CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 26 luglio 2011
517.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e XIV)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2011

Pag. 18

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 26 luglio 2011. - Presidenza del presidente della V Commissione Giancarlo GIORGETTI - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 14.55.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un bilancio per la strategia Europa 2020.
(COM(2011)500 def.) Parte I e II.

Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020.
(COM(2011)398 def.).

Progetto di accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla cooperazione in materia di bilancio e la sana gestione finanziaria.
(COM(2011)403 def.).

Proposta di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea.
(COM(2011)510 def.).

Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea.
(COM(2011)511 def.).

Proposta di regolamento del Consiglio concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e della risorsa basata sull'RNL nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria.
(COM(2011)512 def.).

(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame delle proposte della Commissione all'ordine del giorno.

Pag. 19

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore per la XIV Commissione, evidenzia che le Commissioni bilancio e politiche dell'Unione europea della Camera avviano oggi l'esame delle proposte della Commissione europea relative al quadro finanziario e del sistema di risorse proprie dell'UE per il periodo 2014-2020.
In via preliminare, al fine di delimitare rigorosamente l'ambito dell'attività delle Commissioni, ricorda che il quadro finanziario pluriennale stabilisce, in relazione alle priorità politiche da esso individuate, le grandi aree di spesa del bilancio dell'Unione europea, indicando per ciascuna di esse il massimale degli stanziamenti nell'intero periodo di riferimento e in ognuno degli anni in esso ricompresi. In sostanza, il quadro finanziario vincola le decisioni annuali di bilancio delle Istituzioni europee sia in merito all'ammontare massimo degli stanziamenti sia alla loro distribuzione tra le diverse politiche.
Le risorse proprie sono invece i sono i mezzi di finanziamento del bilancio dell'Unione, di cui, per lo stesso periodo di riferimento del quadro finanziario, viene decisa la natura e il massimale poi riscosso direttamente dall'Unione o tramite gli Stati membri.
Ricorda che le proposte in esame prefigurano un riassetto di specifici strumenti finanziari relativi alle varie politiche di spesa che sarà stabilito più in dettaglio con apposite proposte legislative la cui presentazione è prevista per il prossimo autunno. La Commissione, nella comunicazione illustrative del nuovo quadro finanziario, preannuncia i tratti essenziali di queste proposte, che andranno comunque esaminate specificamente una volta trasmesse alle Camere.
La predisposizione del quadro finanziario e del sistema di risorse proprie dell'UE per il periodo 2014-2020 costituiscono, pertanto, un passaggio di grande importanza e delicatezza per almeno tre evidenti ragioni.
In primo luogo, dal volume e dalla distribuzione delle risorse del bilancio europeo dipende la effettiva capacità dell'Unione di esercitare le sue competenze e la definizione dei settori prioritari di intervento.
In secondo luogo, le scelte che saranno operate in merito alla allocazione degli stanziamenti incideranno sull'assetto di rapporti ed interessi tra gli Stati membri. Il quadro finanziario pluriennale rifletterà, in altri termini, gli equilibri di forza tra i diversi Stati membri e gruppi di Stati membri, concorrendo a definire la fisionomia futura dell'Unione.
In terzo luogo, il prossimo quadro finanziario inciderà significativamente sul nostro Paese, sia con riferimento al saldo netto complessivo dei rapporti finanziari con l'Unione europea sia in merito alle stesse scelte di politica economica, con particolare riferimento alle misure per lo sviluppo, per la ricerca e per le infrastrutture.
È dunque alla luce di questi tre aspetti che le Commissioni V e XIV dovrebbero condurre l'esame delle proposte della Commissione europea presentate lo scorso 29 giugno.
Ricorda che il Governo italiano ha già sottoposto - con grande tempestività - il 2 maggio 2011 un documento che illustra la posizione italiana in vista del negoziato. Tale documento potrebbe costituire una base per un confronto con le Camere in vista della definizione di una più articolata e dettagliata posizione in merito ai vari profili del negoziato.
Nella sua relazione formulerà alcune considerazioni generali volte ad identificare i principali problemi su cui concentrare l'attività delle Commissioni, prima di lasciare al collega Cambursano l'illustrazione delle specifiche proposte settore per settore.

Pag. 20

La Commissione europea prospetta un quadro finanziario ispirato ad un approccio pragmatico che, pur non mancando di alcuni spunti innovativi, rinuncia ad interventi radicali in grado di incidere sugli interessi consolidati dei maggiori Stati membri. Proposte più coraggiose e innovative vengono invece prospettate per le risorse proprie. Per quanto riguarda anzitutto il volume delle risorse, la Commissione europea propone una dotazione massima complessiva di 1.025 miliardi di euro in termini di impegno (pari al 1,05 per cento del RNL complessivo dell'UE) e di 972 miliardi di euro in termini di pagamento (pari al 1 per cento del RNL), con un aumento del 5 per cento rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013. Tale modesto incremento - che corrisponde alle richieste formulate dal Parlamento europeo nella risoluzione approvata l'8 giugno 2011 - ha già suscitato le reazioni negative di diversi Stati membri, tra cui Germania, Danimarca, Paesi bassi, Svezia e Finlandia, che invocando l'austerità nei bilanci nazionali, chiedevano addirittura una contrazione del bilancio europeo. L'Italia, come è noto, nel documento di posizione presentato nello scorso maggio in vista dell'avvio del negoziato non ha preso espressamente posizione al riguardo, pur considerando priorità assoluta il miglioramento del nostro saldo netto negativo, che ammonterebbe in media a circa 5 miliardi l'anno per il periodo 2007-2013. Sarebbe agevole cedere alla tentazione di migliorare il nostro saldo netto negativo, aderendo, in base ad un mero calcolo ragionieristico alla richiesta di riduzione del volume complessivo del bilancio europeo. Si tratterebbe tuttavia di una scelta semplicistica che ignora ben più complesse considerazioni di carattere politico ed economico. L'Italia si è sempre distinta, anche in occasione dei passati negoziati sulle prospettive finanziarie, in una posizione favorevole all'incremento del volume del bilancio dell'Unione. In più occasioni anche la Camera si è pronunciata, generalmente all'unanimità, a sostegno di questa impostazione, di cui si è fatta portatrice anche nell'ambito di riunioni interparlamentari sul tema.
A favore dell'aumento del volume del bilancio europeo si pongono almeno tre argomenti.
Primo: gli stanziamenti del bilancio UE producono un «effetto leva» per gli investimenti nazionali e soprattutto privati. Ridurre gli stanziamenti europei in alcuni settori - si riferisce alla coesione, alla ricerca o alle infrastrutture, produrrebbe una ben più rilevante contrazione anche delle altre risorse pubbliche o private a disposizione di interventi fondamentali per la crescita e lo sviluppo.
Secondo: la spesa pubblica dell'UE è necessaria per perseguire, in coerenza con il principio di sussidiarietà, obiettivi ad alto valore aggiunto europeo, che non si possono ottenere a livello nazionale: è il caso di molte delle nuove priorità strategiche, concernenti la competitività, l'innovazione, la conoscenza, l'immigrazione, rispetto alle quali l'azione a livello nazionale è chiaramente insufficiente.
Terzo: se vogliamo rilanciare il processo di integrazione europea, occorre un intervento finanziario dell'UE sia efficace e riconoscibile per i cittadini.
È paradossale che - a fronte dell'inadeguatezza della azione dell'Unione in merito alla crisi, all'immigrazione e altre dinamiche globali - si risponda con una riduzione delle risorse.
Non sarà dunque agevole combinare il perseguimento di questi obiettivi con l'esigenza di migliorare il saldo netto del nostro Paese, anch'essa irrinunciabile in una fase di crisi economica e di risanamento delle finanze pubbliche come quella attuale.
A questo fine sarà a suo avviso cruciale considerare due elementi chiave delle proposte della Commissione. Il primo è costituito dal ricorso per gran parte dei settori inclusi nel QFP a strumenti finanziari innovativi. Tali strumenti, come i project bonds, potrebbero essere in grado di offrire una fonte di finanziamento ulteriore e di creare un effetto moltiplicatore per il bilancio dell'UE, attraendo altri

Pag. 21

finanziamenti pubblici e privati per progetti strategici. Sarebbe così almeno in parte ridimensionato il problema del volume effettivo delle risorse del bilancio europeo.
Il secondo e più rilevante aspetto concerne alla distribuzione delle risorse tra le varie politiche e in seno a ciascuna di esse. A questo riguardo ricorda, in estrema sintesi e rinviando alla documentazione degli uffici per maggiori dettagli, che in base alle proposte della Commissione, la politica agricola e la politica di coesione rimarrebbero anche nel periodo 2014-2020 le due principali aree di spesa del bilancio europeo, assorbendo circa il 75 per cento delle risorse complessive, ma con una sensibile riduzione degli stanziamenti rispetto al QFP 2007-2013. Si registrerebbe invece un forte aumento, in termini percentuali, delle risorse destinate alle misure riconducibili alla Strategia 2020 nonché di quelle relative alle politiche interne e alle azioni esterne.
In particolare:
lo stanziamento complessivo proposto per la coesione economica, sociale e territoriale (rubrica 1b) sarebbe pari a 376 miliardi di euro, a fronte dei 348,4 miliardi dell'attuale programmazione. Tenuto tuttavia conto del fatto che 40 miliardi sarebbero riservati al nuovo meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility), le risorse disponibili per gli interventi dei fondi strutturali scendono a 336 miliardi di euro, con una diminuzione significativa degli stanziamenti per le regioni dell'obiettivo convergenza (162,5 miliardi, il 20 per cento in meno rispetto agli stanziamenti attuali) e la contestuale introduzione di una nuova categoria di «regioni in transizione»;
per quanto riguarda la politica agricola, si registrerebbe, nell'ambito della rubrica 2, una riduzione, rispetto al periodo 2007-2013, degli stanziamenti complessivi della rubrica 2 (che comprende anche interventi per l'ambiente) del 12 per cento delle risorse destinate ai pagamenti diretti o connesse al mercato (da 322 a 281 miliardi di euro) ed un decremento meno accentuato di quelle per lo sviluppo rurale (da 96 a 89,9 miliardi);
gli interventi riconducibili alla Strategia 2020 ammonterebbero complessivamente a circa 114 miliardi (a fronte degli 89,3 dell'attuale periodo di programmazione) che salirebbero a 154 miliardi ove si consideri anche lo stanziamento per il richiamato Meccanismo per collegare l'Europa (formalmente inserito nell'ambito della politica di coesione). In particolare, registrerebbero un forte incremento, in termini percentuali, delle risorse per le infrastrutture (da 13 a 50 miliardi di euro, + 287 per cento rispetto alla attuali), per la ricerca e l'innovazione (da 55 a 80 miliardi, +46 per cento), per l'istruzione e cultura (da 9 a 15 miliardi, +68 per cento);
incrementi significativi, in termini percentuali, sono prospettati anche per la sicurezza e cittadinanza (da 11,5 a 18,5 miliardi di euro, +62 per cento) e le relazioni esterne dell'UE (da 59 a 70 miliardi, +19 per cento);
le spese amministrative crescerebbero di circa il 12 per cento (da 55,9 miliardi a 62,6).

Per il nostro Paese assume - in ragione dei rilevanti flussi finanziari destinati alle nostre regioni sinora - rilievo cruciale la ripartizione delle risorse nell'ambito della politica di coesione. Secondo le proposte della Commissione la dotazione per la politica di coesione sarebbe ripartita secondo i seguenti criteri:
162,6 miliardi di euro per le regioni dell'obiettivo convergenza (il 20 per cento in meno rispetto agli stanziamenti attuali, pari a circa 199 miliardi di euro), tra cui rientrerebbero Campania, Sicilia e Calabria e quasi sicuramente anche la Puglia;
38,9 miliardi di euro per il nuovo obiettivo «regioni in transizione» (con un PIL pro capite fra il 75 per cento e il 90 per cento della media UE-27), che sostituirebbe i regimi vigenti di phasing out dall'obiettivo convergenza e phasing in nell'obiettivo competitività (nell'attuale periodo

Pag. 22

di programmazione sono allocati circa 24 milioni di euro per le regioni in phasing out e phasing in). Per l'Italia rientrerebbero nel nuovo obiettivo Abruzzo, Molise, Basilicata, e Sardegna;
53,1 miliardi di euro per le regioni dell'obiettivo competitività (circa 1,5 miliardi in meno rispetto al periodo 2007-2013). Per l'Italia rientrano in tale obiettivo tutte le restanti regioni del Centro-Nord;
11,7 miliardi di euro per la cooperazione territoriale (circa 3 miliardi in più rispetto alla programmazione in corso)
68,7 miliardi di euro per il Fondo di coesione (in leggera diminuzione rispetto ai 69, per cento miliardi stanziati nella programmazione in corso).

La distribuzione proposta dalla Commissione europea prefigura una contrazione significativa degli stanziamenti destinati all'Italia e, in particolare, di quelli per Campania, Sicilia e Calabria. Per un verso, la riduzione di circa 27 miliardi delle risorse destinate all'obiettivo convergenza e le pretese crescenti dei nuovi stati membri potrebbero comportare una sensibile riduzione degli stanziamenti a favore delle quattro nostre regioni beneficiarie, pari nel periodo 2007-2013 a 21,2 miliardi. Per altro verso, nel nuovo obiettivo «regioni in transizione», accanto alle 5 regioni italiane sopra richiamate (con una popolazione di circa 7,6 milioni) rientreranno numerose (e ben più popolose) regioni tedesche, spagnole e francesi alle quali dovrebbe essere destinata buona parte degli stanziamenti. Il Governo italiano - su iniziativa del Ministro Fitto - si è giustamente opposto alla introduzione di tale nuovo obiettivo che sottrae risorse consistenti al primo, nella misura di almeno 15 milioni di euro, sin dalla sua prefigurazione nella consultazione avviata dalla Quinta relazione sulla coesione.
La posizione del Governo - secondo notizie informali - sarebbe stata tuttavia indebolita dal fatto che le 4 regioni beneficiarie del nuovo obiettivo (Abruzzo, Molise, Basilicata, e Sardegna) avrebbero invece manifestato alla Commissione europea il proprio sostegno a tale proposta.
Se si vuole evitare un grave pregiudizio per l'intero Paese - e in particolare un peggioramento ulteriore del saldo netto negativo - finendo con il favorire Germania, Francia e Spagna (che hanno proposto l'introduzione del nuovo obiettivo).
Appare pertanto necessario che il Governo, in stretto raccordo con le Camere, riaffermi nel corso del negoziato sul nuovo quadro finanziario: la ferma contrarietà all'introduzione dell'obiettivo «regioni in transizione», le cui risorse andrebbero ricondotte all'obiettivo convergenza; il mantenimento delle regole attuali di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate, e il sostegno transitorio (phasing in e phasing out) per sostenere le regioni che escono dall'obiettivo «Convergenza».
Prima di lasciare la parola al collega Cambursano sottolinea la necessità di svolgere, ai fini di un esame più accurato delle proposte, una serie di audizioni, tra cui quelle dei seguenti soggetti: Ministro dell'economia; Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale; Ministro per l'agricoltura; rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento per le politiche di sviluppo; europarlamentari italiani; Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Conferenza dei Presidenti delle Assemblee regionali; esperti e istituti di ricerca.

Renato CAMBURSANO, relatore per la V Commissione, segnala che il Presidente della Commissione europea, Jose Manuel Durao Barroso, nel presentare le proposte per il nuovo quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea, ha usato il termine «innovativo», rompendo con la cultura «del diritto acquisito» e che il bilancio europeo dovrebbe continuare a distribuire una certa quota, sostanzialmente invariabile, di risorse a ciascuno stato membro. Osserva, inoltre che il Presidente Barroso ha affermato: «Adesso ogni domanda deve essere chiaramente collegata

Pag. 23

agli obiettivi e alle priorità che abbiamo concordato. Oggigiorno è necessario riflettere attentamente dove tagliare e dove investire per il futuro. Dobbiamo essere rigorosi, e allo stesso tempo, abbiamo anche bisogno di investire a favore della crescita in Europa. Abbiamo un bilancio relativamente modesto, pari a solamente l'1 per cento circa della ricchezza dell'Europa, che rappresenta un cinquantesimo del bilancio degli Stati membri. Ma dobbiamo avere un impatto notevole e sfruttare tutto il potenziale di ogni singolo euro speso». Rileva che la Commissione europea, nell'elaborare le proprie proposte per il futuro bilancio dell'Unione europea, ha affrontato la sfida di finanziare un numero crescente di settori strategici in cui l'intervento dell'Unione europea può risultare più efficace nell'attuale clima nazionale di austerità e di risanamento di bilancio. Nelle proposte della Commissione europea, il quadro finanziario dovrebbe sostenere questo processo e fornire una visione a lungo termine dell'economia europea al di là delle attuali difficoltà di bilancio di alcuni Stati membri. Ritiene che il filo conduttore sia la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, così come indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo dell'8 giugno 2011: «Investire nel futuro: nuovo Quadro finanziario pluriennale per l'Europa».
Fa presente che la Commissione europea sottolinea che il bilancio dell'Unione europea risponde a una logica paneuropea, non nazionale e che la sua entità relativamente modesta gli consente di concentrarsi dove ottiene un elevato valore aggiunto per l'Unione europea. Esso è chiamato a: a) finanziare le politiche comuni che gli Stati membri hanno convenuto di trattare a livello dell'Unione europea; b) esprimere solidarietà tra tutti gli stati membri e le regioni, al fine di sostenere lo sviluppo delle regioni più deboli, permettendo altresì all'Unione europea di funzionare come uno spazio economico unico; c) finanziare le azioni per completare il mercato interno; d) garantire sinergie ed economie di scala; e) rispondere alle sfide persistenti ed emergenti che richiedono un approccio comune e paneuropeo. Rileva che per il periodo 2014-2020 la Commissione europea, come già indicato dall'onorevole Formichella, propone una dotazione complessiva di 1.025 miliardi di euro in termini di impegno, pari all' 1,05 per cento del reddito nazionale lordo complessivo dell'Unione europea e di 972 miliardi in termini di pagamento, pari all' 1 per cento del reddito nazionale lordo del reddito nazionale lordo con un aumento del 5 per cento rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013. Evidenzia come l'Unione europea debba fronteggiare un notevole divario in materia di innovazione, che deve essere colmato se l'Unione europea vuole competere con altre economie sviluppate e con economie emergenti. Segnala che la ricerca e lo sviluppo contribuiscono a creare posti di lavoro, ad aumentare la prosperità e a migliorare la qualità della vita e che la sfida consiste nel favorire un aumento degli investimenti nella ricerca e sviluppo in tutta l'Unione europea, in modo da conseguire l'obiettivo generale della strategia Europa 2020 di investire il 3 per cento del PIL in ricerca e sviluppo. Il finanziamento della ricerca e dell'innovazione si baserà su tre grandi settori: eccellere nella base scientifica; affrontare le sfide sociali; creare una leadership industriale e rafforzare la competitività. Ritiene che un quadro strategico comune, che sarà denominato «Orizzonte 2020» eliminerà la frammentazione e garantirà più coerenza, anche con i propri programmi di ricerca nazionali. Rappresenta che lo stanziamento proposto dalla Commissione europea ammonta a 80 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, che sarà integrato dai fondi strutturali, che nel periodo 2007-2013 sono stati circa 60 miliardi. Segnala che la politica di coesione è un'espressione importante della solidarietà con le regioni più deboli e più povere dell'Unione europea e ha contribuito ad innalzare il tenore di vita di tutti i suoi cittadini e che, tuttavia, i risultati mostrano una certa dispersione e la mancanza di priorità. Fa presente che, in un momento in cui i fondi pubblici sono scarsi e gli investimenti a favore della

Pag. 24

crescita sono più necessari che mai, occorrono modifiche alla politica di coesione. Ritiene che, poiché l'Unione europea soffre sempre più di bassi livelli di competenze, di risultati insoddisfacenti delle politiche attive del mercato del lavoro e dei sistemi di istruzione, dell'esclusione sociale di gruppi emarginati e della scarsa mobilità del lavoro, occorra adottare iniziative politiche e offrire un sostegno concreto. Rileva, tuttavia, che queste problematiche sono state acuite dalla crisi economica e finanziaria, dall'andamento demografico e dell'immigrazione e dalla rapidità del cambiamento tecnologico e che, se non affrontate efficacemente, possono compromettere seriamente la coesione sociale e la competitività. Ritiene, pertanto, indispensabile accompagnare gli investimenti a favore della crescita nelle infrastrutture, nella competitività regionale e nello sviluppo imprenditoriale con misure connesse alla politica del mercato del lavoro, all'istruzione, alla formazione, all'inclusione sociale, all'adattabilità dei lavoratori, alle imprese e agli imprenditori e alla capacità amministrativa. Fa presente che i fondi Strutturali, Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo e Fondo di coesione sono essenziali per il raggiungimento di questi obiettivi, ma occorre istituire un quadro strategico comune per tutti i fondi, in modo da tradurre questi obiettivi in priorità di investimento. Ritiene, quindi, positivo il contratto di partenariato che la Commissione intende concludere con ciascun Stato membro. I finanziamenti si concentreranno su un numero limitato di priorità: le regioni dell'obiettivo competitività e le regioni in transizione dovrebbero innanzitutto utilizzare tutta la loro dotazione di bilancio, escluso il Fondo sociale europeo, per l'efficienza energetica, le energie rinnovabili e la competitività e innovazione delle piccole e medie imprese, mentre le regioni dell'obiettivo convergenza dovrebbero destinare il loro stanziamento a una più ampia serie di priorità. Segnala che molti Stati membri, Italia compresa, hanno difficoltà ad assorbire ingenti fondi Unione europea un periodo di tempo limitato. Segnala che ritardi nella preparazione dei progetti, negli impegni e nella spesa sono responsabili di una considerevole quantità di stanziamenti non utilizzati. Segnala, inoltre, la situazione di bilancio in alcuni Stati membri rende più difficile sbloccare i fondi per fornire il cofinanziamento nazionale e che, per rafforzare la capacità di assorbimento di fondi, occorre: fissare al 2,5 per cento del reddito nazionale lordo il tasso massimo di stanziamenti relativi alla coesione; consentire un aumento temporaneo del tasso di cofinanziamento da 5 a 10 punti percentuali, riducendo la partecipazione richiesta ai bilanci nazionali; inserire nei contratti di partenariato determinate condizioni relative al miglioramento della capacità amministrativa. Considera, inoltre, con estremo favore la previsione di una riserva di premialità europea legata al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Lo stanziamento per la politica di coesione ammonta complessivamente a 376 miliardi di euro e più precisamente: 162,6 miliardi per le regioni dell'obiettivo convergenza; 38,9 miliardi per le regioni in transizione; 53,1 miliardi per le regioni obiettivo competitività; 11,7 miliardi per la cooperazione territoriale; 68,7 miliardi per il Fondo di coesione 40 miliardi per il meccanismo per collegare l'Europa. Fa presente che, come già rilevato dall'onorevole Formichella, nel corso dell'esame andrà valutato in quale misura questa distribuzione delle risorse inciderà sugli stanziamenti dei fondi strutturali destinati all'Italia. Osserva che l'esperienza insegna che i bilanci nazionali non hanno mai attribuito un'elevata priorità agli investimenti plurinazionali e transfrontalieri per dotare il mercato unico delle infrastrutture di cui ha bisogno, nei settori del trasporto, dell'energia e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Rileva che per il 2014-2020 occorrerebbero circa 200 miliardi di euro per completare le reti transeuropee dell'energia, 540 miliardi nella rete dei trasporti e oltre 250 miliardi nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Rileva che il meccanismo per collegare l'Europa (Connecting

Pag. 25

Europe facility), proposto dalla Commissione europea, sarà gestito a livello centrale e sarà finanziato da risorse di bilancio specifiche e mediante importi del fondo di coesione destinati al trasporto e che esso potrà utilizzare strumenti di finanziamento innovativi per accelerare e garantire maggiori investimenti. Saranno unificati i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti e di altre banche per investimenti pubblici, e potranno essere emesse, come da noi richiesto da tempo, obbligazioni europee per il finanziamento di progetti. Fa presente che lo stanziamento complessivo ammonta a poco più del 2 per cento del fabbisogno sopra stimato: 50 miliardi su 990 di risorse necessarie, pur tuttavia rappresenta un incremento del 287 per cento rispetto al periodo 2007-2013. Per quanto concerne la politica agricola comune, sottolinea che essa sostituisce le 27 diverse politiche agricole nazionali e dovrebbe consentire risparmi per i bilanci nazionali, in quanto il bilancio dell'Unione europea fornisce un sostegno diretto agli agricoltori senza cofinanziamento nazionale. Lo stanziamento ammonta a 281,8 miliardi a favore delle politiche agricole di aiuto agli agricoltori e a sostenere le misure di mercato, registrando un decremento del 12 per cento, dai 322 miliardi di euro originari e a 89,9 miliardi, dagli iniziali 96, a favore dello sviluppo rurale, in termini di fornitura di beni pubblici ambientali specifici, atti a migliorare la competitività dei settori agricolo e forestale e a promuovere la diversificazione dell'attività economica e della qualità della vita nelle zone rurali. Fa presente che questi stanziamenti saranno integrati da ulteriori 15,2 miliardi di euro: 4,5 miliardi per la ricerca e l'innovazione in materia di sicurezza alimentare, la bioeconomia e l'agricoltura sostenibile, nell'ambito del Quadro comune per la ricerca e l'innovazione; 2,2 miliardi per la sicurezza alimentare; 2,5 miliardi per gli aiuti alimentari agli indigenti; 3,5 miliardi per una nuova riserva per crisi nel settore agricolo; fino a 2,5 miliardi per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Segnala che gli obiettivi generali della strategia Europa 2020 sono due: l'incremento della percentuale di persone con formazione di livello universitario e la riduzione dell'abbandono scolastico precoce e saranno raggiungibili solo con un massiccio incremento di investimenti nel capitale umano. Osserva, tuttavia, che lo stanziamento ammonta ad appena 15,2 miliardi di euro con un incremento di 68 per cento, dai 9 miliardi iniziali a favore del settore dell'istruzione e della formazione e 1,6 miliardi di euro a favore del settore della cultura. Questo finanziamento potrà essere integrato dai fondi strutturali, che nel periodo 2007-2013 sono stati oltre 72 miliardi di euro. Evidenzia che le politiche relative al settore Affari interni, riguardanti la sicurezza, la migrazione e la gestione delle frontiere esterne, hanno acquisito un'importanza crescente negli ultimi anni. Rileva che questo è anche uno dei settori in cui il Trattato di Lisbona ha introdotto importanti cambiamenti e che la loro importanza è stata confermata dal programma di Stoccolma e dal relativo piano d'azione. Fa presente che lo stanziamento proposto dalla Commissione ammonta a 8.2 miliardi di euro a favore del settore affari interni e 455 milioni di euro per la protezione e la capacità europea di reazione alle emergenze. Segnala che l'Unione europea continuerà a promuovere e a difendere i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto anche fuori dai propri confini e che un'altra priorità fondamentale è rispettare l'impegno formale dell'Unione europea di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo allo sviluppo dei paesi d'oltre mare. Lo stanziamento previsto ammonta a 70 miliardi di euro a favore degli strumenti esterni, oltre a: 30 miliardi di euro a valere sul Fondo europeo di sviluppo, relativo Paesi ACP; 321 milioni di euro sul Fondo europeo di sviluppo, relativo ai Paesi e territori d'oltremare; fondo mondiale per il clima e la biodiversità; 2,5 miliardi di euro di riserva per gli aiuti d'urgenza.
Fa presente che per affrontare le nuove sfide e per agevolare il processo decisionale all'interno delle istituzioni occorre

Pag. 26

maggiore flessibilità all'interno del quadro finanziario pluriennale, e fra le rubriche di bilancio. Osserva che il previsto ricorso a strumenti finanziari innovativi offrirà un'alternativa ai finanziamenti tradizionali mediante sovvenzioni associati con il bilancio dell'Unione europea e potrà costituire una nuova ed importante fonte di finanziamento per investimenti strategici. Ritiene che un vantaggio fondamentale degli strumenti innovativi è costituito dal fatto che essi creano un effetto moltiplicatore per il bilancio dell'Unione europea, agevolando e attraendo altri finanziamenti pubblici e privati per progetti di interesse per l'Unione europea. Rileva che esiste il potenziale per un maggiore ricorso a tali strumenti a sostegno di una vasta gamma di politiche. Fa presente che da più di dieci anni il bilancio dell'Unione utilizza strumenti finanziari quali le garanzie e gli investimenti in capitale proprio per le piccole e medie imprese e che, nell'ambito del vigente quadro finanziario è stata messa a punto, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, una nuova generazione di strumenti finanziari come il meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi nell'ambito del settimo programma quadro di ricerca e sviluppo o lo strumento di garanzia dei prestiti per i progetti TEN-T. Viene, pertanto, proposta una razionalizzazione degli strumenti finanziari esistenti e l'attivazione di un nuovo tipo di strumento, ossia l'emissione di prestiti obbligazionari dell'Unione europea per il finanziamento di progetti che verrebbe utilizzata come mezzo per garantire risorse per gli investimenti a favore di progetti infrastrutturali di fondamentale interesse strategico.
Rileva che gli strumenti finanziari costituiranno parte degli interventi a carico del bilancio dell'Unione europea in vari ambiti strategici, in particolare quelli volti a realizzare i seguenti obiettivi: promuovere la capacità del settore privato di creare crescita, occupazione e innovazione: sostegno a start-up, piccole e medie imprese, società di media capitalizzazione (mid-caps), microimprese, trasferimento di conoscenze, investimenti in proprietà intellettuale; costruire infrastrutture ricorrendo a sistemi di partenariato pubblico-privato per rafforzare la competitività dell'Unione europea e la sostenibilità nei settori dei trasporti, dell'energia e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; sostenere meccanismi che mobilitano gli investimenti privati per fornire beni pubblici, come tutela del clima e dell'ambiente, in altri ambiti. Segnala che manca, tuttavia, nelle proposte della Commissione ogni riferimento alla emissione - da parte della stessa Commissione europea e della Banca europea per gli investimenti di veri e propri «Eurobond», o Union Bond, da destinare al finanziamento di progetti europei in materia di Grandi infrastrutture a rete necessarie per il completamento del mercato interno, di progetti di ricerca, piani di conversione ecologica del sistema produttivo. Rileva che si tratta di uno strumento che consentirebbe, date le esigue dimensioni del bilancio dell'Unione europea, un reale salto di qualità nell'azione dell'Unione europea a sostegno della ripresa e degli obiettivi della Strategia Europa 2020 e ritiene vada, quindi, ribadito in modo netto il sostegno del Parlamento italiano a questa ipotesi. Fa presente che il trattato sul funzionamento dell'Unione europea introduce importanti modifiche, non soltanto con riferimento alla procedura di bilancio dell'Unione, ma anche al modo in cui il bilancio steso è finanziato. A norma dell'articolo 311, paragrafo 3, del Trattato di Lisbona, il Consiglio può «istituire nuove categorie di risorse proprie o sopprimere una categoria esistente» nel quadro di una decisione di risorse proprie. Ritiene via sia quindi la possibilità di ridurre il numero di risorse proprie esistenti e di crearne nuove. L'articolo 311, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che «il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, stabilisce le misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione nella misura in cui ciò è previsto nella decisione adottata». Fa presente che la Commissione europea ribadisce l'intenzione originale

Pag. 27

che il bilancio dell'Unione sia finanziato integralmente tramite risorse proprie. Tuttavia, la situazione reale è che ad oggi oltre l'85 per cento del finanziamento dell'Unione europea si basa su aggregati statistici derivanti dal reddito nazionale lordo e dall'IVA. Questi sono in genere considerati contributi nazionali che gli stati membri devono ridurre al minimo. Ritiene sia giunto il momento di iniziare a riallineare il finanziamento europeo con i principi di autonomia, trasparenza ed equità e di dotare l'Unione dei mezzi per raggiungere i suoi obiettivi strategici convenuti. Fa presente che lo scopo di proporre nuove risorse proprie non è quello di aumentare il bilancio generale dell'Unione europea, ma quello di abbandonare l'atteggiamento richiamato in premessa del richiedere indietro i propri stanziamenti e di introdurre più trasparenza nel sistema. Segnala che, nella prospettiva, che auspica prossima, di attribuire sovranità fiscale all'Unione europea, l'Italia deve ora ritornare a meccanismi di finanziamento più fedeli all'intenzione originaria dei trattati, diminuendo i contributi diretti a carico dei bilanci degli Stati membri. La Commissione europea, dopo un'attenta analisi di alcune opzioni in merito ai possibili mezzi di finanziamento che potrebbero sostituire i contributi nazionali e alleggerire l'onere sui bilanci nazionali, propone un nuovo sistema di risorse proprie basato su una tassa sulle transazioni finanziarie, come da noi richiesto nei nostri documenti, e una nuova risorsa IVA. Rileva che l'introduzione di queste due risorse proprie in senso stretto va considerato con estremo favore in quanto rende più comprensibile e trasparente il sistema nel suo complesso. Ritiene importante sottolineare il consenso della Commissione europea alla proposta del Parlamento europeo, sostenuta in più occasioni anche dalla Camera, di istituire una conferenza Interparlamentare con i parlamenti nazionali per discutere di questi argomenti. Fa presente che la Commissione europea propone di convertire, a decorrere dal 2014, gli attuali meccanismi di correzione in una riduzione lorda forfettaria dei pagamenti reddito nazionale lordo a favore di Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia. La Commissione per il periodo 2014-2020, propone quindi una riduzione lorda dei contributi reddito nazionale lordo annui ai seguenti Stati membri: 2.500 milioni di euro per la Germania; 1.050 milioni di euro per i Paesi Bassi; 350 milioni di euro per la Svezia; 3,600 milioni di euro per il Regno Unito. Ritiene che, come già rilevato in premessa dall'onorevole Formichella, una questione cruciale nel negoziato sul nuovo quadro finanziario pluriennale e sulle risorse proprie è costitutiva dall'esigenza di migliorare il saldo netto negativo dell'Italia. In base a stime informali, i maggiori contributori netti nel periodo 2007-2013 sarebbero la Germania, con un saldo netto medio negativo annuo di 6,3 miliardi, Francia, con un saldo netto pari a 5,1 miliardi, e Italia, con un saldo netto pari a 5 miliardi di euro. Considera evidente che la distribuzione delle risorse tra le varie rubriche e soprattutto all'interno delle stesse - in particolare nel caso della politica di coesione -sarà decisiva ed andrà quindi costantemente monitorata nel corso del negoziato. Fa presente che, proprio per l'incidenza del prossimo quadro finanziario pluriennale sul nostro Paese, è necessario che nel corso del negoziato il Governo coinvolga, oltre al Parlamento, tutti i soggetti istituzionali, le parti sociali e il mondo produttivo nella definizione della posizione dell'Italiana. Svolge, quindi alcune considerazioni conclusive, precisando che esse rappresentano la sua posizione personale. Ritiene, in primo luogo, che l'esame delle proposte relative al nuovo quadro finanziario va svolto tenendo conto del contesto politico generale in cui esso si colloca, caratterizzato, nonostante alcune strozzature, da un processo di progressivo rafforzamento degli strumenti di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Rileva quindi che, a seguito della crisi economica e finanziaria, l'Unione europea ha adottato misure significative allo scopo di migliorare la governance economica per sostenere la ripresa. Osserva che il Parlamento europeo e gli Stati membri hanno

Pag. 28

riconosciuto i vantaggi della gestione dell'interdipendenza dell'Unione europea, mediante l'approccio strutturato stabilito durante il semestre europeo del coordinamento delle politiche economiche. Fa presente che, in questo contesto, l'Unione si è dotata, pur attraverso il contributo finanziario di alcuni Stati membri, e non mediante l'intervento del suo esiguo bilancio, di strumenti finanziari volti specificamente al sostegno della stabilità dell'area euro. Ricorda che il 21 giugno 2011 l'Eurogruppo non ha trasformato European Financial Stability Facility nel primo nucleo di una vera Agenzia europea del debito, dandole strumenti necessari per tentare di fermare il contagio ed evitare l'assalto dei mercati ai debiti sovrani dell'eurozona. Ritiene che, ancora una volta, sia un accordo al ribasso, perché non costruisce una vera governance europea, con mezzi di controllo della speculazione delle banche e degli altri attori del mercato. Finora il Fondo si limitava a prestare denaro ai Paesi in difficoltà, raccogliendo i capitali sui mercati con l'emissione di buoni garantiti dagli Stati membri. Osserva che esso avrà in avvenire tre nuovi campi d'azione: in primo luogo potrà acquistare titoli di debito dei Paesi in difficoltà sul mercato secondario in modo da alleviare la pressione dei mercati; in secondo luogo potrà prestare denaro ai governi nazionali per rifinanziare le banche che ne avessero bisogno; infine potrà intervenire presso la Banca centrale per garantire la credibilità dei bond che le banche impegnano per ottenere denaro, i cosiddetti collaterali. Considera, però, la dotazione ancora insufficiente, se, come crede, l'Italia ritornerà sotto attacco. Ritiene che, anche alla luce di questi fattori di criticità, sarebbe necessario, nell'interesse del nostro Paese e della costruzione europea nel suo complesso, abbandonare le residue remore e procedere dichiaratamente e rapidamente alla costituzione di una Agenzia europea del debito, secondo la proposta del professor Mario Monti ripresa dal Ministro Tremonti e dal presidente dell'Eurogruppo Juncker. Rileva che, anzitutto, in tal modo, si creerebbe un mercato globale per i titoli europei, in grado di raggiungere, progressivamente, una liquidità comparabile a quella dei buoni del tesoro USA, che, oltre a proteggere i Paesi dalla speculazione, contribuirebbe a mantenere i capitali esistenti in Europa e ad attirarne di nuovi, favorendo l'integrazione dei mercati finanziari europei e agevolando gli investimenti in funzione della crescita economica. Un mercato dei titoli di Stato siffatto sarebbe estremamente liquido, armonizzato, standardizzato e con un merito di credito unico per gli stati europei; sarebbe così possibile limitare le speculazioni sui mercati del debito pubblico e costringere gli obbligazionisti privati ad assumersi il rischio e la responsabilità delle proprie decisioni d'investimento. Rileva inoltre, che si fornirebbe assistenza agli Stati membri in difficoltà senza favorire l'azzardo morale, grazie al meccanismo di switch tra titoli in base ad un'opzione di sconto, verosimilmente maggiore per i titoli dei Paesi in difficoltà. Gli stati membri avrebbero comunque la convenienza di non dover pagare tassi d'interesse più alti su titoli di debito non coperti tramite gli Eurobond.

Rocco BUTTIGLIONE (UdCpTP) esprime forti perplessità in ordine al processo di bilancio europeo.
Si sofferma in primo luogo sull'ammontare del bilancio medesimo, che giudica poco ambizioso, e che offre l'immagine di una Unione europea poco fiduciosa in se stessa.
L'insufficienza quantitativa si riflette anche su alcune politiche sensibili dell'Unione, quale in particolare la politica agricola comune. Deve rilevare come sembri esservi una vera e propria intenzione di distruggere la politica agricola, a partire dall'operato del commissario Fischer-Boel in poi. L'opinione comune sembra essere quella che sia eccessivo destinare la metà del bilancio europeo alla politica agricola, ma si dimentica che, nel caso dell'agricoltura, le risorse europee non sono aggiuntive ma esclusive. Né la forte perdita di

Pag. 29

posti di lavoro nel settore sembra in qualche misura compensato dallo sviluppo delle aree rurali.
Un ulteriore aspetto debole, sul quale richiama l'attenzione dei colleghi, è la politica di coesione. Si chiede all'Italia di cedere fasce di finanziamento a favore dei paesi più poveri, di recente ingresso nell'Unione; contemporaneamente non si aumentano le risorse e si prevedono politiche di transizione che consentono ai Paesi più ricchi di drenare risorse. Si tratta di indicazioni disomogenee e contradditorie.
Anche la politica di vicinato - qui si riferisce, in particolare, all'area del mediterraneo - appare priva di apparato concettuale e di mezzi finanziari adeguati.
Quanto al ruolo dell'Italia, quale contributore netto dell'Ue, si chiede perché non si preveda una partecipazione del Paese maggiormente adeguata - ovvero inferiore - alla spesa comune; occorre altrimenti rivedere le politiche penalizzanti per l'Italia, quale la citata riduzione di risorse per la PAC.
Anche nel settore della ricerca e sviluppo si rileva il sostanziale svuotamento di programmi di cooperazione tecnologica, quali, tra l'altro, Galileo, ITER e GMES, rispetto ai quali, invece di affermare la necessità di proseguire con impegno si parla di un mero contributo.
Bisogna dunque, in conclusione, che il Governo faccia sentire con maggiore forza la voce dell'Italia in Europa, con forte fede europeista, perché non vi è distinzione tra interessi del Paese e interessi dell'Unione.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame delle proposte ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.35.