CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 6 maggio 2010
320.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 6 maggio 2010. - Presidenza del presidente della II Commissione, Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.05.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 3402 Governo, approvato dal Senato, e C. 1917 Maran.
(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame dei provvedimenti.

Alessandro MARAN (PD), relatore per la III Commissione, osserva come 12.300.000 persone, secondo l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, siano sottoposte a ogni sfruttamento lavorativo e sessuale, di cui 500.000 solo in Europa. Circa 800.000 persone sono trasportate ogni anno oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi. L'80 per cento delle vittime è costituito da donne e ragazze; in più del 50 per cento dei casi, minorenni.
Nel nostro Paese, secondo quanto riporta un'accuratissima relazione presentata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, tra il 2000 ed il 2008 quasi 50.000 persone sono state vittime di sfruttamento a scopi di prostituzione. Nello stesso periodo di riferimento, sono stati realizzati 13.517 programmi di sostegno a vittime di tratta, dei quali 938 in favore di minori.
È significativo che nella normativa nazionale e internazionale vigente in materia si sottolinei il nesso funzionale tra tratta di persone e schiavitù, ove la prima rappresenta alternativamente il presupposto o il referente teleologico della seconda. Più precisamente, la tratta di persone costituisce oggi una delle più diffuse e insidiose forme di neoschiavismo, oggetto di denuncia, contrasto e repressione a livello internazionale, in quanto crimine contro l'umanità e segnatamente lesivo della dignità e dello status libertatis della persona.

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La rilevanza politico-criminale del contrasto al fenomeno della tratta di persone, quale espressione di una politica internazionale volta alla salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, emerge in maniera emblematica nella trama normativa della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, adottata a Varsavia il 16 maggio 2005, firmata dall'Italia in data 8 giugno 2005, e di cui i progetti di legge in esame prevedono la ratifica, in ottemperanza all'obbligo politico di natura internazionale assunto dal nostro Paese all'atto della firma della Convenzione medesima.
Venendo ai profili di competenza della Commissione Affari esteri, evidenzia in primo luogo che la Convenzione, attualmente ratificata da 27 Stati, disciplina da un lato il fenomeno della tratta nel suo complesso - considerandolo una violazione dei diritti umani ed un affronto alla dignità e all'integrità delle persone - individuando misure finalizzate a prevenire e contrastare il fenomeno; dall'altro lato, garantisce alle vittime standards di tutela ispirati al principio del riconoscimento dei diritti fondamentali dell'individuo.
I suoi obiettivi sono: prevenire e combattere la tratta di esseri umani, garantendo la parità tra le donne e gli uomini; proteggere i diritti umani delle vittime della tratta, delineare un quadro completo per la protezione e l'assistenza alle vittime e ai testimoni, garantendo la parità tra le donne e gli uomini, in modo da assicurare indagini e procedimenti giudiziari efficaci; promuovere la cooperazione internazionale nel campo della lotta alla tratta di esseri umani.
Per assicurare una messa in opera efficace da parte delle Parti delle sue disposizioni, la Convenzione stabilisce inoltre uno specifico meccanismo di monitoraggio e di controllo indipendente.
L'accordo non si riferisce unicamente alla tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma anche al lavoro forzato e ad altre pratiche di traffico illecito delle persone.
Il principio fondamentale riguarda quindi la protezione e la promozione dei diritti delle vittime, che devono essere assicurate senza alcuna discriminazione di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche, difendendo la propria origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la proprietà, la nascita o altra situazione.
Nessun altro testo internazionale prima di questo documento, ha fissato una definizione di vittima, in quanto veniva lasciato a ciascun Stato il compito di definire chi doveva essere considerato una vittima, potendo quindi usufruire delle misure di tutela e di assistenza.
Nella Convenzione del Consiglio d'Europa si definisce invece vittima ogni persona oggetto di tratta e viene stabilito, inoltre, un elenco di disposizioni obbligatorie di assistenza a favore delle vittime della tratta. In particolare, le vittime della tratta devono ottenere un'assistenza materiale e psicologica, e un supporto per il loro reinserimento nella società. Tra le misure previste, sono indicate le cure mediche, le consulenze legali, le informazioni e la sistemazione in un alloggio adeguato.
Si prevede, inoltre, un risarcimento per un periodo di ristabilimento e di riflessione di almeno 30 giorni. Vi è anche la possibilità di rilasciare dei permessi di soggiorno alle vittime della tratta, o per ragioni umanitarie, oppure nel quadro della loro cooperazione con le autorità giudiziarie. La Convenzione prevede anche una possibile scriminante per loro coinvolgimento delle vittime della tratta in attività illegali, nella misura in cui vi siano state costrette.
In tale contesto si inquadra un efficace sistema di assistenza alle vittime del trafficking, che comprende la concessione de iure di permessi di soggiorno per ragioni umanitarie (come già previsto dal nostro ordinamento), di ammissione al gratuito patrocinio, nonché al fondo per le vittime della tratta, già istituito, peraltro, dall'Italia con la legge n. 228 del 2003.
Non basta infatti rafforzare maggiormente la cooperazione per il contrasto del fenomeno criminale da parte delle Forze dell'ordine e della magistratura, ma anche - parallelamente - potenziare la capacità

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di risposta dei servizi sociali. Occorre pensare, ad esempio, a nuove strategie di scambio di buone prassi di protezione sociale e di prevenzione. Per fare un solo esempio, cita il problema della accoglienza delle ex vittime che intendono tornare al loro paese e reinserirsi adeguatamente.
La ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa - che ha voluto sollecitare, assieme ad alcuni colleghi del suo gruppo, con la presentazione di un distinto progetto di legge, depositato assai prima del testo governativo - rappresenta quindi non soltanto un obbligo politico di ordine internazionale che l'Italia deve adempiere al più presto, ma anche e soprattutto uno strumento efficace ed ineliminabile per tutelare adeguatamente i diritti e le libertà fondamentali delle persone.
Osserva conclusivamente che le Commissioni riunite dovrebbero verificare se siano necessarie ulteriori norme di adeguamento dell'ordinamento interno, non tanto sotto il profilo formale, ma sotto quello della prevenzione e dell'assistenza.

Angela NAPOLI (PdL), relatore per la II Commissione, illustra le disposizioni della Convenzione e dei relativi progetti di legge di ratifica, specificamente riconducibili agli ambiti di competenza della Commissione giustizia.
In particolare, osserva come gli articoli da 18 a 26 (capitolo IV) della Convenzione dispongano in materia di diritto penale sostanziale.
L'articolo 18 stabilisce che ciascuna delle Parti adotti le misure legislative e le altre misure necessarie a conferire il carattere di reato agli atti enunciati all'articolo 4 della Convenzione, se commessi intenzionalmente. Come illustrato dal relatore per la III Commissione, l'articolo 4 della Convenzione contiene, in particolare, la definizione di «tratta di esseri umani» e la relazione illustrativa del disegno di legge governativo precisa che la definizione di tratta accolta nella Convenzione di Varsavia è già stata recepita dalla legge 16 marzo 2006, n. 146, che ha ratificato il Protocollo di Palermo e l'annessa Convenzione ONU sul crimine transazionale organizzato.
Ai sensi dell'articolo 19 ciascuna delle Parti prevede di adottare misure legislative e di altro tipo necessarie per definire reato, in conformità alla propria legge nazionale, l'utilizzo di «servizi» che sono oggetto dello sfruttamento di cui all'articolo 4 paragrafo a) della Convenzione, sapendo che la persona in questione è vittima della tratta di esseri umani.
La relazione illustrativa del disegno di legge n. 3402 evidenzia che le recenti modifiche della legislazione penale in occasione dell'attuazione di importanti strumenti internazionali in materia di tratta di esseri umani assicurano la sostanziale conformità dell'ordinamento interno alla Convenzione. Le condotte in esame sono già sanzionate dagli articoli 600, 601, 602, 416, comma sesto, del codice penale e dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Inoltre, con gli articoli 3 e 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale), sono state introdotte sia la nozione di reato transazionale, sia una circostanza aggravante speciale, in caso di delitti «nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati».
L'articolo 20, che dispone in tema di criminalizzazione di atti relativi ai documenti di viaggio o di identità, stabilisce che ciascuna delle Parti adotti le misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato ai seguenti atti, se intenzionalmente commessi allo scopo di rendere possibile la tratta di esseri umani: realizzare un documento di viaggio o d'identità falso; procurare o fornire tale documento; trattenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere il documento di viaggio o di identità di un'altra persona. La rilevanza di tali previsioni risiede nel fatto che l'adozione di misure di siffatta natura potrebbe costituire un efficace deterrente

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per l'acquisto di servizi o per la fruizione delle prestazioni fornite dalle vittime di tratta.
Con riferimento a tale disposizione sussiste l'esigenza di un adeguamento dell'ordinamento interno. La relazione illustrativa del disegno di legge n. 3402 rimarca lo stesso proponga, a tal fine, l'introduzione nel codice penale di una nuova circostanza aggravante (articolo 602-ter), della quale si dirà in seguito.
L'articolo 21 si riferisce al concorso in reato ed al tentativo di reato.
Anche in relazione a tale previsione l'ordinamento italiano risulta esaustivo, attesi gli articoli 110 (pena per coloro che concorrono nel reato), 112 (circostanze aggravanti) e 56 (delitto tentato) del codice penale.
L'articolo 22 disciplina la responsabilità (penale, civile o amministrativa) delle persone giuridiche, in relazione a reati commessi per conto delle medesime da persone fisiche che, agendo individualmente o in quanto membro dell'organo, esercitino un potere direttivo nel suo ambito. Si estende inoltre tale responsabilità al caso in cui l'assenza di sorveglianza o di controllo da parte della persona fisica abbia reso possibile la commissione del reato.
Come precisato anche nella relazione illustrativa al disegno di legge governativo, nell'ordinamento italiano l'articolo 25-quinquies del decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede la responsabilità degli enti e delle persone giuridiche, nel cui interesse sono commessi i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale. Con la sentenza di condanna, il giudice può applicare all'ente una sanzione pecuniaria da 400 a 1.000 quote.
L'articolo 23 detta il criterio dell'adozione nei confronti delle persone giuridiche di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, incluse sanzioni pecuniarie. In proposito, la relazione illustrativa richiama gli strumenti già previsti dall'ordinamento per l'applicazione sia delle pene detentive, sia delle pene di natura diversa.
L'articolo 24 della Convenzione individua, quali circostanze aggravanti del delitto di tratta, il fatto che sia stata messa in pericolo la vita della vittima deliberatamente o per grave negligenza o che il reato è stato commesso: nei confronti di un minore; da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni; nell'ambito di un'organizzazione criminale.
Anche tale disposizione richiede un intervento volto ad adeguare l'ordinamento interno, come si dirà in relazione all'articolo 3 di entrambi i progetti di legge in esame.
L'articolo 25 rimette agli Stati la possibilità di tener conto, ai fini della determinazione della pena, di condanne anteriori definitive pronunciate in un'altra Parte.
L'articolo 26 prevede la possibilità di non imporre alcuna sanzione alle vittime per aver preso parte ad attività illecite, se sono state costrette a farlo.
Gli articolo da 27 a 31 (Capitolo V) della Convenzione, relativi alle Indagini, procedimenti e diritto procedurale, impegna gli Stati aderenti a predisporre misure che garantiscano idonei strumenti investigativi e processuali per la persecuzione della tratta di esseri umani e per la protezione delle vittime e di coloro che collaborano con la giustizia.
L'articolo 27 prevede, tra l'altro, che sia garantita la perseguibilità di tali reati, a prescindere da una dichiarazione o da un'accusa da parte della vittima, almeno quando il reato è stato commesso, in toto o in parte, sul suo territorio.
L'articolo 28 impegna le Parti a prendere le necessarie misure al fine di assicurare una protezione effettiva ed appropriata: alle vittime; ai collaboratori di giustizia (solo in quanto opportuno); ai testimoni; ai membri della famiglia di vittime e testimoni (solo se necessario).
La relazione illustrativa del disegno di legge governativo richiama, a tale proposito, il decreto-legge n. 8 del 1991, che già prevede speciali misure di protezione in favore dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, esclude la necessità dell'impegno di ulteriori risorse.
Sono previste poi ulteriori disposizioni volte a prevedere: misure speciali di protezione

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a favore della vittima minore; misure di protezione a favore di enti ed altre organizzazioni che mirano a combattere la tratta degli esseri umani o a proteggere i diritti umani (paragrafo 4).
L'articolo 29 interviene in materia di autorità specializzate ed organismi di coordinamento.
In proposito, la relazione illustrativa al disegno di legge n. 3402 precisa che l'attuazione della disposizione non richiede particolari adempimenti, in quanto nello Stato italiano l'Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di finanza dispongono di persone specializzate nella lotta alla tratta agli esseri umani.
L'articolo 30 della Convenzione stabilisce che, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (con particolare riferimento al diritto ad un processo equo di cui all'articolo 6 CEDU) le Parti devono garantire nel corso dei procedimenti giudiziari: la protezione della vita privata delle vittime e, ove necessario, della loro identità; la sicurezza delle vittime e la loro protezione dalle intimidazioni, alle condizioni previste dalle norme nazionali. Una particolare attenzione deve essere dedicata alle esigenze dei minori, anche in considerazione del fatto che essi hanno diritto a specifiche misure di protezione.
L'articolo 31, prevede la giurisdizione della singola Parte secondo i principi di territorialità, nazionalità e della legittimazione passiva. Le Parti, in conformità alla propria legislazione nazionale, possono stabilire altri tipi di competenza penale.
Dall'esame del contenuto della Convenzione emerge, pertanto, che le esigenze di adeguamento dell'ordinamento interno si pongono essenzialmente con riferimento agli articoli 20 e 24 della Convenzione.
Ricorda, in particolare, che l'articolo 20 riguarda la criminalizzazione di atti relativi ai documenti di viaggio o di identità. L'articolo 24, invece, individua talune circostanze aggravanti del delitto di tratta (messa in pericolo della vita della vittima, deliberatamente o per grave negligenza; reato commesso nei confronti di un minore, da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, nell'ambito di un'organizzazione criminale).
L'articolo 3 di entrambi i progetti di legge (C. 1917 Maran ed altri e C. 3402 Governo) reca disposizioni di adeguamento dell'ordinamento penale interno, intervenendo in primo luogo sul regime delle aggravanti.
L'articolo 3 del disegno di legge del Governo introduce nel codice penale un nuovo articolo (articolo 602-ter) che, al primo comma, disciplina, in generale, le circostanze aggravanti dei reati di riduzione in schiavitù (articolo 600), di tratta di persone (articolo 601) e di commercio di schiavi (articolo 602).
Per tali fattispecie di reato, tutte punite con la reclusione da otto a venti anni, attualmente il terzo comma dell'articolo 600, il secondo comma dell'articolo 601 e il secondo comma dell'articolo 602 prevedono le medesime circostanze aggravanti (da cui deriva l'aumento della pena da un terzo alla metà). In particolare, la pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.
Il nuovo articolo 602-ter, comma 1, lettere a) e b), del codice penale, in relazione ai citati delitti, conferma l'aumento da un terzo alla metà della pena nelle ipotesi già previste e conseguentemente abroga le corrispondenti norme contenute negli articoli 600, 601 e 602.
Conformemente all'articolo 24, lettera a), della Convenzione, l'articolo 602-ter, comma 1, lettera c), introduce un'ulteriore circostanza aggravante: se dal fatto derivi un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
L'articolo 3, comma 1, lettera b), della proposta di legge n. 1917 interviene invece esclusivamente sul reato di tratta di persone, sostituendo il secondo comma dell'articolo 601 codice penale. La modifica è volta ad introdurre tra le aggravanti la

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circostanza che dal fatto derivi un grave rischio per la salute o per l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
Quanto all'intervento in materia di delitti di falsità, ricorda come l'articolo 20 della Convenzione impegni le parti ad attribuire rilevanza penale ai seguenti atti, in quanto commessi intenzionalmente al fine di consentire la tratta degli esseri umani: fabbricare un documento di viaggio o d'identità falso; procurare o fornire un documento di questo tipo; detenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere un documento di viaggio o d'identità di un'altra persona.
L'articolo 602-ter, comma 2, introdotto dall'articolo 3 del disegno di legge del Governo, introduce una nuova circostanza aggravante applicabile ai delitti di Falsità in atti di cui al Titolo VII, Capo III, del Libro II (reati di falsità materiale e di falsità ideologica posti in essere da parte del pubblico ufficiale o del privato). In particolare, si prevede un aumento delle pene da un terzo alla metà nel caso in cui tali fatti siano commessi al fine di realizzare o agevolare i delitti di Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, Tratta di persone e Acquisto e alienazione di schiavi.
L'articolo 3, comma 1, lettera a), della proposta di legge n. 1917, invece, inserendo un comma aggiuntivo all'articolo 601 del codice penale, introduce una nuova fattispecie di reato che punisce con la reclusione da uno a cinque anni (salvo che il fatto costituisca più grave reato) la condotta di chi, al fine di realizzare o di agevolare il delitto di tratta di persone: falsifica o procura ad altri un documento di identità o di viaggio; sottrae, altera, distrugge, danneggia o detiene un documento di identità o di viaggio appartenente a un'altra persona.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.25.