Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 8 novembre 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per l'integrazione, per sapere – premesso che:
   il numero accertato, per difetto, di esseri umani morti nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo, ammonta ormai a più di ventimila: si tratta di un fenomeno ventennale che in periodi diversi riacquista vigore senza, peraltro, essersi mai interrotto;
   la strage del 3 ottobre è il più grave episodio, e già non più l'ultimo, di una lunghissima serie, e nonostante il numero altissimo di salvataggi, alle aumentate difficoltà di arrivo sulla Riva Nord del Mediterraneo ha corrisposto un incremento del numero delle vittime e del giro di affari dei trafficanti umani;
   Lampedusa e, in modi analoghi altri punti di approdo in Italia rappresentano la porta Sud dell'Europa e non solo dell'Italia guerre, persecuzioni, regimi autoritari, grandi trasformazioni appena iniziate sulla riva sud del Mediterraneo, privatizzazione della violenza e debolezza o assenza statuale, pulizia etnica e insicurezza di vita spingono centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a cercare il proprio futuro rischiando la vita;
   tale problema non è più solo emergenziale ed «umanitario» (anche se mantiene una drammatica valenza umanitaria che chiama in causa la natura stessa delle democrazie europee), bensì strutturale, che richiede interventi profondi e stabili che riguardano la politiche di asilo, le politiche umanitarie e le politiche nei confronti dell'immigrazione irregolare del nostro Paese ed europee;
   la struttura del Centro di prima accoglienza di Lampedusa è attualmente totalmente inadeguata e insufficiente, e negli ultimi giorni, come verificato dai deputati che l'hanno visitato, ospita in condizioni inaccettabili – nonostante gli sforzi del personale addetto – circa mille profughi con una capienza legittima di 250, e tra questi molti bambini e minori, inclusi minori con disabilità, mentre la grande maggioranza delle persone destinatarie di accoglienza sono costrette a vivere e a dormire all'aperto, senza neppure un adeguato sistema di protezione civile o tende impermeabili;
   da oltre un anno sono stati stanziati e sono disponibili i fondi per la ristrutturazione e la messa in funzione di un secondo centro di prima accoglienza, senza che siano iniziati i lavori già previsti a settembre dello scorso anno;
   i fondi stanziati due anni fa dal Governo Monti, per l'azione congiunta dei ministri pro tempore Riccardi e Cancellieri, non sono stati ancora utilizzati né per restaurare i padiglioni andati a fuoco, né per il secondo centro come previsto –:
   quali urgenti provvedimenti, e in quali tempi intendano adottare, al fine di trasferire immediatamente i profughi dal centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa (oggi sovraccarico), riportando lo stesso alla sua capacità fisiologica e garantendo ai profughi un'adeguata ospitalità presso centri appositi in cui sia altresì assicurata l'assistenza psicologica e legale;
   in che misura sia stata coinvolta, o non coinvolta, per quali ragioni viste le necessità, la protezione civile;
   per quali motivi non siano stati ancora trasferiti, nonostante la possibilità di accoglienza espressa da varie città, in primo luogo Roma, i 151 eritrei sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre, a distanza di più di un mese;
   se non reputino opportuno avviare immediatamente i lavori per il ripristino e l'ampliamento del centro di primo soccorso ed accoglienza, con riferimento specifico alla ricostruzione delle strutture andate distrutte nell'incendio del 2011, nonché porre all'ordine del giorno dell'agenda europea la creazione di un primo centro di prima accoglienza europeo sul territorio italiano, in Sicilia;
   quale sia il soggetto gestore del centro di prima accoglienza e quale sia l'impegno economico dell'Italia verso il soggetto gestore del centro, a fronte di quali responsabilità e mandato.
(2-00295) «Marazziti, Santerini, Schirò Planeta, Chaouki, Currò, Migliore».

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 3 novembre 2013 è andato in onda su Sky il docu-film «Reduci» che narra le storie di sei nostri soldati tornati dalle missioni internazionali dove hanno subito incidenti anche gravi;
   si tratta di un documento di straordinaria importanza perché racconta il coraggio, la forza, lo spirito di sacrificio di uomini e donne di ritorno dall'Afghanistan, la battaglia condotta giorno dopo giorno per superare le ferite fisiche e psicologiche e riprendersi la propria vita;
   nel corso della presentazione del docu-film alla stampa il produttore Michele Bongiorno ha dichiarato che la Rai ha rifiutato di trasmettere il documentario e che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per due anni consecutivi ha negato i fondi e patrocinio così come riportato anche dall'agenzia AgenParl –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se sia possibile conoscere le motivazioni che hanno portato al diniego della concessione dei fondi all'opera «Reduci». (3-00429)

Interrogazione a risposta scritta:


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 12 e 13 giugno 2011 27 milioni di cittadini si sono espressi sull'acqua e i servizi pubblici locali e la maggioranza assoluta degli italiani ha deciso: sono beni comuni che devono rimanere fuori dai mercati e su cui nessuno deve fare profitti;
   infatti, a seguito dei referendum celebratisi il 12 e 13 giugno 2011, è stato abrogato il primo comma dell'articolo n. 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte che prevedeva la remunerazione del capitale investito, ovvero nella parte che consentiva di fare profitti sull'acqua; poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza. Perché la parte di normativa che è stata abrogata è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7 per cento a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio;
   la Corte Costituzionale, con sentenza n. 26 del 2011, chiarisce che l'abrogazione del citato articolo 154 è finalizzata a «rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e, la gestione dell'acqua»;
   anche il Consiglio di Stato con il parere n. 267 il 25 gennaio 2013, a seguito all'adunanza della seconda sezione del 19 dicembre 2012 e riguardo al quesito che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas gli aveva rivolto il 23 ottobre 2012, si è espresso sull'eliminazione della remunerazione del capitale investito dalle tariffe;
   la proprietà e la gestione pubblica del servizio idrico integrato e tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
   il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l'accesso all'acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, di conseguenza la sua gestione va attuata attraverso gli articoli 31 e 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
   in quest'ottica lo Stato, il Governo e il Parlamento devono prendere in carico questa questione con la massima solerzia e non attraverso un’authority che si è sempre occupata d'altro e che ad avviso degli interroganti è espressione degli interessi del mercato e non dei cittadini;
   l'articolo 21, commi 13 e 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, il cosiddetto «salva Italia», ha trasferito all'Autorità dell'energia e del gas «le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici» con i medesimi poteri attribuiti dalla legge n. 481 del 1995, che prescrive che essa debba perseguire, nello svolgimento delle proprie funzioni, «la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza (...) nonché adeguati livelli di qualità nei servizi (...) assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela di utenti e consumatori.»;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 in attuazione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ribadisce e specifica, all'articolo 2, comma 1, le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici, trasferiti all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg), tra le quali assume un particolare rilievo come finalità: la «tutela dei diritti e degli interessi degli utenti»;
   l'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 precisa inoltre che «le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas sono da essa esercitate con i poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni stabiliti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione, nel rispetto degli indirizzi di politica generale formulati dal Parlamento e dal Governo»;
   l'Autorità, con delibera n. 38 del 31 gennaio 2013, in ottemperanza al parere del Consiglio di Stato, ha avviato il procedimento per la restituzione, agli utenti finali, della componente tariffaria del servizio idrico integrato, relativa alla remunerazione del capitale, indebitamente versata da ciascun utente, in relazione al periodo 21 luglio 2011-31 dicembre 2011;
   l'Autorità, in precedenza, in attuazione dell'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, con delibera n. 585 del 28 dicembre 2012, aveva fissato i criteri per l'adozione di una tariffa transitoria, nelle more dell'adozione di un nuovo metodo tariffario a regime;
   l'Autorità, il 25 giugno 2013, dopo 2 anni dal referendum, ha approvato l'ennesimo provvedimento che secondo gli interroganti di fatto elude l'esito dei referendum del 2011 e che conferma il mancato rispetto fino ad oggi della volontà popolare da parte dell'Autorithy: infatti l'Autorità per l'energia elettrica e il gas doveva deliberare sulle modalità di restituzione ai cittadini della «remunerazione del capitale investito» illegittimamente percepito dai gestori nel periodo compreso tra luglio 2011 e la fine di quell'anno. Invece l'Autorità ha costruito un metodo che garantirà ai gestori un esborso minimo assai minore di quanto dovuto visto che saranno detratti gli oneri finanziari, quelli fiscali e gli accantonamenti per la svalutazione crediti;
   questa metodologia a giudizio degli interroganti smentisce in primis quanto la Corte costituzionale aveva chiaramente specificato nella sentenza di ammissibilità del quesito, ovvero che qualora il referendum avesse avuto successo «la normativa residua, immediatamente applicabile [...], non presenta elementi di contraddittorietà». Inoltre, viene completamente contraddetto quanto il Consiglio di Stato aveva stabilito ossia che l'abrogazione del 7 per cento aveva effetto immediato a partire dal 21 luglio 2011 (parere del Consiglio di Stato del 267 del 25 gennaio 2013). E quindi che il rimborso ai cittadini dovrebbe riguardare non solo i mesi da luglio a dicembre del 2011 ma tutto il periodo che va dal 21 luglio 2011 ad oggi, per un totale che per esempio solo nella regione Toscana ammonterebbe a 128 milioni di euro secondo i dati ufficiali del Autorità idrica toscana e che chissà se le imprese hanno previsto di accantonare;
   è poi evidente che ci siano stati ritardi nella determinazione dei criteri da parte degli enti d'ambito attraverso i quali dovranno essere individuati gli importi indebitamente versati da ciascun utente a titolo di remunerazione del capitale investito in relazione al periodo 21 luglio 2011-31 dicembre 2011;
   inoltre il Tar Toscana nel marzo 2013, sentenza n. 436/2013, ha dato ragione al Forum toscano dei Movimenti per l'acqua dichiarando illegittime le tariffe successive al referendum;
   anche a Chiavari, in Liguria, come riportato dagli organi di stampa, poche settimane fa il giudice di pace ha disposto la restituzione del 22 per cento della bolletta, la quota che in quel comune corrisponde al profitto;
   la sentenza, oltre a ribadire il valore normativo dell'istituto referendario riconosce anche che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che ha, ad avviso degli interroganti, prodotto la nuova «tariffa-truffa» reintroducendo il profitto sotto nuovo nome «oneri finanziari», ha un limitato potere amministrativo, comunque subordinato all'esito referendario;
   il metodo tariffario transitorio così come definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas condurrà ad una sostanziale sanatoria di tutte le illegittimità, inadempienze e irregolarità attualmente registrate in diverse gestioni. Infatti, tale metodo prende a base di determinazione delle tariffe 2012 e 2013 quelle che erano le tariffe definite dal piano d'ambito, ovvero quelle basate sul presupposto di una gestione impeccabile e dell'effettiva realizzazione degli investimenti previsti negli anni successivi alla redazione del piano d'ambito o della sua ultima revisione. Ovvero non tiene in alcun conto la qualità del servizio reso e gli investimenti pregressi effettivamente effettuati. È in questo che si è in presenza di una sanatoria di fatto del pregresso;
   il TAR della Lombardia si esprimerà nei prossimi mesi (prima udienza fissata il 23 gennaio 2014) relativamente al ricorso (num. reg. gen.: 579/2013) promosso dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua e da Federconsumatori in merito alla delibera 585/2013 con cui l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha predisposto il metodo tariffario transitorio per il servizio idrico integrato;
   inoltre, il Ministro Orlando, con un comunicato stampa diramato dal Festival dell'acqua il 9 ottobre 2013, ha annunciato un tavolo di lavoro con i diversi segmenti del settore idrico: «avvieremo gruppo di lavoro anche con chi ha alimentato questo dibattito di oggi. Visto che su iniziative parlamentari non si fanno passi avanti, prendo io l'iniziativa come ministero. Le aziende sono un interlocutore naturale per una collaborazione che è partita bene per fare strada insieme»;
   infine, visto che secondo il Ministro «con le iniziative parlamentari non si fanno passi avanti» gli interroganti ricordano che il 12 giugno 2013 è nato l'intergruppo parlamentare per l'acqua bene comune di cui fanno parte circa 200 parlamentari e che proprio su questo tema è in discussione presso la Commissione ambiente la risoluzione 7-00036 in materia di introduzione nell'ordinamento nazionale di principi e norme per la tutela e la gestione pubblica delle acque nonché per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, in cui si espongono problematiche e impegni relativi alla tariffazione del servizio idrico integrato –:
   se e con quali iniziative di competenza il Ministro abbia intenzione di dare finalmente attuazione al risultato referendario, che i cittadini attendono da più di 2 anni, in particolare con riferimento alle questioni relative alla tariffazione del servizio idrico integrato. (4-02461)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   CAUSIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   situata nel Delta del Po la Centrale di Porto Tolle, di proprietà di Enel s.p.a, è uno dei più grandi impianti in Europa per produzione di energia elettrica. Divisa in quattro gruppi da 660 megawatt l'uno, può generare circa l'8 per cento del fabbisogno italiano di energia elettrica. Il passaggio da gasolio a carbone è iniziato otto anni fa ed stato è stato ostacolato da associazioni ambientaliste e da comitati cittadini;
   la ragione Veneto e il presidente Zaia, anche recentemente, hanno invece ribadito la ferma volontà a proseguire col progetto pro carbone presentato da Enel che permetterebbe di dare lavoro a 3500 persone con l'impegno di qualche miliardo di euro, dando così uno sbocco a molte imprese locali;
   la procedura di impatto ambientale che prevedeva la conversione a carbone dell'impianto è stata fermata dal Consiglio di Stato che ha annullato il decreto di valutazione di impatto ambientale, imponendo che, in sede della nuova valutazione di impatto ambientale, si dovesse effettuare una valutazione comparativa fra il progetto sottoposto a procedura e le possibili alternative: prima di tutte il gas metano perché a pochi metri dalla centrale di Porto Tolle sorge il più grande terminale gasifero off shore del mondo;
   il destino di questa centrale termoelettrica è tutto appeso al progetto di riconversione, che dovrebbe sostituire i quattro gruppi di generazione alimentati a olio combustibile con tre unità a carbone, più moderne e meno inquinanti, passando da oltre 2.600 megawatt di potenza installata a 1.980 megawatt. C’è in ballo un investimento complessivo pari a due miliardi e mezzo di euro, finora bloccato dalle «peripezie» burocratiche degli ultimi anni. Come ha confermato Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, «continuiamo a credere in questo progetto, però ci sono tre ostacoli: la mancanza delle autorizzazioni, la magistratura di Rovigo che indaga e le condizioni di mercato». In un recente incontro con il governatore del Veneto, Luca Zaia, il ministro Zanonato ha dichiarato di voler esaminare la pratica di Porto Tolle: «Se il Veneto raggiunge l'autonomia energetica è un vantaggio per tutti», sono state le sue parole. Lasciando chiaramente intendere che il carbone è un'opzione tutt'altro che remota –:
   quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere al fine di accelerare il processo di riconversione per permettere alla centrale di funzionare e soprattutto per garantire un futuro a molte famiglie. (3-00428)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i giacimenti petroliferi nella Val d'Agri, in Basilicata, concorrono nella misura dell'ottanta per cento alla produzione nazionale di idrocarburi su terraferma (on-shore), coprendo il dieci per cento del fabbisogno energetico nazionale;
   il 4 settembre 2013, con un decreto del Ministro dello sviluppo economico è stata disposta la riorganizzazione delle zone marittime aperte alla ricerca ed alla coltivazione di idrocarburi, diminuendo sì la superficie totale interessata ma concentrando le attività solo sul versante costiero orientale nazionale;
   con il nuovo decreto lo Jonio è stato considerato a «minore sensibilità ambientale» rispetto agli altri mari;
   diversi enti di ricerca e monitoraggio, come l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto Mario Negri, l'AIRC e l'ISTAT hanno segnalato in Basilicata picchi epidemiologici relativamente a diverse forme tumorali;
   i limiti di legge per diversi inquinanti correlati alle attività petrolifere sono in Italia di molto superiori rispetto alle soglie consigliate dall'Organizzazione mondiale della sanità: ad esempio, l'idrogeno solforato (H2S) ha una soglia di legge di 10 ppm (parti per milione – decreto ministeriale 12/7/90), mentre l'Organizzazione mondiale della sanità consiglia 0,005 ppm, quindi 2000 volte inferiore al limite di legge nazionale;
   sono già numerose le denunce e le azioni giudiziarie avverso gli innumerevoli fenomeni di inquinamento ambientale che si sono verificati in Basilicata dal 2001 ad oggi;
   il sistema delle franchigie defalca dalla produzione regionale lucana cinquantamila tonnellate di greggio all'anno;
   l'articolo 18 del decreto legislativo n. 625 del 1996 regolamenta i canoni annuali per le concessioni di prospezione, ricerca e coltivazione, e ad oggi, stando alle tariffe in vigore, le compagnie petrolifere pagano, rispettivamente, per le suddette attività, dai 3 ai 70 euro per chilometro quadrato –:
   in base a quale parere tecnico-scientifico sia stata attribuita allo Jonio una «minore sensibilità ambientale»;
   se non si ritenga di dover, con urgenza, assumere iniziative per rivedere al ribasso tutte le soglie di legge per gli inquinanti H2S, SO2, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici volatili, nonché per tutte le sostanze riconducibili alle attività petrolifere, al fine di allinearle ai valori stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   se non si ritenga opportuno rivedere il sistema delle franchigie, che sottrae ai territori ed alle casse statali flussi di denaro consistenti ma che comporta comunque costi ambientali non indifferenti;
   se non si ritenga, infine, opportuno rivedere i canoni statali per le concessioni di coltivazione, prospezione e ricerca, che in alcuni casi comportano fortissime sperequazioni fiscali tra imprese;
   quale sarà l'effettivo ruolo della Basilicata nell'ambito della strategia energetica nazionale. (4-02456)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il possibile rientro dei capitali illegalmente trasferiti in Svizzera è oggetto di un dibattito che si trascina ormai da oltre due anni;
   il problema era stato già posto nella passata legislatura con i Governi Berlusconi e Monti e già in quel periodo erano state avviate trattative per giungere ad una possibile soluzione;
   quest'ultima era stata rallentata dalle obiezioni, oggi risolte, avanzate a livello comunitario, circa l'analogo comportamento di altri partner che, bruciando i tempi, erano giunti ad una loro definizione;
   da allora il dibattito sull'argomento ha assunto l'andamento di un torrente carsico: ogni tanto riaffiora ed il presunto-ipotetico gettito ipotizzato è indicato per coprire altrettante poste di spesa;
   ultima proposta, in ordine di tempo, è stata quella del Presidente Letta la cui idea sarebbe quella di destinare le risorse ai fini delle manovre di finanza pubblica a partire dal 2014;
   si tratta di pure congetture che rischiano, tuttavia, di dilatare ulteriormente i tempi e quindi di favorire il trasferimento di quei fondi dalla Svizzera ad altri paradisi fiscali dove vige l'anonimato e, quindi, l'impossibilità di una lotta effettiva contro l'evasione fiscale –:
   quale sia lo stato raggiunto dalle trattative in essere, quali siano le previsioni circa una loro possibile conclusione, e quale sia il gettito che dalla soluzione della controversia può derivare, sia come una tantum che come entrate future permanenti.
(2-00294) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la ex Casa Littoria Nicola Bonservizi, sita a Genova, nel secondo dopoguerra è stata devoluta allo Stato, divenendo proprietà del Ministero della difesa, che, per alcuni decenni e fino al giugno del 2009, l'aveva concessa in locazione a varie Associazioni d'Arma (Associazioni Arma Aeronautica, Associazione nazionale militari italiani, Associazione nazionale paracadutisti d'Italia, Associazione nazionale bersaglieri e Associazione Nastro Azzurro;
   nel giugno del 2009 le associazioni combattentistiche ospitate nei piani dell'edificio sottostanti il livello della strada, hanno ricevuto dall'Agenzia del demanio, gestore dell'immobile, l'avviso di sfratto (formale preavviso di sgombero dell'immobile che dovrà essere lasciato libero da cose e persone entro e non oltre la data del 30 novembre 2009, sotto pena di sgombero forzoso nelle forme di legge);
   di conseguenza, ad eccezione del piano sopraelevato, un alloggio residenziale dato in locazione alla famiglia di un ufficiale dell'Esercito, il fabbricato è stato sgomberato nella sua interezza e non più occupato;
   a seguito di un'iniziativa promossa da un esponente della società civile, e coordinata dal Municipio Levante (circoscrizione competente per territorio), nell'estate 2009 è stato approntato un progetto di valorizzazione dell'immobile con la proposta di nuove destinazioni d'uso;
   nelle finalità del progetto, la ex Casa Littoria di Sturla verrebbe a configurarsi come una struttura polivalente, in grado di ospitare associazioni no profit aventi finalità culturali e sociali;
   alcune associazioni hanno aderito all'iniziativa, anche sulla base di indicazioni fornite dalla stessa Agenzia del demanio, e, con il supporto istituzionale del Municipio Medio Levante, nel settembre 2009 l'Associazione Le Ali (Associazione ligure per la lotta contro l'epilessia), l'azienda ospedaliera universitaria San Martino e la Fondazione Labò (Centro di ricerca sulle trasformazioni urbane e territoriali) hanno trasmesso all'Agenzia un unico dossier contenenti le lettere recanti la manifestazione d'interesse all'acquisizione di alcuni locali del fabbricato;
   nel dossier erano, inoltre, dettagliatamente illustrate le finalità del progetto e la dislocazione degli spazi richiesti in locazione;
   sulla base delle informazioni fornite al momento della trasmissione del dossier, l'Agenzia del demanio avrebbe dovuto di lì a breve indire un apposito bando di concorso per l'assegnazione di detti locali, ma questo, a tutt'oggi, non si è ancora verificato;
   nel frattempo, nella primavera del 2013 anche l'appartamento del primo piano è stato sgomberato, e ora l'edificio è totalmente vuoto e inutilizzato;
   inoltre, la completa assenza di interventi manutentivi negli ultimi anni, ha determinato l'avvio di un processo di degrado dell'immobile (deterioramento parziale degli intonaci, diffusa presenza di ruggine nella cancellata d'ingresso, affioramento di erbacce in corrispondenza del porticato coperto);
   l'edificio in questione costituisce un pregevole esempio di architettura razionalista, nonché un bene patrimoniale di indiscutibile valore, e una risorsa culturale e sociale che dovrebbe essere messa a disposizione della collettività;
   sul sito web dell'Agenzia del demanio l'immobile risulta attualmente essere inserito nell'elenco dei «beni in uso governativo» (cod. bene n. GEB0287) –:
   quali siano gli orientamenti dell'Agenzia del demanio in relazione all'edificio di cui in premessa, e quali siano, se effettivamente approntati, i progetti di recupero previsti per tale struttura.
(4-02453)


   FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la nuova tassa sui rifiuti, la TARES, introdotta dal decreto-legge n. 214 del 2011, viene considerata da molti piccoli commercianti come un balzello che, per come è strutturato, pesa in modo grave sui bilanci di attività che, tanto più nell'odierno periodo di crisi e di calo dei consumi, ne risentono pesantemente;
   l'interrogante è testimone di questa situazione a causa delle molte chiusure di attività commerciali nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani e di un recente appello, rivolto da Unimpresa Bat agli enti locali, in cui si lamenta l'aumentato carico tributario legato alla Tares e si richiedono forme di agevolazioni e abbattimenti fiscali reputati necessari, sia con riguardo alle attività commerciali che con riguardo alle famiglie numerose, per non deprimere ulteriormente la situazione economica –:
   quali eventuali iniziative ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-02457)


   CATALANO, MANNINO e PARENTELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'incertezza normativa a livello nazionale ed europeo nel settore delle compagnie low cost non di bandiera operanti in Italia ha creato problemi in ambito fiscale;
   in particolare, in riferimento alla base di Orio al Serio, Ryanair non ha operato come sostituto di imposta per i propri dipendenti;
   la conoscenza del valore netto della propria prestazione lavorativa è un valore irrinunciabile per il lavoratore soprattutto oggi, in presenza di norme contrattuali studiate ad hoc per eludere;
   la condotta di Ryanair non è conforme alla normativa in materia di contratti di lavoro;
   si apprende dalla stampa che l'Agenzia delle entrate ha mosso contestazione a piloti ed assistenti di volo alle dipendenze di Ryanair e in organico nella base di Orio al Serio;
   il decreto-legge n. 179 del 2012 (decreto «crescita 2.0») stabilisce che anche i vettori low cost sono sottoposti al regime fiscale nazionale;
   lo stesso decreto fissa cosa debba intendersi per «base aerea» specificando che essa si ha in presenza di locali e infrastrutture dove si esercita in modo stabile e continuativo l'attività di trasporto aereo avvalendosi di lavoratori dipendenti;
   si apprende dalla stampa che l'amministratore delegato e il dirigente della società sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Bergamo per il mancato versamento dei contributi per i dipendenti di Orio al Serio;
   la società, con comunicato stampa del 17 ottobre 2012, ha dichiarato che «Ryanair e il nostro personale che vola su aeromobili irlandesi da/per l'Italia rispettano pienamente la legislazione dell'Unione Europea in materia di tasse sul reddito e contributi sociali, le affermazioni di evasione di contributi sociali fatte il 16 ottobre 2012 dalla Procura di Bergamo sono false» –:
   se non intenda verificare se l'attuale quadro normativo è compatibile con il comportamento sopra richiamato, che agli interroganti appare elusivo, e se sussistano problemi analoghi con altre compagnie aeree;
   quali iniziative si intendano intraprendere per evitare ai dipendenti le pesanti conseguenze derivanti dalle azioni già poste in essere dall'Agenzia delle entrate. (4-02458)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato anche a mezzo stampa (confrontare Il Mattino del 4 novembre 2013) il fondo unico giustizia (FUG) è disciplinato dall'articolo 61 comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2008 che definisce il tipo di risorse che affluiscono a questo fondo;
   nel fondo unico giustizia confluiscono i proventi sequestrati nell'ambito di procedimenti penali, le somme di denaro sequestrate non confiscate e di cui non sia stata chiesta la restituzione trascorsi cinque anni dalla sentenza non più soggetta a impugnazione secondo l'articolo 262, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ogni attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale oggetto di provvedimenti di sequestro nell'ambito di procedimenti penali o sanzioni amministrative, depositi presso Poste Italiane, banche o altri operatori finanziari in relazione a procedimenti civili non riscossi dagli aventi diritto entro 5 anni dalla data in cui il procedimento si è estinto, le somme depositate a seguito della ripartizione dell'attivo fallimentare e non richieste dai creditori trascorsi 5 anni dal deposito secondo l'articolo 117, comma 4, del decreto regio n. 267 del 1942;
   dal 2009 Equitalia Giustizia è la società a cui lo Stato affida la gestione del fondo unico giustizia e dal 2011 quella dei crediti della giustizia e che acquisisce dagli uffici giudiziari le sentenze penali e civili e gli altri documenti necessari a quantificare i crediti che lo Stato deve riscuotere in conseguenza del passaggio in giudicato delle stesse sentenze. Essa svolge in sostanza il ruolo di esattore fino al momento della effettiva riscossione delle somme dovute mantenendo un'anagrafe nazionale informatizzata delle risorse sequestrate;
   secondo quanto riferito dalla stampa (Il Mattino del 4 novembre 2013) sembrerebbe che la gestione da parte di Equitalia Giustizia del fondo unico giustizia (FUG) sia fallimentare perché renderebbe soltanto un utile netto finanziario dello 0,10 per cento (zero virgola dieci per cento);
   sempre da affermazioni a mezzo stampa (Il Mattino del 4 novembre 2013) sembra che tutte le somme di denaro frutto di sequestri e crediti gestite da Equitalia Giustizia vengano affidate, non sapendo come, a 255 banche, Poste italiane, 46 società assicurative, mentre 26 sono le forme di «altri investimenti» e 13 gli «altri operatori» di cui non è dato sapere di quali soggetti, società o enti si tratti –:
   quali siano i criteri con cui le somme di denaro frutto di sequestri e creditigestite da Equitalia Giustizia vengono investite;
   quali rendimenti producano;
   come vengano selezionati gli istituti di credito depositari delle somme sequestrate e/o confiscate;
   quali iniziative il Governo intenda adottare affinché gli introiti del Fondo unico Giustizia vengano destinati per scopi sociali e di gestione dei beni immobili confiscati. (4-02460)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Aci e l'Istat hanno reso noti i dati sulla mortalità stradale, i quali se da un lato segnano una generale diminuzione dell'incidentalità e della mortalità rispetto agli anni passati, dall'altro rivelano un drammatico +2,5 per cento ai ciclisti morti in strada, tutti per scontri con auto. Il dato riporta inequivocabilmente due fenomeni che si muovono paralleli: una generale demotorizzazione e la ripresa della circolazione ciclistica in Italia;
   purtroppo il ritorno degli italiani sulle due ruote non è stato accompagnato da un adeguato aggiornamento delle condizioni della circolazione stradale, da questo punto di vista quasi nulla è stato fatto per favorire e consentire un più agevole utilizzo delle bicicletta da parte dei cittadini. Le strade italiane sono a tutt'oggi ancora zone a quasi totale «sovranità automobilistica»;
   nel 2012 sono stati registrati 186.726 sinistri con lesioni a persone (-9,2 per cento rispetto all'anno precedente), che hanno causato 3.653 morti (-5,4 per cento) e 264.716 feriti (-9,3 per cento). Ogni giorno durante il 2012, si sono verificati in media 512 incidenti stradali, che hanno comportato lesioni alle persone e in particolare, la morte di 10 individui e il ferimento di altri 725. Tra il 2001 e il 2012 — afferma il rapporto — gli incidenti stradali con lesioni a persone sono passati, infatti, da 263.100 a 186.726, con un calo complessivo del 29 per cento, i morti, invece — conclude il rapporto — sono passati da 7.096 a 3.653 (-48,5 per cento) e i feriti da 373.286 a 264.716 (-29,1 per cento);
   tra le principali cause degli scontri il rapporto elenca il mancato rispetto delle regole di precedenza, la guida distratta e le velocità troppo elevate, che pesano nel 44 per cento dei casi, mentre le disattenzioni da parte dei pedoni sono residuali, 3,5 per cento;
   i ciclisti morti, sottolinea il rapporto, sono stati 289, 237 uomini e 52 donne;
   è opinione degli interroganti considerare la motorizzazione di massa che ha accompagnato il cosiddetto boom economico del secondo dopoguerra del Novecento una della principali cause di quella sorta di disastro urbano, ambientale e sociale che ormai è sotto gli occhi di tutti. Il concetto di «decrescita felice» passa anche per una radicale riforma del concetto di mobilità urbana che possa finalmente porre al centro di essa la libera e serena circolazione a due ruote;
   la circolazione stradale non è esplicitamente menzionata né tra le materie che il nuovo articolo 117, secondo comma, della Costituzione attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente, di cui all'articolo 117, terzo comma (per le quali spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato). La materia risulta tuttavia disciplinata prevalentemente da norme di fonte statale, in quanto riconducibile all'ambito materiale, demandato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, «ordine pubblico e sicurezza», inteso il termine «sicurezza» come comprensivo di aspetti che riguardano la tutela della sicurezza delle persone, anche non direttamente afferenti l'ordine pubblico. In tal senso, si è del resto espressa la Corte costituzionale (sentenza n. 428 del 2004);
   rispetto alla posizione dell'Unione europea tra le priorità del libro verde sulla mobilità urbana (COM(2007)551) del 25 settembre 2007 figura la necessità di valorizzare le alternative all'uso dell'automobile privata in città, tra cui gli spostamenti in bicicletta, da potenziare a livello locale e regionale, anche mediante iniziative nei luoghi di lavoro e nelle scuole e assicurando lo sviluppo di adeguate infrastrutture;
   nel corso della 15a manifestazione Velo-City, tenutasi a Bruxelles nel maggio 2009 molte città italiane hanno sottoscritto la cosiddetta «Carta di Bruxelles» con la quale si sono impegnate a promuovere l'uso della bicicletta come parte integrante delle politiche relative alla mobilità urbana –:
   se siano al corrente dei dati diffusi dal citato rapporto di Aci e Istat e quali iniziative intendano assumere per la difesa dei ciclisti sulle strade;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di modificare il codice della strada, impegnando tutte le istituzioni allo scopo interessate ad attuare politiche dirette a rafforzare, sviluppare, promuovere e sostenere la mobilità ciclistica e, in generale, l'uso della bicicletta, anche a fini di tutela ambientale e della lotta all'inquinamento;
   quali iniziative si intenda assumere per sostenere tutti quei soggetti che promuovono anche senza fini di lucro la mobilità ciclistica. (4-02455)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno, ai sensi dell'articolo 11 della legge 13 maggio 1961, n. 469, ha il potere di stabilire con decreto il numero, le sedi e le circoscrizioni territoriali dei distaccamenti e dei posti di vigilanza dei vigili del fuoco;
   il Ministero dell'interno anima le proprie scelte in relazione alle esigenze delle zone interessate, tenuto conto dello sviluppo industriale, della distanza da altre sedi dei servizi antincendi, della natura dei luoghi e degli interventi effettuati nel corso dell'ultimo quinquennio;
   sulla base di tali valutazioni il Ministero con decreto n. 294/87635 del 3 febbraio 2006 istituiva il distaccamento misto dei vigili del fuoco di Bono, dipendente dal comando provinciale di Sassari;
   a quanto consta all'interrogante, ad oggi al decreto non è stata data attuazione;
   la proposta di istituire il distaccamento misto dei vigili del fuoco di Bono è stata avanzata dal comando provinciale di Sassari, competente per territorio;
   il comando provinciale, data la competenza territoriale, è anche il destinatario dell'ordine di istituzione, unitamente al comando regionale;
   i comandi, per quanto consta all'interrogante non hanno il diritto/potere di disattendere gli ordini provenienti dal Ministero dell'interno;
   ad oggi non si è data attuazione al decreto n. 294 del 2006 istitutivo del distaccamento misto dei vigili del fuoco di Bono;
   ciò arreca un danno elevato a tutto il territorio il quale, come ben noto, nella stagione degli incendi è interessato da situazioni di emergenza di difficile gestione, posto che la sede provinciale dei vigili del fuoco più vicina si trova ad Ozieri, ossia a circa 30 chilometri di distanza;
   aggiungasi che la realizzazione del distaccamento di Bono, data la particolare conformazione del territorio, nonché l'elevato numero di incendi, risponderebbe anche alle esigenze di sicurezza di tutta la popolazione goceanina;
   inoltre, moltissimi cittadini sardi, impiegati nel Corpo dei vigili del fuoco, prestano servizio fuori dalla Sardegna e un'occasione del genere, anche attraverso lo strumento della mobilità, potrebbe consentire ad alcuni di essi di rientrare nella loro terra e servire il loro territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che le disposizioni previste dal decreto n. 294/87635 del 3 febbraio 2006 sono state, per quanto risulta all'interrogante, ad oggi disattese;
   quali siano le motivazioni per le quali ad oggi non si è provveduto all'attuazione del decreto istitutivo del distaccamento misto di Bono;
   quali siano le tempistiche per dare immediata attuazione al suddetto decreto.
(5-01412)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Cuneo, la seconda più estesa d'Italia fra quelle appartenenti alle regioni a statuto ordinario soffre, da anni, della cronica carenza di uomini, mezzi e fondi assegnati alle forze di polizia, in particolar modo alla polizia di Stato. Per contro, viene richiesto a questo esiguo numero di uomini un aumentato impegno, in quantità e qualità degli obiettivi da raggiungere;
   in particolare, a numerosi uomini della polizia di Stato vengono affidate mansioni di viabilità autostradale. Un servizio che, giocoforza, priva della presenza delle pattuglie il territorio sia per quello che concerne la viabilità su strade statali, regionali e provinciali, sia per quanto riguarda l'attività di controllo e tutela dei cittadini;
   all'interrogante è stata segnalata, come particolarmente grave, la situazione del distaccamento della polizia stradale di Ceva (CN) e della sezione di Cuneo, le cui pattuglie vengono utilizzate prevalentemente per garantire la circolazione sull'autostrada Torino-Savona, che pure è mansione specifica del distaccamento di Mondovì (CN);
   negli ultimi anni, le pattuglie in capo al predetto distaccamento, sono quasi totalmente utilizzate per la viabilità autostradale, lasciando sguarnita la viabilità ordinaria su un territorio vastissimo e che comprende non solo un confine regionale, ma anche la presenza di un'importante circolazione di mezzi pesanti;
   numerose, in questo senso, sono state le segnalazioni degli amministratori locali che si vedono privati di un servizio necessario, non solo per quanto riguarda l'attività più prettamente legata alla circolazione stradale, bensì per quella legata al contrasto del crimine;
   risulta all'interrogante, infine, che quando non sono disponibili operatori al distaccamento di Ceva (CN), vengano cooptati operatori provenienti dalla sezione di Cuneo e dal distaccamento di Saluzzo, appositamente accompagnati al luogo di servizio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda assumere iniziative volte ad assegnare a questa provincia un adeguato numero di operatori, in particolare al distaccamento di Mondovì (CN);
   se intenda verificare la possibilità di un diverso coordinamento con la Società autostradale Torino-Savona Spa, al fine di garantire la presenza di operatori di PS sia sull'arteria a pagamento sia su quelle di viabilità ordinaria. (4-02454)


   ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli utenti della linea 128, gestita dalla società Atac Spa, che collega la Muratella alla Magliana, da tempo lamentano una situazione di grande disagio e alto livello di insicurezza;
   quotidianamente il bus 128 viene preso d'assalto da orde di rom che salgono prepotentemente, privi di tessere e biglietti validi, con ingombranti carrelli, ferraglie e quant'altro raccolto durante la giornata tra i rifiuti;
   oltre agli evidenti disagi derivanti da quanto predetto, i passeggeri denunciano una situazione di grave pericolo per la propria sicurezza;
   raccontano infatti di diversi gravi episodi che sono costretti a subire ogni giorno, aggressioni ad anziani, donne e adolescenti, atti di bullismo, furti, accattonaggio e comportamenti irrispettosi delle più elementari norme igienico-sanitarie e, per tanto, si definiscono ormai ostaggio della popolazione di etnia Rom;
   l'autobus de quo è dunque un'isola di illegalità attribuibile agli abitanti regolari del campo nomadi Candoni e a quelli irregolari dell'area naturale protetta della tenuta dei massimi –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano di dover tempestivamente intervenire affinché forze dell'ordine rafforzino i controlli di sicurezza in relazione alle situazioni descritte in premessa. (4-02462)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   è in itinere lo svolgimento del concorso per l'abilitazione universitaria nazionale alla prima e seconda fascia di docenza per diritto costituzionale;
   in merito allo svolgimento di detta procedura il commissario OCSE, professor Balaguer Callejon, ha sollevato gravi eccezioni di regolarità interna, informandone il Ministro sin dal 10 giugno 2013, sia circa le modalità di adozione delle decisioni – ovvero all'esistenza di una «Commissione fantasma» – che all'adozione di criteri ulteriori e diversi rispetto al bando, in altre parole al «cambio delle regole in corsa», oltre all'esclusione pregiudiziale di interi ambiti di ricerca, e dei relativi lavori, da quelli valutabili ai fini concorsuali;
   per tali motivi il commissario OCSE, professor Balaguer Callejon, si è dimesso inviando una lettera aperta alla comunità scientifica, in cui rivolgeva alla commissione giudicante pesanti censure di illegittimità e irregolarità nei lavori della Commissione e nei criteri adottati per la selezione delle domande, lettera ampiamente riportata dalla stampa con grande clamore e riprovazione pubblica;
   il professor Balaguer ha prima ritirato, e poi successivamente ripresentato, le proprie dimissioni, venendo sostituito in base a sorteggio dal professor Roberto Romboli;
   in risposta a due interrogazioni parlamentari il Governo (Sottosegretario Galletti, Senato, 26 settembre 2013; Ministro Carrozza, Camera, 16 ottobre 2013) ha esplicitamente riconosciuto che illegittimità si erano verificate. Ne conseguiva l'annullamento degli atti e la richiesta alla Commissione di rinnovare integralmente la valutazione di tutti i candidati;
   da ultimo il professor Pasquale Costanzo, presidente della commissione giudicatrice, ha inviato una lettera aperta alla comunità scientifica, nella quale nega che vi sia stata alcuna illegittimità o irregolarità nel pregresso operato della Commissione, affermando esplicitamente che «come reso noto dal MIUR in risposta ad un'interrogazione parlamentare, nessuna illegittimità è stata commessa, nessuna irregolarità è stata messa in atto durante i lavori della Commissione ASN C12/1 Diritto costituzionale. Peraltro, tutto è avvenuto nella più piena trasparenza...»;
   in particolare il presidente della commissione nella sua rappresentazione della vicenda:
    a) nega che sia intervenuto l'annullamento degli atti da parte del Ministero, affermando che la decisione della direzione generale del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca «la quale ambisce a presentarsi come un “annullamento” degli atti, è, nella sostanza, solo l'invito a “rivalutare” le posizioni già considerate alla luce di alcune premesse, comunque, largamente opinabili.»;
    b) nell'interpretare tale rivalutazione la limita alla «rassicurazione che situazioni, per l'innanzi trascurate a causa di prese di posizioni singole ingiustificatamente rigoriste (...), potranno essere finalmente valutate con tutta l'equità del caso»;
    c) sembra escludere, di conseguenza, che si voglia procedere alla integrale rivalutazione complessiva di tutti i candidati, così come il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha richiesto;
    d) afferma che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca «non ha potuto e/o saputo individuare nell'intera procedura una qualsiasi specifica falla» ma ha fatto «astrattamente e genericamente riferimento ad illazioni e supposizioni di qualche commissario»;
    e) sostiene che la vicenda sarebbe stata «ampiamente romanzata e drammatizzata da interventi pubblici sulla Rete, sulla stampa e nelle aule parlamentari, anche da parte di chi avrebbe avuto l'obbligo giuridico di riservatezza e, forse, anche quello morale di non esporsi a brutte figure»;
   quanto accaduto appare agli interroganti del tutto in contrasto con i criteri della riforma universitaria e, prima ancora, ai principi costituzionali di trasparenza, efficienza ed imparzialità (articoli 97 e 98 Cost.) cui deve conformarsi ogni procedura concorsuale pubblica e, a maggior ragione, quelle di un'università che è ancora pubblica e a cui è demandata la selezione delle eccellenze nel panorama scientifico nazionale, nel rispetto dei criteri di legalità, trasparenza, meritocrazia e interesse pubblico;
   non è ulteriormente tollerabile, infatti, in un momento così delicato per lo sviluppo del Paese, che si possa rischiare di perdere risorse umane di primissimo livello, che tanti anni della loro vita hanno investito nella ricerca, senza cercare o volere coperture accademiche di potere, e ancor meno si può tollerare che si addensino pesanti dubbi sull'università italiana, sui concorsi pubblici, sul rispetto delle leggi e dei principi di uguaglianza, pari opportunità e meritocrazia fra gli aspiranti docenti e i concorrenti tutti;
   si evince, inoltre, dal testo della lettera che la commissione avrebbe anche considerato l'ipotesi di ricorrere avverso la decisione ministeriale;
   emerge, pertanto, un netto e preoccupante contrasto tra quanto il Governo ha affermato in Aula, in risposta alle interrogazioni parlamentari, e quanto il presidente della commissione afferma nella sua lettera aperta;
   non potendosi in alcun modo considerare la possibilità che il Governo abbia falsamente rappresentato in Aula il proprio operato, la lettera del presidente della commissione paventerebbe la volontà di non tener conto delle decisioni ministeriali e degli indirizzi dati alla commissione al fine di garantire la legittimità degli atti, la trasparenza della procedura e la buona reputazione dell'università italiana;
   si rafforza, altresì, la convinzione che, una radicale considerazione del primo illegittimo esito avrebbe richiesto lo scioglimento della Commissione e la sostituzione di tutti i suoi membri attraverso un nuovo sorteggio: tanto è dimostrato dalle dichiarazioni stesso professor Costanzo quando afferma «ciò che più conta, lo si ripete, è che la procedura non sia stata, nella sostanza, davvero annullata, e che l'apprezzabile lavoro svolto non sia stato posto completamente nel nulla, come sarebbe avvenuto con il congedo di una commissione di reprobi, condannati in perpetuum al ludibrio dell'accademia»;
   stante questa situazione appare ormai certo che vi saranno iniziative dei concorrenti in sede giudiziaria atte a preservare il diritto di tutti i concorrenti ad una equa e trasparente selezione delle domande di abilitazione presentate –:
   se siano state valutate le dichiarazione espresse dal presidente della commissione giudicatrice e, stante il fatto che appaiono nettamente in contrasto con le dichiarazioni rese in Parlamento, come si intende agire per rendere effettivo l'impegno assunto in Parlamento al fine di garantire la legittimità degli atti concorsuali e il diritto di tutti i concorrenti meritevoli di conseguire il giusto riconoscimento dell'idoneità secondo i criteri previsti dal bando;
   se non si ritenga necessario, alla luce della lettera del professor Costanzo, di riconsiderare la decisione assunta di sostituire il solo membro dimissionario, procedendo invece a rinnovare integralmente la Commissione con un nuovo sorteggio;
   in ogni caso, cosa si intenda fare per evitare che la commissione proceda, anche a copertura di proprie eventuali responsabilità per il pregresso, ad una sostanziale conferma del risultato cui era in precedenza illegittimamente pervenuta, a dimostrazione della resistenza di certa parte dell'Accademia ad aprire le abilitazioni, e quindi i futuri concorsi universitari, ai candidati più meritevoli, scongiurando il perpetrarsi della cooptazione ad personam dei soli allievi delle più forti baronie universitarie.
(2-00296) «Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli».

Interrogazione a risposta orale:


   FRATOIANNI, PANNARALE, DURANTI, MATARRELLI e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 ottobre è stato pubblicato il decreto ministeriale n. 713 del 9 agosto 2013 «Criteri e contingente assunzionale delle Università statali per l'anno 2013». Tale decreto ha ripartito i punti organico in base ai quali sono state determinate le facoltà assunzionali degli atenei italiani per l'anno 2013, tenendo presente il tetto del 20 per cento del turn over, in ottemperanza a quanto stabilito dal decreto-legge n. 112 del 2008 e dal decreto legislativo n. 49 del 29 marzo 2012. Tuttavia, applicando quanto previsto dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012, il tetto del 20 per cento dei posti da suddividere è stato considerato sulla base dei pensionamenti complessivi delle università italiane e non già in base ai collocamenti a riposo delle singole facoltà;
   il decreto ministeriale n. 713 del 2013 ha generato pesanti disparità di trattamento nei regimi e nelle facoltà assunzionali fra le università italiane, con grossi danni in particolare per le facoltà del Sud Italia (si pensi ad esempio che l'ateneo di Bari ha un turn over effettivo del 6,86 per cento, mentre la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa ha un turn over effettivo del 212 per cento, in ragione dei criteri adottati, basati su un calcolo del tutto ragionieristico, definito dalle caratteristiche economico-finanziarie degli enti e rappresentato dall'ISEF (indice di stabilità economico-finanziaria), alla cui determinazione concorrono in maniera importante, il monte stipendi delle facoltà e le tasse universitarie. Di fatto, maggiori sono le entrate dalla contribuzione studentesca, più l'ISEF è positivo e di conseguenza, maggiori saranno le capacità assunzionali dell'ateneo;
   l'utilizzazione di un tale criterio, meramente economico, basato sull'importanza della contribuzione studentesca, non considera affatto la condizione di deprivazione socio-economica che molti territori italiani, in particolare nel Mezzogiorno di Italia, stanno vivendo, a causa della pesante crisi economica. L'indice di povertà è in costante aumento, con la conseguenza che molte famiglie ottengono l'esenzione totale o parziale dalla contribuzione alle spese per gli studi dei figli. Va considerato anche che, qualora restino invariati tali criteri, senza l'applicazione di alcun correttivo, potrebbero aprirsi due scenari catastrofici per la qualità del sistema della formazione pubblica del nostro Paese: da un lato, molte facoltà del Mezzogiorno, pur di vedersi garantiti i diritti alle assunzioni di nuove figure professionali, sarebbero costrette ad aumentare la tassazione universitaria a carico degli studenti, con ulteriori aggravi di spese per le famiglie; dall'altro lato, nel medio periodo si potrebbe assistere alla chiusura di interi corsi di laurea;
   secondo quanto stabilito dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012, normativa attualmente vigente per la disciplina delle modalità di ripartizione dei punti organico, «L'attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni è effettuata tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49»; il citato articolo 7 del decreto legislativo n. 49 del 2012, tuttavia, stabilisce che le disposizioni definite dallo stesso articolo valgono «limitatamente all'anno 2012». Sempre lo stesso articolo 7, al comma 6, inoltre sancisce che «Le disposizioni di cui al presente articolo sono ridefinite per gli anni successivi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri», del quale non vi è traccia nelle premesse del decreto ministeriale n. 713 del 2013;
   il decreto ministeriale n. 297 del 22 ottobre 2012 – Decreto criteri e contingente assunzionale delle università statali per l'anno 2012, che ugualmente agiva in ottemperanza a quanto stabilito dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012 e dal decreto legislativo n. 49 del 29 marzo 2012, aveva introdotto una clausola di equilibrio, secondo la quale l'assegnazione dei punti organico ai singoli atenei non avrebbe comunque potuto eccedere il limite massimo del 50 per cento dei punti organico relativi alle cessazioni dell'anno 2011. Tale limite, utile a impedire le eccessive disparità evidenziate nell'anno in corso, è stato cassato nel decreto n. 713 del 2013;
   appare grave la situazione esposta, che arreca ingenti danni alle università del Sud, già sottoposte a pesanti tagli;
   l'aggravarsi della situazione di alcune facoltà ricade inevitabilmente sulla qualità e la quantità dei servizi offerti, inficiando quindi le possibilità degli studenti e il loro diritto allo studio;
   secondo gli interroganti sono iniqui e inefficaci i criteri individuati per la suddivisione dei punti organico –:
   se non intenda porre rimedio nell'immediato a tale situazione, e in quale modo;
   se non intenda ritirare il decreto n. 713 del 2013, considerato quanto esposto in premessa;
   se non ritenga inopportuno aver eliminato il limite del 50 per cento dei punti organico delle cessazioni complessive, che garantiva un minimo di equilibrio nella suddivisione delle risorse fra gli atenei italiani. (3-00427)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei 36 dipendenti Alitalia in mobilità, impiegati presso gli aeroporti di Catania e Palermo, sta assumendo connotati sempre più preoccupanti: alla scadenza del periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali, prevista tra poco più di 1 anno, tali lavoratori — estromessi dal mercato del lavoro e ancora distanti dal raggiungimento dei requisiti utili a fruire del trattamento pensionistico — troveranno difficoltà a ricollocarsi anche a causa della falsa convinzione relativa ai presunti alti costi che le aziende dovrebbero sostenere per la loro assunzione;
   infatti, sinora, le aziende del comparto hanno indirizzato le proprie politiche occupazionali verso personale ex novo, assunto a tempo determinato e a costi più bassi; occorre, quindi, valorizzare ulteriormente le già alte competenze dei lavoratori, puntando sulla riconversione e riqualificazione del personale aereo, rendendo così maggiormente «appetibili» nel mercato del lavoro le loro professionalità;
   la condizione in cui versano i lavoratori siciliani Alitalia è simile a quella vissuta da più di 4 mila persone in tutta Italia, ma aggravata dalla drammatica congiuntura economica che caratterizza l'isola, sempre più impoverita e a rischio di tensioni sociali;
   è necessario adottare misure destinate a intraprendere percorsi condivisi tra i Ministeri competenti, le parti sociali e l'Inps volte a determinare adeguate soluzioni che consentano il riassorbimento nel ciclo produttivo dei lavoratori in questione, garantendo loro un'occupazione –:
   quali iniziative intendano adottare per favorire la riconversione e riqualificazione professionale dei lavoratori di cui in premessa — anche mediante specifiche intese con le parti sociali e l'Inps — allo scopo di consentire loro la possibilità di essere rioccupati nel più breve tempo possibile. (5-01413)


   TARICCO, BOBBA, GRIBAUDO, BARGERO, BORGHI, MATTIELLO, PICCOLI NARDELLI e BIONDELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2003, veniva approvata la legge n. 350 il cui articolo 4, comma 90, equiparando le imprese piemontesi alluvionate nel novembre 1994 a quelle terremotate della Sicilia del 1990, consentiva di regolarizzare la loro posizione debitoria per gli anni 1995,1996 e 1997, riguardante tributi, contributi e premi, versando il 10 per cento degli importi dovuti al netto di interessi e sanzioni. La normativa citata era destinata a quelle imprese che in conseguenza dei gravi danni subiti e delle discendenti difficoltà nel ripristinare le normali condizioni di operatività, non erano riuscite ad effettuare i dovuti versamenti. Per tali finalità si era disposta una copertura finanziaria, stanziata dallo Stato, di 5 milioni di euro per tre anni. Tali risorse erano destinate a coprire il disavanzo dal 10 per cento versato al 100 per cento dei contributi ai fini pensionistici a carico delle imprese;
   successivamente, il 26 febbraio 2007, veniva emanata la legge n. 17, il cui articolo 3-quater, comma 1, stabiliva una riapertura dei termini contenuti nella precitata legge n. 350 del 2003, specificando anche che le agevolazioni si riferivano a tributi, contributi previdenziali e premi assicurativi ed individuando inoltre il termine per la presentazione delle domande alla data del 31 luglio 2007. Si disponeva poi una copertura finanziaria di 1,5 milioni di euro per tre anni;
   a seguito della avvenuta riapertura dei termini veniva quindi a manifestarsi la possibilità, per le imprese alluvionate che avevano versato l'intero importo dovuto, di presentare richieste di rimborso del 90 per cento dei contributi versati all'INPS negli anni 1995,1996,1997. Possibilità che fu ovviamente colta e furono quindi inoltrate le relative richieste di rimborso, con esiti diversi. Infatti, in molti casi l'INPS effettuò i rimborsi, in molti altri li negò malgrado il formarsi di una giurisprudenza favorevole agli imprenditori che avevano citato in giudizio l'istituto;
   le somme dovute dall'ente previdenziale variano notevolmente dai 5.000 ai 200.000 euro per ditta, in funzione del numero dei dipendenti dell'impresa;
   nel mese di luglio di 2011, l'INPS assicurava il pagamento delle somme indicate nelle sentenze anche al fine di evitare l'escussione del credito;
   tuttavia, nei mesi seguenti, l'INPS bloccava nuovamente l'erogazione dei rimborsi per le ditte alluvionate ritenendoli non dovuti anche alla luce di un messaggio della direzione centrale delle entrate contributive in data 19 giugno 2007, nel quale si evidenziava come la norma di differimento del termine di presentazione delle domande tese ad ottenere la definizione agevolata si riferisse esclusivamente a posizioni tributarie e non fosse quindi applicabile al settore previdenziale. Tesi smentita dalla Cassazione che con sentenze 11247 e 11133 del 2010 disattende sul punto la prospettazione dell'INPS secondo la quale l'agevolazione in questione sarebbe limitata ai tributi e non si estenderebbe ai contributi;
   il tribunale di Cuneo nell'ambito di un contenzioso tra aziende e INPS, avuto riguardo alla difesa svolta dall'INPS stessa, secondo cui la misura in questione costituirebbe un aiuto di Stato, in data 19 giugno 2012 inoltrava richiesta di informazioni alla Commissione europea sull'applicazione della comunicazione della Commissione 2009/C 85/01;
   dalla successiva risposta della Commissione europea in data 20 luglio 2012 sarebbe emerso che l'aiuto di Stato in questione non sarebbe stato notificato alla Commissione europea, la quale, a seguito della segnalazione inoltrata dal tribunale di Cuneo il 18 febbraio 2011 apriva d'ufficio un procedimento, chiedendo alle autorità italiane, prima di procedere ai successivi passaggi procedurali previsti dal capitolo III del Regolamento n. 659 del 2009, di presentare, ove lo ritenessero opportuno, le proprie osservazioni nonché di fornire i motivi per cui non considererebbero aiuti illegali le misure di riduzione di tributi e contributi in oggetto; la Commissione è in attesa di una risposta da parte delle autorità italiane a detta richiesta, non avendo ancora adottato alcuna decisione;
   risulterebbe del tutto evidente che oltre a privare tante aziende del rimborso dei contributi già versati in eccesso, si paventa ora il rischio concreto che alle imprese che già hanno beneficiato del rimborso del 90 per cento degli importi versati possa essere richiesta la restituzione con l'evidente possibilità in ambedue le situazioni di essere obbligate incolpevolmente a cessare l'attività, in quanto la difficile congiuntura economico-finanziaria impedirebbe loro di affrontare un onere non sostenibile che metterebbe a forte rischio la continuità aziendale con ovvi riflessi anche occupazionali –:
   quali iniziative di competenza intendano porre in atto, per evitare, non essendo sinora intervenuta alcuna decisione della Commissione, che non rientrando l'aiuto tra quelli non soggetti all'obbligo di notifica secondo i regolamenti attuativi dell'articolo 108, paragrafo 4, e dell'articolo 109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, possa essere classificato come «illegale» o «inesistente», siccome non è stato previamente notificato ed autorizzato dalla Commissione, e se non si ritenga che l'INPS debba procedere al pagamento delle somme dovute alle imprese alluvionate, come tra l'altro stabilito dalla legge e da numerose sentenze. (5-01415)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 20 e 21 ottobre 2013 la regione Toscana è stata colpita da un violento nubifragio che ha colpito 9 province su 10: l'intensa perturbazione atmosferica ha provocato numerosi danni principalmente a causa del rapido ingrossamento del reticolo idrografico minore che ha determinato la maggior parte delle esondazioni sulle viabilità provinciali e comunali; gli allagamenti hanno provocato gravi danni ad attività commerciali, privati ed all'attività agricola regionale;
   il presidente della regione Toscana, con decreto n. 169 del 22 ottobre 2013 ha già dichiarato lo stato di emergenza regionale, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, lettera A della legge regionale n. 67 del 2003 per gli eventi verificatisi nei giorni 20 e 21 ottobre in tutte le 10 provincie; da fonti stampa on line (http://www.lanazione.it) si apprende che la regione intende provvedere anche all'attivazione dello stato di emergenza nazionale;
   è necessaria ed urgente, ormai da anni, una seria politica di gestione del territorio con investimenti sulla prevenzione e sulla manutenzione, per non dover ritrovarsi ogni anno in uno stato di emergenza dovuto al dissesto idrogeologico, ormai cronico, che vede la regione Toscana tra le regioni più ad alto rischio, con almeno il 90 per cento dei comuni a rischio idrogeologico;
   nel corso di un incontro convocato a Firenze il 25 ottobre 2013, dal Sottosegretario alle infrastrutture e trasporti Erasmo D'Angelis, per fare il punto della situazione dei danni e delle problematiche create dal maltempo in Toscana è emerso che — solo negli ultimi due anni — i danni causati dalle alluvioni in Toscana ammontano ad oltre 500 milioni di euro, dei quali lo Stato ne ha riconosciuti 150 e versati solo 50;
   anche le aziende agricole, come si apprende dal report di Cia Toscana sui danni provocati, provincia per provincia (http://www.stamptoscana.it), lamentano gravi danni soprattutto alla produzione agricola, ma anche ai terreni agrari e alle strutture aziendali: si va dalle semine da rifare, ai raccolti tardo-estivi e autunnali compromessi (per interramento o asfissia), erosione del suolo, scarpate e argini completamente da rifare, alla distruzione di recinzioni, fienili e addirittura di ponti interpoderali –:
   se il Ministro abbia già ricevuto dalla regione Toscana la documentazione a supporto della richiesta dello stato di calamità naturale per far fronte ai danni all'agricoltura ed alla zootecnia, ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2004 e se ritenga che le risorse finanziarie disponibili nel fondo di solidarietà nazionale siano sufficienti rispetto agli interventi da porre in essere. (5-01414)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, RIZZETTO, PAOLO BERNINI, TACCONI, BUSINAROLO e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno, durante la stagione venatoria, si registra un elevato numero di morti e feriti, vittime di incidenti causati da armi da caccia, che colpiscono non solo cacciatori ma anche cittadini comuni;
   tale situazione genera sistematicamente allarme sociale strettamente connesso all'uso di armi, ma anche al disturbo della quiete pubblica e alla riduzione delle proprie libertà;
   nella stagione di caccia 2012-2013, in 62 giorni effettivi di attività venatoria, le vittime sono state ben 151, 32 i morti, tra cui 5 minorenni, anche perché non esistono norme che tutelano i bambini che vengono condotti a caccia dai genitori — e 119 i feriti: 108 vittime tra gli stessi cacciatori — di cui 21 morti, 43 vittime tra la gente comune, di cui 11 morti;
   sono 27 le vittime, dal 1o settembre 2013 a venerdì 25 ottobre 2013, di armi da caccia, per un totale di 23 feriti e 4 morti: 13 sono le vittime tra la gente comune, di cui 3 i morti e 10 i feriti, tra i quali una bambina colpita mentre era nella sua cameretta;
   i dati raccolti ed analizzati dall'Associazione vittime della caccia escludono dal conteggio tutti i casi di incidenti dovuti a cadute, malori improvvisi o disgrazie di qualsiasi altra natura che non siano le armi da caccia. Sia in ambito venatorio che extra-venatorio, le vittime umane conteggiate sono solo ed esclusivamente coloro che hanno subito lesioni a causa di detonazioni esplose da armi da caccia;
   le statistiche diffuse da molte associazioni venatorie risultano però diverse — e ovviamente inferiori — ai dati dall'Associazione vittime della caccia in quanto escludono dal numero totale delle vittime la gente comune e quindi tutti coloro che non possiedono un regolare porto d'armi ad uso caccia;
   tra le vittime indifese della caccia ci sono anche numerosi animali domestici; proprio sabato 2 novembre 2013 un cane pastore tedesco di 6 anni è stato ucciso da una fucilata mentre si trovava in un terreno privato recintato dove stava passeggiando insieme al padrone;
   l'articolo 842 del codice civile consente ai cacciatori, e soltanto a loro, di entrare nella proprietà privata altrui; una peculiarità giuridica pressoché unica in Europa: una sorta di abdicazione del diritto di proprietà privata costituzionalmente protetto. Il comma 1 dell'articolo suddetto recita: «Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga doveroso adottare tutte le iniziative atte a prevenire i gravi rischi di incolumità strettamente connessi all'uso di armi da caccia;
   se non si ritenga altresì di prendere in seria considerazione l'opportunità di assumere iniziative per l'abrogazione dell'articolo 842 del codice civile che consente l'accesso ai cacciatori nelle proprietà private, al fine di tutelare al contempo il diritto alla proprietà privata e la sicurezza dei cittadini. (4-02452)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo la «Dichiarazione universale dei diritti dell'animale» l'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante, punibile, secondo la normativa nazionale vigente, anche con l'arresto fino ad un anno di carcere e multe fino a 10 mila euro; nonostante ciò, nel nostro Paese il fenomeno dell'abbandono degli animali (in particolare cani e gatti) non accenna a diminuire e costituisce una delle cause più importanti del randagismo;
   il randagismo è un fenomeno molto diffuso in Italia, basti pensare al numero totale di cani che si trovano nei canili e al numero di gatti presenti nelle cosiddette colonie: 104.142 cani, 68.382 gatti;
   la legge 281 del 1991 per la tutela degli animali d'affezione e la prevenzione del randagismo prevede diverse modalità di tutela degli animali e individua nelle regioni e nelle amministrazioni locali i principali attori della lotta al randagismo;
   purtroppo le normative locali non possono dirsi omogenee sul territorio nazionale e, come spesso accade, a regioni virtuose si affiancano regioni in cui la prevenzione del randagismo è tutt'altro che efficace;
   un ruolo importante nella lotta al randagismo è certamente quello dei veterinari, e quindi delle ASL territoriali, che hanno il compito di prevenire il fenomeno attraverso la sterilizzazione degli animali, la loro cura nonché la cogestione dei canili sanitari e delle colonie;
   anche in questo caso, ASL diverse hanno diverse peculiarità e a distretti che hanno messo in piedi una vera e propria task force per far fronte al fenomeno si affiancano distretti che non hanno neanche iniziato l'azione di prevenzione e contenimento del fenomeno;
   tra le prime rientra certamente la Toscana che, in particolare nella zona di Arezzo, ha elaborato un prospetto per la gestione del randagismo nella provincia, al fine di — in prospettiva — ridurre i costi e le criticità che il fenomeno comporta;
   tuttavia, nelle ultime settimane, la scure della spending review e i tagli alla sanità stanno investendo anche il settore veterinario, lasciando spesso scoperti ruoli nelle ASL — anche solo a causa dello spostamento di personale da un comparto all'altro — e mettendo in pericolo sistema di garanzie sanitarie di controllo su alimenti, animali e randagismo;
   è il caso proprio della Toscana dove, in queste settimane, il sindacato italiano veterinari medicina pubblica FVM-SIVeMP ha diffuso un comunicato stampa in cui ha attivato lo stato di agitazione, confermando la propria disponibilità a definire insieme alla regione un nuovo progetto di reale riqualificazione della performance organizzativa e funzionale del sistema sanitario –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno modulare gli eventuali ulteriori interventi sul sistema sanitario nazionale, in particolare nell'ambito veterinario, monitorando le azioni di prevenzione al randagismo poste in essere su tutto il territorio nazionale al fine di non compromettere programmi e progetti ben avviati e che potrebbero inficiare il sistema di garanzie sanitarie di controllo. (5-01416)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Pianodardine — area compresa tra i comuni di Avellino, Montefredane, Manocalzati, Atripalda e Pratola Serra — dal settembre 2008 sono stoccate 20 mila ecoballe, di cui 8 mila dissequestrate in seguito alla sentenza del processo rifiuti per l'emergenza in Campania;
   già da alcuni anni i medici di base dell'area interessata, assieme a sindaci e associazioni ambientaliste dei comuni della zona, hanno denunciato l'aumento del numero di persone colpite da neoplasie, collegando queste patologie alla presenza delle ecoballe;
   l'area interessata è anche prospiciente il sito della ex Isochimica, sito dichiarato dalla procura della Repubblica di Avellino estremamente dannoso per la salute dei cittadini della zona;
   la scorsa settimana il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha lanciato l'allarme sull'alto grado di pericolosità delle ecoballe per la salute pubblica, raccomandando di velocizzare il processo di smaltimento delle stesse –:
   quali iniziative si intendano adottare, anche avvalendosi del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare l'effettiva pericolosità delle ecoballe così come descritto in premessa e, di conseguenza, per mettere i cittadini della zona al riparo da ogni benché minimo rischio;
   quali iniziative di competenza si intendano adottare per contribuire a velocizzare al massimo, così come richiesto dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, la distruzione in tempi rapidi delle 20 mila ecoballe giacenti nell'area.
(4-02459)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Catalano e altri n. 7-00130, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dadone.