CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 dicembre 2008
110.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-00777 Porta ed altri: Sulle condizioni logistiche e finanziarie degli istituti italiani di cultura in Brasile.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il Ministero degli Affari Esteri è ben consapevole delle problematiche connesse con l'accresciuto costo della vita e del lavoro in Brasile. Anche per questo, è stato disposto un adeguamento delle retribuzioni a favore di tutto il personale a contratto in servizio nella rete diplomatico-consolare e presso gli Istituti di Cultura in quel Paese. Questo adeguamento, adottato a decorrere dal primo gennaio 2008, è pari al 12 per cento per gli impiegati con mansioni ausiliarie ed al 15 per cento per gli impiegati con mansioni esecutive e di concetto.
Per quanto riguarda la dotazione di personale a contratto degli Istituti di Cultura di San Paolo e Rio de Janeiro, vorrei fare presente che, con 5 impiegati a contratto ciascuno, le sedi sono attualmente fra quelle con maggiore disponibilità di personale a contratto nella nostra rete in America Latina. Le supera soltanto l'Istituto di Buenos Aires, che può contare su 7 unità.
A San Paolo operano attualmente 3 impiegati con mansioni esecutive e due con mansioni ausiliarie; a Rio de Janeiro 1 impiegato con mansioni di concetto, 3 con mansioni esecutive ed 1 con mansioni ausiliarie.
La possibilità di incrementare le dotazioni di personale dei due Istituti incontra un limite oggettivo nelle disposizioni di legge che fissano, come noto, un contingente complessivo per gli impiegati a contratto.
L'esigenza di far fronte alle necessità di Sedi di recente apertura non ha consentito di prendere in considerazione la possibilità di assumere ulteriori unità a potenziamento delle Sedi di San Paolo e Rio de Janeiro.
L'ipotesi potrà essere ripresa, ad ogni modo, in attenta considerazione nel corso del prossimo anno, a fronte di una eventuale disponibilità sul contingente degli impiegati a contratto.
Per quanto riguarda, infine, l'esigenza di valorizzare quanto più possibile l'operato degli Istituti Italiani di Cultura del Brasile, vorrei fare presente che, pure in un contesto di risorse finanziarie limitate, è ferma intenzione del Ministero degli Esteri di mantenere un livello di attività adeguato, tanto dal punto di vista quantitativo quanto dal punto di vista qualitativo, alla assoluta importanza che quel Paese riveste per l'Italia.
Per raggiungere questo obiettivo, intendiamo fare ricorso anche a modalità operative innovative e più flessibili, che consentano di promuovere una circuitazione degli eventi programmati nell'area latinoamericana, un maggiore coinvolgimento di sponsor locali, nonché un accurato coordinamento tra le sedi.

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ALLEGATO 2

5-00778 Picchi e Di Biagio: Sul trattamento giuridico ed economico del personale a contratto nelle rappresentanze diplomatico-consolari.

TESTO DELLA RISPOSTA

Come l'onorevole interrogante correttamente ricorda, la disciplina del personale a contratto assunto all'estero è contenuta nel Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 - il testo che definisce l'ordinamento del Ministero degli Affari Esteri - così come successivamente modificato.
In particolare il Titolo in questione è stato modificato dal decreto legislativo n. 103 del 2000, adottato in ottemperanza al disposto della legge delega n. 266 del 1999.
Attenendosi ai principi fissati dalla delega, il decreto ha «semplificato ed omogeneizzato i differenti regimi esistenti» ed introdotto il principio che tutti i nuovi contratti d'impiego del personale assunto localmente a partire dalla data di entrata in vigore del decreto stesso avrebbero dovuto essere regolati dalla legge locale.
La preesistente categoria del personale a legge italiana è quindi da considerarsi «a esaurimento», nell'ambito del contingente di personale a contratto previsto dall'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967: alla progressiva diminuzione del personale a legge italiana in servizio - ad esempio, per raggiunti limiti d'età - fa fronte l'immissione esclusivamente di nuovi impiegati - italiani e di altra nazionalità senza distinzioni - con contratto regolato dalla legge locale, da cui, a regime, il contingente sarà interamente composto.
Pertanto, lungi dal voler creare discriminazioni, il decreto legislativo n. 103 del 2000, è volto a uniformare lo stato giuridico del personale a contratto, attraverso la tipologia del contratto a legge locale. Tale contratto si riferisce appunto ad una particolare categoria di impiegati del Ministero degli Affari Esteri necessariamente ancorata al territorio, per le funzioni che vi deve svolgere e le richieste competenze professionali e linguistiche.
Non si registra quindi alcuna forma di discriminazione né tantomeno di contrarietà a norme comunitarie. Per inciso, segnalo che lo stesso articolo 39 del Trattato Istitutivo dell'Unione Europea, citato dagli onorevoli interroganti, nello stabilire il principio generale della libera circolazione dei lavoratori e del divieto di discriminazione su base nazionale esclude esplicitamente, all'ultimo comma, le pubbliche amministrazioni dal proprio ambito applicativo.
Quanto infine alla questione della rappresentanza sindacale, la esclusione dal diritto di elettorato attivo e passivo degli impiegati a contratto a legge locale riposa non sulla nazionalità dell'impiegato, bensì sulla legge regolatrice del contratto d'impiego.
Al riguardo, occorre precisare che il Ministero degli Affari Esteri ha in più occasioni manifestato un orientamento favorevole al riconoscimento dei diritti e delle prerogative sindacali al personale a legge locale.
Interpellato sul punto, l'ARAN ha indicato che solo i destinatari del contratto collettivo nazionale di lavoro, o CCNL (fra gli impiegati a contratto, solo quelli a legge italiana, fino a quando non saranno completamente sostituiti dagli impiegati a contratto locale) possono, allo stato attuale, partecipare alle elezioni delle RSU. L'ARAN ha inoltre chiarito che per l'accoglimento della rivendicazione sarebbe necessaria una integrazione dell'Accordo quadro del 7 agosto 1998, previo atto d'indirizzo all'ARAN stessa ed unanime accordo delle Confederazioni sindacali firmatarie del predetto accordo.

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ALLEGATO 3

5-00776 Evangelisti: Sull'esecuzione di una giovane donna somala nello stadio di Chisimaio.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il drammatico tema evocato dall'onorevole Interrogante si colloca in un crocevia della politica estera italiana, dove le priorità geopolitiche del nostro Paese - in una regione in cui la comunità internazionale guarda a noi come degli importanti punti di riferimento - si incontrano con l'impegno, in tutte le sedi internazionali e a tutti i livelli, per la difesa dei diritti umani.
E proprio da quest'ultimo tema vorrei partire. L'Italia segue con grande attenzione, insieme ai partner dell'Unione Europea, la situazione dei diritti e delle libertà fondamentali nel mondo.
Tale impegno si manifesta innanzitutto in ambito ONU, attraverso la campagna per la moratoria per la pena di morte. Promossa lo scorso anno dall'Italia, insieme ad una vasta alleanza «transregionale» di Paesi, la risoluzione sulla moratoria è stata approvata dall'Assemblea Generale a dicembre 2007 con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astensioni.
Sullo sfondo di questo successo, l'Italia ha promosso quest'anno una nuova risoluzione sulla moratoria, co-sponsorizzata da 89 Paesi provenienti da tutte le aree del mondo. Il testo è stato approvato il 20 novembre scorso dalla Terza Commissione dell'Assemblea Generale (quella che si occupa di questioni sociali, umanitarie e culturali) con 105 voti a favore, 48 contrari e 31 astenuti, superando i consensi dello scorso anno, e sarà votato dalla plenaria il 18 dicembre 2008.
L'impegno dell'Italia si manifesta anche nella lotta alla tortura e ad altre forme di trattamenti crudeli, inumani e degradanti, che rappresenta una della priorità della politica estera dell'UE in materia di diritti umani. Nel 2001, l'UE ha adottato delle «Linee Guida» sulla tortura, volte ad orientare e rafforzare l'azione europea nei confronti dei Paesi terzi, nei rapporti bilaterali e nel contesto dei fora multilaterali, attraverso passi diplomatici e tramite il sostegno finanziario a progetti della società civile. Le Linee Guida del 2001 sono state oggetto di un articolato esame, in vista di un loro aggiornamento; il processo si è concluso lo scorso aprile 2008, con l'approvazione da parte del Consiglio Europeo di un nuovo testo. Contestualmente, è stata avviata la fase di attuazione, che coinvolge in prima battuta le rappresentanze diplomatiche europee nei Paesi terzi, chiamate ad una complessa azione di monitoraggio e di sensibilizzazione, che prevede, ad esempio, la raccolta e l'analisi di informazioni, l'elaborazione di strategie locali per la lotta alla tortura e passi presso le Autorità di accreditamento, relativi a casi individuali di vittime di tortura.
Inoltre, come nel 2007, l'Italia ha co-sponsorizzato anche quest'anno, insieme ai partner UE, la risoluzione sulla tortura e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Il testo (adottato per consenso dalla Terza Commissione dell'Assemblea Generale lo scorso novembre) ribadisce che la proibizione della tortura è una norma cogente di diritto internazionale generale e chiede agli Stati di prestare particolare attenzione alla violenza contro le donne e di adottare un approccio di genere nel contrasto di tale fenomeno.
Nel 2008, l'Italia ha altresì co-sponsorizzato con i partner UE (come nel 2007)

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la risoluzione sull'intensificazione degli sforzi per eliminare tutte le forme di violenza nei confronti delle donne. La risoluzione, adottata per consenso il 6 novembre 2008, dalla Terza Commissione dell'UNGA, condanna fermamente tutte le forme di violenza basate sul genere ed invita gli Stati ad astenersi dal ricorrere a considerazioni di carattere religioso, culturale o della tradizione per giustificare violazioni dei diritti delle donne.
Questo impegno dell'Italia e dell'Unione Europea vale «erga omnes» e quindi anche per quanto riguarda la Somalia. L'Italia e la UE hanno fatto ripetutamente e continuano a fare appello alle autorità locali affinché tutte le violazioni dei diritti umani vengano ufficialmente denunciate e investigate e sostengono con convinzione l'operato di Shamsul Bari, nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, quale esperto indipendente sulla situazione dei diritti umani nel Paese.
Non bisogna peraltro nascondersi che una battaglia per i diritti umani in Somalia sarebbe destinata a rimanere, purtroppo, prevalentemente declaratoria se non la si calasse dal contesto politico che caratterizza quel martoriato Paese.
Episodi come quello menzionato dall'Onorevole interrogante si inscrivono nel contesto della gravissima crisi politica, sociale ed umanitaria che attanaglia la Somalia da oltre un quindicennio. Tale crisi ha visto negli ultimi mesi un ulteriore e preoccupante aggravamento anche sul versante della sicurezza e rende aleatorio, in diverse aree del Paese, la difesa dei diritti umani fondamentali e persino il rispetto delle più elementari forme di convivenza civile.
Non a caso nel rapporto 2008 sulla situazione dei diritti umani in Somalia, l'Unione Europea ha espresso grave preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani nel Paese ed in particolare per le gravi violazioni dei diritti delle donne, dei bambini e di altri gruppi vulnerabili.
Anche alla luce del legame storico con quel Paese l'Italia continua ad essere fortemente impegnata a favore del ritorno della pace, e del ripristino di condizioni accettabili di convivenza, in Somalia.
Per perseguire questo obiettivo, l'Italia opera lungo due direttrici. La prima, è quella del sostegno, anche finanziario, al processo di riconciliazione, al settore della sicurezza ed a quello umanitario, con importanti stanziamenti della nostra cooperazione allo sviluppo.
La seconda direttrice è quella di una costante pressione politicodiplomatica, rivolta a mantenere la Somalia al centro dei competenti fori multilaterali, in stretta intesa con i partners UE e con quelli like-minded alle Nazioni Unite.
Proprio nella notte il Consiglio di Sicurezza si è nuovamente riunito per esaminare ogni possibile forma di intervento internazionale per favorire il ripristino di condizioni accettabili di sicurezza in questo martoriato Paese ed anche il contrasto al grave fenomeno della pirateria al largo delle coste somale.
L'Italia continuerà ad adoperarsi, in questo come in tutti gli altri fori multilaterali, per far si che la comunità internazionale mantenga un elevato livello di attenzione sulla situazione in Somalia e si adoperi per individuare soluzioni alla drammatica crisi, politica e umanitaria, che da troppi anni attanaglia quel Paese.