CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 giugno 2010
338.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03051 Maran: Sulla chiusura della sede dell'UNHCR a Tripoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

Come riportato dai principali media italiani e internazionali, le Autorità libiche hanno disposto nei giorni scorsi la chiusura dell'Ufficio dell'UNHCR a Tripoli, invitando il personale internazionale a lasciare la Libia una volta completate le procedure amministrative. La partenza potrebbe quindi già nelle prossime settimane. Frattanto, sono sospesi i programmi di assistenza ai richiedenti asilo e ai rifugiati gestiti dall'UNHCR.
Stando alle informazioni raccolte dalla nostra Ambasciata a Tripoli, il Ministero libico degli Affari Esteri aveva chiesto all'UNHCR di interrompere le proprie attività già a marzo, adducendo come motivazione il fatto che la Libia non è parte della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951 e non è mai stato concluso un Accordo di Sede per consentire all'UNHCR di operare in Libia.
Nei giorni scorsi, il Ministero degli Esteri libico ha ribadito la stessa posizione all'UN Resident Coordinator, sollecitando l'immediata chiusura dell'Ufficio dell'UNHCR a Tripoli. Linea confermata, lo scorso 9 giugno, anche da un comunicato ufficiale del Ministero libico degli Affari Esteri.
Malgrado operasse il Libia soltanto sulla base di una situazione de facto, l'UNHCR ha svolto una azione preziosa. Basti pensare, in particolare, allo screening nei campi di raccolta di clandestini per il riconoscimento dello status di rifugiato, al rinnovo dei documenti di identità ai rifugiati soggiornanti in Libia, all'organizzazione di operazioni di ristabilimento di rifugiati in altri Paesi, principalmente europei, tra cui l'Italia.
Il Governo ha espresso più volte il suo apprezzamento per questo operato e per un'azione, condotta d'intesa con le autorità libiche, che dimostrava la crescente sensibilità di Tripoli nei confronti della problematica dei rifugiati e la sua volontà di collaborare con le competenti organizzazioni internazionali a una migliore gestione del fenomeno.
Le operazioni di «resettlement» dalla Libia in Italia di rifugiati (40 persone accolte nel 2007, 29 nel 2008 e 67 nell'ottobre 2009) testimoniavano altresì dell'impegno umanitario del nostro Paese e della costante collaborazione con l'UNHCR, l'OIM e le Autorità libiche, ai fini di una adeguata tutela dei migranti e delle persone che necessitano di protezione internazionale.
Come lo stesso Ministro Frattini ha sottolineato fin dal primo momento, il Governo auspica che le autorità di Tripoli e l'UNHCR avviino quanto prima un negoziato che consenta a quest'ultimo di riprendere quanto prima le proprie attività in Libia. Un auspicio che ha fatto oggetto anche di una lettera che il Ministro Frattini ha inviato al Ministro degli Esteri libico, Musa Kusa.

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ALLEGATO 2

5-03052 Evangelisti: Sui recenti sviluppi della situazione in Kirghizistan.

TESTO DELLA RISPOSTA

Tra il 5 ed il 7 aprile, il Kirghizistan è stato teatro di moti di piazza che hanno determinato lo scioglimento del Parlamento, la formazione di un «governo provvisorio» (guidato dall'ex Ministro degli Esteri, Roza Otumbaeva) e, da ultimo, la fuga dal Paese del Presidente Kurmanbek Bakyev.
Quest'ultimo avvenimento, che sembrava all'inizio aver scongiurato i rischi di uno scontro tra un sud «pro-Bakyev» ed un nord a lui contrario, non ha tuttavia risolto una situazione estremamente fragile, dovuta ai limiti intrinseci del «governo provvisorio». La Otumbaeva ha infatti carisma ed esperienza internazionale ma non una forte base di consenso. Gli altri leader politici (i quattro Vice Premier Atambaev, Sariev, Tekebaev e Beknazarov nonché il responsabile delle forze di sicurezza Isakov) sono invece rappresentanti di fazioni familiari, regionali ed economiche in lotta fra loro per l'acquisizione del potere.
Il «governo provvisorio» ha preconizzato un percorso di uscita dalla crisi attraverso un referendum sulla nuova costituzione, previsto il 27 giugno, e nuove elezioni presidenziali, fissate per il 10 ottobre.
Tale scenario è stato profondamente scosso dagli incidenti registrati a Osh, nel Sud del Paese, dove il Governo aveva cancellato da pochi giorni lo stato di emergenza decretato lo scorso 19 maggio.
Nella notte del 10 giugno si sono registrati violenti scontri di piazza fra gruppi di giovani e forze dell'ordine, dopo che alcune manifestazioni pubbliche avevano causato danni anche gravi alle proprietà di cittadini di etnia uzbeka. Gli scontri sono proseguiti nei giorni successivi, annoverando anche la rappresaglia uzbeka nei confronti dei kyrgyzi, con un bilancio delle vittime che conta 170 morti e 1.762 feriti, secondo gli ultimi dati forniti dal Governo.
Merita ricordare che nell'estate 1990 vi furono oltre 1.500 morti nella medesima regione a cavallo della frontiera con l'Uzbekistan. Quest'ultimo ha comunque deciso di aprire le frontiere con il Kirghizistan per consentire il transito dei rifugiati uzbeki, che avrebbero raggiunto il numero di 80.000 persone, secondo la Croce Rossa Internazionale, ed ha diffuso un comunicato in cui esprime viva preoccupazione per gli atti di violenza e fiducia nelle «forze sane» del Paese per arginare l'illegalità e la criminalità, preservandone il carattere multietnico. Attualmente vi è una situazione fortemente critica per le migliaia di rifugiati uzbeki accalcati alla frontiera che necessitano di urgente assistenza umanitaria.
Sul piano interno, il Governo provvisorio, guidato da Roza Otumbaeva, ha reintrodotto lo stato di emergenza nell'area di Osh imponendo il coprifuoco e disponendo misure per ripristinare l'ordine.
Alcune zone della città di Osh permangono tuttora fuori controllo, mentre gli incidenti si sono propagati nell'area di Jalalabad, dove pure è stato imposto il coprifuoco. La Otumbaeva ha inoltre scritto al Presidente russo Medvedev, chiedendo un intervento per ripristinare l'ordine. Mosca ha tuttavia replicato che le proprie forze presenti nella base di Kant non interverranno, in quanto la crisi in

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atto è «un conflitto interno». Si è tenuta a Mosca una riunione dei capi della sicurezza nazionale del CSTO (Collective Security Treaty Organization), che ha lasciato «tutte le opzioni aperte», puntando al momento sul sostegno al dialogo inter-etnico, il controllo delle frontiere e l'adozione di misure di sicurezza più ferme. Alla riunione sono stati rappresentati Russia, Belarus, Armenia, Kazakhstan, Tagikistan e Uzbekistan, insieme al Ministro degli Esteri ad interim del Kirghizistan.
In ambito ONU, si è tenuto un briefing a porte chiuse in Consiglio di Sicurezza, che ha espresso grave preoccupazione, condannato le violenze ed assicurato sostegno all'azione delle preposte agenzie ONU per far fronte alla crisi umanitaria in atto.
A fronte della crisi, il Governo italiano si è attivato per concordare a livello europeo una comune linea di azione, che tenesse anche conto del possibile apporto dell'OSCE.
Le priorità sostenute dal Governo italiano sono state recepite nel testo delle conclusioni sul Kirghizistan, adottate lo scorso 14 giugno dal Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'UE, che, nell'esprimere preoccupazione per gli atti di violenza, ribadisce la necessità di proseguire il lavoro teso allo stabilimento di istituzioni democratiche nel Paese, garantisce la disponibilità ad inviare aiuti umanitari UE, invita tutte le parti coinvolte, inclusi i Paesi limitrofi, a collaborare per la salvaguardia della popolazione in pericolo, e prevede l'invio di una missione del Rappresentante Speciale dell'Unione Europea, Ambasciatore Morel, in Kirghizistan per allacciare contatti con le parti per favorire un immediato ristabilimento della normalità.
L'azione di Morel dovrà essere strettamente coordinata con quella dei Rappresentanti dell'OSCE, la cui Presidenza è peraltro attualmente affidata al confinante Kazakhstan, e dell'ONU, al fine di creare una sinergia tra gli sforzi di mediazione in atto. Il Governo vede altresì con favore i contatti, avviati con il contributo determinante della Russia, che potrebbero condurre ad un positivo coinvolgimento di organi di sicurezza regionale come la CSTO (Collective Security Treaty Organization) e la SCO (Shanghai Cooperation Organization).
In conclusione il Governo italiano rimane fortemente impegnato con gli altri partner europei sia per dare un contributo positivo alla stabilizzazione democratica del Kirghizistan, sia per giungere ad una soluzione rapida della grave crisi umanitaria che si sta registrando alla frontiera con l'Uzbekistan.

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ALLEGATO 3

7-00328 Zacchera: Sulla tassazione delle transazioni finanziarie internazionali.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione,
premesso che:
l'attuale crisi finanziaria globale, di dimensioni storiche, sta provocando danni non solo alle economie dei Paesi avanzati, ma soprattutto anche alle fragili economie dei Paesi in via di sviluppo;
secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), a seguito della crisi finanziaria, nell'ultimo anno milioni di donne e uomini hanno perso il lavoro, con un incremento di disoccupati di circa 34 milioni dal 2007, e la situazione sta peggiorando stante la recessione economica globale che colpisce quasi tutte le parti del mondo;
secondo dati FAO a causa della suddetta crisi finanziaria cento milioni di persone in più oggi soffrono la fame e sono spinte sull'orlo della povertà e certo non saranno raggiunti gli obbiettivi che la stessa FAO si era prefissata;
tra le ragioni della crisi finanziaria vi è il comportamento irresponsabile di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno tratto indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione delle transazioni finanziarie scatenando la crisi finanziaria o comunque avendone gravi responsabilità;
secondo i dati dell'OCSE i Governi dei paesi industrializzati hanno destinato 11.400 miliardi di dollari al salvataggio delle banche, ma le risorse per arginare i danni sociali ed economici della crisi sono del tutto insufficienti;
nel settembre del 2009, il comunicato finale dei leader del G20 di Pittsburgh ha incaricato il Fondo Monetario Internazionale di stilare entro giugno 2010 un rapporto che individui delle opzioni sui modi in cui «il settore finanziario possa dare un contributo giusto e sostanziale per coprire i costi associati agli interventi governativi tesi a riparare il sistema bancario» (comunicato finale del G20 di Pittsburgh - paragrafo 16);
la tassa sui servizi finanziari è stata menzionata dalla Commission of experts of the international financial and monetary system dell'ONU (più conosciuta come «Commissione Stiglitz») come un modo per rendere più stabile e prevedibile la finanza per lo sviluppo e per stabilizzare i mercati finanziari;
è stato creato un gruppo di lavoro a cura del Leading group on solidarity levies to fund development, forum che comprende oltre 50 Paesi di diversi continenti, per studiare proposte sulle tasse finanziarie internazionali;
è stata creata, da 12 Paesi tra cui l'Italia, nell'ottobre 2009 la Task force on international financial transactions for development a Parigi per studiare la fattibilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie;
il Parlamento Europeo ha riconosciuto l'importanza del dibattito che si sta

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sviluppando a livello internazionale sull'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziari adottando il 3 marzo 2010 una risoluzione in cui si richiede alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione, auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea al summit del G20;
la suddetta tassa potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo stabilendo quali transazioni debbano essere soggette a transazione e quali invece si ritiene possano esserne escluse;
la tassa sulle transazioni finanziarie darebbe la possibilità concreta di riscuotere un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo per l'utilizzo delle risorse generate;
la suddetta tassa rappresenterebbe un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che a causa dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie reali hanno subito un forte aumento del loro debito pubblico con pericolosi tagli alle spese sociali e al welfare;
l'introduzione della suddetta tassa diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minor rischi degli investimenti esteri;
la tassa sulle transazioni finanziarie, genera risorse che possono essere impiegate per far fronte ai danni sociali della crisi e nell'aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri;
in assenza di tali risorse addizionali gli obiettivi di sviluppo del millennio verrebbero disattesi;

impegna il Governo:

a sostenere in sede di Unione europea e durante i negoziati del processo G8 e G20 la valutazione della fattibilità dell'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie sulle principali valute internazionali;
qualora emerga il necessario consenso internazionale, a collaborare con le istituzioni internazionali e gli altri Governi che si sono già espressi a favore della tassa sulle transazioni finanziarie al fine di predisporre una proposta per la sua implementazione;
a garantire che una percentuale significativa delle risorse che sarebbero generate dagli introiti della tassa sulle transazioni finanziarie venga impiegata per tenere fede agli impegni assunti per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015.
(8-00075)«Zacchera».

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ALLEGATO 4

7-00333 Barbi: Sulla tassazione delle transazioni finanziarie internazionali.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione:
premesso che:
la crisi economico-finanziaria internazionale ha evidenziato le numerose debolezze dell'attuale sistema, ponendo con forza la necessità di adottare misure e politiche in ambito fiscale e finanziario in grado di stabilizzare il sistema bancario, rilanciare l'economia reale e coprire i costi della crisi;
l'impatto della crisi a livello globale sulle già fragili economie dei paesi in via di sviluppo e del terzo mondo rischia di essere ancora più vistoso rispetto alle conseguenze negative prodotte sui sistemi di welfare e sui livelli occupazionali dei paesi occidentali. Nei paesi in via di sviluppo, infatti, la crisi finanziaria arriva immediatamente dopo la crisi agricola, quella alimentare e quella climatica del 2007-2008, traducendosi in un aumento di 260 milioni di poveri, che si aggiungono agli 800 milioni che già vivono con meno di due dollari al giorno. Sempre in conseguenza della crisi gli Aiuti Pubblici allo Sviluppo, stanziati dai paesi più avanzati e già fortemente inadeguati alle necessità del sud del mondo, vengono automaticamente e drasticamente ridotti;
le misure fino ad oggi adottate per arginare la crisi globale appaiono inadeguate e insufficienti. Affinché le conseguenze della crisi finanziaria non siano subite dai soli contribuenti, occorre prevedere misure che non esentino da responsabilità gli operatori finanziari che devono farsi carico, almeno per una parte, dei costi della ripresa - vieppiù se si considera che la crisi origina soprattutto dalla finanza speculativa che trae indebiti vantaggi da operazioni finanziarie ad alta frequenza e a brevissimo termine;
la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Act - FTT), se realizzata in modo appropriato, potrebbe contribuire a coprire i costi generati dalla crisi, rappresentando un'efficace misura per frenare le attività speculative, senza colpire l'economia reale, e un utile strumento per reperire risorse da destinare allo sviluppo. Un tale prelievo fiscale colpirebbe le operazioni a breve termine, maggiormente inclini a scopi speculativi e responsabili dell'instabilità dei prezzi. Tuttavia, una tassazione di questo tipo, per la sua stessa natura, non sarebbe efficace se applicata da una sola nazione, e richiederebbe una previsione e implementazione a livello sopranazionale;
numerosi Stati e istituzioni internazionali hanno deciso di riesaminare e di valutare portata e implementazione di una tassa sulle transazioni finanziarie (FTT), proprio in considerazione della necessità di assumere decisioni capaci di attenuare l'impatto della crisi e di reperire risorse in favore della ripresa e dello sviluppo. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale, da sempre contrario a tassare le operazioni finanziarie, ora riconosce la necessità di porre dei vincoli ai flussi di capitali, anche

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con tassazioni analoghe alla cosiddetta Tobin Tax o alla sua variante Spahn Tax;
nel settembre 2009, a Pittsburgh, il G20 ha approvato una risoluzione per affidare al Fondo Monetario Internazionale il compito di elaborare il piano per una tassazione delle transazioni finanziarie che assicuri il contributo del settore finanziario alle misure per combattere la crisi economica globale. Come effetto di questa risoluzione l'FMI ha in corso una consultazione pubblica mondiale per l'acquisizione di pareri per la definizione del piano, da presentare al prossimo G20 in Canada;
il Leading Group on Solidarity Levies to Fund Development, che comprende oltre 50 Paesi di diversi continenti, ha deciso di creare un gruppo di lavoro per studiare proposte da sottoporre in tutti i principali forum internazionali. Il 22 ottobre 2009 è stata creata a Parigi la Task Force on International Financial Transactions for Development, che comprende 12 Paesi, tra cui anche l'Italia, per studiare la fattibilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie;
la Commission of Experts of the International Financial and Monetary System dell'ONU - conosciuta come «Commissione Stiglitz» - ha menzionato la tassa sui servizi finanziari come un modo per rendere più stabile e prevedibile la finanza per lo sviluppo e per stabilizzare i mercati finanziari;
il 16 dicembre 2009 il Consiglio economico e sociale europeo ha adottato il parere denominato «Aiutare i paesi in via di sviluppo nel far fronte alla crisi», nel quale si raccomanda la tassazione delle transazioni finanziarie;
a febbraio 2010 nel Regno Unito una coalizione guidata dal sindacato britannico TUC e dalle maggiori organizzazioni della società civile internazionale (Oxfam, ActionAid e Save the Children, eccetera) ha lanciato la campagna Stamp Out Poverty, per garantire il sostegno popolare e dei media ad una tassazione delle transazioni finanziarie. Anche in Italia una larga coalizione di associazioni e la sezione italiana di Social Watch, ha lanciato la «Campagna per la Riforma della Banca Mondiale», collegata con l'analoga campagna internazionale Make Finance Work che sollecita i capi di Stato e di Governo del G20 a concordare una tassa sulle transazioni finanziarie;
il 3 marzo 2010 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione su «Tassazione delle transazioni finanziarie e la sua efficace applicazione» chiedendo alla Commissione di elaborare, in vista del prossimo vertice del G20, una valutazione d'impatto della tassazione delle operazioni finanziarie a livello mondiale, «esaminandone vantaggi e svantaggi». Il 10 marzo 2010 anche la Confederazione europea dei sindacati, nella risoluzione adottata su «Crisi economica: nuove fonti di finanziamento» ha chiesto alle istituzioni europee e agli Stati membri di perseguire una posizione comune per la tassazione delle transazioni finanziarie;
numerosi governi europei, come Francia e Belgio, hanno già in parte adottato tale tassazione, mentre in altri paesi, come la Germania e l'Austria, il dibattito vede il convergere di posizioni favorevoli di esponenti di tutti gli schieramenti politici. Anche se tasse di questo tipo già esistono in alcuni Paesi l'idea di adottarle su scala globale si sta facendo sempre più strada tra i leader di molti Paesi europei e non solo;
la preoccupazione per l'inadempienza degli impegni presi da molti Stati, tra i quali l'Italia, in ambito internazionale sulla lotta alla povertà, sollecita una riconsiderazione della proposta di tassazione sulle transazioni finanziarie, quale utile strumento volto ad aumentare le risorse disponibili per lo sviluppo e per il raggiungimento degli obiettivi del millennio che, in assenza di risorse economiche addizionali, rischiano di essere completamente disattesi;
è importante che anche l'Italia contribuisca a definire una politica comune

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europea in sostegno di un approfondimento circa la fattibilità dell'introduzione di un prelievo fiscale sulle transazioni finanziarie;

impegna il Governo:

a sostenere nelle sedi competenti internazionali la necessità di una valutazione di impatto e di fattibilità finalizzata all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
a prevedere, qualora emerga il necessario consenso internazionale, che una parte cospicua delle risorse derivanti dal gettito della tassazione delle transazioni finanziarie (FTT) siano destinate al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015;
a svolgere una relazione periodica, in sede parlamentare, sullo stato e sui risultati prodotti dai vertici e dagli organismi di studio internazionali, con particolare riguardo agli esiti della Task Force on International Financial Transactions for Development e della cosiddetta «Commissione Stieglitz» istituita presso le Nazioni Unite.
(8-00076)«Barbi».

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ALLEGATO 5

7-00346 Evangelisti: Sulla tassazione delle transazioni finanziarie internazionali.

NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione,
premesso che:
nel corso dell'ultimo decennio si sono prodotti notevoli cambiamenti negli scenari dell'economia mondiale. Infatti, secondo autorevoli esponenti della comunità accademica e importanti istituzioni internazionali come le Nazioni Unite o la Banca mondiale, alcune tra le più rilevanti trasformazioni si sono registrate nel campo della finanza e della distribuzione del reddito;
il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali e la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito alla inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, durante gli anni '90, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
il succedersi continuo di crisi valutarie in Europa, in Russia, nel Sud Est asiatico e in America latina, non ultima quella che si sta attraversando, l'assenza di basi oggettive in grado di spiegare gli enormi, repentini afflussi e deflussi di capitale che spesso attraversano i Paesi meno sviluppati, l'irrazionale euforia che ha guidato l'ascesa e il declino dell'economia americana e gli squilibri di bilancia dei pagamenti ad essa associati, questi e molti altri eventi hanno sollevato fortissimi dubbi sulle proprietà taumaturgiche del libero mercato, in particolare del mercato finanziario;
l'impatto che in particolar modo potrebbe avere la recente crisi a livello globale sulle già precarie e fragili economie dei Paesi in via di sviluppo e del Terzo mondo (con riguardo soprattutto ai fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo) rischia naturalmente di avere ben più gravi conseguenze di quelle che patiscono le società occidentali;
gran parte della comunità accademica sembra ormai aver fatto propria una famosa affermazione del premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, secondo il quale il sostegno politico degli ultimi vent'anni alla deregolamentazione finanziaria è stato «fondato più su un legame ideologico nei confronti di una concezione idealizzata dei mercati che sull'analisi dei fatti o della teoria economica». La medesima concezione idealizzata dei mercati ha spesso indotto a trascurare le straordinarie divaricazioni dei redditi associate al dilagare dei fenomeni di instabilità valutaria e finanziaria;
la rinnovata presa di coscienza nei confronti della strutturale instabilità dei mercati monetari e finanziari e dei danni che essa è in grado di provocare ha riaperto il dibattito sulla necessità di attribuire alla politica rinnovati strumenti di controllo e di governo delle dinamiche economiche;
un primo passo nella direzione del necessario cambiamento di rotta sopra

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evocato è stato da tempo individuato in una proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sulla istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax» che ha raccolto negli ultimi anni il consenso di gruppi, movimenti politici, Parlamento e Governi sempre più numerosi e significativi e una straordinaria convergenza a sostegno della stessa da parte di economisti di diversa provenienza culturale e politica;
si tratta di una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che appare essere in grado di contribuire contemporaneamente alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari, all'aumento dei margini di manovra delle autorità di politica economica nazionale e all'intervento redistributivo per rimediare, almeno in parte, alle sperequazioni dei redditi verificatesi nel corso di questi anni;
si parla dunque di un'imposta proporzionale al valore di ogni transazione valutaria effettuata, ed è pagata in egual misura da entrambe le parti del contratto. Questo significa, ad esempio, che a fronte di una conversione di un milione di euro in dollari, un'imposta dello 0,1 per cento (ma potrebbe ovviamente essere anche di entità minore) imporrebbe a ognuno dei contraenti di versare al fisco 1.000 euro, o il loro equivalente in dollari;
sul piano politico, l'istituzione della «Tobin tax» potrebbe simbolicamente rappresentare una netta inversione di tendenza rispetto alle scelte di deregolamentazione dell'ultimo ventennio, uno strumento semplice, dunque, per il perseguimento di molti obiettivi complessi, sia operativi sia politici, non ultimo quello di contribuire a determinare risorse addizionali per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e per far fronte ai danni sociali causati dalla crisi attuale soprattutto rispetto all'erogazione dell'aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri,

impegna il Governo:

a sostenere nelle sedi competenti l'opportunità di una valutazione di impatto e di fattibilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie finalizzata al sostegno delle politiche di cooperazione allo sviluppo;
a monitorare e verificare, qualora emerga il necessario consenso internazionale, che una significativa percentuale di tale tassazione venga effettivamente impiegata per il raggiungimento degli Obiettivi del millennio che vedono proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, ovvero dello 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e dello 0,7 per cento entro il 2015;
a relazionare compiutamente e periodicamente al Parlamento circa i risultati derivanti dalle decisioni che verranno conseguentemente adottate dagli organismi internazionali.
(8-00077)«Evangelisti».