CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 31 luglio 2008
46.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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ATTI COMUNITARI

Giovedì 31 luglio 2008. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 9.05.

Proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.
COM(2008)426 def.

(Parere alla I Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianluca PINI, presidente e relatore, osserva preliminarmente come, per la prima volta nella legislatura, la XIV Commissione esamini un progetto di atto normativo dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento. Si tratta di un passaggio significativo in quanto afferma la volontà della Commissione di esaminare in modo sistematico le iniziative regolative promosse dalle istituzioni europee. La proposta di direttiva in esame, volta ad attuare il principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale al di fuori del mercato del lavoro, riveste

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peraltro particolare rilievo anche tenuto conto della delicatezza delle materie affrontate; benché i tempi a disposizione della Commissione siano assai limitati, il ruolo del Parlamento assume quindi notevole importanza.
Ricorda inoltre che la scelta di avviare l'esame della proposta discende dal fatto che essa è oggetto di un esercizio in materia di controllo di sussidiarietà da parte dei Parlamenti nazionali, promosso dalla Conferenza specializzata negli affari europei e comunitari (COSAC). La COSAC, infatti, ha avviato, a partire dal 2004, specifici esercizi in materia di sussidiarietà al fine di scambiare le migliori pratiche in merito alle procedure di controllo di sussidiarietà tra i parlamenti nazionali. Secondo una procedura definita dalla COSAC di Berlino, nel maggio 2007, la selezione delle proposte da sottoporre agli esercizi di sussidiarietà viene operata sulla base delle indicazioni trasmesse alla Presidenza COSAC dai Parlamenti nazionali sulla base dell'esame del programma legislativo della Commissione per l'anno successivo. La riunione dei Presidenti della COSAC individua quindi le due proposte maggiormente citate e ne promuove l'esame da parte dei Parlamenti interessati. L'esame da parte dei Parlamenti nazionali si svolge cercando di rispettare il termine delle otto settimane dalla data di messa a disposizione delle proposte legislative su cui verte il controllo di sussidiarietà in tutte le lingue dell'UE (termine ricalcato su quello previsto dal protocollo sulla sussidiarietà allegato al Trattato di Lisbona). L'ultima COSAC che si è svolta a Brdo il 7 e 8 maggio 2008, ha preso atto della decisione assunta nella riunione dei Presidenti della COSAC, che si è svolta a Lubiana il 18 febbraio 2008, di organizzare nel corso del 2008 due controlli di sussidiarietà, rispettivamente sulla proposta di direttiva in materia di applicazione del principio di parità di trattamento, al nostro esame, e sulla proposta di regolamento relativa a testamenti e successioni, che non è stata ancora presentata. La proposta in materia di applicazione del principio di parità di trattamento è stata adottata dalla Commissione europea il 2 luglio e messa a disposizione il 9 luglio 2008 in tutte le lingue dell'Unione europea. Da quel momento è decorso quindi il termine di otto settimane entro il quale condurre il controllo di sussidiarietà, che dovrebbe pertanto concludersi entro il 4 settembre 2008. I risultati del controllo di sussidiarietà sulla proposta oggi in esame saranno esaminati COSAC di Parigi del prossimo novembre.
Passando ad illustrare obiettivi e contenuti della proposta, si segnala anzitutto che con essa la Commissione europea intende completare l'attuale normativa europea - di cui alle direttive 2000/43/CE, 2000/78/CE e 2004/113/CE, che vietano la discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, religione o convinzioni personali nella sfera lavorativa e della formazione professionale - estendendo il divieto di discriminazione anche al di fuori di tali ambiti.
Lo scopo dell'intervento normativo è indicato all'articolo 1, secondo il quale la proposta è volta a stabilire un quadro generale per la lotta alla discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento anche in campi diversi dall'occupazione.
Il concetto di discriminazione è definito dall'articolo 2 della proposta, che opera una distinzione tra discriminazione diretta e indiretta, precisando che: sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi sopra indicati, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra persona in una situazione analoga; sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutre possono mettere persone di una determinata religione o convinzione, età, orientamento sessuale o con una disabilità, in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi sia oggettivamente

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giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. Sono inoltre considerati atti discriminatori le molestie nonché il rifiuto di fornire una soluzione ragionevole, secondo quanto già previsto dalla Convenzione ONU sui diritti della persone disabili e dalla direttiva 2000/78/CE. L'articolo precisa, tuttavia, che gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione qualora nell'ambito del diritto nazionale esse siano giustificate da una finalità legittima e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. In particolare, la proposta di direttiva non preclude la possibilità di fissare un'età specifica per l'accesso alle prestazioni sociali, all'istruzione o a taluni beni o servizi. La proposta prevede inoltre che, nell'ambito dell'offerta dei servizi finanziari, gli Stati membri possono consentire differenze proporzionate di trattamento qualora, per il prodotto in questione, i fattori età e disabilità siano determinanti nella valutazione dei rischi, in base a dati attuariali o statistici pertinenti e accurati. L'ultimo paragrafo dell'articolo 2 stabilisce, infine che le disposizioni della proposta di direttiva lasciano impregiudicate le misure generali previste dalla legislazione nazionale che, «in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui».
Per quanto riguarda il campo di applicazione, a cui è dedicato l'articolo 3, la proposta di direttiva stabilisce che, nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, il divieto di discriminazione si applica a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene: (a) alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria; (b) alle prestazioni sociali; (c) all'istruzione; (d) all'accesso a beni e servizi disponibili al pubblico e alla loro fornitura, inclusi gli alloggi. La proposta specifica che ciò non pregiudica: le responsabilità degli Stati membri per i contenuti dell'insegnamento, le attività e l'organizzazione dei propri sistemi d'istruzione, inclusa la messa a disposizione dell'insegnamento speciale. Gli Stati membri possono prevedere differenze di trattamento nell'accesso ad istituti scolastici basate su una religione o convinzione; la legislazione nazionale che garantisce la laicità dello Stato, delle istituzioni o degli organismi statali, dell'istruzione o riguardanti lo status e le attività delle organizzazioni fondate su una religione o convinzione; la legislazione nazionale a favore della parità dei sessi. Il testo esplicita che le questioni inerenti allo stato coniugale o di famiglia, inclusa l'adozione, non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva. Ciò include i diritti alla riproduzione.
L'articolo 4 della proposta concerne la parità di trattamento delle persone con disabilità, prevedendo che: siano adottate preventivamente, anche mediante modifiche o adeguamenti appropriati, le misure necessarie per consentire alle persone con disabilità l'accesso effettivo e non discriminatorio alla protezione sociale, alle prestazioni sociali, all'assistenza sanitaria, all'istruzione e ai beni e servizi disponibili al pubblico, inclusi gli alloggi e i trasporti. Tali misure non devono costituire un onere sproporzionato o richiedere la modifica sostanziale della protezione sociale, delle prestazioni sociali, dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione o dei beni o servizi in questione o la messa a disposizione di beni o servizi alternativi; fatto salvo l'obbligo di garantire l'accesso effettivo e non discriminatorio, siano messe a disposizione all'occorrenza, anche in casi particolari, soluzioni ragionevoli a condizione che esse non costituiscano un onere sproporzionato. Al fine di valutare se le misure necessarie costituiscono un onere sproporzionato, si tiene conto, in particolare, della dimensione, delle risorse dell'organizzazione, della sua natura, del costo previsto, del ciclo di vita dei beni e servizi, nonché dei possibili benefici del migliore accesso per le persone con disabilità. La soluzione sarà considerata non sproporzionata allorché l'onere sia compensato in modo

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sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica di parità di trattamento dello Stato membro.
In considerazione del fatto che in molti casi l'uguaglianza formale non comporta, nella prassi, l'effettiva e completa parità, l'articolo 5, relativo all'azione positiva, prevede che il principio di parità di trattamento non impedisca a uno Stato membro di mantenere o adottare misure specifiche dirette a evitare o compensare svantaggi connessi alla religione o alle convinzioni personali, alla disabilità, all'età o all'orientamento sessuale.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti (articolo 7), la proposta di direttiva prevede che le persone che si ritengono vittime di discriminazione possano ricorrere a procedimenti amministrativi o giudiziari, anche dopo la fine del rapporto in cui la presunta discriminazione sarebbe intervenuta. Osserva in proposito come, sul punto, sarebbe utile acquisire un parere della II Commissione Giustizia. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a riconoscere alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che abbiano interesse legittimo a garantire il rispetto delle disposizioni anti discriminatorie contenute nella proposta, il diritto di ricorrere per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso. Relativamente all'onere della prova la proposta impone agli Stati membri, secondo i loro sistemi giudiziari, di adottare i provvedimenti necessari affinché spetti alla parte convenuta provare l'insussistenza della violazione del principio di parità di trattamento, nel caso in cui chi si ritiene leso dalla mancata osservanza nei propri confronti di tale principio abbia prodotto dinanzi ad un organo giurisdizionale, o altro organo competente, elementi di fatto in base ai quali si possa presumere che non ci sia stata violazione del divieto di discriminazione. Rileva come quello appena evidenziato sia un passaggio di particolare delicatezza poiché il principio dell'onere della prova in capo alla parte convenuta non è previsto in tutti gli Stati membri e potrebbe pertanto creare alcuni problemi in fase applicativa.
L'articolo 12 della proposta prevede inoltre l'istituzione di organismi di parità che possono far parte di organi incaricati di difendere, a livello nazionale, i diritti umani o di tutelare i diritti degli individui, inclusi i diritti tutelati dagli atti comunitari. Gli Stati membri devono assicurare che nella competenza di tali organismi rientrino: la messa a disposizione delle vittime di discriminazione di un'assistenza indipendente per avviare una procedura per discriminazione; lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione; la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su tutte le questioni connesse a tale discriminazione.
In base alla proposta (articolo 14), gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni possono prevedere un risarcimento dei danni, non possono essere limitate dalla previa fissazione di una soglia massima e devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Ai fini dell'espressione del parere della XIV Commissione, tenuto conto anche conto che l'esame della proposta si colloca nell'ambito dell'esercizio della COSAC, appare anzitutto opportuno valutare il fondamento giuridico della proposta e la sua giustificazione sotto i profili di sussidiarietà.
La base giuridica della proposta è costituita dall'articolo 13, paragrafo 1, del Trattato CE ai sensi del quale, fatte salve le altre disposizioni del medesimo trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Tale disposizione, su cui già si fondano le richiamate direttive 2000/43/CE, 2000/78/CE e 2004/113/CE, sembra

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costituire un base adeguata e sufficiente per le azioni proposte dalla Commissione.
La giustificazione della proposta con riguardo al principio di sussidiarietà è contenuta nel trentesimo considerando del preambolo della proposta in esame, in cui si afferma che, in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, lo scopo della presente direttiva, volta a garantire un livello comune di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell'impatto dell'azione proposta, essere meglio realizzato a livello comunitario. Il considerando osserva inoltre che la proposta non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. Tale motivazione - che corrisponde ad una clausola di stile troppo spesso utilizzata dalla Commissione - non appare chiara e sufficiente. Elementi più puntuali sono invece forniti nella relazione illustrativa della proposta, in un apposito paragrafo relativo al rispetto del principio di sussidiarietà. La Commissione osserva che gli obiettivi della proposta non possano essere raggiunti sufficientemente dai soli Stati membri, per le seguenti ragioni: solo una misura comunitaria può garantire uno standard minimo di protezione contro la discriminazione per motivi di religione, convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale in tutti gli Stati membri; un atto giuridico comunitario è in grado di fornire la certezza giuridica dei diritti e degli obblighi degli operatori economici e dei cittadini, anche in caso di spostamento tra uno Stato membro e l'altro. Anche queste motivazioni non paiono tuttavia sufficienti per giustificare una proposta di direttiva di così ampia portata. A conferma di tale impostazione, la Commissione ricorda che le direttive precedenti in materia di parità di trattamento, richiamate in precedenza, hanno avuto, come dimostrato dall'esperienza, un effetto positivo nel realizzare una migliore protezione contro la discriminazione. La relazione osserva, inoltre, che la proposta di direttiva non va al di là di quanto necessario per realizzare gli obiettivi stabiliti e rispetta, pertanto, il principio di proporzionalità. La relazione analizza alcuni effetti della normativa proposta sulle legislazioni nazionali. In particolare, la Commissione rileva che le differenze tra le tradizioni e gli approcci nazionali in settori quali sanità, protezione sociale e istruzione tendono ad essere più marcate rispetto a quanto si osserva nei settori connessi all'occupazione. Ribadendo che la diversità delle società europee rappresenta uno dei punti forti dell'Europa e che, in quanto tale, deve essere rispettata in linea con il principio di sussidiarietà e riconoscendo che questioni come l'organizzazione e il contenuto dell'istruzione, il riconoscimento della famiglia o del matrimonio, l'adozione, i diritti alla riproduzione e altre questioni simili devono essere decise a livello nazionale, la Commissione sottolinea che la proposta di direttiva non richiede agli Stati membri di modificare le attuali leggi e prassi in relazione a tali questioni è che essa è priva di impatto sulle norme nazionali che disciplinano le attività delle Chiese e di altre organizzazioni religiose o il loro rapporto con lo Stato. A titolo di esempio la Commissione osserva pertanto che rimane agli Stati membri la facoltà di decidere se consentire l'ammissione selettiva alle scuole, se vietare o consentire di esibire o indossare simboli religiosi nelle scuole, se riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la natura di qualsiasi rapporto tra una religione organizzata e lo Stato.
L'esame del contenuto della proposta sembra confermare le affermazioni della Commissione. In particolare, gli articoli 2 e 3 sembrano tenere conto delle specifiche competenze degli Stati membri, riservando la disciplina di alcuni aspetti della materia. In particolare, come già ricordato, l'articolo 2 consente agli Stati membri di prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione qualora nell'ambito del diritto nazionale esse siano giustificate da una finalità legittima e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. L'ultimo paragrafo

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dell'articolo 2 stabilisce poi che le disposizioni della proposta di direttiva lasciano impregiudicate le misure generali previste dalla legislazione nazionale necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 3 la proposta specifica che ciò non pregiudica: le responsabilità degli Stati membri per i contenuti dell'insegnamento, le attività e l'organizzazione dei propri sistemi d'istruzione, inclusa la messa a disposizione dell'insegnamento speciale. Gli Stati membri possono prevedere differenze di trattamento nell'accesso ad istituti scolastici basate su una religione o convinzione; la legislazione nazionale che garantisce la laicità dello Stato, delle istituzioni o degli organismi statali, dell'istruzione o riguardanti lo status e le attività delle organizzazioni fondate su una religione o convinzione; la legislazione nazionale a favore della parità dei sessi.
Il testo, infine, esplicita che le questioni inerenti allo stato coniugale o di famiglia, inclusa l'adozione, non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva. Ciò include i diritti alla riproduzione.
La proposta appare pertanto conforme al principio di sussidiarietà nonché a quello di proporzionalità.
Con riguardo al merito della proposta, appare opportuno, anche in ragione dei tempi limitati a disposizione della XIV Commissione, demandare all'esame della Commissione di merito la definizione di osservazioni ed indirizzi al Governo.
Alla luce delle considerazioni esposte, formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 1).

Giacomo STUCCHI (LNP) esprime apprezzamento per la relazione svolta dall'onorevole Pini e osserva come, con riferimento alla opportunità da questi segnalata di acquisire l'orientamento della Commissione Giustizia in ordine ai contenuti dell'articolo 7, nel corso dell'iter di esame del provvedimento, la II Commissione potrebbe formulare osservazioni alla Commissione di merito.

Sandro GOZI (PD) rileva preliminarmente che, sebbene i tempi di esame della proposta di direttiva in oggetto siano molto ristretti, è particolarmente importante che la XIV Commissione non perda l'occasione per intervenire su un atto comunitario di notevole rilievo e, inoltre, per dare un segnale del ruolo che intende svolgere in questa legislatura.
La direttiva in esame riveste in effetti grande importanza, poiché appare fondamentale fissare un standard minimo europeo di protezione contro la discriminazione per motivi di religione, convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale in tutti gli Stati membri, anche al di fuori del mercato del lavoro. Senza una normativa quadro su queste materie non sembrano infatti esservi sufficienti garanzie che - anche tenuto conto dell'allargamento dell'Unione - non vi siano peggioramenti in futuro in tale ambito. A suo avviso, tuttavia, la Commissione europea dovrebbe motivare meglio le ragioni del proprio intervento: non appare infatti sufficiente richiamare alcuni temi di attualità quali, ad esempio, la presenza di simboli religiosi nelle scuole o i matrimoni tra persone dello stesso sesso, e la Commissione non può considerare svolto il suo compito, nel rispetto del principio di sussidiarietà, semplicemente evocando i titoli dei quotidiani. La motivazione posta alla base della direttiva deve essere più estesa e dettagliata, tanto più se si interviene sulla materia dei diritti fondamentali, in attuazione dell'articolo 13 del Trattato. Sebbene appaia assicurato il rispetto del principio di sussidiarietà, riterrebbe opportuno, in sede di espressione del parere, insistere per una motivazione più puntuale da parte della Commissione europea.

Jean Leonard TOUADI (PD) dopo aver sottolineato l'importanza dell'applicazione del principio di sussidiarietà, si sofferma su alcuni aspetti che meritano a suo avviso un approfondimento. Richiama innanzitutto l'ultimo paragrafo dell'articolo 2,

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laddove si prevede che le disposizioni della proposta di direttiva lasciano impregiudicate, tra l'altro, le misure generali previste dalla legislazione nazionale in materia di sicurezza pubblica e di tutela dell'ordine pubblico. Osserva in proposito come quello di sicurezza pubblica sia un concetto che può subire notevoli variazioni, non solo da uno Stato all'altro, ma anche nell'ambito di una stessa nazione, a seconda delle diverse fasi storiche; assoggettare le disposizioni della direttiva a un concetto così mutevole potrebbe determinare qualche difficoltà. Un ulteriore punto di criticità si rintraccia, a suo avviso, nell'articolo 7 della direttiva, laddove si prevede che coloro che si ritengono vittime di discriminazione possono ricorrere a procedimenti amministrativi o giudiziari, ivi comprese le associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che abbiano un interesse legittimo. Si tratta di una disposizione di non facile applicazione in un Paese come l'Italia, dove si registra una particolare ampiezza ed articolazione della società civile e delle organizzazioni che ad essa fanno capo. Osserva altresì che il fatto di prevedere la possibilità del ricorso a procedimenti amministrativi o giudiziari anche dopo la fine del rapporto in cui la presunta discriminazione sarebbe avvenuta, appare in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo in materia di status di rifugiato, di recente esaminato dalla Commissione, che prevede l'espulsione immediata dei cittadini extra comunitari la cui richiesta di asilo sia stata respinta.

Rocco BUTTIGLIONE (UdC) concorda sull'importanza strategica della direttiva in esame, che affronta il punto nodale del principio di non discriminazione, riconducibile, in ultima istanza, al principio di uguaglianza. Desidera precisare in proposito che trattare in modo uguale situazioni tra loro diverse è altrettanto ingiusto che trattare in modo diverso situazioni tra loro uguali e occorre dunque garantire che l'applicazione del principio di non discriminazione avvenga sempre tenendo conto della complessità del principio di uguaglianza. Nel caso specifico, sono in gioco - tra l'altro - i concetti di matrimonio e di famiglia che non vorrebbe fossero, appellandosi al principio di non discriminazione, sottratti alla autonoma decisione dei singoli Stati. Sulla base del criterio della sussidiarietà, sono infatti i Parlamenti nazionali che devono indicare l'esatta estensione del principio di discriminazione. Per tali motivi riterrebbe opportuno che il parere espresso dalla Commissione chiarisse che l'applicazione della direttiva in oggetto non inficia in alcun modo la concezione di matrimonio e di famiglia così come definita dalla nostra Carta costituzionale.

Gianluca PINI, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.45.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Giovedì 31 luglio 2008. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 9.45.

Sulla costituzione dei Comitati permanenti.

Gianluca PINI, presidente, comunica che l'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha concordato all'unanimità sull'opportunità di istituire, ai sensi dell'articolo 22, comma 4, del Regolamento, due Comitati permanenti, rispettivamente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE e per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE.
Ricorda che la composizione dei Comitati deve garantire congiuntamente il rispetto dei principi di rappresentatività e di proporzionalità.
Sulla base di questi principi, i Comitati risultano composti da otto deputati del gruppo Popolo della Libertà, sei deputati del gruppo Partito Democratico, due deputati

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del gruppo Lega Nord Padania e da un deputato per i seguenti gruppi: Italia dei Valori, Unione di Centro e Misto.
Informa che i gruppi hanno fatto pervenire le seguenti designazioni.
Il gruppo Popolo della Libertà ha designato per il Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE i deputati Bellotti, Castiello, Dell'Elce, Del Tenno, Formichella, Fucci, Gottardo e Stanca e per il Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE i deputati Bellotti, Calabria, Castiello, Del Tenno, Dell'Elce, Di Cagno Abbrescia, Formichella e Fucci.
Il gruppo Partito Democratico ha designato per il Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE i deputati Farinone, Gozi, Merloni, Pompili, Touadi e Zampa e per il Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE i deputati Farinone, Garavini, Gozi, Merloni, Touadi e Zampa.
Il gruppo Lega Nord Padania ha designato per il Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE i deputati Simonetti e Stucchi e per il Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE i deputati Consiglio e Stucchi.
Il gruppo Unione di Centro ha designato per il Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE il deputato Buttiglione e per il Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE il deputato Zinzi.
I deputati Razzi e Brugger, in quanto unici componenti della Commissione rispettivamente per i gruppi Italia dei Valori e Misto, sono chiamati a far parte di entrambi i comitati permanenti.
Comunica, altresì, che l'ufficio di presidenza della Commissione ha concordato, all'unanimità, la seguente composizione dei relativi Uffici di presidenza:
Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE,
Sandro GOZI, presidente,
Benedetto Francesco FUCCI, vicepresidente,
Roberto SIMONETTI, segretario,
Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE,
Nunziante CONSIGLIO, presidente,
Giuseppina CASTIELLO, vicepresidente,
Laura GARAVINI, segretario,

La Commissione prende atto.

La seduta termina alle 9.50.

INDAGINE CONOSCITIVA

Giovedì 31 luglio 2008. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 9.50.

Indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma.
(Deliberazione).

Gianluca PINI, presidente, avverte che è stata acquisita l'intesa del Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, sulla proposta, adottata nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi il 10 luglio 2008, di svolgere un'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, sulla base del programma concordato (vedi allegato 2).
Ritiene, pertanto, che si possa procedere alla formale deliberazione dell'indagine.

La Commissione delibera lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche

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dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, secondo il programma indicato.

La seduta termina alle 9.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.55 alle 10.

COMITATO PERMANENTE PER L'ESAME DEI PROGETTI DI ATTI COMUNITARI E DELL'UE

Giovedì 31 luglio 2008. - Presidenza del presidente Sandro GOZI.

La seduta comincia alle 14.15.

Comunicazioni del Presidente.

Sandro GOZI, presidente, osserva preliminarmente come il «Comitato per l'esame dei progetti di atti comunitari e dell'UE», che si riunisce oggi per la prima volta, abbia il compito primario di selezionare i progetti di atti dell'UE in relazione ai quali avviare l'esame ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento. Si tratta di uno strumento importante, che auspica possa consentire alla Camera dei deputati di svolgere un ruolo più attivo e incisivo nella cosiddetta «fase ascendente».
Al fine di selezionare i progetti in questione, il Comitato potrà procedere all'esame periodico, con cadenza da definire anche in relazione ai lavori della XIV Commissione, degli elenchi degli atti trasmessi dal Governo alla Camere, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 11 del 2005, ed assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, per l'esame alla Commissione competente per materia e in ogni caso per il parere alla Commissione politiche dell'UE e degli elenchi delle proposte legislative e dei documenti di consultazione e di programmazione legislativa inviati direttamente dalla Commissione europea ai parlamenti nazionali. Tali documenti, alla Camera, sono trasmessi alle Commissioni competenti per materia e alla Commissione politiche dell'Unione europea.
Una volta selezionati i progetti di atti dell'UE di maggiore interesse e urgenza, il Comitato sottopone alla valutazione dell'ufficio di presidenza della XIV Commissione l'avvio del loro esame ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, ovvero lo svolgimento di un dibattito con l'intervento del Ministro competente ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento. Sulla base delle decisioni assunte dall'ufficio di presidenza medesimo, il Comitato potrà anche svolgere un primo esame sui documenti selezionati e riferire degli esiti di tale istruttoria alla Commissione.
Al fine di operare la selezione dei progetti di atti di cui proporre l'esame il Comitato potrà avvalersi delle segnalazioni formulate dal Governo all'atto della trasmissione ai sensi dell'articolo 127.
Sarà inoltre opportuno che il Comitato chieda la trasmissione di informazioni aggiuntive e qualificate, anche in relazione a specifiche proposte, al Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 11 del 2005 nonché proceda ad audizioni informali del medesimo comitato ovvero del Comitato tecnico permanente che ne prepara le riunioni. Il Comitato tecnico permanente, istituito con decreto del Ministro per le Politiche Comunitarie 9 gennaio 2006, svolge le attività preparatorie e di coordinamento in funzione delle riunioni del CIACE e tutte le attività ad esse connesse e conseguenti.
Il Comitato potrà inoltre proporre all'ufficio di presidenza della Commissione lo svolgimento di attività conoscitive appropriate, intese in particolare ad acquisire elementi di conoscenza e valutazione da parte di rappresentanti del Governo, delle Istituzioni e degli organi dell'UE, delle regioni, dei rappresentanti delle categorie produttive e delle parti sociali.
Avverte quindi che nella riunione dell'ufficio di presidenza dello scorso 24 luglio, si è stabilito che la XIV Commissione

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avvii tempestivamente l'esame, ai fini del parere da rendere alla I e alla II Commissione, della proposta di decisione quadro che modifica la decisione quadro del Consiglio 2002/475 GAI del 13 giugno 2002 relativa alla lotta contro il terrorismo (COM(2007)650 def.), sulla quale sarà relatore l'onorevole Gottardo. L'esame di tale proposta dovrebbe concludersi prima della sospensione dei lavori per la pausa estiva, poiché la sua approvazione da parte del Parlamento europeo in prima lettura è prevista per il prossimo 23 settembre 2008. In tale occasione l'ufficio di presidenza aveva altresì previsto che il Comitato, non appena costituito, svolgesse un primo esame di tale atto e riferisse dell'esito della propria istruttoria alla Commissione.
Nella seduta odierna il Comitato potrebbe pertanto avviare l'esame della citata proposta di decisione quadro, al fine di riferire alla Commissione - in una seduta che sarà convocata la prossima settimana - sugli esiti del proprio approfondimento.

Isidoro GOTTARDO (PdL) illustra i contenuti della decisione quadro (COM(2007)650), che modifica della decisione quadro del Consiglio 2002/475 GAI del 13 giugno 2002, relativa alla lotta contro il terrorismo. La decisione quadro reca una serie di misure volte a armonizzare le disposizioni nazionali sulla pubblica istigazione a commettere atti di terrorismo, il reclutamento e l'addestramento a fini terroristici, affinché questi tipi di condotta siano perseguibili, anche se commessi attraverso Internet, in tutto il territorio dell'UE, nonché a garantire che le disposizioni vigenti in materia di pene e sanzioni, responsabilità delle persone giuridiche, giurisdizione e perseguibilità applicabili ai reati di terrorismo si applichino anche a queste forme di comportamento. Si tratta di interventi di estrema importanza e delicatezza anzitutto in quanto la prevenzione e il contrasto del terrorismo sono considerati elementi chiave del programma dell'Aja per il rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell'Unione europea per il periodo 2005-2010, adottato dal Consiglio europeo del 4 novembre 2004. Inoltre, la proposta di decisione quadro allinea la legislazione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione del terrorismo firmata a Varsavia, il 16 maggio 2005, la quale vincola gli Stati contraenti a considerare reati perseguibili la pubblica istigazione a commettere atti di terrorismo, il reclutamento e l'addestramento a fini terroristici.
Passando al contenuto della proposta, rileva che l'articolo 1, paragrafo 1, prevede una nuova formulazione dell'articolo 3 della citata decisione quadro 2002/475/CE, includendo - accanto al furto aggravato, all'estorsione, alla formazione di documenti amministrativi falsi, già previsti attualmente - la pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo, il reclutamento a fini terroristici e l'addestramento a fini terroristici, tra gli atti intenzionali che gli Stati membri devono considerare reati connessi ad attività terroristiche, negli ordinamenti nazionali.
La pubblica istigazione a commettere atti di terrorismo è definita come la diffusione, o qualunque altra forma di pubblica divulgazione, di un messaggio con l'intento di istigare a commettere uno degli atti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a h), della medesima decisione quadro 2002/475/GAI qualora tale comportamento - che preconizzi direttamente o indirettamente reati di terrorismo - dia luogo al rischio che possano essere commessi uno o più reati.
L'articolo 1, paragrafo 1, della decisione in vigore individua, affinché siano considerati reati terroristici, i seguenti atti intenzionali, quando sono commessi al fine di intimidire gravemente la popolazione, o costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un'organizzazione internazionale: a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso; b) attentati gravi all'integrità fisica di una

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persona; c) sequestro di persona e cattura di ostaggi; d) distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli; e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci; f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo; g) diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane; h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane; i) minaccia di realizzare uno dei comportamenti sopra indicati.
Il reclutamento a fini terroristici è definito come l'induzione a commettere uno dei seguenti atti: a) la direzione di un'organizzazione terroristica; b) la partecipazione alle attività di un'organizzazione terroristica, anche fornendole informazioni o mezzi materiali, ovvero tramite qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose dell'organizzazione terroristica. L'addestramento a fini terroristici è definito come l'atto di fornire istruzioni per la fabbricazione o l'uso di esplosivi, armi da fuoco o altre armi o sostanze nocive o pericolose ovvero altre tecniche o metodi specifici al fine di commettere uno degli atti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, sopra ricordati, nella consapevolezza che le istruzioni impartite sono intese per conseguire tale obiettivo.
Si stabilisce infine che, perché un atto sia perseguibile conformemente al paragrafo 2 non è necessario che sia stato commesso un reato terroristico.
I paragrafi 2 e 3 dell'articolo 1 della proposta, che apportano modifiche, rispettivamente, all'articolo 4, paragrafo 2 (Istigazione, concorso e tentativo), e all'articolo 9 (Giurisdizione ed esercizio dell'azione penale) della decisione quadro 2002/475/GAI, derivano dall'esigenza di garantire che le disposizioni vigenti in materia di pene e sanzioni, responsabilità delle persone giuridiche, giurisdizione e perseguibilità applicabili ai reati di terrorismo si applichino anche alle nuove forme di comportamento sopra richiamate. In particolare, il paragrafo 2 dell'articolo 1 della proposta di decisione, riformulando l'articolo 4, esclude i reati di pubblica istigazione, reclutamento e addestramento dalla lista di reati terroristici per i quali può configurarsi la fattispecie del tentativo. Il paragrafo 3 dell'articolo 1 aggiunge all'articolo 9 un nuovo comma 1 bis, in base al quale ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati di pubblica istigazione, reclutamento e addestramento, quando hanno come obiettivo o come effetto la commissione di un reato terroristico soggetto alla giurisdizione di uno Stato membro, conformemente al paragrafo 1 dell'articolo 9. Tale ultima disposizione stabilisce che ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati di cui agli articoli da 1 a 4 quando: a) il reato è commesso, anche solo parzialmente, nel suo territorio; ciascuno Stato membro può estendere la sua competenza quando il reato è stato commesso nel territorio di uno Stato membro; b) il reato è commesso a bordo di una nave battente bandiera del suo paese o di un aeromobile ivi registrato; c) l'autore del reato è uno dei suoi cittadini o vi è residente; d) il reato è commesso a vantaggio di una persona giuridica stabilita nel suo territorio; e) il reato è commesso contro le sue istituzioni o la sua popolazione o contro un'istituzione dell'Unione europea o di un organismo creato conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea o al trattato sull'Unione europea, e che ha sede nello Stato membro in questione.
L'articolo 2 della proposta di decisione, infine, fissa al 31 dicembre 2008 il termine

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per l'adozione da parte degli Stati membri, delle disposizioni necessarie all'adeguamento della presente decisione quadro, e al 31 dicembre 2009 il termine per la verifica delle misure adottate da parte del Consiglio.
Appare anzitutto opportuno valutare il fondamento giuridico della proposta e la sua giustificazione sotto i profili di sussidiarietà. La base giuridica della proposta è costituita dagli articoli 29, 31, paragrafo 1 e 34, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea. L'articolo 29 stabilisce che obiettivo dell'UE è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sviluppando tra gli Stati membri un'azione comune nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e prevenendo e reprimendo il razzismo e la xenofobia. Tale obiettivo è perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità organizzata o di altro tipo, in particolare il terrorismo, mediante, tra l'altro, il ravvicinamento, ove necessario, delle normative degli Stati membri in materia penale. L'articolo 31, paragrafo 1 prevede che l'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprenda, tra le altre cose, la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni, per quanto riguarda la criminalità organizzata, il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti. L'articolo 34, paragrafo 2, prevede che il Consiglio adotti misure e promuova la cooperazione finalizzata al conseguimento degli obiettivi dell'Unione. A questo scopo, deliberando all'unanimità, su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, il Consiglio può adottare, tra l'altro, decisioni-quadro per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Le decisioni-quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Esse non hanno efficacia diretta. Tali disposizioni, su cui già si fonda la decisione quadro del Consiglio 2002/475 GAI, sembrano costituire un base adeguata e sufficiente per le azioni proposte dalla Commissione.
Per quanto attiene alla motivazione della proposta di decisione quadro sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità, il tredicesimo considerando della proposta sottolinea che, poiché gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere raggiunti pienamente mediante iniziative isolate degli Stati membri, ma è tuttavia necessario disporre di norme armonizzate su scala europea, l'Unione può adottare misure, conformemente al principio di sussidiarietà. La Commissione ritiene inoltre che, conformemente al principio di proporzionalità, la presente decisione quadro non vada al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti obiettivi. Tale motivazione - che corrisponde ad una clausola di stile spesso utilizzata dalla Commissione - non appare chiara e sufficiente. Elementi più puntuali sono invece forniti nella relazione illustrativa della proposta, in un apposito paragrafo relativo al rispetto del principio di sussidiarietà, in cui la Commissione precisa che gli Stati membri non possono realizzare in maniera sufficiente gli obiettivi della proposta per i motivi seguenti: il terrorismo è un fenomeno di portata mondiale; la diffusione di propaganda per la mobilitazione e il reclutamento e di istruzioni e manuali on-line ai fini dell'addestramento e della pianificazione di attentati attraverso Internet ha carattere intrinsecamente internazionale e transfrontaliero; la minaccia è internazionale e tale deve essere anche la risposta, perlomeno in parte; tanto la politica antiterrorismo quanto la politica contro la cybercriminalità richiedono, per il conseguimento dei rispettivi obiettivi, azioni coordinate da parte degli Stati membri e cooperazione a livello internazionale; eventuali disparità nel trattamento giuridico tra Stati membri costituiscono un ostacolo alle azioni coordinate necessarie a livello europeo e contrastano la cooperazione a livello internazionale. La Commissione ritiene che un'azione dell'Unione europea permetterebbe di realizzare meglio gli obiettivi della proposta,

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sulla base della considerazione che: è necessario adeguare al nuovo modus operandi dei terroristi le azioni complementari attualmente intraprese, a livello nazionale e dell'Unione, nella lotta contro il terrorismo; l'adozione di una più ampia definizione del terrorismo consentirà di impedire ai terroristi di approfittare delle lacune e delle divergenze tra legislazioni nazionali; le operazioni delle attività di contrasto contro le attività criminali di natura transfrontaliera saranno considerevolmente facilitate; l'esistenza di un terreno d'intesa condiviso da tutti gli Stati membri agevolerà inoltre la cooperazione a livello internazionale e rafforzerà la posizione dell'UE in seno alle istanze internazionali; l'intensificazione della cooperazione nelle attività di contrasto a livello dell'UE e sul piano internazionale darà luogo a una maggiore efficacia delle indagini e delle azioni giudiziarie, rafforzando in tal modo la sicurezza.
Per quanto riguarda i profili relativi alla proporzionalità, la relazione della Commissione sottolinea che la proposta soddisfa il principio di proporzionalità per i motivi seguenti: la proposta non va oltre ciò che è necessario e utile a livello dell'Unione. In quanto decisione quadro, è vincolante per gli Stati membri sotto il profilo dei risultati da ottenere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi; non esiste alcun nuovo obbligo per i fornitori di servizi di telecomunicazione o gli operatori. La proposta ha soltanto l'effetto di intensificare l'utilizzazione dei meccanismi esistenti previsti dalle direttive sul commercio elettronico e sulla conservazione dei dati. Le sole spese indirette originate dalla presente proposta sono quelle derivanti dall'aumento del carico di lavoro dovuto alle indagini sui nuovi reati. Considerando il numero di azioni giudiziarie connesse ad attività terroristiche intentate ogni anno nell'UE, tali costi non sono ragguardevoli. Tale giustificazione della proposta sotto il profilo di proporzionalità non appare del tutto convincente, come del resto rilevato anche nel corso dell'esame presso il Parlamento europeo ed il Consiglio cui farò riferimento nel seguito della relazione.
L'esame del contenuto della proposta sembra confermare la fondatezza delle affermazioni della Commissione, soprattutto alla luce della portata globale dei fenomeni terroristici legata agli sviluppi dell'ultimo decennio. La fissazione con la decisione-quadro di norme penali minime in materia di lotta al terrorismo, consente, infatti, di assicurare nel territorio europeo una tutela penale supplementare adeguata alle nuove modalità di operatività dei terroristi che impedirà ad essi di approfittare delle lacune e delle divergenze tra le legislazioni nazionali. La proposta appare pertanto conforme al principio di sussidiarietà nonché a quello di proporzionalità.
Ricorda peraltro che la proposta di decisione in esame era stata oggetto di un esercizio di sussidiarietà, nell'ambito della COSAC, che si è svolto in un periodo di 8 settimane, dal 26 novembre 2007 al 21 gennaio 2008, ricalcato su quello previsto dal Protocollo sui principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona. All'esercizio hanno partecipato 24 Assemblee di 19 Stati membri. La Camera dei deputati non ha partecipato.
Solo la Camera dei Comuni del Regno Unito ha ritenuto che la proposta della Commissione violi il principio di sussidiarietà. Alcune Camere (Belgio, Austria, Olanda) hanno espresso il parere che le argomentazioni della Commissione europea relativamente al rispetto del principio di sussidiarietà siano parzialmente inadeguate. In qualche caso sono stati avanzati dubbi relativamente ai profili attinenti alla proporzionalità (Germania, Ungheria, Grecia, Svezia). Per quanto riguarda l'Italia, la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica, nella seduta del 19 dicembre 2007, ha espresso parere favorevole con alcune osservazioni:
Riguardo al merito della proposta occorre evidenziare, in via preliminare, che essa è stata già oggetto di un primo esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, secondo la procedura di consultazione.

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Occorre pertanto tenere conto, ai fini della formulazione di osservazioni e indirizzi al Governo, degli orientamenti emersi presso tali Istituzioni.
Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 aprile 2008 ha raggiunto un orientamento generale sulla proposta di decisione quadro, ribadendo che l'inclusione dei reati suddetti, che allinea l'attuale decisione quadro 2002/475/GAI con la convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo comporta i vantaggi del più integrato quadro istituzionale dell'UE. La Presidenza slovena ha proposto, peraltro, alcuni interventi di modifica la testo, volti a: rafforzare le garanzie a difesa della libertà di espressione; garantire che la definizione, attuazione ed esecuzione della criminalizzazione siano proporzionate alla natura e alle circostanze del reato; introdurre la nozione di sanzionabilità opzionale per quanto riguarda il «tentativo» di commettere i reati introdotti con la proposta di decisione quadro.
Segnala che durante la riunione del Consiglio giustizia e affari interni del 28 febbraio 2008, la presidenza aveva sottolineato come la proposta si collochi lungo la linea di demarcazione tra i diritti e le libertà fondamentali come la libertà di espressione, di riunione o di associazione e il diritto al rispetto della vita familiare. Il Consiglio aveva pertanto incentrato il dibattito sulle misure di salvaguardia relativo al rispetto dei diritti dell'uomo e al principio di proporzionalità dell'azione penale. La presidenza aveva pertanto concluso che la maggioranza degli Stati membri era disposta ad accettare di aggiungere nei considerando una clausola di proporzionalità basata sull'articolo 12, paragrafo 2 della convenzione del Consiglio d'Europa e un nuovo articolo a salvaguardia della libertà di espressione e di stampa, analogo alle disposizioni in questo senso già previste nella proposta di decisione quadro sulla xenofobia e il razzismo.
Il paragrafo 2 dell'articolo 12 della Convenzione prevede che nella definizione, attuazione ed esecuzione della criminalizzazione secondo quanto previsto dagli articoli da 5 a 7, e dall'articolo 9 della Convenzione stessa, si applichi il principio di proporzionalità, nel rispetto della legittimità degli scopi perseguiti e della loro necessità in una società democratica, escludendo ogni forma di arbitrio, discriminazione o razzismo.

La Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo, il 15 luglio 2008, ha approvato una relazione e una proposta di risoluzione (relatrice Roselyne Lefran ois -Gruppo Socialista al Parlamento europeo -PSE-Francia), ai fini dell'esame in plenaria previsto per il 23 settembre 2008. In particolare, nella proposta di risoluzione, la relatrice pur apprezzando la proposta della Commissione, ritiene tuttavia che essa, prevedendo l'incriminazione della «pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo», potrebbe comportare dei rischi per le libertà e per i diritti fondamentali poiché si tratterebbe in tal caso di sanzionare accanto ai reati di terrorismo in quanto tali, anche le parole o gli scritti che presumibilmente abbiano provocato la commissione di un reato di terrorismo ovvero siano suscettibili di contribuire ad atti di terrorismo. Ad avviso della relatrice, tale proposta non consente, allo stato delle cose, né di definire in maniera sufficientemente chiara e precisa i comportamenti passibili di incriminazione, né di fornire una risposta altrettanto esaustiva ai due obiettivi indissociabili della lotta al terrorismo e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Inoltre, data la natura piuttosto labile della linea di demarcazione, all'atto pratico, fra libertà d'espressione e violazione del diritto, la relatrice si rammarica che tali lacune possano dare adito a episodi di illegalità. La relatrice suggerisce pertanto di inserire una serie di modifiche intese a: delimitare ulteriormente il concetto di «pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo» e la gamma di comportamenti riconducibili a sanzioni penali (la relatrice ritiene in particolare che il comportamento in questione debba porre in essere un pericolo «reale» e non meramente ipotetico, di

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commissione di un'infrazione di terrorismo, ovvero che debba sussistere un legame sufficientemente stretto fra l'istigazione e l'eventualità della perpetrazione di un atto terroristico); introdurre nel dispositivo del testo di clausole di salvaguardia equivalenti alle disposizioni dell'articolo 12 della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione del terrorismo; sostenere la linea assunta dalla Commissione, la quale nella sua proposta esclude qualsiasi obbligo di ricondurre a sanzioni il tentativo di commettere uno dei tre reati previsti dalla proposta, rispetto alla punibilità opzionale prevista dal Consiglio nel suo orientamento generale; affidare agli Stati membri l'eventuale applicazione delle norme in materia di giurisdizione stabilite dall'articolo 9 alle lettere d) ed e), come del resto inizialmente proposto da diverse delegazioni in seno al Consiglio.
Segnala inoltre che il 7 aprile 2008 la Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo ha organizzato una tavola rotonda con i Parlamenti nazionali, cui non hanno preso parte parlamentari italiani essendo sciolte le Camere, sulla proposta di decisione quadro. In esito all'incontro, l'8 aprile 2008 il presidente della commissione LIBE, Gérard Deprez, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio giustizia e affari interni, contenente le richieste formulate dai rappresentanti del Consiglio d'Europa e dai membri dei parlamenti nazionali presenti alla tavola rotonda. In particolare i partecipanti al dibattito hanno chiesto al Consiglio di migliorare la chiarezza giuridica del testo della proposta, attraverso l'introduzione di disposizioni ispirate il più possibile all'articolo 12, paragrafo 2 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione del terrorismo, già riconosciuta come ispiratrice della proposta stessa, e di riesaminare i rischi interpretativi che possono insorgere nel momento in cui viene qualificato penalmente il «tentativo» di commettere alcuni dei reati introdotti nella proposta di decisione quadro.
I rilievi formulati dalla relatrice presso il Parlamento europeo - che tengono anche conto di una tavola rotonda con i Parlamenti nazionali, svoltasi il 7 aprile 2008 - appaiono condivisibili, con particolare riguardo alla chiarezza giuridica di alcune definizioni di reato nel testo della proposta e all'introduzione di disposizioni ispirate all'articolo 12, paragrafo 2 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione del terrorismo. Si tratta naturalmente di aspetti di particolare complessità tecnico-giuridica, e di rilievo anche costituzionale, che potranno essere approfonditi anche dalle Commissioni di merito nell'ambito dell'esame del provvedimento.
Osserva, in conclusione, come, in linea generale, la proposta di decisione quadro appaia conforme al principio di sussidiarietà nonché a quello di proporzionalità. Occorre tuttavia, a suo avviso, prevedere che, sotto tali profili, la Commissione europea adotti, anche nel preambolo dell'atto, una motivazione più specifica e analitica delle proposte legislative da essa presentate. Inoltre, sottolinea l'opportunità di contemperare le legittime esigenze di sicurezza - che possono trovare distinte sensibilità nei diversi Stati membri, a seconda delle situazioni contingenti - con la tutela delle libertà fondamentali, con particolare riferimento alla libertà di espressione. A tal fine occorrerebbe precisare che la proposta in esame non può essere in alcun modo interpretata come intesa a limitare l'obbligo di rispettare i diritti fondamentali della libertà di espressione e di associazione nonché, della libertà di stampa e di espressione in altri mezzi d'informazione;

Sandro GOZI, presidente, concorda con le considerazioni svolte dal collega Gottardo, e ritiene opportuno fare in proposito un riferimento esplicito ai principi giuridici fondamentali quali sono sanciti dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea e ribaditi dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE.
Rileva altresì come occorra mantenere la definizione di «pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo», quale contenuta nel testo originario dell'articolo

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1, paragrafo 1, che non subordina la configurabilità all'esistenza di un pericolo reale di commissione di un reato connesso al terrorismo ovvero ad un legame sufficientemente stretto fra l'istigazione e l'eventualità della perpetrazione di un atto terroristico.
Si sofferma quindi su due ulteriori aspetti. Il primo riguarda l'opportunità di introdurre nel testo della proposta clausole di salvaguardia equivalenti alle disposizioni dell'articolo 12 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione del terrorismo, al fine di precisare che la definizione, l'attuazione e l'esecuzione della criminalizzazione ai sensi della proposta di decisione quadro siano proporzionate alla natura e alle circostanze del reato, nel rispetto delle finalità legittime perseguite e della loro necessità nel contesto di una società democratica, escludendo qualunque forma di arbitrarietà o di trattamento discriminatorio o razzista. Il secondo concerne l'introduzione di una sanzionabilità opzionale del tentativo di reclutamento e di addestramento, che è esclusa dal testo originario della proposta di decisione quadro ma è oggetto di considerazione in seno al Consiglio.

Isidoro GOTTARDO (PdL) condivide le considerazioni svolte dal collega Gozi.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL) concorda con le considerazioni formulate dai colleghi.

Sandro GOZI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, ritiene di poter considerare concluso l'esame, in questa sede, della proposta di decisione che modifica la decisione quadro del Consiglio 2002/475 GAI del 13 giugno 2002 relativa alla lotta contro il terrorismo (COM(2007)650 def.). Propone quindi di riferire degli esiti di tale dibattito alla Commissione, non appena questa si riunirà in sede di esame della decisione quadro medesima.

Il Comitato concorda.

La seduta termina alle 14.30.