CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 novembre 2008
89.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-00233 Migliori: Reintroduzione di sanzioni nei confronti di Cuba.

TESTO DELLA RISPOSTA

Come l'Onorevole interrogante ben sa, la strategia europea nei confronti di Cuba si ispira, fin dal 1996 - anno di adozione della cosiddetta «Posizione Comune» su Cuba - al principio del cosiddetto «doppio binario» che consiste nel mantenimento di un dialogo parallelo con il Governo e con l'opposizione democratica.
Sulla base di questo orientamento si era deciso, nel 2003, di adottare una serie di misure nei confronti di Cuba. Misure che prevedevano di limitare le visite governative bilaterali, ridurre il livello di partecipazione degli Stati membri alle manifestazioni ufficiali ed invitare i dissidenti alle cerimonie organizzate in occasione delle feste nazionali.
A seguito della liberazione di alcuni detenuti politici, nel 2005 fu deciso di sospendere l'applicazione delle misure di natura sanzionatoria, in particolare di quelle che prevedevano limiti ai contatti bilaterali con le autorità cubane. È importante notare, però, che si trattava di una sospensione, non di una abrogazione delle misure del 2003.
Con il tempo ci si è resi conto che questa ambiguità (sospensione senza abrogazione) presentava più inconvenienti che vantaggi. Il fatto che le misure del 2003 fossero state sospese faceva venire meno il loro originario carattere di segnale politico «forte». Ma al tempo stesso, la loro mancata abrogazione formale finiva con il costituire, di fatto, un alibi per la dirigenza cubana, che le consentiva di sottrarsi al confronto con l'Unione Europea sul tema dei diritti umani, della libertà di espressione, della liberazione dei prigionieri politici e della democratizzazione.
Anche per questo, per recuperare margini di influenza nei confronti delle autorità cubane e orientare il processo che sembra essersi aperto nell'isola, il Consiglio europeo del 23/24 giugno scorso ha deciso il definitivo superamento delle misure sanzionatorie del 2003.
Non si è trattato però di un'apertura incondizionata. Il Consiglio Europeo ha chiesto infatti a Raùl Castro di far seguire concrete misure «liberalizzatrici» ai cambiamenti avviati sinora e soprattutto ha chiesto al Governo cubano di «migliorare effettivamente» il rispetto dei diritti umani nell'isola, «liberando incondizionatamente tutti i prigionieri politici...» e garantendo libertà di espressione e di accesso all'informazione.
Al tempo stesso, il Consiglio europeo ha riaffermato l'impegno dell'Unione europea a dialogare anche con l'opposizione democratica, e ha ribadito la determinazione ad assistere «tutti i settori della società cubana verso il cambiamento pacifico», nel senso di una transizione verso la democrazia pluralista.
Le autorità cubane hanno formalmente accettato di confrontarsi su queste tematiche con la Unione europea. Lo scorso 16 ottobre ha avuto quindi luogo un incontro della Troika comunitaria con il Ministro degli esteri cubano, Perez Roque. Il colloquio ha consentito alla Unione europea di porre con molta chiarezza il tema del rispetto dei diritti umani e della liberazione dei prigionieri politici, a cominciare da quelli in gravi condizioni di salute.
Attraverso i regolari contatti con le organizzazioni della dissidenza che monitorano la situazione dei detenuti politici, il coordinamento comunitario a L'Avana avrà la possibilità di verificare in loco l'avverarsi o meno degli auspicati progressi.
Laddove tali progressi si rivelassero insufficienti, l'Italia e gli altri partners

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europei potrebbero trarne le debite conseguenze al momento della verifica - fissato per giugno dell'anno prossimo - dell'efficacia del dialogo con le Autorità cubane. Sarà naturalmente cura del Governo informare il Parlamento sugli eventuali sviluppi in quest'ambito.
Naturalmente, la ripresa del dialogo con le autorità cubane non fa venir meno l'esigenza di mantenere i rapporti anche con l'opposizione democratica e la società civile. La nostra Ambasciata a L'Avana, in linea con la Posizione Comune, mantiene quindi frequenti e approfonditi contatti con la dissidenza e con i rappresentanti della società civile. Nello stesso spirito, l'Italia, assieme agli altri partners comunitari, considera la possibilità di incontrare anche esponenti dell'opposizione democratica come una condizione irrinunciabile per l'organizzazione di visite ad alto livello a Cuba.

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ALLEGATO 2

5-00281 Migliori: Tutela delle comunità cristiane e della Chiesa cattolica in Turchia.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il tema del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Turchia forma oggetto di costante monitoraggio da parte dell'Italia e degli altri partners comunitari nell'ambito del processo di adesione del Paese all'Unione Europea.
Anche grazie a questa azione - oltre che all'approccio più aperto assunto sul tema dal Primo Ministro Erdogan - Ankara ha fatto registrare, negli ultimi anni, importanti e positivi sviluppi sul fronte del completo adeguamento agli standards internazionali in materia di diritti umani.
Tra gli strumenti di monitoraggio europei, particolare rilievo assume il Turkey Progress Report, documento della Commissione europea redatto nel quadro del processo di adesione e volto ad analizzare i progressi effettuati dal Paese, anche sul terreno dei diritti umani. Il Progress report 2008 è stato approvato proprio stamane dal collegio dei Commissari.
Sul tema del rispetto della libertà di religione, lo sviluppo più importante è certamente stato l'adozione da parte del Parlamento turco, il 20 febbraio scorso, della nuova legge sulle Fondazioni religiose musulmane e non musulmane, che affronta una parte dei problemi delle comunità cristiane in Turchia, incluso quello dei diritti di proprietà. Si tratta di un provvedimento rilevante, la cui approvazione è stata a lungo caldeggiata con forza dalla Unione europea sotto il profilo del rispetto dei diritti delle minoranze religiose. Un aspetto tuttora non chiarito dalla legge riguarda il destino delle proprietà immobiliari requisite alle Fondazioni non musulmane pre-esistenti, vale a dire quelle individuate dal Trattato di Losanna del 1923 (armena, ortodossa, ebraica). Questi aspetti saranno oggetto del Regolamento applicativo in corso di elaborazione.
Non rientra invece nell'ambito della legge sulle Fondazioni la questione della personalità giuridica in Turchia della Chiesa Cattolica in quanto tale; va ricordato che la Santa Sede intrattiene regolari relazioni diplomatiche con la Turchia e la Nunziatura ad Ankara è pertanto competente a verificare le possibili ripercussioni della nuova normativa sulla complessa questione delle proprietà immobiliari del Paese. Analogamente, esula dall'ambito applicativo la formazione del clero, che rientra nella più vasta e complessa tematica del rapporto tra le istituzioni educative religiose (incluse quelle musulmane) e l'ordinamento laico della Repubblica Turca. Questo è un aspetto di particolare rilievo, in particolare per il Patriarcato ortodosso che, dopo la chiusura del proprio seminario nel 1973, si trova nell'impossibilità di formare il proprio clero; si tratta di un tema prioritario nell'agenda del dialogo politico tra Turchia ed Unione Europea, che ha posto l'esigenza di riapertura del suddetto seminario.
Quanto ai gravi episodi di violenza compiuti negli anni recenti contro religiosi ed esponenti della comunità cristiana, da parte italiana, nel contesto dei frequenti contatti bilaterali ai vari livelli, non si è mai mancato di esprimere forte preoccupazione per atti difficilmente riconducibili a gesti isolati di «squilibrati». Vi sono in tutta evidenza settori, seppur marginali, che alimentano un clima di ostilità, ciò che richiede una costante attenzione da parte delle Autorità.

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Più in generale, sul piano multilaterale, vorrei ricordare che l'impegno a favore della libertà di religione nel mondo rappresenta una direttrice fondamentale dell'azione dell'Italia e dell'Unione europea in materia di diritti umani. L'Unione europea si appresta a presentare anche quest'anno alle Nazioni Unite una risoluzione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo.
Nel 2007 l'Unione europea ha presentato questa risoluzione in ben due sedi - al Consiglio dei Diritti Umani ed all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - riuscendo in entrambe le circostanze ad ottenerne l'approvazione da parte degli organi dell'ONU.
La risoluzione del CDU, approvata dalla maggioranza degli Stati membri nel dicembre 2007 con il contributo fondamentale del nostro Paese e dei membri UE del Consiglio, è particolarmente importante perché ha consentito di rinnovare per tre anni il mandato del relatore speciale del Consiglio per la libertà religiosa, che può dunque continuare a svolgere l'importante opera di indagine e monitoraggio sui casi di violazione di questo diritto nel mondo. Altrettanto rilevante la risoluzione presentata all'Assemblea Generale nel novembre 2007, che esprime tra l'altro preoccupazione per i gravi casi di intolleranza e discriminazione in base alla religione o al credo avvenuti nel mondo, richiedendo agli Stati di garantire ad ogni individuo il diritto di professare liberamente la propria fede. È significativo che questa risoluzione sia stata adottata per consenso da tutti gli Stati dell'Assemblea dell'ONU, compresa naturalmente la Turchia, a testimonianza del valore dell'iniziativa dell'Unione europea e della sua capacità di unire Stati spesso contraddistinti da visioni diverse su questo delicato tema.