CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 novembre 2008
96.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO

5-00621 Boniver ed altri: Sull'attentato al Presidente della Repubblica del Rwanda del 1994

TESTO DELLA RISPOSTA

Le vicende che hanno sconvolto il Ruanda agli inizi degli anni 90 rappresentano una delle grandi tragedie del ventesimo secolo. L'orrore di quei terribili mesi e la mostruosità della follia genocidiaria che si accanì contro la popolazione civile sfuggono a qualsiasi tentativo di comprensione razionale. Ma è purtroppo fin troppo comprensibile che abbiano lasciato, in quel Paese e nella comunità internazionale, delle ferite profonde, che tardano, ancora oggi, a rimarginarsi.
La vicenda evocata dall'interrogante è una dimostrazione di come sia difficile chiudere definitivamente questo capitolo e di quanto sia lunga la strada verso la ricomposizione di una memoria congiunta, e pacificata, di quei drammatici mesi.
Le vicende sono note, e sono in parte ricostruite nella stessa interrogazione. Il tentativo dell'allora Presidente Habyarimana di trovare un accordo con il «Fronte Patriottico Ruandese» (FPR), a maggioranza Tutsi, si scontrò con la linea della fazione radicale degli Hutu, che predicava l'espulsione forzata dei Tutsi e finanche il loro sterminio. Gli eventi precipitarono nell'aprile 1994, quando un attentato (al quale si riferisce il mandato di arresto spiccato dalle Autorità francesi verso Rose Kabuye) portò alla morte del Presidente Habyarimana, innescando una spirale di violenza sfociata nel genocidio istigato da una parte della dirigenza Hutu a danno dei Tutsi. Nella spirale di follia in cui precipitò il Paese persero la vita circa 800.000 persone, in gran maggioranza appartenenti all'etnia tutsi.
Il 18 luglio 1994 l'FPR, vincitore sul campo, poneva fine ai massacri e nominava un Governo di transizione a base interetnica, con la sola esclusione degli esponenti Hutu appartenenti alla precedente dirigenza. A partire da quel momento, la vita politica ruandese è stata caratterizzata dall'ascesa al potere del Presidente Paul Kagame e dagli sforzi della nuova dirigenza, tesi a superare il genocidio del 1994, le sue cause ed i suoi effetti, in primis le tensioni e le divisioni esistenti nella società del Paese.
L'Unione europea ha accolto, con soddisfazione i progressi compiuti dal Paese, pur rinnovando costantemente al Presidente Kagame pressanti inviti a favorire maggiori aperture sul piano interno.
Resta comunque vero che Kagame gode di un ampio consenso fra la popolazione, che riconosce al leader dell'FPR il merito di aver portato avanti il processo di normalizzazione del Paese dopo il trauma del genocidio.
Tra le novità politiche più rilevanti degli ultimi periodi va segnalata l'abolizione da parte del Parlamento ruandese della pena di morte (abolizione entrata in vigore il 25 luglio scorso). Oltre che a finalità di ordine etico, il provvedimento risponde ad esigenze politiche, quale la necessità di assicurare alla giustizia i responsabili del genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994. L'abolizione della pena di morte faciliterà difatti la conclusione di diversi trattati di estradizione fra il Ruanda ed altri Paesi. Inoltre, in futuro tale decisione permetterà al Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, istituito per giudicare sui gravi crimini commessi durante il genocidio, di deferire ai tribunali

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ruandesi i casi rimasti aperti dopo la cessazione del mandato del Tribunale internazionale.
Il Governo è favorevole ad iniziative che favoriscano la riconciliazione nazionale in Rwanda, ma al tempo stesso è fermamente convinto che occorra lottare contro il rischio che coloro che si sono macchiati dell'orribile crimine di genocidio finiscano con beneficiare, di fatto, di una sorta di impunità. Per questo il nostro Paese ha partecipato attivamente, nel mese di ottobre, alle riunioni che sono state organizzate dal Rappresentante Speciale della UE per la regione dei Grandi laghi, Roeland Van der Geer, per incoraggiare un coordinamento fra gli Stati membri (assieme a noi, altri 9 partners) che hanno ricevuto dalle autorità ruandesi richieste di estradizione per sospettati crimini di genocidio.
È in questa tela complessa, e ancora incompleta, che si innesta l'episodio menzionato dall'interrogante.
In un contesto in cui è obiettivamente delicato prendere posizione sull'azione intrapresa dal potere giudiziario di un partner comunitario, tenuto anche conto dell'autonomia riconosciuta all'Ordinamento Giudiziario, il Governo si adopererà affinché tutti gli aspetti della questione facciano oggetto di una approfondita e articolata riflessione fra gli Stati membri, come noi, più direttamente interessati, anche nella prospettiva della definizione di una posizione comune fra i partners comunitari. Siamo convinti infatti che questa azione europea possa rappresentare un fondamentale contributo alla urgente e necessaria pacificazione di quella martoriata regione. In quest'ottica, il Governo sosterrà in ambito europeo tutte quelle iniziative volte ad assicurare che non vi sia impunità a favore dei soggetti sospettati di genocidio ed in questo quadro appoggerà le misure destinate a rafforzare il sistema giudiziario ruandese, mettendolo nella condizione di fornire alla Comunità internazionale le garanzie previste dalle Convenzioni internazionali che l'Italia e gli altri Stati democratici hanno sottoscritto, relativamente a coloro che saranno giudicati per crimini gravissimi come il genocidio.