CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 marzo 2011
453.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. (Atto n. 317).

RILIEVI APPROVATI DALLA COMMISSIONE

La VI Commissione Finanze,
esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317);
rilevato come la Conferenza unificata abbia espresso, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009, l'intesa sullo schema di decreto legislativo, richiedendo una serie di modifiche al testo dello schema di decreto legislativo che possono risolvere alcuni aspetti problematici del provvedimento,

VALUTA FAVOREVOLMENTE

lo schema di decreto legislativo e formula i seguenti rilievi:
1) con riferimento al comma 3 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, il quale stabilisce che il gettito delle fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario indicate dal comma 2 del medesimo articolo non ha vincoli di destinazione, si rileva l'opportunità di verificare la congruenza di tale previsione con il dettato dell'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge n. 42 del 2009, ai sensi del quale l'assenza del vincolo di destinazione riguarda il gettito dei tributi derivati propri e le compartecipazioni al gettito di tributi erariali;
2) con riferimento al comma 1 dell'articolo 2 dello schema di decreto, il quale prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri saranno rideterminate la misura dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF e sarà disposta la riduzione delle aliquote IRPEF, si segnala come la disposizione intervenga sul sistema delle fonti che attualmente disciplinano l'IRPEF, attribuendo alcune potestà normative, ora regolate da fonte di rango primario, ad una normativa di rango secondario, per i quali non è prevista la trasmissione alle competenti commissioni parlamentari, né la predisposizione della relazione tecnica; si rileva inoltre l'opportunità di chiarire la portata della previsione secondo cui la predetta rideterminazione operata con DPCM ha l'obiettivo di «mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente», in particolare precisando se tale invarianza si riferisca solo all'IRPEF e all'addizionale regionale IRPEF, ovvero anche ad altre tipologie di imposte e tributi e se la previsione indichi un vincolo di invarianza fiscale riferito a ciascun singolo contribuente;
3) con riferimento specifico al secondo periodo del comma 1 dell'articolo 2 dello schema di decreto, ai sensi del quale all'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF si aggiungono le eventuali maggiorazioni della medesima aliquota disposte da ciascuna regione a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettere b) e c), dello schema, si rileva l'opportunità di

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chiarire il rapporto tra tali due previsioni, atteso che la norma del secondo periodo sembra limitarsi a confermare il potere, riconosciuto alle regioni dal comma 1 dell'articolo 5, di variare l'aliquota della predetta addizionale;
4) con riferimento al terzo periodo del comma 1 dell'articolo 2 dello schema, in base al quale con DPCM si riducono le aliquote IRPEF di competenza statale, in connessione con la rideterminazione dell'addizionale regionale IRPEF, al fine di mantenere invariato il carico fiscale complessivo a carico del contribuente, si valuti l'opportunità di chiarire se tale riduzione operi anche nel caso di incrementi dell'addizionale stessa disposti dalle regioni ai sensi del secondo periodo del comma 1, e se il vincolo di invarianza fiscale debba essere riferito a ciascun singolo contribuente;
5) con riferimento al comma 2 dell'articolo 3 dello schema di decreto, il quale prevede, relativamente alla determinazione della quota dell'imposta sul valore aggiunto riconosciuta a tutte le regioni a statuto ordinario, che per gli anni 2011, 2012 e 2013 continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti, si segnala l'opportunità di sostituire il rinvio alla «normativa vigente» con un riferimento più esplicito al decreto legislativo n. 56 del 2000;
6) con riferimento al primo periodo del comma 3 dell'articolo 3 dello schema, il quale prevede che, a decorrere dal 2013, l'attribuzione a ciascuna regione della quota di compartecipazione IVA spettante sia effettuato sulla base del criterio di territorialità, tenendo conto del luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio, si rileva l'opportunità di chiarire in che modo si applichi la predetta modifica del criterio di attribuzione alle regioni dell'IVA, specificando se, per il 2013, essa incida sull'ammontare di risorse effettivamente attribuite a ciascuna regione, ovvero resti ferma, per tale anno, la destinazione del gettito IVA compartecipato al finanziamento della quota di spesa sanitaria regionale non finanziata dalle altre fonti;
7) sempre con riferimento al primo periodo del comma 3 dell'articolo 3, si segnala l'esigenza di chiarire, con riferimento alla fase successiva al 2013, se l'attribuzione alle regioni della compartecipazione IVA sulla base del principio di territorialità riguardi l'intero ammontare della compartecipazione stessa o solo la quota che non confluisce al Fondo perequativo di cui all'articolo 11 dello schema;
8) con riferimento al quarto periodo del comma 3 dell'articolo 3, il quale contempla la possibilità che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore, si rileva l'esigenza di chiarire quale sia il soggetto cui viene conferita la facoltà di compiere tale opzione e quale sia il relativo strumento normativo;
9) con riferimento al terzo periodo del comma 2 dell'articolo 5, il quale prevede che, nel caso in cui la regione intenda deliberare una riduzione dell'addizionale IRPEF, la nuova aliquota deve, in ogni caso, assicurare un gettito non inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali effettuati in favore dei comuni, soppressi dall'articolo 8 dello schema di decreto, si segnala l'esigenza di specificare il riferimento temporale cui è riferita la disposizione, tenuto conto che la soppressione dei trasferimenti opera a decorrere dal 2013;
10) con riferimento al comma 1 dell'articolo 7, il quale prevede la soppressione di una serie di imposte e tasse, nonché l'abrogazione della relativa disciplina legislativa e regolamentare, si segnala come la disciplina di cui si dispone l'abrogazione trovi attualmente applicazione sia nel territorio delle regioni a statuto ordinario, destinatarie delle disposizioni del Capo I dello schema di decreto, sia nelle regioni a statuto speciale, cui le norme sul federalismo fiscale si applicano solo in parte e secondo specifici principi e criteri direttivi, e come non appaia pertanto corretto disporre una generalizzata soppressione di tale disciplina;

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11) sempre con riferimento al comma 1 dell'articolo 7, si rileva l'opportunità di chiarire se la soppressione dei tributi regionali ivi indicati riguardi anche le regioni a statuto speciale;
12) con riferimento al comma 1 dell'articolo 8, il quale prevede che le regioni a statuto ordinario sopprimono, a decorrere dal 2013, i finanziamenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei comuni, si segnala l'esigenza di chiarire se le regioni abbiano piena discrezionalità nella scelta dei trasferimenti da sopprimere o siano invece comunque tenute alla soppressione di tutti i trasferimenti di parte corrente aventi carattere di generalità e permanenza;
13) con riferimento al comma 2 dell'articolo 8, il quale prevede che i trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma 1 sono sostituiti, a decorrere dal 2013, con una compartecipazione al gettito della addizionale regionale all'IRPEF determinata da ciascuna regione con atto amministrativo, d'intesa con i comuni del proprio territorio, si segnala come la disposizione affidi ad un atto amministrativo l'istituzione della compartecipazione, nonché la manovrabilità dell'aliquota di compartecipazione;
14) con riferimento al comma 4 dell'articolo 8, il quale prevede l'istituzione, da parte di ciascuna regione, di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione comunale al gettito dell'addizionale regionale all'IRPEF istituita ai sensi del comma 2, a decorrere dall'anno 2013, stabilendo che ciascuna regione definisca, previo accordo con i comuni, le modalità di riparto del Fondo, e le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta, si rileva l'opportunità di precisare le modalità e la data di istituzione del Fondo sperimentale, il periodo di durata del medesimo, nonché di specificare se l'accordo preventivo da raggiungere tra la regione e i comuni in merito alla definizione delle modalità di riparto del Fondo abbia carattere vincolante, e se, in mancanza di tale accordo, la regione possa comunque procedere al riparto del Fondo stesso;
15) con riferimento all'articolo 11, il quale disciplina, a decorrere dal 2014, il nuovo sistema di finanziamento delle regioni, si segnala l'esigenza di disciplinare anche le modalità transitorie di perequazione delle risorse tributarie assegnate a decorrere dal 2012 e fino all'entrata in vigore del Fondo perequativo a regime;
16) con riferimento al secondo periodo del comma 6 dell'articolo 11, il quale prevede che, nella regione presa a campione, ai sensi del primo periodo del comma 3 del medesimo articolo 11, ai fini della determinazione dell'aliquota della compartecipazione all'IVA, qualora l'effettivo gettito dei tributi sia inferiore al dato previsionale viene comunque garantita la copertura della differenza certificata, escluso il gettito derivante dalla lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale, si segnala l'opportunità di chiarire la disciplina applicabile nelle altre regioni, nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi risulti inferiore ovvero superiore al dato previsionale, atteso che il predetto scostamento tra fabbisogno finanziario e gettito effettivo potrebbe verificarsi in tutte le regioni;
17) con riferimento alle lettere a) e b) del comma 7 dell'articolo 11, ai sensi delle quali la parte del Fondo perequativo destinata alle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni è alimentato dalle regioni in cui il gettito pro-capite risulta maggiore della media nazionale, mentre sono destinatarie delle risorse del Fondo le regioni in cui il gettito pro-capite dell'addizionale IRPEF risulta al di sotto della media nazionale, si rileva l'opportunità di specificare che il gettito nazionale per abitante deve intendersi determinato con riferimento al gettito delle sole regioni a statuto ordinario, escludendo quindi quello delle regioni a statuto speciale;
18) con riferimento al comma 7 dell'articolo 14, il quale prevede che, a

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fronte della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, con decreto del Ministro dell'economa è rideterminato, al fine di assicurare «l'equivalenza del gettito», l'importo dell'accisa sull'energia elettrica, si segnala come la disposizione affidi a un provvedimento di rango secondario la determinazione del quantum dell'accisa, senza inoltre determinare il profilo temporale entro il quale tale meccanismo compensativo deve essere realizzato;
19) con riferimento al comma 2 dell'articolo 15, il quale prevede che ciascuna Regione a statuto ordinario, con atto amministrativo, istituisca, d'intesa con le Province del proprio territorio, una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali per il finanziamento delle province, soppressi ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, e possa modificare l'aliquota a seguito dell'adozione di disposizioni legislative regionali che interessano le funzioni delle Province, nonché successivamente incrementarla in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione, si segnala come la disposizione affidi ad un atto amministrativo l'istituzione della compartecipazione e la manovrabilità dell'aliquota della suddetta compartecipazione, connettendo inoltre la modificabilità dell'aliquota alla soppressione di trasferimenti il cui ammontare non è quantificato dalla norma, ovvero a non meglio precisate «disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province»;
20) con riferimento al comma 4 dell'articolo 15, il quale prevede l'istituzione, da parte di ciascuna regione, di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio in favore delle province, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, stabilendo che le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta, siano fissate da ciascuna regione, previo accordo con le province, si rileva la necessità di chiarire meglio i meccanismi di funzionamento del Fondo, in particolare per quanto riguarda la data di istituzione, la durata ed i principi in base ai quali dovranno essere adottati i criteri per il riparto del Fondo stesso, nonché di specificare se l'accordo preventivo tra la regione e le province abbia valenza vincolante;
21) con riferimento al comma 1 dell'articolo 17, il quale prevede l'istituzione, a decorrere dal 2012, di un Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, si segnala l'opportunità di specificare la durata del Fondo sperimentale, il quale dovrebbe avere durata quadriennale, atteso che la disposizione dispone la cessazione del Fondo a decorrere dalla data di attivazione del sistema di perequazione ordinario previsto dall'articolo 13 della legge n. 42 del 2009 e dall'articolo 19, comma 1, dello schema di decreto;
22) con riferimento al comma 3 dell'articolo 17, il quale stabilisce che le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio siano definite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si segnala come la disposizione demandi ad una fonte di rango secondario la definizione delle modalità di riparto del Fondo, senza specificare la natura, vincolante o meno, dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, e senza chiarire se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all'adozione del predetto decreto;
23) ancora con riferimento al comma 3 dell'articolo 17, il quale prevede che i criteri di riparto tra le province delle somme che affluiscono al Fondo sperimentale siano coerenti con la determinazione dei fabbisogni standard, si evidenzia

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la necessità di chiarire meglio i meccanismi di funzionamento del Fondo, nonché i principi in base ai quali dovranno essere adottati i criteri per il riparto delle risorse del Fondo stesso, posto che, ai sensi del decreto legislativo n. 216 del 2010, la determinazione dei fabbisogni standard avverrà secondo un processo graduale, nonché di valutare se il predetto Fondo sperimentale perequativo sia in grado di garantire alle province, nella fase di transizione, risorse adeguate al finanziamento complessivo delle funzioni, secondo il principio indicato nell'articolo 21, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009;
24) sempre con riferimento al comma 3 dell'articolo 17, si rileva come la disposizione non preveda la verifica da parte della Conferenza unificata, contemplata dal già citato articolo 21, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009, circa la congruità del gettito delle nuove entrate delle province in relazione ai trasferimenti soppressi;
25) con riferimento all'articolo 19, il quale disciplina l'istituzione del Fondo perequativo per le province e i comuni, finalizzato a finanziare le spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, si rileva come tale nuovo sistema di perequazione ordinario potrà essere attivato solo quando sarà concluso il percorso per la transizione verso l'integrale finanziamento dei fabbisogni standard previsto dal decreto legislativo n. 216 del 2010, ai sensi del quale il criterio del fabbisogno standard verrà progressivamente applicato ad un numero sempre maggiore di funzioni fondamentali;
26) ancora con riferimento all'articolo 19, si segnala l'esigenza di coordinare il contenuto della disposizione con il disposto dell'articolo 13 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo municipale, come modificato dal Governo e trasmesso nuovamente alle Camere ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge n. 432 del 2009 (Atto n. 292-bis), il quale prevede a sua volta l'istituzione di un Fondo perequativo per i comuni e le province, in particolare per quanto riguarda i criteri di attribuzione di risorse tributarie direttamente ai comuni o al Fondo perequativo;
27) con riferimento specifico al comma 1 dell'articolo 19, il quale prevede, tra l'altro, che le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo perequativo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali, si segnala come la disposizione non rechi alcuna indicazione riguardo alle modalità di alimentazione del Fondo perequativo né alla sua dimensione, demandando ad una fonte di rango secondario la definizione delle predette modalità di alimentazione, nonché dei criteri di riparto del Fondo, senza inoltre specificare se l'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali abbia o meno carattere vincolante, non chiarendo se, in mancanza dello citato accordo, si possa comunque procedere all'adozione del DPCM;
28) con riferimento al comma 7 dell'articolo 19, il quale prevede, tra l'altro, la fissazione di specifici criteri di riparto del Fondo perequativo, applicabili agli enti locali con minor popolazione, stabilendo che la soglia di popolazione per l'individuazione di tali enti sarà definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, si rileva come la disposizione, diversamente da quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera f), della legge n. 42 del 2009, non identifichi direttamente la predetta soglia;
29) con riferimento al comma 2 dell'articolo 26, il quale stabilisce che l'esercizio dell'autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente, fatti salvi gli automatismi previsti dalla legislazione vigente nel settore sanitario per i casi di

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squilibrio economico e di applicazione di incrementi di aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari, si evidenzia come la disposizione introduca un divieto vincolante, in capo alle regioni a statuto ordinario, di aumentare la pressione fiscale, tale da incidere sulla flessibilità che lo schema di decreto riconosce a tali enti riguardo a singoli tributi, divieto che non è inoltre sancito anche per le province; si segnala inoltre come non risulti chiaro se il predetto divieto si riferisca alla posizione di ciascun singolo contribuente regionale.

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ALLEGATO 2

5-04390 Soglia: Attuazione dell'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 2010 in materia di fondi immobiliari.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'onorevole interrogante chiede di conoscere i tempi per l'attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 32 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 le quali intervengono al fine di arginare il fenomeno dei cosiddetti «fondi veicolo», ossia quei fondi a ristretta base partecipativa costituiti principalmente con lo scopo elusivo di usufruire dei benefici fiscali previsti dall'attuale normativa.
Ai fini dell'attuazione di tali modifiche, infatti, è prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze nonché di un provvedimento dell'Agenzia delle Entrate da emanarsi entro 30 giorni dall'emanazione del citato decreto.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha rappresentato quanto segue.
Per effetto delle disposizioni che verranno emanate dal predetto decreto ministeriale, i regolamenti dei fondi immobiliari preesistenti dovranno essere adeguati alle nuove disposizioni entro 30 giorni dalla emanazione del citato decreto. Le società di gestione del risparmio che li hanno istituiti, in sede di adozione delle delibere di adeguamento, dovranno prelevare a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi un ammontare pari al 5 per cento del valore netto risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009. In alternativa, le società di gestione del risparmio che non intendono adeguare i regolamenti dei propri fondi alle suddette disposizioni dovranno porre in liquidazione i fondi stessi con applicazione dell'imposta sostitutiva nella misura del 7 per cento.
Il provvedimento del Direttore dell'Agenzia dovrà stabilire le modalità di versamento delle imposte sostitutive sopra descritte.
Tanto premesso, è opportuno osservare che lo schema di provvedimento, peraltro ormai in avanzata fase di predisposizione, dovrà assumere, all'esito del suo iter di definizione, la natura di regolamento ministeriale. Ciò in quanto il comma 2 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 2010 rinvia all'articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Quest'ultima norma, a propria volta, dispone, al comma 1, che gli atti previsti dal medesimo articolo vengono adottati con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob.
Ciò implica che, una volta acquisiti gli avvisi delle predette Autorità, lo schema di provvedimento dovrà essere inoltrato al Consiglio di Stato per l'acquisizione del relativo parere. Solo successivamente potrà essere predisposta la versione finale dello schema di provvedimento, acquisita la firma del Signor Ministro e ed effettuata la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale.
Allo stato si può quindi concludere che i tempi per l'emanazione delle disposizioni di attuazione di cui all'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 2010, dovranno necessariamente tenere conto dei tempi intermedi implicati dall'iter procedurale sopra descritto.

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ALLEGATO 3

5-04391 Fugatti e Bitonci: Problematiche relative all'autenticazione di atti societari da iscrivere al registro delle imprese.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione gli onorevoli Fugatti e Bitonci pongono quesiti in ordine all'iscrizione nel registro delle imprese di un atto di cessione di quote di società a responsabilità limitata.
Al riguardo, premesso che la questione rientra nella specifica competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, si risponde sulla base degli elementi trasmessi dalla citata Amministrazione.
Per quanto riguarda la direttiva del Conservatore del Registro delle Imprese di Vicenza sull'invito agli Associati del Consiglio dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Vicenza a non inviare al Registro delle Imprese atti sprovvisti di autentica notarile, si segnala quanto segue.
La disciplina introdotta dal legislatore con l'articolo 36, comma 1-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge 133 del 2008, ha prestato il fianco a diverse interpretazioni non solo da parte dei due consigli nazionali direttamente interessati, ma anche da parte di studiosi.
Sulla materia si è registrato anche uno studio esplicativo da parte dell'Unioncamere, rivolto alle Camere di commercio, che sostanzialmente si muove nella stessa direzione auspicata dall'onorevole interrogante.
Sulla questione è poi intervenuta la Magistratura, che con le due decisioni richiamate nell'interrogazione (ordinanza del Giudice del registro di Vicenza del 17 aprile 2009, e sentenza confermativa in sede di gravame del Tribunale vicentino in seduta collegiale) ha ordinato al Conservatore la cancellazione della iscrizione di cessione di quota non autenticata da notaio.
Sulla scorta di tali decisioni il Conservatore ha emanato la direttiva di cui alla richiesta dell'interrogante.
È opportuno soffermarsi sulla natura del primo provvedimento giudiziale. Si tratta di un provvedimento cautelare (ex articoli 700 e 669-sexies codice di procedura civile) in relazione alla richiesta di un privato (non quindi della Camera di commercio) di procedere alla cancellazione dell'iscrizione della cessione di quote.
La norma che viene invocata ed applicata dal Giudice del registro e confermata dal Tribunale (articolo 2191 del codice civile) prevede che «Se una iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito l'interessato, ne ordina con decreto la cancellazione». Si è cioè in presenza di una iscrizione effettuata dal Conservatore contra legem.
Se da un lato deve rilevarsi la natura bilaterale della decisione, per cui essa fa stato tra le parti, è doveroso tuttavia anche rilevare la posizione del Conservatore, in quanto la decisione resa sulla scorta dell'articolo 2191 del codice civile, detta un principio di illegittimità al quale il Conservatore non può sottrarsi, al di là del caso specifico.
È inoltre il caso di precisare che la materia è regolata oltre che dalle citate norme sostanziali di diritto civile, anche dalla disciplina procedurale introdotta dal Codice dell'Amministrazione digitale (di recente innovato anche in parte qua), che coordinato con le disposizioni recate dal

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decreto del Presidente della Repubblica 581/95, crea effettivamente delle difficoltà interpretative, risolte come sopra osservato dalla magistratura vicentina.
Il Ministero dello Sviluppo Economico dispone di una vigilanza completa sul REA (repertorio delle notizie economiche ed amministrative), mentre dispone di una vigilanza esclusivamente amministrativa sul registro delle imprese, quale la verifica delle procedure di protocollazione delle imprese, il rispetto dei tempi e la modulistica. A norma del decreto del Presidente della Repubblica 581/99, il registro delle imprese è tenuto dall'ufficio omonimo retto da un Conservatore e sotto l'unica vigilanza del Giudice del registro delle imprese.
Ne consegue che il Ministero dello Sviluppo Economico non dispone in sede amministrativa di poteri coercitivi nei confronti dei Conservatori, ferma restando la possibilità di approfondire ulteriormente la questione ai fini di eventuali iniziative normative volte a chiarire o semplificare le disposizioni in questione.

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ALLEGATO 4

5-04392 Barbato: Iniziative di riforma in materia tributaria e finanziaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'onorevole interrogante chiede di conoscere lo stato di avanzamento del processo di riforma dell'ordinamento tributario nazionale nonché le iniziative che si intendano assumere per rafforzare i presidi normativi diretti a garantire la sana e prudente gestione degli intermediari finanziari, ad assicurare la piena trasparenza del mercato finanziario, a tutela degli investitori e dei piccoli risparmiatori, ed, infine, a contrastare efficacemente il fenomeno del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita.
Al riguardo, il Dipartimento delle finanze ha fatto presente che sono stati istituiti alcuni tavoli tecnici, le cui riunioni hanno avuto inizio nel mese di dicembre dello scorso anno, con il compito - fra l'altro - di effettuare, da un lato, una ricognizione delle agevolazioni fiscali attualmente vigenti (compresi i regimi sostitutivi e le riduzioni della base imponibile) e, dall'altro, di valutare le possibili sovrapposizioni fra incentivi fiscali e trasferimenti erogati con strumenti di spesa. Tali lavori costituiranno un'utile base di partenza nel processo di riforma dell'ordinamento tributario.
Voglio rassicurare che, nel processo di riforma dell'ordinamento tributario, sono certamente tenute in debita considerazione le preoccupazioni espresse dall'interrogante relativamente al contrasto dei fenomeni di illegalità registrati nel sistema finanziario e alla tutela dei piccoli risparmiatori ed investitori nei rapporti contrattuali con gli intermediari.

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ALLEGATO 5

Risoluzione n. 7-00505 Fluvi e Bernardo: Imponibilità a fini ICI dei fabbricati per i quali ricorrono i requisiti di ruralità.

NUOVO TESTO APPROVATO DELLA RISOLUZIONE

La VI Commissione,
premesso che:
la normativa in materia di imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992, all'articolo 2, comma 1, lettera a), definisce come fabbricato soggetto all'imposta l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, escludendo pertanto implicitamente dall'imposta stessa i fabbricati per i quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993;
la non esplicita esclusione dall'imposizione ICI dei fabbricati rurali ha creato in passato un contenzioso, che sembrava risolto attraverso la norma di interpretazione autentica recata dal comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge n. 207 del 2008, la quale ha previsto che, ai sensi e per gli effetti dell'imposta comunale sugli immobili, non si considerano fabbricati le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità, come sopra definiti;
successivamente la Corte di cassazione, con sentenza a sezioni unite n. 18565 del 21 agosto 2009, è intervenuta in materia, affermando che l'esclusione dall'ICI opera solo nel caso in cui il fabbricato rurale sia classificato catastalmente nella categoria A/6, se fabbricato abitativo, o nella categoria D/10, se si tratta di immobile strumentale, stabilendo altresì che l'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che ritenga il fabbricato non soggetto all'imposta in quanto rurale, ovvero dal comune interessato, che dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta;
la classificazione nella classe A/6 non è, di fatto, più utilizzabile, visto che vi rientrano i fabbricati privi, ad esempio, dei servizi igienici, mentre la classificazione nella classe D/10 - che pure sarebbe quella nella quale dovrebbero essere inseriti tutti i fabbricati strumentali all'attività agricola - non è utilizzata dall'Agenzia del territorio, che opta generalmente per l'accatastamento in altre categorie;
molti comuni, sulla scorta della pronuncia della Corte di cassazione, hanno conseguentemente provveduto ad attivare le procedure volte a recuperare l'ICI relativa ai fabbricati che, seppure aventi caratteri di ruralità, non rispettano la classificazione catastale definita dalla Corte di cassazione;
i proprietari dei predetti fabbricati rurali si sono adeguati, del resto, a quanto indicato in materia sia dai provvedimenti legislativi sia dalle risoluzioni e circolari emanate tanto dall'Agenzia delle entrate quanto dall'Agenzia del territorio: in particolare, come risulta dalla Circolare dell'Agenzia del territorio n. 7/T del 15 giugno 2007, «il legislatore (...) ha voluto prevedere la piena autonomia tra il profilo catastale (costituzione dell'inventario completo) e quello fiscale (imposizione o esenzione sulla base delle

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redditività oggettive, comunque riportate in catasto). In conseguenza di questa scelta, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle Finanze 2 gennaio 1998, n. 28, si vengono a trovare iscritti nel catasto edilizio urbano abitazioni (censite in una delle categorie del gruppo A) ed annessi agricoli (censiti in una categoria del gruppo C ovvero in D/10) con rendita attribuita, al pari di tutte le altre unità immobiliari urbane, ma che sono invece strumentali ai fini dell'attività agricola e quindi esenti da imposta sui redditi dei fabbricati e da ICI. L'applicazione delle agevolazioni fiscali per le costruzioni che soddisfano i requisiti della ruralità, in quanto strumentali ai fini dell'attività agricola, sono di competenza degli uffici preposti all'accertamento dei vari tributi, a richiesta dei quali, gli Uffici provinciali dell'Agenzia del Territorio forniscono la consulenza tecnica prevista dai compiti istituzionali per la verifica della sussistenza o meno dei caratteri oggettivi delle costruzioni e dei terreni asserviti»;
tale impostazione è stata ribadita, da ultimo, dal Direttore dell'Agenzia del territorio durante la sua audizione dinanzi alla Commissione Finanze della Camera, il 22 febbraio 2011, in occasione della quale ha avuto modo di ribadire «che i requisiti necessari e sufficienti per il riconoscimento del carattere di ruralità di un immobile devono soddisfare le condizioni richiamate all'articolo 9, commi 3 e 3-bis, del decreto-legge n. 557 del 1993 e sono del tutto indipendenti dalla categoria catastale attribuita al medesimo immobile»;
il Parlamento, con un'iniziativa legislativa condivisa da tutti i gruppi politici, ha ritenuto di dare soluzione definitiva a tale delicata problematica, inserendo, nell'ambito del testo unificato delle proposte di legge C. 41, C. 320, C. 321, C. 605, C. 2007, C. 2115, C. 2932, recante disposizioni in favore dei territori di montagna, una disposizione, l'articolo 11, la quale, attraverso una novella del già citato articolo 23, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008, chiarisce che non si considerano fabbricati, e non sono dunque assoggettati all'ICI, le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, indipendentemente dalla categoria catastale, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, fermo restando che non possono comunque essere riconosciuti rurali i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero caratteristiche di lusso;
il Governo, nel corso dell'esame sul predetto provvedimento ha espresso una valutazione favorevole sulla disposizione;
il provvedimento è stato approvato dalla Camera nella seduta del 16 febbraio scorso, ed è ora all'esame del Senato;
in tale contesto è necessario evitare il paradosso che, proprio nel momento in cui il legislatore ed il Governo hanno individuato una soluzione definitiva a tale complessa vicenda, la quale ha ingenerato una condizione di oggettiva incertezza, per i contribuenti e per gli stessi enti impositori, circa l'applicabilità dell'ICI ai fabbricati rurali, si prosegua nelle attività di riscossione coattiva dell'imposta con riferimento a tale tipologia di immobili,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie misure per favorire la soluzione della questione evidenziata, in particolare evitando che, nelle more dell'esame della norma di cui all'articolo 11 del testo unificato delle proposte di legge C. 41 ed abbinate, ora all'esame del Senato (A.S. 2566), si proceda ad accertamenti o ad attività di riscossione coattiva relativamente al recupero dell'ICI con riferimento a fabbricati che presentino i caratteri di ruralità previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993

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ma che non siano stati accatastati nelle categorie A/6 e D/10.
(8-00114)
«Fluvi, Bernardo, Fugatti, Ventucci, Strizzolo, Leo, Del Tenno, Angelucci, Berardi, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Soglia, Comaroli, Forcolin, Montagnoli, Brugger».

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ALLEGATO 6

Legge comunitaria 2010. (Emendamenti C. 4059 Governo).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VI Commissione Finanze,
esaminati gli emendamenti ed articoli aggiuntivi, riferiti al disegno di legge C. 4059, approvato dal Senato, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010, trasmessi dalla XIV Commissione,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti 1.5 Governo, Gioacchino Alfano 8.5 e Relatore 14.2, nonché sugli articoli aggiuntivi Relatore 15.03 e 18.039 Governo;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo aggiuntivo Gioacchino Alfano 8.01 con le seguenti condizioni:
1) al comma 1, alinea, si provveda a sostituire le parole: «Al fine di dare attuazione alla direttiva 2009/162/UE» con le seguenti: «Al fine di dare attuazione alle direttive 2009/69/CE e 2009/162/UE, nonché di adeguare l'ordinamento nazionale a quello comunitario»;
2) al comma 1, lettera d), numero 2, si provveda a sostituire le parole: «da guerra» con le seguenti: «di cui agli articoli 239 e 243 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66»;
3) al comma 1, lettera d), numero 6, si provveda a sostituire le parole: «le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alla lettera c)» con le seguenti: «le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alla lettera e)» ed a sostituire le parole: «delle navi e degli aeromobili di cui alle lettere a) e c)» con le seguenti: «delle navi e degli aeromobili di cui alle lettere a), a-bis) e c)»;
4) al comma 1, lettera j), capoverso lettera f), si provveda a sostituire le parole: «organismi internazionali riconosciuti, diversi da quelli di cui al n. 3)» con le seguenti: «organismi internazionali riconosciuti, diversi da quelli di cui alla lettera c)»;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo aggiuntivo Zeller 18.043 con la seguente condizione:
si provveda a sostituire il comma 1 con il seguente: «1. Al fine di adeguare la normativa nazionale a quella comunitaria e per ottemperare alla procedura d'infrazione n. 2009/4117 avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 1, lettera i-sexies), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Alle medesime condizioni ed entro lo stesso limite, la detrazione spetta per i canoni derivanti da contratti di locazione e di ospitalità ovvero da atti di assegnazione in godimento stipulati, ai sensi della normativa vigente nello Stato in cui l'immobile è situato, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata

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nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;
ed esprime

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti Fluvi 8.1, Fluvi 8.4, Fluvi 8.3, Fluvi 8.2, Borghesi 14.6 e Mariani 14.5.