CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 aprile 2009
164.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea, presentato dalle Presidenze francese, ceca e svedese.
(COM(2008)712 def. - 11249/08).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La Commissione politiche dell'Unione europea e, per le parti di rispettiva competenza, le altre Commissioni permanenti e il Comitato per la legislazione, hanno operato un esame approfondito e articolato del Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e del Programma di diciotto mesi del Consiglio, presentato dalle Presidenze francese, ceca e svedese.
Le relazioni delle Commissioni di settore - allegate alla presente relazione - hanno offerto numerose indicazioni anche dettagliate in merito le principali priorità nonché alle lacune e carenze dei documenti in esame, definendo le possibili linee dell'azione dell'Italia al riguardo nelle sedi decisionali europee.
La Commissione politiche dell'Unione europea - anche sulla scorta di queste indicazioni e indirizzi - ha deciso di concentrare l'esame su quattro temi e settori:
la risposta dell'UE alla crisi economica;
le infrastrutture;
lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
lo sviluppo del partenariato euromediterraneo.

La scelta di questi settori è stata operata - oltre che per la loro intrinseca importanza e delicatezza e la conseguente centralità nei programmi in esame - anche in ragione del fatto che proprio in questi ambiti si avverte con più forza un paradosso che rischia di indebolire il processo di costruzione europea: l'UE non riesce ad agire in modo sufficiente e tempestivo a fronte di questioni la cui complessità e scala globale rende insufficiente l'azione dei soli Stati membri e postula un intervento europeo, mentre interviene con eccessivo dettaglio in altri settori.
Ne consegue che i cittadini europei percepiscono poca Europa laddove ce ne sarebbe più bisogno e troppa Europa ove, invece, l'azione a livello nazionale, regionale o locale, sarebbe più adeguata.
In questo contesto la Commissione politiche dell'Unione europea ha convenuto di riservare un'attenzione specifica - nell'approfondimento dei temi richiamati - anche al principio di sussidiarietà e alla dimensione regionale e locale delle politiche dell'UE.
Si è inteso infatti verificare se il principio di sussidiarietà, in quanto criterio regolatore dell'esercizio delle competenze dell'UE, può contribuire a superare il paradosso sopra richiamato allocando l'intervento pubblico al livello di governo appropriato.
In considerazione dei temi e dell'approccio prescelti, la Commissione politiche dell'Unione europea ha svolto tre audizione informali, rispettivamente, di rappresentanti di Confindustria, CGIL, CISL, UIL, UGL e CISAL, di rappresentanti della delegazione italiana presso il Comitato delle Regioni e della Presidente dell'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna,

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Monica Donini, in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle province autonome.
Gli aspetti relativi alle misure per le infrastrutture sono stati inoltre approfonditi nell'ambito dell'audizione del Commissario europeo per i trasporti, Antonio Tajani, che ha avuto luogo il 2 aprile 2009 presso le Commissioni Trasporti e Politiche dell'Unione europea di Camera e Senato.
Numerosi ed importanti elementi di conoscenza e valutazione sono stati infine offerti dal Ministro per le politiche comunitarie, Andrea Ronchi, nel corso della seduta del 7 aprile 2009.
La presente relazione riporta, pertanto, gli esiti dell'esame operato nei settori prescelti, rinviando alle relazioni allegate delle Commissioni di settore per le indicazioni relative a specifiche politiche o progetti di atti comunitari.
Una specifica attenzione è inoltre riservata al rafforzamento degli strumenti per la partecipazione del Parlamento al processo di formazione delle politiche e delle decisioni europee, anche in vista dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Più Europa, più sussidiarietà.

In esito all'attività conoscitiva e al dibattito in Commissione politiche dell'Unione europea è emerso con evidenza che il rilancio del processo di integrazione europea, soprattutto nell'attuale fase di crisi economica, passa dalla formula più Europa, più sussidiarietà.
Questa combinazione sembra infatti in grado di sciogliere il paradosso richiamato in premessa, assicurando una più intensa e ambiziosa azione politica e legislativa dell'UE, laddove essa presenta valore aggiunto, e riservando invece al livello nazionale, regionale o locale gli altri interventi.
La necessità di un deciso salto di qualità dell'Europa è necessario soprattutto nel coordinamento degli interventi per il rilancio della crescita della competitività e dell'occupazione, nella politica dell'immigrazione, nelle iniziative per le grandi infrastrutture europee, come si riferirà in dettaglio nel trattare questi profili.
Il Programma legislativo della Commissione per il 2009 presenta elementi incoraggianti in questo senso nella misura in cui - invero anche in ragione della conclusione della legislatura europea - si concentra su un numero limitato di obiettivi politici prioritari, come sottolineato anche dal Ministro Ronchi nel suo intervento: esso contiene 12 iniziative strategiche (rispetto alle 26 del 2008), 37 prioritarie (rispetto alle 61 del 2008), 33 di semplificazione e 20 di ritiro di precedenti provvedimenti (rispettivamente 45 e 30 nel 2008).
Al tempo stesso, per assicurare più Europa e più sussidiarietà la priorità per eccellenza è costituita dalla ratifica del Trattato di Lisbona.
Il Trattato assicurerebbe l'adeguamento della struttura istituzionale, dei principi, degli strumenti e procedure di azione dell'UE a fronte, da un lato, della crescita del numero degli Stati membri, e, dall'altro, del nuovo scenario europeo e mondiale.
Al tempo stesso, esso introduce regole più rigorose per il riparto e l'esercizio delle competenze tra livello europeo e nazionale, riconoscendo, tra l'altro, significativi poteri per i Parlamenti nazionali e il Comitato delle regioni nel controllo sull'applicazione del principio di sussidiarietà.
Nella risoluzione che sarà presentata in Assemblea andrà quindi ribadito il pieno sostegno della Camera al completamento della ratifica del Trattato di Lisbona, al fine di rendere chiaro che per l'Italia non è in dubbio l'entrata in vigore del Trattato ma la data effettiva, che comunque non potrà essere lontana.

La risposta alla crisi economica.

Sulla scorta della relazione della Commissione bilancio e delle audizioni svolte dalla Commissione politiche dell'Unione europea, è emerso con chiarezza che la

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risposta sinora offerta dall'UE alla crisi economica non è stata adeguata né sul piano regolativo né sul piano finanziario.
Il Piano europeo per la ripresa economica, presentato dalla Commissione europea il 26 novembre 2009 ed approvato dal Consiglio europeo dell'11 e del 12 dicembre 2009, ha confermato il disallineamento tra il ruolo che l'UE potrebbe e dovrebbe giocare per sostenere la crescita e l'occupazione, a fronte di dinamiche globali, e l'assenza di adeguate risorse finanziarie e strumenti giuridici. Indubbiamente, il piano ha alcuni meriti.
In primo luogo, ha tentato con tempestività di assicurare, secondo un approccio coerente, un coordinamento e uno stimolo degli interventi europei e nazionali, anche attraverso una valorizzazione degli strumenti di governance della Strategia di Lisbona.
In secondo luogo, il piano ha previsto la necessaria flessibilità, a fronte della crisi, nell'applicazione del Patto di stabilità e crescita e della disciplina degli aiuti di stato alle imprese.
In terzo luogo, esso ha riconosciuto la centralità degli interventi in favore delle piccole e medie imprese, prospettando un consistente aumento dei finanziamenti della BEI, la riduzione e la semplificazione degli oneri amministrativi per le PMI e l'introduzione di regole più flessibili per la concessione di aiuti di Stato alle stesse PMI.
Occorre in questo contesto che il nostro Paese si adoperi, sia sul versante europeo sia su quello nazionale, per avvalersi pienamente di tutte le opportunità previste del piano. A quest'ultimo riguardo è necessario assicurare che il sistema produttivo italiano benefici di una congrua percentuale dei prestiti BEI, quanto meno non inferiore alla quota del capitale della banca sottoscritta dal nostro Paese. Attualmente l'Italia, al pari di Francia, Germania e Regno Unito, detiene una quota del 16,17 per cento del capitale BEI (pari a 164,8 miliardi euro) a fronte del 9,7 per cento della Spagna e del 4,48 di Belgio e Olanda.
A fronte di questi meriti, l'efficacia complessiva del piano a fronte delle dimensioni della crisi è stata pregiudicata da due punti di debolezza:
il ricorso ai consueti strumenti di coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione «deboli» e privi di carattere giuridicamente vincolante;
l'inadeguatezza delle risorse disponibili: il contributo finanziario diretto del bilancio UE è stato modesto (30 mld di euro, circa 0,3 per cento del PIL dell'UE). Si tratta peraltro, non di risorse aggiuntive ma soltanto di anticipazioni al 2009-2010 di stanziamento già previsti per gli anni successivi dalle prospettive finanziarie.

L'esame del Programma ha quindi riproposto con forza due questioni cruciali per il rilancio del processo di integrazione europea: il rafforzamento della governance economica dell'UE e la revisione del bilancio europeo.

Governance economica e Strategia di Lisbona.

Alla luce della crisi economica e finanziaria e del tentativo dell'UE di fornire una risposta coordinata è essenziale definire una rinnovata strategia per la crescita e l'occupazione successiva al 2010, come sottolineato dal Ministro Ronchi e dai rappresentanti del Comitato delle regioni. Per non ripetere gli errori e conoscere nuovamente la disillusione che hanno accompagnato la difficile attuazione della strategia di Lisbona occorre muoversi in due direzioni.
Anzitutto, andrà definito un nucleo ristretto di obiettivi comuni realmente prioritari. Ciò presuppone che le linee direttrici integrate per la crescita e l'occupazione e i programmi di riforma nazionali e comunitario non si traducono in un lungo elenco di raccomandazioni e obiettivi, spesso destinati a rimanere un «libro dei sogni».
In secondo luogo, vanno fissate con puntualità le risorse finanziarie, europee e nazionali, destinate alla realizzazione degli

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interventi necessari: il successo dell'azione post 2010 dell'UE per la crescita è dunque strettamente legato alla riforma del bilancio dell'UE.
C'è tuttavia un'unica via per attribuire un reale effetto di coordinamento e di stimolo a questi strumenti, strutturalmente «deboli» in quanto adottati con atti privi di effetto vincolante: coinvolgere pienamente i Parlamenti nazionali nonché gli enti locali, anche attraverso il Comitato delle regioni, nella loro predisposizione. In questo modo si assicurerebbe un reale collegamento tra i grandi obiettivi di politica economica e dell'occupazione, stabiliti a livello europeo, e i soggetti che detengono, con le decisioni di finanza pubblica, gli strumenti per darvi effettiva attuazione nei rispettivi ordinamenti.
Occorrerà pertanto che la Camera segua con estrema attenzione la definizione della strategia di Lisbona dopo il 2010, partecipando più attivamente e sistematicamente alla predisposizione degli strumenti di coordinamento e programmazione previsti.
È essenziale, in tale ottica, che il Governo dimostri maggiore collaborazione, assicurando la consultazione degli organi parlamentari competenti in tutte le fasi cruciali.
Il rilancio della competitività dell'economia europea impone, inoltre, scelte di politica fiscale più coraggiose, nella direzione di un coordinamento minimo dei sistemi fiscali nazionali. Occorre, infatti, evitare che, in una fase di crisi globale, la concorrenza fiscale tra gli stati membri possa degenerare in comportamenti dannosi o con effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea e sulle politiche di bilancio.
In quest'ottica andrebbe rilanciato il dibattito sulle proposte della Commissione europea volte all'introduzione di una base consolidata comune per l'imposizione sulle società; andrebbe altresì considerata attentamente l'ipotesi di introdurre soglie minime comuni per l'imposizione sul reddito di impresa, in modo tale da evitare che la concorrenza fiscale divenga dannosa, soprattutto per la stabilità delle finanze pubbliche in un momento di forte crisi.

Risorse per gli interventi anticrisi e riforma del bilancio europeo.

L'esame del Programma ha confermato che per il rilancio di crescita, competitività e occupazione occorre - oltre ai prestiti della BEI - incrementare a regime il volume del bilancio dell'UE sia a breve medio termine sia a lungo termine.
A breve termine, si potrebbero stanziare risorse aggiuntive, utilizzando il margine esistente tra il massimale delle prospettive finanziarie e quello delle risorse proprie previsti dal quadro finanziario vigente: il primo è pari in stanziamenti di impegno all'0,97 nel 2009 e all'1 per cento del RNL nel 2010, a fronte di un tetto massimo delle risorse proprie pari all'1,24 per cento del RNL (sempre in stanziamenti di pagamento); pertanto il margine massimo disponibile per un'eventuale revisione del quadro finanziario è pari allo 0,27 per cento nel 2009 e allo 0,24 per cento nel 2010.
A medio e lungo termine sarà decisivo l'esito della riforma del bilancio dell'UE, su cui occorre avviare un accurato dibattito parlamentare, definendo indirizzi per il Governo in vista del negoziato a livello europeo che ribadiscano alcuni punti fermi:
a) ridefinire con chiarezza e trasparenza il legame tra priorità politiche e spese dell'UE e, per altro verso, riaffermare il principio di solidarietà e parità tra gli Stati membri. Le spese dell'UE devono concentrarsi su obiettivi ad alto valore aggiunto europeo, che non si sarebbero potuti ottenere a livello nazionale: competitività, l'innovazione, la conoscenza, la solidarietà e soprattutto, la regolazione dei flussi migratori e la gestione del fenomeno dell'immigrazione clandestina;
b) l'intervento finanziario dell'UE deve essere più efficace e riconoscibile per i cittadini, superando l'opacità dell'attuale sistema di finanziamento e di spesa. Questo

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obiettivo potrebbe essere conseguito privilegiando l'attribuzione di risorse significative a progetti e «prodotti» europei ad altissimo valore aggiunto - quali centri di eccellenza nel campo della sanità, della ricerca o a progetti nel settore delle infrastrutture - in grado di dimostrare concretamente i vantaggi della spesa europea;
c) gli stanziamenti del bilancio UE dovrebbero produrre un «effetto leva» per incrementare il volume delle risorse complessivamente stanziate mediante l'utilizzo di altri strumenti già a disposizione, quali gli interventi a carico della BEI e gli aiuti nazionali. Il cofinanziamento può produrre, infatti, un effetto virtuoso in termini di responsabilizzazione degli Stati membri e di più efficiente utilizzo delle risorse a disposizione. In questa logica si muove la proposta, a suo tempo avanzata dal Governo italiano, di estendere lo strumento del cofinanziamento anche a settori cui attualmente esso non si applica, quali in particolare all'agricoltura, che è l'unica tra le grandi componenti della spesa europea ad esserne esclusa;
d) in coerenza con queste linee, andrebbe operata anche la revisione del sistema di risorse proprie e andrebbe riconsiderata con attenzione la proposta - già avanzata a più riprese dal Ministro Tremonti - di emettere titoli di debito europei per il finanziamento di progetti ad alto valore aggiunto in alcuni settori di interesse comune (ad esempio, infrastrutture, energia, innovazione, ricerca, difesa). In questa fase critica, l'UE può e deve osare di più, anche ricorrendo all'indebitamento: rispetto alle altre grandi economie, ed in particolare agli Stati Uniti, il settore privato e meno indebitato e non esistono, pertanto, ostacoli economici e finanziari insormontabili al ricorso all'emissione di debito;
e) salvaguardare nel quadro finanziario post 2013 le risorse per la politica di coesione, mantenendone il suo fondamento regionale. Come sottolineato dai rappresentanti del Comitato delle regioni, proprio alla luce della crisi economica e degli interventi previsti nel piano di ripresa, la coesione rimane uno strumento imprescindibile per finanziare misure di rilancio della competitività e dell'occupazione e ridurre le disparità tra le varie aree del continente. Il processo di programmazione e gli interventi operativi nell'ambito della politica di coesione si sono poi dimostrati essenziali per la diffusione di metodi, regole e prassi di buona governance in tutti gli Stati membri e a tutti i livelli di Governo. È un aspetto che non può essere trascurato nella valutazione dei risultati sinora conseguiti e nel dibattito sul futuro della politica di coesione, anche alla luce dell'espresso riconoscimento nel Trattato di Lisbona, della dimensione territoriale della coesione.

Spazio di libertà sicurezza e giustizia.

I programmi della Commissione e del Consiglio attribuiscono un notevole rilievo al proseguimento degli sforzi per realizzare effettivamente uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Si prospettano a questo scopo interventi su problemi gravi e urgenti di carattere globale che contribuiranno, come le sfide economiche, a misurare la capacità delle istituzioni europee di aggiornare strumenti e regole per fornire risposte adeguate che gli Stati membri non possono apprestare da soli.
Per questo motivo è auspicabile che il nostro Paese concorra con il massimo impegno alla stesura delle iniziative, specie di rango legislativo, che la Commissione intende predisporre:
1) le misure dirette a porre in essere un approccio comune e condiviso in materia di migrazione, favorendo al massimo le sinergie tra i diversi paesi e i diversi apparati competenti, attraverso la creazione di un Sistema europeo di controllo delle frontiere, il rafforzamento della cooperazione operativa e l'introduzione di un nuovo meccanismo di valutazione di Schengen;
2) il pacchetto criminalità organizzata diretto, tra le altre cose, a rafforzare

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il contrasto agli abusi sessuali, l'assistenza delle vittime di reati oltre che la lotta alla criminalità informatica.
3) le misure volte a migliorare la qualità e l'efficacia dell'attività delle amministrazioni della giustizia mediante: il riconoscimento reciproco e l'esecuzione delle decisioni in materia civile, commerciale e, ove possibile, penale, allo scopo di pervenire alla graduale soppressione dell'exequatur; la creazione di un sistema completo ed armonizzato che permetta di decidere in merito alla competenza dei giudici; l'istituzione del sistema europeo di informazione e di interconnessione dei casellari giudiziari; la realizzazione della strategia in materia di giustizia elettronica; il rafforzamento della cooperazione, sul piano operativo, delle forze di polizia, oltre che per l'aggiornamento del regime giuridico di Europol.
Un'importanza fondamentale rivestirà infine, come sottolineato dal Ministro Ronchi, l'elaborazione del nuovo programma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2015, che verrà adottato dal Consiglio europeo di Stoccolma nel dicembre 2009, la cui elaborazione e attuazione andrà anch'essa monitorata dalla Camere, in stretto raccordo con il Governo.

Il partenariato euro mediterraneo.

Le audizioni svolte presso la Commissione politiche dell'Unione europea hanno confermato che solo un quadro di relazioni ambizioso ed efficace con i Paesi del Mediterraneo può assicurare all'UE, e all'Italia in particolare, il conseguimento di obiettivi soddisfacenti in materia di migrazioni, lotta alla criminalità e al terrorismo, sicurezza energetica, cambiamento climatico, stabilità politica e sviluppo economico.
A questo riguardo desta tuttavia preoccupazione il sostanziale blocco del progetto di un'Unione per il Mediterraneo lanciato dalla Presidenza francese e entrato in crisi a seguito del conflitto tra Israele e la striscia di Gaza.
Una nuova spinta incoraggiante, come ricordato dal Ministro Ronchi, è venuta peraltro dal Consiglio europeo di marzo, che ha ribadito l'esigenza di rafforzare il partenariato con il Mediterraneo meridionale.
Tuttavia, è innegabile la tendenza delle istituzioni europee, e in particolare della Commissione, a sviluppare in modo distinto e con diverse velocità il partenariato orientale rispetto a quello mediterraneo.
In particolare, la recente comunicazione della Commissione europea sul partenariato orientale, approvata dal Consiglio europeo del 19-20 marzo, se definisce obiettivi e strumenti pienamente condivisibili per lo sviluppo del partenariato orientale, pone la questione della ripartizione delle risorse finanziarie per la politica di vicinato sinora destinate per un terzo al partenariato orientale e per due terzi al partenariato mediterraneo.
La Commissione prospetta, infatti, un aumento a 600 milioni di euro nel periodo 2010-2013 degli stanziamenti per il partenariato orientale a fronte del quale occorre assicurare un proporzionale aumento per il partenariato mediterraneo, se non si vuole alterare l'equilibrio sinora stabilito.
Occorre che il nostro Paese, fermo restando il sostegno convinto allo sviluppo del partenariato orientale, mantenga questa linea, adoperandosi presso le istituzioni europee competenti per rilanciare il progetto dell'Unione per il Mediterraneo e assicurando a questo scopo adeguate risorse finanziare.
Il Ministro Ronchi, nel suo intervento presso la Commissione politiche dell'Unione europea, e il Ministro Frattini, nelle sue comunicazioni dello scorso 18 marzo in vista del Consiglio europeo del 19-20 marzo 2009, hanno già fornito rassicurazioni riguardo alla posizione del Governo sul punto.
Un importante contributo all'attuazione dell'Unione per il Mediterraneo sarà inoltre assicurato dagli enti locali e regionali, oltre che attraverso forme di cooperazione diretta, anche con la creazione di un'Assemblea regionale e locale euromediterranea

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(ARLEM), sede permanente di rappresentanza degli enti locali e regionali che sarà riconosciuta come organo consultivo dell'Unione per il Mediterraneo. In questo senso va richiamato il lavoro svolto dal Comitato delle regioni in un apposito parere espresso su richiesta della Presidenza francese del Consiglio.

Infrastrutture e reti transeuropee.

Le iniziative dell'UE per le infrastrutture presentano un rilievo fondamentale al fine di assicurare una effettiva coesione economica e sociale nell'UE e il superamento del il deficit infrastrutturale che si registra nel nostro Paese.
In questo quadro - come sottolineato dal Vice Presidente della Commissione europea Antonio Tajani nel corso dell'audizione svoltasi alla Camera il 2 aprile 2009 - un ruolo determinante può essere svolto dalla realizzazione delle opere relative alla rete transeuropea di trasporto (TEN-T).
Anche il piano di ripresa economica prevede il ricorso agli investimenti nel settore delle infrastrutture destinate ai trasporti e nel settore delle reti di comunicazione elettronica in funzione di stimolo dell'economia rispetto alla situazione di crisi in atto.
Occorrerà pertanto che il Governo segua, in stretto raccordo con il Parlamento, le iniziative preannunciate dal programma della Commissione in materia e promuova, in particolare, lo stanziamento di risorse finanziarie aggiuntive per la realizzazione delle opere relative alla rete transeuropea di trasporto (TEN-T), favorendo anche il ricorso alle disponibilità che potranno essere attivate attraverso prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI).
Appare altresì opportuno impegnare il Governo, alla luce del rilievo essenziale delle reti a banda larga per il trasferimento delle informazioni e per l'incremento delle potenzialità di crescita delle economie dei singoli Stati membri e dell'UE nel suo complesso, a promuovere, iniziative utili a favorire la realizzazione e lo sviluppo nei singoli Stati membri delle reti a banda larga, con particolare riferimento ai territori nei quali si presentano in misura marcata situazioni di divario digitale (digital divide).

L'importanza dell'esame degli strumenti di programmazione legislativa e il ruolo del parlamento nella formazione delle politiche dell'UE.

L'esame degli strumenti di programmazione legislativa dell'UE si è confermato un passaggio di estrema importanza ai fini dell'intervento del Parlamento nella fase di formazione delle politiche e delle decisioni dell'UE.
In primo luogo, si tratta - unitamente all'esame della relazione del Governo sulla partecipazione italiana all'UE - dell'unica procedura che consente a tutti gli organi parlamentari di esprimersi in modo organico sulle priorità politiche generali e le proposte di azione specifiche dell'Unione europea in tutti i suoi settori di attività.
In secondo luogo, esso promuove l'intervento parlamentare in una fase precoce del ciclo decisionale dell'UE, che precede la predisposizione stessa delle proposte legislative e degli strumenti di strategia e programmazione dell'UE.
Ciò esalta, per un verso, la capacità del Parlamento di concorrere alla definizione di grandi scelte, obiettivi ed interventi di natura politica e, per altro, verso l'incidenza degli indirizzi parlamentari nel processo decisionale europeo, non essendosi ancora cristallizzati nelle proposte legislative le scelte regolative della Commissione europea e non essendosi di solito definite in modo netto le posizioni delle altre istituzioni e degli Stati membri.
Per queste ragioni la Camera, oltre ad essere una delle prime assemblee ad avviare l'esame dei programmi, ha promosso in più occasioni, in diverse sedi di cooperazione interparlamentare, di rendere «istituzionale» l'esame del Programma legislativo della Commissione da parte dei Parlamenti nazionali, anche mediante una discussione simultanea nelle varie assemblee. Tale proposta - che ha ricevuto sinora un'applicazione solo parziale - andrebbe rilanciata nelle forme opportune.

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L'intervento precoce dei Parlamenti nazionali è non soltanto una condizione imprescindibile per la tutela degli interessi del Paese ma può contribuire all'avanzamento del processo di integrazione europea, riavvicinando l'Unione europea ai cittadini e accentuando il grado di legittimazione democratica dell'azione europea.
Una discussione articolata e approfondita in parlamento delle priorità politiche dell'UE è infatti uno strumento di estrema utilità non solo per definire gli indirizzi dell'azione del Governo nell'anno di riferimento ma anche per promuovere un dibattito anche nel Paese sui principali sviluppi dell'UE.
Alla luce della crisi di fiducia che ha caratterizzato il rapporto tra opinione pubblica europea e Unione europea una piena conoscenza valutazione degli obiettivi e delle azioni previste dalle istituzioni rimuoverebbe molti fattori di criticità.
Per un verso, le istituzioni stesse acquisirebbero un feed back in merito alla condivisione dei Parlamenti nazionali e dei cittadini sulle proprie linee di azione; per altro verso, i cittadini comprenderebbero meglio il valore aggiunto l'UE può assicurare di fronte a problemi globali.
In quest'ottica l'esame dei programmi legislativi presso la Commissione politiche dell'Unione europea ha costituito anche l'occasione per una riflessione sull'esigenza che la Camera, per un verso, si avvalga pienamente degli strumenti legislativi e regolamentari esistenti e/o li ammoderni per tenere conto dell'evoluzione dell'assetto istituzionale interno ed europeo; per altro verso, avvii una riflessione sull'adeguamento delle regole esistenti alla luce delle innovazioni prospettate dal Trattato di Lisbona.
Sotto il primo profilo, si registrano sicuramente risultati incoraggianti. Il ruolo di stimolo svolto dalla XIV Commissione e, al suo interno dal Comitato per l'esame dei progetti di atti dell'UE ha determinato un incremento impressionante dell'attività di fase ascendente della Camera.
Anche il dialogo politico con la Commissione europea fa registrare risultati significativi, essendosi consolidata la prassi di trasmettere direttamente alla Commissione europea, in esito all'esame ex articolo 127 del regolamento della Camera, gli atti di indirizzo approvati dalla Commissioni di merito e il parere della XIV Commissione.
Restano tuttavia ancora da migliorare i tempi di avvio e di conclusione dell'esame dei progetti di atti comunitari, che vanno adeguati al ciclo decisionale dell'UE.
Anzitutto, anche alla luce dell'esperienza recente, è urgente l'introduzione di una sessione comunitaria di fase ascendente da svolgersi nei primi mesi di ogni anno ai fini della definizione di indirizzi al Governo sia su aspetti di carattere generale sia su questioni specifiche. A tal fine si potrebbe abbinare l'esame del Programma legislativo della Commissione e degli altri strumenti di programmazione dell'UE con quello della relazione annuale sulla partecipazione italiana all'UE.
Andrebbe poi attentamente esaminata la possibilità di ridefinire le competenze della XIV Commissione e delle Commissioni di merito sulla fase ascendente; alla luce dell'esperienza recente e della sua specializzazione, la Commissione politiche dell'Unione europea può esprimere in modo più tempestivo la posizione della Camera sulle iniziative dell'UE, tenendo conto non solo delle esigenze specifiche di ciascun settore ma dell'ordinamento e delle politiche dell'UE nel loro complesso.
Sotto il secondo profilo, va evidenziato anzitutto che l'attuazione delle disposizioni relative al ruolo dei Parlamenti nazionali deve costituire una priorità assoluta per le Camere.
Si tratta, anzitutto, della procedura di allerta precoce per il controllo di sussidiarietà, disciplinata dall'apposito protocollo, prerogativa importante ai fini del corretto esercizio delle competenze dell'UE, che occorrerà tuttavia esercitare con cautela e misura. Nell'ambito di tale procedura andrà assicurata la consultazione dei consigli e delle assemblee legislative regionali italiane nell'ambito dell'esame di

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sussidiarietà, come previsto espressamente dall'articolo 6 del relativo Protocollo. Ciò non risponderà soltanto all'impostazione stessa del trattato di Lisbona e i principi del nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, ma rafforzerà il ruolo del Parlamento nazionale quale cerniera tra il livello di governo sovranazionale e i livelli di governo regionale e locale.
Nella stessa ottica la Camera, anche alla luce del recente scambio di lettere tra il Presidente Fini e il Presidente Van den Brande, potrà avvalersi dei contributi e delle osservazioni che il Comitato delle regioni potrà fornire ai Parlamenti nazionali in merito alla conformità di proposte legislative con il principio di sussidiarietà.
Non vanno tuttavia dimenticate le altre importanti prerogative previste dal Trattato, in particolare in materia di valutazione sulle politiche dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di attivazione della clausola di flessibilità, di veto in materia di diritto di famiglia, nonché l'introduzione di una espressa base giuridica per la trasmissione dei documenti della Commissione ai Parlamenti nazionali, già avviata di fatto dal settembre 2006. Quest'ultima innovazione, consolidando l'instaurazione di un rapporto diretto con la Commissione europea, renderà necessario valutare l'introduzione nel regolamento di procedure che consentano agli organi parlamentari di adottare atti o osservazioni specificamente e direttamente indirizzati alla Commissione stessa.

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ALLEGATO 2

Proposta di regolamento del Consiglio relativo allo statuto della Società privata europea (SPE) (COM(2008)396 def.).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione Politiche dell'Unione europea,
esaminata la proposta di regolamento del Consiglio sullo Statuto della Società Privata Europea-SPE (COM(2008)396);
tenuto conto della risoluzione legislativa adottata in lettura unica dal Parlamento europeo il 10 marzo 2009;
considerato che:
la proposta - che rientra tra le misure collegate all'Atto europeo per le piccole imprese - persegue l'obiettivo condivisibile di consentire a tutti gli imprenditori, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI), di costituire una società basandosi su disposizioni di diritto societario uniformi, semplici e flessibili in tutti gli Stati membri;
la proposta introduce opportunamente una forma giuridica il più possibile uniforme per tutta la Comunità, lasciando al tempo stesso un ampio margine alla libertà contrattuale degli azionisti;
l'iniziativa potrebbe pertanto contribuire a rafforzare la competitività delle piccole e medie imprese, facilitando lo stabilimento e lo sviluppo delle loro attività in altri Stati membri dell'UE. Le PMI costituiscono infatti oltre il 99 per cento delle imprese dell'UE ma solo l'8 per cento di esse esercita un'attività commerciale transfrontaliera e appena il 5 per cento ha controllate o joint venture all'estero;
l'adozione della proposta di regolamento potrebbe avere un impatto significativo sull'ordinamento italiano, in quanto si pone in diretta concorrenza con i modelli organizzativi previsti dalla legislazione interna. Inoltre le disposizioni della proposta di regolamento concernenti le modalità di costituzione e i requisiti di accesso prospettano una disciplina molto differente dai principi vigenti in Italia.
rilevato che la proposta appare pienamente fondata sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità, in quanto:
solo un'azione a livello UE può permettere alle PMI di utilizzare la stessa forma giuridica in tutta l'UE; tale obiettivo non può essere realizzato dai singoli Stati membri in quanto anche se tutti gli Stati si impegnassero a rendere il loro diritto societario più favorevole alle imprese, le PMI continuerebbero ad essere soggette ad un insieme di 27 regimi nazionali;
la Società privata europea, che offre alle PMI una forma societaria uniforme, giuridicamente sicura e al contempo flessibile, costituisce il mezzo più efficace e mirato per raggiungere l'obiettivo. L'alternativa, che potrebbe essere costituita dall'armonizzazione delle principali disposizioni dei diritti societari nazionali applicabili alle società a responsabilità limitata aventi carattere chiuso comporterebbe un'intrusione significativa e probabilmente sproporzionata nel diritto degli Stati membri rispetto alla proposta di Società privata europea la cui incidenza sul diritto nazionale è molto limitata considerato che la nuova forma societaria coesisterebbe con i tipi di società nazionali esistenti;
il ricorso al regolamento anziché alla direttiva è giustificato dall'esigenza di

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creare, per la nuova forma giuridica, un regime uniforme direttamente applicabile in tutti gli stati membri;
tenuto conto che la risoluzione legislativa approvata dal Parlamento europeo il 10 marzo 2009 prospetta numerosi emendamenti alla proposta della Commissione, che appaiono in gran parte migliorativi, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
la previsione, al fine di evitare duplicazioni, che la copia di ciascuna registrazione di una SPE e di tutte le modifiche successive è inviata dai rispettivi registri nazionali a un registro europeo gestito dalla Commissione e dalle competenti autorità nazionali;
l'espressa previsione di una componente transfrontaliera per la costituzione della società, che consente di meglio differenziare l'ambito di applicazione del modello europeo rispetto ai modelli nazionali, evitando il rischio di una concorrenza al ribasso tra i medesimi modelli;
il rafforzamento della tutela di azionisti, creditori, dipendenti e terzi, mediante la precisazione per cui il capitale della SPE è di almeno 1 euro, purché l'atto costitutivo richieda che l'organo direttivo di gestione sottoscriva una dichiarazione di solvibilità e in caso contrario il capitale della società è elevato ad almeno 8.000 euro;
l'introduzione della responsabilità solidale degli amministratori;
la precisazione delle regole in materia di partecipazione dei dipendenti, nel caso in cui una parte preponderante dei lavoratori sia solitamente impiegata in uno Stato membro o in Stati membri con un livello di partecipazione dei dipendenti maggiore rispetto a quello previsto dallo Stato membro in cui la SPE ha sede legale;
la possibilità che l'atto costitutivo stabilisca, mediante clausola compromissoria, la devoluzione ad arbitri di tutte le controversie insorgenti tra gli azionisti o tra gli azionisti e la SPE relative al rapporto sociale;
rilevata altresì l'esigenza che il presente parere sia trasmesso, unitamente al documento finale approvato dalla Commissione di merito, alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
provvedano le Commissioni di merito a segnalare nel documento finale la necessità che il Governo valuti accuratamente l'impatto della proposta sull'ordinamento italiano, con particolare riferimento ai modelli societari con cui la società privata europea viene a coesistere;

e con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito se segnalare nel documento finale l'opportunità che il Governo si adoperi per una rapida approvazione della proposta recependo gli emendamenti migliorativi del Parlamento europeo richiamati nel preambolo.