CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 novembre 2008
93.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Sulla missione in Kosovo del 21 e 22 ottobre 2008, presso il contingente militare italiano presente nell'area.

COMUNICAZIONI

Nelle giornate del 21 e 22 ottobre 2008, una delegazione della Commissione Difesa, da me guidata, composta dai deputati Marcello De Angelis, Giovanni Fava, Antonio Rugghia e Ettore Rosato, ha svolto una missione in Kosovo, per visitare il contingente militare italiano impegnato nella missione KFOR (Kosovo Force) e per incontrare rappresentanti della missione EULEX.
Durante le varie fasi della missione, la delegazione è stata assistita dal Ministero della difesa, che ha fornito un costante supporto con il Colonnello Michele Risi, il Tenente Colonnello Giorgio Manca e il Capitano di Vascello Giovanni Cucinelli, ai quali va un particolare ringraziamento per la professionalità dimostrata.
La delegazione, dopo l'arrivo all'aeroporto di Djakovica, la mattina del 21 ottobre, e il saluto di benvenuto del Generale di Brigata Agostino Biancafarina, Comandante della Multinational Task Force West, si è recata, con mezzi militari, alla base di Belo Polje (Villaggio Italia), nei dintorni di Pec, sede del Comando della citata Forza multinazionale.
Nel corso della visita al Villaggio Italia, le autorità militari hanno ricordato le principali caratteristiche dell'operazione Joint Enterprise, che raggruppa in un unico contesto operativo le attività di KFOR, l'interazione NATO-UE e i NATO Head Quarters di Skopje, Tirana e Sarajevo. In particolare, è stato rammentato che all'operazione Joint Enterprise partecipano 35 Paesi, con un impegno complessivo di forze che attualmente ammonta a circa 15.850 militari. La missione KFOR, dopo la ristrutturazione avvenuta nell'estate 2007, è articolata su cinque Multinational Task Force, di cui una a guida italiana, più una Forza di reazione rapida (Quick Reaction Force), che sono basate a Mitrovica, Pristina, Gnjlane, Prizren e Belo Polje-PEC. Il Contingente italiano, su base Brigata Pinerolo, ha la leadership della Multinational Task Force West, che è guidata dal Generale di Brigata Agostino Biancafarina.
In conformità con la risoluzione 1244 del 10 giugno 1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Multinational Task Force West deve garantire la sicurezza e la stabilità e deve assicurare la libertà di movimento all'interno della propria area di responsabilità, che comprende le municipalità di Peje/Pec, Decan/Decani, Junik/Junik, Istog/Istok, Kline/Klina, Gjakove/Dakovica.
Il contingente italiano è costituito da 1671 unità, di cui 1564 uomini e 107 donne e svolge attività di pattugliamento, check point e protezione di siti dotati di particolare status come il Patriarcato di Pec, il Monastero di Decani, il Monastero di Goriok, il Monastero di Budisavci e l'Aeroporto di Dakovica.
Nell'ambito della Multinational Task Force West sono condotte anche attività di cooperazione civile-militare (CIMIC), riguardanti principalmente progetti infrastrutturali in favore della popolazione e di sostegno sanitario a pazienti affetti da gravi patologie. Nell'anno 2008, per il finanziamento di tali attività, sono stati stanziati 750 mila euro, di cui 600 mila da destinare a progetti infrastrutturali e 150 mila per progetti ad impatto veloce. In particolare, tra i progetti realizzati sono

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stati segnalati la ristrutturazione di una strada nel villaggio serbo di Gorazdevac/Gorazhedec, la donazione di attrezzature sanitarie per un ambulatorio di Decan/Decani, la costruzione di un campo da basket a Junik/Junik, la ristrutturazione di un padiglione dell'Univeristà di Gjacove/Dakovika, la costruzione di una rete fognaria ad Erec/Herec e la ricostruzione del tetto dell'asilo a Peje/Pec. Inoltre, risulta in corso di realizzazione un ponte nella città di Peje/Pec.
Per quanto riguarda il settore sanitario, il CIMIC Healt Team svolge importanti attività a favore della popolazione locale, provvedendo alla cura in Italia dei pazienti che non possono essere trattati in Kosovo. Nel 2008 sono stati ammessi agli ospedali italiani 109 pazienti e sono state visitate 2.368 persone presso le infermerie italiane della Multinational Task Force West. Inoltre, quest'ultima, attraverso la Task Force Psyops, conduce campagne di sensibilizzazione rivolte principalmente alle fasce più giovani della popolazione, come quelle relative ai pericoli derivanti da ordigni inesplosi, la sicurezza stradale e la tolleranza.
In conclusione, le autorità militari considerano la situazione nell'area di responsabilità calma, sia grazie all'impegno quotidiano dei soldati italiani, sia per l'eccellente collaborazione con la popolazione e con tutte le autorità politiche e religiose.
La delegazione ha quindi incontrato l'Ambasciatore d'Italia in Kosovo, Michael Giffoni, che durante un breafing ha sottolineato come la situazione in Kosovo sia profondamente cambiata dal 17 febbraio 2008, ossia dalla proclamazione di indipendenza del Kosovo, per effetto della quale i Paesi facenti parte del gruppo di contatto, ad eccezione della Russia, nonché 22 Paesi dall'Unione europea, compresa l'Italia, hanno riconosciuto il nuovo Stato.
In conseguenza del riconoscimento, l'Italia, il 26 febbraio 2008, ha istituito a Pristina un'Ambasciata che ha preso il posto dell'apposito Ufficio del Ministero degli affari esteri che già operava in loco.
Dalla dichiarazione di indipendenza ad oggi il Kosovo ha compiuto passi importanti dal punto di vista istituzionale, attraverso l'adozione della nuova Costituzione e la costituzione degli organi istituzionali, che hanno provveduto ad emanare i primi provvedimenti legislativi.
A circa otto mesi dalla data di entrata in vigore della Costituzione, la situazione viene considerata stabile, ma fragile. Gli elementi di fragilità sono riconducibili, ad avviso dell'Ambasciatore, non solo dal mancato riconoscimento del Kosovo di parte della Comunità internazionale e di alcune aree a prevalente presenza serba, ma anche dalla mancata adozione da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di una nuova risoluzione, sostitutiva della 1244 del 1999, che risulti più adatta all'evoluzione della situazione nell'area. Pertanto, continuano tuttora a funzionare gli organismi previsti dalla citata risoluzione 1244, primi fra tutti KFOR e UNMIK, che dovrebbe trasferire le sue funzioni ad EULEX.
L'Italia intrattiene buoni rapporti sia con il Kosovo che con la Serbia. I rapporti con il primo si sono intensificati soprattutto in conseguenza del processo di privatizzazione che è stato avviato dal Governo kosovaro, sia nel settore industriale, sia nel settore agricolo, e che vede l'interessamento di numerose imprese italiane.
Per quanto riguarda il settore della sicurezza, è stato avviato, sotto il controllo di KFOR, il progetto per la costituzione di Forze di sicurezza kosovare interetniche e conformi agli standard NATO, che richiederà un finanziamento di 43 milioni di euro.
La prospettiva di stabilizzazione più interessante, ad avviso dell'Ambasciatore Giffoni, è comunque quella di inserire il Kosovo nel quadro europeo.
Dopo l'incontro con l'Ambasciatore Giffoni, la delegazione ha visitato le strutture del Villaggio Italia, tra cui la sala operativa del Comando Brigata e l'infermeria (il CIMIC Healt Center).
Il giorno successivo, la delegazione, dopo aver assistito alla cerimonia dell'alza

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bandiera al Villaggio Italia, ha sorvolato in elicottero l'area di responsabilità della Multinational Task Force West, ed in particolare, il Patriarcato di Pec, il Monastero di Goriok, la base spagnola di Istok, il Monastero di Busisavci, il villaggio di Gorazdevac e il Monastero di Decane.
La delegazione si è quindi recata al Patriarcato di Pec e al Monastero di Decani, dove ha incontrato i religiosi che custodiscono i citati luoghi di culto e, subito dopo, si è intrattenuta con il dottor Alberto Perduca e la dottoressa Maria Giuliana Civinini che operano nell'ambito della missione dell'Unione europea, denominata EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo). In particolare, il dottor Perduca è a capo della componente giudiziaria di EULEX, mentre la dottoressa Civinini, è presidente dell'Assemblea dei giudici operanti in EULEX.
Nel corso dell'incontro, tra l'altro, è stato ricordato che EULEX è la più imponente missione civile in ambito PESD nella sua storia con oltre 2.000 funzionari. EULEX è composta di tre componenti: Polizia (che copre oltre il 75 per cento del totale delle unità previste), Giustizia (circa il 12 per cento) e Dogane (poco più dell'1 per cento). Il resto della missione riguarda l'amministrazione e, più in generale, supporto alla missione stessa. L'Italia è il principale contributore, con la Germania, con oltre 200 funzionari incluse alcune posizioni di rilievo, tra cui quella di capo della componente Giustizia (dott. Perduca) e di capo delle Unità Speciali di Polizia (Colonnello Comitini dei Carabinieri). Il mandato della missione prevede l'assistenza alle autorità kosovare nello sviluppo di istituzioni giudiziarie, di polizia, doganali e amministrative, oltre ad una serie limitata di poteri esecutivi in alcune aree, fra cui crimini inter-etnici, di guerra e finanziari, terrorismo, crimine organizzato e corruzione. Il capo missione è l'ex Generale francese Yves De Kermabon, già Comandante della missione NATO KFOR nel 2005-2006.
Successivamente, la delegazione ha incontrato, presso Camp Sparta, il Comandante di KFOR, Generale di Corpo d'Armata Giuseppe Emilio Gay, che durante un breafing ha illustrato le principali caratteristiche dell'ambiente operativo in cui opera KFOR, la situazione attuale nel teatro operativo, le attività di cooperazione con le organizzazioni internazionali ed i nuovi compiti che sono stati assegnati a KFOR.
In particolare, è stato ricordato preliminarmente che KFOR, sulla base della citata risoluzione 1244, opera in stretta coordinazione con la missione delle Nazioni Unite in Kosovo denominata United Nations Interim Administration Mission in Kosovo (UNMIK), che ha il compito di avviare il processo di costruzione della pace, della democrazia, della stabilità e dall'autogoverno del Kosovo. Il mandato principale della missione KFOR è quello di mantenere, in tutto il territorio del Kosovo, una situazione di sicurezza per la popolazione, agendo in maniera imparziale ed a beneficio di tutte le comunità. In questo quadro, joint enterprise rappresenta l'ordine d'operazione per il territorio balcanico edito dal Comandante Supremo delle Forze NATO in Europa (SACEUR), il quale ha stabilito che gli obiettivi politici dell'Alleanza sono di supportare la risoluzione pacifica della situazione in tutti i balcani, al fine di realizzare un ambiente sicuro ed adeguato per il prosieguo del processo di consolidamento della pace e della stabilità, ai fini del raggiungimento di una situazione finale in cui non sia più necessaria la presenza di forze militari dell'Alleanza nei balcani.
Al momento il piano SACEUR si trova ancora nella fase esecutiva. L'impegno di KFOR è attualmente orientato ad una presenza sul terreno proattiva ed a basso profilo. Lo sforzo principale della missione consiste quindi prevalentemente nel mantenimento della sicurezza nell'area e nel garantire un ambiente operativo all'interno del quale la comunità internazionale possa proseguire i propri sforzi.

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A tal fine, la missione KFOR si sviluppa seguendo le seguenti linee operative: supporto alla comunità internazionale; contribuito al mantenimento di un ambiente sicuro e libero da pericoli; costruzione delle capacità locali. Quest'ultimo aspetto, in particolare, riguarda i nuovi compiti che sono stati assegnati a KFOR e che vanno sotto il nome di military civil advisory task - che sono complementari a quanto già in atto - il cui assolvimento contribuisce alla stabilità regionale. Questi nuovi compiti, che sono stati assegnati ed implementati da KFOR da qualche mese, consistono nella creazione di una forza di sicurezza del Kosovo e nel fornire assistenza per la realizzazione di un ministero per la forza di sicurezza del Kosovo.
In particolare, tale forza di sicurezza, come accennato in precedenza, sarà multietnica e posta sotto il controllo di un ministero civile del Kosovo, con il compito di supportare ulteriormente la realizzazione di un ambiente sicuro e libero da pericoli. KFOR sta già operando nell'attuazione dei nuovi compiti che gli sono stati affidati, in stretto coordinamento con le autorità civili ed internazionali.
Allo scopo di migliorare ed intensificare il processo di reclutamento dei civili che entreranno a far parte della nuova forza di sicurezza, KFOR ha predisposto una campagna informativa ad hoc che sarà gestita in stretto coordinamento con le autorità del Kosovo. Ai fini della gestione di tutte le problematiche ed attività operative correnti è stato istituito il joint effect center.
In particolare, il joint effect center si occupa della sincronizzazione delle attività non letal che rappresentano il vero fattore decisivo in un ambiente così complesso come il Kosovo, in cui le forze militari vengono chiamate a svolgere, non solo compiti prettamente militari, ma anche a gestire i rapporti con le autorità statali ed internazionali.
Un'altra divisione particolarmente significativa è la divisione supporti che si occupa di tutti i compiti con risvolti di carattere logistico e con problematiche di carattere tecnico, come ad esempio la gestione delle frequenze e la gestione degli esplosivi commerciali.
La divisione nata da ultimo è la military civilian advisory division, che ha il compito di gestire tutte le problematiche e le attività relative ai nuovi compiti.
Infine, le attività di cooperazione nel quadro della KFOR sonofocalizzate sui settori della governance, ai fini della realizzazione di una struttura e di un processo legislativo basato sull'Ahtisari plan, la diplomazia, finalizzata all'incremento del riconoscimento internazionale e lo sviluppo economico.
Per quanto riguarda la missione UNMIK, è in atto un processo di ridimensionamento che lascia intravedere le sfide del dopo transizione. UNMIK, ad esempio, ha di recente siglato un accordo con EULEX che riguarda il trasferimento di equipaggiamenti e proprietà ad EULEX.
Per quanto concerne la cooperazione con le altre organizzazioni internazionali è stato evidenziato come i rapporti di collaborazione tra KFOR e l'ICO (International Civil Organization) si sviluppino attraverso dei working group per la discussione di tematiche riguardanti la sicurezza e per la cooperazione a livello tecnico nel campo dell'aviazione civile e della gestione degli esplosivi commerciali. Per quanto concerne i rapporti con EULEX è stato sottolineato come quest'ultima abbia cominciato a dispiegarsi, molto più lentamente rispetto a UNMIK. Inoltre, rimane ancora da chiarire in quale contesto e con quale significato EULEX potrà schierarsi in Kosovo con piena legittimazione internazionale e quindi piena accettazione da parte della Serbia. Quest'ultima, infatti, ha irrigidito la propria posizione anche a seguito del successo ottenuto nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con l'approvazione della propria mozione relativa al deferimento alla Corte internazionale di Giustizia della legittimità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Peraltro

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non è ancora chiaro se EULEX si dispiegherà o meno anche nel nord e nelle enclavi serbe, così come non è ancora del tutto chiaro se una futura presenza di polizia internazionale sarà dispiegata nel Kosovo.
A conclusione della visita, a nome della Commissione Difesa, il Presidente Cirielli e i componenti della delegazione, hanno espresso alle autorità militari il più vivo apprezzamento per l'attività svolta dal contingente italiano impegnato in Kosovo.
Nel pomeriggio della stessa giornata la delegazione è rientrata da Djakovica alla volta di Roma.

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ALLEGATO 2

Sulla missione a Parigi del 26 e 27 ottobre 2008, in occasione della riunione dei Presidenti delle Commissioni difesa dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, del Parlamento europeo e dei Parlamenti dei paesi candidati.

COMUNICAZIONI

Lo scorso 27 ottobre, a Parigi, ho preso parte, presso la sede del Senato, alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni Difesa dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, del Parlamento europeo e dei Parlamenti dei Paesi candidati, organizzata dal Parlamento francese nell'ambito del semestre di presidenza dell'Unione europea.
I temi principali di discussione hanno riguardato la politica europea di sicurezza e difesa e il suo rafforzamento, lo stato delle relazioni tra l'Unione europea e la NATO nonché la situazione delle missioni a guida UE.
I lavori della Conferenza sono stati aperti dal Presidente della Commissione Esteri e Difesa del Senato francese, Josselin de Rohan, il quale, nel formulare il discorso di benvenuto, ha tracciato un breve quadro della politica europea di sicurezza e difesa - anche alla luce delle proposte emerse dal Consiglio informale di Deauville - e dei rapporti tra NATO e UE, con particolare riguardo all'esigenza di giungere al superamento della strategia Berlin plus. In particolare, il Presidente ha posto l'accento sull'attuale crisi finanziaria mondiale, che rischia di accrescere ulteriormente le difficoltà legate alla persistente carenza di risorse che caratterizza la politica di difesa dei singoli Stati membri dell'Unione europea.
Nel corso della Conferenza sono quindi intervenuti, in qualità di relatori, il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate francesi, Generale Jean-Louis Georgelin, il Presidente del Comitato militare dell'Unione europea, Generale Henri Bentégeat, il Comandante della missione EUFOR in Ciad e nella Repubblica Centrafricana, Generale Patrick Nash, la direttrice per le questioni della difesa della Segreteria generale del Consiglio dell'Unione europea, Claude-France Arnould, la segretaria generale aggiunta per gli affari regionali, economici e per la sicurezza della NATO, il vicedirettore per gli affari strategici, la sicurezza ed il disarmo del Ministero degli esteri e degli affari comunitari francese, Nicolas Niemtchinow, il Presidente della Commissione Difesa dell'Assemblea nazionale francese, Guy Tessier, e il Ministro della difesa francese, Hervé Morin.
Il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate francesi, Generale Jean-Louis Georgelin, si è soffermato sul libro bianco francese, di recente pubblicazione, con particolare riguardo al tema dell'adattamento delle Forze armate francesi alle nuove minacce alla sicurezza internazionale. In particolare, il Generale Georgelin, dopo aver precisato che le principali minacce alla sicurezza (terrorismo, armi di distruzione di massa, eccetera) sono ormai comuni a tutti i Paesi, ha evidenziato come tali minacce abbiano imposto un rinnovamento della politica di sicurezza e difesa e delle strategie militari, anche alla luce dell'esperienza maturata sul campo. Vi è quindi una sostanziale comunanza di interessi tra i Paesi europei per procedere, sia verso un rafforzamento del ruolo dell'Europa nel settore della difesa, sia in direzione di

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una maggiore integrazione con l'Alleanza atlantica, anche in considerazione del fatto che le risorse destinate dal bilancio degli Stati Uniti alla Difesa sono circa il doppio di quelle complessivamente preordinate dai bilanci dei 27 Paesi dell'Unione europea. Le Forze armate francesi, quindi, puntano a svilupparsi nel senso di accrescere la loro interoperabilità con le Forze armate degli altri Paesi membri dell'Unione europea e con quelle della NATO, al fine di fronteggiare le nuove minacce alla sicurezza internazionale, ad esempio il terrorismo - le cui caratteristiche fanno venir meno la distinzione tra sicurezza interna e sicurezza esterna - ovvero l'interdipendenza delle crisi e l'estensione dei teatri di crisi che vanno dall'Atlantico fino all'India, con uno spostamento del relativo centro di gravità verso l'Asia. Da qui nasce, in primo luogo, l'esigenza di ridistribuire la presenza militare francese all'estero nelle zone di interesse strategico, come ad esempio nel caso dell'apertura di una base militare ad Abu Dhabi, di fronte alle coste iraniane, ovvero dell'abbandono di alcune basi in Africa e la revisione degli Accordi di partenariato con l'Africa stessa, nei cui confronti, peraltro, è stato contestualmente aumentato l'impegno delle missioni a guida UE. In secondo luogo, si avverte la necessità di sviluppare nuovi strumenti di conoscenza e di previsione, prodigando maggiori sforzi nel settore dell'intelligence, nel varo di programmi per sistemi di ascolto e di immagini. In questo quadro, è indispensabile disporre di uno strumento militare adeguato che sappia utilizzare efficacemente le informazioni raccolte e che sia dotato di una efficiente capacità di proiezione all'estero. La Francia dispone della capacità di proiettare all'estero entro 6 mesi, anche congiuntamente ai Paesi alleati, fino a 30 mila uomini ed è impegnata, fuori dai confini nazionali, con circa 13 mila unità, di cui buona parte impiegate in missioni internazionali che operano in cinque teatri operativi: Costa d'Avorio, Ciad, Repubblica Centrafricana, Kosovo e Afghanistan. La Francia continua a qualificarsi come potenza nucleare, ritenendo che la dissuasione nucleare, non solo rappresenti la garanzia ultima della sicurezza e della indipendenza del Paese, ma, congiuntamente a quella predisposta dalla Gran Bretagna, contribuisca alla sicurezza dell'Unione europea, posto che qualsiasi aggressore dovrebbe tenerne conto. Nel libro bianco, comunque, le questioni della sicurezza non vengono limitate al solo settore militare, ma estese anche al settore civile, attraverso un approccio a tali questioni di carattere interministeriale.
A fronte di questi impegni, si pone tuttavia il problema del reperimento delle necessarie risorse finanziarie per provvedere sia al personale, che viene stimato al 2014 in 225 mila unità di cui 23 mila costituite da personale civile, sia ai mezzi. In particolare, il fabbisogno finanziario per i prossimi 12 anni è quantificato in 327 miliardi di euro di cui 200 per equipaggiamenti. Le operazioni militari all'estero sono infatti lunghe, complesse e pericolose e richiedono, sia un adeguato addestramento del personale, sia efficaci sistemi di selezione dei vertici. È necessario perciò investire adeguate risorse, ricercando l'appoggio dell'opinione pubblica, attraverso la valorizzazione dell'identità «del militare» e rifuggendo da possibili banalizzazioni delle sue funzioni. La perseveranza e la determinazione in questo ambito saranno il primo fattore di successo.
Nel corso del dibattito che è seguito al suo intervento, il Generale Georgelin ha ulteriormente precisato che le carenze dell'attuale strumento militare rispetto al nuovo contesto strategico derivano dal fatto che i sistemi di armamento scontano le scelte adottate in passato, all'epoca della guerra fredda, in quanto il ciclo di vita dei sistemi di armamento è intorno ai 30-40 anni.
Ai fini della ridefinizione dello strumento militare è conveniente mettere insieme le risorse investite dai singoli Paesi europei per la difesa, peraltro non ingenti, al fine di concentrare gli sforzi verso le questioni più significative che, il

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più delle volte, sono comuni a tutti i Paesi, come il trasporto strategico, i satelliti e altro ancora, valorizzando il ruolo dell'Agenzia europea di difesa. Sempre in questa chiave, potrebbe essere adeguatamente sviluppata la gendarmeria europea da impiegare in operazioni di polizia all'estero.
Il Presidente del Comitato militare dell'Unione europea, Generale Henri Bentégeat, nel suo intervento, ha evidenziato come, nonostante l'Unione europea abbia prodigato per le missioni internazionali un impegno paragonabile soltanto a quello dell'ONU, vi sia ancora una scarsa risonanza nell'opinione pubblica di tali operazioni che, peraltro, hanno avuto grande successo nel raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Passando in rapida rassegna alcune missioni, il Generale Bentégeat ha ricordato che, per quanto riguarda la missione in Bosnia Erzegovina, per la quale l'Unione europea ha dato il cambio alla Nato nel 2004, la situazione nell'area si prospetta buona a medio e lungo termine, come testimonia la sottoscrizione da parte del citato Paese dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Unione europea e dell'Accordo di partenariato per la pace con la NATO. In questo quadro, si impone quindi una modifica della presenza militare nell'area in una forma che, tuttavia, rimane ancora da definire.
Per quanto concerne la missione in Ciad e nella Repubblica Centrafricana, il Generale Bentégeat ha rammentato che lo scopo della missione dell'Unione europea denominata EUFOR, che è stata autorizzata con la risoluzione 1778 del 25 settembre 2007 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è principalmente quello di provvedere alla protezione dei profughi del Darfur e del personale delle organizzazioni umanitarie, attraverso una forza di polizia. Il dispiegamento di tale forza ha incontrato non poche difficoltà, sia per ragioni ambientali, sia per le tensioni che ancora permangono nell'area. Si tratta di una presenza militare di transizione, che opera in stretto coordinamento con le Nazioni unite e che a breve dovrebbe lasciare il campo per essere completamente sostituita, nella prossima primavera, dall'ONU.
Per quanto concerne la missione in Somalia, con l'azione comune 2008/749/PESC del Consiglio del 19 settembre 2008 è stata avviata l'azione di coordinamento militare dell'Unione europea in Somalia che mira a sostenere le attività degli Stati membri che impiegano mezzi militari nelle acque Somale per scoraggiare gli atti di pirateria ed assicurare la sicurezza delle rotte marittime commerciali e la navigazione internazionale. A tal fine, è stata istituita a Bruxelles un'apposita cellula di coordinamento.
Infine, il Generale Henri Bentégeat, dopo aver ricordato che in Congo e in Guinea vi sono missioni civili che operano a sostegno delle operazioni militari, ha sottolineato l'esigenza di una maggiore sinergia tra le due tipologie di missioni. A tal fine, è stata istituita una cellula di coordinamento civile-militare per la pianificazione e la conduzione di missioni integrate.
Non esiste, tuttavia, all'ordine del giorno il tema dell'istituzione di un quartier generale permanente UE, perché per esso, almeno per il momento, si porrebbe un problema di interferenza con le funzioni svolte in sede NATO dal quartier generale che opera nell'ambito delle intese Berlin Plus.
Il punto di maggiore criticità per lo sviluppo dell'Europa della difesa, secondo il Generale Bentégeat, è rappresentato dalle difficoltà di carattere finanziario che sono destinate ad accrescersi a causa della crisi economica internazionale. Tuttavia, si tratta di difficoltà che devono essere superate con l'appoggio dell'opinione pubblica che deve essere edotta del ruolo che l'Europa è in grado di svolgere per la sicurezza internazionale, come dimostra il fatto che il suo contributo viene sempre più richiesto, proprio in considerazione dell'approccio integrato alla soluzione delle crisi che essa è in grado di assicurare. In questo contesto, una funzione cruciale di sensibilizzazione dell'opinione

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pubblica potrebbe essere svolta dai parlamenti nazionali, anche in considerazione del fatto che per effetto della crisi economica le situazioni di conflitto a livello internazionale potrebbero accrescersi.
Nel corso del dibattito che è seguito al suo intervento, il Generale Bentégeat ha precisato che la scelta di organizzare una missione in Guinea è derivata, tra l'altro, dall'esigenza di interrompere il traffico di cocaina che dal Sud America si dirige verso l'Europa facendo scalo proprio in Guinea. I risultati attesi da questa missione, come del resto dalle altre missioni africane a cui partecipa l'Unione europea, sono previsti nel lungo termine.
Per quanto i riguarda i buttle groups ha sottolineato che essi, pur assicurando una maggiore capacità di proiezione e interoperabilità delle Forze, incontrano difficoltà ad essere concretamente impiegati, in quanto tale impiego richiede il consenso di tutti i Paesi membri.
In questa prospettiva, a suo avviso, risulta particolarmente importante il coinvolgimento dei parlamenti nazionali in tutte le decisioni in materia di difesa, anche al fine di cercare il necessario sostegno da parte dell'opinione pubblica. L'obiettivo che si sta cercando di perseguire nell'immediato è pertanto quello della elaborazione di un documento particolarmente sintetico che detti le linee strategiche in materia di sicurezza e individui le conseguenti linee di azione, evitando di dare la sensazione di agire sotto la spinta di una situazione emergenziale.
Infine, in merito all'Agenzia europea di difesa, pur riconoscendo che essa ha deluso le aspettative di quei governi che, attraverso la sua azione, speravano di superare i propri problemi di bilancio, ha sottolineato come l'Agenzia stessa abbia fornito in cinque anni di attività un valido contributo nel campo della ricerca duale e che in futuro potrà svolgere un ruolo fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità. Non appare invece plausibile, almeno nel breve periodo, giungere ad una fusione della citata Agenzia con l'OCCAR (Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement), nonostante alcune duplicazioni di funzioni tra i due organismi, considerata la composizione più ristretta di quest'ultima rispetto alla prima. Appare invece auspicabile una maggiore collaborazione tra le organizzazioni stesse, affidando ad esempio all'OCCAR il compito di provvedere all'implementazione dei progetti realizzati a partire dalle attività di ricerca svolte dall'Agenzia.
Il Comandante della missione EUFOR, Generale Patrick Nash, ha fatto il punto sulla situazione della missione in Ciad e nella Repubblica Centrafricana, sottolineando come da tale missione emerga l'approccio multilaterale e multidimesionale alla gestione delle crisi adottato dall'Unione europea. La missione è stata realizzata in un territorio privo di infrastrutture e di sbocchi al mare, caratterizzato da condizioni climatiche non favorevoli e da un conflitto in corso che ha prodotto un elevato numero di sfollati. Tutto ciò ha reso particolarmente difficile il dispiegamento delle Forze in un teatro che si trova a ben 4 mila e 500 chilometri dal Comando operativo della missione situato a Parigi. La missione, che è stata istituita con l'azione comune 2007/677/PESC, è stata lanciata nel 2008 per il periodo di un anno, conformemente al mandato definito nella risoluzione 1778(2007) del 25 settembre 2007 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, con lo scopo di riportare la sicurezza nella zona a vantaggio delle popolazioni del Darfur e del personale umanitario. Nella prima metà di quest'anno ha avuto luogo, quindi, il dispiegamento della capacità operativa massima, con l'impiego di 3.500 uomini e con la predisposizione della logistica necessaria. Prima dell'avvio della missione è stata svolta un'intensa attività di intelligence per verificare la situazione sul campo ed è stata realizzata una mappatura del terreno, con un monitoraggio dei villaggi e delle attività criminali.
La missione, che si è dispiegata ad est del Ciad e a nord-est della Repubblica Centrafricana, ha contribuito a migliorare

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la sicurezza nell'area, favorendo il rientro dei profughi ed instaurando un ottimo rapporto con le organizzazioni non governative. In alcune località la missione ha assunto funzioni di polizia contro i fenomeni di criminalità, affiancando in quest'opera la missione ONU MINURCAT. Vi sono tuttavia ancora preoccupazioni per quanto riguarda i rapporti con il Sudan, in merito a possibili reazioni che potrebbero seguire ad eventuali incursioni di ribelli ciadiani o di ribelli sudanesi. È previsto, in prospettiva, anche l'impiego di elicotteri russi che potrebbero rivelarsi di grande utilità, sia per assicurare maggiore mobilità alle truppe, sia in funzione di deterrenza. Gli elicotteri dovrebbero essere posti sotto Comando EUFOR ed è prevista a breve la firma di un protocollo in tal senso. Le Forze EUFOR svolgeranno la funzione di ponte prima di lasciare completamente il campo alla missione ONU, consegnando a quest'ultima un patrimonio operativo ed infrastrutturale di notevole rilievo.
La direttrice per le questioni della difesa della Segreteria generale del Consiglio dell'Unione europea, Claude-France Arnould, riguardo alle relazioni NATO UE ha sottolineato innanzitutto come nel caso di operazioni che vedono il coinvolgimento della NATO e della UE vi siano contatti tra gli staff delle due organizzazioni, che risultano per altro facilitati dal fatto che l'architettura delle organizzazioni stesse è molto simile. Inoltre, a livello politico, è stata ormai superata l'epoca del sospetto come dimostra il fatto che la Francia è entrata a far parte delle strutture permanenti della NATO e che il Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha auspicato un ulteriore sviluppo della PESD. Ciò premesso, la direttrice Arnould ha sottolineato come la collaborazione tra NATO e UE funzioni bene quando si svolge nell'ambito delle intese Berlin Plus, mentre negli altri casi, vi sono difetti di coordinamento per l'imposizione di alcune limitazioni che vengono poste quando alle operazioni UE partecipino soggetti non facenti parte della NATO, quale, ad esempio, Cipro.
Si ritiene comunque valido un approccio pragmatico al tema della collaborazione tra NATO e UE, nel senso che la compresenza delle due organizzazioni va valutata caso per caso, privilegiando la presenza esclusiva della UE in quei teatri in cui occorra dare una connotazione meno occidentale all'intervento.
In ogni caso, gli interventi nel settore civile delle due organizzazioni dovrebbero essere coordinati con quelli di altre organizzazioni internazionali, come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.
La segretaria generale aggiunta per gli affari regionali, economici e per la sicurezza della NATO, Aurélia Bouchez, ha evidenziato come una PESD forte sia non solo utile, ma anche necessaria, come dimostrano, sia le posizioni recentemente assunte in proposito dagli Stati Uniti, sia quelle di numerosi Stati membri del UE e dello stesso Presidente francese Nicolas Sarkozy, che hanno posto l'accento sulla necessità di una maggiore integrazione tra NATO e UE, al fine di eliminare doppioni e creare capacità comuni per gli impegni più urgenti. Si avverte infatti l'esigenza di una consultazione permanente tra le due organizzazioni sia sul piano politico che su quello operativo. In questa prospettiva, si è avuta, nell'ambito di alcuni organismi della UE, la partecipazione di rappresentanti di Paesi NATO. Lo sviluppo delle operazioni PESD per altro ha mostrato l'insufficienza delle intese Berlin plus quale unico quadro organizzativo di riferimento, insufficienza a cui si è cercato di far fronte con l'impegno degli operatori sul campo. Appaiono necessarie tuttavia soluzioni innovative, tenendo conto del contributo di idee di coloro che partecipano alle missioni anche se non in veste di appartenenti ad entrambe le organizzazioni, come nel caso dei Paesi nordici. Non a caso il tema del rafforzamento del rapporto tra NATO e UE sarà uno dei temi fondamentali che saranno affrontati in occasione delle celebrazioni per il 60o anniversario della istituzione della NATO.

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Il vicedirettore per gli affari strategici, la sicurezza ed il disarmo del Ministero degli esteri e degli affari comunitari francese, Nicolas Niemtchinow, ha sottolineato come il problema che si pone nel rapporto NATO-UE non sia tanto quello della duplicazioni di funzioni quanto piuttosto quello della carenza di risorse, in quanto mancano i mezzi per far fronte a tutte le emergenze internazionali. Le due organizzazioni devono quindi sostenersi reciprocamente. Proprio in questa prospettiva la Francia chiede un rafforzamento della PESD da sviluppare in un rapporto di complementarietà con la NATO. Fino a dieci anni fa la situazione delle due organizzazioni era radicalmente diversa rispetto a quella attuale: l'Unione europea muoveva i suoi primi passi nel campo della PESD, mentre la NATO, interveniva in Kosovo e in Bosnia Erzegovina, con una sostanziale modifica delle sue funzioni istituzionali. Il problema delle cosiddette 3D (No Duplication, No Discrimination e No Decoupling) che si pose in passato nei rapporti tra NATO e UE, oggi può dirsi sostanzialmente superato: l'integrazione tra NATO e UE non può fondarsi su scenari aprioristici che affidano alla NATO le questioni militari e alla UE gli interventi civili. Bisogna infatti adottare un approccio più pragmatico che sia nel senso di impiegare le due organizzazioni in funzione dell'accettabilità politica dell'intervento nei territori interessati e della volontà degli Stati Uniti di avere un ruolo centrale nelle operazioni ovvero un ruolo di supporto.
Ancora prima di assumere la Presidenza di turno dell'Unione europea, la Francia ha quindi formulato alcune proposte ed ha adottato, nell'ambito della Presidenza stessa, diverse iniziative per facilitare il rapporto tra NATO e UE in alcuni teatri operativi come ad esempio in Somalia.
In questo quadro, la Francia ha avanzato la proposta di prevedere contatti informali coinvolgendo i Segretari generali delle due organizzazioni e più i diretti collaboratori degli stessi nonché l'apertura del COPS (Comitato politico e di sicurezza) ai rappresentanti dei Paesi NATO non appartenenti alla UE.
Il Presidente della Commissione Difesa dell'Assemblea nazionale francese, Guy Tessier, ha sottolineato come la difesa europea sia una componente essenziale dell'Unione europea e che lo sviluppo di tale componente rappresenti la principale sfida che l'Europa deve affrontare per rispondere alle nuove emergenze in materia di sicurezza rappresentate dal terrorismo e dal nazionalismo imperante. Tutti questi fenomeni hanno, infatti, un impatto diretto sui Paesi europei e nessun Paese può farvi fronte da solo. La riunione del Consiglio informale di Deauville del 1o e 2 ottobre scorsi ha registrato l'accordo tra i Ministri della difesa dei Paesi membri, su alcune questioni chiave come ad esempio il rinnovamento degli elicotteri europei e la formazione dei loro piloti in vista dell'impiego nei teatri operativi più impegnativi, lo sviluppo di una nuova generazione di satelliti per l'osservazione spaziale militare, il rafforzamento dell'Agenzia europea di difesa, la promozione di scambi tra i giovani ufficiali europei tramite un'iniziativa ispirata al programma ERASMUS.
La crisi che ha colpito l'Europa impone a tutti i Paesi membri una oculata gestione delle risorse utilizzate per la difesa, che può avvenire soltanto attraverso un rilancio della politica di Difesa supportata adeguatamente dall'opinione pubblica. Il sostegno da parte di quest'ultima, per altro, può essere ottenuto, dando una maggiore visibilità e trasparenza alla politica di difesa, anche mediante la costituzione di una forza comune istituita a partire dai buttle groups, posto che tale forza potrebbe dare il segno di una innovazione visibile a tutti, a differenza delle singole missioni che sono scarsamente conosciute dall'opinione pubblica.
In questa prospettiva, andrebbe anche valutata l'opportunità in ciascun Paese di istituire e divulgare adeguatamente un libro bianco in cui la prima parte dovrebbe essere costituita dagli obiettivi deliberati in ambito europeo e, la seconda parte, coerente con la prima, relativa alla

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politica di difesa nazionale. La crisi finanziaria, in ogni caso, imporrà maggiori vincoli ai bilanci nazionali e renderà più pressante l'esigenza di un raffronto tra i conti nazionali e all'introduzione di meccanismi che consentano di economizzare risorse. In questa chiave, si potrebbero adottare alcune iniziative quali l'istituzione di un meccanismo multilaterale per il controllo dei conti, mettendo insieme le esperienze degli organismi di controllo dei diversi Paesi, lo sviluppo di una qualificazione europea dei materiali di armamento, evitando un eccesso di costi legati alla burocrazia dei singoli Stati membri, e l'istituzione di corsi di formazione comuni per il personale. Auspica quindi che su tali proposte vi sia un consenso diffuso, in quanto la loro realizzazione rappresenterebbe un passo importante nella direzione della riduzione dei costi e di una maggiore integrazione nel settore della difesa.
Il Ministro della difesa francese, Hervé Morin, ha sottolineato come i Paesi europei siano stati favorevoli alle proposte avanzate dalla Francia nel corso del Consiglio informale di Deauville, giudicandole concrete e pragmatiche. L'Europa della difesa deve essere infatti costruita superando le perplessità in merito al rischio di un possibile parallelo indebolimento della NATO. In proposito, l'intuizione del presidente francese è stata proprio quella di sottolineare la complementarietà tra PESD e NATO, aprendo così la strada alla dichiarazione di pieno sostegno alla PESD pronunciata dal Presidente degli Stati uniti, George Bush. Dopo Deauville, si dovrebbe sviluppare una strategia di sicurezza aggiornata alle nuove minacce e, nel quadro di questa, i singoli Paesi dovrebbero adottare le proprie politiche di difesa. In questo ambito, l'Europa deve essere in grado di avviare più missioni contemporaneamente anche avvalendosi dei mezzi flessibili e interoperabili individuati nell'ambito del citato Consiglio informale. In ogni caso, come hanno convenuto i Ministri della difesa dei Paesi membri, le posizioni su alcune questioni possono essere unanimi, mentre su altre si può ricercare il consenso anche tra un più ristretto gruppo di Paesi.