

Esame di una domanda di autorizzazione a eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi (Doc. IV, n. 13-bis).
(Seguito dell'esame e conclusione).

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che nella seduta di ieri si era concordato di rinviare la discussione a stamane, per consentire ai componenti di consultare la documentazione integrativa pervenuta. Rammenta altresì che il collega Leone ha proposto il diniego dell'autorizzazione. Fa presente che nel tardo pomeriggio di ieri l'on. Ghedini e il sen. Longo (difensori dell'on. Berlusconi) hanno depositato un'ulteriore nota che è in distribuzione.

Antonio LEONE (PdL), relatore, illustra di aver preso cognizione della documentazione pervenuta ieri, che ritiene relativa essenzialmente alla posizione di Nicole Minetti e ininfluente rispetto alle considerazioni svolte nella relazione inerenti alla domanda di perquisizione, le quali quindi non crede di dover modificare.

Pierluigi MANTINI (UdC) soffre il disagio di dover affrontare questioni legate a fatti di così rilevante gravità. Dettosi culturalmente lontano non solo dagli ambienti sottoposti all'attenzione della Giunta ma anche dai difensori dell'on. Berlusconi, d'altronde non intende fare le funzioni della pubblica accusa. Tuttavia dovrà soffermarsi su taluni aspetti di merito per confutare gli argomenti del relatore, cui pure dà atto di aver svolto il suo compito con pacatezza e sobrietà. Ma proprio l'incedere cauto e ragionato della relazione che ha ascoltato stride con la proposta conclusiva della relazione, che finisce per ricavare il fumus persecutionis da elementi che possono tutt'al più ingenerare dubbi interpretativi ma non certo sospetti di uso improprio dei poteri degli inquirenti per causare un ingiusto danno al Presidente del Consiglio. Quei dubbi dovrebbero trovare la loro soluzione presso le competenti sedi giurisdizionali e non presso la Giunta. Deve quindi ribadire la sua condanna morale per l'accaduto, che fa necessariamente parte del giudizio politico complessivo sulla condotta dell'on. Berlusconi, che egli vede anche esposto a ricatti di vario genere e causa di discredito internazionale per il Paese.
Venendo più specificamente ai nodi tecnici affrontati nella relazione, si sofferma in via preliminare sulla qualificazione come domicilio di un parlamentare delle porzioni immobiliari designate con i numeri 801 e 802 di Residenza Parco in Segrate. Dal testo stesso della domanda in

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titolo si capisce che l'unità immobiliare contrassegnata dal numero 802 è la sede di società commerciali e quindi è sicuramente da escludere la copertura dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione. Quanto all'interno 801, definito 'pertinenza del Presidente del Consiglio dei Ministri', rileva che due atti istruttori inducono a concludere che non vi si svolga oggi né vi si sia svolta in passato attività politico-parlamentare. In un'intercettazione telefonica, riportata alla pagina 273 dell'incartamento, il ragionier Spinelli interloquisce con la signora Garcia Polanco e le fa presente che vi è stato un errore nei pagamenti dei canoni locatizi delle residenti a via dell'Olgettina; il medesimo Spinelli, in un interrogatorio nelle indagini difensive, ammette di non aver mai seguito l'attività politica e istituzionale del Presidente Berlusconi. Ne trae che nell'ufficio indicato nella domanda di perquisizione evidentemente si ordinano i pagamenti per le ragazze e si seguono aspetti di gestione immobiliare, ivi comprese - deve suo malgrado precisare - porzioni edilizie nelle quali la polizia ha rinvenuto cospicui quantitativi di droga. Se davvero le sedi in questione fossero destinate originariamente a scopi istituzionali, l'uso concreto che se ne fa sarebbe penalmente illecito. Puntualizzato che tutta la disciplina del domicilio del parlamentare dovrebbe essere oggetto di rivisitazione per evitare imbarazzanti qualificazioni ex post, non crede sufficiente la copia della comunicazione resa da un collaboratore dell'on. Berlusconi nel 2004, al Presidente della Camera Casini, in cui si indicava genericamente come domicilio del Presidente del Consiglio un luogo in Segrate, senza specificare il numero civico. Tanto più che tale comunicazione non è riferibile alla legislatura in corso.
Quanto alla tematica, evocata nella relazione, della 'ministerialità' del preteso reato, rimarca che i precedenti addotti dai difensori dell'on. Berlusconi sono per un verso inutili e per l'altro controproducenti. Il caso relativo al decreto di archiviazione del tribunale dei Ministri di Roma n. 1 del 2008 ha a che fare con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di personale dei servizi di informazione: si tratta all'evidenza di un'ipotesi di responsabilità ministeriale propria. In secondo luogo, il provvedimento del pubblico ministero di Trani che trasmette gli atti al tribunale dei Ministri di Roma per una fattispecie similare a quella oggi in discussione è motivato in un modo talmente perplesso e contraddittorio da non giovare alla tesi esposta. Quanto invece ai precedenti della Camera dei deputati, ricorda che si è sempre trattato di atti strettamente funzionali, quali per esempio i reati contestati al collega Lunardi (doc. IV-bis, n. 1 - XVI legislatura); Alemanno (doc. IV-bis, n. 1 - XIV legislatura); Radice (doc. IV-bis, n. 1 - XIII legislatura) e Bindi (doc. IV-bis, n. 2 - XIII legislatura). Da un punto di vista di politica generale, osserva che tra le funzioni proprie del Presidente del Consiglio non rientra né la prostituzione minorile, né l'attività di concussione. D'altronde, insistere sulla natura ministeriale della concussione finalizzata a celare la prostituzione minorile sarebbe insultante per la dignità intellettuale della Giunta, aberrante e scandaloso.
Quanto al profilo della competenza territoriale, non dubita che questa si radichi in Milano, giacché l'evento profittevole per il preteso concussore si è verificato in tale città. D'altra parte, è nella questura di Milano che si sono svolti i frenetici contatti nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 che poi hanno portato alla consegna della giovane Karima alla signora Minetti.
Conclusivamente, ribadisce che l'unità immobiliare n. 802 non è domicilio del parlamentare e quindi la relativa perquisizione non richiede una previa autorizzazione; per il resto non ravvisa elementi persecutori e quindi voterà contro la proposta del relatore.

Federico PALOMBA (IdV) ha letto con scrupolosa attenzione la memoria del collega Ghedini e l'ulteriore documentazione da lui versata alla Giunta; ha sentito anche la relazione dell'on. Leone. Non ne è rimasto affatto convinto. Per dignità della

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funzione di parlamentare evita di dilungarsi sugli aspetti avvilenti per la dignità delle persone che emergono dalla vicenda che qui si sta considerando. Sperava che l'on. Berlusconi si dimettesse ed evitasse questo disdoro. Così non è stato e quindi si attiene agli aspetti tecnici, anche per rispetto del relatore e del lavoro da lui svolto seppure da lui non condiviso soprattutto nella conclusione sulla sussistenza del fumus persecutionis. Quanto alla nozione del domicilio, i difensori allegano documentazione fotografica volta a dimostrare che lo studio del dott. Spinelli è effettivamente il domicilio del deputato Berlusconi. Si tratta evidentemente di una finta prova. Non crede infatti che lo studio di un collaboratore sia automaticamente anche domicilio del parlamentare. La sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 2004 - pure citata dal relatore - chiarisce che è domicilio il luogo rispetto al quale si ponga un'esigenza di tutela dell'autonomia del Parlamento. È assodato infatti che l'immunità del domicilio del parlamentare di cui all'articolo 68, secondo comma, della Costituzione è una proiezione dell'immunità della sede delle Camere prevista dall'articolo 62 del Regolamento della Camera (e dal corrispondente articolo 69 del Regolamento del Senato) e riconosciuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1975. Non crede proprio che lo studio del cosiddetto tesoriere di Arcore, a Segrate, possa considerarsi una proiezione delle sedi in cui si svolge attività parlamentare costituzionalmente tutelata.
Questo argomento gli sembra sia rafforzato da un atto depositato dal collega Ghedini. Si tratta della deposizione - raccolta ai sensi dell'articolo 391-bis del codice di procedura penale - dello stesso Spinelli che dichiara testualmente: «Ho cominciato a lavorare per lui dall'inizio di novembre 1978 inizialmente in qualità di controllo interno contabile, poi passai in Fininvest fino al 1994. Quando il Presidente Berlusconi è entrato in politica, sono passato alle società che fanno capo al dr. Berlusconi. Mi occupo anche sovente di questioni economiche private del Presidente che mi vengono da lui affidate».
Da questo passaggio si evince chiaramente che il dott. Spinelli non è affatto un segretario politico di Berlusconi ma è una sorta di tesoriere, con compiti commerciali e contabili per le sue esigenze private. Nei suoi uffici quindi è assai arduo rinvenire tracce di attività politico-parlamentare. Le nuove carte giunte ieri, sfrondate di quanto riguarda il processo e non la Giunta dimostrano la necessità o almeno l'utilità della perquisizione presso l'ufficio-paga di Spinelli, anche per riscontro con gli elementi documentali acquisiti nelle altre perquisizioni. Dovrebbe essere interesse anche della difesa esprimersi per l'autorizzazione dell'atto di cui si discute. Sotto questo aspetto, non si opporrebbe a una restituzione degli atti alla procura di Milano per incompetenza della Camera a deliberare su un luogo privato.
Quanto poi all'eccezione d'incompetenza territoriale, si tratta evidentemente di un profilo sottratto alla decisione della Giunta. È un'eccezione processuale che potrà essere sollevata nelle sedi giudiziarie proprie e che non può influire sulle nostre decisioni.
Ad ogni buon conto, precisa che il reato di concussione si consuma nel momento e nel luogo in cui si ha la promessa o la dazione dell'indebito vantaggio. È chiaro che, in questo caso, il connotato indebito del vantaggio e il suo ottenimento sono maturati a Milano. La giurisprudenza consolidatasi più di recente afferma che, se alla promessa segue effettivamente la dazione dell'utilità, il momento consumativo si sposta in avanti. Ciò tanto più se l'utilità consiste - non nel danaro o in un altro bene che è nell'esclusiva disponibilità della persona immediatamente concussa ma - invece nell'esito favorevole per il concussore di un procedimento più complesso, allo svolgimento del quale concorrono più protagonisti e fattori. È per questo che la giurisprudenza parla al riguardo anche di fattispecie a formazione progressiva.
Questo orientamento è confermato dalla Cassazione nella sentenza della VI

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sezione del 26 settembre 2007 n. 2142, conforme a diversi precedenti, che ha ormai chiarito che il reato di concussione è perfetto anche quando il concusso si limita a promettere l'utilità cercata dal concussore; il momento consumativo - tuttavia - si sposta in avanti e si compie al momento della dazione se questa in effetti sopravviene. In sostanza, il metus publicae potestatis, che perdura e che consente al concussore di ottenere il vantaggio indebito, porta avanti il momento consumativo del reato.
Del resto, la manualistica corrente conosce la diversità fra la perfezione del reato e la sua definitiva consumazione, che certamente, in questo caso, è avvenuta a Milano.
Quanto poi al tema dei reati ministeriali, ritiene che la difesa dell'on. Berlusconi l'abbia avanzata per scrupolo difensivo ma senza crederci più di tanto. Né lo persuade il pur dotto intervento del collega Leone. La concussione qui è contestata non per l'abuso delle funzioni o dei poteri ma per l'abuso della qualità. E diversamente non poteva essere. Nell'indurre la questura di Milano a rilasciare la giovane marocchina, l'on. Berlusconi non ha strumentalizzato o distorto alcuna delle sue tipiche funzioni.
Le funzioni del Presidente del Consiglio sono descritte anzitutto nell'articolo 95, primo comma, della Costituzione e consistono nel dirigere la politica nazionale e nel mantenere l'unità dell'indirizzo politico e amministrativo attraverso il coordinamento e la promozione dell'attività dei Ministri.
La legge n. 400 del 1988 non prevede altre specifiche funzioni che non siano attinenti alla responsabilità per il regolare e ordinato funzionamento della Presidenza del Consiglio.
Altre funzioni sono previste in materia di protezione civile e di servizi d'informazione e di sicurezza dello Stato. In questo caso nessuna di queste specifiche funzioni è interessata.
Né si può sostenere che il Presidente del Consiglio assommi in sé le funzioni di tutti i dicasteri, giacché altrimenti non avrebbe senso distinguere i Ministri con e senza portafoglio e non si comprenderebbe per quale motivo esista l'istituto dell'interim.
Il collega Ghedini offre due precedenti, nessuno dei quali fa al caso dell'assistito.
Ve n'è uno che riguarda la trasmissione da parte del pubblico ministero di procura ordinaria al tribunale dei Ministri di Roma per fatti attinenti ai servizi segreti. E quindi il preteso reato era certamente ministeriale ma per nulla assimilabile all'attuale.
L'altro caso riguarda la tristemente famosa telefonata di Berlusconi al dott. Innocenzi per cercare di influire sulla trasmissione Annozero. Ebbene, in questo caso la procura ordinaria di Trani trasmise gli atti al tribunale dei Ministri. Ma lo fece con una motivazione perplessa e quasi suicida, riconoscendo esplicitamente che - se si fosse attenuta ai criteri dettati dalle Sezioni unite penali del 1994 - avrebbe dovuto trattenere per sé il fascicolo. D'altronde, la Cassazione, nella sentenza del 6 agosto 1992 ha stabilito che il pubblico ministero non ha l'obbligo di trasmettere gli atti al Collegio per i reati ministeriali se non quando abbia la certezza o - almeno - il fondato dubbio che si tratti di un reato ministeriale. Non v'è quindi in questo caso alcuna pregiudizialità. Tale orientamento è consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione anche alla luce della sentenza della sezione I 22 maggio 2008, n. 28866.
L'on. Ghedini si guarda bene dal citare i due precedenti fondamentali della Cassazione. Quello - per l'appunto - su De Lorenzo delle Sezioni unite del 1994; e quello su De Michelis del 1998 dal quale si capisce con chiarezza che per esservi reato ministeriale occorre un atto compiuto nell'esercizio delle funzioni proprie del dicastero di riferimento.
La sentenza delle Sezioni unite del 1994 è esplicita nell'affermare che occorre un nesso oggettivo di strumentalità e non è sufficiente la mera occasionalità del rivestire la carica rispetto al fatto, mancando tale nesso non v'è neppure l'obbligo di trasmettere gli atti al tribunale dei

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ministri. Lo stesso principio è affermato la sentenza De Michelis del 1998, laddove essa sostiene che i fatti corruttivi ascritti all'ex Ministro degli esteri attenevano a lavori pubblici (autostrade ed altre opere) e non agli ambiti sui quali egli aveva titolo ad intervenire.
Del resto, ciò è confermato dal precedente freschissimo di Lunardi, imputato per un decreto interministeriale di finanziamento a Propaganda fide. Nella XIV legislatura si ebbe il caso del ministro delle politiche agricole Alemanno per una certificazione relativa al cosiddetto Lattefresco BLU della Parmalat: anche qui atti pertinenti ad ambiti di specifica competenza.
Si può inoltre ricordare, a contrario, «il classico» del caso Andreotti, nella seduta del Senato del 13 maggio 1993. L'on. Andreotti era imputato per fatti attinenti alla linea politica della Democrazia Cristiana (e, in particolare, di alcuni suoi esponenti siciliani a lui legati) avvenuti quando era Presidente del Consiglio. In quel caso, nessuno, nemmeno lui, sollevò la questione della 'ministerialità'. Cita, per chiarezza, quanto affermò lo stesso Andreotti nella seduta: «i miei colleghi di Governo e io non ignoravamo i rischi e le possibili reazioni in una linea di politica di contrasto vero e non declamatorio (della mafia)». In sostanza, pur essendo lato sensu politico, l'asserito concorso in associazione per delinquere del sen. Andreotti (da cui poi è stato in parte dichiarato assolto), non era ministeriale.
Quanto alla dottrina, cita tra i tanti il manuale di Temistocle Martines, secondo cui il reato è ministeriale quando è commesso in occasione e a causa dell'esercizio delle proprie funzioni e abusando del potere conferito. Citare poi il caso Matteoli è un fuor d'opera perché la Corte costituzionale non ha mai detto che il reato ascritto a Matteoli era stato commesso nell'esercizio delle sue funzioni.
Le questioni sopra trattate sono sorprendentemente ed inopinatamente assunte nella relazione quali elementi sintomatici della sussistenza del fumus persecutionis. Perciò potrebbe limitarsi a dire che la loro insussistenza determina anche quella della volontà persecutoria. Osserva anche che uno dei due uffici che l'autorità giudiziaria intende perquisire è sicuramente estraneo alle funzioni politico-parlamentari dell'on. Berlusconi. Nondimeno, l'autorità giudiziaria ha chiesto l'autorizzazione ex articolo 68, secondo comma, della Costituzione per lealtà istituzionale e per senso di estremo garantismo. Tale elemento esclude ancor più qualsiasi intento persecutorio; affermarlo con un atto politico quale la delibera della Camera risulterebbe un ennesimo atto di guerra politica contro la magistratura per gli atti del procedimento, che parlano da soli.
A ogni modo preannunzia - ove fosse necessario - la presentazione di una relazione di minoranza. Ribadisce che il Presidente del Consiglio dovrebbe considerare attentamente l'eventualità di farsi processare, dimettendosi per difendersi meglio ove lo ritenga opportuno. Da questo punto di vista concorda anche con il Presidente della Camera che ha parlato di un'inaccettabile pretesa di impunità.

Maurizio TURCO (PD) ricorda, in via preliminare, che ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione «Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale». Tale norma costituzionale risulta integrata dalla normativa dettata dalla legge costituzionale n. 1 del 1989. Al riguardo, fa presente inoltre che l'articolo 6 della citata legge costituzionale prevede che: «1.I rapporti, i referti e le denunce concernenti i reati indicati nell'articolo 96 della Costituzione sono presentati o inviati al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per territorio. 2. Il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio di cui al successivo articolo 7,

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dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al Collegio o chiedere di essere ascoltati.» Come si evince dal combinato disposto della normativa costituzionale, tale modus procedendi relativo all'obbligo di trasmissione degli atti da parte della procura al cosiddetto tribunale dei Ministri postula, a monte, che vi sia un cd reato 'ministeriale' ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione.
La questione, che rileva anche in questa sede e che rappresenta un punto centrale nella relazione dell'on. Leone, è relativa all'individuazione del soggetto titolato, nella sistematica del nostro ordinamento processuale penale, a qualificare il reato quale reato comune o ministeriale. Al riguardo ricorda che, sul punto, la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione è pacificamente orientata nel senso che tale qualificazione spetta in via preliminare ed in maniera inequivoca al pubblico ministero o, successivamente, al giudice per le indagini preliminari. Richiama alcune pronunce della Corte di cassazione e, in particolare la sentenza della Sezione VI, 6 agosto 1992, n. 2865, Ferlin, la quale specifica che «L'obbligo di trasmissione al cosiddetto 'Tribunale dei ministri' degli atti concernenti i reati indicati nell'articolo 96 Cost. previsto dall'articolo 6 l. cost. n. 1 del 1989 sussiste a condizione che venga ravvisata, quantomeno sotto il profilo del dubbio, l'ipotizzabilità di un reato 'ministeriale' (commesso cioè da un ministro nell'esercizio delle sue funzioni). Esso, quindi, non sussiste quando tale ipotizzabilità è esclusa dal P.M. o, successivamente dal g.i.p.». La Sezione I, nella sentenza del 22 maggio 2008 n. 28866, ha stabilito che: «Non è configurabile alcuna competenza del collegio, istituto a norma dell'articolo 7 dell'articolo della l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1, a deliberare in tema di reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni dal presidente del Consiglio dei Ministri o dai Ministri, allorché non esista, nei loro confronti, una notitia criminis qualificata, nel senso che il rapporto, il referto o la denuncia dichiaratamente relativi a reati di cui all'articolo 96 Cost. ricolleghino ad essi la commissione di un illecito di rilevanza penale, la verifica della quale spetta, sotto la sua responsabilità, al p.m., pur privo, una volta che abbia ricevuto rapporto, referto o denuncia, di poteri d'indagine, spettanti solo al predetto collegio.»
Alla luce delle pronunce testé richiamate, si ricava che, una volta acquisita una notitia criminis da parte del pubblico ministero nei confronti del Presidente del consiglio o di un Ministro, la qualificazione circa la natura ministeriale del reato o meno spetta inderogabilmente a lui - non essendovi alcuna sentenza della giurisprudenza di legittimità di contrario avviso. Pertanto, non avendo rinvenuto il pubblico ministero nel caso de quo alcun reato ministeriale, ed anzi essendo il capo di incolpazione chiaramente formulato nel senso di escludere qualsiasi nesso tra la contestata concussione e 'l'esercizio delle funzioni' - abusivo o meno che sia - non ritiene sia violato, contrariamente a quanto postula il relatore Leone al fine di suffragare la tesi del fumus persecutionis, alcun obbligo di inoltrare gli atti al cosiddetto tribunale dei Ministri da parte della procura. Alla luce delle anzidette premesse, ritiene debba escludersi in nuce un qualsiasi fumus persecutionis in quanto, una volta acquisita da parte del pubblico ministero la notizia di reato in ordine agli accadimenti per cui si discute, l'articolo 112 della Costituzione impone allo stesso, inderogabilmente, il dovere di procedere ad effettuare accurate indagini, non potendosi tollerare prassi, purtroppo non infrequenti, elusive del precetto costituzionale in questione.
Precisa altresì che nel caso de quo, le condotte delittuose contestate nel capo di incolpazione non sono inquadrabili nella categoria del reato ministeriale neppure alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 14 del 1994 (che richiede una connessione strumentale e un collegamento funzionale tra condotta incriminata e qualità del soggetto attivo), in quanto si contesta l'abuso della qualità, cioè del solo status soggettivo dell'essere, l'indagato, il Presidente del Consiglio, il

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quale, «abusando della sua qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, avendo appreso che la minore El Mahroug Karima - da lui precedentemente frequentata - era stata fermata e condotta presso la Questura di Milano, si metteva in contatto con il Capo di Gabinetto del Questore, dr. Pietro Ostuni e (...) lo sollecitava ad accelerare le procedure per il suo rilascio (...) e, quindi induceva il dr. Pietro Ostuni a dare disposizioni (...) affinché la minore venisse affidata a Minetti Nicole (...)» integrando così un'azione delittuosa per finalità che non sono in alcun modo ricollegabili ad alcun esercizio di funzioni di governo, quali quelle esercitate (o che dovrebbero essere esercitate) dal rappresentante dell'esecutivo.
Quanto alla competenza territoriale della procura di Milano, ricorda che, nella relazione dell'on. Leone si segnala, quale secondo punto sintomatico di un possibile fumus persecutionis, l'incompetenza territoriale dei pubblici ministeri procedenti; anche sotto questo profilo, non possono essere mosse censure all'operato dei magistrati inquirenti. Data infatti per pacifica la circostanza per cui la competenza territoriale, come stabilito dall'articolo 16 del codice di procedura penale, in caso di connessione tra reati appartiene al giudice competente per il reato più grave - che nel caso di specie, stanti le pene edittali, è senz'altro quello di cui all'articolo 317 c.p. - occorre interrogarsi sul luogo, e dunque necessariamente sul momento, della consumazione di questo reato, così come risulta contestato nel capo di incolpazione. La recente giurisprudenza di legittimità, con riguardo alla consumazione del reato di concussione caratterizzato da condotte in cui la promessa o la realizzazione dell'utilità sia frazionata nel tempo, ha precisato che: «il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, sicché se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo» (Sez. VI, 5 giugno 2007, n. 31689), nonché che «il delitto di concussione si sviluppa mediante azioni causalmente concatenate ovvero abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale, costrizione o induzione del concusso ad un determinato atteggiamento, promessa o dazione, fermo restando che esso, pur potendosi consumare con la sola promessa di denaro o di altra utilità e pur rimanendo unico quando alla promessa segua la dazione, postula lo spostamento in avanti del momento consumativo in coincidenza con la dazione medesima» (Sez. I, 2 dicembre 2005, n. 47289).
Al riguardo, rileva come, nel caso de quo, secondo la stessa costruzione del capo di incolpazione formulato dai pubblici ministeri, il momento consumativo del reato, stante il realizzarsi ed il susseguirsi di una serie di condotte, debba essere necessariamente rinvenuto nel momento in cui l'utilità promessa - indotta dall'indagato abusando della sua qualità - effettivamente si sia realizzata. Il che è avvenuto inequivocabilmente in quel di Milano all'atto della presa in carico della minore Karima da parte della signora Minetti, in violazione delle norme riguardo l'affidamento della minore alle autorità minorili.
Ritenendo pertanto evidente la correttezza dell'operato dei pubblici ministeri sotto i profili prima illustrati e sgombrato dunque il campo dai due postulati che il relatore ha inopinatamente utilizzato al fine di sostenere l'esistenza di un fumus persecutionis, reputa necessario ribadire che il compito della Giunta al fine del rilascio o meno dell'autorizzazione di cui all'articolo 18 del Regolamento della Camera, rimane esclusivamente quello di valutare, nel merito, se vi siano elementi volti a suffragare l'eventualità che i pubblici ministeri, abusando delle proprie funzioni stiano agendo al fine di invadere

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la sfera di attribuzioni e le prerogative dei parlamentari o, ragionando a contrario, se invece in presenza - seppur in seguito ad una valutazione sommaria - di un fumus boni juris in ordine alla fondatezza della notizia di reato, i pubblici ministeri stiano solamente e doverosamente dando seguito al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, con ciò dovendosi, in radice, escludere una qualsiasi possibilità di fumus persecutionis. Domanda che, a suo avviso, appare quasi retorica. Dagli atti che sono stati inviati al seguito della richiesta da parte della procura di Milano, emergono infatti elementi sufficienti per ritenere non manifestamente infondata la notitia criminis (altro è un giudizio di colpevolezza che potrà eventualmente esserci solamente all'esito di un processo penale, ed a seguito dei tre eventuali gradi di giudizio), il che impone ai pubblici ministeri, in ossequio al principio di obbligatorietà dell'azione penale, di svolgere le indagini, sia che l'indagato si chiami Mario Rossi, sia che l'indagato si chiami Silvio Berlusconi o Roberto Formigoni. Voterà contro la proposta del relatore.

Donatella FERRANTI (PD) ha ascoltato interventi esaurienti dai colleghi Mantini, Palomba e Turco, i quali sgombrano il campo dai sintomi del preteso fumus persecutionis. Ritiene che l'episodio di cui si discute riveli ancora una volta come il Presidente del Consiglio voglia sottrarsi all'applicazione della legge, vuoi attraverso provvedimenti ad personam vuoi con espedienti difensivi. Esclude l'esistenza di un qualsiasi intento persecutorio giacché l'indagine scaturisce da un episodio preciso. V'era una minore che avrebbe dovuto seguire la trafila amministrativa ordinaria per essere affidata a un centro di ricovero e accoglienza. Tale procedimento è stato invece alterato in virtù di un intervento diretto dell'on. Berlusconi sulla questura di Milano. Rimarcata la lodevole correttezza del commissario Giorgia Iafrate, che ha resistito finché ha potuto a fortissime pressioni nonostante la sua ridotta anzianità di servizio, considera con favore il tono pacato e sobrio della relazione dell'on. Leone, la quale però si basa su appigli fragili. L'on. Berlusconi viene a conoscenza della presenza di Ruby in questura da una donna brasiliana, Michelle Conceiçao, che evidentemente aveva il suo numero di telefono, ciò che dovrebbe già far riflettere.
Quanto alla pretesa competenza del tribunale dei Ministri, non trova persuasiva l'osservazione del relatore secondo cui la procura della Repubblica neanche si sarebbe posta il problema dell'applicabilità dell'articolo 96 della Costituzione. È anzi la certezza che tale disposizione non poteva trovare applicazione che denota la correttezza della procura di Milano, giacché altrimenti, in caso di dubbio, davvero gli atti avrebbero dovuto essere spediti al Collegio per i reati ministeriali. Peraltro la qualificazione dei reati ministeriali si deve operare secondo i criteri indicati dalle Sezioni unite penali della Corte di cassazione nel 1994, i quali non sono in grado di ricomprendere l'odierna fattispecie. Tanto più che in quest'ultima non si contesta l'abuso dei poteri ma l'abuso della qualità.
Quanto alla questione della competenza territoriale, rammenta che l'articolo 600-bis del codice penale incrimina una condotta ricompresa tra i reati di competenza della procura distrettuale ai sensi dell'articolo 51 del codice di procedura penale.

Antonio LEONE (PdL), relatore, interrompendo, fa presente che le sue considerazioni circa la competenza territoriale erano relative solo al delitto di concussione.

Donatella FERRANTI (PD), riprendendo il suo dire, osserva che il preteso reato di prostituzione minorile apparirebbe verosimile, se è vero che agli atti risulta un pagamento da parte di Giuseppe Spinelli a Karima El Mahroug di molte decine di migliaia di euro. Da questo punto di vista la perquisizione conserva la sua utilità presso un luogo che assai difficilmente può essere definito il domicilio di un parlamentare. Esclude pertanto ogni intento persecutorio della magistratura.

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Antonio LEONE (PdL), relatore, nuovamente interrompendo, osserva che - ove la procura fosse veramente intenzionata a chiedere il rito immediato - oggettivamente la perquisizione perderebbe di senso.

Donatella FERRANTI (PD) ribatte che la richiesta di rito immediato non è ancora stata depositata. Deve inoltre osservare che nonostante i contenuti del mandato a svolgere indagini difensive ricevuto dal collega Ghedini e dal sen. Longo, le risultanze istruttorie smentiscono che presso la villa del Presidente del Consiglio si svolgano soltanto saltuari incontri conviviali seguiti da atti di beneficenza. In realtà si tratta di festini organizzati mediante la chiamata a raccolta di numerose giovani donne. Né può sorvolare sul fatto che tra costoro si annovera la signorina Garcia Polanco, il cui convivente non solo ha in comodato un'automobile intestata a Nicole Minetti, bensì è stato colto in possesso di un ingente quantitativo di cocaina. Questi fatti peraltro sono dell'agosto 2010 e ci si sarebbe aspettati che il Presidente del Consiglio facesse cessare queste frequentazioni. Purtroppo ciò non è avvenuto: ancora ad ottobre la Polanco ha chiamato la segreteria del prefetto di Milano Lombardi spendendo esplicitamente il nome dell'on. Berlusconi. Si arriva all'incredibile che il prefetto manda al Presidente del Consiglio i saluti tramite la Polanco. Osservato che il materiale investigativo è denso di considerazioni improntate al maschilismo e alla mercificazione della donna, si domanda come possano le donne del PdL presso la Giunta non indignarsi. Non si soffermerà ulteriormente sulla caratura negativa degli altri protagonisti della vicenda, quali Emilio Fede e Lele Mora, la cui compagnia nuoce al Presidente del Consiglio. Voterà contro la proposta del relatore.

(La seduta, sospesa alle 11.55, è ripresa alle 12.20).

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), nel condividere la relazione del collega Leone e le sue conclusioni, osserva che al Presidente del Consiglio dev'essere riconosciuta una competenza di ordine generale, sicché è ben difficile ritenere non ministeriale il reato a lui ascritto. La stessa imputazione di concussione gli appare precaria, giacché il d.P.R. n. 448 del 1988 prevede procedure di affidamento dei minori indiziati di reato che non gli sembra siano state violate. Sottolineato che l'articolo 18-bis del citato decreto presidenziale prevede che il minore colto in flagranza non possa essere trattenuto presso uffici giudiziari o di polizia in situazioni di promiscuità e comunque non oltre le dodici ore, non trova indebita l'interferenza ascritta al Presidente del Consiglio, essendo questa assimilabile a una qualsiasi istanza acceleratoria da parte degli utenti della pubblica amministrazione. Rilevato che la minore venne fermata alle 18 del 27 maggio e consegnata alla Minetti alle 2 di notte del 28 maggio, osserva che forse si voleva cercare l'incidente procedurale e che comunque l'affidamento alla Minetti doveva considerarsi temporaneo. Curioso gli appare il comportamento del pubblico ministero competente, la quale non solo nella notte precedente non sembra aver dato precise disposizioni (rispetto alle quali l'affidamento alla Minetti sarebbe stato in contrasto) ma si sarebbe dovuta precipitare in questura quantomeno di prima mattina il 28 maggio per verificare la situazione; questo non gli risulta essere avvenuto.
Ritenuta ormai la sopravvenuta inutilità della perquisizione, osserva che la ridondanza di documentazione e i pregressi attriti tra la magistratura di Milano e alcuni suoi esponenti, da un lato, e il Presidente Berlusconi, dall'altro, legittimino una valutazione di sussistenza del fumus persecutionis. Voterà a favore della proposta del relatore.

Elio Vittorio BELCASTRO (IR) crede che il fumus persecutionis sia in re ipsa. La procura di Milano da molti anni porta avanti inchieste a orologeria e si è rivestita di un abito chiaramente politico. Rilevate anche le cospicue irregolarità nel procedimento

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in corso, voterà a favore della proposta del relatore.

Antonino LO PRESTI (FLI) interviene per preannunciare il suo voto contrario alla proposta del relatore, rimarcando la differenza tra gli uffici del pubblico ministero e quelli del giudice vero e proprio: il Presidente del Consiglio avrebbe una chance in più se si presentasse ai suoi giudici per contestare le risultanze investigative. Del resto, il procedimento è iniziato contro la Minetti e non contro l'on. Berlusconi. Condivide anche le considerazioni del collega Mantini circa la qualificazione dell'immobile contrassegnato dal numero 802.

Marilena SAMPERI (PD), osservato che già il relatore ha dato atto alla procura di Milano di essere stata corretta, per avere chiesto l'autorizzazione a perquisire un luogo sulla cui qualificazione è lecito dubitare, nondimeno tenderebbe a escludere che le due unità immobiliari di cui si tratta siano coperte dalla prerogativa di cui all'articolo 68, secondo comma, della Costituzione. La documentazione prodotta dalla procura della Repubblica è ampia e solida: non è possibile quindi ravvisarvi un indice di fumus persecutionis ma anzi essa costituisce l'evidente testimonianza di un'inchiesta rigorosa, documentata e completa.
Quanto alla questione della qualificazione del reato, se comune o ministeriale, condivide le osservazioni dei colleghi Palomba e Turco e rimarca che il relativo compito spetta esclusivamente al pubblico ministero. L'elemento soggettivo di rivestire la carica non è considerato sufficiente per la 'ministerialità' del reato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione né dalla prevalente dottrina. Quando ci si lagna del fatto che il fascicolo odierno sia pervenuto dalla procura presso il tribunale ordinario e non già dal tribunale dei Ministri, si dovrebbe ricordare che la richiesta di autorizzazione a procedere di cui all'articolo 96 della Costituzione prelude alla valutazione da parte della Camera competente della sussistenza di una delle scriminanti di cui all'articolo 9 della legge costituzionale n. 1 del 1989. Se la maggioranza intendesse argomentare in tal senso, vorrebbe dire che crede in astratto applicabili alla prostituzione minorile la cosiddetta ragion di Stato o la superiore discrezionalità di governo di cui al comma 3 del predetto articolo. Tanto le sembrerebbe davvero spropositato, non essendo giovevole a tal fine il precedente del collega Matteoli, sempre avversato dalla sua parte politica. Ricostruita nel dettaglio la nottata tra il 27 e il 28 maggio 2010, osserva come non risponda al vero che il pubblico ministero Fiorillo non avesse dato disposizioni circa l'affidamento ai centri indicati dalla legge della minore Karima. Sotto questo profilo, è addirittura un bene che il fascicolo sia pervenuto dalla procura ordinaria e non dal Collegio per i reati ministeriali, giacché in quest'ultimo caso la Camera sarebbe stata in sommo imbarazzo.
Che poi nella vicenda si mischino in modo poco decente aspetti di vita privata con profili del ruolo pubblico del Presidente del Consiglio, emerge da una pluralità di elementi. Cita in particolare un'intercettazione tra due giovani donne che - evidentemente mantenute per altre attività - si scambiano l'augurio di essere un giorno candidate per un seggio in Parlamento come ricompensa che peraltro sarebbe rimasta a carico dello Stato. Dall'insieme della vicenda emerge un quadro di grande squallore del tutto incompatibile con il dettato dell'articolo 54 della Costituzione. Conclude affermando che il dovere della classe dirigente del Paese sia quello di offrire ai cittadini un orizzonte ideale cui ispirarsi, altrimenti un popolo è disposto ad accettare tutto e a considerare tutto normale. Voterà quindi contro la proposta del relatore e preannunzia, ove questa fosse approvata, la presentazione di una relazione di minoranza.

Maurizio PANIZ (PdL) ringrazia il relatore per l'egregio lavoro svolto e per la puntualità degli argomenti adoperati. Ringrazia altresì i membri del suo Gruppo che hanno rinunziato a intervenire, delegandogli

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il compito di svolgere la dichiarazione che si appresta a fare, che pertanto dev'essere considerata il frutto di un lavoro di gruppo. Osservato che la concussione nel caso in questione non è configurabile, scarta anche la possibilità di ravvisare la prostituzione minorile, in quanto non provata. Condivide altresì le osservazioni del relatore in ordine alla sussistenza del fumus persecutionis, che si può evincere anche dall'inusuale abbondanza documentale compiegata all'invito a comparire nei confronti dell'on. Berlusconi, frutto anche di un uso non proporzionato della tecnica delle c.d. intercettazioni a raggiera. Gli sembrano del tutto anomale anche le circostanze nelle quali sono pervenute le carte inviate successivamente dalla procura della Repubblica di Milano. Tutto ciò in effetti condurrebbe al diniego dell'autorizzazione richiesta.
Tuttavia, crede di dover affrontare, sotto un profilo che nessuno dei precedenti interventi ha toccato, la dirimente questione della competenza funzionale. Gli sembra evidente che nel contattare la questura di Milano il Presidente del Consiglio abbia voluto tutelare il prestigio internazionale dell'Italia, giacché presso la medesima questura era detenuta, a quanto poteva legittimamente risultargli, la nipote di un Capo di Stato estero. È del tutto evidente - a prescindere dalle pur pregevoli considerazioni che ha ascoltato nel dibattito, che tuttavia ha trascurato questo aspetto - che il Presidente del Consiglio si è preoccupato di tutelare le relazioni internazionali del nostro Paese. Non gli si può negare credito per aver creduto alle affermazioni della giovane, che questa del resto conferma oggi di aver fatto a più riprese. È quindi evidente che il reato dovrebbe essere conosciuto dal Collegio per i ministri di cui alla legge costituzionale n. 1 del 1989 e che qualsiasi magistrato oculato avrebbe dovuto trasmettere a esso il fascicolo, mettendo a sopire foghe o ansie di perseguire il Presidente del Consiglio. È per questi motivi che ritiene pregiudiziale il profilo della competenza funzionale e - ribadito l'apprezzamento per il suo lavoro - chiede al relatore di modificare il solo dispositivo della sua proposta, da diniego dell'autorizzazione a restituzione degli atti per incompetenza dell'autorità procedente.

Antonio LEONE (PdL), relatore, ringrazia gli intervenuti e replica brevemente ad alcune osservazioni che ha ascoltato: quanto alla particella immobiliare contrassegnata col numero 802, è la stessa procura della Repubblica che ne riconosce la natura di domicilio di un parlamentare. Quanto alle considerazioni svolte da tutti gli intervenuti in ordine alla tematica della 'ministerialità' del reato in questione e in particolare da ultimo dal collega Paniz, ritiene di poter accogliere l'invito a modificare le sole conclusioni della sua relazione, fermo restando l'impianto della stessa. Propone pertanto che la Giunta deliberi nel senso che gli atti siano restituiti all'autorità giudiziaria.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, prende atto del mutamento della proposta del relatore. Viene introdotto nel dibattito un chiaro fattore di novità, rispetto al quale sarebbe legittimo aprire una nuova discussione. Il profilo delle relazioni internazionali che sarebbero involte nella vicenda oggetto del procedimento in titolo, in effetti, non è stato toccato da alcuno degli intervenuti. Crede quindi opportuno un rinvio dell'esame in corso.

Pierluigi MANTINI (UdC) concorda con il Presidente, ravvisando nelle ultime affermazioni del relatore un'evidente contraddizione - esito probabilmente di un difetto di coordinamento interno alla maggioranza - e, questo sì, un insufficiente rispetto per la Giunta, che sinora ha discusso sulla base di una relazione dai contenuti notevolmente diversi. Quanto appena accaduto dovrebbe indurre il relatore a rimettere l'incarico, soprattutto alla luce del fatto che la Camera non ha competenze di statuizione in ordine a quali uffici giudiziari debbano procedere, visto anche che il cosiddetto 'lodo Consolo' (volto ad attribuire tale potere alle Camere) non è stato approvato. Chiede comunque

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un congruo tempo per poter elaborare un intervento sulla nuova proposta.

Marilena SAMPERI (PD) concorda con la necessità di un rinvio prospettata dal Presidente. I profili di politica internazionale evocati dall'intervento dell'on. Paniz, peraltro, non sono mai stati trattati nel corso del dibattito.

Federico PALOMBA (IdV), nell'esprimere profondo stupore per il mutato orientamento del relatore, rileva come sino ad ora la Giunta abbia dibattuto sull'opportunità di concedere o negare l'autorizzazione a effettuare una perquisizione nei locali indicati nella domanda mentre ora essa è messa innanzi alla proposta di decidere impropriamente sulla competenza dell'autorità giudiziaria istante. Concorda pertanto con la proposta del Presidente di rinviare il seguito della seduta.

Maurizio TURCO (PD), nel concordare con la proposta del Presidente, rileva tuttavia come il mutato intendimento del relatore sia un fatto positivo, in quanto esso è avvenuto all'esito del dibattito.

Maurizio PANIZ (PdL) è contrario a ogni rinvio. Il suo intervento non intendeva smentire in modo alcuno le conclusioni del relatore, che questi ha modificato solo nella parte del dispositivo. Del resto, il problema delle relazioni internazionali dello Stato è emerso con chiarezza solo dopo l'arrivo dell'incartamento integrativo in data di ieri. Non vedrebbe motivi ostativi a che la Giunta deliberasse sull'ordine dei propri lavori.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) non ravvisa motivi particolari per dilungare i tempi dell'esame.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, chiede ai componenti della maggioranza di non insistere per una deliberazione sulla sua proposta di rinvio o di sospensione. Non è evidentemente animato da alcun intento dilatorio ma deve ribadire che la modifica della proposta da parte del relatore costituisce oggettivamente un motivo di novità per il prosieguo dell'esame. Se non vi sono obiezioni, la seduta sarà sospesa e riprenderà tra circa due ore.

(Così rimane stabilito).

(La seduta, nuovamente sospesa alle 14.15, è ripresa alle 16.20).

Antonio LEONE (PdL) enunzia la nuova formulazione della sua proposta conclusiva: «v'è da rilevare che, nel dibattito svoltosi in Giunta, tutti gli interventi si sono incentrati sulla qualificazione o meno di reato ministeriale della presunta concussione; inoltre, a rafforzare l'ipotesi che si versi nel reato ministeriale, sono state - nel dibattito stesso - sottolineate le circostanze che avrebbero indotto il presidente del Consiglio a prendere contatti con il dott. Ostuni. Tutto ciò posto e considerato, il relatore si è deciso - tenuto conto del dibattito e modificando la proposta inizialmente fatta e ritenendo dovuta la trasmissione al tribunale dei ministri - a proporre la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria».

Federico PALOMBA (IdV) torna a evidenziare la clamorosa contraddizione emersa all'interno del Gruppo del PdL, che di fatto ha delegittimato l'iniziale posizione del relatore. Rimarcato ancora una volta che non compete alla Camera distribuire le attribuzioni costituzionali circa la qualificazione dei reati, contesta in radice l'impostazione del deputato Paniz. Nella telefonata dell'on. Berlusconi a Piero Ostuni non era presente alcun intento di tutela delle relazioni internazionali, che anzi ne hanno fortemente risentito. C'era invece l'unico obiettivo di rimettere sulla strada la giovane Karima. Non è possibile fondare un giudizio di competenza del tribunale dei Ministri su una palese falsità. Voterà contro la proposta del relatore e conferma che presenterà una relazione di minoranza.

Pierluigi MANTINI (UdC), osservato che la nuova conclusione della relazione offerta

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dall'on. Leone ne rende l'impianto contraddittorio e incongruo, contesta che il complesso degli interventi svoltisi in mattinata abbia avuto a oggetto il tema dei reati ministeriali. Personalmente, viceversa, ha molto insistito sulla natura dei luoghi e della loro riconducibilità alla nozione di domicilio del parlamentare. Chiede pertanto al collega Leone di modificare opportunamente la dizione che userà nel redigere la relazione per l'Assemblea. Preannuncia la presentazione di una relazione di minoranza.

Antonio LEONE (PdL), relatore, assicura che terrà conto di tale precisazione riformulando corrispondentemente la sua proposta.

Donatella FERRANTI (PD) contesta anch'ella la coerenza dell'impianto della relazione, così come risultante dalla modifica or ora ascoltata. Si associa alle considerazioni del collega Mantini e comunque crede del tutto arbitrario che la Camera si esprima sulla necessità di trasmettere gli atti al tribunale dei Ministri, riferimento che ritiene andrebbe espunto dal testo della relazione. Osservato che perde di senso ogni rilievo in ordine al fumus persecutionis, rimarca l'assurdità e l'inverosimiglianza dell'approccio del collega Paniz. Se fosse stato vero che il Presidente del Consiglio intendeva salvaguardare le relazioni internazionali italiane, avrebbe certamente contattato la diplomazia egiziana a Milano. Ciò non è avvenuto. Del resto, proprio il pubblico ministero, al momento di procedere, aveva già a disposizione chiari elementi che smentivano tale falsa premessa. Contesta al collega Paniz che indizi circa l'identità di Karima El Mahroug quale nipote di Mubarak possano essere emersi dalla documentazione integrativa pervenuta ieri. Voterà contro la nuova proposta del relatore.

Antonino LO PRESTI (FLI) preannuncia il suo voto contrario sulla nuova proposta del relatore, associandosi alle considerazioni testé ascoltate. Ipotizza che, a questo punto, la procura della Repubblica potrebbe utilmente rinunziare all'atto istruttorio.

Maurizio TURCO (PD) si è già espresso in mattinata sul tema della competenza funzionale e questo è sufficiente per fargli ribadire il voto contrario anche sulla nuova proposta. Inserire negli atti parlamentari la circostanza che il Presidente del Consiglio avrebbe telefonato al dott. Ostuni per aver creduto che la giovane interessata fosse la nipote del Presidente egiziano Mubarak costituisce un inutile accanimento contro la persona dell'on. Berlusconi prima ancora che contro il Presidente del Consiglio.

Marilena SAMPERI (PD) osserva di aver svolto il proprio intervento interamente sul tema del fumus persecutionis, in relazione al quale aveva incidentalmente trattato la questione dell'articolo 96 della Costituzione. Adesso evidentemente ci si trova su un terreno diverso, nel quale assume rilevanza se storicamente le relazioni internazionali dell'Italia siano effettivamente venute in questione. Deve sottolineare come dagli atti emerga chiaramente che Emilio Fede sapesse perfettamente che Karima era una ragazza marocchina, residente in Sicilia, che aveva partecipato a un concorso di bellezza. La stessa Karima proprio di recente in un'intervista televisiva ha smentito di aver mai affermato in quei giorni di essere la nipote di Mubarak. Allora delle due l'una: o il Presidente del Consiglio non dice il vero; oppure egli assume contegni pericolosi perché non verifica chi partecipa delle sue frequentazioni e chi entra nelle sue residenze. Si meraviglia che l'esponente della Lega si associ oggi al nuovo impianto della relazione, giacché il partito della Lega Nord si è sempre proclamato come paladino della lotta all'immigrazione clandestina. Karima infatti a Milano era persino priva dei documenti, conservati dal padre a Letojanni. Deve anche osservare che si è peritata di contattare lo scorso mese di ottobre l'ambasciata egiziana per conoscere quali reazioni si siano avute presso

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quel Paese in seguito alla vicenda di cui oggi si discute. Può assicurare che le relazioni estere italiane non ne hanno tratto alcun giovamento. Ribadisce quindi il suo voto contrario sulla relazione e conferma la presentazione di una relazione di minoranza.

Federico PALOMBA (IdV), intervenendo per una questione pregiudiziale, chiede che la Giunta deliberi per proporre all'Assemblea la parziale restituzione degli atti per quel che concerne l'immobile contrassegnato dal numero 802, che chiaramente non è il domicilio di un membro del Parlamento.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, chiarisce che la proposta di restituzione degli atti formulata dal relatore è pregiudiziale anche rispetto alla questione testé posta. Porrà quindi ai voti la proposta del relatore di deliberare nel senso che la Camera restituisca gli atti all'autorità giudiziaria. Ove fosse approvata, rimarrebbero precluse non solo la proposta del collega Palomba ma anche ulteriori proposte di merito.

La Giunta, a maggioranza, approva la proposta del relatore, conferendogli il mandato di predisporre la relazione scritta per l'Assemblea.

Francesco Paolo SISTO (PdL), intervenendo sull'ordine dei lavori, stigmatizza la circostanza che da talune agenzie di stampa risulta che componenti della Giunta abbiano riferito e commentato all'esterno contenuti degli atti che la Giunta stessa custodisce in regime di consultabilità limitata.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, deve specificare che la prassi vigente vieta la divulgazione degli atti mediante l'estrazione di copia degli stessi. Non può essere considerata limitata in alcun modo la facoltà dei deputati di esercitare liberamente il proprio mandato parlamentare anche commentando i contenuti degli atti di cui hanno preso in vario modo cognizione.

La seduta termina alle 17.15.