CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 marzo 2009
157.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-01196 Mecacci: Sulla situazione dei diritti umani in Tibet.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

A titolo preliminare, vorrei sottolineare che, per quanto riguarda la vicenda del mancato rilascio del visto al Dalai Lama dalle Autorità sudafricane, nessun tipo di restrizione è mai stata opposta dai Paesi europei alle richieste di ingresso del Dalai Lama e dei suoi rappresentanti.
Naturalmente, la concessione di visti rientra nelle prerogative autonome di uno Stato sovrano come il Sud Africa ma non è da escludere, in effetti, che i Paesi europei possano riflettere congiuntamente sui casi, come quello menzionato dall'On. Interrogante, che riguardano eventi internazionali. Per il momento, tuttavia, l'occasione che ha generato il caso menzionato dall'interrogante - l'evento dedicato al ruolo del «football contro razzismo e xenofobia» - è stata superata dalla decisione della FIFA di rimandare il convegno.
Quello del visto al Dalai Lama è, in ogni caso, un episodio rivelatore di una situazione, ancora ben lontana dal trovare uno sbocco soddisfacente.
Come si ricorderà, Pechino aveva annunciato, nell'aprile 2008, la sua disponibilità a riprendere il dialogo con i rappresentanti del leader religioso tibetano.
Purtroppo, le tornate di colloqui finora tenutesi - nel maggio, nel luglio e nel novembre 2008 - si sono chiuse con un sostanziale nulla di fatto e senza che sia stata fissata una data per ulteriori incontri.
Da parte tibetana si attribuisce l'assenza di passi in avanti alla rigidità di Pechino. La Cina ascrive il fallimento dei colloqui di novembre alla presentazione da parte degli emissari del Dalai Lama di un memorandum con cui veniva invocata una «genuina autonomia», dietro cui si celerebbero, a detta dei cinesi, aspirazioni indipendentiste. L'epilogo di questa ultima tornata negoziale sembra aver confermato l'indisponibilità di Pechino a concedere spiragli negoziali che alterino in maniera concreta lo status quo in Tibet.
Sullo sfondo dello stallo dei colloqui, il 17 novembre 2008 si è riunito a Dharamsala, nell'India settentrionale, il «Vertice» dei tibetani in esilio, che, pur in presenza di una cospicua opposizione radicale, ha confermato l'indirizzo moderato e non violento finora ispirato dal Dalai Lama.
Questi sviluppi non sono però valsi, finora, a rassicurare le autorità cinesi che anzi hanno comunicato, lo scorso dicembre la decisione del Premier Wen Jiabao di rinviare la sua visita in Francia nonché la sua partecipazione al Vertice UE-Cina (che era stato fissato a Lione il primo dicembre) a seguito della decisione del Presidente francese Sarkozy di incontrare a Danzica il Dalai Lama.
L'Unione Europea ha espresso forte delusione per la decisione cinese, ma si è dichiarata tuttavia intenzionata a proseguire il partenariato strategico con la Cina. Stiamo ora cercando di individuare una nuova data per il Vertice, che appare ora delinearsi nel prossimo mese di maggio.
Il Governo italiano ha evocato e continua ad evocare in ogni occasione utile, sia sul piano bilaterale che in ambito europeo, l'importanza che il dialogo fra le Autorità di Pechino e i rappresentanti del Dalai Lama possa proseguire in modo franco e costruttivo.

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Lo abbiamo sottolineato in tutti gli incontri politici con gli esponenti del Governo di Pechino, ad esempio nell'incontro nel giugno 2008 a Roma tra il Ministro Frattini ed il collega cinese Yang Jiechi, nonché in quelli a Pechino lo scorso ottobre in occasione del vertice ASEM del Presidente del Consiglio Berlusconi sia con il Presidente cinese Hu Jintao che con il Premier Wen Jiabao, oltre che nelle varie occasioni di colloquio del nostro Ambasciatore con quelle Autorità.
Siamo fermamente convinti che il risultato stesso del mantenimento di un canale di dialogo diretto tra le Autorità cinesi e gli emissari del Dalai Lama, per quanto ancora insufficiente, è da considerarsi un elemento importante che va incoraggiato e sostenuto in ogni maniera possibile, ancora più se esso possa interpretarsi quale risposta, seppur timida e limitata, della dirigenza cinese alle pressioni internazionali.
Assieme agli altri partners europei continuiamo inoltre a ribadire, nei contatti con il Governo cinese, l'importanza per le delegazioni diplomatiche di potersi recare liberamente in Tibet per constatare l'effettiva situazione in loco.
In sede di esame periodico della situazione in Cina in Consiglio dei Diritti Umani abbiamo inoltre raccomandato alle Autorità cinesi di rispondere positivamente alle richieste di visita nel territorio cinese avanzate dai meccanismi ONU di monitoraggio della situazione dei diritti umani e di considerare la possibilità di rivolgere loro un invito permanente («standing invitation»).
Il Governo italiano continuerà a sostenere la posizione comune in sede europea a favore di un dialogo costante, aperto, veritiero e costruttivo tra le autorità di Pechino ed i rappresentanti del Dalai Lama, essendo questi ultimi interlocutori essenziali, al fine di giungere ad una soluzione mutuamente soddisfacente della questione tibetana. Una soluzione che, nella cornice della Costituzione cinese e nel rispetto del principio «Una sola Cina», tuteli la cultura, le tradizioni e la religione tibetane. Da parte del Governo italiano, in coordinamento con gli altri partner UE non si mancherà altresì di reiterare l'aspettativa che il Tibet venga aperto in via stabile e permanente alla stampa, ai diplomatici - in particolare ai rappresentanti dell'Unione Europea - ed agli stranieri in generale.

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ALLEGATO 2

Interrogazione 5-01197 Evangelisti: Sulla strategia USA nei confronti dell'Afghanistan.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

La nuova strategia americana («policy review») è in avanzata fase di finalizzazione e sarà verosimilmente pronta per la Conferenza dell'Aja ed il Vertice NATO di Strasburgo-Kehl.
Appare peraltro fin d'ora evidente che l'amministrazione Obama attribuisce centralità assoluta al dossier afgano-pakistano - considerato un problema unitario - con accresciuta enfasi sull'approccio regionale e sulla ricostruzione civile e istituzionale rispetto alla pur necessaria dimensione di sicurezza. Secondo la nuova impostazione americana, lo strumento militare non esaurisce la risposta alla questione afghana. E, come è dimostrato dal precedente iracheno, non c'è contraddizione fra questa nuova impostazione e l'annunciato primo surge di 17.000 unità, che va invece letto in un'ottica di sostegno alla nuova strategia e alle elezioni presidenziali e provinciali del 20 agosto 2009.
Successivamente alla nomina di Richard Holbrooke, quale Inviato USA per Afghanistan e Pakistan, il Ministro degli Esteri Frattini e il suo Inviato Speciale, Ambasciatore Iannucci hanno tenuto proficui contatti con le autorità americane su questi temi.
Da parte USA è stato manifestato vivo apprezzamento per l'impegno dell'Italia in Afghanistan, sotto il profilo tanto militare quanto civile, e per il ruolo e per il contributo alla ricostruzione nella regione ovest a responsabilità italiana. L'Italia è pienamente inserita nei meccanismi di consultazione sia nel quadro NATO che nel costituendo gruppo informale di riflessione che potrebbe essere a breve riunito.
In occasione dei contatti sin qui svoltisi, l'Italia ha fornito il proprio contributo di riflessione alla revisione della strategia internazionale, sottolineando:
la centralità della dimensione civile e istituzionale - da affiancare alla pur necessaria dimensione militare - per assicurare una adeguata cornice di sicurezza;
l'importanza delle prossime elezioni per la credibilità e legittimità delle istituzioni afghane;
la ownership afghana del processo elettorale e della gestione del periodo interinale;
l'accento sulla governance a livello locale; l'esigenza di un approccio regionale più ampio esteso al Pakistan, agli altri vicini e agli attori regionali.

Su questa impostazione si è registrata sintonia con le preliminari indicazioni relativa alla nuova strategia USA.
L'Italia sostiene tradizionalmente l'esigenza di un approccio regionale alla questione afghana. In tale ottica iniziative rivolte alla dimensione regionale del problema costituiscono una conferma della validità del nostro approccio e un indice del consenso registrato attorno a questa nuova linea di azione della comunità internazionale. Le iniziative promosse con focus regionale, come la Conferenza dell'Aja, non sono pertanto da intendersi come in competizione, ma come contributi alla discussione sulla dimensione regionale e all'avanzamento della cooperazione tra i Paesi della regione. In tale ottica la Conferenza di Mosca del 27 marzo, la Conferenza

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dell'Aja del 31 marzo e la terza sessione della Regional Economic Cooperation Conference on Afghanistan in programma a metà maggio ad Islamabad saranno utili occasioni di confronto sulla cooperazione regionale in vista della riunione G8 di Trieste, che si collocherà a conclusione di questo percorso e potrà pertanto raccogliere i frutti degli appuntamenti precedenti.
Da parte americana è stato espresso particolare apprezzamento per l'iniziativa italiana G8 di Trieste. Lo stesso Inviato Speciale Holbrooke, sia nel corso di contatti bilaterali sia in occasione di riunioni multilaterali, ne ha espressamente sottolineato la rilevanza e l'utilità come valore aggiunto alla dimensione regionale Afghanistan-Pakistan. Un riferimento all'iniziativa italiana quale contributo all'avanzamento della cooperazione regionale è stato inserito nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha rinnovato il 23 marzo per un ulteriore mandato annuale la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA).