Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 26 giugno 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    da diversi anni assistiamo a un vivo dibattito in varie sedi sulla necessità di introdurre l'educazione sessuale nei programmi scolastici delle scuole del nostro Paese;
    nonostante l'impegno di molte forze politiche e movimenti di opinione, non vi è a oggi, una legge in materia, ma soprattutto non si è riuscita a superare la fase di proposte presentate nelle scorse legislature;
    le difficoltà sino a oggi incontrate in Italia nel varare una legge sull'educazione sessuale sono dovute al fatto che coesistono differenti culture con valori spesso contrapposti. Le resistenze maggiori all'inserimento di programmi di educazione sessuale nella scuola fanno riferimento al timore che parlare di sessualità possa costituire un incentivo a praticarla, che alla preoccupazione che siano trasmessi dei valori non coerenti con quelli familiari;
    di fatto, oggi vanno superati questi inutili preconcetti, poiché l'età di avvicinamento alla sessualità è molto più bassa rispetto alle scorse generazioni e l'inserimento dell'educazione sessuale nelle scuole, vuol dire intervenire su pratiche sessuali più sicure tra gli adolescenti sessualmente attivi e sulla prevenzione di malattie trasmissibili con i rapporti sessuali, come l'HIV;
    gli studi commissionati dal «Programma Globale sull'AIDS» dell'Organizzazione mondiale della sanità dimostrano che i programmi di educazione sessuale non provocano un aumento o un inizio precoce dell'attività sessuale tra i giovani anche quando c’è una maggiore disponibilità di contraccettivi, anzi, tali interventi possono determinare una corretta conoscenza del proprio corpo e del suo uso;
    nonostante il vuoto legislativo, le scuole da qualche tempo si organizzano, in maniera autonoma per rispondere ai bisogni formativi degli allievi, degli insegnanti e delle famiglie svolgendo programmi di educazione alla salute, educazione socio affettivo e sessuale, affidati a docenti, psicologi, pedagogisti, medici;
    da ciò discende l'importanza di occuparsi in modo sistematico di educazione affettiva nelle varie fasi della crescita;
    molti scrittori hanno rilevato quanto il «non fare» e il «metodo del silenzio» esponga bambini e ragazzi a paure, ansie, sensi di colpa, eccessi fantastici e comportamentali, che rischiano di ripercuotersi negativamente sullo sviluppo della personalità e sul rispetto del sesso opposto o dello stesso sesso;
    per rendere efficace l'intervento di educazione sessuale sugli studenti occorre una partecipazione di rete e una collaborazione fra le diverse strutture educative, nel rispetto degli specifici ruoli e competenze;
    concretamente va previsto il confronto, il coinvolgimento, dei genitori, degli insegnanti, e degli operatori di strutture pubbliche del territorio;
    naturalmente, sulle diverse età e fasi evolutive, gli alunni presentano esigenze specifiche e non sempre assimilabili tra loro, per cui gli interventi devono essere modulati sul grado delle loro competenze cognitive, emotive, sociali e sul contesto di appartenenza;
    offrire ai giovani studenti l'opportunità di ascoltare e di confrontare diversi punti di vista, di condividere le preoccupazioni ha pertanto un effetto «normalizzante» sulle fantasie, sulle convinzioni e sui comportamenti legati alla sessualità;
    ciò genera loro la capacità di esprimere le proprie idee senza timore e di poter acquisire elementi utili sul rispetto e sul valore che offra loro la possibilità conoscersi l'un l'altro, discutere di argomenti d'interesse comune e comprendere i processi che s'instaurano nell'interazione con gli altri;
    l'efficacia di questo tipo d'intervento, costituisce un nuovo stimolo all'implementazione di conoscenza sull'affettività, poiché risponde alle esigenze dei giovani rendendoli veramente protagonisti delle azioni di promozione della salute;
    peraltro, la nostra Costituzione, in questo senso, contiene almeno cinque articoli che rappresentano i perni su cui innestare le disposizioni della presente proposta: l'articolo 2 che protegge i diritti inviolabili dell'uomo; l'articolo 3, secondo comma, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che, limitando, di fatto, la libertà dell'individuo, ne impediscono il pieno sviluppo della personalità; l'articolo 32 che riconosce la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse precipuo della collettività; gli articoli 33 e 34 che affidano alla Repubblica il compito di stabilire le norme generali sull'istruzione, che deve essere assicurata a tutti;
    questo tipo d'intervento, ci fa ritenere che la formazione tra pari possa costituire un nuovo stimolo all'implementazione di progetti adeguati alle esigenze dei giovani poiché li rende veramente protagonisti delle azioni di promozione della salute. Inoltre porta gli operatori a riconsiderare la figura dell'adolescente non più come utente passivo delle informazioni, ma come collaboratore attivo del processo educativo,

impegna il Governo:

   ad integrare nei Piani di offerta formativa nelle classi terze della scuola secondaria di primo grado e nelle classi prime di secondo grado, interventi finalizzati all'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale;
   a demandare al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la programmazione delle attività degli insegnanti in tale ambito;
   ad incaricare il dirigente scolastico, d'intesa e in collaborazione con le strutture sanitarie locali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, affinché nell'ambito del piano di offerta formativa delle classi terze della scuola secondaria di primo grado e nelle classi prime di secondo grado, siano attuati i programmi d'insegnamento all'affettività e della sessualità.
(1-00517) «Vezzali, Galgano, Quintarelli, Tinagli, Monchiero, Oliaro, Vecchio, Rabino, Librandi, Sottanelli, Mazziotti Di Celso, Fitzgerald Nissoli, Porta, D'Agostino, Rampi, Pastorino, Raciti, Simoni, Lainati, D'Ottavio, Giuditta Pini, Vitelli, Bernardo».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    con la circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, si chiariscono le modalità con cui sono rilevati – ai fini delle imposte dirette e dell'IVA – gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili e si inquadrano in ambito catastale gli impianti di tipo fotovoltaico, ponendo particolare attenzione alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare di tali impianti e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria;
    tale circolare prevede che, ai fini del censimento in catasto, non rilevi esclusivamente la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano essere posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento;
    viene, inoltre, stabilito che sotto il profilo fiscale, in più occasioni alcuni impianti fotovoltaici sono stati qualificati come beni mobili, in quanto caratterizzati dal requisito dell'amovibilità: in particolare, con circolare del 23 giugno 2010 n. 38/E, è stato ribadito che «si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall'immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento»;
    in altri termini, sulla base dei chiarimenti resi ai fini fiscali dall'Agenzia delle entrate, gli impianti fotovoltaici sono qualificabili come beni mobili quando possono essere asportati da un punto per essere installati in un altro senza perdere le loro caratteristiche e l'operazione di spostamento non si presenti antieconomica, vale a dire non comporti oneri gravosi;
    la citata circolare n. 36/E stabilisce inoltre che con riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non sussiste l'obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili e che è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell'unità immobiliare a cui risulta integrato, solo quando l'impianto fotovoltaico ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 per cento o superiore;
    non hanno, pertanto, autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità, in termini dimensionali e di potenza, come, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai consumi domestici. In particolare, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa (in considerazione della limitata incidenza reddituale dell'impianto) qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti:
     a) la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall'impianto stesso;
     b) la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall'impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano;
     c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall'altezza relativa all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera e) del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28;
    diventa evidente come le indicazioni riportate nella circolare n. 36/E vadano di fatto ad equiparare gli impianti fotovoltaici con potenza nominale superiore ai 3 kW ed il cui valore superi il 15 per cento della rendita catastale dell'immobile che alimentano, ad un ampliamento dell'immobile stesso e che, in tal modo, i proprietari dei suddetti immobili si vedranno obbligati ad aggiornare la rendita catastale con conseguenti aumenti degli importi dovuti per Irpef, Imu;
    tutto ciò rende altamente diseconomica la realizzazione di un impianto fotovoltaico in quanto il valore di un metro quadro delle stesso impianto è mediamente superiore di 3 volte al valore di un metro quadro della superficie dell'immobile, così che per rispettare il sopraccitato valore limite del 15 per cento della rendita catastale è utilizzabile solamente il 5 per cento della superficie complessiva;
    vanno altresì considerate le nuove condizioni relative alla diminuzione della percentuale di ammortamento annuo degli investimenti inerenti la collocazione di impianti fotovoltaici che passa dal 9 al 3 per cento: tale variazione si traduce, nell'immediato, in un evidente aumento dell'imposizione fiscale per i cittadini che hanno voluto investire nelle energie rinnovabili. Una diminuzione della percentuale di ammortamento di questo livello concorre a dilatare a tal punto i tempi di recupero dell'investimento che, prima ancora che tale investimento sia del tutto ammortizzato, il materiale fotovoltaico installato sarà già obsoleto ed avrà quindi subito un forte decremento del valore intrinseco, unitamente ad un sicuro aumento dei costi di smaltimento dell'impianto stesso;
    a ciò si aggiunga la considerazione che, come disposto dal decreto ministeriale del 31 dicembre 1988, gli ammortamenti delle macchine legate alla produzione di energia hanno valori percentuali assai superiori al 3 per cento;
    inoltre sulle condizioni di diseconomicità della realizzazione di un impianto fotovoltaico incide la forte diminuzione del prezzo minimo per l'eventuale vendita corrente dell'energia prodotta dallo stesso impianto che causerà una possibile riduzione delle entrate stimata in circa il 60 per cento;
    infine, nella risposta all'interrogazione in Commissione n. 5-02689 del 30 aprile 2014 il Governo ha condiviso l'opportunità di introdurre una previsione normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi;
    deve essere evitato il pericolo di penalizzare gli investimenti in energie rinnovabili che producono benefici per l'ambiente riducendo il consumo delle risorse naturali con aumenti impositivi e decurtazione degli incentivi ad investire,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a rivedere la normativa recante l'obbligo di variazione della rendita catastale dell'immobile, nel caso in cui l'installazione di un impianto fotovoltaico ne incrementi il suo valore capitale (o la relativa redditività ordinaria), innalzando la soglia percentuale di detto incremento dall'attuale 15 per cento ad un più coerente 40 per cento;
   ad assumere un'iniziativa normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, prevedendo un unico coefficiente pari al 9 per cento, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi;
   ad assumere iniziative per incrementare il limite di potenza nominale degli impianti fotovoltaici destinati ai consumi domestici ad un valore pari ad almeno 7 chilowatt al fine di mantenere l'incentivo alla realizzazione di molteplici punti di produzione di energia «pulita» catalogabili come installazioni esenti dall'obbligo di accatastamento ed assimilandoli quindi – di fatto – ad impianti di pertinenza degli immobili stessi.
(7-00400) «Fragomeli, Causi, Pelillo, De Menech».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio Renzi, nel discorso pronunciato il 24 giugno 2014 alla Camera sulle linee programmatiche del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, ha ripetutamente espresso la volontà di sottostare alla regole della (Unione europea in tutto e per tutto con frasi come: «Noi non abbiamo mai messo in discussione il rispetto delle regole; anzi, qualcuno qui dentro sarà triste per questa frase; in molti ci hanno chiesto: cambiamo le regole o, addirittura, violiamole. Noi, come Governo, abbiamo sempre detto che avremmo rispettato le regole» oppure «il rispetto delle regole non è in discussione e non vogliamo violare la regola del 3 per cento»;
   eppure solo qualche mese fa tutti i proclama fatti da Renzi in campagna elettorale per le elezioni europee, andavano in senso nettamente opposto, basti pensare alle frasi «Andiamo in Europa per cambiare le regole, per far sì che l'Europa sia quella delle famiglie e non quella delle banche e della burocrazia» oppure «Noi andiamo in Europa non come buon ritiro per fare un'esperienza ma noi che siamo l'Italia, e abbiamo fatto nascere l'Europa, e rispettiamo tutte le regole europee – e non si può dire lo stesso per molti altri paesi – ci stiamo stufati di andare là a e prendere la lezione, noi andiamo là per cambiare le cose»;
   anche la stampa ha sottolineato l'inversione di rotta avvenuta ieri, ad esempio l’Huffington post scrive: «a parte qualche facile strale retorico contro “i sacerdoti ed i profeti” dell'austerità, nel merito Renzi non ha avanzato alcuna proposta concreta per cambiare, almeno un po’, il rigorismo del patto di stabilità. Poteva proporre di scorporare gli investimenti in crescita ed occupazione dalle regole del patto, oppure avanzare la richiesta di una conferenza europea sul debito o, ancora, poteva chiedere maggiori poteri per la Banca Centrale Europea per una politica monetaria più aggressiva e in funzione di una dinamica espansiva dell'economia reale. Niente di tutto ciò»;
   nel suo discorso il Presidente del Consiglio dei ministri, nonostante abbia detto di essere consapevole del fatto che alle recenti elezioni europee italiane «milioni di persone hanno votato perché l'Europa cambiasse verso», ha invece parlato soltanto di cambiare l'Italia, annunciando tutta una serie di riforme dai diritti all'agricoltura, alla pubblica amministrazione, al welfare;
   secondo lo studio della Oxfam QUELLO CHE LA STORIA (NON) CI INSEGNA se gli Stati membri dell'Unione europea continueranno ad attuare politiche di austerity, in Europa nei prossimi dodici anni potrebbero esserci tra 15 e 25 milioni di nuovi poveri: un numero di cittadini europei equivalente a quello che vive oggi nei Paesi Bassi e in Austria, facendo salire il numero dei poveri nella Unione europea a 146 milioni di persone, ovvero più del 25 per cento della popolazione europea;
   secondo l'opinione di autorevoli economisti, come il professor Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia e former chief economist della Banca Mondiale, l'ondata di austerità economica dilagata in Europa sulla scia della Grande Recessione rischia di causare danni gravi e permanenti al tanto caro modello sociale del continente; l'austerità ha solo paralizzato la crescita dell'Europa, con incrementi nelle posizioni fiscali costantemente deludenti e sta contribuendo ad aumentare la disuguaglianza che renderà duratura la debolezza economica, e concorrerà inutilmente alla sofferenza dei disoccupati e dei poveri per molti anni a venire;
   alcuni segni di questa crisi sono già tangibili: il problema della povertà infantile, ad esempio, sta iniziando ad investire, ora, anche i Paesi nordici, da sempre segnalati come modello di welfare e politiche sociali da prendere a esempio: «In Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia e Islanda, infatti, ma anche in Slovenia, Olanda, Germania, Svizzera e Repubblica Ceca, la percentuale dei minori a rischio povertà o esclusione varia dal 12 al 19 per cento». Secondo Save the Children, «sono 27 milioni i bambini a rischio povertà o esclusione sociale, più di 1 minore su 4 (28 per cento) nei 28 Paesi dell'Unione europea, un gap sempre più ampio rispetto agli obiettivi stabiliti dall'Europa per una crescita sostenibile e inclusiva, che prevedono l'affrancamento di almeno 20 milioni di individui dal rischio povertà o esclusione sociale entro il 2020»;
   il semestre di presidenza italiana nell'Unione europea che inizierà il 1o luglio prossimo, è di fatto una grande responsabilità perché è una preziosa occasione per cercare di portare la politica economica dell'Unione europea ad abbandonare la linea del rigore assoluto che ha messo in ginocchio l'economia di molti paesi dell'Unione europea, Italia compresa –:
   se non intenda spiegare il motivo di un tale cambiamento di posizione, secondo l'interrogante in netta contraddizione con le promesse elettorali fatte e le esigenze espresse dagli elettori italiani;
   se non consideri necessario, vista l'importanza del ruolo che rivestirà con il semestre di presidenza italiana nell'Unione europea, e vista la contraddittorietà delle dichiarazioni fatte in merito, chiarire con urgenza e una volta per tutte la sua posizione relativamente alle politiche economiche dell'Unione europea e al regime di austerity che determinano.
(2-00597) «Sorial».

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinanza 6/2014 del 27 maggio 2014 del prefetto di Oristano avrebbe disposto, dal giorno 4 giugno 2014 sino alla fine del mese, lo sgombero di persone e animali nel comprensorio del lago Omodeo, per permettere lo svolgimento di esercitazioni di addestramento periodico a fuoco, da parte di alcuni reparti delle forze dell'ordine che operano in Sardegna;
   l'area oggetto dell'addestramento è dichiarata sito di interesse comunitario (Sic), tutelata ai sensi della direttiva 92/43 CEE; essa è situata nella zona centrale della Sardegna, in provincia di Oristano, è attraversata dal fiume Tirso e comprende il lago Omodeo;
   la suddetta area ricade quasi totalmente su substrati vulcanici, con morfologia prevalente di altopiano, incisa dai corsi d'acqua che hanno determinato profonde vallate, è presente una grande varietà ambientale e di paesaggio, vi sono 11 habitat d'importanza comunitaria per la tutela della biodiversità; sono presenti anche habitat tipici di piccola estensione con elevato interesse bio-geografico e grande valore conservazionistico, come gli stagni temporanei mediterranei, denominati «pauli» o «pischine» in lingua sarda, che si formano sugli altopiani basaltici;
   il lago Omodeo e gli stagni temporanei degli altopiani rappresentano zone umide molto importanti per la sosta e lo svernamento degli uccelli acquatici lungo le linee di migrazione tra l'Africa ed il continente europeo;
   a tutti è noto che le esercitazioni militari comportano pericolo per l'incolumità delle persone e degli animali;
   anche se l'ordinanza del prefetto specifica che le esercitazioni termineranno il 30 giugno, la situazione di emergenza per il pericolo per uomini e animali potrebbe proseguire anche nel futuro, a causa di proiettili inesplosi rimasti nel terreno che potrebbero esplodere successivamente;
   nei giorni scorsi i cittadini e amministratori del territorio in questione hanno presidiato il ponte di Ghilarza, nella strada tra Abbasanta e Olbia per manifestare la propria avversità alle esercitazioni militari suddette –:
   se siano state intraprese tutte le precauzioni necessarie per evitare che da queste operazioni derivino pericoli per la salute dei cittadini e per l'integrità della flora e della fauna della zona interessata;
   se il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possa individuare un sito più adatto all'addestramento militare in questione, evitando di coinvolgere siti di interesse comunitario, nel pieno rispetto della fauna, del paesaggio e dell'ambiente;
   se Presidente del Consiglio sia a conoscenza delle svolgimento delle esercitazioni suddette e se possa adottare provvedimenti urgenti in osservanza alla direttiva 92/43 CEE, recepita dallo Stato italiano con il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 che dispone la tutela e la salvaguardia delle zone protette.
(4-05300)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, SIBILIA, GRANDE, DEL GROSSO e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la situazione in Iraq si sta facendo sempre più complessa e pericolosa perché l'offensiva lanciata dai militanti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isil, nell'acronimo inglese) nelle province settentrionali e centrali irachene che ha già causato decine di morti tra attentati nella capitale e migliaia di esecuzioni portate a termine in Iraq per spingere donatori integralisti a inviare soldi per la loro causa, secondo quanto rivela il Financial Times;
   il gruppo jihadista ormai controlla una vasta area che va dalla Siria orientale direttamente ai sobborghi settentrionali di Baghdad in direzione della quale sta sempre più avanzando; Fallujah, Mosul, parte della provincia di Ninive e di Tikrit sono già sotto il suo controllo e di fatto la linea di confine tra Siria e Iraq sembra ormai saltata; inoltre pare abbia messo le mani su un ingente bottino di guerra fatto di armi, munizioni, veicoli corazzati e denaro; ciò chiarisce in modo definitivo che Iraq e Siria sono oramai due poli inscindibili dell'arco di instabilità che attraversa i due Paesi;
   risulta, secondo quanto sostiene l'edizione del 19 giugno 2014 del quotidiano iracheno al Sabah, sulla base di fonti riservate, che due giorni prima dell'avanzata dell'Isil nella provincia irachena di Ninive ha avuto luogo in Giordania un vertice tra i rappresentanti di 13 movimenti sunniti iracheni che hanno giurato fedeltà al leader dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante, AbuBakr al Baghdadi, forti di un finanziamento da un miliardo e mezzo di dollari proveniente dal Qatar e dall'Arabia Saudita;
   il governo in carica di Al Maliki non sembra aver opposto granché resistenza di fronte a questa avanzata anche per le notevoli defezioni dell'esercito iracheno mentre apre alla possibilità che vi possano essere dei raid aerei statunitensi contro le postazioni dei militanti dell'Isil presenti nel suo Paese;
   da un'agenzia del 19 giugno 2014 si apprende che il Pentagono ha presentato al presidente americano, Barack Obama, un piano che prevede l'invio in Iraq di 100 consiglieri militari delle forze speciali Usa. Il loro compito sarà quello di lavorare insieme all'esercito iracheno;
   il 23 giugno, nel corso di una sua visita a sorpresa a Baghad per incontrare Al Maliki, il Segretario di Stato americano, John Kerry ha dichiarato: «L'Isil costituisce una minaccia per l'Iraq, per la regione mediorientale e per il mondo intero. Gli Stati Uniti restano impegnati per la protezione della sicurezza e dell'indipendenza dell'Iraq e sono pronti a sostanziare tale appoggio sul terreno nel quadro degli accordi stretti con il governo iracheno in materia di sicurezza e armamenti»;
   in questo instabile contesto, va segnalato che alcune delle principali compagnie petrolifere occidentali hanno dato l'ordine di evacuare a gran parte del proprio personale in Iraq: ExxonMobil ha iniziato l'evacuazione del suo personale, BP ha già evacuato quello non essenziale (circa il 20 per cento) la Cina starebbe preparando un'operazione di recupero in grande stile (sono oltre 10.000 i cinesi che lì lavorano; PetroChina ha già evacuato parte del personale), l'India ha allertato le forze armate per la possibilità di realizzare un ponte aereo per l'evacuazione, la Turchia ha evacuato il personale del consolato di Bassora; fino ad oggi l'Isil avrebbe catturato circa 60 lavoratori turchi (inclusi alcuni diplomatici) nella zona di Tikrit e 40 indiani a Mosul;
   l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha comunicato in un primo momento che la società stava monitorando attentamente la situazione in Iraq e per il momento quindi non è stato avviata nessuna evacuazione ritenendo ancora sicura la zona di Bassora; tuttavia, in via prudenziale è stato poi deciso di ridurre il proprio personale espatriato, mantenendo sul posto il personale essenziale per il proseguimento delle attività produttive –:
   quali siano attualmente le condizioni di sicurezza in cui si trovano a operare i nostri connazionali alle dipendenze dell'Eni, una delle poche compagnie petrolifere a non aver ancora adottato un deciso piano di evacuazione degli stessi, stante la pericolosa escalation evidenziata in premessa;
   quali rassicurazioni intenda fornire in ordine all'adozione di un ordine di evacuazione di tale personale;
   quale sia la posizione del nostro Governo in merito alle citate dichiarazioni del Segretario di Stato americano e al paventato uso di raid aerei statunitensi contro le postazioni dei militanti islamici dell'Isil, quest'ultimo richiesto proprio dal premier Al Maliki. (5-03108)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Giovanni Dal Molin, è un cittadino italiano nato il 25 aprile 1928 ai piedi delle Dolomiti, a Limana in provincia di Belluno, è diventato un cavallo di battaglia delle associazioni uruguaiane che orbitano nel mondo dell'emigrazione italiana nei paesi sudamericani;
   Giovanni dal Molin, oggi ottantacinquenne, vive in Uruguay in precarie condizioni economiche e di salute, ospite della congregazione degli Scalabriniani, una organizzazione religiosa che segue in tutto il mondo i migranti;
   Dal Molin riferisce di essere stato partigiano durante la seconda guerra mondiale, a soli 16 anni, e di aver lasciato l'Italia a 30 anni, nel 1958. Da lì in poi ha girato diversi Stati sudamericani, ha sempre lavorato e 10 anni fa è arrivato in Uruguay. Ora le sue condizioni di salute non sono buone, ma è comunque autosufficiente. Gode di un piccolo sussidio, circa 100 dollari al mese, ma è in evidente difficoltà;
   Dal Molin ha oggi un unico desiderio: tornare nella sua Belluno e trascorrere la vecchiaia (o morire, come lui stesso dice) nella sua terra natale. Per questo da ormai 2 anni bussa inascoltato al consolato italiano di Montevideo, commuovendo associazioni e persone del luogo;
   ha un passaporto italiano, valido, e molte associazioni uruguayane si sono attivate per hanno già raccolto i fondi per pagargli il biglietto aereo per l'Italia. Ma non ha famiglia, né moglie né figli, non ha una casa in Italia dove potrebbe risiedere;
   Dal Molin chiede da tempo al consolato, al comune di Belluno, agli enti del nostro Paese un aiuto che gli permetta di vivere decorosamente i suoi ultimi anni nella terra natia;
   in questi stessi anni, il Governo italiano sta spendendo milioni di euro al mese per permettere l'arrivo sulle nostre coste di migliaia di persone straniere che giungono in Italia senza alcun titolo né documento di autorizzazione all'ingresso, e altrettanti fondi vengono impiegati quotidianamente per mantenere centri di accoglienza, dotare gli arrivati di beni di prima necessità, vitto. Alloggio trasporti, le stesse cose essenziali che sono invece negate ad un ex partigiano ottuagenario, nostro concittadino –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano intraprendere con la massima urgenza al fine di permettere il rimpatrio e la permanenza del signor Giovanni dal Molin nel suo paese natale. (4-05302)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, FRUSONE, DAGA, SEGONI, DE ROSA, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'impianto della Società A.R.I.A. S.r.l. (Acea Risorse e Impianti per l'Ambiente) sito in San Vittore del Lazio (FR) è un impianto di coincenerimento, ai sensi del decreto legislativo n. 133 del 2005, e non cogenerativo, costituito da 3 Linee di incenerimento per smaltimento rifiuti ciascuna delle quali ha una potenza termica installata superiore a 50 MWt (una di essa, la Linea 1, è ferma per lavori di ristrutturazione);
   la Relazione tecnica relativa alle Attività di vigilanza, controllo e monitoraggio (Previsto ai sensi dall'articolo 29-decies comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e smi) redatta dall'ARPA LAZIO, Sezione Provinciale di Frosinone, Direzione Sezione (Prot. n. 0065094 dell'8 agosto 2013), all'esito dell'attività di controllo relativa alla gestione dell'impianto per l'anno 2012, ha evidenziato rilevanti criticità. In particolare, nelle conclusioni della relazione (pagina 22), che di seguito si riportano per inciso, emergono numerose violazioni delle prescrizioni di cui al Decreto Commissariale n. 72/2007 «Autorizzazione Integrata Ambientale ex legge 59/05» e s.m.i. nonché della normativa vigente in base alla quale l'impianto è in esercizio:
    Si evidenzia che le attività di controllo e vigilanza effettuate dalla scrivente sezione Provinciale di Arpa Lazio, Premesso e ritenuto pregiudiziale quanto già evidenziato nella nota Arpa Lazio prot. n. 25142 del 28 marzo 2013, hanno rilevato numerose violazioni delle prescrizioni di cui al Decreto Commissariale n.72/2007 e smi nonché della normativa vigente, evidenziate puntualmente in questa Relazione e riportate nell'elenco sottostante: Società EALL srl (dal 1o settembre 2011 fusa per incorporazione in ARIA srl) nell'anno 2011 ha classificato il rifiuto CER 190111* con CER 190112 in assenza di analisi esaustive atte ad escludere la presenza del rifiuto di sostanze pericolose in concentrazioni superiori a quelle di cui all'articolo 2 della Decisione Europea 2001/118/CE e smi e di conseguenza ha gestito lo stesso senza rispettare le condizioni e le disposizioni a cui sarebbe stato soggetto se il suddetto rifiuto invece fosse stato classificato correttamente come pericoloso con CER 190111;
   società ARIA srl:
    a) Non ha effettuato la caratterizzazione del CDR in ingresso all'impianto con le frequenze prescritte dal Decreto Commissariale n. 72 del 2007 e 2 del 2008;
    b) ha classificato il rifiuto denominato «acque di buffer tank» con CER 160304 in assenza di analisi esaustive atte ad escludere la presenza nel rifiuto di sostanze pericolose in concentrazioni superiori a quelle all'articolo 2 della Decisione Europea 2001/118/CE e smi e di conseguenza ha gestito lo stesso senza rispettare le condizioni e le disposizioni a cui sarebbe stato soggetto se il suddetto rifiuto invece fosse stato classificato correttamente come pericoloso con CER 160303*. Si ritiene inoltre errata l'attribuzione del codice CER 160303* «rifiuti inorganici, contenenti sostanze pericolose» /160304 «rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 160303]» al rifiuto di cui sopra, costituito dalle acque provenienti da «acque piovane dell'area tecnologica (l'area tecnologica ha una rete di raccolte acque piovane a parte rispetto alle acque di prima pioggia) (...). Si ritiene più appropriata l'attribuzione del codice CER 190106] «rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi e di altri liquidi acquosi»;
    c) ha classificato il rifiuto denominato «acque di prima pioggia linea 2+3» con CER 160304 in assenza di analisi esaustive atte ad escludere la presenza nel rifiuto di sostanze pericolose in concentrazioni superiori a quelle all'articolo della Decisione Europea 2001/118/CE e smi e di conseguenza ha gestito lo stesso senza rispettare le condizioni e le disposizioni a cui sarebbe stato soggetto se il suddetto rifiuto invece fosse stato classificato correttamente come pericoloso con CER 160303*;
    d) ha classificato il rifiuto CER 190813* con CER 190814 in assenza di analisi esaustive atte ad escludere la presenza nel rifiuto di sostanze pericolose in concentrazioni superiori a quelle di cui all'articolo 2 della Decisione Europea 2001/118/CE e smi e di conseguenza ha gestito lo stesso senza rispettare le condizioni e le disposizioni a cui sarebbe stato soggetto se il suddetto rifiuto invece fosse stato classificato correttamente come pericoloso con CER 190813*;
    e) ha violato le prescrizioni iii e ooo nel Decreto Commissariale n. 72/2007, in quanto è stata riscontrata l'assenza dell'identificazione delle aree destinate allo stoccaggio dei rifiuti e dei punti di prelievo (quali scarichi e piezometri) prevista;
    f) non ha rispettato tutto quanto previsto nel Decreto Commissariale n. 72/2007 e smi relativamente al comparto emissioni in atmosfera in quanto dall'esame dei rapporti di prova (...) relativi alla linea 2 e (...) relativi alla linea 3 non risulta essere stato determinato il parametro Zinco come invece previsto nell'atto Autorizzativo e inoltre la Società effettua la determinazione dei parametri Diossine e Furani mensilmente ma su campioni prelevati in continuo nell'arco di quindici giorni e non su un campione prelevato in continuo nel lungo periodo stabilito in un mese («campionamento continuo mensile»), come prescritto;
    g) è stata riscontrata sul punto di emissione della linea II una concentrazione del Parametro mercurio pari a 6 mg/Nm3, pari a 120 volte superiore al limite di legge di 0.05 mg/Nm3;
   a tale Relazione tecnica fa seguito una lettera del Dipartimento di Caserta dell'ARPA Campania (del 14 gennaio 2014 Prot. n. 0001971/2014) indirizzato al direttore generale per l'ambiente e l'ecosistema della legione Campania, in cui l'Arpa stessa ritiene necessaria – nell'ottica della prevenzione ambientale e della tutela della salute pubblica, vista l'ubicazione al confine con la regione Campania dell'impianto di San Vittore (con particolare riguardo ai comuni di San Pietro Infine, Rocca d'Evandro e Mignano Montelungo) – la convocazione degli enti istituzionali deputati al rilascio delle prescritte autorizzazioni ambientali, nonché l'indizione di un tavolo tecnico ad hoc per conoscere i provvedimenti adottati dalla stessa regione Lazio a seguito del report della relazione tecnica dell'ARPA Lazio;
   in virtù delle predette criticità segnalate dall'Arpa Lazio, il dipartimento di Caserta dell'Arpa Campania, Direzione generale, ha, inoltre, ritenuto opportuno provvedere ad effettuare un monitoraggio sul territorio di Rocca d'Evandro, con prelievo di top soil e di acque sotterranee, in aree agricole di possibile ricaduta degli inquinanti emessi dall'impianto di San Vittore del Lazio, il cui esito non è conosciuto;
   della questione è stata investita anche la Commissione europea a seguito di una interrogazione parlamentare della deputata Europea Sonia Alfano, depositata in data 24 Aprile 2014, nella quale viene chiesto se la Commissione europea sia a conoscenza della situazione degli inceneritori di San Vittore del Lazio. In risposta a tale quesito il Commissario Europeo Janez Potočnik, il 13 giugno 2014, dichiara di non essere al corrente della situazione dell'inceneritore e che chiederà alle autorità italiane le informazioni necessarie a valutare se l'impianto di cui trattasi sia conforme ai requisiti stabiliti dalla legislazione UE e, in particolare, dalla direttiva 2010/75/UE;
   si aggiunga che, da quanto riportato nell'interrogazione a risposta scritta 4-11106 del 2 marzo 2011 (in corso), depositata dall'onorevole Ermete Realacci, risulta che presso l'inceneritore di San Vittore del Lazio sia stato rinvenuto materiale radioattivo proveniente dall'impianto di Colfelice, così come affermato dall'ARPA LAZIO – sezione Frosinone – nella nota n. 0025546 del 9 aprile 2010 indirizzata all'assessore all'ambiente della provincia di Frosinone. Al fine di verificare la presenza di materiale radioattivo conferito all'impianto di Colfelice, la regione Lazio, con determinazione dirigenziale n. C1628 del 15 luglio 2010 ha autorizzato la SAF spa a dotarsi di un contatore geiger. Il materiale radioattivo all'interno dell'impianto rappresenta un ulteriore pericolo per la salute dei cittadini, ai quali non potrà mai essere assicurata la completa neutralizzazione delle sostanze contaminanti –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce delle numerose criticità riportate in premessa, dopo attenta valutazione del potenziale rischio di danno ambientale e di gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, non ritenga che sia opportuno, disporre verifiche e controlli da parte del personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sullo stato di inquinamento di tutte le matrici ambientali presenti in loco. (4-05304)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Isola Polvese è la più grande del Lago Trasimeno ed è parte integrante del Parco Naturale del Trasimeno e dell'area SIC/ZPS IT5210018; l'isola Polvese è, ad oggi, sede di numerosi progetti didattici dedicati alle scuole che prevedono lo studio dell'ambiente naturale, della storia, della cultura e della gestione sostenibile del territorio;
   l'isola rappresenta un sito di particolare interesse naturalistico per la presenza di una lecceta ad alto fusto, di un esteso canneto e di un oliveto secolare da cui si ricava olio extravergine biologico;
   Isola Polvese è inoltre esempio di turismo sostenibile ed è riconosciuta fra le «destinazioni europee di eccellenza», nel quadro del progetto EDEN (progetto della Commissione Europea che promuove promuovere quelle destinazioni dove gli obiettivi di crescita economica sono in sintonia con la sostenibilità sociale, culturale ed ambientale del turismo), per la qualità dei servizi turistici e di accoglienza;
   le misure di conservazione della zona ZPS IT5210018, previste dal Piano di gestione Natura 2000, prevedono, tra le altre cose, il divieto di cambiamenti dell'uso del suolo e costruzione di strutture stabili, al fine di conservare intatto l’habitat del sito;
   con delibera del 17 marzo 2014, la provincia di Perugia ha approvato uno Studio di Fattibilità per la concessione del Servizio di Gestione Unitaria dell'isola, prevedendo una concessione totale della Polvese per 21 anni e prefiggendosi un aumento del flusso turistico, dalle attuali 50.000 presenze all'anno a 70.000;
   l'atto provinciale impegna la società a cui sarà affidata la gestione alla realizzazione di un campo da golf, un campo da calcio, campi da tennis, e una piscina, nonché a ristrutturare (al fine di aumentare il numero dei posti letto sull'isola) tutti gli immobili esistenti, oltre che alla concessione di possedere una piccola flotta di motoscafi destinati al trasporto dei turisti da San Feliciano all'isola Polvese: ad oggi esiste un traghetto pubblico per tutti quanti vogliono recarsi sull'isola in autonomia;
   la delibera provinciale appare motivata soprattutto da interessi economici – come si può leggere nel testo stesso dell'atto: «...approvare per le motivazioni tecnico/economiche» – ad avviso degli interroganti a scapito della tutela ambientale, culturale e turistica del sito umbro;
   gli interventi previsti potrebbero mettere in serio pericolo la conservazione dell'ecosistema del sito, contravvenendo anche alle misure di conservazione previste dal Piano di gestione;
   il 23 giugno 2014 era prevista una conferenza dei servizi per iniziare ad individuare i possibili affidatari dell'appalto ma, a causa delle numerose proteste messe in atto in queste settimane l'appuntamento è stato momentaneamente rinviato –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda acquisire elementi in merito anche al fine di evitare la compromissione di un sito di interesse comunitario e le conseguenti possibili iniziative sanzionatorie da parte dell'Unione europea. (4-05309)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIMBRO, AMODDIO, BRUNO BOSSIO, CARRA, CAPOZZOLO, D'INCECCO, FOSSATI, GIULIETTI, INCERTI, IORI, MANZI, MAZZOLI, MIOTTO, PASTORINO, ROTTA, TERROSI, TIDEI e VENITTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sono numerose le segnalazioni di richieste di contribuzioni ai sensi del decreto ministeriale del 29 marzo 2012 registrato alla Corte dei conti il 3 luglio 2012 al Reg. n. 6 – Fog. n. 258, e della legge del 4 agosto 1955, n. 702, che rimangono inevase;
   il Comitato per le tradizioni non è ancora stato nominato;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 ottobre 2013, concernente il trasferimento delle funzioni del dipartimento del turismo dalla Presidenza del Consiglio al Ministero dei beni culturali, ha congelato di fatto l'operatività amministrativa del dipartimento e ad oggi non risulta un'autorità amministrativa delegata per la firma di tutti quegli atti di rilevanza esterna che incidono sul mercato turistico, così come non è stato completato il trasferimento al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo delle risorse finanziarie, giacenti ora al Ministero dell'economia e delle finanze;
   il segmento produttivo del turismo realizza circa il 10 per cento del PIL dando lavoro a tre milioni di addetti –:
   quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per accelerare l’iter procedurale del trasferimento, assicurando in tempi brevi e certi la piena operatività dell'ufficio per le politiche del turismo, anche attraverso la pronta nomina delle necessarie autorità amministrative.
(5-03105)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBINATO, MORETTO, ZARDINI, DE MENECH, ROTTA, GINATO, NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'impianto complessivo della legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 sul federalismo fiscale poggia sui costi/fabbisogni standard e sulle capacità fiscali standard, stabilendo in particolare che, con riguardo all'esercizio delle funzioni fondamentali, la ripartizione del fondo perequativo, debba avvenire in misura pari alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le medesime funzioni e il totale delle entrate standardizzate di applicazione generale spettanti ai comuni e alle province;
   il lavoro di determinazione dei fabbisogni standard, iniziato da SOSE (Soluzioni per il sistema economico SPA) nel gennaio 2011 in conformità alla legge delega n. 42 del 2009 e alle disposizioni attuative emanate con il decreto legislativo 26 novembre 2010, segna l'avvio di una radicale riforma delle relazioni tra livelli centrali e locali di governo per superare il criterio della spesa storica ritenuto, da più parti, una fonte di iniquità nella distribuzione delle risorse e una causa di inefficienza nella gestione della spesa da parte dei governi locali;
   i risultati del lavoro svolto da SOSE, in collaborazione con IFEL e con UPI, e sotto la supervisione delle Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), sono ad oggi completi nella determinazione dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali dei comuni e delle province delle regioni a statuto ordinario;
   i fabbisogni standard rappresentano non solo parametri utili di riferimento per gli amministratori, ma anche per i cittadini, messi così in condizione di esercitare un controllo attivo e democratico sulla gestione degli enti locali da parte dei loro rappresentanti;
   in un recente Workshop (The Italian way towards Standard Expenditure Needs) organizzato il 6 giugno scorso dal MEF e SOSE Spa, nell'ambito di una riflessione sugli effetti che potrebbero derivare dall'applicazione dei fabbisogni standard anche alla luce delle best practices internazionali, è emerso in particolare dall'intervento di Hansjorg Blochliger dell'OECD (dal titolo «Comparative assessment of italian standard expenditure needs in the light of the international experience») che soprattutto per l'Italia è fondamentale determinare le capacità fiscali standard per definire compiutamente la perequazione fiscale e finanziaria fra i livelli di governo centrale e le autonomie territoriali. Anche il Ragioniere generale, dott. Daniele Franco, nel suo intervento nel citato workshop ha sottolineato l'importanza di acquisire quanto prima anche i valori delle capacità fiscali standard dei livelli di governo e delle amministrazione locali –:
   se non ritenga opportuno pubblicare immediatamente, anche on line, per ciascun ente locale tutti i valori dei fabbisogni standard relativi alle funzioni comunali e provinciali;
   quando tali dati, già disponibili, saranno finalmente utilizzati secondo le statuizioni normative contenute nella citata legge delega per l'attuazione del federalismo fiscale;
   posto che la riforma approvata dalla legge delega n. 42/2009 poggia non solo sulla definizione dei costi/fabbisogni standard, ma anche sulla definizione delle capacità fiscali standard, quali siano i tempi necessari per definire anche tali valori. (5-03106)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui al decreto legislativo n. 155 del 2012, emanato a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, entrerà in vigore il prossimo 13 settembre 2013;
   per effetto della riforma è prevista la soppressione di 31 uffici giudiziari e la soppressione di 220 Sezioni distaccate di tribunale;
   ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 155 del 2012, con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, sono determinate le piante organiche degli uffici giudiziari;
   in data 28 dicembre 2012 il Ministero della giustizia, per il tramite del Capo dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, ha trasmesso al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere una prima proposta di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari di primo grado, non limitata agli uffici giudiziari interessati dalla revisione, ma più in generale avente ad oggetto la complessiva rimodulazione delle piante organiche di tutti gli uffici giudiziari di primo grado, allo scopo di realizzare la prevista equa ripartizione delle dotazioni organiche in rapporto alle effettive esigenze dei singoli uffici e sulla base di una serie di parametri di carattere generale;
   il Consiglio superiore della magistratura nel trasmettere lo schema di proposta ministeriale ai consigli giudiziari presso i vari distretti di corte di appello ha richiesto l'invio di una relazione;
   il 30 gennaio 2013 il consiglio giudiziario di Salerno ha inoltrato al CSM il proprio deliberato contenente una serie di rilievi critici alla proposta del Ministero in relazione agli uffici giudiziari del distretto di Salerno;
   con specifico riferimento al tribunale di Nocera Inferiore, il consiglio giudiziario ha recepito tutte le osservazioni contenute in una relazione a firma del presidente del tribunale e del procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore, trasmessa al consiglio giudiziario di Salerno il 24 gennaio 2013;
   all'esito della valutazione delle relazioni provenienti dai consigli giudiziari, il Consiglio superiore della magistratura ha formulato il proprio parere;
   il 10 aprile 2013 il Ministero, sulla base dei rilievi del CSM e delle indicazioni fornite dai consigli giudiziari, ha formulato una seconda proposta, ritenendo di intervenire unicamente sugli uffici giudiziari direttamente interessati dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie e rinviando ad un successivo provvedimento la rimodulazione delle piante organiche degli altri uffici giudiziari;
   su tale proposta il Consiglio superiore della magistratura ha espresso parere favorevole;
   nella nuova proposta ministeriale, con specifico riferimento alla situazione del tribunale di Nocera Inferiore, si prevede un aumento di una sola unità per il tribunale, mentre resta invariata la dotazione organica per la procura della Repubblica;
   la proposta citata si limita a riproporre le conclusioni della prima proposta ministeriale senza tener conto, per il tribunale di Nocera Inferiore, delle motivate ed articolate osservazioni contenute nella relazione richiamata;
   nella relazione si invita il consiglio giudiziario a formulare al Consiglio superiore della magistratura la richiesta di invitare il Ministero a rideterminare la pianta organica del tribunale di Nocera Inferiore, prevedendo un significativo aumento del numero dei magistrati giudicanti ed un corrispondente aumento dei magistrati requirenti tenendo conto di alcuni importanti rilievi:
    il tribunale di Nocera Inferiore risulta nel ristretto novero degli uffici giudiziari che si trovano ad accorpare territori in precedenza ricadenti nel circondario di un diverso ufficio giudiziario (Salerno). Per tutti gli altri uffici giudiziari che si trovano nella medesima situazione il testo della proposta ministeriale prevede significativi incrementi della precedente dotazione organica;
    il tribunale di Nocera Inferiore viene inserito nell'ambito degli uffici giudiziari ad elevata densità criminale, per il quale vale la decisione del CSM di destinare i magistrati onorari di tribunale, a livello nazionale, dando prevalenza alle esigenze dei tribunali di Santa Maria Capua Vetere e Nocera Inferiore, rispetto ad altre realtà giudiziarie. Questo comporta la necessità di valutare, oltre al dato quantitativo delle sopravvenienze, anche il dato qualitativo dei procedimenti, di natura penale e civile, celebrati innanzi al tribunale di Nocera Inferiore;
   presso il tribunale di Nocera Inferiore si celebrano, nella fase dibattimentale, la maggior parte dei processi penali istruiti dalla direzione distrettuale antimafia presso il tribunale di Salerno, contenzioso qualificato da particolare difficoltà tecnica;
   il tribunale di Nocera Inferiore dovrebbe avere una dotazione organica non inferiore a 34 magistrati per il settore giudicante ed a 11 magistrati per il settore requirente;
   la dotazione organica del tribunale di Nocera Inferiore, così come rideterminata nella proposta, appare fortemente squilibrata rispetto alla dotazione organica di uffici giudiziari appartenenti alla stessa area geografica;
   il dato delle sopravvenienze previste per il tribunale di Nocera Inferiore non corrisponde al dato reale, in quanto non tiene conto di tutti i procedimenti in materia di lavoro e previdenza, esecuzioni immobiliari e mobiliari nei confronti degli enti previdenziali, procedimenti questi accentrati presso il Tribunale di Salerno ma generati nei territori di Cava de Tirreni e Mercato San Severino; non tiene altresì conto del dato delle sopravvenienze collegiali, calcolato in soli 284 procedimenti, ma in realtà sottostimato anche sul piano qualitativo, nella parte in cui non tiene conto della particolare delicatezza e complessità dei processi penali istruiti dalla DDA, trattati in sede dibattimentale e del numero e della delicatezza delle procedure fallimentari e concorsuali relative ai territori accorpati, particolarmente industrializzati, con incidenza anche sul flusso delle cause in materia di lavoro e previdenza;
   la scelta operata dal Ministero di lasciare sostanzialmente invariati gli organici del tribunale e della procura della Repubblica di Nocera Inferiore appare ingiustificata alla luce degli stessi criteri utilizzati nella proposta ministeriale e risulta in stridente contrasto con la ratio e gli obiettivi della riforma, finendo con il penalizzare fortemente un ufficio giudiziario che, invece, per le ragioni evidenziate, occorreva potenziare;
   la scelta appare determinata dall'erronea trasmissione e/o interpretazione dei dati statistici di riferimento, anche in confronto ai dati riguardanti uffici giudiziari che si trovano nella medesima situazione del tribunale di Nocera Inferiore, e dalla necessità di salvaguardare le esigenze di uffici giudiziari di maggiori dimensioni, per cui a fronte di una consistente riduzione di territorio e di carichi di lavoro non viene operata una corrispondente riduzione di magistrati giudicanti e requirenti;
   anche senza considerare il dato della popolazione, che per il tribunale di Nocera Inferiore, a seguito dell'accorpamento, risulta pari all'80 per cento della popolazione del tribunale di Salerno, e raffrontando unicamente il dato delle sopravvenienze, dovrebbe pervenirsi per il tribunale di Nocera Inferiore alla determinazione di una dotazione organica di 34 magistrati per il settore giudicante e di 11 magistrati per il settore requirente. Tale dotazione avrebbe dovuto essere oggetto di corrispondente sottrazione dagli organici del tribunale di Salerno;
   sembrerebbe evidente che nelle intenzioni della proposta ministeriale vi sia il tentativo di operare una revisione delle circoscrizioni giudiziarie limitando al minimo le riduzioni di organico degli uffici giudiziari di maggiori dimensioni, sedi di corte di appello e della direzione distrettuale antimafia. Questo aspetto rischia di contraddire lo spirito della riforma che è quello di migliorare l'efficienza e la funzionalità di tutti gli uffici giudiziari;
   la nuova proposta ministeriale di rideterminazione delle piante organiche oltre a riproporre le stesse problematiche della proposta precedente, presenta una serie di profili suscettibili di ulteriori rilievi critici;
   la scelta di limitare l'intervento unicamente agli uffici giudiziari direttamente interessati dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie se, da un lato, ha consentito di differire la soluzione di una serie di problematiche emerse in sede di discussione della prima proposta, dall'altro, ha di fatto vanificato un lavoro articolato e complesso che aveva l'obiettivo di migliorare la distribuzione sul territorio nazionale delle risorse umane, magistrati e personale amministrativo, in ossequio alla finalità prevista dall'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 155 del 2012, di pervenire all'organico e funzionale riequilibrio degli assetti degli uffici giudiziari;
   corollario di questa scelta è rappresentato dalla soluzione data ai casi di uffici giudiziari che accorpano territori in precedenza appartenenti al circondario altri uffici giudiziari. In tale ipotesi, la nuova proposta prevede che si proceda all'aggregazione degli organici senza operarne alcuna variazione. Mentre nella prima proposta, in presenza di una siffatta evenienza, si era optato per un sistema che individuasse gli organici degli uffici giudiziari non sulla base della somma aritmetica degli organici dei due uffici giudiziari, quello accorpante e quello accorpato, ma sulla base di una valutazione più articolata che tenesse conto di una serie di fattori (popolazione residente, sopravvenienze medie, area geografica, e altro), nella nuova proposta si individua la nuova dotazione organica dell'ufficio accorpante semplicemente aggiungendo alla dotazione precedente il numero dei magistrati in servizio presso l'ufficio soppresso;
   tale sistema appare inadeguato alla necessità indicata dalla riforma di consentire a tutti gli uffici giudiziari italiani di operare fattivamente sul territorio, determinando evidenti difformità di valutazione per i vari uffici giudiziari. Così per il tribunale di Nocera Inferiore, già in situazione di estrema difficoltà e di esigua previsione di organico, si tiene ferma la scelta di lasciare invariati gli organici, con l'eccezione dell'unità riservata al giudicante, pur a fronte della mutata situazione a seguito dell'accorpamento di 2 sezioni distaccate, già di competenza del circondario del tribunale di Salerno, e dell'afflusso delle controversie monocratiche civile e penali già di competenza delle richiamate sezioni nonché delle controversie collegiali, familiari, fallimentari, di esecuzione, di lavoro e previdenza, tutte attualmente in carico al tribunale di Salerno e dal 14 settembre 2013 attribuite alla competenza per territorio del tribunale di Nocera Inferiore;
   con riferimento agli uffici giudiziari che accorpano territori in precedenza appartenenti al circondario di altri tribunali si è scelto di operare una distinzione tra gli uffici giudiziari che vedono la propria consistenza territoriale modificata in misura marginale e gli uffici giudiziari che vedono la propria consistenza territoriale modificata in modo significativo;
   per i primi la scelta è stata quella di lasciare invariata la precedente dotazione organica, di fatto azzerando le decurtazioni di organico previste nella proposta originaria. Così, tutti gli uffici giudiziari che sulla base dei parametri e dei criteri individuati nella proposta originaria erano destinati ad una riduzione degli organici vedono ripristinata la precedente dotazione organica. Per il secondo gruppo di uffici giudiziari, per i quali le modifiche territoriali vengono definite significative, si è ritenuto di operare una diminuzione di organico presso gli uffici cedenti porzioni di territorio equivalente all'aumento di organico dei corrispettivi uffici che hanno ampliato il loro bacino di utenza;
   si è, dunque, operata la scelta di individuare una stretta interrelazione tra gli uffici cedenti porzioni di territorio e gli uffici che risultano destinatari dell'incremento territoriale, nel senso di commisurare l'aumento di organico per l'ufficio accorpante alle corrispondenti diminuzioni di organico dell'ufficio cedente;
   nella nuova proposta, per il tribunale di Salerno viene proposta una riduzione di organico pari ad una sola unità per il settore giudicante, corrispondente all'incremento di organico previsto per il tribunale di Nocera Inferiore. Si assiste, pertanto ad un singolare ribaltamento di prospettiva: anziché rivedere in aumento il dato di Nocera Inferiore ed operare una corrispondente riduzione per il tribunale di Salerno, si riprende acriticamente il dato contenuto nella prima proposta e si opera una corrispondente diminuzione per il tribunale di Salerno –:
   alla luce di quanto rappresentato quali iniziative normative correttive vorrà tempestivamente adottare, al fine di porre rimedio alla situazione evidenziata, fortemente penalizzante per il tribunale di Nocera Inferiore ed assolutamente immotivata soprattutto se rapportata agli altri uffici giudiziari che si trovano nella medesima situazione con pesante, inspiegabile ed ingiustificabile aggravamento della situazione degli uffici giudiziari di Nocera Inferiore che si traduce nella concreta impossibilità per i magistrati ed il personale di dare concreta e pronta risposta, in ossequio al principio fondamentale di cui all'articolo 111 della Costituzione, alle istanze di giustizia dei cittadini e dunque nella lesione dei diritti primari dei cittadini del circondario. (5-03103)


   TARICCO, D'INCECCO, MARCO DI STEFANO, CAPONE, RUBINATO, FAMIGLIETTI, PICCIONE, OLIVERIO, AMODDIO, MAGORNO, ANTEZZA, IORI, ROTTA e ZANIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i soggetti con reddito inferiore a 10.800,00 euro annui lordi, riferito al nucleo familiare, godono, in sede di procedimento civile, della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia;
   tale possibilità è concessa solamente in ambito contenzioso (processo di cognizione ed eventuale esecuzione) sia per quanto riguarda la spesa di patrocinio (spesa legale) che per quanto riguarda le spese di giustizia (contributo unificato, l'imposta di bollo, le spese forfettizzate per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria e catastale, i diritti di copia);
   da tale applicazione normativa rimangono comunque esclusi i procedimenti avanti all'autorità giudiziaria diversi da quelli contenziosi (come tutele, curatele);
   un soggetto non abbiente, sottoposto a tutela e/o amministrazione di sostegno, è quindi costretto a corrispondere, per ogni istanza (autorizzazioni di vario tipo) i bolli ed i contributi richiesti dal testo unico con pesante gravame di spesa;
   in particolare, per quanto riguarda l'importo delle anticipazioni forfettarie a carico dei privati nei processi civili (articolo 30 del testo unico), questo, a seguito della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (articolo 1, comma 606, lettera a)), è passato da 8 euro a 27 euro;
   risulterebbe inoltre una disparità di trattamento tra un soggetto non abbiente che proceda in sede contenziosa ed un soggetto nelle stesse condizioni che sia sottoposto a tutela e/o amministrazione di sostegno –:
   se il Ministro interrogato, non ritenga, avendo presente le situazioni sociali di cui trattasi ed in virtù di un principio di uguaglianza, chiarire la norma affinché sia possibile l'applicabilità della normativa sul Patrocinio a spese dello Stato in sede civile anche a soggetti non abbienti non solo nei procedimenti contenziosi ma anche in riferimento alla gestione concreta delle attività inerenti le tutele ed amministrazioni di sostegno, evitando così il pagamento di contribuiti relativi alla singola istanza da presentarsi al giudice tutelare. (5-03104)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIAZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 102 del 2013 è stato introdotto nella legislazione italiana il concetto di morosità incolpevole con riferimento agli affittuari di immobili che non riescono a pagare il canone di locazione a causa di intervenute difficoltà economiche e familiari. L'articolo 6, comma 5, del decreto citato ha infatti istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
   il successivo decreto-legge n. 47 del 2014 ha stabilizzato la dotazione del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli per gli anni a seguire fino al 2020, incrementando inoltre le risorse, prevedendo nello specifico, per l'anno in corso, 15,73 milioni di euro aggiuntivi;
   questi stanziamenti, necessari a dare una prima risposta alla perdurante situazione di emergenza abitativa che attanaglia il Paese – di cui un aspetto centrale è rappresentato dalle difficoltà delle famiglie nel pagamento dei canoni di locazione – rischiano di non trovare applicazione immediata a causa della mancata emanazione del decreto interministeriale di riparto. All'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 veniva infatti stabilito che le risorse citate in premessa sarebbero state ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e successivamente trasferite ai comuni, a seguito dell'emanazione di apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
   come denunciato dalle organizzazioni sindacali degli inquilini il ritardo nella predisposizione del decreto di cui sopra potrebbe portare al mancato utilizzo delle risorse stanziate per l'anno 2014, ben 35,73 milioni di euro;
   considerando come i dati recenti sugli sfratti in Italia segnalino un numero di circa 70 mila sentenze per l'anno 2013 – di cui ben il 90 per cento dovute alla morosità – e che se il trend di questi ultimi anni non fosse bruscamente invertito si potrebbe giungere nel 2015 alla probabile cifra di 200 mila sentenze di sfratto per morosità, appare assolutamente necessario dare immediata attuazione a provvedimenti già approvati dal Parlamento, che a causa di tempi burocratici inspiegabilmente lunghi rischiano di perdere efficacia –:
   se non intenda emanare in tempi rapidi il regolamento interministeriale citato in premessa affinché possano essere spese al più presto le risorse, stanziate per l'anno 2014, del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli. (5-03099)


   TERROSI, CENNI, MAZZOLI, OLIVERIO, LODOLINI, FOSSATI, BONACCORSI, VERINI, ALBINI, CARRESCIA, MANZI e ZANIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   risulta che a partire dal 16 giugno, Trenitalia avrebbe in programma la soppressione della fermata prevista nella stazione di Orte di due treni interregionali che percorrono la tratta Perugia-Roma. Si tratterebbe in particolare della coppia di treni per e da Roma Termini, rispettivamente il Regionale Veloce n. 2481 delle ore 8,01 e il Regionale Veloce n. 2484 delle ore 17,58;
   l'abolizione della fermata sarebbe stata richiesta dalla regione Umbria, sulla base del contratto di servizio con cui la regione finanzia i singoli treni giustificandone la decisione per ragioni economiche e di disservizio;
   si sottolinea che la stazione del comune di Orte serve un bacino di utenza di circa 3 milioni di passeggeri l'anno diretti o provenienti da Roma e residenti essenzialmente nei comuni limitrofi della provincia di Terni e di Viterbo. L'essenzialità del servizio è testimoniata dal sistematico sovraffollamento di tutti i treni per e da Roma nella fascia oraria 6,30/8.15 e 16,00/19,00;
   nella fascia oraria di punta mattutina, il comune di Orte, collegato ai paesi limitrofi da una linea di autobus, viene raggiunto da molti pendolari. Se venisse abolita la fermata del treno interregionale veloce n. 2481 i pendolari sarebbero costretti ad usufruire del treno successivo, l'intercity n. 531. Notoriamente il costo del titolo di viaggio che dà diritto ad usufruire del servizio intercity, è superiore al costo di quello che permette gli spostamenti sulla tipologia di treni classificati come regionali o interregionali, con evidente aggravio economico per i pendolari;
   la riduzione numerica dell'offerta dei servizi ferroviari avvenuta in modo costante e progressivo negli ultimi anni ha drasticamente peggiorato le condizioni di viaggio dei pendolari pressoché in tutte le tratte ferroviarie, compresa quella oggetto della presente interrogazione. I treni attivi hanno subito nel tempo la diminuzione del numero delle carrozze con conseguente minore disponibilità di posti a sedere tanto che anche i treni che transitano nella stazione di Orte nelle fasce orarie maggiormente utilizzate dai pendolari, arrivano molto spesso già sovraffollati; il venir meno di un treno aggraverebbe ulteriormente le condizioni di viaggio dei pendolari, già precarie anche per le condizioni igieniche spesso non soddisfacenti, l'assenza di aria condizionata o di riscaldamento, la manutenzione dei convogli spesso deficitaria;
   se venissero confermate le intenzioni di Trenitalia e da luglio venisse soppressa la fermata di Orte per i due treni sopra citati per e da Roma Termini, verrebbe meno non solo un servizio essenziale – la stazione, come nodo di scambio tra numerose linee ferroviarie, ha un flusso di circa 3 milioni di passeggeri all'anno – ma anche perché Orte è il raccordo diretto con la «direttissima» Firenze-Roma; da essa si dirama la linea per Ancona; è capolinea del servizio ferroviario per Fiumicino Aeroporto e della ferrovia Orte-Viterbo; senza dire che effettuano fermata in questa stazione tutti i treni regionali in transito nonché i treni Intercity per Ancona e Perugia e tutti quelli in transito sulla «direttissima» Roma-Firenze –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle reali intenzioni di Trenitalia di sopprimere la succitata coppia di treni, attualmente in proroga di un mese rispetto a quanto preannunciato, e se intendano salvaguardare la categoria dei pendolari anche aprendo un tavolo tecnico di confronto, al quale partecipino Rete ferrovie dello Stato, Trenitalia, regioni ed enti locali al fine di ridiscutere la gestione del trasporto locale e regionale. (5-03109)


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 16 giugno scorso Trenitalia S.p.A., senza una preventiva comunicazione all'utenza, al comune di competenza e alla regione Sardegna ha sospeso tutte le fermate dei treni nella Stazione di Pabillonis in Sardegna;
   la sospensione ha determinato notevoli disagi all'utenza;
   se sia conoscenza della suddetta soppressione e se intenda intervenire presso Trenitalia al fine di tutelare e garantire l'utenza di tali servizi. (5-03110)


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi si sono registrate e si registrano continue soppressioni di treni, spostamenti di orari all'ultimo momento, cancellazioni di corse e ritardi continui senza preventiva comunicazione all'utenza e alla regione;
   la riduzione quantitativa dell'offerta di servizi ferroviari di cui si è data evidenza, ha determinato un generale e diffuso peggioramento delle già precarie condizioni di viaggio dei pendolari;
   per citare alcuni fra i più recenti casi di soppressione:
    il 16 giugno sono state soppresse le corse Olbia-Golfo Aranci delle 1:10 e delle 14:30, le corse Golfo Aranci-Olbia delle 13:40 e delle 15:25; la corsa Macomer-Olbia delle 18:40;
    il 17 giugno sono state soppresse le corse Olbia-Macomer delle 05:53, la Olbia-Golfo Aranci delle 10:10, la Golfo Aranci-Olbia delle 11:00;
    il 18 giugno sono state soppresse le corse Cagliari-Oristano delle 9.29, Cagliari-Decimomannu delle 8.20 e delle 12.05, Olbia-Macomer delle 5.53; Oristano-Cagliari delle 6.30 e delle 15.30;
   a questo si aggiungano i ritardi, quasi quotidiani, rispetto ai quali si citano quelli rilevati il 25 giugno 2014:
    Iglesias-Cagliari. Arrivo previsto alle ore 7:49. Ritardo di minuti 20;
    San Gavino-Cagliari. Arrivo previsto alle ore 7:55. Ritardo di minuti 20;
    Decimomannu-Cagliari. Arrivo previsto alle ore 8:09. Ritardo di minuti 15;
    Iglesias-Cagliari. Arrivo previsto alle ore 8:12. Ritardo di minuti 40;
    Oristano-Cagliari. Arrivo previsto alle ore 8:37. Ritardo di minuti 20;
   si riscontra una mancanza di volontà da parte di Trenitalia rispetto alla necessità di ripristinare corse essenziali per soddisfare le esigenze dei pendolari. Si fa riferimento, in particolare al treno Oristano-Cagliari delle ore 4.50 che collegava con l'aerostazione di Elmas consentendo a migliaia di sardi di prendere il primo aereo per Roma;
   si verifica il paradosso che tutti i treni che conducono i passeggeri all’ aerostazione di Elmas, presentano orari totalmente inadeguati e non funzionali a consentire agli stessi di prendere gli aerei –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei suddetti disservizi, e se intenda intervenire presso Trenitalia rispetto alle succitate soppressioni e ai ritardi, affinché sia ripristinato un accettabile livello dei servizi ferroviari offerti che si inserisca coerentemente e funzionalmente nel complessivo sistema dei trasporti isolani (con particolare riguardo al trasporto aereo) che dia garanzia relativamente alle corse utilizzabili e certezza rispetto agli orari.
(5-03111)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ, ROSTELLATO, DA VILLA e BRUGNEROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il settore del trasporto pubblico, sia locale che nazionale, è di fondamentale importanza per lo sviluppo economico dei territori, in particolare per quelli a forte richiamo turistico ed economico e necessita pertanto di essere potenziato e migliorato;  
   a partire dagli anni ’40-50, lo sviluppo dell'industria automobilistica ha portato alla dismissione anche nel nostro Paese di migliaia di chilometri di linee ferroviarie, cui si aggiungono i tratti di linee attive abbandonati in seguito alla realizzazione di varianti di tracciato;
   si tratta di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d'arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati e che costituiscono un patrimonio di infrastrutture unico e irripetibile, la cui costruzione, avvenuta a cavallo tra ’800 e ’900, ha rappresentato un momento significativo di collegamento e sviluppo per la popolazione italiana;
   secondo l'associazione Greenways, in Italia ci sono oltre 5.500 chilometri di linee ferroviarie da valorizzare oggi abbandonate, così come le stazioni divenute «impresenziate» a cause dello sviluppo tecnologico, in ogni regione d'Italia. Numeri impressionanti: 195 sono le linee chiuse al traffico, 60 i tratti abbandonati in seguito alla costruzione di varianti di tracciato. Poi ci sono le 17 linee cominciate e, secondo tradizione, incompiute;
   nella sola regione Veneto, infatti, ad oggi si registrano numerose tratte abbandonate: Ferrovia delle Dolomiti-Calalzo-Cortina d'Ampezzo-Dobbiaco; Ferrovia Bribano-Agordo; Ferrovia Verona-Legnago-Rovigo-Dossobuono-Isola della Scala; Ferrovia Lonigo-Lonigo Città; Ferrovia Montebelluna-Susegana; Ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano di Brenta; Ferrovia Sacile-Vittorio Veneto; Ferrovia Treviso-Ostiglia; Ferrovia San Vito al Tagliamento-Motta di Livenza; Ferrovia Thiene-Rocchette; Ferrovia Verona-Caprino-Garda; Ferrovia Rocchette-Asiago; Ferrovia Rocchette-Arsiero; Ferrovia Schio-Rocchette; Ferrovia Torrebelvicino-Schio;
   in molte zone d'Europa e altrove l'idea delle «greenway», termine con il quale vengono indicati dei percorsi verdi pubblici, multifunzionali, realizzati sul tracciato delle linee ferroviarie abbandonate, trasformate in percorsi turistici e naturalistici, è già realtà. Come ad esempio, il ripristino del leggendario (e centenario) Trenino Rosso del Bernina, in Svizzera, ed il potenziamento dell'antica linea che da Tirano in Valtellina raggiunge la famosa località turistica di Saint Moritz nei Grigioni, utilizzati ogni anno dai residenti e da centinaia di migliaia di turisti che dal 2008 sono entrati nel patrimonio mondiale dell'Unesco;
   in una «Nota Stampa» di ottobre 2013, il Gruppo FS Italiane, ha annunciato il progetto i «percorsi verdi» volto a valorizzare le linee vetuste, attraverso la promozione di un Piano nazionale Greenways, sostenuto da finanziamenti pubblici (nazionali ed europei) e privati. Coinvolgendo le Istituzioni: Ministeri (in particolare quelli di ambiente e della tutela del territorio e del mare, sviluppo economico e dei beni e delle attività culturali e del turismo), università, regioni, enti locali e principali associazioni ambientaliste;
   secondo l'idea di FS, le stazioni dismesse saranno trasformate in alberghi, ostelli, ristoranti, officine per manutenzione biciclette, punti vendita di prodotti tipici, piccoli musei delle tradizioni territoriali;
   l'Unione europea, nel suo Libro bianco, indica come uno degli obiettivi fondamentali da conseguire entro il 2050 il trasferimento dalla gomma alla rotaia della maggior parte del trasporto di medie distanze e dei passeggeri, riservando il trasporto individuale agli ultimi chilometri di una tratta, da effettuare con veicoli puliti;
   nel decreto-legge Salva Italia del Governo Monti (decreto-legge n. 201 del 2011) si prevede già di destinare, a decorrere dall'anno 2013, risorse statali al trasporto pubblico locale –:
   se il Governo sia a conoscenza dei tempi di realizzazione del progetto piano nazionale Greenways da parte del gruppo Fs Italiane;
   se l'interrogato Ministro intenda assumere iniziative volte a reperire maggiori risorse ed a concordare, in sede di Conferenza Stato-regioni, un piano di sviluppo del trasporto ferroviario per l'efficientamento, la sicurezza ed il miglioramento della gestione del suddetto servizio, di cui Trenitalia è responsabile;
   se e quali azioni intenda intraprendere, di concerto con le regioni interessate, per ripristinare e potenziare le suddette reti ferroviarie, incentivando quelle iniziative che potrebbero contribuire a sostenere un vasto piano di rilancio turistico in molte aree del Paese e al contempo favorire l'occupazione e le start up giovanili.
(4-05303)


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Il Comitato Pendolari Roma-Firenze rende noto che Trenitalia ha deciso arbitrariamente di sopprimere la fermata di Orvieto del treno regionale 581 interrompendo un pubblico servizio senza darne informazione ai passeggeri in attesa alla stazione di Orvieto;
   a quanto dichiara il Comitato Pendolari Roma-Firenze tramite un comunicato stampa, ad Orvieto martedì 24 giugno 2014 alle ore 7.30, a causa di questo disservizio, circa quattrocento persone sono rimaste sul binario in attesa del treno 581 utilizzato da molti pendolari a Roma per motivi di lavoro e di studio;
   alcuni pendolari ad Orvieto dichiarano che il servizio servizio Internet www.ViaggiaTreno.it della Società Trenitalia spa, in un primo momento segnalava il treno al bivio di Allerona con un ritardo di 12 minuti, mentre dopo pochi minuti improvvisamente individuava il treno a Castiglione in Teverina, quindi a sud di Orvieto, come se il treno avesse saltato la fermata di Orvieto;
   la seconda segnalazione del servizio Viaggiatreno era evidentemente corretta, come conferma un pendolare di Chiusi che si trovava sul convoglio, e rivelava che il treno regionale era quasi arrivato alla stazione di Orte, dove ha successivamente effettuato una fermata straordinaria per far scendere lavoratori e studenti, alcuni dei quali dovevano sostenere gli esami di maturità, diretti a Orvieto;
   Trenitalia, quindi, ha lasciato circa quattrocento persone sul binario di Orvieto senza nessun avviso, provocando gravissimi disagi ai passeggeri;
   il Comitato Pendolari Roma-Firenze, a seguito di quanto accaduto, ha dichiarato altresì di valutare la possibilità di esporre denuncia contro Trenitalia per i danni provocati dall'interruzione di pubblico servizio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, se non ritenga opportuno intervenire, presso Trenitalia di cui il Governo è azionista di maggioranza affinché venga salvaguarda la continuità temporale e spaziale del servizio. (4-05305)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA e ZAPPULLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 362 del 1994 prevede che il termine entro il quale lo Stato deve concludere la procedura di riconoscimento della cittadinanza italiana sia di 730 giorni;
   si tratta, nei fatti, di una previsione totalmente e colpevolmente disattesa: infatti, mediamente passano 1.000, 1.500, 1.700 giorni, che, tradotta in anni, significa un'attesa di tre, quattro, cinque anni, prima di ottenere l'esito;
   si tratta di una situazione inaccettabile, che viola i diritti dei titolari, e che di fatto limita le opportunità di quanti potrebbero accedere a concorsi pubblici, votare alle elezioni politiche, amministrative, viaggiare senza dover chiedere visti, in poche parole concorrere appieno alla società civile in qualità di nuovo italiano;
   i ritardi messi in evidenza anche dalla recente class action fatta dalla Cgil, Inca e Federconsumatori che nella sentenza del Tar del Lazio, accoglie limitatamente alla denunciata violazione generalizzata dei termini di conclusione del procedimento sull'istanza di rilascio della concessione della cittadinanza italiana per come fissati dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 362 del 1994 e, per l'effetto, condanna il Ministero dell'interno a porre rimedio a tale situazione mediante l'adozione degli opportuni provvedimenti, entro il termine di un anno dalla comunicazione della sentenza, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica –:
   quali iniziative intenda adottare in merito, nonché se non ritenga di dovere, in tempi brevi, individuare nuove procedure interne che si muovano nel rispetto dei numeri di protocollo delle procedure, e infine se non consideri essenziale procedere alla completa informatizzazione delle procedure, al fine di evitare, in futuro, situazioni quali quelle descritte, fino alla paralisi completa del sistema. (5-03101)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   preoccupante è la situazione in cui versano le nostre stazioni ferroviarie, prive di sufficienti controlli e di un adeguato livello di sicurezza;
   in particolare, gravissima è la situazione in cui versa la stazione centrale di Palermo, una tra le 15 più grandi stazioni d'Italia con 52 mila transiti giornalieri, per un totale di circa 19 milioni di utenti l'anno e 250 treni al giorno;
   secondo la denuncia della Consap, Confederazione Sindacale autonoma di polizia, infatti, ormai da due anni l'impianto di videosorveglianza non è più in funzione;
   si tratta di un impianto di ben 80 telecamere, installate grazie ad un progetto denominato «Stazioni Sicure», finanziato con il Programma operativo per la sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia, cofinanziato dall'Unione europea con il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e con il Fondo Sociale Europeo (FSE);
   nel libro-obiettivo del Programma Operativo Nazionale «sicurezza per lo sviluppo del mezzogiorno d'Italia 2000-2006», costato complessivamente 1.225.836.000, si afferma che ben 1200 telecamere sono state installate nelle stazioni ferroviarie interessate dal progetto, di cui quella di Palermo è stata la più grande, dopo Napoli Centrale;
   nonostante l'ingente costo del progetto, il Ministero competente non avrebbe però i soldi per la manutenzione e, pertanto, sia le telecamere all'interno della stazione di Palermo, sia quelle sotto i portici sarebbero rimaste a semplice decoro della struttura;
   anche il Video-Wall, il grande schermo di regia che si trova all'interno della Sala Operativa della Polfer di Palermo, sarebbe totalmente fuori uso, così come i server utilizzati dalla Polizia e installati con gli stessi fondi, di cui solo la metà funzionanti;
   secondo la denuncia dei dirigenti del sindacato di polizia, i pezzi di ricambio del sistema sono molto cari e non è chiaro chi dovrebbe sostenere tali costi;
   lo stesso segretario provinciale della Consap di Palermo, Domenico Milazzo, ha dichiarato: «Data la gravità della cosa, ci saremmo aspettati interventi urgenti in tal senso, o almeno una forte presa di posizione da parte del Dirigente del Compartimento Polfer Sicilia. Tuttavia, oltre le sollecitazioni istituzionali di rito, nulla di concreto è stato realizzato a favore dei poliziotti, né per la sicurezza dei viaggiatori, ignari del fatto che non esiste alcun sistema di sicurezza a tutelarli. Il risultato è dunque potenzialmente catastrofico. A questo si aggiunga che, a causa di carenze di personale, le pattuglie che presidiano la stazione sono pochissime, mai più di una per turno, ossia due uomini ! Piove sul bagnato, insomma»;
   oltre al danno la beffa, se si considera che sul sito di grandistazioni.it si parla di interventi di riqualificazione con «la risistemazione delle aree urbane intorno alla stazione» di Palermo, ma nulla si dice in merito a interventi di sicurezza;
   ancora una volta, si assiste a un intollerabile spreco di denaro pubblico, con centinaia di migliaia di euro investiti inutilmente in un progetto gigantesco e costosissimo, ma inutilizzabile, poiché necessita di ulteriori investimenti per la sua manutenzione;
   tale incresciosa situazione riguarda numerose altre Stazioni ferroviarie italiane e perfino la stazione di Roma Termini con circa 50 telecamere fuori uso, alcune delle quali in luoghi strategici e sui binari;
   come se ciò non bastasse, il numero degli uomini impegnati nel pattugliamento della stazione stessa è assolutamente inadeguato, insufficiente per una delle più grandi stazioni d'Europa con 225.000 metri quadri di superficie totale, circa 480.000 frequentatori al giorno per un totale di oltre 150 milioni ogni anno e 850 treni al giorno;
   gli effetti dello spreco di denaro pubblico, unitamente alla carenza di personale Polfer, vittima dei durissimi tagli, del blocco stipendiale e del blocco del turn-over che costringe il comparto sicurezza a un organico molto al di sotto delle reali necessità, si registrano purtroppo nei recenti fatti di cronaca che hanno interessato stazioni ferroviarie sfornite di telecamere, come a Tortona dove nell'aprile scorso un tentato stupro è stato sventato solo grazie all'intervento della Polfer (che però rischia di chiudere il suo presidio) o a Milazzo dove nel dicembre 2013 ignoti hanno danneggiato la stazione, priva di telecamere di sicurezza;
   nonostante ciò, la società Ferrovie dello Stato italiane, nel sito istituzionale continua a sostenere che «gli ambienti ferroviari sono costantemente protetti dagli agenti della Polizia ferroviaria e dai più avanzati sistemi di sorveglianza e sicurezza» –:
   se i Ministri sono a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la gravità degli stessi, quali urgenti provvedimenti ritengano opportuno adottare per consentire il corretto funzionamento dei sistemi di sorveglianza nelle stazioni ferroviarie italiane, a tutela dei viaggiatori e dei cittadini, in generale, nonché se non ritengano opportuno e ormai improcrastinabile investire sull'ordine pubblico, al fine di evitare che i durissimi tagli, il blocco stipendiale e il blocco del turn-over portino al collasso del sistema. (4-05299)


   CARRESCIA, FAMIGLIETTI e SENALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della legge 27 dicembre 2013 n. 147 e della Deliberazione del Consiglio nazionale d'amministrazione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali n. 275/2001 è stata emanata la Circolare n. 3636 del 9 giugno 2014 del Ministero dell'Interno – Albo dei segretari comunali e provinciali;
   la lettura della Circolare in oggetto e le conclusioni a cui giunge hanno suscitato sconcerto nella categoria interessata per il modo in cui sono trattate le vicende dei Segretari coinvolti e per l'interpretazione data alla legge di stabilità 2014 e all'abolizione del divieto della reformatio in peius, conseguente all'abrogazione dell'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica 3/1957 (Testo unico degli impiegati civili dello Stato);
   con la citata delibera n. 275 del 2001, il Consiglio nazionale d'amministrazione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali aveva regolato il trattamento economico dei segretari comunali che, per effetto di scelte di carriera personali o di scelte politiche fatte dai nuovi sindaci e presidenti, si trovavano rispettivamente o a prestare servizio in Comuni di fascia inferiore o si trovavano privi di sede e quindi in disponibilità;
   con molto acume e buon senso la deliberazione 275 aveva stabilito che:
    a) i segretari comunali e provinciali, titolari di sedi di segreteria ovvero in posizione di disponibilità, possono essere nominati, in qualità di titolari, presso sedi di segreteria di classe immediatamente inferiore rispetto alla fascia professionale di appartenenza;
    b) i segretari, nominati ai sensi dei punti precedenti, mantengono la qualifica funzionale posseduta al momento della nomina, l'iscrizione nella fascia di appartenenza, oltreché il trattamento economico goduto nell'ultima sede di servizio secondo le modalità di seguito specificate:
     1) ove si tratti di segretari in posizione di disponibilità, assegnati dall'Agenzia a titolo di reggenza o supplenza in sedi di classe inferiore rispetto alla propria fascia di appartenenza, gli oneri relativi al versamento della differenza retributiva – tra quella in godimento e quella prevista per la fascia di appartenenza dell'ente – restano a carico dell'Agenzia medesima;
     2) qualora si tratti, invece, di segretari titolari di sede, gli oneri relativi alle differenze retributive tra quelle in godimento e quelle previste per la fascia professionale di appartenenza dell'ente inferiore, restano per intero a carico di quest'ultimo secondo le modalità da stabilirsi in sede di contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello nazionale ai sensi degli articoli 4 e successivi del CCNL dei segretari comunali e provinciale del 16 maggio 2001;
   nella parte motiva della deliberazione 275/2001 non viene fatto nessun riferimento al divieto della reformatio in peius ed anzi il Consiglio di amministrazione della Agenzia nazionale aveva prodotto una puntuale ricostruzione delle ragioni giuridiche di tali scelte, legate alla normativa regolamentare di disciplina dell'ordinamento dei segretari comunali e provinciali contenute del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 e nel CCNL del 1998/2001 di categoria, tendendo a tutelare la posizione dei segretari che, per scelta o per imposizione, si trovavano a prestare servizio in comuni di fascia inferiore rispetto a quella ove prestavano servizio in precedenza, tutelandone i diritti giuridici ed economici conseguiti;
   tutto questo viene invece ignorato dalla circolare 3636/2014 che anzi, dall'abrogazione della norma di cui all'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, che sanciva un diritto dei lavoratori, fa derivare, come illogica conseguenza, il divieto di qualsiasi tutela anche negoziale di tale posizione giuridico/economica, senza minimamente considerare la possibilità di un passaggio intermedio che lasci agli enti interessati la facoltà di valutare entrambe le opzioni (se mantenere l'indennità di posizione in godimento nell'ente d'origine o applicare quella dell'ente di destinazione), con ciò ledendo l'autonomia di comuni e province che potrebbero operare scelte diverse volendo dotarsi di un segretario appartenente ad una fascia superiore, assumendone il costo (come previsto, per esempio, per i comuni in stato di dissesto ai quali è consentito scegliere segretari di fascia superiore, ex articolo 11, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997);
   la circolare giunge alla incomprensibile conclusione per cui mentre il segretario che, avuta notizia che il sindaco neoeletto non voglia confermarlo, si ricolloca in un ente di fascia inferiore, perde il diritto a conservare il trattamento economico precedentemente goduto, se scegliesse invece di farsi collocare in disponibilità e poi si facesse assegnare dall'Agenzia al nuovo comune manterrebbe il diritto a conservare il trattamento precedente, così come lo manterrebbe per tutta la durata della disponibilità, se solo decidesse di rimanere in tale condizione di inattività;
   altra disparità di trattamento emerge dalla disposizione dell'articolo 19 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 ove è previsto che: «Ai segretari comunali e provinciali collocati in posizione di disponibilità ed utilizzati per le esigenze dell'agenzia di cui all'articolo 7, comma 1, è corrisposto il trattamento economico in godimento nell'ultima sede di servizio»;
   in sostanza, se i segretari lavorano per l'Agenzia conservano il trattamento goduto nell'ente di provenienza, se vanno a lavorare in un comune di fascia inferiore lo perdono per effetto della circolare in oggetto;
   la conclusione a cui giunge la circolare appare agli interroganti illogica e contraria ai principi di buona fede. Ancor più se si pensa che la norma da cui origina tutta la vicenda, ovvero il comma 458 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 espressamente prevede che: «Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall'incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità»;
   con ciò il legislatore ha voluto chiarire che la norma si applica solo ai passaggi di carriera intervenienti dopo la sua entrata in vigore e non a quelli avvenuti prima, così come invece sancisce la circolare che attribuisce alla norma efficacia retroattiva, profilo che la legge assolutamente non ha previsto;
   secondo il dettato della circolare infatti tale norma deve applicarsi anche a chi è passato da un ente di fascia superiore ad uno di fascia inferiore ben prima dell'entrata in vigore della norma suddetta, contando, in perfetta buona fede, di poter mantenere il trattamento economico percepito nella sede di provenienza (es. di fascia A) perché altrimenti non avrebbe fatto domanda di incarico presso altra sede, ove avesse solo immaginato di venir retribuito in maniera difforme e sostanzialmente inferiore;
   l'applicazione anche alle attività ed agli incarichi in corso della norma in questione, voluta dalla circolare suddetta, finisce per ledere ogni principio di lealtà e buona fede alla base di ogni contratto, ledendo l'autonomia negoziale delle parti (compresa quella dello stesso comune) e arrecando agli interessati un danno economico rilevante;
   una simile scelta interpretativa se confermata non limiterà il proprio campo di applicazione ai soli segretari comunali ma rischia di estendersi, come precedente, all'intera categoria del pubblico impiego prevedendo la ridefinizione dei trattamenti economici di tutti i dipendenti pubblici che, nell'arco della loro attività lavorativa, cambiano Ente presso cui prestano servizio e che godono di trattamenti individuali ad personam conservati proprio in virtù del divieto della reformatio in peius; è il caso, ad esempio, del personale ex ANAS trasferito alle province, quello dei vari Ministeri passato a province e comuni o quello delle Poste e delle FFSS mobilitato presso altri enti –:
   se ritenga opportuno e necessario intervenire per chiarire l'effettiva portata delle norme di legge che hanno determinato i successivi atti del Ministero dell'interno sopra richiamati al fine di ricondurla ad un'interpretazione conforme alla volontà del legislatore in una logica di equità che lasci agli enti locali interessati la piena autonomia nella scelta dei propri dirigenti di vertice, non precludendo loro alcuna possibilità, e comunque la non applicazione ai rapporti già in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 147 del 2013 garantendo così la tutela dell'affidamento e della buona fede di tutte le parti che tali rapporti hanno negoziato in costanza di un diverso principio giuridico. (4-05301)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MOLEA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7 (commi 29 e 31) del decreto-legge n. 95 del 2012, come convertito, introduceva le pagelle ed registri on line, considerandoli come obbligatori a partire dal 2012/2013;
   il comma 27 del citato provvedimento normativo però afferma che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca predispone entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie;
   a ciò è poi seguita la nota ministeriale protocollo AOODPPR Reg. Uff. n. 1682/U del 2012 che in sostanza prorogava l'applicazione della considerata normativa rendendo dunque, con riferimento al registro elettronico, ad oggi facoltativo il suo utilizzo;
   il termine come indicato dal decreto-legge n. 95 del 2012 non è da considerarsi più perentorio, ma ordinatorio, dunque nessun obbligo sussiste per le scuole di dotarsi di registri elettronici, fino a quando non verrà realizzato il piano di dematerializzazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   tale piano dovrà essere approvato dal Garante per la privacy che così scrive nella sua guida intitolata «La privacy a scuola. Dai tablet alla pagella elettronica. Le regole da ricordare»: «Iscrizione e registri on line, pagella elettronica. In attesa di poter esprimere il previsto parere sui provvedimenti attuativi del Ministero dell'istruzione riguardo all'iscrizione on line degli studenti, all'adozione dei registri on line e alla consultazione della pagella via web, il Garante auspica l'adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati»;
   da ciò si deduce che sia in tema di registri on line che di pagelle on line tutte le scuole che hanno deciso di provvedere a tale dotazione devono richiedere il parere consultivo del Garante per venire a conoscenza se la normativa in tema di privacy sia stata rispettata o meno, in caso contrario si rischiano diffide e sanzioni da parte della stessa Autorità con ovvi rischi di danni erariali –:
   quali misure intenda assumere al fine di procedere con il Piano di dematerializzazione sopra esposto considerando inoltre le difficoltà economiche che i vari istituti scolastici incontrano per il processo di informatizzazione. (3-00906)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, BRESCIA, BATTELLI, SIMONE VALENTE, D'UVA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 23 giugno 2014, è stato pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore una classifica sulla qualità delle università italiane, mettendo a confronto 77 atenei tra statali e privati;
   secondo Il Sole 24 Ore esiste un enorme divario tra le università del nord e quelle del sud del paese;
   i risultati sono il frutto della comparazione di indicatori sulla didattica e sulla ricerca con l'obiettivo di valutare più a fondo le caratteristiche di ogni ateneo;
   tra i parametri messi a confronto si evidenziano:
    a) l'attrattività, cioè la percentuale di immatricolati provenienti da fuori regione;
    b) il numero docenti in materie di base e caratterizzanti per i corsi di studio percentuale di crediti ottenuti con stage rispetto al totale da conseguire;
    c) la percentuale di idonei che hanno ottenuto la borsa di studio;
    d) la percentuale di studenti immatricolati che si iscrivono al secondo anno;
    e) tasso di studenti in cerca di occupazione ad un anno dall'acquisizione del titolo di studio;
    f) la Capacità di attrazione di risorse per progetti di ricerca;
   secondo il rapporto biennale sullo stato del sistema universitario e della ricerca, dal 2009 il finanziamento complessivo del MIUR al sistema universitario si è ridotto di circa 1 miliardo (-13 per cento in termini nominali, -20 per cento in termini reali);
   la riduzione delle risorse, con conseguente blocco del turn over, ha provocato una diminuzione del personale, soprattutto dei docenti ordinari; di conseguenza il rapporto studenti/docenti è tornato a valori elevati con ripercussioni di rilievo sulla qualità della didattica;
   fino al 2012 era in vigore la norma che indicava il limite massimo di contribuzione studentesca che un ateneo poteva incassare dagli studenti; tale norma non è stata rispettata da molti atenei italiani, nella maggior parte dei casi dagli atenei del nord Italia;
   una minore quantità di risorse penalizza quegli atenei che hanno mantenuto una bassa tassazione a carico degli studenti;
   l'indicatore del limite massimo del contingente dei punti organico assegnato a ciascuna sede universitaria è collegato al gettito totale di risorse provenienti dalla contribuzione studentesca;
   la sostenibilità di un corso di laurea è collegata al numero di docenti disponibili;
   in tutti gli indicatori, emergono altrettanto chiare le difficoltà che si vivono al Sud, dove l'emigrazione studentesca priva spesso le università degli studenti più motivati;
   il contesto socio economico in cui operano le università del sud influenza fortemente i servizi e la qualità della didattica: basti pensare alla possibilità di organizzare e erogare stage formativi presso le aziende;
   la quota premiale, disposta dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, con il fine di promuovere e sostenere l'incremento qualitativo delle attività delle università statali e di migliorare l'efficacia e l'efficienza nell'utilizzo delle risorse ripartita prendendo in considerazione la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi e la qualità della ricerca scientifica, in realtà aumenta il divario tra gli atenei in buona salute e quelli in difficoltà in quanto, con l'attuale sistema, non si investono maggiori risorse su quegli atenei con indicatori qualitativi bassi, ma vengono sottratte;
   la diminuzione di risorse può aumentare il divario qualitativo tra gli atenei in difficoltà e quelli che godono di buona salute, creando le università di serie A e serie B –:
   se il Ministro ritenga opportuno apportare interventi specifici per evitare una eccessiva differenziazione qualitativa tra gli atenei italiani, prendendo in considerazione, nell'assegnazione delle risorse, anche il contesto socio economico in cui operano le università del sud;
   quali iniziative intenda avviare nel breve e nel lungo periodo per innalzare gli indicatori di qualità degli atenei in evidente difficoltà. (5-03100)


   CHIMIENTI, LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, D'UVA, MARZANA e BATTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi molti dirigenti scolastici delle scuole piemontesi hanno appreso, tramite una lettera del provveditore provinciale dottoressa Paola d'Alessandro, di tagli che riguarderanno il personale docente per il prossimo anno scolastico;
   tale annuncio, oltre a preoccupare dirigenti scolastici e docenti e a mobilitare i sindacati, lascia sbigottiti dal momento che per la sola provincia di Torino, per l'anno scolastico 2014-2015, si registrano per le scuole superiori ben 2500 iscrizioni in più rispetto all'anno scorso, con un sensibile aumento anche degli studenti disabili;
   da quanto si apprende le classi che verranno tagliate con questa discutibilissima decisione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, saranno ben 100 con una conseguente riduzione di 180 docenti; le classi oggetto dei tagli sono soprattutto quelle degli istituti tecnici e professionali diurni e serali in città e provincia, che si troveranno costretti a inserire più di 30 alunni per classe;
   è ben noto che il limite massimo di alunni per ogni classe consentito dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, all'articolo 5, commi 2 e 3, e all'articolo 9, commi 2 e 3, è differente per ogni scuola a seconda dell'ordine e grado, ma il limite di 30 alunni non è comunque superabile da nessuna di esse;
   tale limite scende a 20 studenti in caso di presenza di un disabile nella classe;
   all'origine di questo taglio c’è un gravissimo errore commesso dal MIUR, il quale non ha atteso che le scuole inserissero i dati di tutti gli iscritti e ha provveduto ad eliminare delle classi con la conseguente perdita di ben 180 posti di lavoro e innumerevoli complicazioni per gli studenti e le loro famiglie. Un errore riconducibile anche all'assurdo metodo adottato per il calcolo dei docenti: il Ministero calcola infatti gli organici a partire dai dati anagrafici, ovvero dal numero di giovani in età scolare, corretti in base a parametri statistici non noti anziché sulla base delle iscrizioni reali che le scuole trasmettono al sistema informatico del ministero (SIDI) e che corrispondono ai bisogni effettivi delle scuole piemontesi in questo preciso momento;
   se il calcolo fosse stato effettuato sulla base di dati certi, il Ministero avrebbe constatato che, rispetto all'anno scolastico appena concluso, in Piemonte sarebbero state necessarie ben 200 classi in più, cioè 360 cattedre, e non il taglio di 180 docenti e di 100 classi;
   il presidente della regione Sergio Chiamparino, rilevando lo stesso grande problema, ha scritto al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per chiedere il ripristino di 150 posti, dopo aver parlato con il direttore dell'ufficio scolastico regionale, Giuliana Pupazzoni, e dopo l'incontro di giovedì con Flc-Cgil, Cisl, Uil Scuola e Snals, dal momento che tutti i soggetti citati concordano sul fatto che questi tagli siano un'assurdità;
   a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, il provveditorato ha imposto su ordine del MIUR l'accorpamento di due classi del liceo scientifico Cesare Balbo, con il rischio concreto di formarne una di addirittura 42 alunni a settembre –:
   con quali modalità intenda rivedere i criteri e le tempistiche per consentire che la pianificazione degli organici e delle classi per il nuovo anno scolastico vada di pari passo con le effettive richieste di iscrizione degli alunni interessati;
   quali iniziative verranno poste in essere per evitare il formarsi di classi con più di 30 alunni, costituite in palese violazione delle attuali normative citate in premessa;
   come si intendano sostenere ed appoggiare le famiglie che dovranno affrontare spostamenti spesso anche notevoli per consentire ai propri figli di raggiungere i nuovi istituti scolastici;
   quali interventi verranno posti in essere per fare in modo che i 180 docenti citati in premessa possano continuare a svolgere la loro professione e non restino senza lavoro a causa di un mero errore di calcolo da parte del Ministero;
   in che modo verranno tutelati i ragazzi disabili, sia dal punto di vista degli spostamenti per raggiungere le scuole sia per quel che concerne i loro bisogni specifici e i loro processi di apprendimento in classi con più di 30 alunni;
   quali iniziative intenda assumere per tutelare il diritto allo studio di quegli studenti che, per diversi motivi, non potranno affrontare gli spostamenti necessari per raggiungere gli istituti scolastici e come si intenda garantire la corretta continuità didattica agli alunni che subiranno il taglio delle classi. (5-03102)


   RUBINATO, GINATO, MORETTO, ROTTA e MIOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio scolastico regionale del Veneto è senza legale rappresentante dal 30 aprile 2014, data in cui il vicedirettore generale Gianna Marisa Miola è andata in pensione, e senza un direttore generale dal 17 gennaio 2011, data in cui il direttore generale Carmela Palumbo è stata trasferita a Roma e ha assunto il ruolo di direttore generale della direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l'autonomia scolastica. Da quella data infatti si sono succeduti il vicedirettore Roberto Spampinato, il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale Friuli-Venezia Giulia Daniela Beltrame, in qualità di reggente temporaneo, ed infine il vicedirettore Gianna Marisa Miola;
   la situazione che si è venuta a creare è di estrema criticità per una regione che ha una rilevante popolazione scolastica (circa il 10 per cento di quella nazionale) e che si è sempre distinta per gli ottimi risultati raggiunti;
   la mancanza di una figura apicale sta creando grande disagio al mondo della scuola veneta e potrebbe compromettere anche il corretto avvio del prossimo anno scolastico nonché il futuro di molti giovani docenti che attendono un'occupazione;
   tra gli effetti della situazione di incertezza creatasi vi è: l'impossibilità di sottoscrivere gli atti a firma del legale rappresentante quali i contratti di lavoro dei docenti (circa 18.000 nel Veneto) che, a seguito dell'ultimo concorso, dovrebbero entrare in ruolo; il rinnovo dell'incarico ad alcuni dirigenti degli uffici centrali e territoriali in scadenza di contratto; la sottoscrizione (già lamentata peraltro dall'assessore Elena Donazzan e dal commissario straordinario Santo Romano) di convenzioni con la regione Veneto; la sottoscrizione dei subcontratti con i promotori di progetti a finanziamento dell'Unione europea di cui l'ufficio scolastico regionale è partner con conseguente impossibilità di accedere ai finanziamenti già ottenuti (LLP EACEA e Leonardo da Vinci); l'impossibilità per l'amministrazione di essere rappresentata in giudizio nei contenziosi nelle date stabilite con conseguenti aggravi di spesa –:
   se non ritenga di garantire la piena operatività dell'ufficio scolastico regionale del Veneto provvedendo con sollecitudine alla nomina della figura del direttore generale. (5-03107)

Interrogazione a risposta scritta:


   VACCA, VIGNAROLI, BARONI e LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, concernente la revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, all'articolo 4, comma 7, stabilisce per la scuola primaria che ai fini della determinazione dell'organico delle classi a tempo pieno è confermata l'assegnazione di due docenti per classe, e che le maggiori disponibilità di orario derivanti dalla presenza di due docenti per classe, rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno, rientrano nell'organico d'istituto;
   l'articolo 4, comma 5, dello stesso decreto stabilisce che le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia e sulla base delle richieste delle famiglie, adeguano i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e ai piani di studio;
   la circolare ministeriale n. 34 del 2014, relativo alla determinazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2014/2015 emana le istruzioni e le indicazioni in ordine alla rilevazione delle dotazioni di organico del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale, ai criteri di ripartizione da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche;
   la stessa circolare ministeriale ricorda che il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 all'articolo 19, comma 7 ha previsto che «a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 64 citato». Ne consegue che anche per l'anno scolastico 2014/2015 le dotazioni organiche sono state determinate non superando, a livello nazionale, la consistenza delle dotazioni fissate per l'anno 2011/2012. Pertanto, fatta eccezione per la scuola dell'infanzia, la quantificazione e la ripartizione, tra le Regioni, delle dotazioni dei diversi ordini e gradi di istruzione è stata effettuata tenendo conto del numero degli alunni risultanti dall'organico di fatto dell'anno scolastico 2013/2014, dell'entità della popolazione scolastica riferita all'anno 2014/15 rilevata dall'anagrafe degli alunni, dell'andamento delle serie storiche della scolarità degli ultimi anni, nonché delle situazioni di cui all'articolo 2, commi 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
   la circolare ministeriale n. 34 del 2014 stabilisce che, fermo restando il contingente di organico regionale assegnato, rimane ferma la facoltà dei direttori generali degli uffici scolastici regionali di modificare i parametri tra i vari gradi di istruzione o tra le province allo scopo di rispettare l'organico di diritto dell'anno 2013/2014;
   la stessa circolare ministeriale conferma che per la scuola primaria «nulla è innovato per quanto riguarda il tempo pieno. Restano, pertanto, confermati l'orario di 40 ore settimanali per classe, comprensive del tempo dedicato alla mensa, l'assegnazione di due docenti per classe e l'obbligo dei rientri pomeridiani. Le quattro ore in più rispetto alle 40 settimanali per classe (44 ore di docenza a fronte delle 40 di lezioni e di attività), comunque disponibili nell'organico di istituto, potranno essere utilizzate per l'ampliamento del tempo pieno sulla base delle richieste delle famiglie e per la realizzazione di altre attività volte a potenziare l'offerta formativa»;
   la stessa circolare ministeriale n. 34 del 2014 inoltre afferma che le risorse di organico devono essere utilizzate prioritariamente per il mantenimento dei modelli orari in atto nella scuola e assicurare a tutti gli alunni la continuità dell'orario delle lezioni seguite nell'anno precedente;
   le suddette quattro ore in più rispetto alle 40 settimanali per classe sono state negli anni legittimamente utilizzate dalle istituzioni scolastiche in primis per avviare classi a 30 e 40 ore e, secondariamente, per la realizzazione di progetti e attività, nel pieno esercizio dell'autonomia scolastica;
   a Roma e provincia si è avuto un aumento delle iscrizioni di 1811 alunni/alunne e che le classi a tempo pieno funzionanti a Roma e provincia per l'anno scolastico 2014/15 sono 5.528 (comprese 10 pluriclassi) per un totale 119.331 alunni/e e che quindi dovrebbero essere assegnati ai sensi della circolare ministeriale n. 34 del 2014, n. 11.056 docenti;
   le classi a tempo normale sono 3.006 comprese (60 pluriclassi) per un totale 60.524 alunni/e e che, quindi, dovrebbero essere assegnate 3.689 docenti e che, quindi, dovrebbero essere assegnate alle scuole di Roma e provincia 14.745 docenti a fronte dei 14.100 assegnati dall'ufficio X ambito territoriale per Roma e provincia compresi anche 24 specialisti di lingua inglese, 152 metodo Montessori, 66 di istruzione per adulti, 12 carcerari, 30 di ruolo speciale, 31 ospedalieri, 3 differenziali. Per tale motivo risulta una riduzione complessiva pari a 645 posti in organico; l'organico degli insegnanti di sostegno è stato ridotto. Di fatti ai bambini minorati della vista e dell'udito (sensoriali) non è stato assegnato il rapporto di 1/1. In diverse scuole il rapporto è di 1 docente ogni 3 bambini. Nello specifico, per l'anno scolastico 2014/15 l'ufficio X di Roma (ex Provveditorato), ha adottato il criterio per la ripartizione dei posti di sostegno della scuola primaria in centesimi: 0,33=8 ore; 0,66=16 ore; 0,83=20 ore;
   per quanto sopra esposto si evidenzia nella Provincia di Roma una discutibile applicazione delle norme e degli atti connessi alle stesse che sottraggono, di fatto, alle scuole di Roma e Provincia molti posti organico –:
   se sia stata effettuata la corretta applicazione delle norme e degli atti di cui in premessa in merito all'individuazione dell'organico complessivo di Roma e provincia;
   se, in caso di erronea applicazione delle norme sull'attribuzione della dotazione di posti organico per Roma e provincia, saranno intraprese per ripristinare la legittimità degli atti rispetto anche alle procedure previste dal dimensionamento scolastico e dai conseguenti organici da approntare;
   quali siano i criteri con cui sono state attribuite le risorse alle scuole e se tali criteri siano stati trasparenti e resi pubblici;
   quante sono le scuole che, a causa dei tagli, non potranno mantenere i propri modelli orari ed educativi per le future classi prima e quante non potranno farlo neppure per le classi avviate. (4-05296)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   recentemente è stata realizzata da Unioncamere Liguria un'indagine sulle predisposizioni ed aspirazioni dei giovani liguri, il cui obiettivo è avere uno strumento di conoscenza ed approfondimento che consenta di costruire nuove politiche per i giovani;
   tema conduttore di tutto lo studio è la creatività, dal momento che stimolare e sviluppare la creatività e il talento è un investimento strategico verso l'innovazione;
   in Liguria i giovani di fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono 271.505 e rappresentano il 17 per cento di tutta la popolazione, la quota più bassa fra tutte le regioni italiane;
   il tasso di disoccupazione in Liguria, nel 1o trimestre 2014, è salito all'11,9 per cento (era 10,8 per cento nel 1o trimestre del 2012), con una crescita tendenziale più accentuata rispetto alla media nazionale, dove dal 12,8 per cento è salito al 13,6 per cento;
   il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel 2013 ha raggiunto in Italia il 42,1 per cento: nella graduatoria regionale al primo posto figura la Calabria con il 56,l per cento per arrivare al Trentino Alto Adige con un tasso pari al 16,7 per cento; la Liguria si posiziona a metà classifica con il 42,1 per cento, pari alla media nazionale;
   un dato preoccupante è rappresentato dai giovani NEET (not in education, employment or training), ossia quei giovani nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni che non sono impegnati in attività di studio e formazione e non lavorano: dal 2008 al 2013 in Liguria l'incidenza sulla corrispondente fascia di età è passata dal 13,5 per cento al 21,1 per cento (7,6 punti percentuali in più), mentre a livello nazionale dal 19,3 per cento al 26 per cento, con una crescita di 6,7 punti percentuali;
   le imprese giovanili attive in Liguria, a fine marzo 2014, sono 12.225 di cui quasi la metà con sede in provincia di Genova, su un totale di circa 138 mila imprese, prevalentemente concentrate nei settori delle costruzioni, del commercio e del turismo;
   il 25 per cento di tali imprese è rappresentato da imprenditrici femminili, mentre il 31,9 per cento da stranieri;
   nel corso dell'indagine di Unioncamere Liguria, il profilo dei nostri giovani che risulta dalle risposte date dal campione esaminato, è interessante e peculiare: curiosi, attenti, colpiti dallo stress da competizione, sentono il peso della precarizzazione esistenziale indotta dal momento, avvertono lo scarso dinamismo del Paese ma non si arrendono, ricercano costantemente nuove strade e vie alternative per essere presenti e protagonisti;
   il punto debole è rappresentato dalla routinarietà che spinge i giovani a cercare di operare in ambiti ordinati e strutturati, il punto di forza è lo spirito competitivo che li rende determinati e sicuri, pronti ad affrontare le sfide e a cogliere le occasioni;
   secondo il citato studio i giovani liguri risultano essere pragmatici e non amanti in maniera spropositata della tecnologia; tuttavia, rispetto alla media nazionale, amano maggiormente il rischio e vedono il cambiamento come un'opportunità, di fronte alla quale si pongono in maniera disponibile;
   la creatività viene ritenuta uno strumento importante che può determinare il successo, ma non da tutti: circa il 58 per cento degli intervistati sono tendenzialmente creativi, aperti e pronti ad accettare le sfide, mentre il 42 per cento si colloca in maniera più difensiva;
   la creatività rappresenta un ruolo strategico per le imprese, in quanto costituisce l'ingrediente principale per mettere in moto il processo di innovazione;
   le imprese e le organizzazioni che vogliono continuare a prosperare nell'attuale contesto globale devono saper sviluppare la capacità di innovare per aumentare il valore globale dell'organizzazione;
   dai risultati della ricerca sui giovani liguri emerge, infine, un promemoria per manager e imprenditori, su cosa evitare e cosa invece sostenere per generare innovazione;
   per quanto riguarda i freni alla creatività nelle imprese, i giovani segnalano l'eccesso di gerarchia, la tendenziale intolleranza per le persone autonome e indipendenti, gli incentivi inadeguati, l'organizzazione di breve periodo, la scarsa capacità di motivare, l'eccesso di rigidità della leadership;
   sul fronte degli atteggiamenti proattivi, che possono favorire l'impegno e lo sviluppo dell'innovazione, i giovani segnalano: tollerare nuove idee, accettare la diversità e il non convenzionale, valorizzare il pensiero creativo, stimolare l'apprendimento autonomo, sottolineare l'importanza della conoscenza, favorire la partecipazione, avere una visione di medio-lungo periodo, valutare positivamente gli insuccessi, favorire lo sviluppo di relazioni sociali in grado di incoraggiare il confronto tra personalità diverse ed eterogenee –:
   quali iniziative intenda il Governo adottare per promuovere e sviluppare nei giovani il pensiero creativo e la propensione all'innovazione, quali strumenti strategici per lo sviluppo delle imprese e per una ripresa economica del Paese, stimolando in particolare l'ideazione di nuovi prodotti e servizi che potrebbero essere tradotti in business attraverso iniziative imprenditoriali giovanili. (4-05297)


   CAMPANA, ARGENTIN, BONACCORSI, CARELLA, CAUSI, COSCIA, MARCO DI STEFANO, FASSINA, FERRO, GREGORI, MARRONI, MELILLI, META, MORASSUT e TIDEI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 1994 è stata costituita la società Roma Multiservizi di proprietà dell'Ama al 51 per cento e per il restante 49 per cento di proprietà della Manutencoop S.p.a. – La Veneta;
   la suddetta società – il cui valore della produzione annuale è pari a circa 84 milioni – ad oggi raggiunge gli obiettivi aziendali risultando società sana, non indebitata e con bilancio positivo;
   la stessa registra un numero di dipendenti pari a circa 3.800 unità di cui 3.700 operai, 85 impiegati e 2 dirigenti con prevalenza del 75 per cento di donne;
   attualmente la Roma Multiservizi gestisce per conto di Roma Capitale – con contratto di global service pari a circa 42 milioni di euro all'anno, tra gli altri, i servizi di pulizia e manutenzione del verde delle scuole dell'infanzia e degli asili nido e di accompagnamento scolastico;
   Roma Capitale ha comunicato l'intenzione di non rinnovare il contratto di servizio alla suddetta società e di aderire alle convenzioni Consip a partire dal 1o settembre 2014;
   i servizi attualmente affidati alla sopraindicata società sono caratterizzati dall'alta incidenza del valore economico della manodopera;
   la convenzione Consip a cui Roma Capitale intende aderire, non copre la totalità dei lavoratori della Multiservizi, lasciando in esubero circa 600 lavoratori –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in precedenza e se possa chiarire quali siano i meccanismi che garantiscano le clausole di salvaguardia a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici delle imprese che svolgono servizi in appalto da amministrazioni comunali una volta che queste vengano sostituite da quelle conformi alle convenzioni Consip.
(4-05306)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANTERO, BRESCIA, GRILLO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, CECCONI, BARONI e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dagli organi di stampa locali, che il signor Cosimo Girolamo, di 31 anni, residente ad Alberobello, in data 7 maggio 2006 ha subito un grave incidente in moto in seguito al quale il signor Girolamo è rimasto in coma per 15 giorni nel reparto di rianimazione dell'ospedale «Di Venere» di Carbonara (Bari) con gravissimi danni all'arto inferiore sinistro per il quale il giudice gli riconosce un'invalidità del 75 per cento;
   come per legge in regime di invalidità, gli viene concessa un'indennità che dura per sette anni, fino al 2013;
   dopo alcuni mesi, non riscontrando alcun miglioramento della gamba, il signor Girolamo si rivolge ad un esperto di Vicenza che gli diagnostica una osteomielite;
   alla diagnosi seguono una serie di interventi sbagliati tra Bari, Milano e Vicenza, che distruggono completamente l'arto inferiore del giovane Girolamo tanto che i medici gli consigliano, come unica soluzione, l'amputazione dell'arto;
   in presenza del suo legale, Cosimo Girolamo si reca all'istituto Inps di Putignano (Bari) per chiedere che gli venga certificato l'aggravamento della malattia, e, gli venga concessa l'invalidità permanente, ma il presidente della commissione, nonostante la fuoriuscita dell'osso ad occhio nudo, non solo non constata un aggravamento ma lo reputa invalido solo al 55 per cento, comunicandogli che dunque non aveva più diritto alla pensione di invalidità;
   nonostante la situazione fosse talmente grave da risolversi effettivamente con un intervento di amputazione a livello coscia nel dicembre 2013, stando così i fatti secondo l'INPS il signor Girolamo avrebbe percepito una pensione in maniera illecita per ben sette anni perché «aveva entrambe le gambe», tanto che si è visto recapitare dall'Inps, una ingiunzione di restituzione delle pensioni percepite di euro 4.309,60;
   tale richiesta di pagamento va a gravare ulteriormente su di un ragazzo che la vita ha costretto con un solo arto inferiore a soli 31 anni e per cui è inutile sottolineare le difficoltà nel reperire un impiego nonostante le svariate tasse che comunque lo stesso è costretto a pagare;
   il signor Cosimo è solo l'ennesima storia, l'ennesima vittima di un sistema malsano di cui sono vittime tanti cittadini a cui viene negata o revocata la pensione di invalidità pur in presenza di amputazioni o di malattie anche gravi e che storie come questa devono sollecitare la revisione dei criteri di attribuzione dei punteggi di invalidità per le singole malattie o amputazioni;
   la procedura di accertamento dell'invalidità civile radicalmente modificata dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», infatti, attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
   in seguito alla riforma, con specifico riferimento al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», l'istituto previdenziale ha intrapreso un capillare piano di verifiche straordinarie nei confronti dei titolari di invalidità civile volto a contrastare il fenomeno delle indebite riscossioni di prestazioni di invalidità;
   la battaglia contro i falsi invalidi, porta tante volte alla revoca di pensioni di invalidità e di indennità di accompagnamento anche a chi ne avrebbe invece diritto;
   medici che hanno prima attestato un'invalidità inesistente regalando le suddette ai truffatori, ora a causa di un clima di inasprimento le revocano a tutti, addirittura ai veri ammalati, i quali subiscono questa situazione generale;
   l'interesse deve essere quello di contrastare l'individuazione dei «falsi invalidi», facendo in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni;
   a riguardo è recente la sentenza n. 3851/14 del 9 aprile 2014, con la quale il tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato su un giudizio avviato dall'ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), con l'intervento di supporto (ad adiuvandum) della FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), contro le modalità adottate proprio dall'INPS per le verifiche straordinarie, dichiarate dal TAR «illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità» e sconfessa ancora una volta anche i dati forniti dall'istituto in materia –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa e non ritengano il caso rinnovare le modalità del sistema di accertamento di invalidità civile e aumentare i controlli sugli stessi medici e presidenti di Commissione;
   come intendano intervenire i Ministri interessati perché sia riconosciuta anche al giovane Cosimo almeno la percentuale di invalidità concessagli per sette anni in considerazione dell'impegno assunto dal Governo per garantire il rispetto dei diritti umani e dell'integrazione delle persone con disabilità. (4-05307)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GULLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la comunicazione è uno dei pilastri della nostra società;
   nella storia, il principale strumento di comunicazione è la lettera;
   normalmente, per garantire l'effettiva possibilità di accesso alla comunicazione gli Stati hanno gestito direttamente il sistema postale;
   dopo l'unità d'Italia le poste inglobarono le aziende di servizi postali dei regni annessi e si costituirono in ente nazionale con legge 5 maggio 1862 n. 604;
   oggi Poste italiane s.p.a. è una Società per azioni posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia;
   le carte valori postali hanno la funzione di essere il corrispettivo per il servizio reso e al contempo possono trasmettere un messaggio e/o un'informazione storica, artistica culturale;
   i collezionisti hanno contribuito e contribuiscono alla diffusione di tali messaggi e alla maggiore conoscenza della storia delle comunicazioni;
   negli ultimi anni la filatelia in Italia sta subendo un calo a causa dello scarso ricambio generazionale;
   in molti altri paesi la filatelia non è in calo;
   risulta difficile reperire i francobolli commemorativi presso molti uffici postali, nonostante le tirature siano alte in proporzione all'uso effettivo delle carte valori postali;
   il codice postale italiano prevede che i francobolli debbano essere distribuiti in tutti gli uffici;
   gli uffici postali preferiscono usare i cosiddetti ptlabel e non i francobolli, soprattutto quelli commemorativi, non contribuendo al messaggio socio-culturale che attraverso il francobollo si vuole trasmettere;
   le buste che vengono affrancate con commemorativi sono poche, limitando, così, il messaggio sociale, culturale e/o artistico che con le diverse emissioni si vuole veicolare;
   Poste italiane non consente che alcune tipologie di spedizioni siano affrancate con francobolli (Raccomandata 1, posta celere, pacco celere 1 e pacco celere 3);
   i tabaccai, che per legge devono vendere i francobolli pena il ritiro della licenza, spesso non sono adeguatamente riforniti dalle Poste e, peraltro, per acquistare i francobolli devono fare la fila come un qualsiasi altro utente;
   in seguito ai diversi mutamenti tariffari Poste italiane non ha fornito gli uffici di tagli di francobolli complementari per raggiungere le affrancature più comuni (ad esempio nel passaggio tariffario delle lettere da 0,60 a 0,70 centesimi era difficile trovare francobolli da 0,05 o 0,10 per affiancarli a quelli da 0,60 in possesso dei privati o presenti negli uffici postali stessi);
   il programma di emissioni filateliche viene ogni anno approvato solo a dicembre e/o viene integrato e/o modificato durante il corso dell'anno;
   le date di emissione di francobolli spesso vengono spostate, anche senza preavviso;
   al Poligrafico dello Stato non viene dato un tempo necessario per lavorare agevolmente alle emissioni;
   le tematiche scelte dalla consulta filatelica non sempre incontrano l'interesse dei collezionisti Italiani e stranieri;
   le modalità di composizione della consulta appaiono poco orientate verso il collezionista, facendo prevalere soggetti interni a Poste italiane e soggetti che poco conoscono il settore;
   alcuni componenti sono presenti solo raramente alle sedute;
   è stato aumentato il numero degli sportelli filatelici senza consultare la Federazione tra le società filateliche e senza tenere conto dei circoli filatelici esistenti;
   in particolare si sono eliminati sportelli filatelici in città di grande tradizione filatelica (come ad esempio nella città di Marsala in provincia di Trapani dove nel 2012 si è svolta una delle 4 semifinali nazionali del campionato cadetti ed è attivo il circolo siciliano con il maggior numero di soci dell'isola), sono stati istituiti sportelli dove già ne esistono altri nelle vicinanze e non ne sono stati creati lì dove esistono circoli filatelici attivi (come ad esempio nella città di Patti in provincia di Messina dove esiste un circolo da 10 anni e viene organizzata almeno una mostra filatelica con relativo annullo speciale ogni anno);
   il Presidente della Federazione tra le Società filateliche italiane ha più volte segnalato le molteplici problematiche inerenti il settore ed indicato possibili soluzioni e/o modalità di intervento;
   al di là degli impegni di facciata Poste italiane e il Ministero sembrano aver fatto poco per invertire tale tendenza;
   dalla recente risposta del Viceministro Catricalà sembra che il Ministero dello sviluppo economico:
    si limiti solo a prendere atto della diminuzione dei giovani filatelisti, facendo riferimento a molteplicità di interessi tra i giovani, alla nascita di altri settori di collezionismo e da numerosi stimoli cognitivi portatori di cultura al pari della Filatelia;
    ritenga il francobollo non debba rispondere a logiche commerciali;
    creda, comunque, di rispondere agli interessi dei filatelisti attraverso le scelte operate dalla consulta filatelica;
    pensi di risolvere la questione della non omogenea diffusione dei commemorativi presso tutti gli uffici postali –:
   quali misure urgenti si intendano assumere per:
    a) favorire la diffusione del messaggio culturale veicolato attraverso il francobollo;
    b) far trovare effettiva applicazione al codice postale italiano che prevede la distribuzione di ogni emissione in tutti gli uffici;
    c) organizzare l'attività di programmazione ed emissione filatelica in modo da elaborare il programma filatelico definitivo entro la fine dell'anno precedente a quello di emissione;
    d) rendere la composizione della consulta filatelica più aderente al mondo della filatelia;
    e) prevedere e/o disporre in caso di assenze continuative la decadenza e/o la sostituzione dei componenti della consulta filatelica;
    g) far sì che Poste italiane rivedano e correggano l'ubicazione degli sportelli filatelici in modo più congruente alla presenza di circoli filatelici. (4-05298)


   FICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la possibilità per i cittadini di accedere, con differenti modalità, ai lavori del Parlamento costituisce un corollario del principio democratico e contribuisce a rafforzare il circuito della rappresentanza politica;
   il diritto di accesso dei cittadini agli atti e ai lavori del Parlamento è riconosciuto dalla Costituzione, il cui articolo 64, secondo comma, afferma che le sedute delle Camere sono pubbliche;
   al fine di garantire l'applicazione del principio costituzionale della pubblicità dei lavori parlamentari, i Regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica prevedono una pluralità di strumenti, fra i quali assume particolare rilevanza la previsione della trasmissione televisiva diretta dei lavori delle Aule (Reg. C., articolo 63, Reg. S. articolo 151-bis);
   in attuazione delle disposizioni costituzionali e regolamentari, da alcuni anni il Senato e la Camera dispongono di un proprio canale digitale satellitare, ricevibile in chiaro, per la trasmissione in diretta dei lavori;
   il servizio di diffusione televisiva dell'attività istituzionale è da sempre assicurato dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo attraverso la società controllata Rai Way spa, ovverosia la società che possiede, gestisce e mantiene le infrastrutture e gli impianti di trasmissione del segnale radiotelevisivo della stessa RAI;
   il servizio prestato da Rai Way è oggetto di un contratto con la Camera ed il Senato che viene rinnovato annualmente;
   l'articolo 14-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221 del 2012, stabilisce che «al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati è assicurata a titolo gratuito la funzione trasmissiva al fine di garantire la trasparenza e l'accessibilità dei lavori parlamentari su tutto il territorio nazionale nel nuovo sistema universale digitale»;
   ai sensi del comma 2 del citato articolo, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Ministro dello sviluppo economico avrebbe dovuto adottare gli opportuni provvedimenti attuativi;
   tali provvedimenti, tuttavia, non sono stati mai adottati. Nelle more della loro adozione, gli organi competenti della Camera e del Senato hanno proceduto al rinnovo dei contratti con Rai Way, al fine di garantire la prosecuzione del servizio di diffusione via satellite dei contenuti televisivi relativi all'attività istituzionale;
   con delibera del 12 dicembre 2013, il Collegio dei questori del Senato della Repubblica ha disposto il rinnovo, per un anno, del contratto con Rai Way in scadenza il 30 novembre 2013, con un corrispettivo per il servizio pari a euro quattrocentomila comprensivi di IVA;
   con delibera del 18 dicembre 2013, il Collegio dei questori della Camera dei deputati ha disposto il rinnovo, per due anni, del contratto con Rai Way in scadenza il 31 dicembre 2013, con un corrispettivo per il servizio pari a euro quattrocentotrentamila comprensivi di IVA;
   nel documento intitolato «Programma settoriale dell'Ufficio stampa per l'anno 2014» del 18 dicembre 2013, si legge che la Camera dei deputati ha avviato, «congiuntamente con il Senato, i contatti con il Governo per dare attuazione alla disposizione legislativa che prevede l'assegnazione alle Camere, a titolo gratuito, di capacità trasmissiva sul sistema digitale terrestre», pur evidenziandosi, nelle more dell'attuazione, la necessità di rinnovare il contratto con Rai Way per «assicurare la continuità del servizio»;
   dalle citate delibere dei Collegi dei questori si ricava, inoltre, che la mancata adozione dei provvedimenti attuativi da parte del Ministro dello sviluppo economico avrebbe comportato anche la sospensione di procedure di gara precedentemente avviate dalla Camera e dal Senato per la diffusione dei contenuti televisivi relativi all'attività istituzionale;
   l'articolo 2, comma 1, lettera u), del parere sul nuovo contratto di servizio recentemente reso dalla Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, coerentemente con il dettato del citato articolo 14-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, prevede che la RAI si impegni «a mettere gratuitamente a disposizione della Camera e del Senato «una funzione trasmissiva nella sua piattaforma digitale tale da consentire alle due Camere la migrazione degli attuali canali istituzionali nel nuovo sistema universale, mantenendone una piena autonomia»;
   occorrerebbe verificare quali siano, in dettaglio, le voci di costo che compongono l'ammontare del canone annuo pattuito tra Rai Way e le amministrazioni di Camera e Senato per l'erogazione del servizio di diffusione via satellite dei lavori parlamentari –:
   quale sia lo stato di attuazione della disposizione di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, a distanza di oltre un anno dal termine di adempimento indicato dal legislatore;
   quali siano le ragioni per cui non abbia ancora provveduto ad attuare la disposizione de qua e se non ritenga che tale inadempienza comporti un aggiuntivo, inutile esborso di denaro pubblico, considerato che la Camera ed il Senato, ancora per il 2014, hanno autorizzato una spesa complessiva di quasi un milione di euro per un servizio che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo dovrebbe prestare gratuitamente;
   quali urgenti misure intenda assumere, anche alla luce del recente parere sul contratto di servizio reso dalla Commissione parlamentare di vigilanza RAI, al fine di procedere all'attuazione della disposizione legislativa citata. (4-05308)


   VILLAROSA, D'UVA, CANCELLERI, ALBERTI, PETRAROLI, BARBANTI, SEGONI, DAGA, DE ROSA, ZOLEZZI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Comet BIO srl ha partecipato ad un bando del Ministero dello sviluppo economico 13 dicembre 2011, per la realizzazione di progetti innovativi finalizzati alla produzione di energia elettrica o di calore attraverso il riutilizzo e la valorizzazione delle biomasse;
   in particolare alla lettera d) dell'articolo 7 di tale bando si può leggere inequivocabilmente che gli impianti di cogenerazione e trigenerazione devono prevedere a regime una potenza superiore ad 1MWe ed inferiore a 4MWe. A tale bando la Comet BIO srl arriva sesta con un punteggio di 72 punti;
   nel comune di Furnari (ME), in contrada Marraffino, il Gruppo Comet BIO srl avrebbe intenzione di costruire un impianto di cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e termica) alimentato da biomasse;
   il sito ove è prevista l'installazione di tale impianto si trova ad una distanza dalla fascia costiera di circa 4 chilometri e la frazione abitata di Condurso si trova a soli 370 metri in linea d'aria, in una zona collinare prettamente a vocazione agricola che vanta anche la presenza anche di pregiati vigneti e uliveti;
   quest'ambito collinare di Furnari presenta molte peculiarità dal punto di vista ambientale, paesaggistico e naturalistico a tal punto che l'amministrazione ha dato, ai progettisti nelle direttive per il PRG, chiare indicazioni al fine di tutelare e valorizzare queste aree collinari proponendo l'istituzione di Parchi Naturalistici, percorsi turistici per la fruizione di siti archeologici individuati dalla soprintendenza dei beni culturali;
   esso trovasi in prossimità del sito di importanza comunitaria denominato Laguna di Oliveri-Tindari, codice ITA030012 e i venti del quadrante sud-orientale lo attraversano prima di giungere al sito di importanza comunitaria;
   il comune di Furnari negli anni passati è stato riconosciuto dall'assessorato regionale al turismo con apposito D.A n. 1430 del 1o giugno 2010 «Comune ad economia prevalentemente turistica e città d'arte»;
   il sindaco di Furnari ha proposto e ottenuto con delibera del 4 giugno 2014 la modifica, in senso restrittivo, degli articoli 173 e 414 del regolamento comunale riguardante l'igiene e la sanità del territorio a difesa dell'habitat naturale della popolazione residente, delle risorse idriche, naturalistiche, agricole e biologiche nonché delle colture esistenti nel territorio e delle aziende agricole e zootecniche che traggono dallo stesso le loro risorse naturali, dal pericolo derivante dall'introduzione di nuove tecnologie di dubbia compatibilità con le caratteristiche del sito;
   in particolare con la modifica del regolamento comunale di igiene e sanità del comune di Furnari, aumenterebbe la distanza territoriale dal centro abitato di manifatture, fabbriche, depositi insalubri, di qualsiasi specie e natura di discariche per rifiuti speciali pericolosi e non, di centrali termoelettriche (comprese quelle a biomassa e biogas), che così non dovrebbe essere minore ai 1.500 metri lineari da edifici o abitazioni singoli (residenziali o di pubblico servizio) e almeno 4.000 metri lineari dai centri abitati o di pubblico servizio (dal limite esterno, al fine di evitare un peggioramento della qualità dell'aria e delle condizioni di salubrità del territorio comunale);
   il consiglio comunale di Furnari in data 30 maggio 2014, convocato in merito alla discussione riguardante la realizzazione, nel territorio comunale, di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse, ha deliberato all'unanimità il proprio totale dissenso al progetto di realizzazione di tale impianto;
   in data 5 giugno 2014 si è tenuta una prima conferenza di servizi presso la sala consiliare del comune di Furnari convocata con nota prot. n. 4921 del 16 maggio 2014, che ha determinato l'aggiornamento della suddetta conferenza a martedì 22 luglio 2014, dando mandato alla COMET BIO srl di integrare una serie di documenti necessari per l'eventuale proseguimento dei lavori ed estendendo la convocazione per la prossima conferenza di servizi anche all'amministrazione preposta alla gestione della misura pubblica di agevolazione, Ministero dello sviluppo economico stante l'opportunità di un raccordo diretto in quanto ente finanziatore;
   durante la conferenza di servizi sono state rilevate ulteriori criticità derivanti dalla vicina condotta del metano della SNAM GAS SPA, e dal conseguente potenziale pericolo di avere un gasdotto nelle immediate vicinanze del sito individuato per la realizzazione di questo impianto di cogenerazione alimentato da biomasse, dato che tali tipologie di impianti hanno un'elevata pericolosità ed una certa frequenza di incidenti anche abbastanza gravi, tipo l'incendio dell'agosto 2013 verificatosi a Sciaves (BZ);
   la soprintendenza beni culturali e ambientali di Messina, nella conferenza di servizi del 5 giugno 2014, si è espressa con un diniego all'autorizzazione in quanto il progetto ricade nel paesaggio locale 7, sottopaesaggio 7o così definito e sottoposto a livello di tutela 1 dal piano paesaggistico dell'Ambito 9, adottato con D.D.G del dipartimento regionale dei beni culturali e dell'identità siciliana del 4 dicembre 2009 n. 8470;
   l'articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011 ha introdotto la procedura abilitativa semplificata per la costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi I1 e I2 delle linee guida approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010;
   la regione siciliana, con decreto presidenziale 18 luglio 2012, n. 48, ai sensi del comma 9 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011, ha esteso la soglia di applicazione della P.A.S. agli impianti alimentati da fonti rinnovabili e le opere connesse fino a 1MWe, così come è avvenuto per la legge regionale delle Marche, la n. 3 del 2012, dichiarata poi illegittima con la sentenza 93 del 2013 della Corte costituzionale in quanto, in base alla direttiva Europea 2011/92/UE, tutti gli impianti di qualsiasi tipo e potenza devono avere la valutazione di impatto ambientale;
   in base a quanto esposto in premessa, appare abbastanza evidente il contrasto tra la normativa comunitaria e nazionale e la normativa di alcune regioni italiane, come nel caso della regione siciliana, che escludono indebitamente alcune tipologie di progetti dalle procedura di valutazione di impatto ambientale, facendo così permanere per lo Stato italiano gli elementi di criticità che hanno portato alla procedura di infrazione 2009/2086 –:
   se non ritengano di valutare l'opportunità di intervenire al fine di evitare un aggravamento della situazione che ha già portato alla procedura di infrazione 2009/2086;
   se non ritengano il caso di prendere in considerazione l'eventualità di escludere dalle agevolazioni del su citato bando del Ministero delle sviluppo economico la Comet BIO srl e tutte le altre ditte vincitrici, che localmente presentano progetti di cogenerazione o trigenerazione a biomasse con potenze inferiori a 1 megawatt elettrici in quanto tali progetti sono in netto contrasto con quanto disposto dal bando stesso, che prevede per gli impianti di cogenerazione a biomasse una potenza superiore a 1 MWe e inferiore a 4 MWe, mentre molte ditte vincitrici, localmente presentano progetti di cogenerazione a biomasse con potenze inferiori a 1 MWe in modo da usufruire di procedura abilitativa semplificata PAS. (4-05310)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Bray n. 2-00596, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capone.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Binetti n. 1-00423, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 204 del 3 aprile 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare e rispettare;
    la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la sharia, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero;
    la Costituzione italiana, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e farne propaganda e contempla il diritto di esercitare in privato e in pubblico il culto, cioè di svolgere o prendere parte a preghiere o riti religiosi. La disciplina della libertà religiosa è collegata anche ad altri principi costituzionali: il primo comma dell'articolo 8 afferma che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
    fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Nigeria, in Egitto ed in Iraq rappresentano un'ulteriore pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;
    Giovanni Paolo II, che sarà canonizzato in questi giorni, fece lo storico tentativo di dare al dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste il compito di promuovere la pace e lo sviluppo e la stessa promozione della dignità umana attraverso la solidarietà tra i popoli. Voleva aiutare tutti i credenti, anche se diversamente credenti, a superare quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni. Purtroppo, oggi si stanno creando nuove situazioni di tensione difficili da governare e tocca alla politica occuparsene. Se è vero che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se i cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Dio sia con te» o il più comune addio: «A Dio», se cioè il concetto di pace è all'origine delle religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga;
    Benedetto XVI, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, metteva in luce che la persecuzione non viene solo dal fondamentalismo, ma anche dal laicismo delle società secolarizzate che soffoca la dimensione religiosa, eliminando un elemento importante per la vita dell'uomo e la convivenza tra i popoli: il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità;
    recentemente Papa Francesco ha più volte sottolineato – sia nella predicazione rivolta a tutti che negli incontri con i Capi di Stato, come ha fatto pochi giorni fa con Obama – il valore fondamentale della libertà religiosa. L'ha definita via indispensabile per la pace ed ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e, in particolare, proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;
    gli attentati alle chiese cristiane, che si sono intensificati negli ultimi tempi, dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria «pulizia etnica» dei cristiani dal Medio Oriente, ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;
    sono aumentati in modo significativo delle vere e proprie aggressioni nei confronti delle comunità cristiane in Africa, Medio Oriente e Asia, in particolare in Pakistan, in Indonesia e nella Repubblica popolare cinese, dove il Governo ha intensificato proprio in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica, ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica; in Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come Al-Qaeda, che nel 2013 ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2013 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani;
    in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'Onu si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;
    la laicità positiva di uno Stato si esprime anche nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero;
    un fatto recente induce a riprendere la riflessione sulla libertà di religione, sollecitando la responsabilità di tutti gli uomini nel difendere e tutelare la libertà di religione come il primo e principale dei diritti civili dell'uomo: è l'ennesima storia di cristianofobia, quella che proviene dal Pakistan. Nella città di Lahore, nella parte nordorientale del Paese, Sawan Masih, cristiano, è stato condannato a morte con l'accusa di blasfemia per aver insultato il profeta Maometto durante una discussione. In Pakistan, dove il 97 per cento della popolazione è musulmano, rivolgere espressioni ingiuriose verso Allah o Maometto è un reato punibile con la morte. Secondo il dipartimento di Stato Usa, in Pakistan ci sono ben 14 persone nel braccio della morte e 19 condannati all'ergastolo per il reato di blasfemia. La legge antiblasfemia, che punisce con la pena capitale chi offende Dio e il Corano, continua ad essere usata contro i cristiani, ma anche contro islamici non allineati con il potere e credenti di altre religioni;
    il cristiano Sawan Masih è stato condannato a morte per blasfemia: avrebbe insultato Maometto. A denunciare l'uomo è stato un amico musulmano, Shahid Imran. I due si erano incontrati in casa di Masih, per bere qualcosa e chiacchierare. Ma quando hanno cominciato a parlare di religione la discussione è degenerata in lite e Shaid ha denunciato l'amico cristiano: «Ha insultato il Profeta», ha detto, prima alla polizia locale e poi ai rappresentanti della comunità islamica. «Sono innocente – ha sempre dichiarato il giovane cristiano – Shahid vuole solo vendicarsi». La polizia ha arrestato Sawan Masih, che è stato successivamente condannato a morte per blasfemia, nonostante la stampa locale abbia riportato fin dal giorno successivo un'articolata argomentazione sulla falsità dell'accusa;
    il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo 2014. L'episodio ha scatenato l'ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l'uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell'attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione. Mentre il giovane cristiano è stato condannato a morte e al pagamento di una multa di 200 mila rupie (1500 euro) secondo quanto prevede l'articolo 295c del codice penale pakistano. La sentenza è firmata dal giudice Ghulam Murtaza. «Il caso di Sawan Masih è l'ennesima beffa nei confronti delle minoranze cristiane – ha dichiarato a Vatican Insider il professor Mobeen Shaid, fondatore dell'associazione Pakistani Cristiani in Italia –. Ciò che ferisce di più è il silenzio della comunità internazionale». Si tratta di un caso che ricorda quelli di Asia Bibi e Rimsha Masih. Sawan è stato condannato, mentre Rimsha Masih era stata assolta, perché era ritardata e questo ha condizionato l'opinione pubblica. Inoltre, in quel periodo Paul Bhatti si era prodigato per risolvere il caso impegnandosi con tutte le sue forze. Paul Bhatti è fratello di Shahbaz Bhatti, che oltre che Ministro con delega sulle minoranze era un uomo di grande coraggio, capace di sfidare, anche a costo della sua vita, le ingiustizie. Ma oggi i pochi parlamentari cristiani presenti in Parlamento hanno troppa paura per denunciare queste cose;
    il 2 aprile 2014, nella sala stampa della Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa promossa dall'associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani, è stata presentata la campagna di raccolta-firme «Salviamo Sawan Masih». Le firme saranno presentate al presidente del Pakistan per chiedergli di intervenire in difesa delle minoranze, sempre più deboli davanti all'abuso della legge. Bisogna chiedere con insistenza che venga fatta giustizia e per far vedere che la comunità internazionale non sta in silenzio mentre vengono violati i diritti dei cristiani;
    è un ulteriore esempio dell'uso improprio della cosiddetta legge sulla blasfemia – prevista da alcuni articoli del codice penale pachistano – spesso sfruttata per risolvere questioni personali e colpire le minoranze religiose. La commissione nazionale di giustizia e pace della Conferenza episcopale pachistana ha recentemente denunciato il notevole aumento delle accuse di blasfemia contro i cristiani. Su 32 casi registrati nel 2013, infatti, 12 di questi hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione. Ma non ci sono soltanto motivazioni religiose dietro questa aggressione verso la piccola comunità cristiana. Molti costruttori hanno incitato i musulmani perché facessero fuggire i cristiani per poter costruire case e negozi sui loro terreni. È successo come nel caso di Rimsha: l'imam allora aveva fabbricato false accuse per cacciare i cristiani dal loro quartiere di Rawalpindi, che vale milioni di euro. In cambio, ai musulmani era stato promesso un terreno dove costruire una moschea. Spaventando i cristiani e cacciandoli diventa possibile occupare i loro terreni e acquistarli per pochi soldi;
    la situazione dei cristiani in Pakistan sta cambiando negli ultimi anni e c’è un'azione organizzata contro i cristiani pakistani per costringerli ad abbandonare il Paese. È in atto un vero e proprio genocidio: basta ricordare i sette cristiani morti bruciati vivi a Gojra. E la stessa legge sulla blasfemia in un prossimo futuro potrebbe anche peggiorare, dal momento che la Corte federale della sharia ha proposto di modificare la legge, eliminando la possibilità di essere condannati all'ergastolo e lasciando solo la pena di morte;
    il Governo pakistano oggi però non vuole aiutare le minoranze. Le vittime cristiane di Joseph Colony, il quartiere incendiato e distrutto, non hanno ancora ricevuto il risarcimento promesso per ricostruire le loro case, mentre gli aggressori, le 82 persone musulmane, arrestate per la demolizione del quartiere, sono state tutte liberate su cauzione, e Sawan, innocente, è stato condannato a morte. I suoi familiari si trovano in un luogo nascosto e segreto, perché rischiano la vita. La polizia, durante l'assalto a Joseph Colony, ha detto ai cristiani di non opporre resistenza per non rischiare di essere uccisi, mentre gli agenti non sono intervenuti e sono rimasti a guardare. La situazione di Asia Bibi peggiora ogni giorno che passa. Non sta bene di salute, da anni è lontana da suo marito e dai suoi figli. L'ultima udienza è stata rinviata perché gli avvocati dell'accusa non si sono presentati: sanno di non avere prove per dimostrare la colpevolezza di Asia e temono conseguenze negative per loro stessi;
    la comunità internazionale per aiutare i cristiani del Pakistan, oltre a firmare la petizione, deve opporsi al tentativo del Pakistan di internazionalizzare la legge sulla blasfemia. Il Pakistan, in qualità di rappresentante dell'Organizzazione della conferenza islamica, che riunisce 56 Paesi islamici, ha presentato all'Onu una risoluzione contro la diffamazione della religione. Sotto l'apparenza positiva, si nasconde il desiderio di estendere in tutto il mondo la legge sulla blasfemia. L'Occidente deve opporsi a questo tentativo. Urge invece promuovere l'abrogazione della legge sulla blasfemia,

impegna il Governo:

   ad attivarsi con determinazione per la tutela della libertà religiosa, come uno dei diritti inviolabili dell'uomo, fondamento di tutte le altre libertà, denunciando ogni forma di cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati;
   a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;
   a promuovere, specie in occasione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'istituzione di una giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i tanti cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede;
   a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea e in sede di Unione per il Mediterraneo, con l'obiettivo di compiere passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;
   a promuovere in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo un'iniziativa finalizzata all'adozione di un Libro bianco sulla libertà religiosa nel mondo per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;
   a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze cristiane sono pesantemente discriminate, mantenendo gli impegni multilaterali già assunti dall'Italia, promuovendo in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo la definizione di linee guida sulla libertà religiosa alle quali condizionare le scelte di cooperazione allo sviluppo, favorendo in questo modo i Paesi che mostrano progressi nel campo della libertà religiosa e segnalando i Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;
   ad affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;
   a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e per impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi, posto che le numerose sfide, anche drammatiche, di questo 2014 vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;
   ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan o presso gli organismi internazionali al fine di richiamare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa, nella speranza che non ci si limiti solo ad una formale convergenza di interventi a tutela dei cristiani minacciati, ma che queste iniziative diventino uno strumento politico concretizzandosi in un'azione politica, concreta e coraggiosa;
   ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione (ad esempio, borse di studio per appartenenti alle minoranze religiose);
   a richiedere che nei Paesi partner una quota dei posti nel pubblico impiego sia riservata alle minoranze religiose e che venga introdotto, nei diversi livelli dell'istruzione, lo studio storico ed introduttivo delle religioni cui appartengono le minoranze religiose.
(1-00423)
(Nuova formulazione) «Binetti, Gigli, Patriarca, Buttiglione, Roccella, Preziosi, Calabrò, Pagano, Fucci, Sberna, Fitzgerald Nissoli, Piccione, Cicu, Causin, Minardo, Garofalo, Bernardo, Faenzi, Santerini, Gitti, Venittelli, Valentini, Milanato, Laffranco, Molteni, De Mita, D'Alia, Molea, D'Agostino, Vezzali, Petrini, Schirò, Terrosi, Cera, Kyenge».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta orale Saltamartini n. 3-00895, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 250 del 23 giugno 2014.

   SALTAMARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Buonitalia Spa è una società per azioni a capitale interamente pubblico nata il 4 luglio 2003 dalla preesistente società «Naturalmenteitaliano Unipersonale srl», costituita dall'istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) il 24 luglio 2002 (articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99) e partecipata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali al 70 per cento; dall'Ice (allora Istituto per il commercio estero) al 10 per cento, dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) al 10 per cento e da Unioncamere – l'Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura – al 10 per cento;
   gli scopi di Buonitalia spa sono stati individuati dall'articolo 17, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, che le riconoscono le finalità: a) di promozione, valorizzazione e diffusione nel mondo della conoscenza del patrimonio agricolo ed agroalimentare italiano; b) di erogazione di servizi alle imprese del settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei prodotti italiani; c) nonché di tutela delle produzioni italiane attraverso la registrazione e la difesa giuridica internazionale dei marchi associati alle produzioni nazionali di origine;
   nel periodo dal 2004 al 2012, Buonitalia spa ha realizzato, su incarico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, 103 progetti di promozione, internazionalizzazione e tutela dei prodotti agroalimentari italiani sui più importanti mercati mondiali gestendo un budget di oltre 90 milioni di euro;
   l'assemblea straordinaria dei soci della società Buonitalia spa del 13 settembre 2011, preso atto della riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, ha deliberato lo scioglimento e la messa in liquidazione ai sensi dell'articolo 2484, comma 1, numero 4, del codice civile e contestualmente, ha nominato il liquidatore della società;
   il 29 maggio 2012 in Commissione agricoltura al Senato è stata approvata una risoluzione che impegnava il Governo a trasferire presso la nuova Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane – già ICE in gestione transitoria – le risorse umane e strumentali attualmente collocate in Buonitalia spa, mantenendone immodificato il trattamento giuridico-economico, e ad impartire al liquidatore della società le opportune disposizioni al fine di sospendere immediatamente la procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
   nel corso dell’iter di conversione in legge dell'articolo 12, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, (convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) è stato inserito il comma 18-bis, approvato all'unanimità dalla Commissione bilancio del Senato e con il parere favorevole del Governo che dispone la soppressione della società Buonitalia spa in liquidazione, con attribuzione delle funzioni all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, a cui vengono trasferite anche le risorse umane, strumentali e finanziarie residue della soppressa società; lo stesso articolo dispone, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il trasferimento immediato delle funzioni e delle risorse umane di Buonitalia spa all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane cui seguirà la procedura di verifica di idoneità per l'inquadramento nei ruoli dell'ente di destinazione; i dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale, percepito al momento dell'inquadramento; nel caso in cui il trattamento economico predetto risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'Agenzia, i dipendenti percepiscono per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti;
   nelle more di emanazione del decreto interministeriale, per i 19 lavoratori dipendenti a tempo indeterminato della società è stata avviata, in data 23 maggio 2012, la procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (attivata dal liquidatore della predetta società, malgrado la risoluzione della Commissione agricoltura del Senato che ne chiedeva la sospensione);
   il 28 febbraio 2013 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha emanato il decreto per il trasferimento delle funzioni e delle risorse della società Buonitalia spa;
   in particolare, il decreto stabilisce, in pedissequa applicazione di quanto previsto dalla legge, che all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane vengono trasferite le risorse umane di Buonitalia spa in liquidazione riportate nel prospetto ivi allegato, mentre per quanto riguarda l'inquadramento del personale esso avverrà sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza, che dovrà essere approvata con un successivo decreto, previo espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell'idoneità, da effettuare nei limiti e a valere sulle facoltà assunzionali della medesima Agenzia;
   ad oggi malgrado l'avvenuta interruzione del rapporto di lavoro, il 16 maggio 2013 non è stata attivata da parte dell'Agenzia alcuna procedura di assunzione dei dipendenti trasferiti, con grave pregiudizio degli stessi dipendenti dell'ente Buonitalia spa e l'apertura di numerosi contenziosi nei confronti della pubblica amministrazione, dovuti a ingiustificati ritardi nell'applicazione della legge in parola da parte delle amministrazioni coinvolte nel disposto normativo;
   in data 25 luglio 2013 il tribunale di Roma sezione IV lavoro, nel procedimento ex articolo 1 della legge n. 92 del 2012 R.G. n. 2145/2013 – a seguito dell'impugnazione del licenziamento da parte di un gruppo di dipendenti della Buonitalia spa in liquidazione – attraverso il giudice dottoressa Donatella Casari, si è pronunciato asserendo che:
    1) «il trasferimento ope legis... omissis... era certamente già avvenuto all'epoca degli intimati licenziamenti»;
    2) «... che la mancata presa in servizio presso l'Agenzia (e quindi l'interruzione in fatto della prestazione lavorativa) deve essere solo a questa imputata in termini di responsabilità per inadempimento agli obblighi di legge (ricevere le prestazioni e retribuirla) derivanti dal trasferimento ex lege del rapporto di lavoro e che i licenziamenti intimati da Buonitalia spa in liquidazione... sono del tutto inesistenti e come tali privi di efficacia non essendo più all'epoca la ricorrente (Buonitalia) titolare del rapporto di lavoro»;
    3) «né le giustificazioni rese informalmente dall'Agenzia agli istanti, ...omissis..., possono ritenersi fondate atteso che le problematiche di inquadramento e quindi la questione relativa all'espletamento della procedura selettiva prevista per legge a tal fine, per chiaro disposto normativo seguono e non precedono l'instaurazione del rapporto di lavoro, interpretazione del dato normativo di questo Giudice peraltro condivisa dal tenore di entrambe le difese»;
   l'Agenzia (ex Ice), alle numerose richieste formali ricevute da parte delle sigle sindacali (CGIL, CISL, Manageritalia) e degli avvocati che hanno seguito la vicenda in rappresentanza degli ex dipendenti di Buonitalia spa, non ha mai fornito motivazioni per giustificare quello che all'interrogante appare un comportamento omissivo;
   non avendo ricevuto da parte dell'Agenzia alcuna comunicazione formale in risposta alle proprie richieste gli ex dipendenti di Buonitalia spa in liquidazione hanno notificato all'Agenzia nella persona del suo presidente pro tempore dottor Riccardo Monti un atto di costituzione in mora e diffida ai sensi dell'articolo 328, secondo comma del codice penale;
   nel mentre il TAR del Lazio, sezione seconda ter, a seguito di un ricorso presentato dagli ex dipendenti di Buonitalia spa in liquidazione, in data 13 gennaio 2014 ha emesso la sentenza di condanna nei confronti dei Ministeri competenti fissando il termine di 60 giorni per la pubblicazione delle tabelle di corrispondenza e condannando i Ministeri al pagamento delle spese legali;
   ad oltre un anno dall'entrata in vigore della norma, non essendo ancora avvenuto il trasferimento del personale ex Buonitalia all'Agenzia, è intervenuto l'articolo 1, comma 478 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 – suppl. ord. n. 87 ha disposto testualmente quanto segue: «... All'articolo 12, comma 18-bis, quinto periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, “dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, le parole: da espletare nei limiti e a valere sulle facoltà assunzionali dell'ente, di verifica dell'idoneità, sono inquadrati” sono sostituite dalle seguenti: “di verifica dell'idoneità, “da espletare anche in deroga ai limiti alle facoltà assunzionali, sono inquadrati, anche in posizione di sovrannumero rispetto alla dotazione organica dell'ente, riassorbibile con le successive vacanze”»;
   il tribunale del lavoro di Roma, accogliendo il ricorso presentato da alcuni dipendenti ex Buonitalia, ha definito il comportamento dell'Agenzia illegittimo condannando quest'ultima all'immediata assunzione dei ricorrenti ed al pagamento delle mensilità da questi maturate a partire dal 28 febbraio 2013. Il tribunale ha inoltre condannato l'Agenzia al pagamento delle spese legali;
   a due mesi di distanza non avendo ricevuto alcuna comunicazione da parte dell'Agenzia i ricorrenti hanno depositato i decreti ingiuntivi che sono stati già notificati all'Agenzia;
   questa settimana è stata rigettata l'inibitoria presentata dall'Ice in cui si chiedeva la sospensione dell'esecutività della sentenza;
   il 7 luglio di fronte al giudice del lavoro di Roma è fissata una nuova udienza sempre contro l'Agenzia che vede coinvolti altri dipendenti di Buonitalia spa;
   nonostante siano scaduti i termini (60 giorni) fissati dal Tar per la pubblicazione delle tabelle di corrispondenza ad oggi i Ministeri competenti non hanno provveduto con il rischio che i ricorrenti chiedano la nomina di un commissario ad acta così come previsto nella sentenza di condanna del TAR;
   nel mentre l'ICE ha provveduto ad assumere oltre 12 persone a tempo determinato nonostante il trasferimento previsto per legge da parte dei dipendenti ex Buonitalia spa non sia ancora perfezionato ed il tribunale del lavoro di Roma abbia riconosciuto il diritto di questi a percepire lo stipendio a far data dal 28 febbraio 2013 –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere nei confronti dell'Agenzia affinché venga dato immediato seguito al disposto normativo;
   per quale motivo, se il trasferimento è avvenuto per legge il 28 febbraio 2013, l'ICE insista nel voler procedere ad una prova selettiva, in evidente contrasto con il trasferimento previsto dalla norma e ribadito dal tribunale del lavoro di Roma;
   con quali risorse vengano pagati i 12 dipendenti recentemente assunti a tempo determinato da parte dell'Agenzia;
   se non si ritenga di dover verificare l'operato dei dirigenti, responsabili del procedimento, e, nel caso siano accertati eventuali colpevoli ritardi, se non si ritenga di dover adottare iniziative disciplinari verso i responsabili che rischiano di creare gravi danni all'Erario derivanti dalle cause verso l'amministrazione avviate dai 19 ex dipendenti di Buonitalia spa in liquidazione. (3-00895)