CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 giugno 2010
346.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e XIV)
COMUNICATO
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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 30 giugno 2010. - Presidenza del presidente della XIV Commissione Mario PESCANTE. - Interviene il sottosegretario di Stato dell'economia e delle finanze Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 14.10.

Comunicazione della Commissione «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche».
COM(2010)250 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame della comunicazione.

Sandro GOZI (PD), relatore per la XIV Commissione, rileva preliminarmente che l'avvio dell'esame della comunicazione della Commissione europea «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche» da parte delle Commissioni Bilancio e Politiche UE della Camera interviene in un momento quanto mai appropriato. Il Consiglio europeo dello scorso 17 giugno ha infatti - contestualmente al lancio della strategia UE 2020 - riconosciuto la necessità di rafforzare la governance economica, avallando, in termini volutamente generici, le linee di intervento prospettate dalle Commissione. Si tratta, a suo avviso, di un fatto particolarmente positivo, sebbene rappresenti ancora solo un primo passo, che i Capi di Stato e di Governo inizino a valutare congiuntamente due ambiti di intervento affrontati sinora separatamente, ovvero la strategia di Lisbona - recante un programma di riforme prevalentemente microeconomiche - e il Patto di stabilità e crescita, avente ad oggetti interventi di carattere macroeconomico. Al tempo stesso, il Consiglio europeo ha chiesto alla task force sulla governance economica presieduta dal Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, di accelerare i suoi lavori e presentare, entro settembre 2010, proposte concrete, per un coordinamento economico più approfondito. Approfitta dell'occasione per evidenziare l'opportunità che il Parlamento, anche attraverso opportuni incontri con il Governo, sia informato sugli esiti del lavoro svolto dalla task force.

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Anche il Parlamento europeo ha approvato il 16 giugno 2010, a larghissima maggioranza una risoluzione sulla governance economica presentata congiuntamente dai gruppi politici del Partito Popolare europeo (PPE), dei Socialisti e democratici (S&D), dei Liberaldemocratici (ALDE) e dei Verdi (Greens-ALE), che formula indirizzi più puntuali in materia. La Commissione europea, pertanto, dovrà ora procedere nei prossimi mesi, con ampio margine di discrezionalità, all'elaborazione di specifiche proposte legislative (o di misure non legislative) che saranno poi sottoposte al Consiglio e al Parlamento europeo nonché alla BCE per il relativo parere.
Evidenzia quindi che la Camera, come tutti gli altri parlamenti nazionali, può incidere in questa fase effettivamente sulla formazione delle scelte politiche e legislative dell'UE, definendo indirizzi per il Governo e trasmettendoli direttamente alle Istituzioni europee. La creazione di una governance economica europea è peraltro un obiettivo da lungo tempo affermato dal nostro Paese e dalla Camera dei deputati, in numerosi atti di indirizzo e nelle sedi di cooperazione interparlamentare. È sufficiente ricordare da ultimo la risoluzione sul programma legislativo della Commissione europea per il 2009, approvata in Assemblea nell'aprile 2009 e soprattutto il documento finale approvato nello scorso marzo dalle Commissioni Bilancio e Politiche UE in esito all'esame della Strategia UE 2020. In quest'ultimo documento sono state formulate numerose proposte molte delle quali - sottolinea con soddisfazione - sono sia pure parzialmente riprese dalla Commissione: l'introduzione di meccanismi «premiali» o «sanzionatori» volti ad assicurare il rispetto degli obiettivi comuni da parte degli Stati membri; il ruolo dell'Eurogruppo nel coordinamento delle politiche economiche dei Paesi dell'area euro.
Sottolinea come l'importanza della questione in questa fase sia evidente: dalla costruzione di una governance economica europea dipende non soltanto l'adeguatezza della risposta dell'Unione alla crisi economica e finanziaria e della stabilizzazione dell'area euro ma il modello di Europa che d'ora in poi si intende perseguire. La crisi ha fatto infatti emergere con drammaticità ed urgenza lacune strutturali dell'attuale modello di integrazione che erano già da lungo tempo state denunciate nel dibattito istituzionale e scientifico. Il mancato rispetto dei criteri del Patto di stabilità e crescita da parte della quasi totalità degli Stati membri appartenenti alla zona euro, la lentezza nel rispondere agli attacchi speculativi contro alcuni Paesi, la difficoltà di elaborare una strategia per rilanciare crescita e occupazione, a fronte dei risultati di altri partner mondiali, sono soltanto i sintomi più recenti ed evidenti dell'assenza di una governance economica. Una lacuna di cui si è iniziato a discutere con la nascita stessa delle Comunità europee: già il Trattato istitutivo della Comunità economica europea includeva «il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli stati membri» tra gli obiettivi della Comunità, attribuendo espressamente al Consiglio il compito di «coordinare le politiche economiche generali». A queste previsioni si è dedicata sino agli inizi degli anni novanta una limitata attenzione. Solo con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht e la costituzione dell'Unione economica e monetaria sono emerse le conseguenze negative della scelta di non accompagnare ad una politica monetaria federale, per gli Stati che adottano la moneta unica, e ad una disciplina di bilancio rigorosa un coordinamento effettivo delle politiche economiche nazionali. Gli strumenti introdotti a quest'ultimo scopo dallo stesso Trattato di Maastricht, e ritoccati dal Trattato di Amsterdam, i grandi orientamenti per le politiche economiche e quelli per l'occupazione sono stati concepiti ed attuati come strumenti di coordinamento deboli, non vincolanti e privi di qualunque sanzione o premialità per incentivarne il rispetto da parte degli Stati membri.
Anche l'inclusione di questi due strumenti in linee direttrici integrate per la crescita e l'occupazione decisa dal Consiglio

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europeo nel 2005, nell'ambito del rilancio della Strategia di Lisbona, e la previsione di programmi nazionali di riforma triennali per darvi attuazione si è rivelata inefficace, perpetuandosi l'assenza di ogni carattere vincolante degli obiettivi di crescita, sviluppo e occupazione definiti a livello europeo. Gli effetti dell'assenza di un coordinamento delle politiche economiche sono stati poi acuiti, a partire dall'allargamento del 2004, dall'accresciuta eterogeneità dei sistemi economici e sociali nazionali: in palese contrasto con gli obiettivi di sviluppo e crescita equilibrati, si è sviluppata, una concorrenza tra ordinamenti, già elevata in considerazioni delle forti differenze retributive e dei regimi fiscali e contributivi, che può pregiudicare i fondamenti stessi del processo di integrazione europea. In sostanza, prima della crisi economica, le divergenze tra gli stati membri e la debolezza delle Istituzioni europee hanno impedito la definizione di soluzioni adeguate. La stessa Convenzione per il futuro dell'Europa, pur dedicando un'attenzione specifica al tema, ha prospettato soluzioni minimaliste, confluite prima nel Trattato costituzionale e poi in quello di Lisbona.
Ritiene quindi che la crisi offra ora un'occasione irripetibile, avendo posto la creazione di una governance economica in cima alle priorità politiche delle Istituzioni europee. Non a caso, sia il programma di lavoro della Commissione europea per il 2010 sia il programma del trio di Presidenze del Consiglio (spagnola, belga e ungherese) includono il rafforzamento delle politiche economiche tra le priorità per eccellenza. Il programma della Presidenza spagnola uscente del Consiglio poneva un accento ancora più marcato sulla questione, configurandolo come l'asse principale della propria azione in questo primo semestre del 2010. La comunicazione della Commissione europea all'esame delle Commissioni - presentata significativamente il 12 maggio scorso, pochi giorni dopo l'audizione da parte dell'Eurogruppo delle misure di sostegno alla Grecia e di stabilizzazione dell'area euro - costituisce dunque il tentativo di offrire una risposta concreta ad un preciso impegno politico delle Istituzioni europee.
Passando ad esaminare nel dettaglio le proposte della Commissione e gli orientamenti del Consiglio europeo, ricorda innanzitutto che le proposte della Commissione, formulate nella comunicazione del 12 maggio in esame, sono articolate in 4 settori di intervento: applicazione più rigorosa del patto di stabilità e crescita; vigilanza sugli squilibri macroeconomici e di competitività; introduzione di un «semestre europeo» per la preparazione dei programmi di stabilità e di quelli di riforma; creazione di un meccanismo permanente di gestione delle crisi finanziarie. L'impostazione della Commissione mira in sostanza a definire strumenti di coordinamento, controllo e valutazione, sia preventivi sia successivi, che inciderebbero su tutte le principali decisioni nazionali ed europee aventi rilievo per le politiche economiche e di bilancio. Ciò si tradurrebbe in significativi vincoli procedurali e sostanziali all'esercizio delle competenze nazionali in materia, a partire dalla predisposizione dei disegni di legge nazionali di bilancio sino alla loro attuazione. L'analisi delle Commissioni dovrebbe pertanto concentrarsi a suo avviso, per un verso, sulla valutazione complessiva dell'idoneità degli strumenti di proposti ai fini di un coordinamento effettivo delle politiche economiche. Per altro verso, andrebbe valutato con attenzione l'impatto che alcune soluzioni prospettate dalla Commissione potrebbero avere sulle procedure legislative e sui regolamenti parlamentari e, soprattutto, sulle stesse competenze del Parlamento e del Governo in materia di bilancio.
Sotto il primo profilo, andrà verificato in via preliminare se le proposte della Commissione sfruttino pienamente tutte le potenzialità offerte dalle disposizioni introdotte dal Trattato di Lisbona in materia. Il nuovo Trattato, infatti, ha apportato poche ma non trascurabili modifiche alla disciplina degli affari economici e monetari.

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Alcune concernono la sorveglianza sulle politiche economiche e la procedura per disavanzi eccessivi. In particolare:
in base all'articolo 121 del TFUE, la Commissione, ove si accerti che le politiche economiche di uno stato non sono coerenti con gli indirizzi di massima o rischiano di compromettere il buon funzionamento dell'UEM, può rivolgere allo stato in questione un avvertimento; nel testo previgente, la Commissione poteva soltanto raccomandare al Consiglio di rivolgere raccomandazioni al medesimo stato;
in secondo luogo, in base all'articolo 126, paragrafo 5, si prevede che la Commissione, se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo, trasmette un parere direttamente allo Stato membro e non al Consiglio come nel Trattato previgente;
il paragrafo 6 dello stesso articolo 126 prevede che il Consiglio decida se esiste un disavanzo eccessivo su proposta e non più su raccomandazione della Commissione;
il successivo paragrafo 7 stabilisce poi che in caso di disavanzo eccessivo di uno Stato, il Consiglio adotti le raccomandazioni necessarie «senza indebito ritardo».

La novità di maggiore rilievo è tuttavia costituita dall'introduzione di un apposito Capo recante disposizioni specifiche per gli stati dell'eurozona (articolo 136-138). In particolare, l'articolo 136 demanda al Consiglio, con il voto dei soli Stati dell'eurozona: l'adozione di misure concernenti gli Stati membri la cui moneta è l'euro, al fine di rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio; l'elaborazione, per i medesimi Stati, degli orientamenti di politica economica vigilando affinché siano compatibili con quelli adottati per l'insieme dell'Unione, e garantirne la sorveglianza. In base all'articolo 138, il Consiglio, con il voto dei soli Stati dell'eurozona e su proposta della Commissione, può adottare le misure per garantire una rappresentanza unificata nell'ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali.
Richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che è intorno a tali disposizioni che occorre lavorare per costruire una governance economica dell'area euro e per pervenire ad una rappresentanza unificata dell'euro sulla scena internazionale.
Ricorda infine che un apposito Protocollo riconosce l'Eurogruppo quale sede per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche condivise in materia di moneta unica dagli Stati dell'eurozona.
Laddove queste disposizioni, combinate eventualmente con la clausola di flessibilità di cui all'articolo 352, non fossero ritenute sufficienti, occorrerà valutare se ricorrere a cooperazioni rafforzate, in particolare tra i Paesi dell'Area euro.
Più in generale, alla valutazione delle potenzialità del quadro giuridico sopra richiamato dovrebbe accompagnarsi una riflessione di carattere politico sull'opportunità di perseguire un approccio che coinvolga pienamente nella governance economica tutti e 27 gli Stati membri ovvero se vada privilegiato un coordinamento forte tra i soli Stati membri dell'area euro, sfruttando le specifiche previsioni ad essi relative.
Una seconda notazione preliminare, rispetto all'esame delle specifiche proposte, attiene alla singolare l'assenza di specifiche proposte volte alla creazione di maggiori sinergie tra il bilancio dell'UE e i bilanci nazionali, questione che ha assunto particolare rilevanza nel dibattito in seno al Parlamento europeo nell'attuale legislatura ed ha anche costituito oggetto di specifiche riunioni interparlamentari. È evidente che, a fronte delle dimensioni ridotte del bilancio europeo e della crisi economica finanziaria, occorre anzitutto quantificare le risorse complessive destinate al perseguimento di ciascuna politica e finalità e poi utilizzare gli strumenti di governance per volgere le medesime risorse verso obiettivi comuni.

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Nel documento finale che le Commissioni approveranno andrà pertanto segnalata questa lacuna, che appare tanto più grave in vista della revisione intermedia del quadro finanziario vigente e della predisposizione di quello post-2013.
Un ulteriore elemento su ci si sarebbe attesi una specifica attenzione da parte della Commissione concerne il coordinamento delle politiche dell'occupazione e delle politiche sociali. Le proposte contenute nella Comunicazione e le stesse conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno contengono solo riferimenti occasionali e marginali a questi aspetti, attraverso essenzialmente un rinvio all'attuazione della strategia UE 2020. Eppure è evidente che non può esserci governance economica senza integrare nei meccanismi di coordinamento preventivo e di valutazione ex post anche gli obiettivi delle politiche nazionali ed europei in materia. Questo aspetto era stato peraltro sottolineato già nel documento approvato dalla Commissioni sulla strategia UE 2020 e dalla risoluzione del Parlamento europeo in materia, votata dai cinque maggiori gruppi politici.
Strettamente connessa a questa notazione è anche la constatazione dell'assenza nella comunicazione della Commissione di specifici riferimenti agli indicatori statistici che dovrebbero essere utilizzati per la vigilanza macroeconomica e, in particolare, per verificare rigorosamente l'attuazione della strategia 2020. Anche questo aspetto merita un ulteriore approfondimento nel corso dell'esame, anche mediante apposite audizioni, che potrebbero coinvolgere una rappresentanza dell'Istat.
In ordine alla vigilanza sugli squilibri macroeconomici e di competitività, rileva come uno degli elementi più innovativi dell'approccio della Commissione sia l'estensione dell'attuale sistema di sorveglianza multilaterale delle politiche di bilancio anche agli indicatori della competitività e delle riforme strutturali. Si tratta di un passaggio essenziale per creare un coordinamento non limitato all'osservanza di parametri negativi di bilancio ma orientato ad imporre l'effettivo perseguimento di obiettivi di crescita ed occupazione. La Commissione distingue opportunamente le regole applicabili all'UE nel suo complesso e quelle relative all'eurozona. Per tutti i 27 Stati membri la sorveglianza multilaterale sarebbe effettuata nell'ambito delle procedure per l'attuazione della Strategia UE 2020, mediante la presentazione contestuale dei programmi di stabilità o di convergenza e dei programmi di attuazione della strategia e l'adozione delle relative raccomandazioni da parte del Consiglio dell'UE. Tali raccomandazioni non sarebbero più rivolte a correggere solo le politiche di bilancio ma anche, più in generale, le linee di politica economica, nonché le misure che possono avere un effetto sul mercato del lavoro, dei beni e dei servizi. Ciascuno Stato membro dovrebbe presentare le azioni che intende intraprendere per attuare la raccomandazione, indicando gli obiettivi da raggiungere in materia di partite correnti, produttività, costo del lavoro occupazione, tassi di cambio reali, debito pubblico, credito privato e livello dei prezzi. Laddove uno Stato membro, nel lasso di tempo indicato, non abbia adeguatamente reagito ad una raccomandazione politica del Consiglio o abbia condotto politiche contrarie al suggerimento ricevuto, la Commissione formulerebbe un avvertimento politico.
Per gli Stati dell'Eurozona, invece, troverebbe applicazione anche l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'UE che consente al Consiglio di adottare ulteriori raccomandazioni vincolanti per gli Stati membri in materia di politica economica. Tale articolo sembra infatti rendere possibile anche la previsione di incentivi economici (ad esempio, meccanismi premiali per l'accesso a dotazioni supplementari dei fondi UE) e penalità.
Il Consiglio europeo del 17 giugno ha sostanzialmente avallato l'approccio della Commissione, chiedendo di sviluppare un quadro di controllo per valutare meglio gli squilibri e gli sviluppi in materia di competitività e per consentire un'individuazione tempestiva di tendenze insostenibili o pericolose.

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Per quanto costituiscano un avanzamento rispetto al sistema vigente, le proposte della Commissione mantengono un forte disallineamento rispetto alla sorveglianza sui bilanci e all'applicazione del Patto di stabilità, prevedendo strumenti più deboli per assicurare l'effettiva osservanza delle raccomandazioni del Consiglio.

Mario PESCANTE, presidente della XIV Commissione, osserva, con riferimento al paragrafo 6 dell'articolo 126 del Trattato di Lisbona, richiamato dall'onorevole Gozi - che prevede che il Consiglio decida se esiste un disavanzo eccessivo su proposta e non più su raccomandazione della Commissione - che l'importanza della presentazione di una proposta della Commissione al Consiglio e non di una mera raccomandazione, sta nel fatto che la proposta può essere modificata dal Consiglio solo all'unanimità, mentre la raccomandazione anche a maggioranza qualificata.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL), relatore per la V Commissione, nel rilevare che l'impianto generale del documento ed alcuni suoi profili particolari sono stati già stati compiutamente illustrati dall'onorevole Gozi, fa presente che nel corso della sua relazione si limiterà a prendere in considerazione i contenuti della comunicazione della Commissione che interessano più da vicino le competenze della Commissione bilancio.
In proposito, segnala in primo luogo che la comunicazione della Commissione prospetta, anche attraverso modifiche alla disciplina del Patto di stabilità e crescita risultante dai regolamenti del 1997, interventi volti - oltre che a migliorare la preparazione dei programmi di stabilità e convergenza nazionali - a rendere più stringenti i criteri per la valutazione delle situazioni di bilancio nazionali, nonché per l'avvio della procedura per disavanzi eccessivi e l'applicazione di sanzioni. In primo luogo, fa presente che la Commissione, con l'avallo del Consiglio europeo del 17 giugno, ritiene che gli Stati membri dovrebbero introdurre negli ordinamenti nazionali - e rendere quindi vincolanti - gli obiettivi di finanze pubbliche solide e di disciplina di bilancio previsti dai Trattati europei. Segnala, poi, che si prevede che agli Stati membri che fanno progressi insufficienti verso gli obiettivi di bilancio di medio termine definiti a livello europeo, verrebbero imposte sanzioni, nella forma di depositi gravati da interessi, analogamente a quanto previsto dalla procedura per i disavanzi eccessivi. In proposito, osserva che la proposta riflette una richiesta formulata con forza dalla Germania che, come è noto, ha costituzionalizzato nella Legge fondamentale gli obiettivi in termini di debito e disavanzo sia per lo Stato federale sia per i Länder. Rileva, in secondo luogo, che la Commissione propone di attribuire maggiore rilevanza al parametro del debito pubblico, che compromette le prospettive di crescita a medio-lungo termine e impedisce ai Governi nazionali di attuare le necessarie misure anti-cicliche nella fase di stagnazione economica. Pertanto, ad avviso della Commissione, gli Stati membri con un livello di debito pubblico superiore al 60 per cento del prodotto interno lordo dovrebbero essere oggetto di una procedura per disavanzo eccessivo nel caso in cui non assicurino un'adeguata diminuzione del debito stesso in un determinato lasso di tempo. In proposito, rileva che questa proposta avrebbe evidenti e immediate implicazioni per il nostro Paese, che potrebbe essere chiamato a ridurre in modo drastico ed in termini più perentori lo stock di debito pubblico. Giudica, pertanto, opportune le conclusioni del Consiglio europeo, che, accogliendo la proposta avanzata con forza dal Governo italiano, hanno puntualizzato ed attualizzato i criteri di applicazione di questo parametro, chiedendo di attribuire «importanza di gran lunga maggiore» ai livelli e all'andamento «dell'indebitamento e alla sostenibilità globale» delle finanze pubbliche. In altri termini, si tratta di considerare non soltanto il debito aggregato del settore pubblico, ma anche quello delle famiglie, delle imprese e del settore finanziario. Ritiene, in proposito, significativa la circostanza che, assumendo

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il debito aggregato del settore pubblico, delle famiglie e delle imprese non finanziarie, l'Italia, secondo fonti di stampa, avrebbe nel 2009 un rapporto tra debito e PIL pari al 233 per cento, contro il 231,3 per cento della Francia, il 203 per cento della Germania e il 272,8 per cento della Spagna. Assumendo anche il debito delle istituzioni finanziarie l'Italia, sempre secondo fonti di stampa, avrebbe un rapporto tra debito e PIL pari al 316 per cento, contro il 318,6 per cento della Francia, il 283 per cento della Germania e il 360 per cento della Spagna. In terzo luogo, fa presente che la Commissione propone di rendere più rapida la procedura per i disavanzi eccessivi, in particolare per quei Paesi membri che incorrono in ripetute violazioni del Patto di stabilità, nonché di individuare nuove tipologie di sanzioni, analoghe alla sospensione degli stanziamenti nell'ambito del Fondo di coesione, che tuttavia, oltre a riguardare solo un numero limitato di Stati membri, viene valutata solo in una fase molto avanzata della procedura. Segnala, inoltre, che per gli Stati membri sottoposti a procedura per disavanzo eccessivo, potrebbero essere introdotte regole di condizionalità per l'uso di risorse europee da parte di tali Stati. In proposito, fa presente che il Consiglio europeo del 17 giugno scorso ha convenuto, in termini generali, sull'opportunità di rafforzare il contenuto sia preventivo che correttivo del Patto di stabilità, con sanzioni collegate al percorso di risanamento verso l'obiettivo a medio termine, al fine di disporre di un sistema coerente e progressivo che assicuri condizioni di parità tra gli Stati membri, osservando che si terrà debitamente conto della situazione particolare degli Stati membri appartenenti alla zona euro.
Osserva, poi, come uno degli elementi più innovativi ma, allo stesso tempo, più controversi delle proposte della Commissione, sia costituito dalla previsione di controlli ex ante sulle scelte di bilancio. In proposito, sottolinea che, secondo la Commissione, l'attuale sistema di sorveglianza multilaterale si basa essenzialmente su valutazioni ex post della conformità delle politiche di bilancio degli Stati membri ai pareri espressi dal Consiglio nell'ambito della procedura prevista dal Patto di stabilità nonché agli indirizzi generali per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione europea. Per assicurare una governance economica efficace, secondo la Commissione sarebbe invece necessario introdurre anche meccanismi di controllo ex ante, operando nel primo semestre di ogni anno, che rappresenterebbe il cosiddetto «semestre europeo», una revisione inter pares per fornire agli Stati membri orientamenti per la preparazione dei bilanci nazionali dell'anno seguente «nel pieno rispetto delle prerogative dei parlamenti nazionali». Nel rilevare come l'articolazione di questo semestre, secondo le indicazioni contenute nella comunicazione della Commissione, non sia chiarissima, osserva come nei primi mesi dell'anno si dovrebbe operare, secondo modalità non meglio precisate, una revisione orizzontale dei bilanci nazionali, grazie alla quale il Consiglio europeo, sulla base di dati analitici forniti dalla Commissione, individuerebbe le principali sfide economiche per l'Unione e l'area dell'euro ed esprimerebbe orientamenti strategici sulle politiche da adottare. Gli Stati membri dovrebbero, poi, tenere conto delle conclusioni di questa revisione orizzontale nell'elaborazione dei propri programmi di stabilità e convergenza e dei programmi nazionali di riforma che sarebbero pubblicati contemporaneamente e nel primo semestre dell'anno, anziché nel secondo, come avviene attualmente. Ad avviso della Commissione, tale procedura consentirebbe di tenere conto - nella strategia e negli obiettivi di bilancio - dell'incidenza delle riforme sulla crescita e sul bilancio. Gli Stati membri sarebbero anche incoraggiati, nel pieno rispetto delle norme e delle procedure nazionali, a permettere la partecipazione alla procedura dei rispettivi parlamenti nazionali, prima della presentazione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma, mentre il Consiglio, sulla base della valutazione della Commissione, fornirebbe la sua valutazione e i suoi orientamenti in un

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periodo dell'anno in cui le decisioni di bilancio importanti sarebbero ancora in corso di elaborazione a livello nazionale. Gli Stati dovrebbero quindi modificare, sulla base delle indicazioni europee, talune scelte di bilancio.
In sintesi, rileva come, in sostanza, il semestre europeo sia inteso a valutare e ad incidere in via preventiva sugli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio annuali degli stati membri. A riguardo, ritiene che, sebbene non siano previsti - almeno sulla base della comunicazione della Commissione - strumenti vincolanti, sia evidente la delicatezza dei meccanismi prefigurati dalla Commissione, in ragione del loro potenziale impatto sulla stessa sovranità nazionale. Rileva come non a caso questo aspetto ha destato qualche preoccupazione in alcuni parlamenti: ricorda, infatti, che il parlamento svedese ha anzi già espresso la propria posizione sul punto, dichiarando la propria contrarietà ad una valutazione puntuale da parte delle Istituzioni europee dei progetti di legge di bilancio prima che essi siano sottoposti al Parlamento stesso. A suo avviso, qualora prevalesse questa impostazione, verosimilmente si renderebbe necessario rivedere le stesse procedure nazionali per l'esame dei documenti di bilancio prevedendo, ad esempio, un'apposita sessione parlamentare da collocare nell'ambito dell'esame preventivo delle politiche di bilancio da parte delle istituzioni europee. In altri termini, si tratterebbe di introdurre un meccanismo analogo alla riserva di esame parlamentare al fine di condizionare gli impegni assunti dai governi in tale sede e, per quanto riguarda l'Italia, si renderebbe necessario intervenire sulla stessa legge n. 196 del 2009, che si limita, all'articolo 9, a prevedere la semplice trasmissione al Parlamento del programma di stabilità. In proposito, segnala che il Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2010 non si è pronunciato sui dettagli procedurali, limitandosi ad invitare gli Stati membri, a partire dal 2011, nel contesto del «semestre europeo», a presentare in primavera alla Commissione i programmi di stabilità e di convergenza, tenendo conto delle procedure di bilancio nazionali. Ritiene, pertanto necessario procedere ad uno specifico approfondimento sul punto nel corso dell'esame da parte delle Commissioni riunite.
Segnala, poi, che la Commissione propone di rendere, nella sostanza, permanente un meccanismo di stabilizzazione analogo a quello istituito, per un periodo triennale, con un regolamento adottato dal Consiglio il 9 maggio 2010. Ad avviso della Commissione, la fissazione di procedure per assicurare il supporto finanziario ai Paesi della cosiddetta Eurozona sottoposti a turbolenze economiche costituirebbe il presupposto per preservare la stabilità finanziaria dell'area euro nel medio e nel lungo termine. In proposito, ricorda che il meccanismo istituito nello scorso maggio, che consente l'attivazione di risorse fino a 60 miliardi di euro, è soggetto a termini e condizioni rigorose ed è attivabile sulla base di una decisione del Consiglio assunta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione europea. Fa presente, inoltre, che, in aggiunta al meccanismo di stabilizzazione sopra richiamato, i rappresentanti degli Stati membri della zona euro hanno concordato l'istituzione di una società veicolo speciale (special purpose vehicle), garantita dagli Stati partecipanti sulla base delle quote nel capitale della Banca centrale europea, che potrà mettere a disposizione fino a 440 miliardi di euro, e scadrà dopo tre anni, ed è inoltre prevista la partecipazione del Fondo monetario internazionale con una quota pari ad almeno la metà del contributo europeo. In proposito, ritiene che l'istituzione di un meccanismo a regime richieda una prima valutazione dell'effettivo funzionamento delle procedure di stabilizzazione appena poste in essere. A suo avviso, sarebbe, dunque, opportuno che la Commissione rinviasse la presentazione di proposte in materia ad una fase successiva, dando nei prossimi mesi priorità alle altre misure prospettate nella comunicazione. In questo contesto, andrebbe in ogni caso considerata, come richiesto anche dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 16 giugno 2010 e prospettato già nel documento

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finale delle Commissioni bilancio e politiche dell'Unione europea sulla strategia 2020, la costituzione di un «Fondo monetario europeo», cui i Paesi della zona euro dovrebbero contribuire secondo il proprio prodotto interno lordo e con ammende calcolate in funzione dei rispettivi livelli eccedentari di debito e deficit. In proposito, segnala che, secondo quanto proposto dal Parlamento europeo, ogni Stato membro attingerebbe dal Fondo monetario europeo fino all'importo che ha precedentemente depositato e che, qualora un Paese dovesse aver bisogno di risorse o garanzie supplementari, sarebbe tenuto ad accettare un programma di riforma su misura, la cui attuazione ricadrebbe sotto la supervisione della Commissione europea.
Da ultimo, per quanto attiene all'esame della comunicazione, ritiene che i tempi dovrebbero essere particolarmente serrati, in quanto la Commissione europea ha già avviato la predisposizione delle misure necessarie per darvi seguito, che potrebbero essere presentate a partire da settembre, una volta che la task force sulla governance economica presieduta dal Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, avrà a sua volta formulato proposte concrete in materia. Ritiene, pertanto, opportuno che si opportuno indirizzi per il Governo, approvando un documento finale ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, entro la fine del mese di luglio.

Renato CAMBURSANO (IdV) nel manifestare apprezzamento per il lavoro svolto da entrambi i relatori, precisa, con riferimento all'istituendo Fondo monetario europeo, l'opportunità che esso sia finanziato anche con le ammende in caso di disavanzi eccessivi. Con riferimento all'adozione del parametro del debito aggregato del settore pubblico per valutare la sostenibilità della situazione finanziaria di ciascun paese europeo, rileva che essa, al di là degli annunci, non è stata ancora stabilita ufficialmente. Osserva, infine, che sarà opportuno coordinare la tempistica derivante dall'introduzione del semestre europeo con quella dettata dalla legge n. 196 del 2009, eventualmente modificando in parte qua quest'ultima.

Mario PESCANTE, presidente della XIV Commissione, con riferimento ai dati richiamati dall'onorevole Cambursano, osserva che di questi è stata data pubblicità dallo stesso Presidente Van Rompuy nella Conferenza stampa successiva al Consiglio europeo dello scorso 17-18 giugno 2010; in quella occasione il Presidente del Consiglio europeo ha precisato che il concetto di sostenibilità complessiva copre numerosi parametri, incluso quello del debito privato.

Lino DUILIO (PD), nel sottolineare la grande rilevanza dei temi affrontati dalla comunicazione della Commissione europea, evidenzia come si stia registrando nel dibattito pubblico un singolare fenomeno, in quanto mentre si riscontra costantemente l'assenza di una politica economica europea di carattere unitario, confermata, da ultimo, anche dalla recente esperienza della crisi finanziaria che ha colpito la Grecia, si manifestano timori per le iniziative volte a rafforzare i poteri di governance economica dell'Unione europea. In questo contesto, richiamando le considerazioni svolte da professor Fitoussi nel corso di una recente audizione presso la Commissione bilancio della Camera, ritiene particolarmente preoccupante l'attuale situazione europea, nella quale si assiste alla diffusione di una moneta, l'euro, alla quale non corrisponde un potere sovrano in materia economica e, pertanto, giudica essenziale che i relatori, oltre a fornire una descrizione dei contenuti della comunicazione della Commissione, indichino sin d'ora ai componenti delle Commissioni quale sia il loro giudizio sui contenuti del documento e quali possono essere gli indirizzi da proporre al Governo. A tale riguardo, ritiene che anche eventuali forzature contenute nel documento possono comunque essere utili per stimolare un dibattito in sede parlamentare sulle decisioni da assumere per rafforzare il coordinamento delle politiche

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economiche a livello europeo, evidenziando come sia opportuno che eventuali atti di indirizzo al riguardo vengano valutati anche dall'Assemblea della Camera, in ragione della potenziale incidenza delle decisioni che verranno assunte sui complessivi equilibri istituzionali a livello europeo. Nel sottolineare come, nell'ambito del Parlamento europeo, tutti i gruppi abbiano concordato sull'opportunità di un rilancio del ruolo dell'Unione europea, evidenzia come l'apertura di un ampio dibattito su questi temi anche in sede nazionale potrebbe costituire uno strumento per assicurare il riscatto di una politica che, a suo avviso, naviga da troppo tempo nel mare della mediocrità. Per quanto attiene più specificamente ai contenuti della comunicazione e alle osservazioni svolte dal relatore per la XIV Commissione, condivide le valutazioni in ordine alla necessità di distinguere le regole applicabili a tutti i 27 Stati membri da quelle relative ai Paese aderenti alla moneta unica. Osserva, infatti, che, realisticamente, ci si potrebbe accontentare di un serio rafforzamento delle politiche economiche nell'ambito dei Paesi aderenti alla moneta unica, raggiungendo una più stretta unitarietà della governance almeno in un'area ristretta ed omogenea.
Ritiene, inoltre, necessario un approfondimento su alcune delle considerazioni svolte dal relatore per la V Commissione, che ha richiamato la posizione di contrarietà espressa dal Parlamento svedese rispetto all'ipotesi di una valutazione puntuale dei progetti di legge di bilancio da parte delle istituzioni europee prima della loro sottoposizione al vaglio del Parlamento nazionale. A tale riguardo, dichiarando di non condividere le preoccupazioni espresse dal Parlamento svedese, si chiede come possa ipotizzarsi l'auspicato rafforzamento della sovranità europea senza prevedere al contempo una corrispondente riduzione degli ambiti di sovranità nazionale. Nel rilevare come la crescente globalizzazione dell'economia renda assolutamente imprescindibile il potenziamento della governance economica a livello europeo, ritiene che sia giunto il momento di superare i tropo facili schematismi di carattere nazionalistico che tendono a contrapporre l'Unione europea agli Stati nazionali. In questo contesto, giudica, pertanto, condivisibile la scelta, prefigurata dalla comunicazione della Commissione, di prevedere un «semestre europeo» al fine di consentire all'Unione europea di formulare indirizzi per le politiche economiche degli Stati membri, ritenendo, quindi opportuno riflettere sulla necessità di integrare a tal fine le disposizioni contenute nell'articolo 9 della legge n. 196 del 2009. A questo proposito, ricorda come questi temi siano stati affrontati anche nella riunione della Commissione per il bilancio del Parlamento europeo con le corrispondenti Commissioni dei Parlamenti nazionali, svoltasi a Bruxelles lo scorso 1o giugno, alla quale ha preso parte insieme al Presidente Giorgetti. Ricorda infatti come, in quella sede, sia emersa in modo assai evidente l'esigenza di realizzare una maggiore armonizzazione tra il bilancio dell'Unione europea e i bilanci degli Stati membri, al fine di garantire un maggiore coordinamento tra gli obiettivi fissati a livello europeo e quelli individuati a livello nazionale. Nel sottolineare come tale coordinamento si renda sempre più necessario alla luce della limitatezza delle risorse del bilancio europeo, rileva come la maggiore leggibilità e l'omogeneità dei bilanci nazionali e del bilancio dell'Unione potrebbero consentire agli Stati membri di scegliere con maggiore consapevolezza se realizzare determinate politiche a livello nazionale ovvero devolverne l'attuazione a livello europeo. Ritiene, pertanto, che non si debba avere timore di un maggiore coordinamento delle politiche economiche a livello europeo, sottolineando come le Commissioni siano chiamate, nell'esame della comunicazione della Commissione europea, ad assumere una decisione in cui gli aspetti di carattere politico prevalgono su quelli di carattere tecnico. A suo avviso l'Italia dovrà dichiararsi ampiamente disponibile a un maggiore coordinamento delle politiche economiche a livello europeo, in quanto tale coordinamento consentirà

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ai bilanci nazionali di intervenire con maggiore efficacia e in modo sinergico rispetto ai programmi adottati in sede europea.
Ritiene, inoltre, necessario un approfondimento sulle considerazioni del relatore per la V Commissione, che, richiamando la posizione del Governo italiano, ha evidenziato l'esigenza di tenere conto, nell'applicazione dei parametri previsti a livello europeo per la valutazione del debito pubblico, anche del debito delle famiglie, delle imprese e del settore finanziario. Al riguardo, giudica infatti necessario un chiarimento di carattere tecnico che verifichi la possibilità di ritenere significativa l'aggregazione di dati che considera non omogenei. Da ultimo, nel rilevare che la comunicazione, nell'indicare le possibili sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto degli obiettivi fissati, ipotizza l'eventualità che agli Stati inadempienti sia precluso l'utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, dichiara di non condividere tale scelta, che rischierebbe di precludere l'assegnazione di risorse destinate a colmare squilibri economici di carattere strutturale proprio a quei Paesi che ne hanno maggiormente bisogno.

Antonio BORGHESI (IdV) preliminarmente sottolinea come, con riferimento alle questioni poste dalla comunicazione della Commissione, il vero tema che dovrebbe porsi in sede europea riguarda la quantità di sovranità che i singoli Stati sono disposti a cedere alle istituzioni europee. All'uopo ricorda come, insieme anche all'onorevole Cambursano, aveva chiesto che fosse intrapreso uno sforzo per l'armonizzazione delle politiche fiscali, premessa necessaria per una politica economica comune a livello europeo. Osserva quindi che vi è una certa incoerenza tra la relazione svolta dall'onorevole Toccafondi e la bozza di documento presentata nella seduta del 29 giugno 2010 dall'onorevole Bitonci in riferimento alla proposta di regolamento relativo alla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi, poiché in quest'ultima si sostiene l'opportunità di limitare le visite metodologiche volte a verificare l'attendibilità dei dati, quando proprio l'attendibilità dei dati è fondamentale per il rafforzamento delle politiche economiche di cui alla comunicazione della Commissione europea in discussione.

Pier Paolo BARETTA (PD) osserva come, nella posizione espressa dalla Commissione europea, possa esservi il rischio di una sovrapposizione tra esigenze dettate dalla contingente situazione economica ed esigenze strutturali di riforma dei bilanci. In proposito, rileva che tali decisioni, come quelle sulle relative forme di controllo, devono potere essere assunte in maniere indipendente rispetto a situazioni di carattere contingente. Valuta quindi positivamente la previsione di un meccanismo permanente di gestione delle crisi finanziarie. Chiede che rapporto vi sia tra gli obiettivi fissati con la strategia UE 2020 e gli impegni recentemente assunti di dimezzamento dei disavanzi entro il 2013 e se il primo semestre dedicato alla revisione dei bilanci sarà ispirato agli uni o agli altri. Ritiene inoltre necessario uno sforzo per rendere compatibili i termini previsti dalla nuova legge di contabilità con l'introduzione del semestre europeo e sottolinea l'esigenza che le Camere provvedano al più presto all'aggiornamento dei rispettivi regolamenti.

Mario PESCANTE, presidente della XIV Commissione, rileva che il coordinamento delle politiche fiscali non attiene in senso stretto alla governance economica ma piuttosto al mercato interno. Ricorda che su questi temi si svolgerà il prossimo 13 luglio alla Camera un incontro con Mario Monti, che presenterà il suo rapporto «Una nuova strategia per il mercato unico».

Amedeo CICCANTI (UdC), riservandosi un maggiore approfondimento sulle numerose questioni sollevate nelle relazioni, che giudica particolarmente interessanti, evidenzia come la comunicazione della Commissione europea renda evidente l'alternativa esistente a livello europeo tra l'allargamento

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dell'Unione e l'approfondimento dei contenuti delle sue politiche. In questo contesto, la comunicazione in esame si pone, a suo avviso, l'obiettivo di migliorare la partecipazione degli Stati membri alle politiche di coesione, anche alla luce della recente crisi che ha interessato la Grecia. Giudica, pertanto, con favore il processo avviato a livello europeo che ha dato origine alla comunicazione in esame, concordando anche sull'opportunità di una valutazione della sostenibilità della crescita economica dei singoli Paesi, in linea con quanto indicato anche dal professor Fitoussi nel corso della sua recente audizione presso la Commissione bilancio, nella quale ha sottolineato l'esigenza, più volte evidenziata anche in altre sedi, di accompagnare l'indicatore del prodotto interno lordo con ulteriori parametri indicativi dell'effettivo sviluppo economico e sociale.

Giulio CALVISI (PD), nel ringraziare i relatori per il lavoro svolto, con riferimento all'adozione del nuovo parametro del debito aggregato del settore pubblico, considerata dal Governo italiano come un grande successo, chiede quali saranno le conseguenze di una simile scelta. All'uopo osserva che, in seguito all'introduzione di tale parametro, che tiene conto anche dell'indebitamento del settore privato, l'Italia occuperebbe una posizione significativamente diversa nelle classifiche economiche europee, ma anche la Grecia si troverebbe tra i primi sei più virtuosi paesi europei, pur versando nella situazione a tutti nota. Ritiene inoltre che, con l'adozione di un tale parametro, potrebbe venire meno l'attenzione alla necessità di ridurre il debito pubblico. Peraltro rileva come, a seconda del parametro adottato, le soluzioni per l'economia saranno differenti e come quindi occorra fare molta attenzione sul punto. Nell'esprimere una valutazione favorevole sull'introduzione del semestre europeo, chiede però in che tempi si potrà raggiungere l'obiettivo di riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo al di sotto del 60 per cento.

Mario PESCANTE, presidente della XIV Commissione, tenuto conto dell'ampio dibattito svoltosi e dei tempi ormai ridotti a disposizione delle Commissioni, propone che le repliche dei relatori ai numerosi quesiti e osservazioni formulate si svolgano in una successiva seduta.

Le Commissioni concordano.

Mario PESCANTE, presidente della XIV Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 30 giugno 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.20 alle 15.25.