CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 31 luglio 2008
46.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale (COM(2008)426 def.).

PARERE FORMULATO DAL RELATORE

La XIV Commissione,
esaminata la proposta di direttiva recante applicazione del principio di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale (COM(2008)426);
rilevato che l'esame della proposta si colloca nell'ambito di un esercizio in materia di controllo di sussidiarietà da parte dei Parlamenti nazionali, promosso dalla Conferenza specializzata negli affari europei e comunitari (COSAC);
sottolineato che, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005, qualora le Camere abbiano iniziato l'esame di progetti di atti dell'UE, il Governo può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti comunitari e dell'Unione europea soltanto a conclusione di tale esame, e comunque decorso il termine di 20 giorni, apponendo in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea la riserva di esame parlamentare;
tenuto conto che la proposta è volta a stabilire un quadro generale per la lotta alla discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento anche in campi diversi dall'occupazione;
tenuto conto che la base giuridica della proposta, costituita dall'articolo 13, paragrafo 1, del Trattato CE, appare corretta e sufficiente per l'adozione delle misure prospettate dalla proposta stessa;
considerata la proposta conforme al principio di sussidiarietà nonché a quello di proporzionalità per i seguenti motivi:
lo scopo della proposta, alla luce degli elementi fornita dalla sua relazione di accompagnamento nonché nella valutazione di impatto svolta dalla Commissione europea, non sembra essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell'impatto dell'azione proposta, essere meglio realizzato a livello comunitario;
in particolare, che solo una misura comunitaria sembra poter garantire uno standard minimo di protezione contro la discriminazione per motivi di religione, convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale in tutti gli Stati membri;
un atto giuridico comunitario sembra essere meglio in grado di fornire la certezza giuridica dei diritti e degli obblighi degli operatori economici e dei cittadini, anche in caso di spostamento tra uno Stato membro e l'altro;
l'articolo 2 sembra tenere conto adeguatamente conto, ai fini della definizione di discriminazione, delle competenze e delle specificità degli Stati membri, relative, in particolare, alla sicurezza pubblica, alla tutela dell'ordine pubblico, alla

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prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui;
ai sensi dell'articolo 3, la proposta non pregiudica le responsabilità degli Stati membri per i contenuti dell'insegnamento, le attività e l'organizzazione dei propri sistemi d'istruzione, inclusa la messa a disposizione dell'insegnamento speciale;
rilevato, tuttavia, che la motivazione della proposta sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità riportata nel preambolo non appare chiara, riproducendo una mera clausola di stile,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) inserisca la Commissione di merito nel documento finale un richiamo alla necessità che la Commissione europea adotti, anche nel preambolo dell'atto, una motivazione più specifica e analitica delle proposte legislativa da essa presentate;
2) segnali la Commissione di merito nel documento finale la necessità che il Governo, nel corso dell'esame della proposta, assicuri che il dettato della direttiva non sia modificato in modo difforme alla piena applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, con particolare riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 2 e all'articolo 3 delle medesima proposta.

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ALLEGATO 2

Indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma.

PROGRAMMA

1. Presupposti dell'indagine conoscitiva.
L'indagine conoscitiva mira ad approfondire le diverse questioni relative alla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea e delle Comunità europee.
Si intende, in particolare, acquisire elementi di conoscenza e di valutazione in merito all'adeguatezza di procedure e strumenti previsti dalla normativa vigente sia in relazione all'intervento del nostro Paese nelle sedi decisionali europee (cosiddetta «fase ascendente») sia per il recepimento e l'attuazione nell'ordinamento italiano degli obblighi (cosiddetta «fase discendente»).
I due profili sono infatti strettamente connessi in quanto una partecipazione adeguata al processo decisionale costituisce un presupposto imprescindibile, oltre che per garantire la considerazione e la tutela degli interessi e delle priorità nazionali, anche per assicurare un più alto grado di conformità dell'ordinamento nazionale a quello europeo.
In questo contesto, assume un'importanza centrale la verifica dello stato di attuazione - a tre anni dalla sua entrata in vigore - della legge 4 febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari».
Si tratta, per un verso, di verificare l'effettiva attuazione della legge e gli effetti da essa prodotti sulla partecipazione italiana all'UE; per altro verso, di operare una più ampia riflessione sull'adeguatezza della legge e delle altre norme vigenti rispetto all'evoluzione del processo di integrazione europea, anche alla luce della possibile entrata in vigore del Trattato di Lisbona, attualmente in corso di ratifica.
Nella XV legislatura era stata deliberata, il 10 ottobre 2007, un'analoga indagine conoscitiva sul tema «Italia e Unione europea dopo la legge n. 11 del 2005; bilanci e prospettive». L'indagine - il termine per la cui conclusione era fissato al 30 aprile 2008 - si è interrotta per la fine anticipata della legislatura. È stato tuttavia possibile, attraverso le 8 audizioni svolte, acquisire importanti elementi di valutazione e conoscenza che potrebbero costituire un'utile base per l'avvio di una nuova e più ampia indagine in materia.

2. Oggetto e finalità dell'indagine.
L'oggetto principale ma non esclusivo dell'indagine è la verifica dello stato di attuazione e dell'impatto della legge n. 11 del 2005 e della normativa vigente in materia di partecipazione italiana all'UE, anche al fine di valutare l'opportunità di eventuali aggiornamenti o modificazioni.
La legge n. 11 ha costituito un passo fondamentale per un complessivo consolidamento e ammodernamento della partecipazione dell'Italia all'Unione europea, adeguando gli strumenti esistenti ai nuovi contesti costituzionale - delineatosi a seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione - ed europeo, con l'avvio del processo di riforma dei Trattati. A tal fine, è stata, in particolare,

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rafforzata la fase ascendente, attraverso un potenziamento del ruolo del Parlamento, l'introduzione di organi e procedure per favorire una tempestiva ed efficace formazione della posizione italiana nelle sedi decisionali europee ed un maggiore coinvolgimento delle componenti territoriali e sociali. Sono stati, inoltre, adeguati gli strumenti di attuazione del diritto dell'Unione europea alle nuove esigenze emerse tanto nella prassi applicativa quanto nel nuovo assetto costituzionale.
A tale scopo, sono stati, per un verso, rafforzati istituti già previsti dalle leggi 183 del 1987 e 86 del 1989 e, per altro verso, introdotti nuovi strumenti e procedure. In particolare, la legge n. 11 in merito alla fase ascendente:
ha previsto l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea;
ha disciplinato in modo più articolato la partecipazione del Parlamento al processo di formazione delle decisioni comunitarie e dell'UE, definendo in modo più stringente gli obblighi di trasmissione e di informazione da parte del Governo;
ha espressamente previsto il procedimento relativo alla riserva di esame parlamentare da parte delle Camere, con effetti sospensivi delle attività governative in seno al Consiglio dell'UE, nonché alla riserva di esame regionale;
ha disciplinato più diffusamente la partecipazione delle regioni e delle province autonome alle decisioni relative alla formazione di atti normativi comunitari, nonché il raccordo tra Stato e Regioni al riguardo;
ha valorizzato il ruolo delle parti sociali e delle categorie produttive nella formazione del diritto comunitario.

Inoltre, in relazione alla fase discendente, la legge n. 11 ha:
ampliato il contenuto proprio della legge comunitaria;
introdotto una disciplina ad hoc per le misure urgenti di recepimento;
adeguato l'attuazione in via regolamentare e amministrativa a quanto previsto dal nuovo Titolo V, Parte II, Cost.;
introdotto un'innovativa disciplina del potere sostitutivo statale da esercitare in caso di inerzia regionale, disciplina comunque rispettosa delle prerogative delle Regioni;
ha stabilito in via generale la delegificazione dei cosiddetti adeguamenti tecnici, laddove norme comunitarie modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;
ha meglio precisato ed integrato i contenuti della relazione annuale del Governo al Parlamento sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea.

La prima applicazione della legge ha già prodotto alcuni effetti positivi di significativo rilievo; è il caso della piena e tempestiva trasmissione in via elettronica degli atti e progetti di atti dell'UE alle Camere e alle regioni, avviata dall'aprile 2006, e del sistematico svolgimento di audizioni del Governo prima e dopo le riunioni del Consiglio europeo.
Altre disposizioni non appaiono, invece, pienamente applicate: è il caso, tra gli altri, di alcuni obblighi informativi del Governo alle Camere e alle regioni e soprattutto della riserva di esame parlamentare e regionale nonché della nuova struttura della relazione annuale. Anche il funzionamento del CIACE non sembra aver ancora assicurato un effettivo coordinamento dei soggetti interessati ai fini della formazione della posizione italiana nelle sedi decisionali europee.
Inoltre, le disposizioni concernenti la partecipazione delle regioni alla formazione e all'attuazione del diritto dell'UE, da un lato, non sembrano aver trovato ancora piena attuazione, dall'altro, richiederebbero

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un coordinamento con norme contenute in particolare nella legge n. 131 del 2003, di attuazione del nuovo titolo V della Parte seconda della Costituzione, basti pensare ad esempio alla disciplina del potere statale sostitutivo.
Pertanto potrebbero rendersi necessarie alcune integrazioni del dettato normativo vigente, che dovranno tenere conto delle esigenze emerse in via di prassi nonché del possibile mutamento degli scenari europei, derivante dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

3. Il metodo d'indagine.
Le linee di indagine si svolgeranno secondo tre diverse direzioni:
a) la prima sarà quella di approfondire i profili giuridici e, in senso più generale, istituzionali delle due fasi (ascendente e discendente), attraverso l'audizione dei diversi esperti e operatori del settore. Si tratterà quindi di verificare, in primo luogo, modelli normativi e prassi seguite in quest'ultimo periodo come pure di approfondire i diversi livelli di governo e di responsabilità interessati dalla fase ascendente e discendente: il livello nazionale, regionale e locale; quello dei legislatori, degli esecutivi e delle amministrazioni;
b) la seconda sarà quella di approfondire i diversi profili di fase ascendente e discendente con le principali categorie sociali e produttive interessate (imprese, sindacati);
c) la terza coinvolgerà esperti ed operatori di diverse discipline, per verificare sul campo l'impatto effettivo e i principali punti di difficoltà connessi all'attuazione della legge n. 11, con particolare riguardo a materie e politiche cruciali quali, ad esempio, la strategia di Lisbona, lo spazio di libertà sicurezza e giustizia, l'energia, i cambiamenti climatici, l'ambiente, l'immigrazione, la politica agricola comune, la concorrenza, la politica di coesione, i servizi finanziari.

Su tutti questi profili occorrerà in fine approfondire le principali esperienze degli altri Stati membri dell'Unione europea, con particolare riferimento al ruolo dei parlamenti nazionali.

4. Soggetti da audire.
Nel corso dell'indagine dovrebbero essere auditi i seguenti soggetti:
competenti rappresentanti del Governo ed alti funzionari governativi;
rappresentanti delle istituzioni europee;
rappresentanti istituzionali degli altri Stati membri;
autorità indipendenti;
rappresentanti delle Regioni e degli enti locali;
rappresentanti del mondo scientifico e delle università;
rappresentanti di istituti di ricerca su questioni comunitarie;
esperti di questioni comunitarie;
rappresentanti delle organizzazioni nazionali ed europee delle parti sociali;
rappresentanti della società civile e delle categorie produttive.

5. Modalità e durata dell'indagine.
L'indagine si svolgerà attraverso audizioni, anche in forma seminariale, e acquisizioni documentali e dovrebbe essere completata entro il 31 dicembre 2008.
La richiesta di autorizzazione allo svolgimento di eventuali missioni sarà sottoposta di volta in volta alla Presidenza della Camera.