CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 aprile 2010
315.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.20.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Nuovo testo C. 1441-quater-D Governo, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianluca PINI, presidente, ricorda che l'avvio dell'esame del provvedimento in Assemblea avrà inizio a partire da domani, mercoledì 28 aprile e che pertanto la XIV Commissione è chiamata ad esprimersi nella seduta odierna, al più tardi entro le ore 14.45.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, illustra i contenuti del provvedimento, ricordando che il disegno di legge C. 1441-quater-D torna all'esame della Commissione XIV a seguito del rinvio del Presidente della Repubblica, con messaggio motivato del 31 marzo 2010. Al riguardo ricorda preliminarmente che nella seduta del 20 aprile 2010, l'Assemblea ha deliberato di limitare l'esame agli articoli 20, 30, 31, 32 e 50.
Con riferimento al contenuto del provvedimento, evidenzia quindi che l'articolo 20 reca disposizioni in materia di infortuni e di igiene del lavoro. In particolare, con un'interpretazione autentica dell'articolo 2, lettera b), della legge-delega n. 51 del 1955, viene esclusa l'applicazione delle norme generali e speciali per la prevenzione degli infortuni del lavoro e per l'igiene del lavoro non soltanto, come già espressamente previsto dalla legge, al «lavoro a bordo delle navi mercantili e a bordo degli aeromobili», ma anche al

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lavoro a bordo del naviglio di Stato, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito.
L'articolo 30 reca disposizioni relative al controllo giudiziale sul rispetto delle «clausole generali» contenute nella disciplina legislativa in materia di lavoro, alla certificazione dei contratti di lavoro nonché alle valutazioni da parte del giudice nei contenziosi concernenti i licenziamenti individuali. Le novità di maggior rilievo sono la «facoltatività» del tentativo di conciliazione rispetto alla vigente obbligatorietà. il fatto che il solo tentativo obbligatorio di conciliazione (a parte quello «giudiziale») rimane quello previsto in caso di ricorso giurisdizionale avverso la certificazione e l'uniformità del sistema di conciliazione nelle controversie di lavoro, indipendentemente dal fatto che attengano al settore pubblico o a quello privato.
L'articolo 31 ridisegna la sezione del codice di procedura civile recante le disposizioni generali in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (articoli da 409 a 412-quater). In estrema sintesi, la disposizione trasforma il tentativo di conciliazione, attualmente obbligatorio, in una fase meramente eventuale, introduce una pluralità di mezzi di composizione delle controversie di lavoro alternativi al ricorso al giudice e rafforza le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro di cui all'articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003. In particolare, si prevede la possibilità di ricorrere all'arbitrato in qualunque fase del tentativo di conciliazione o al suo termine e non solo in caso di insuccesso del tentativo di conciliazione medesimo. In base ad una modifica introdotta nella Commissione XI, l'eventuale mandato al collegio arbitrale di decidere secondo equità dovrà avvenire non solo nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, ma anche dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari. La clausola compromissoria che consente il ricorso all'arbitrato può essere inserita nei contratti se previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro. Inoltre, con una modifica approvata dalla Commissione XI, la clausola compromissoria può essere pattuita e sottoscritta concluso il periodo di prova, ove previsto, ovvero trascorsi trenta giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro. La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro.
L'articolo 32 reca disposizioni relative alle modalità e ai termini per l'impugnazione dei licenziamenti individuali (commi 1-4), precisando che i termini previsti per l'impugnazione si applicano anche ai casi di invalidità e inefficacia del licenziamento, e sui criteri di determinazione della misura del risarcimento nei casi in cui è prevista la conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (commi 5-7).
L'articolo 50 reca due norme di carattere transitorio sui rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. In particolare si introducono specifici criteri di determinazione della misura del risarcimento nei casi in cui sia stata accertata la natura subordinata di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Con una modifica approvata dalla XI Commissione lavoro, si introduce, come ulteriore requisito, per accedere all'indennizzo ridotto come definito dalla disposizione, quello di aver offerto, successivamente alla data di entrata in vigore della legge, un'assunzione a tempo indeterminato, oltre a quello, già previsto dalla disposizione, di aver offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato.
Per quel che concerne l'ambito di competenza della Commissione XIV, assume rilievo l'inserimento operato dalla Commissione XI nel testo del richiamo ai principi regolatori in materia di arbitrato nelle controversie di lavoro derivanti da obblighi comunitari, con particolare riferimento alla possibilità per l'arbitro di decidere secondo equità. In proposito ricordo che l'articolo 30 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea prevede che «ogni lavoratore ha diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato,

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conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Inoltre, la direttiva 2000/78/CE («quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro») prevede, all'articolo 9, che «Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla direttiva». Le istituzioni comunitarie sono intervenute poi nella materia con il Libro verde del 2002 della Commissione europea relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale. In quel documento, la Commissione rilevava che la risoluzione stragiudiziale (o Alternative Dispute Resolution: ADR) «ha mostrato la sua utilità nel campo delle relazioni industriali sia per ciò che concerne i conflitti collettivi d'interessi (sull'adozione o la modifica dei contratti collettivi che richiedono un ravvicinamento di interessi economici in conflitto) che per quanto concerne le controversie relative a dei diritti (sull'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni contrattuali o regolamentari). La maggior parte delle procedure di ADR nel settore delle relazioni industriali rientra nella responsabilità delle parti sociali». Al tempo stesso, il parere del Comitato economico e sociale sul Libro verde individuava alcuni principi fondamentali ai quali, in coerenza con i principi generali dell'ordinamento comunitario, era necessario attenersi nel fare ricorso a forme di arbitrato. Si trattava in particolare di:
il principio d'imparzialità del terzo (conciliatore, mediatore, ecc.) nei confronti delle parti; il terzo non deve avere alcun conflitto d'interessi con le parti e deve fornire loro informazioni sulla sua imparzialità e sulla sua indipendenza ancor prima dell'avvio della procedura di ADR;
il principio di trasparenza; le parti devono avere accesso alle informazioni necessarie in qualsiasi stadio della procedura di ADR (modalità generali - lingue, calendario - svolgimento, costo; valore dell'eventuale accordo);
il principio di efficacia, mediante la facilità di accesso e un costo contenuto per le parti;
il principio di equità; esso significa che il terzo deve riservare alle parti lo stesso trattamento quando le informa circa lo svolgimento della procedura, il loro diritto di ritirarsi in qualsiasi momento dal procedimento per rivolgersi agli organi giurisdizionali o per avvalersi di altre modalità di ricorso extragiudiziali; nel corso dei colloqui tenuti separatamente con il terzo, alle parti va garantito un tempo di parola equilibrato, ecc.;
il principio di riservatezza; gli argomenti addotti dalle parti durante la procedura di ADR assumono carattere confidenziale, al pari di qualsiasi altra informazione, a meno che le parti stesse non abbiano disposto diversamente in maniera esplicita. Lo stesso principio di riservatezza dovrebbe valere anche per i risultati del procedimento di ADR.

Conclusivamente ritiene che la Commissione XIV, apprezzato l'inserimento nel testo del richiamo agli obblighi comunitari, possa esprimere sul provvedimento un parere favorevole e formula pertanto una proposta di parere in tal senso.

Enrico FARINONE (PD), nel ricordare come quello in esame sia il primo provvedimento in materia di lavoro sul quale si registra l'intervento del Presidente della Repubblica e come si sia trattato della prima volta che l'attuale Presidente assume un provvedimento di questa natura, evidenzia che si tratta dell'ennesimo caso di provvedimento «omnibus», tenuto conto dell'eterogeneità delle materie trattate

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e del fatto che il testo è passato, nel corso dell'esame parlamentare, da 9 a oltre 50 articoli. Sottolinea quindi l'estrema delicatezza delle materie affrontate, che avrebbero meritato interventi legislativi dedicati e approfonditi, soffermandosi in primo luogo sulle disposizioni recate dall'articolo 31, che, a suo avviso, non tutelano sufficientemente i diritti dei lavoratori. Occorre avere sempre presente il fatto che il lavoratore è parte debole rispetto al datore di lavoro e pertanto deve essere garantita la sua libertà e volontarietà di ricorrere all'arbitrato, soprattutto in una fase di crisi qual'è quella attuale; si pone inoltre il problema di definire quali siano le materie oggetto dell'arbitrato.
Richiama quindi i contenuti dell'articolo 20, relativo alle responsabilità nei confronti del personale militare che presta la sua opera sul naviglio di Stato, chiedendosi per quale motivo la Marina militare debba essere sollevata dalle proprie responsabilità rispetto a decisioni assunte in passato e hanno determinato gravissimi effetti sulla salute dei lavoratori.
Tenuto conto dei ristretti tempi di esame a disposizione della Commissione non si sofferma sugli ulteriori aspetti critici del provvedimento, preannunciando il voto contrario del PD sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Gianluca PINI, presidente, esprime, a nome del gruppo LNP, il voto favorevole sulla proposta del relatore.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/90/CE del Consiglio, del 29 settembre 2008, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti.
Atto n. 197.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Luca BELLOTTI (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame è stato adottato sulla base della delega contenuta nella legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008), allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2008/90/CE, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti, che abroga la direttiva 92/34/CEE di pari oggetto.
La principale novità della direttiva 2008/90/CE è l'introduzione di un sistema di certificazione europeo per le piante da frutto, volto a garantire un livello qualitativo più elevato dei materiali di moltiplicazione e delle piante da frutto, tramite l'adozione di definizioni e procedure uniformi a livello comunitario.
In sintesi, per quanto riguarda il contenuto della direttiva, essa stabilisce che il materiale di moltiplicazione delle piante da frutto e le piante da frutto dei generi e delle specie elencati negli allegati alla Direttiva stessa, ritenuti di rilevante importanza economica, possano essere immessi sul mercato soltanto se appartenenti alla categoria CAE (conformità agricola europea), o materiali iniziali, di base o certificati.
Per essere classificati come tali, i materiali devono rispondere ai criteri relativi a qualità, stato fitosanitario, metodi e procedure d'esame, sistemi di moltiplicazione e carattere varietale di cui alle schede tecniche e devono essere stati riconosciuti come conformi alle condizioni suddette in seguito a ispezione ufficiale.
Le schede sono previste dalla direttiva 93/48/CEE della Commissione, del 23 giugno

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1993, che stabilisce la scheda sui requisiti da rispettare per i materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e per le piante da frutto destinate alla produzione di frutta. Inoltre, il materiale di moltiplicazione o le piante da frutto nella maggior parte dei casi possono essere commercializzati soltanto da fornitori autorizzati i cui metodi di produzione e stabilimenti rispettano i requisiti della direttiva. Sono anche definite norme relative alla separazione dei lotti, all'identificazione delle varietà e all'etichettatura per garantire l'identità e la corretta commercializzazione del materiale.
È stabilito che spetti innanzitutto ai fornitori di materiali di moltiplicazione e/o di piante da frutto garantire che i prodotti rispondano alle condizioni fissate dalla direttiva.
Il materiale di moltiplicazione e le piante da frutto provenienti da paesi non comunitari possono essere commercializzati all'interno della Comunità europea solo se offrono le stesse garanzie del materiale prodotto nella Comunità.
Per quanto riguarda l'Italia, attualmente la materia è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica 697/1996 (Attuazione della direttiva 92/34/CEE in materia di piante da frutto), che l'articolo 14 del testo in esame provvede ad abrogare.
L'articolo 20 della Direttiva 80/2009 prevede che gli Stati membri adottino le disposizioni necessarie per conformarsi alle seguenti norme della Direttiva stessa:
all'articolo 1, paragrafi 2 e 3, che individua l'ambito applicativo. Al riguardo l'articolo 1 dello schema in esame, secondo quanto prescritto dalla direttiva, ne delimita il campo di applicazione, rinviando all'allegato I per l'individuazione dei generi e alle specie dei materiali di moltiplicazione di piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti, nonché ai loro ibridi;
all'articolo 2 che detta le definizioni. Al riguardo l'articolo 2 dello schema riproduce l'elenco delle definizioni tecniche contenute nella Direttiva 2008/90 al fine di armonizzare le espressioni normative utilizzate nei diversi Stati membri;
all'articolo 3 che prevede i requisiti generali per l'immissione sul mercato. Recependo quanto prescritto dalla Direttiva l'articolo 4 dello schema detta i requisiti e le condizioni generali che consentono la commercializzazione dei materiali;
agli articoli 5 e 6 che prevedono gli specifici requisiti per i fornitori; L'articolo 5 dello schema riproduce le citate norme della Direttiva individuando gli obblighi dei fornitori con riferimento allo svolgimento delle attività di produzione e commercializzazione dei materiali;
all'articolo 7, paragrafi 2, 3 e 4 relativo all'identificazione della varietà. L'articolo 6 attua l'articolo 7 della Direttiva con riguardo alle caratteristiche dell'identificazione delle varietà cui i diversi materiali appartengono, in modo che alla medesima denominazione varietale corrispondano univoche caratteristiche a livello comunitario;
all'articolo 9, paragrafo 3 in merito all'etichettatura di varietà geneticamente modificate; Al riguardo l'articolo 8 dello schema detta un'apposita norma per l'etichettatura e per gli eventuali documenti di accompagnamento prescrivendo l'obbligatoria indicazione in caso di varietà geneticamente modificata, corredata della specificazione degli organismi geneticamente modificati;
all'articolo 12, paragrafo 2, sui materiali di moltiplicazione e piante da frutto prodotti nei paesi terzi; In attuazione di esso l'articolo 9 regola le importazioni di materiali da paesi terzi che è consentita solo ove gli stessi materiali siano prodotti secondo criteri equivalenti a quelli comunitari.
all'articolo 13, paragrafo 1, che disciplina le ispezioni ufficiali e all'articolo 16 che regola le azioni di seguito alle ispezioni da parte degli Stati membri. Al riguardo l'articolo 10 dello schema prevede che l'Organismo ufficiale competente

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(Servizio fitosanitario Nazionale) effettui ispezioni negli stabilimenti dei fornitori sui materiali di moltiplicazione e le piante da frutto e che qualora accerti che non siano state rispettate le prescrizioni fissate dal presente decreto adotti le misure necessarie per ripristinare la conformità, oppure ne vieti la commercializzazione nella UE e ne informi il Ministero delle politiche agricole;
all'articolo 21 che prevede le misure transitorie. L'articolo 11 dello schema riproduce fedelmente quanto previsto nella citata disposizione della Direttiva consentendo la commercializzazione di materiali ottenuti da piante parentali esistenti in data anteriore al 30 settembre 2012 sempre che rispondano a determinati requisiti.

Lo schema in esame contiene altresì diverse disposizioni che non sono espressamente richieste dalla Direttiva sebbene risultino funzionali all'attuazione della stessa.
In particolare, l'articolo 3 individua il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali quale autorità di coordinamento delle attività relative all'attuazione della Direttiva. È previsto che per lo svolgimento di tali attività il Ministero si avvalga della collaborazione del Servizio nazionale di certificazione (istituito, presso il Ministero delle politiche agricole, dall'articolo 2 del decreto ministeriale 24 luglio 2003. Esso è costituito dal Comitato nazionale per la certificazione, dalla Segreteria operativa e dai servizi fitosanitari delle regioni).
L'articolo 7 istituisce, nell'ambito del Ministero delle politiche agricole, il Registro nazionale delle varietà delle piante da frutto ammesse alla commercializzazione. Le caratteristiche di esso, le modalità di iscrizione delle varietà e i dati da iscrivere saranno adottati ai sensi dell'articolo 3 del testo in esame. Osserva sul punto che potrebbe essere opportuno, con finalità di tutela della biodiversità, prevedere anche un registro nazionale delle varietà delle piante da frutto non ammesse alla commercializzazione. Si tratta naturalmente di un aspetto che potrà essere valutato in sede di XIII Commissione.
L'articolo 12 prevede la clausola di cedevolezza con riguardo agli ambiti di competenza legislativa delle Regioni.
L'articolo 13 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 14 provvede all'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n.697 che attualmente regola la materia.
Quanto ai documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, ricorda che il 28 settembre 2009 la Commissione ha presentato il piano di azione per la revisione della legislazione comunitaria sulla commercializzazione dei semi e dei materiali di moltiplicazione delle piante (SEC (2009)1272). Attualmente la materia è disciplinata da 12 direttive, tra le quali la direttiva 2008/90/CE la cui attuazione è oggetto dello schema in esame.
Il piano di azione della Commissione è basato sui risultati di una valutazione della legislazione vigente operata da consulenti esterni negli anni 2007 e 2008 nonché di un'ampia consultazione dei soggetti interessati, che avrebbero evidenziato alcuni aspetti problematici: eccessiva complessità e attuazione non armonizzata della legislazione comunitaria; necessità di ulteriori misure di attuazione a livello nazionale; quadro non armonizzato in materia di condivisione di costi e responsabilità; mancanza di circuiti organizzati per lo scambio delle informazioni fra Stati membri.
Pertanto, il piano di azione delinea un programma di lavoro di circa 2 anni e mezzo che si prefigge, tra l'altro, i seguenti obiettivi: un quadro legislativo orizzontale; l'attuazione armonizzata della legislazione da parte degli Stati membri; la riduzione dei costi amministrativi; la coerenza con altre politiche dell'UE (tra le quali agricoltura, ambiente, sicurezza alimentare, organismi geneticamente modificati, salute delle piante); la possibile estensione del ruolo dell'Ufficio comunitario delle varietà vegetali.

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Per quanto riguarda in particolare il primo risultato - vale a dire la presentazione di una proposta legislativa univoca, che il piano di azione fissa per il 2011 - l'obiettivo è quello di modernizzare e semplificare l'attuale normativa al fine di:
assicurare la disponibilità di semi e materiali di moltiplicazione sicuri e di qualità e, in tal modo, promuovere la salute delle piante e sostenere agricoltura, l'ortocultura e la forestazione;
garantire che semi e materiali di moltiplicazione corrispondano alle aspettative degli utenti;
contribuire a fermare la perdita di biodiversità;
assicurare l'attuazione armonizzata della legislazione;
migliorare la competitività economica assicurando la libera circolazione di semi e materiali di moltiplicazione.

Gianluca PINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire - e ricordato che sull'atto non è ancora pervenuto il parere della Conferenza Stato-Regioni - rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.