CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 giugno 2017
843.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore. Atto n. 417.

NUOVA PROPOSTA DI PARERE DELLA RELATRICE

  La XII Commissione,
   esaminato, nelle sedute del 30 maggio, dell'8, del 13, del 20 e del 21 giugno 2017 lo schema di decreto legislativo recante Codice del Terzo settore (atto n. 417);
   tenuto conto delle audizioni informali svoltesi presso la medesima Commissione il 5 e il 14 giugno 2017 e preso visione delle memorie scritte depositate dai soggetti auditi nel corso di tali audizioni;
   preso atto che lo schema del decreto legislativo in oggetto dà attuazione alla legge delega – in particolare all'articolo 1, comma 2, lettera b) – disponendo il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del Terzo settore;
   considerato che tale attività di revisione e riordino è finalizzata alla valorizzazione del contributo del Terzo settore allo sviluppo del Paese e alla sua tenuta sociale, ponendosi la predetta legge delega l'obiettivo di concentrare la tutela e la valorizzazione delle realtà effettivamente meritevoli rispetto al più vasto campo dell'associazionismo attraverso la predisposizione di una normativa volta a favorire tali realtà in termini fiscali e di semplificazione;
   sottolineato come la riforma in oggetto non riguardi la totalità delle realtà presenti nel mondo dell'associazionismo in quanto, oltre alla tutela costituzionale della libertà di associazione, garantita dagli articoli 2 e 18 della Costituzione, rimangono in vigore gli articoli del libro primo, titolo II, del codice civile, che regolano la materia delle associazioni e delle fondazioni. Il Codice riguarda, quindi, gli enti che scelgono di aderire al Terzo settore e di iscriversi al Registro unico nazionale, che è condizione necessaria per l'applicabilità del Codice;
   rilevato, in termini generali, come lo schema di decreto presenti un contenuto complesso, improntato sulla ricerca di un equilibrio tra le esigenze di riforma, da un lato, e il rispetto e la valorizzazione delle tante esperienze positive che esistono allo stato attuale nel Paese, dall'altro;
   evidenziato, tuttavia, come non venga data piena attuazione agli obiettivi posti alla base della legge n. 106 del 2016 soprattutto perché, permanendo la normativa di carattere generale del codice civile, e prevedendo il Codice una serie di nuovi adempimenti burocratici decisamente onerosi, a fronte di vantaggi fiscali in continuità con il passato, una parte dei soggetti interessati potrebbe ritenere più vantaggioso rimanere nell'ambito della normativa dettata dal codice civile. Il fenomeno è particolarmente evidente per le associazioni sportive, per le quali è indubbio che la legge 16 dicembre 1991, n. 398, risulti più vantaggiosa; altrettanto si può ipotizzare per gli enti ecclesiastici;
   osservato che, invece, rimane sostanzialmente non attuata la delega contenuta alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 Pag. 157della legge n. 106 del 2016, concernente la revisione del codice civile, per le ragioni che saranno via via puntualizzate nel corso del parere;
   rilevato, per quanto riguarda le singole disposizioni recate dallo schema in esame, che:
   l'articolo 5, nell'elencare le attività di interesse generale, contiene al tempo stesso alcune indicazioni alquanto restrittive, altre invece eccessivamente generiche. Inoltre, alcuni settori risultano assenti ovvero non chiaramente indicati, quali ad esempio la difesa dei consumatori – che non può essere ridotta a rappresentanza economica –, i settori dell'auto-aiuto e della mutualità – nei quali si stanno sperimentando modalità innovative di economia sociale anche grazie alla sharing economy –, la promozione delle politiche di genere, la lotta agli sprechi alimentari (legge n. 66 del 2016), il contrasto alla povertà (legge n. 33 del 2017) e alla povertà educativa, il contrasto al bullismo e al cyberbullismo (legge n. 71 del 2017), le attività connesse all'attuazione della legge n. 112 del 2016, sul cosiddetto «Dopo di noi» (tutte attività, queste ultime, riconducibili a leggi approvate nel corso della presente legislatura, con un apporto rilevante della Commissione Affari sociali);
   le definizioni delle attività di interesse generale sembrano sbilanciate nel senso di riferirsi agli enti erogatori di servizi piuttosto che a quelli di advocacy; inoltre, alcune definizioni sono diverse rispetto a quelle utilizzate nello schema di decreto legislativo in materia di riordino dell'impresa sociale (Atto n. 418);
   appare incomprensibile il restringimento delle prestazioni socio-sanitarie – di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c) – alla sola erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), in quanto porterebbe ad escludere attività di carattere solidaristico che non siano ricomprese nei LEA (quale ad esempio quella svolta da un ambulatorio odontoiatrico mobile rivolto alla cure gratuite in favore di persone disagiate, in quanto le cure dentali non sono ricomprese nei LEA); inoltre, l'uso della parola «prestazione « invece di «attività» tiene fuori dal perimetro del Terzo settore enti che storicamente ne fanno parte quali ad esempio quelli che si occupano della donazione gratuita di sangue o di organi (la prestazione, infatti, è la trasfusione, non la donazione);
   la previsione delle attività ricreative e di quelle turistiche di interesse sociale – di cui all'articolo 5, comma 1, lettere i) e k) – sono suscettibili di creare un certo allarme presso le imprese profit che svolgono la propria attività in questi settori data la possibilità di abusi, ciò che induce a volerne precisare meglio l'ambito;
   il riferimento all'agricoltura sociale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera s), rischia di generare dubbi interpretativi, in quanto pone rilevanti problemi di coordinamento con il combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lettere a), b), c), d), e 5, della legge n. 141 del 2015, sull'agricoltura sociale, ai sensi del quale la possibilità che le attività di agricoltura sociale individuate dalle predette lettere, di tipo imprenditoriale, possano essere svolte in associazione con soggetti non imprenditoriali del Terzo settore, non significa che l'apporto collaborativo di detti enti non imprenditoriali sia inquadrabile nell'ambito dell'agricoltura sociale;
   l'articolo 8, nel prevedere l'obbligo di destinazione del patrimonio degli enti del Terzo settore all'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, indica una serie di comportamenti potenzialmente elusivi del divieto di distribuzione degli utili in riferimento soprattutto al personale, mentre nulla prevede circa i rischi conseguenti ad altri tipi di comportamenti quali ad esempio la creazione di più enti, emanazione del primo, o il rapporto con gli enti soci;
   la previsione contenuta nella lettera d) del comma 3 dell'articolo 8, in base alla quale si considerano distribuzione di utili le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di mercato, anche a coloro che hanno effettuato Pag. 158erogazioni liberali a favore dell'organizzazione e ai loro parenti fino al terzo grado e affini entro il secondo grado, non sembra poter essere concretamente applicata nei confronti degli enti di dimensioni maggiori a cui verrebbe richiesto di sapere quale relazione intercorre tra un donatore, magari on line, e un utente;
   l'articolo 11 prevede, per le imprese sociali, che l'iscrizione nell'apposita sezione del registro delle imprese soddisfi il requisito dell'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, impedendo in tal modo un controllo adeguato sia sulla dimensione «sociale» che su quella «non lucrativa»; si ritiene che debba comunque permettersi al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in sede di verifica e di controllo, di intervenire, anche eventualmente prevedendo la doppia cancellazione;
   all'articolo 12 – e, successivamente, agli articoli 32 e 35 – si impone a tutti gli enti la modifica della ragione sociale, che costituisce un adempimento burocratico costoso e inutile, ritenendosi invece più ragionevole ampliare quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 11, in merito all'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore;
   un'ulteriore misura di semplificazione deriverebbe dalla soppressione dell'articolo 13, comma 3, in quanto non si comprende a che titolo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrebbe definire una modulistica comune in materia di bilancio quando la materia è regolata da norme civilistiche e, soprattutto, dalle esigenze del fisco;
   sempre per evidenti ragioni di semplificazione, i bilanci di cui all'articolo 14 dovrebbero diventare il «contenitore» di tutte le informazioni richieste in diversi articoli dello schema di decreto e che al suddetto registro, per ragioni di risparmio, dovrebbe essere inviata non più di una comunicazione annuale;
   all'articolo 15, non appare appropriato l'utilizzo di termini quali «registro» o «libri» al posto di «elenco» e «verbale», ciò che suscita preoccupazioni da parte delle associazioni di piccole dimensioni. Occorrerebbe, inoltre, prevedere la gestione informatizzata dei libri sociali obbligatori;
   l'articolo 17 sembra non essere conforme allo spirito della legge delega, di considerare la tutela dello status del volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato – ex articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 106 del 2016 – in quanto, nella prima parte, si concentra più sugli enti che sui volontari, non distingue tra enti del Terzo settore e la specificità delle organizzazioni di volontariato (ODV), e non riconosce quanto di volontario ci sia nell'impegno per la vita associativa;
   pur ritenendosi apprezzabile l'intento, dello stesso articolo 17, commi 3 e 4, di risolvere l'annosa questione dei rimborsi inserendo un tetto e ponendo in capo al singolo la responsabilità di rendicontare, si osserva tuttavia come, estendendo la possibilità del rimborso al volontario dalle sole ODV a tutti gli enti del Terzo settore, comprese quindi le imprese sociali e le cooperative, il rischio di abusi sia molto alto pur alla presenza del comma 5;
   il comma 6 dell'articolo 17 andrebbe soppresso in quanto non riconosce la connessione esistente tra le attività di volontariato e l'impegno nella vita associativa;
   fra le eccezioni di cui comma 7 dell'articolo 17, andrebbe aggiunto il riferimento alla legge n. 74 del 2001, che riconosce il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico;
   la distinzione tra volontari occasionali e altri volontari dovrebbe essere tenuta presente nell'articolo 18 al fine di non gravare con oneri amministrativi, prevedendo forme collettive di assicurazione;
   nonostante il Titolo IV rechi: «Delle associazioni e delle fondazioni del Terzo settore», alle fondazioni non è dedicato specificamente alcun articolo; sono, infatti, considerate solo quelle le fondazioni filantropiche, Pag. 159che costituiscono tuttavia solo una parte delle fondazioni, che rimangono, pertanto, sostanzialmente regolate – salvo che per l'acquisizione della personalità giuridica – dal codice civile, e tale scelta potrebbe causare in futuro notevole problemi interpretativi;
   gli articoli 21 e seguenti, che regolano in maniera eccessivamente puntuale l'organizzazione e la vita democratica degli enti del Terzo settore e non prevedono sostanziali distinzioni tra associazioni riconosciute e non riconosciute, parrebbero in contrasto con l'articolo 2 della legge delega, diretto a riconoscere l'autonomia statutaria degli enti e a semplificare la normativa vigente;
   all'articolo 30, dovrebbero essere richiamati i parametri di cui all'articolo 31 per quanto riguarda i limiti al di sopra dei quali deve essere nominato un organo di controllo, al fine di non penalizzare gli enti del Terzo settore rispetto alle società profit quali ad esempio le società a responsabilità limitata;
   l'articolo 32, dedicato alle organizzazioni di volontariato, suscita perplessità sotto diversi profili, in primis con riferimento alla conformità rispetto all'articolo 5 della legge n. 106 del 2016, per cui si ritiene preferibile riprendere la definizione delle organizzazioni di volontariato recata dall'articolo 3 della legge n. 266 del 1991, considerata più chiara e più «valoriale» di quella meramente matematica proposta dal testo in esame;
   l'articolo 32, inoltre, sembra non tenere presente che, a differenza dalle APS, le ODV sono costituite prevalentemente da soci volontari; pertanto, la natura stessa dell'ODV determina che il controllo dell'organizzazione sia nelle mani dei soci volontari. Diversi soggetti auditi hanno chiesto la soppressione del comma 2 o, almeno, che possano essere soci enti no profit, potendosi così considerare anche gli enti religiosi;
   condivisibile all'articolo 32 il riconoscimento della specificità dell'organizzazione della protezione civile, altrettanta attenzione andrebbe data alle regole regionali quando impongano criteri di accreditamento delle ODV;
   con riferimento all'articolo 33, in tema di risorse con cui gli enti del Terzo settore svolgono la propria attività, si evidenzia una distonia tra la previsione del comma 2, che prevede la possibilità di ricevere contributi, anche pubblici, e quella del comma 3, ai sensi della quale essi possono ricevere dai beneficiari e dai terzi, compresi gli enti pubblici, solo il rimborso spese. Si ritiene che tale distonia vada risolta, che tale previsione vada meglio coordinata con quelle degli articoli 56, in tema di convenzioni, e 84, in tema di attività commerciale, e che vada mantenuto il precedente divieto di accettare soldi dai beneficiari;
   l'articolo 33 suscita, inoltre, perplessità nella parte in cui dispone che il numero dei lavoratori impiegati nell'attività delle ODV non può essere superiore al venti per cento del numero dei volontari, laddove la legge n. 266 del 1991 assumeva come parametro quello dei «limiti necessari al loro funzionamento oppure occorrenti a specializzare e qualificare l'attività svolta»;
   in generale per il volontariato sarebbe opportuno il ripristino dell'articolo 17 della legge 266 che consentiva di riconoscere la possibilità all'interno dei contratti di lavoro di flessibilità per favorire la partecipazione alle attività;
   l'articolo 35, nel definire le associazioni di promozione sociale (APS), le assimila sostanzialmente alle ODV, non evidenziandone la caratteristica principale – ovvero la dimensione mutualistica piuttosto che solidaristica, a differenza delle ODV, oltre ad escludere ingiustificatamente, tra le attività, il commercio equo e solidale, mentre include in maniera altrettanto ingiustificata gli ambiti della formazione universitaria e della ricerca e, al comma 3, pone un limite che risulta problematico, soprattutto per le associazioni sportive;Pag. 160
   l'articolo 36 la cui rubrica è «risorse» concentra esclusivamente sul tema del personale e ci si chiede con quali risorse le APS potranno attivarsi, nulla viene poi previsto per contrastare il fenomeno delle associazioni in ambito ricreativo nelle quali a volte la dimensione di socio è limitata a una serata;
   l'articolo 41, concernente le reti associative sembra trascurare la rappresentanza settoriale, che si riferisce agli enti aventi interessi comuni, negli stessi ambiti di attività, soprattutto per quanto riguarda l'interlocuzione con i ministeri competenti;
   gli articoli compresi tra il 46 e il 54, concernenti il registro unico nazionale del Terzo settore, presuppongono la massima condivisione con le regioni, alle quali spetta la gestione operativa del registro, al fine di evitare il moltiplicarsi di regole non omogenee. Si rileva, inoltre, che tali articoli prevedono un numero eccessivo di comunicazioni al registro, che rischiano di tradursi in oneri particolarmente gravosi per gli enti del Terzo settore, mentre si ritiene che, a seguito dell'iscrizione, tutte le informazioni richieste dovrebbero essere contenute nel bilancio o nel rendiconto, se di natura economica, ovvero nel bilancio sociale o nella relazione prevista dall'articolo 13 se di altra natura, in modo che gli obblighi si riducano a un solo invio annuale;
   le disposizioni recate dalle disposizioni comprese nel Titolo VII, che regolano i rapporti tra enti del Terzo settore ed enti pubblici (articoli da 55 a 57), sembrano complessivamente condivisibili, considerato che tali disposizioni non possono che muoversi entro i limiti posti dalla normativa europea e dal recente Codice degli appalti. Si ritiene necessario, tuttavia, prevedere, almeno per le materie richiamate dall'articolo 117 della Costituzione, il rispetto della normativa regionale, in particolare quando questa preveda forme di accreditamento degli enti del Terzo settore;
   appaiono problematiche, in termini generali, le disposizioni recate dal capo II del Titolo VIII (articoli da 58 a 76), dedicato ai Centri di servizio del volontariato, alla luce dei principi posti dall'articolo 5 della legge n. 106 del 2016 quali: la democraticità delle associazioni a cui fanno capo i centri e, di conseguenza, della loro federazione, il controllo sui centri affidati agli organismi regionali tra di loro coordinati sul piano nazionale, l'efficientamento del sistema, al fine di far fronte alla riduzione delle risorse. Lo schema di decreto in esame, invece, prevede: la costituzione di una fondazione nazionale per la gestione a livello nazionale delle risorse e del controllo, spostando così sul livello nazionale funzioni esplicitamente assegnate a livello regionale; accorpamenti tra regioni; il ruolo subordinato ed esecutivo dei Centri, che sono pur sempre associazioni di associazioni;
   in particolare, all'articolo 61 si confondono i limiti posti dalla legge all'attività dei Centri di servizio per il volontariato con il contenuto dello statuto, rispetto al quale ad ogni associazione dovrebbe essere riconosciuto un certo margine di libertà;
   in base al comma 2 dell'articolo 61, sono assegnate all'organismo nazionale (ONC) funzioni che l'articolo 5, comma 1, lettera f), della legge 106, assegna agli organismi regionali (OTC);
   all'articolo 71, non si comprende la ragione dell'utilizzo dell'espressione: «purché non di tipo produttivo»;
   considerato, inoltre, il parere espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza speciale del 31 maggio 2017;
   preso, altresì, atto dei rilievi espressi in data 21 giugno dalla VI Commissione (Finanze), ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento della Camera dei deputati, che si recepiscono come condizioni con riferimento ai rilievi di cui Pag. 161alle lettere a), h), i), l), m), n), o), p), q), r), s), t), u), v), z), aa), bb), cc), dd), ee), ff), gg), hh), ii), ll), mm), nn), oo), pp), qq), rr), ss),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
  provveda il Governo a:
   1) all'articolo 4, comma 2, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 32, comma 4»;
   2) all'articolo 5, apportare le seguenti modifiche:
    I. alla lettera a), sia inserito un riferimento anche alle leggi n. 104 del 1992 (»Integrazione sociale e diritti delle persone handicappate»), n. 112 del 2016 (cosiddetto «Dopo di noi»), n. 33 del 2017 (»Contrasto della povertà»), nonché alla legislazione regionale prodotta in materia;
    II. alla lettera b), siano sostituite le parole: «prestazioni sanitarie» con le seguenti: «interventi sanitari» e siano soppresse le parole: «riconducibili ai Livelli Essenziali di Assistenza»;
    III. alla lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e alla normativa regionale di riferimento»;
    IV. alla lettera e), alla parola: «servizi» siano premesse le seguenti: «attività e» e, alla fine della lettera, siano aggiunte le parole: «nonché alla lotta allo spreco alimentare e alla promozione della donazione e alla distribuzione a fini di solidarietà sociale ai sensi della legge 19 agosto 2016, n. 166»;
    V. sia sostituita la lettera h) con la seguente: «promozione, finanziamento o conduzione diretta della ricerca scientifica di particolare interesse sociale»;
    VI. alla lettera i), dopo le parole: «ricreative di interesse sociale» siano aggiunte le seguenti: «per finalità, utenza e contesto sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, del dono, dell'associazionismo, dell'imprenditorialità sociale, del consumo responsabile e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo»;
    VII. sia sostituita la lettera l) con la seguente: «l) formazione extra scolastica di carattere formale e informale, finalizzata alla lotta alla dispersione scolastica, alla prevenzione del bullismo e del cyberbullismo e al contrasto della povertà educativa, nonché formazione professionale realizzata da enti accreditati dalle regioni, finalizzata al rilascio di qualificazioni professionali»;
    VIII. sia sostituita la lettera o) con la seguente: «attività commerciali, produttive, di educazione e di informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore delle filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a consentire, accompagnare e migliorare l'accesso del produttore al mercato, attraverso il dialogo, la trasparenza, il rispetto e la solidarietà, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere loro di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile»;
    IX. alla lettera w), siano aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, promozione delle politiche di genere e tutela dei consumatori»;
    X. alla lettera z), siano premesse le seguenti parole: «promozione della cultura della legalità e»;
    XI. dopo la lettera z), sia aggiunta la seguente: «aa) sostegno e promozione di Pag. 162scambio e di aiuto reciproco anche attraverso le associazioni denominate «banche dei tempi», ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53», nonché interventi a sostegno della genitorialità;
   3) all'articolo 6, sostituire le parole: «e strumentali» con le seguenti: «o strumentali» e aggiungere, in fine, le parole: «, comprensive dell'impegno gratuito e volontario»;
   4) all'articolo 8 apportare le seguenti modifiche:
    I) al comma 3, lettera a), siano sostituite le parole: «che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, ed in ogni caso superiori a euro ottantamila annui» con le seguenti: «che operano nei medesimi settori o di analoga dimensione economica»;
    II) al medesimo comma 3, sia soppressa la lettera d), in quanto concretamente inapplicabile;
   5) all'articolo 14, comma 2, dopo la parola: «associati» aggiungere le seguenti: «non lavoratori»;
   6) all'articolo 16, in analogia con quanto previsto dallo schema di decreto legislativo in materia di riordino dell'impresa sociale (AG 418), modificare il rapporto della differenza retributiva tra lavoratori dipendenti e dirigenti da uno a sei a uno a otto;
   7) all'articolo 17, sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti: «1. Il volontario è colui che per sua libera scelta svolge attività a favore della comunità e del bene comune per fini di solidarietà anche per il tramite di un ente del Terzo settore mettendo a disposizione, in modo gratuito e senza fini di lucro, anche indiretto, il proprio tempo, le proprie capacità relazionali e professionali. 2. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi, salvo quanto previsto per le organizzazioni di volontariato dagli articoli 32 e 33, di volontari nello svolgimento delle proprie attività, e anche ai fini di quanto previsto all'articolo 18 tengono apposito elenco dei volontari che prestano la propria opera con continuità»;
   8) all'articolo 17, sopprimere il comma 6;
   9) all'articolo 17, comma 7 aggiungere il riferimento alla legge n. 74 del 2001, che riconosce il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico;
   10) all'articolo 21, comma 1, sopprimere le parole: «e le eventuali sedi secondarie»;
   11) all'articolo 22, prevedere un termine massimo entro il quale il registro deve pronunciarsi, scaduto il quale deve valere il principio generale del silenzio assenso;
   12) all'articolo 25, sostituire il comma 2 con il seguente: «2. Le disposizioni di cui agli articoli 24, commi 1, 2 e 3, e del presente articolo, non si applicano alle reti associative di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 41; in ogni caso, gli atti costitutivi o gli statuti devono rispettare il principio di democraticità, di elettività delle cariche sociali, e devono prevedere gli obblighi degli associati»;
   13) all'articolo 32, sostituire il comma 1 con il seguente: «Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore liberamente costituiti per il raggiungimento di scopi solidaristici, avvalendosi in modo prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti. Sono costituiti in forma di associazione riconosciuta o non riconosciuta con almeno sette associati volontari o tre organizzazioni di volontariato, e svolgono una o più delle attività di cui all'articolo 5». Conseguentemente, al medesimo articolo 32, sopprimere il comma 3;
   14) al medesimo articolo 32, comma 2, prevedere la possibilità che siano ammessi anche soci non volontari;
   15) all'articolo 33, comma 2, dopo le parole: «raccolta fondi» aggiungere le seguenti: «e attività commerciali marginali di cui agli articoli 6 e 84»; al medesimo Pag. 163comma, sopprimere il riferimento al comma 4 dello stesso articolo, in quanto l'articolo 33 contiene solo 3 commi;
   16) all'articolo 35, sostituire il comma 3 con il seguente: «Le associazioni di promozione sociale costituite esclusivamente o in maggioranza da altre associazioni di promozione sociale, possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti non profit, a condizione che il loro numero non sia superiore al trenta per cento del numero delle associazioni di promozione sociale. Tale condizione non si applica alle associazioni costituite in maggioranza da soci persone fisiche»;
   17) all'articolo 39, concernente il bilancio sociale degli enti filantropici, dopo la parola: «importi» aggiungere le seguenti: «, nonché i beneficiari diversi dalle persone fisiche, «;
   18) sostituire il comma 1 dell'articolo 41 nei seguenti termini: «Le reti associative sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che svolgono, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali. Sono reti associative: a) le reti settoriali che associano almeno 20 enti del Terzo settore che esercitano la stessa attività di interesse generale in almeno cinque regioni; b) le reti associative nazionali che associano, anche indirettamente, attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province autonome; c) le associazioni singole o aggregate con oltre centomila associati persone fisiche e con proprie sedi operative in almeno dieci regioni o province autonome». Conseguentemente, coordinare nel testo le altre disposizioni concernenti le reti associative;
   19) all'articolo 50, comma 3, sopprimere l'obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di modifica della sezione di appartenenza al Registro;
   20) all'articolo 53, sopprimere il rinvio a leggi regionali, che sembrerebbe tradursi in un inutile appesantimento, anche perché in ogni caso spetta alle regioni decidere lo strumento;
   21) all'articolo 56, prevedere che le regole imposte dai commi 2 e seguenti si applicano alle convenzioni firmate dopo la pubblicazione del presente decreto;
   22) all'articolo 57, dopo le parole: «rete associativa di cui all'articolo 41» aggiungere le seguenti: «o accreditati sulla base delle normative regionali»;
   23) all'articolo 60, lettere a) e b), sopprimere le parole: «ove richiesto» con riferimento agli atti da sottoporre al parere, peraltro non vincolante, del Consiglio nazionale»;
   24) trasferire in una disposizione ad hoc il contenuto dell'articolo 61, comma 1, lettere b), c), k), l), in quanto attengono a limiti posti dalla legge e non si riferiscono, quindi alla statuto;
   25) all'articolo 61, aggiungere il seguente comma: «Le regioni interessate dal sisma in centro Italia conservano in via transitoria e per un massimo di cinque anni dall'entrata in vigore del presente decreto il numero attuale dei CSV»;
   26) riassegnare la decisione sul numero dei CSV e sulla loro collocazione agli OTC, conformemente con l'articolo 5 della legge n. 106 del 2016, sulla base dei criteri indicati dall'ONC, fondati sui principi di efficienza, efficacia ed economicità e con la garanzia della presenza dei CSV in ogni regione e in proporzione alla popolazione. Conseguentemente, all'articolo 61, sopprimere il comma 2, e coordinare tale disposizione con articolo 64, comma 5, lettera c); Pag. 164
   27) disciplinare le competenze dell'associazione dei CSV più rappresentativa, di cui al comma 7 dell'articolo 62, in modo analogo a quanto previsto per i CSV, in particolare in tema di democrazia interna, incompatibilità e limiti dei mandati;
   28) con riferimento all'articolo 64, alla lettera b), in merito alla composizione dell'ONC, sostituire i due rappresentanti dei CSV con «due rappresentanti indicati Consiglio nazionale del terzo settore, di cui uno espressione del volontariato», dal momento che l'ONC è chiamato a valutare i CSV, e, alla lettera d), prevedere «due membri designati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di cui uno espressione delle regioni e l'altro dell'ANCI»;
   29) sostituire il comma 2 dell'articolo 65 con il seguente: «Gli OTC sono costituiti in ciascuna regione e provincia autonoma, fatta salva la possibilità di accorpamenti in ragione della dimensione dell'area territoriale di riferimento». Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 3, sostituire la lettera d), con la seguente: «un membro per ogni regioni per ciascuna OTC, designato dalle regioni e/o dalle province autonome del territorio di riferimento;
   30) prevedere il pieno utilizzo dei 170 milioni di stanziamento, ripartendo le risorse assegnate tra: la copertura delle disposizioni di cui all'articolo 73 del provvedimento in oggetto, evitando così l'ulteriore riduzione del Fondo per le politiche sociali; l'incremento del numero dei volontari da avviare al Servizio civile; il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore di cui all'articolo 72, nonché il sostegno alle attività di registrazione, vigilanza e controllo;
   31) all'articolo 99, indicare con il numero «2.» il comma attualmente indicato con il numero «4.»;
   32) dopo l'articolo 103, aggiungere il seguente: «Articolo 103-bis – (Clausola di salvaguardia). 1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

e con le seguenti osservazioni:
  valuti il Governo l'opportunità di:
   a) all'articolo 1, comma 1, sopprimere le parole: «secondo comma», con riferimento al richiamo all'articolo 3 della Costituzione, per un maggiore coordinamento con la legge n. 106 del 2016;
   b) all'articolo 7, comma 2, consentire alle cooperative sociali di tipo B la possibilità di realizzare attività di raccolta fondi con le modalità ivi stabilite;
   c) all'articolo 8, comma 3, sia soppressa la lettera b);
   d) all'articolo 8, comma 3, lettera c), sostituire le parole: «valore normale» come le seguenti: «valore corrente»;
   e) agli articoli 11 e 12 prevedere, in luogo del cambio di denominazione sociale, l'inserimento dell'indicazione «ETS iscritto nel registro unico nazionale del Terzo settore» nelle comunicazioni che spettano all'ente;
   f) all'articolo 11, comma 2, introdurre la possibilità dell'iscrizione al registro delle imprese degli enti che svolgano attività commerciale secondaria se esercitano la propria attività in regime di partita IVA;
   g) all'articolo 11, comma 3, predisporre misure volte a garantire l'effettiva corrispondenza delle imprese sociali ai requisiti del Terzo settore in merito alle loro finalità e operatività nonché a garantire che le imprese sociali non si sottraggano alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   h) all'articolo 12, prevedere un periodo di dodici mesi per consentire l'adeguamento degli enti del Terzo settore alle disposizioni sulla denominazione sociale;Pag. 165
   i) all'articolo 14, comma 2, prevedere che si tenga conto, per quanto riguarda le modalità di pubblicazione dei dati, delle dimensioni dell'ente, al fine di non aggravare i costi degli enti di minori dimensioni;
   j) all'articolo 15, consentire che l'adempimento degli obblighi ivi previsti avvenga tramite l'utilizzo di strumenti informatici;
   k) all'articolo 16, inserire, dopo il comma 1, il seguente: «Gli statuti degli enti del Terzo settore devono prevedere forme di coinvolgimento dei lavoratori, dei volontari non soci e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alle loro attività adeguata al tipo di attività di interesse generale e alla grandezza dell'ente»;
   l) all'articolo 17, verificare la possibilità di non applicare il divieto di cui al comma 5 a coloro che svolgano la propria attività volontaria in modo occasionale;
   m) all'articolo 18, prevedere espressamente la possibilità di stipulare una polizza assicurativa collettiva per le manifestazioni o iniziative pubbliche a copertura dei volontari occasionali, intendendosi quelli che partecipano solo alla manifestazione o iniziativa o il cui impegno è di un solo giorno per semestre;
   n) all'articolo 19, valutare se riconoscere e regolamentare l'utilizzo, da parte dei comuni e delle scuole, di volontari civici individuali e occasionali, prevedendo sia predisposto un apposito regolamento e che sia rispettato l'obbligo previsto dall'articolo 18;
   o) nell'ambito del Titolo IV, introdurre un nuovo articolo che riguardi solo le fondazioni, estrapolando le disposizioni riferite alle fondazioni dagli articoli che le riguardano, al fine di rendere più agevole la lettura del testo e di facilitarne l'interpretazione;
   p) all'articolo 22, comma 2, dopo le parole «iscrive l'ente nel registro stesso», aggiungere le seguenti: «Se nel termine di trenta giorni dal deposito dell'atto l'ufficio non comunica ai richiedenti il motivato diniego ovvero non chiede di integrare la documentazione, l'ente si considera iscritto» e al comma 3, sostituire la parola: «negata» con le seguenti: «accolta e l'ente si considera iscritto al registro»;
   q) all'articolo 22, comma 4, verificare la possibilità di prevedere una soglia più elevata ai fini dell'acquisto della personalità giuridica, in linea con quanto previsto nel parere espresso dal Consiglio di Stato;
   r) all'articolo 23, commi 2 e 3, chiarire che le disposizioni ivi previste non sono vincolanti e che, quindi, gli statuti degli enti possono disporre in maniera diversa;
   s) all'articolo 24, distinguere, almeno per quanto riguarda il comma 3, le norme valevoli per gli enti composti solo da persone fisiche da quelli composti anche da altri enti;
   t) all'articolo 30, innalzare le soglie di cui al comma 2 rendendole conformi a quelle individuare nel successivo articolo 31, comma 1, onde non penalizzare gli enti del Terzo settore rispetto alle società profit;
   u) all'articolo 32, verificare la possibilità del mantenimento in vigore dell'articolo 17 della legge n. 266 del 1991, avente per oggetto la possibilità che nei contratti collettivi di lavoro sia previsto il diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni per svolgere attività di volontariato;
   v) all'articolo 32, comma 2, valutare la possibilità di elevare la soglia del trenta per cento pur mantenendo la maggioranza alle ODV;
   w) all'articolo 33, comma 1, verificare la congruità del limite del 20 per cento di dipendenti rispetto alla normativa precedente;
   x) all'articolo 33, chiarire la differenza tra ricevere contributi pubblici, di cui al comma 2, e il mero rimborso delle spese, previsto dal successivo comma 3;Pag. 166
   y) all'articolo 36, verificare la congruità del limite del 20 per cento di dipendenti rispetto alla normativa precedente, tenuto conto della diversa natura delle APS rispetto alle ODV, nonché l'opportunità di indicare quali siano le fonti di finanziamento delle APS;
   z) all'articolo 47, comma 1, dopo le parole; «dall'articolo 22» aggiungere le seguenti: «per gli enti con personalità giuridica»;
   aa) all'articolo 48, comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «laddove le suddette informazioni non siano già in possesso dell'amministrazione finanziaria», nonché prevedere, al comma 3 del medesimo articolo, che, per esigenze di semplificazione, i dati relativi ai contribuiti pubblici percepiti e i rendiconti della raccolta fondi siano inseriti nei bilanci e nella relazione di cui agli articoli 13 e 14;
   bb) all'articolo 48, comma 4, collegare la cancellazione dal Registro a ripetute violazioni dell'obbligo di deposito degli atti e dei loro aggiornamenti;
   cc) all'articolo 49, considerare il caso in cui la cancellazione dal Registro derivi da una libera scelta, non motivata, e non solo, quindi, dal verificarsi di una delle cause di estinzione o scioglimento dell'ente;
   dd) nell'ambito dell'articolo 53, concernente il funzionamento del Registro, prevedere un meccanismo in base al quale l'ente del Terzo settore che non abbia ottenuto l'iscrizione a livello regionale può fare istanza al livello nazionale;
   ee) ampliare la disposizione di cui all'articolo 57 all'intero trasporto sanitario che ricade nella responsabilità aziendale sanitaria;
   ff) all'articolo 59, rivedere la composizione del Consiglio nazionale del Terzo settore, che si compone di soli 18 rappresentanti, laddove tale organo sarebbe rappresentativo di 300.000 soggetti circa;
   gg) all'articolo 64, valutare se mantenere la scelta della fondazione con riferimento all'Organismo nazionale di controllo ovvero se – come si ritiene preferibile – optare per una soluzione diversa (ad esempio un'associazione con personalità giuridica), attribuendo all'ONC compiti di coordinamento anziché di controllo e prevedendo, per quanto riguarda la composizione, una maggiore presenza della rappresentanza «pubblica», anche tenuto conto del finanziamento previsto tramite credito di imposta, accogliendo la richiesta delle regioni di avere un loro rappresentante;
   hh) rivedere l'impianto stesso dell'articolo 65, che sembrerebbe non conforme al dettato dell'articolo 5, lettera f), della legge n. 106 del 2016, che parla chiaramente di «organismi», mentre tale non può essere considerato un ufficio territoriale periferico, né si comprende come possa in tale veste dotarsi di un proprio regolamento, sia pure soggetto a verifica;
   ii) all'articolo 71, comma 1, sopprimere le parole: «purché non di tipo produttivo»;
   jj) all'articolo 71, comma 3, introdurre un meccanismo in base al quale la durata della cessione in comodato sia commisurata allo stato dell'immobile e, quindi, ai costi richiesti all'ente per la manutenzione ordinaria e straordinaria;
   kk) all'articolo 95, comma 4, chiarire chi sia l'oggetto della verifica e quale interlocuzione ci sia con gli uffici regionali;
   ll) all'articolo 97, comma 3, prevedere che della Cabina di regia facciano comunque parte due componenti designati dalla Conferenza unificata;
   mm) all'articolo 99, completare il percorso delineato dal decreto n. 178 del 2012 e posto in capo al Ministero della salute, anche prevedendo l'effettivo subentro dell'Associazione della Croce rossa italiana nei rapporti attivi e passivi, nonché nella piena disponibilità e proprietà del Pag. 167patrimonio mobiliare ed immobiliare posto in capo all'ente strumentale alla Croce rossa italiana, del quale, pertanto, è necessario si concluda in modo sollecito, anche a tutela della certezza dei rapporti giuridici in essere con i terzi, il processo liquidatorio avviato dal decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, e tuttora non concluso a causa della complessità di un quadro normativo di difficile interpretazione e applicazione;
   nn) all'articolo 102, comma 3, sostituire le parole: «e all'articolo 96 della legge 21 novembre 2000, n. 342» con le seguenti: «e all'articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342»;
   oo) aggiungere, in fine, la previsione per cui i decreti di cui agli articoli 6, comma 1, 7, comma 2, 13, comma 3, 14, comma 1, 18, comma 2, 19, comma 2, 46, comma 3, 47, comma 5, 53, comma 1, 59, comma 3, 62, comma 6, 54, comma 1, 64, comma 3, 65, comma 4, 76, comma 4, 77, comma 15, 81, comma 7, e 96, comma 1 del presente decreto, ove non diversamente disposto, sono emanati entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore. Atto n. 417.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione,
   esaminato, nelle sedute del 30 maggio, dell'8, del 13, del 20, del 21 e del 22 giugno 2017 lo schema di decreto legislativo recante Codice del Terzo settore (atto n. 417);
   tenuto conto delle audizioni informali svoltesi presso la medesima Commissione il 5 e il 14 giugno 2017 e preso visione delle memorie scritte depositate dai soggetti auditi nel corso di tali audizioni;
   preso atto che lo schema del decreto legislativo in oggetto dà attuazione alla legge delega – in particolare all'articolo 1, comma 2, lettera b) – disponendo il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del Terzo settore;
   considerato che tale attività di revisione e riordino è finalizzata alla valorizzazione del contributo del Terzo settore allo sviluppo del Paese e alla sua tenuta sociale, ponendosi la predetta legge delega l'obiettivo di concentrare la tutela e la valorizzazione delle realtà effettivamente meritevoli rispetto al più vasto campo dell'associazionismo attraverso la predisposizione di una normativa volta a favorire tali realtà in termini fiscali e di semplificazione;
   sottolineato come la riforma in oggetto non riguardi la totalità delle realtà presenti nel mondo dell'associazionismo in quanto, oltre alla tutela costituzionale della libertà di associazione, garantita dagli articoli 2 e 18 della Costituzione, rimangono in vigore gli articoli del libro primo, titolo II, del codice civile, che regolano la materia delle associazioni e delle fondazioni. Il Codice riguarda, quindi, gli enti che scelgono di aderire al Terzo settore e di iscriversi al Registro unico nazionale, che è condizione necessaria per l'applicabilità del Codice;
   rilevato, in termini generali, come lo schema di decreto presenti un contenuto complesso, improntato sulla ricerca di un equilibrio tra le esigenze di riforma, da un lato, e il rispetto e la valorizzazione delle tante esperienze positive che esistono allo stato attuale nel Paese, dall'altro;
   evidenziato, tuttavia, come non venga data piena attuazione agli obiettivi posti alla base della legge n. 106 del 2016 soprattutto perché, permanendo la normativa di carattere generale del codice civile, e prevedendo il Codice una serie di nuovi adempimenti burocratici decisamente onerosi, a fronte di vantaggi fiscali in continuità con il passato, una parte dei soggetti interessati potrebbe ritenere più vantaggioso rimanere nell'ambito della normativa dettata dal codice civile. Il fenomeno è particolarmente evidente per le associazioni sportive, per le quali è indubbio che la legge 16 dicembre 1991, n. 398, risulti più vantaggiosa; altrettanto si può ipotizzare per gli enti ecclesiastici;
   osservato che, invece, rimane sostanzialmente non attuata la delega contenuta alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 Pag. 169della legge n. 106 del 2016, concernente la revisione del codice civile, per le ragioni che saranno via via puntualizzate nel corso del parere;
   rilevato, per quanto riguarda le singole disposizioni recate dallo schema in esame, che:
    l'articolo 5, nell'elencare le attività di interesse generale, contiene al tempo stesso alcune indicazioni alquanto restrittive, altre invece eccessivamente generiche. Inoltre, alcuni settori risultano assenti ovvero non chiaramente indicati, quali ad esempio la difesa dei consumatori – che non può essere ridotta a rappresentanza economica –, i settori dell'auto-aiuto e della mutualità – nei quali si stanno sperimentando modalità innovative di economia sociale anche grazie alla sharing economy –, la promozione delle politiche di genere, la lotta agli sprechi alimentari (legge n. 66 del 2016), il contrasto alla povertà (legge n. 33 del 2017) e alla povertà educativa, il contrasto al bullismo e al cyberbullismo (legge n. 71 del 2017), le attività connesse all'attuazione della legge n. 112 del 2016, sul cosiddetto «Dopo di noi» (tutte attività, queste ultime, riconducibili a leggi approvate nel corso della presente legislatura, con un apporto rilevante della Commissione Affari sociali);
    le definizioni delle attività di interesse generale sembrano sbilanciate nel senso di riferirsi agli enti erogatori di servizi piuttosto che a quelli di advocacy; inoltre, alcune definizioni sono diverse rispetto a quelle utilizzate nello schema di decreto legislativo in materia di riordino dell'impresa sociale (Atto n. 418);
    appare incomprensibile il restringimento delle prestazioni socio-sanitarie – di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c) – alla sola erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), in quanto porterebbe ad escludere attività di carattere solidaristico che non siano ricomprese nei LEA (quale ad esempio quella svolta da un ambulatorio odontoiatrico mobile rivolto alla cure gratuite in favore di persone disagiate, in quanto le cure dentali non sono ricomprese nei LEA); inoltre, l'uso della parola «prestazione « invece di «attività» tiene fuori dal perimetro del Terzo settore enti che storicamente ne fanno parte quali ad esempio quelli che si occupano della donazione gratuita di sangue o di organi (la prestazione, infatti, è la trasfusione, non la donazione);
    la previsione delle attività ricreative e di quelle turistiche di interesse sociale – di cui all'articolo 5, comma 1, lettere i) e k) – sono suscettibili di creare un certo allarme presso le imprese profit che svolgono la propria attività in questi settori data la possibilità di abusi, ciò che induce a volerne precisare meglio l'ambito;
    il riferimento all'agricoltura sociale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera s), rischia di generare dubbi interpretativi, in quanto pone rilevanti problemi di coordinamento con il combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lettere a), b), c), d), e 5, della legge n. 141 del 2015, sull'agricoltura sociale, ai sensi del quale la possibilità che le attività di agricoltura sociale individuate dalle predette lettere, di tipo imprenditoriale, possano essere svolte in associazione con soggetti non imprenditoriali del Terzo settore, non significa che l'apporto collaborativo di detti enti non imprenditoriali sia inquadrabile nell'ambito dell'agricoltura sociale;
    l'articolo 8, nel prevedere l'obbligo di destinazione del patrimonio degli enti del Terzo settore all'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, indica una serie di comportamenti potenzialmente elusivi del divieto di distribuzione degli utili in riferimento soprattutto al personale, mentre nulla prevede circa i rischi conseguenti ad altri tipi di comportamenti quali ad esempio la creazione di più enti, emanazione del primo, o il rapporto con gli enti soci;
    la previsione contenuta nella lettera d) del comma 3 dell'articolo 8, in base alla quale si considerano distribuzione di utili le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di mercato, anche a coloro che hanno effettuato Pag. 170erogazioni liberali a favore dell'organizzazione e ai loro parenti fino al terzo grado e affini entro il secondo grado, non sembra poter essere concretamente applicata nei confronti degli enti di dimensioni maggiori a cui verrebbe richiesto di sapere quale relazione intercorre tra un donatore, magari on line, e un utente;
    l'articolo 11 prevede, per le imprese sociali, che l'iscrizione nell'apposita sezione del registro delle imprese soddisfi il requisito dell'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, impedendo in tal modo un controllo adeguato sia sulla dimensione «sociale» che su quella «non lucrativa»; si ritiene che debba comunque permettersi al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in sede di verifica e di controllo, di intervenire, anche eventualmente prevedendo la doppia cancellazione;
    all'articolo 12 – e, successivamente, agli articoli 32 e 35 – si impone a tutti gli enti la modifica della ragione sociale, che costituisce un adempimento burocratico costoso e inutile, ritenendosi invece più ragionevole ampliare quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 11, in merito all'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore;
    un'ulteriore misura di semplificazione deriverebbe dalla soppressione dell'articolo 13, comma 3, in quanto non si comprende a che titolo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrebbe definire una modulistica comune in materia di bilancio quando la materia è regolata da norme civilistiche e, soprattutto, dalle esigenze del fisco;
    sempre per evidenti ragioni di semplificazione, i bilanci di cui all'articolo 14 dovrebbero diventare il «contenitore» di tutte le informazioni richieste in diversi articoli dello schema di decreto e che al suddetto registro, per ragioni di risparmio, dovrebbe essere inviata non più di una comunicazione annuale;
    all'articolo 15, non appare appropriato l'utilizzo di termini quali «registro» o «libri» al posto di «elenco» e «verbale», ciò che suscita preoccupazioni da parte delle associazioni di piccole dimensioni. Occorrerebbe, inoltre, prevedere la gestione informatizzata dei libri sociali obbligatori;
    l'articolo 17 sembra non essere conforme allo spirito della legge delega, di considerare la tutela dello status del volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato (ODV) – ex articolo 5, comma 1, lettera a), della legge n. 106 del 2016 – in quanto, nella prima parte, si concentra più sugli enti che sui volontari, non distingue tra enti del Terzo settore e la specificità delle ODV, e non riconosce quanto di volontario ci sia nell'impegno per la vita associativa;
    pur ritenendosi apprezzabile l'intento, dello stesso articolo 17, commi 3 e 4, di risolvere l'annosa questione dei rimborsi inserendo un tetto e ponendo in capo al singolo la responsabilità di rendicontare, si osserva tuttavia come, estendendo la possibilità del rimborso al volontario dalle sole ODV a tutti gli enti del Terzo settore, comprese quindi le imprese sociali e le cooperative, il rischio di abusi sia molto alto pur alla presenza del comma 5;
    il comma 6 dell'articolo 17 andrebbe soppresso in quanto non riconosce la connessione esistente tra le attività di volontariato e l'impegno nella vita associativa;
    fra le eccezioni di cui comma 7 dell'articolo 17, andrebbe aggiunto il riferimento alla legge n. 74 del 2001, che riconosce il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico;
    la distinzione tra volontari occasionali e altri volontari dovrebbe essere tenuta presente nell'articolo 18 al fine di non gravare con oneri amministrativi, prevedendo forme collettive di assicurazione;
    nonostante il Titolo IV rechi: «Delle associazioni e delle fondazioni del Terzo settore», alle fondazioni non è dedicato specificamente alcun articolo; sono, Pag. 171infatti, considerate solo quelle filantropiche, che costituiscono tuttavia solo una parte delle fondazioni, che rimangono, pertanto, sostanzialmente regolate – salvo che per l'acquisizione della personalità giuridica – dal codice civile, e tale scelta potrebbe causare in futuro notevole problemi interpretativi;
    gli articoli 21 e seguenti, che regolano in maniera eccessivamente puntuale l'organizzazione e la vita democratica degli enti del Terzo settore e non prevedono sostanziali distinzioni tra associazioni riconosciute e non riconosciute, parrebbero in contrasto con l'articolo 2 della legge delega, diretto a riconoscere l'autonomia statutaria degli enti e a semplificare la normativa vigente;
    all'articolo 30, dovrebbero essere richiamati i parametri di cui all'articolo 31 per quanto riguarda i limiti al di sopra dei quali deve essere nominato un organo di controllo, al fine di non penalizzare gli enti del Terzo settore rispetto alle società profit quali ad esempio le società a responsabilità limitata;
    l'articolo 32, dedicato alle ODV, suscita perplessità sotto diversi profili, in primis con riferimento alla conformità rispetto all'articolo 5 della legge n. 106 del 2016, per cui si ritiene preferibile riprendere la definizione delle ODV recata dall'articolo 3 della legge n. 266 del 1991, considerata più chiara e più «valoriale» di quella meramente matematica proposta dal testo in esame;
    l'articolo 32, inoltre, sembra non tenere presente che, a differenza dalle associazioni di promozione sociale (APS), le ODV sono costituite prevalentemente da soci volontari; pertanto, la natura stessa dell'ODV determina che il controllo dell'organizzazione sia nelle mani dei soci volontari. Diversi soggetti auditi hanno chiesto la soppressione del comma 2 o, almeno, che possano essere soci enti no profit, potendosi così considerare anche gli enti religiosi;
    condivisibile all'articolo 32 il riconoscimento della specificità dell'organizzazione della protezione civile, altrettanta attenzione andrebbe data alle regole regionali quando impongano criteri di accreditamento delle ODV;
    con riferimento all'articolo 33, in tema di risorse con cui gli enti del Terzo settore svolgono la propria attività, si evidenzia una distonia tra la previsione del comma 2, che prevede la possibilità di ricevere contributi, anche pubblici, e quella del comma 3, ai sensi della quale essi possono ricevere dai beneficiari e dai terzi, compresi gli enti pubblici, solo il rimborso spese. Si ritiene che tale distonia vada risolta, che tale previsione vada meglio coordinata con quelle degli articoli 56, in tema di convenzioni, e 84, in tema di attività commerciale, e che vada mantenuto il precedente divieto di accettare soldi dai beneficiari;
    l'articolo 33 suscita, inoltre, perplessità nella parte in cui dispone che il numero dei lavoratori impiegati nell'attività delle ODV non può essere superiore al venti per cento del numero dei volontari, laddove la legge n. 266 del 1991 assumeva come parametro quello dei «limiti necessari al loro funzionamento oppure occorrenti a specializzare e qualificare l'attività svolta»;
    in generale per il volontariato sarebbe opportuno il ripristino dell'articolo 17 della legge 266 che consentiva di riconoscere la possibilità all'interno dei contratti di lavoro di flessibilità per favorire la partecipazione alle attività;
    l'articolo 35, nel definire le APS, le assimila sostanzialmente alle ODV, non evidenziandone la caratteristica principale – ovvero la dimensione mutualistica piuttosto che solidaristica, a differenza delle ODV, oltre ad escludere ingiustificatamente, tra le attività, il commercio equo e solidale, mentre include in maniera altrettanto ingiustificata gli ambiti della formazione universitaria e della ricerca e, al comma 3, pone un limite che risulta problematico, soprattutto per le associazioni sportive;Pag. 172
    l'articolo 36 la cui rubrica è «risorse» concentra esclusivamente sul tema del personale e ci si chiede con quali risorse le APS potranno attivarsi, nulla viene poi previsto per contrastare il fenomeno delle associazioni in ambito ricreativo nelle quali a volte la dimensione di socio è limitata a una serata;
    l'articolo 41, concernente le reti associative sembra trascurare la rappresentanza settoriale, che si riferisce agli enti aventi interessi comuni, negli stessi ambiti di attività, soprattutto per quanto riguarda l'interlocuzione con i ministeri competenti;
    gli articoli compresi tra il 46 e il 54, concernenti il registro unico nazionale del Terzo settore, presuppongono la massima condivisione con le regioni, alle quali spetta la gestione operativa del registro, al fine di evitare il moltiplicarsi di regole non omogenee. Si rileva, inoltre, che tali articoli prevedono un numero eccessivo di comunicazioni al registro, che rischiano di tradursi in oneri particolarmente gravosi per gli enti del Terzo settore, mentre si ritiene che, a seguito dell'iscrizione, tutte le informazioni richieste dovrebbero essere contenute nel bilancio o nel rendiconto, se di natura economica, ovvero nel bilancio sociale o nella relazione prevista dall'articolo 13 se di altra natura, in modo che gli obblighi si riducano a un solo invio annuale;
    le disposizioni recate dalle disposizioni comprese nel Titolo VII, che regolano i rapporti tra enti del Terzo settore ed enti pubblici (articoli da 55 a 57), sembrano complessivamente condivisibili, considerato che tali disposizioni non possono che muoversi entro i limiti posti dalla normativa europea e dal recente Codice degli appalti. Si ritiene necessario, tuttavia, prevedere, almeno per le materie richiamate dall'articolo 117 della Costituzione, il rispetto della normativa regionale, in particolare quando questa preveda forme di accreditamento degli enti del Terzo settore;
    appaiono problematiche, in termini generali, le disposizioni recate dal capo II del Titolo VIII (articoli da 58 a 76), dedicato ai Centri di servizio del volontariato (CSV), alla luce dei principi posti dall'articolo 5 della legge n. 106 del 2016 quali: la democraticità delle associazioni a cui fanno capo i CSV e, di conseguenza, della loro federazione, il controllo sui CSV affidati agli organismi regionali tra di loro coordinati sul piano nazionale, l'efficientamento del sistema, al fine di far fronte alla riduzione delle risorse. Lo schema di decreto in esame, invece, prevede: la costituzione di una fondazione nazionale per la gestione a livello nazionale delle risorse e del controllo, spostando così sul livello nazionale funzioni esplicitamente assegnate a livello regionale; accorpamenti tra regioni; il ruolo subordinato ed esecutivo dei CSV, che sono pur sempre associazioni di associazioni;
    in particolare, all'articolo 61 si confondono i limiti posti dalla legge all'attività dei CSV con il contenuto dello statuto, rispetto al quale ad ogni associazione dovrebbe essere riconosciuto un certo margine di libertà;
    in base al comma 2 dell'articolo 61, sono assegnate all'organismo nazionale di controllo (ONC) funzioni che l'articolo 5, comma 1, lettera f), della legge 106, assegna agli organismi territoriali di controllo (OTC);
    all'articolo 71, non si comprende la ragione dell'utilizzo dell'espressione: «purché non di tipo produttivo»;
    considerato, inoltre, il parere espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza speciale del 31 maggio 2017;
    preso, altresì, atto dei rilievi espressi in data 21 giugno dalla VI Commissione (Finanze), ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento della Camera dei deputati, che si recepiscono in parte, come condizioni ed osservazioni inserite nel presente parere,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

Pag. 173

con le seguenti condizioni:
  provveda il Governo a:
   1) all'articolo 4, comma 1, inserire la formula già utilizzata all'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 per le ONLUS, sostituendo le parole: «ed ogni altro ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione» con le seguenti: «le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti»;
   2) all'articolo 4, comma 2, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell'articolo 32, comma 4»;
   3) all'articolo 5, apportare le seguenti modifiche:
    I) alla lettera a), sia inserito un riferimento anche alle leggi n. 104 del 1992 («Integrazione sociale e diritti delle persone handicappate»), n. 112 del 2016 (cosiddetto «Dopo di noi»), n. 33 del 2017 («Contrasto della povertà»), nonché alla legislazione regionale prodotta in materia;
    II) alla lettera b), siano sostituite le parole: «prestazioni sanitarie» con le seguenti: «interventi sanitari» e siano soppresse le parole: «riconducibili ai Livelli Essenziali di Assistenza»;
    III) alla lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e alla normativa regionale di riferimento»;
    IV) alla lettera e), alla parola: «servizi» siano premesse le seguenti: «attività e» e, alla fine della lettera, siano aggiunte le parole: «nonché alla lotta allo spreco alimentare e alla promozione della donazione e alla distribuzione a fini di solidarietà sociale ai sensi della legge 19 agosto 2016, n. 166»;
    V) sia sostituita la lettera h) con la seguente: «promozione, finanziamento o conduzione diretta della ricerca scientifica di particolare interesse sociale»;
    VI) alla lettera i), dopo le parole: «ricreative di interesse sociale» siano aggiunte le seguenti: «per finalità, utenza e contesto sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, del dono, dell'associazionismo, dell'imprenditorialità sociale, del consumo responsabile e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo»;
    VII) sia sostituita la lettera l) con la seguente: «l) formazione extra scolastica di carattere formale e informale, contrasto della dispersione scolastica, prevenzione del bullismo e del cyberbullismo e contrasto della povertà educativa, nonché formazione professionale realizzata da enti accreditati dalle regioni, finalizzata al rilascio di qualificazioni professionali»;
    VIII) sia sostituita la lettera o) con la seguente: «attività commerciali, produttive, di educazione e di informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore delle filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a consentire, accompagnare e migliorare l'accesso del produttore al mercato, attraverso il dialogo, la trasparenza, il rispetto e la solidarietà, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere loro di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile»;
    IX) alla lettera w), siano aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, promozione delle politiche di genere e tutela dei consumatori»;
    X) alla lettera z), siano premesse le seguenti parole: «promozione della cultura della legalità e»;Pag. 174
    XI) dopo la lettera z), sia aggiunta la seguente: «aa) sostegno e promozione di scambio e di aiuto reciproco anche attraverso le associazioni denominate «banche dei tempi», ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53», nonché interventi a sostegno della genitorialità;
   4) all'articolo 6, sostituire le parole: «e strumentali» con le seguenti: «o strumentali» e aggiungere, in fine, le parole: «, comprensive dell'impegno gratuito e volontario»;
   5) all'articolo 8 apportare le seguenti modifiche:
    I) al comma 3, lettera a), siano sostituite le parole: «che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, ed in ogni caso superiori a euro ottantamila annui» con le seguenti: «che operano nei medesimi settori o di analoga dimensione economica»;
    II) al medesimo comma 3, sia soppressa la lettera d), in quanto concretamente inapplicabile;
   6) all'articolo 14, comma 2, dopo la parola: «associati» aggiungere le seguenti: «non lavoratori»;
   7) all'articolo 16, in analogia con quanto previsto dallo schema di decreto legislativo in materia di riordino dell'impresa sociale (AG 418), modificare il rapporto della differenza retributiva tra lavoratori dipendenti e dirigenti da uno a sei a uno a otto;
   8) all'articolo 17, sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti: «1. Il volontario è colui che per sua libera scelta svolge attività a favore della comunità e del bene comune per fini di solidarietà anche per il tramite di un ente del Terzo settore mettendo a disposizione, in modo gratuito e senza fini di lucro, anche indiretto, il proprio tempo, le proprie capacità relazionali e professionali. 2. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi, salvo quanto previsto per le ODV dagli articoli 32 e 33, di volontari nello svolgimento delle proprie attività, e anche ai fini di quanto previsto all'articolo 18 tengono apposito elenco dei volontari che prestano la propria opera con continuità»;
   9) all'articolo 17, sopprimere il comma 6;
   10) all'articolo 17, comma 7 aggiungere il riferimento alla legge n. 74 del 2001, che riconosce il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico;
   11) all'articolo 21, comma 1, sopprimere le parole: «e le eventuali sedi secondarie»;
   12) all'articolo 22, prevedere un termine massimo entro il quale il registro deve pronunciarsi, scaduto il quale deve valere il principio generale del silenzio assenso;
   13) all'articolo 25, sostituire il comma 2 con il seguente: «2. Le disposizioni di cui agli articoli 24, commi 1, 2 e 3, e del presente articolo, non si applicano alle reti associative di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 41; in ogni caso, gli atti costitutivi o gli statuti devono rispettare il principio di democraticità, di elettività delle cariche sociali, e devono prevedere gli obblighi degli associati»;
   14) all'articolo 32, sostituire il comma 1 con il seguente: «Le ODV sono enti del Terzo settore liberamente costituiti per il raggiungimento di scopi solidaristici, avvalendosi in modo prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti. Sono costituiti in forma di associazione riconosciuta o non riconosciuta con almeno sette associati volontari o tre ODV, e svolgono una o più delle attività di cui all'articolo 5». Conseguentemente, al medesimo articolo 32, sopprimere il comma 3;
   15) al medesimo articolo 32, comma 2, prevedere la possibilità che siano ammessi anche soci non volontari;
   16) all'articolo 33, comma 2, dopo le parole: «raccolta fondi» aggiungere le seguenti: «e attività commerciali marginali di cui agli articoli 6 e 84»; al medesimo Pag. 175comma, sopprimere il riferimento al comma 4 dello stesso articolo, in quanto l'articolo 33 contiene solo 3 commi;
   17) all'articolo 35, sostituire il comma 3 con il seguente: «Le APS costituite esclusivamente o in maggioranza da altre APS, possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti non profit, a condizione che il loro numero non sia superiore al trenta per cento del numero delle APS. Tale condizione non si applica alle associazioni costituite in maggioranza da soci persone fisiche»;
   18) all'articolo 39, concernente il bilancio sociale degli enti filantropici, dopo la parola: «importi» aggiungere le seguenti: «, nonché i beneficiari diversi dalle persone fisiche,»;
   19) sostituire il comma 1 dell'articolo 41 nei seguenti termini: «Le reti associative sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che svolgono, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali. Sono reti associative: a) le reti settoriali che associano almeno 20 enti del Terzo settore che esercitano la stessa attività di interesse generale in almeno cinque regioni; b) le reti associative nazionali che associano, anche indirettamente, attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province autonome; c) le associazioni singole o aggregate con oltre centomila associati persone fisiche e con proprie sedi operative in almeno dieci regioni o province autonome». Conseguentemente, coordinare nel testo le altre disposizioni concernenti le reti associative;
   20) all'articolo 50, comma 3, sopprimere l'obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di modifica della sezione di appartenenza al Registro;
   21) all'articolo 53, comma 2, sopprimere il rinvio all'approvazione di leggi regionali per la disciplina dei provvedimenti di iscrizione e cancellazione degli enti del Terzo settore, che sembrerebbe tradursi in un inutile appesantimento, anche perché in ogni caso spetta alle regioni l'individuazione dello strumento normativo da utilizzare;
   22) all'articolo 56, prevedere che le regole imposte dai commi 2 e seguenti si applicano alle convenzioni firmate dopo la pubblicazione del presente decreto;
   23) all'articolo 57, dopo le parole: «rete associativa di cui all'articolo 41» aggiungere le seguenti: «o accreditati sulla base delle normative regionali»;
   24) all'articolo 60, lettere a) e b), sopprimere le parole: «ove richiesto» con riferimento agli atti da sottoporre al parere, peraltro non vincolante, del Consiglio nazionale del Terzo settore»;
   25) trasferire in una disposizione ad hoc il contenuto dell'articolo 61, comma 1, lettere b), c), k), l), in quanto attinente a limiti posti dalla legge e non si riferiscono, quindi allo statuto;
   26) all'articolo 61, aggiungere il seguente comma: «Nelle regioni interessate dal sisma in centro Italia gli organismi territoriali di controllo (OTC) possono conservare in via transitoria e per un massimo di cinque anni dall'entrata in vigore del presente decreto il numero attuale dei CSV»;
   27) riassegnare agli OTC la decisione sul numero dei CSV e sulla loro collocazione, conformemente con l'articolo 5 della legge n. 106 del 2016, sulla base dei criteri indicati dall'ONC, fondati sui principi di efficienza, efficacia ed economicità e con la garanzia della presenza dei CSV in ogni regione e in proporzione alla popolazione. Conseguentemente, all'articolo Pag. 17661, sopprimere il comma 2, e coordinare tale disposizione con articolo 64, comma 5, lettera c);
   28) disciplinare le competenze dell'associazione dei CSV più rappresentativa, di cui al comma 7 dell'articolo 62, in modo analogo a quanto previsto per i CSV, in particolare in tema di democrazia interna, incompatibilità e limiti dei mandati;
   29) all'articolo 64, comma 2, in merito alla composizione dell'ONC, alla lettera b) sostituire i due rappresentanti dei CSV con «due rappresentanti indicati Consiglio nazionale del terzo settore, di cui uno espressione del volontariato», dal momento che l'ONC è chiamato a valutare i CSV, e, alla lettera d), prevedere «due membri designati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di cui uno espressione delle regioni e l'altro dell'ANCI» anziché un membro;
   30) sostituire il comma 2 dell'articolo 65 con il seguente: «Gli OTC sono costituiti in ciascuna regione e provincia autonoma, fatta salva la possibilità di accorpamenti in ragione della dimensione dell'area territoriale di riferimento». Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 3, sostituire la lettera d) con la seguente: «un membro per ogni regione per ciascun OTC, designato dalle regioni e/o dalle province autonome del territorio di riferimento»;
   31) prevedere il pieno utilizzo dei 170 milioni di stanziamento, ripartendo le risorse assegnate tra: la copertura delle disposizioni di cui all'articolo 73 del provvedimento in oggetto, evitando così l'ulteriore riduzione del Fondo per le politiche sociali; l'incremento del numero dei volontari da avviare al Servizio civile; il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore di cui all'articolo 72, nonché il sostegno alle attività di registrazione, vigilanza e controllo;
   32) all'articolo 77, comma 4, premettere la parola: «almeno» alle parole: «pari al maggiore»; apportare, quindi, la medesima modifica al periodo successivo relativo ai certificati di deposito con scadenza non inferiore a 12 mesi;
   33) all'articolo 77, comma 8, chiarire che l'esonero della contribuzione di vigilanza a favore della CONSOB da parte degli istituti di credito è limitato alle contribuzioni relative alle attività concernenti la sola emissione dei titoli di solidarietà di cui al medesimo articolo 77;
   34) sostituire l'articolo 79 con il seguente: ART. 79 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi). – 1. Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili. 2. Le attività di interesse generale di cui all'articolo 5, ivi incluse quelle autorizzate, accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'Unione europea ed altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando le stesse sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici delle amministrazioni di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento. Ai fini del calcolo del costo effettivo si tiene conto anche del valore normale delle attività di cui all'articolo 17 e delle erogazioni gratuite di beni o servizi.

  3. Sono altresì considerate non commerciali: a) le attività di cui all'articolo 5, comma 1, lettera h), se svolte direttamente dagli enti di cui al comma 1 la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità Pag. 177di ricerca dell'ente medesimo nonché ai risultati prodotti; b) le attività di cui all'articolo 5, comma 1, lettera h), affidate dagli enti di cui al comma 1 ad università e altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2003, n. 135.
  4. Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore di cui al comma 5: a. i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; b. i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo l, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per lo svolgimento delle attività di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo.
  5. Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all'articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all'articolo 5, svolte in forma d'impresa non in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo nonché le attività di cui all'articolo 6, fatta eccezione per le attività di sponsorizzazione svolte nel rispetto dei criteri di cui al decreto previsto all'articolo 6, superano, nel medesimo periodo d'imposta, le entrate derivanti da attività non commerciali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell'ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4, tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali. Il mutamento della qualifica opera a partire dal periodo d'imposta in cui l'ente assume natura commerciale.
  6. Si considera non commerciale l'attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei confronti dei propri associati, familiari o conviventi degli associati in conformità alle finalità istituzionali dell'ente. Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del Terzo settore le somme versate dagli associati, a titolo di quote o contributi associativi. Si considerano, tuttavia, attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati, familiari o conviventi degli associati, verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità». Con riferimento all'articolo 79 comma 5, dello schema di decreto, è necessario chiarire che devono essere considerate afferenti alla parte non commerciale le entrate relative ad operazioni di cause related marketing (marketing sociale) quali quelle di cessione gratuita del marchio, e le «entrate gratuite» (valorizzazione dei beni donati e dei servizi erogati a titolo gratuito);
   35) all'articolo 80 dello schema di decreto, inserire, dopo il comma 4, il seguente: «5. Gli enti che optano per la determinazione forfetaria del reddito di impresa ai sensi del presente articolo sono esclusi dall'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all'articolo 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sistematici di affidabilità di cui all'articolo 7-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225». Si ritiene altresì necessario specificare con norma interpretativa che le perdite fiscali degli enti che optano per la determinazione Pag. 178forfetaria del reddito di impresa, generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il regime forfetario, possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi del medesimo articolo 80, secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
   36) all'articolo 81 integrare il comma 1 prevedendo che il bonus possa spettare anche per erogazioni a favore di enti del Terzo settore in senso ampio, ricomprendendo quindi anche le imprese sociali. Al fine di evitare profili di incompatibilità comunitaria, l'assegnazione del beneficio fiscale va limitato alla condizione che l'immobile sia dedicato in via esclusiva allo svolgimento di attività di natura non commerciale. Al medesimo comma, relativamente ai soggetti eroganti, è necessario chiarire che il credito può essere fruito da enti o società, senza fare riferimento alla loro soggettività ai fini dell'IRES, in modo tale da assicurare il beneficio anche alle società di persone e agli altri enti tassati per trasparenza;
   37) sostituire l'articolo 82, comma 2, con il seguente: «2. Non sono soggetti all'imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecaria e catastale i trasferimenti a titolo gratuito, effettuati a favore degli enti di cui al comma 1 del presente articolo»;
   38) all'articolo 82, comma 3, ricomprendere nel regime ivi previsto anche le operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere da enti del Terzo settore di cui al comma 1 del medesimo articolo 82, o dagli enti di cui all'articolo 4, comma 3, che, ai sensi e alle condizioni di cui al medesimo articolo 4, esercitano le attività di cui all'articolo 5. Prevedere, inoltre, che le modifiche statutarie per adeguamenti normativi non scontino imposta di registro;
   39) all'articolo 82, sostituire il comma 5 con il seguente: «Gli atti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo e informatico in qualunque modo denominato, posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall'imposta di bollo» e, al comma 6 dello stesso articolo, limitare l'esenzione IMU e TASI agli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore di cui all'articolo 79, comma 5, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, al fine di non ampliare l'ambito dell'esenzione rispetto a quanto attualmente previsto con perdita di gettito per gli enti locali»;
   40) all'articolo 82, comma 10, chiarire con norma interpretativa che alle cessioni di beni e alle relative prestazioni accessorie, effettuate nei confronti delle amministrazioni dello Stato e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge n. 125 del 2014, destinati a essere trasportati o spediti fuori dell'Unione europea in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo, si applica l'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
   41) all'articolo 83, sopprimere i commi 3, 4 e 5, inserendo una disposizione di coordinamento tra la riforma del Terzo settore e la legge n. 166 del 2016, che disciplina la materia delle cessioni per solidarietà sociale senza scopo di lucro di prodotti alimentari, farmaceutici e prodotti diversi agli enti del Terzo settore;
   42) all'articolo 83, inserire un nuovo comma per fare salva la detrazione al 19 per cento dei contributi associativi di importo non superiore ad euro 1.291,14 versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all'articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818; ciò al fine di assicurare Pag. 179ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. Conseguentemente, all'articolo 102 comma 1, abrogare l'articolo 15, comma 1, lettera i-bis) del TUIR;
   43) all'articolo 84, comma 1, sopprimere la lettera d), al fine di non penalizzare le ODV rispetto al nuovo comma 2 dell'articolo 79, come sostituito dalla condizione n. 34 del presente parere;
   44) all'articolo 85, comma 1, ultimo periodo, sopprimere il riferimento agli enti del Terzo settore dopo le parole «nonché nei confronti di enti»;
   45) all'articolo 86, comma 1, sostituendo la parola: «applicano» con le seguenti: «possono applicare»;
   46) all'articolo 86, comma 2, dopo le parole: «regime forfetario comunicando» aggiungere le seguenti: «nella dichiarazione annuale o», al fine di specificare che gli enti non di nuova costituzione potranno comunicare l'opzione ivi prevista nella dichiarazione annuale;
   47) all'articolo 86, comma 15, sopprimere il richiamo alle condizioni di esclusione di cui al comma 3;
   48) all'articolo 87 comma 1, inserire tra gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, che non applicano il regime forfetario di cui all'articolo 86, anche quelli di cui all'articolo 80, prevedendo per questi ultimi il regime contabile «commerciale» semplificato, di cui all'articolo 2 della legge n. 398 del 1991;
   49) sempre all'articolo 87, comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente: «a) in relazione all'attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza e analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, ovvero entro il maggior termine previsto dallo statuto qualora particolari esigenze lo richiedano, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'ente, distinguendo le attività indicate all'articolo 6 da quelle di cui all'articolo 5, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a quello indicato dall'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600»;
   50) al medesimo articolo 87, dopo il comma 2, aggiungere il seguente: «2-bis. Per gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, le cui rendite e proventi non superino i limiti previsti dall'articolo 13 comma 2, gli obblighi di cui al comma 1 si intendono assolti in presenza di rendiconto di cui al medesimo articolo 13, comma 2» e al comma 3 del medesimo articolo, chiarire, con norma interpretativa, che trovano in ogni caso applicazione i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 144 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 in tema di determinazione dei redditi degli enti non commerciali;
   51) all'articolo 89, comma 6, prevedere il riferimento agli enti di cui all'articolo 82 comma 1, in luogo degli enti non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, in quanto le attuali ONLUS confluiranno in imprese sociali non societarie, già comprese negli enti del Terzo settore, e altre rimarranno cooperative sociali;
   52) al medesimo articolo 89 sopprimere il comma 15;
   53) all'articolo 99, indicare con il numero «2.» il comma attualmente indicato con il numero «4.»;
   54) sopprimere l'articolo 100;
   55) all'articolo 102, comma 1, lettera e), dello schema di decreto, si rileva la necessità di non abrogare la lettera «i) dell'articolo 100, comma 2, del TUIR» dal momento che tale disposizione agevolativa consente la deducibilità del costo dei lavoratori distaccati presso le attuali ONLUS;Pag. 180
   56) dopo l'articolo 103, aggiungere il seguente: «Articolo 103-bis – (Clausola di salvaguardia). 1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,

e con le seguenti osservazioni:
  valuti il Governo l'opportunità di:
   a) all'articolo 1, comma 1, sopprimere le parole: «secondo comma», con riferimento al richiamo all'articolo 3 della Costituzione, per un maggiore coordinamento con la legge n. 106 del 2016;
   b) all'articolo 7, comma 2, consentire alle cooperative sociali di tipo B la possibilità di realizzare attività di raccolta fondi con le modalità ivi stabilite;
   c) all'articolo 8, comma 3, sia soppressa la lettera b);
   d) all'articolo 8, comma 3, lettera c), sostituire le parole: «valore normale» come le seguenti: «valore corrente»;
   e) agli articoli 11 e 12 prevedere, in luogo del cambio di denominazione sociale, l'inserimento dell'indicazione «ETS iscritto nel registro unico nazionale del Terzo settore» nelle comunicazioni che spettano all'ente;
   f) all'articolo 11, comma 2, introdurre la possibilità dell'iscrizione al registro delle imprese degli enti che svolgano attività commerciale secondaria se esercitano la propria attività in regime di partita IVA;
   g) all'articolo 11, comma 3, predisporre misure volte a garantire l'effettiva corrispondenza delle imprese sociali ai requisiti del Terzo settore in merito alle loro finalità e operatività nonché a garantire che le imprese sociali non si sottraggano alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   h) all'articolo 12, prevedere un periodo di dodici mesi per consentire l'adeguamento degli enti del Terzo settore alle disposizioni sulla denominazione sociale;
   i) all'articolo 14, comma 2, prevedere che si tenga conto, per quanto riguarda le modalità di pubblicazione dei dati, delle dimensioni dell'ente, al fine di non aggravare i costi degli enti di minori dimensioni;
   j) all'articolo 15, consentire che l'adempimento degli obblighi ivi previsti avvenga tramite l'utilizzo di strumenti informatici;
   k) all'articolo 16, inserire, dopo il comma 1, il seguente: «Gli statuti degli enti del Terzo settore devono prevedere forme di coinvolgimento dei lavoratori, dei volontari non soci e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alle loro attività adeguata al tipo di attività di interesse generale e alla grandezza dell'ente»;
   l) all'articolo 17, verificare la possibilità di non applicare il divieto di cui al comma 5 a coloro che svolgano la propria attività volontaria in modo occasionale;
   m) all'articolo 18, prevedere espressamente la possibilità di stipulare una polizza assicurativa collettiva per le manifestazioni o iniziative pubbliche a copertura dei volontari occasionali, intendendosi quelli che partecipano solo alla manifestazione o iniziativa o il cui impegno è di un solo giorno per semestre;
   n) all'articolo 19, valutare se riconoscere e regolamentare l'utilizzo, da parte dei comuni e delle scuole, di volontari civici individuali e occasionali, prevedendo sia predisposto un apposito regolamento e che sia rispettato l'obbligo previsto dall'articolo 18;
   o) nell'ambito del Titolo IV, introdurre un nuovo articolo che riguardi solo le fondazioni, estrapolando le disposizioni riferite alle fondazioni dagli articoli che le riguardano, al fine di rendere più agevole la lettura del testo e di facilitarne l'interpretazione;Pag. 181
   p) all'articolo 22, comma 4, verificare la possibilità di prevedere una soglia più elevata ai fini dell'acquisto della personalità giuridica, in linea con quanto previsto nel parere espresso dal Consiglio di Stato;
   q) all'articolo 23, commi 2 e 3, chiarire che le disposizioni ivi previste non sono vincolanti e che, quindi, gli statuti degli enti possono disporre in maniera diversa;
   r) all'articolo 24, distinguere, almeno per quanto riguarda il comma 3, le norme valevoli per gli enti composti solo da persone fisiche da quelli composti anche da altri enti;
   s) all'articolo 30, innalzare le soglie di cui al comma 2 rendendole conformi a quelle individuate nel successivo articolo 31, comma 1, onde non penalizzare gli enti del Terzo settore rispetto alle società profit;
   t) all'articolo 32, verificare la possibilità del mantenimento in vigore dell'articolo 17 della legge n. 266 del 1991, avente per oggetto la possibilità che nei contratti collettivi di lavoro sia previsto il diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni per svolgere attività di volontariato;
   u) all'articolo 32, comma 2, valutare la possibilità di elevare la soglia del trenta per cento pur mantenendo la maggioranza alle ODV;
   v) all'articolo 33, comma 1, verificare la congruità del limite del 20 per cento di dipendenti rispetto alla normativa precedente;
   w) all'articolo 33, chiarire la differenza tra ricevere contributi pubblici, di cui al comma 2, e il mero rimborso delle spese, previsto dal successivo comma 3;
   x) all'articolo 36, verificare la congruità del limite del 20 per cento di dipendenti rispetto alla normativa precedente, tenuto conto della diversa natura delle APS rispetto alle ODV, nonché l'opportunità di indicare quali siano le fonti di finanziamento delle APS;
   y) all'articolo 47, comma 1, dopo le parole; «dall'articolo 22» aggiungere le seguenti: «per gli enti con personalità giuridica»;
   z) all'articolo 48, comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «laddove le suddette informazioni non siano già in possesso dell'amministrazione finanziaria», nonché prevedere, al comma 3 del medesimo articolo, che, per esigenze di semplificazione, i dati relativi ai contribuiti pubblici percepiti e i rendiconti della raccolta fondi siano inseriti nei bilanci e nella relazione di cui agli articoli 13 e 14;
   aa) all'articolo 48, comma 4, collegare la cancellazione dal Registro a ripetute violazioni dell'obbligo di deposito degli atti e dei loro aggiornamenti;
   bb) all'articolo 49, considerare il caso in cui la cancellazione dal Registro derivi da una libera scelta, non motivata, e non solo, quindi, dal verificarsi di una delle cause di estinzione o scioglimento dell'ente;
   cc) nell'ambito dell'articolo 53, concernente il funzionamento del Registro, prevedere un meccanismo in base al quale l'ente del Terzo settore che non abbia ottenuto l'iscrizione a livello regionale possa fare istanza al livello nazionale;
   dd) ampliare la disposizione di cui all'articolo 57 all'intero trasporto sanitario che ricada nella responsabilità delle aziende sanitarie;
   ee) inserire, nell'ambito del titolo VII, il richiamo alla disciplina di cui all'articolo 112 e alla sezione IV del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice degli appalti), nonché ai principi di cui al considerando n. 114 della Direttiva n. 24/14/UE, assicurando il relativo coordinamento;
   ff) all'articolo 59, rivedere la composizione del Consiglio nazionale del Terzo settore, che si compone di 26 membri, laddove tale organo sarebbe rappresentativo di 300.000 soggetti circa;
   gg) all'articolo 64, valutare se mantenere la scelta della fondazione con riferimento Pag. 182all'ONC ovvero se – come si ritiene preferibile – optare per una soluzione diversa (ad esempio un'associazione con personalità giuridica), attribuendo all'ONC compiti di coordinamento anziché di controllo e prevedendo, per quanto riguarda la composizione, una maggiore presenza della rappresentanza «pubblica», anche tenuto conto del finanziamento previsto tramite credito di imposta;
   hh) rivedere l'impianto stesso dell'articolo 65, che sembrerebbe non conforme al dettato dell'articolo 5, lettera f), della legge n. 106 del 2016, che parla chiaramente di «organismi», mentre tale non può essere considerato un ufficio territoriale periferico, né si comprende come possa in tale veste dotarsi di un proprio regolamento, sia pure soggetto a verifica;
   ii) all'articolo 71, comma 1, sopprimere le parole: «purché non di tipo produttivo»;
   jj) all'articolo 71, comma 3, introdurre un meccanismo in base al quale la durata della cessione in comodato sia commisurata allo stato dell'immobile e, quindi, ai costi richiesti all'ente per la manutenzione ordinaria e straordinaria;
   kk) agli articoli 80 e 86, introdurre una norma interpretativa volta a chiarire che continuano, in ogni caso, a trovare applicazione le norme contenute nell'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
   ll) inserire, agli articoli 82, comma 7, e 89, comma 6, le imprese sociali, le cooperative sociali e i loro consorzi tra i soggetti ivi previsti;
   mm) all'articolo 83, comma 1, prevedere, in luogo della detrazione d'imposta delle liberalità erogate a favore degli enti del Terzo settore da persone fisiche, la deducibilità delle predette liberalità dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore, nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato;
   nn) all'articolo 95, comma 4, chiarire quale sia l'oggetto della verifica e quale interlocuzione intercorra con gli uffici regionali;
   oo) all'articolo 97, comma 3, prevedere che della Cabina di regia facciano comunque parte due componenti designati dalla Conferenza unificata;
   pp) all'articolo 99, completare il percorso delineato dal decreto n. 178 del 2012 e posto in capo al Ministero della salute, anche prevedendo l'effettivo subentro dell'Associazione della Croce rossa italiana nei rapporti attivi e passivi, nonché nella piena disponibilità e proprietà del patrimonio mobiliare ed immobiliare posto in capo all'ente strumentale alla Croce rossa italiana, del quale, pertanto, è necessario si concluda in modo sollecito, anche a tutela della certezza dei rapporti giuridici in essere con i terzi, il processo liquidatorio avviato dal decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, e tuttora non concluso a causa della complessità di un quadro normativo di difficile interpretazione e applicazione;
   qq) all'articolo 102, comma 3, sostituire le parole: «e all'articolo 96 della legge 21 novembre 2000, n. 342» con le seguenti: «e all'articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342»;
   rr) aggiungere, in fine, la previsione per cui i decreti di cui agli articoli 6, comma 1, 7, comma 2, 13, comma 3, 14, comma 1, 18, comma 2, 19, comma 2, 46, comma 3, 47, comma 5, 53, comma 1, 59, comma 3, 62, comma 6, 54, comma 1, 64, comma 3, 65, comma 4, 76, comma 4, 77, comma 15, 81, comma 7, e 96, comma 1, del presente decreto, ove non diversamente disposto, sono emanati entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto.

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ALLEGATO 3

Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione. Testo unificato C. 913 Biondelli, C. 2983 Zolezzi, C. 3115 Baroni, C. 3483 Vargiu, C. 3490 Amato, C. 3555 Paola Boldrini e C. 3556 Binetti.

NUOVI EMENDAMENTI DEI RELATORI

ART. 1.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   l) monitoraggio dei fattori di rischio di origine professionale, anche attraverso forme di connessione e di scambio di dati con i sistemi informativi esistenti, con particolare riferimento al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 81 del 2008, disciplinato dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 25 maggio 2016, n. 183.
1. 51. I Relatori.
(Approvato)

  Al comma 2 sostituire le parole: sentita la con le seguenti: previa intesa in sede di.
1. 52. I Relatori.
(Approvato)

  Al comma 5, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: valutare l'incidenza di fattori di carattere professionale sulla diffusione di patologie oncologiche.
1. 53. I Relatori.
(Approvato)

ART. 3.

  Al comma 1, sostituire le parole: sentita la con le seguenti: previa intesa in sede di.
3. 50. I Relatori.
(Approvato)

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ALLEGATO 4

5-11630 Mucci: Ricorso allo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze per la produzione di cannabis nota come simil-Bediol.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il progetto per la produzione nazionale di cannabis ad uso medico presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (in attuazione dell'Accordo del 18 settembre 2014 tra il Ministro della salute e il Ministro della difesa) è stato avviato con l'intento di garantire ai pazienti, a cui vengono prescritte preparazioni magistrali di origine vegetale a base di cannabis, di accedere alle cure in tutto il territorio nazionale, superando anche il rischio di eventuali carenze legate alle temporanee indisponibilità dei prodotti importati, e, al contempo, riducendo i costi connessi alle procedure di importazione dall'estero.
  La disponibilità di tale sostanza attiva è iniziata fin dal 14 dicembre 2016: pertanto, da tale data, essa è acquistabile da parte delle farmacie e di tutte le ASL che provvedono all'approvvigionamento per i pazienti in trattamento, dietro prescrizione medica non ripetibile.
  Ricordo che la cannabis ad uso medico prodotta dallo Stabilimento di Firenze è costituita da infiorescenze di cannabis essiccate e macinate, ed il prodotto nazionale è simile al prodotto importato sotto il profilo dei contenuti dei principi attivi.
  Molti medici prescrivono il prodotto nazionale ai nuovi pazienti in trattamento, sia per la sua qualità farmaceutica sia per i costi inferiori e la pronta reperibilità in Italia, ed in alcuni casi i medici hanno già sostituito la prescrizione di «Bediol», importato dall'Olanda, con quella di produzione nazionale, per gli stessi motivi.
  È vero, come hanno riferito gli interroganti, che nel mese di maggio si è registrata la carenza di tale prodotto d'importazione.
  A tale specifico riguardo, si deve, tuttavia, rappresentare quanto segue.
  Lo scorso anno sono stati importati dal Ministero della salute olandese circa 55 chilogrammi del tipo «Bediol»: tale quantità ha costituito l'intero fabbisogno nazionale del prodotto per il 2016.
  Nel 2017, fino alla carenza di maggio, sono stati importati oltre 32 chilogrammi di «Bediol».
  Alla notizia della carenza di infiorescenze di prodotto dall'Olanda il Ministero della salute, con nota del 26 maggio 2017, ha tempestivamente informato lo Stabilimento di Firenze e l'Agenzia Industrie Difesa del Ministero della difesa della temporanea difficoltà nell'approvvigionamento del prodotto d'importazione, chiedendo di voler provvedere ad intensificare la produzione di cannabis, al fine di garantire la continuità terapeutica ai pazienti in trattamento.
  Al riguardo, lo Stabilimento di Firenze – che ha già prodotto e venduto 22 chilogrammi di prodotto – ha confermato la piena disponibilità di ulteriori 25 chili in magazzino per la pronta distribuzione nel territorio nazionale e, inoltre, la programmazione di produzione di almeno 12 chilogrammi nel secondo semestre 2017.
  In conclusione, anche in considerazione del fabbisogno complessivo registrato nel 2016 (pari, come detto, a 55 kg) si ritiene che la disponibilità che si avrà nell'arco dell'anno in corso (pari a circa 91 kg) possa risultare sufficiente a coprire le necessità dei pazienti in trattamento, a cui i medici prescriveranno infiorescenze di cannabis.

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ALLEGATO 5

5-11627 Rondini: Iniziative per incrementare i controlli sanitari e la prevenzione in relazione all'uso di stupefacenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Preliminarmente faccio presente che le problematiche segnalate con l'atto ispettivo in esame attengono a questioni di rilievo locale; pertanto il Ministero della salute ha dovuto acquisire le opportune informazioni dalla competente Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia, che ha rappresentato quanto segue.
  Le criticità evidenziate nell'interrogazione sono fin dal 2014 sottoposte alla programmazione e realizzazione di specifiche attività di prevenzione e riduzione dei danni e dei rischi connesse all'utilizzo di sostanze stupefacenti, a cura delle Autorità regionali ed in collaborazione con il Comune di Milano e con il «Privato Sociale» interessato.
  Queste attività sono tuttora in corso e vengono finanziate dalla Regione nell'ambito delle politiche di inclusione sociale.
  Esse prevedono per tre giorni alla settimana la presenza di operatori specializzati che effettuano attività di contatto ed «aggancio» dei consumatori e dei tossicodipendenti, offrendo presidi finalizzati alla riduzione dei danni correlati all'uso delle droghe, ed orientando i soggetti verso la rete dei Servizi territoriali.
  Più in generale, le iniziative di prevenzione sono rivolte ai giovani e vengono diffuse su tutto il territorio regionale attraverso programmi realizzati prevalentemente negli ambienti scolastici.
  A tale specifico riguardo, è stato sottoscritto il Protocollo di Intesa fra Regione Lombardia, Prefettura di Milano e Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, finalizzato alla piena applicazione in ambito scolastico del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di tossicodipendenze, approvato con delibera di Giunta regionale n. 5288/2016.
  Con riferimento ai profili di competenza del Ministero della salute e ad un'analisi del fenomeno sull'intero territorio nazionale, elementi pure richiesti con l'atto ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Le attività di prevenzione per le patologie infettive correlate alla droga, all'interno delle strutture dedicate (Servizi per le Dipendenze) nei pazienti tossicodipendenti è, purtroppo, molto basso (sotto il 40 per cento).
  Ricordo, infatti, che la legge n. 135/1990 garantisce che il «test» HIV venga effettuato solo con il consenso della persona; alla stessa stregua, non si può obbligare il paziente ad effettuare i «test» di «screening» per l'Epatite B e l'Epatite C.
  Pertanto, le uniche vie percorribili sono il «counselling» all'interno della struttura e la volontà del soggetto a sottoporsi ai «test».
  Il personale sanitario ha l'obbligo di rendere edotto il paziente ai rischi a cui va incontro ed ai rischi per i soggetti terzi che possono essere infettati per via sessuale, per scambio di siringhe infette, o per altra via di trasmissione specifica per questi tre virus.
  È quindi essenziale un «counselling» mirato ed efficace.
  La situazione sopra descritta vale per la Regione Lombardia come per tutte le altre Regioni italiane e costituisce certamente una reale criticità da tempo all'esame del Ministero.Pag. 186
  Va sottolineato, tuttavia, che la principale modalità di trasmissione dell'HIV avviene, ad oggi, per via eterosessuale.
  Per quanto riguarda i tossicodipendenti, oltre ai soggetti seguiti presso i Servizi per le Dipendenze, vi sono tossicodipendenti non seguiti stabilmente, i quali saltuariamente entrano in contatto con gli operatori di settore che lavorano nelle Unità mobili e nei Centri a bassa soglia, che possono dare un primo «counselling» ed indirizzare il paziente ai Servizi per le Dipendenze.
  Peraltro, le sostanze stupefacenti, anche se non iniettate per via intravenosa, alterando lo stato di coscienza, inducono a comportamenti sessuali non protetti divenendo quindi causa della trasmissione dell'infezione.
  In conclusione desidero rassicurare gli onorevoli interroganti che il Ministero della salute seguirà con attenzione la problematica segnalata, relativa in particolare alla prevenzione ed alla facilitazione dell'accesso al test, che costituiscono punti specifici del Piano Nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS) predisposto, con la collaborazione del Comitato Tecnico Sanitario, della società civile e di diverse società scientifiche.

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ALLEGATO 6

5-11628 Di Vita: Sul mancato completamento del nuovo centro pediatrico dell'Ismep di Palermo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla questione delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, rispondo con gli elementi forniti dall'Assessore della Salute della Regione Siciliana.
  L'Azienda di Rilievo Nazionale ed Alta Specializzazione Civico-Di Cristina di Palermo costituisce il polo regionale per l'assistenza cardiologica pediatrica, in quanto è dotato di tutte le Unità Operative e dei relativi Servizi per garantire l'assistenza medica e chirurgica di alta specializzazione ai piccoli pazienti cardiopatici.
  La cardiochirurgia pediatrica sarà attivata presso il Presidio Ospedaliero Pediatrico «Di Cristina».
  A tal riguardo, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera, dalla documentazione trasmessa a questo Ministero, per l'Ospedale Pediatrico «Di Cristina» è programmata l'attivazione di 14 posti letto dedicati alla cardiochirurgia pediatrica.
  Al fine di assicurare la presa in carico del paziente per tutto il periodo della sua vita, presso la medesima Azienda di Rilievo Nazionale è stata prevista l'attivazione della «GUCH Unit».
  Gli interventi sono stati programmati e verranno realizzati per salvaguardare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza ed il diritto alla salute di bambini ed adulti, valorizzando le competenze e le professionalità esistenti.
  Il riordino della rete ospedaliera regionale è stato adottato con decreto n. 629/2017 dell'Assessore della Salute della Regione Siciliana, esaminato dal Tavolo per il monitoraggio del decreto ministeriale n. 70/2015, nel corso della riunione del 24 marzo 2017, ed approvato dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, nella seduta del 4 aprile 2017.
  Il conseguente allineamento agli «standard» delineati dal decreto ministeriale n. 70/2015 avverrà entro il 31 dicembre 2018, nei tempi e con le modalità previste dai crono programmi del citato decreto n. 629/2017 e del Programma Operativo di Consolidamento e Sviluppo 2016-2018.
  L'intervento per la realizzazione dell'Istituto Mediterraneo di Eccellenza Pediatrica (ISMEP) è previsto per dare completamento al costruendo Centro di Eccellenza Materno Infantile (nuovo polo pediatrico), la cui esecuzione è in corso con i fondi previsti nell'ambito del Piano di investimenti di cui all'articolo 71 della legge n. 448/1998.
  L'Assessore assicura che, in ogni caso, gli interventi verranno realizzati nel rispetto dei criteri di efficienza e di economicità, e a garanzia della salute dei pazienti.
  Tanto premesso, desidero rassicurare gli onorevoli interroganti che il Ministero della salute continuerà a monitorare gli impegni espressi dall'assessorato Regionale in occasione della discussione di questo atto ispettivo.

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ALLEGATO 7

5-11629 Grillo: Iniziative per la tempestiva e piena applicazione del regolamento (UE) 536/2014 sulla sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, il Regolamento n. 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, abroga la Direttiva 2001/20/CE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano.
  La precedente normativa in materia di sperimentazione clinica attribuiva, infatti, a ciascuno Stato membro la valutazione e l'autorizzazione su base nazionale delle domande di autorizzazione delle sperimentazioni cliniche.
  Con le nuove regole europee, la valutazione degli studi clinici sarà invece coordinata da una singola Autorità competente nazionale, che farà da referente, fornendo una prima valutazione dello studio, sulla base della quale le Autorità competenti degli altri Stati membri forniranno i propri commenti e la loro decisione finale sull'autorizzazione.
  Per favorire l'adeguamento a tale modello, è stato privilegiato lo strumento del Regolamento, che, diversamente da quanto è avvenuto in sede di recepimento della citata Direttiva CE, farà sì che non ci possano essere difformità applicative nei diversi Stati membri.
  Il nuovo Regolamento, infatti, ha come obiettivo quello di colmare una serie di lacune normative, attraverso la creazione di un quadro uniforme per l'autorizzazione degli studi clinici da parte di tutti gli Stati membri interessati, con un'unica valutazione sui risultati.
  Al fine di migliorare la trasparenza dei dati derivanti dagli studi clinici, si prevede che siano pubblicati in una Banca dati europea – accessibile al pubblico – i riassunti dettagliati, comprese le relazioni finali, relativi al processo di immissione in commercio di un farmaco.
  Saranno sviluppati anche la valutazione unica europea del «trial» clinico, condivisa da tutti gli Stati membri coinvolti e di alto livello scientifico, ed un unico portale e «database» europeo, gestiti dall'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), congiuntamente ad un unico punto di accesso per la presentazione della documentazione e ad un «forum» dedicato.
  Il Regolamento, dunque, facilita la cooperazione transfrontaliera per rendere i test clinici più ampi e per incoraggiare lo sviluppo di terapie speciali, ad esempio per le malattie rare, ma soprattutto snellisce e armonizza le norme in materia di sperimentazioni cliniche in tutta Europa.
  Devo ricordare che l'articolo 99 del Regolamento subordina l'applicazione dello stesso al soddisfacimento delle condizioni delineate dall'articolo 82.
  Tali condizioni attengono, in estrema sintesi, alla necessità di acquisire la piena funzionalità del portale e della banca dati UE la quale, allo stato, non è stata ancora raggiunta. Al riguardo, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha comunicato che le nuove disposizioni troveranno applicazione nel mese di ottobre 2018.Pag. 189
  Al riguardo, desidero evidenziare che, nell'ambito del DDL Lorenzin, attualmente in esame proprio in quest'aula, è prevista l'adozione di decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo uno specifico riferimento alla medicina di genere e realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti e con il regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano.

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ALLEGATO 8

5-11631 Lenzi: Iniziative volte a definire la situazione professionale dei lavoratori precari della ricerca sanitaria italiana.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio gli onorevoli interroganti per aver affrontato un tema, quello dei precari della ricerca, da sempre molto caro al Ministero della salute e per avermi così offerto l'opportunità di illustrare le iniziative che lo stesso Ministero sta intentando al fine di addivenire alla risoluzione della complessa problematica relativa al personale di ricerca sanitaria degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS).
  Come già evidenziato dagli onorevoli interroganti, dal 1o gennaio di quest'anno vige anche per le pubbliche amministrazioni il divieto posto dal decreto legislativo n. 81 del 2015 (cosiddetta Jobs Act) di stipulare contratti di collaborazione continuativa, le cui modalità esecutive sono organizzate dal committente.
  Anche volendo ammettere il ricorso alle procedure di stabilizzazione previste dall'articolo 20 comma 10 del Testo unico sul pubblico impiego recentemente approvato, è opportuno far presente che le stesse solo in minima parte risolverebbero il problema, atteso che il personale di ricerca degli IRCCS (e degli IZS) non è assunto sulla base della pianta organica ma per specifiche esigenze dell'attività di ricerca, con contratti atipici, nel tempo rinnovati, per la conduzione di ulteriori approfondimenti nelle stesse linee di ricerca. Né si rende facile addivenire ad un ipotetico ampliamento della pianta organica degli Istituti in esame attesa la necessità di mantenere per tale personale un certo grado di flessibilità, mobilità e competitività che rappresentano caratteristiche connaturate al contesto della ricerca, in piena sintonia con il sistema internazionale altamente concorrenziale in cui agiscono gli enti di ricerca.
  Inoltre, la possibilità – che pure è ancora prevista dallo stesso Testo unico – di ricorrere a forme di lavoro flessibile, è riferita al solo personale medico, infermieristico e tecnico professionale del SSN: ciò, peraltro, nell'esclusiva finalità di far fronte a condizioni di criticità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
  Fatta questa necessaria e generale panoramica sulle oggettive difficoltà riscontrate anche in relazione alle suddette novità normative, ritengo doveroso comunicare che il Ministero della salute – in ragione proprio delle specificità delle esigenze del personale in parola – aveva già avviato, e sta ora definendo, una proposta normativa volta al definitivo riconoscimento del personale di ricerca sanitaria.
  In particolare, mi preme evidenziare che con tale proposta normativa si tende ad un decisivo miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'attività di ricerca sanitaria, introducendo all'interno del Servizio Sanitario Nazionale i principi della Carta europea dei ricercatori, di cui alla legge n. 124 del 2015 (cosiddetta legge Madia), relativi al personale operante negli enti pubblici di ricerca.
  Inoltre, con tale proposta si renderà possibile, per detti Istituti, continuare ad avvalersi del personale che ha ormai acquisito notevole competenza nel settore della ricerca.
  A tal riguardo, il Ministero della salute ha già avviato una rilevazione delle diverse figure professionali coinvolte nell'ambito dell'attività di ricerca sanitaria; sono state, Pag. 191pertanto, definite due distinte aree del personale di ricerca: l'area «ricercatore» e l'area «professionalità della ricerca». È stata, altresì, attivata una ricognizione puntuale di tutto il personale di ricerca reclutato dagli IRCCS (e degli IZS) con contratti di lavoro a tempo determinato atipici, quali co.co.co, co.co.pro, assegni di ricerca ecc.
  Ritengo opportuno sottolineare che la norma in questione delinea per tale personale un percorso di sviluppo professionale che, se concluso positivamente, permetterà l'ingresso nei ruoli del SSN.
  Alla luce di quanto esposto, mi sento di poter rassicurare gli onorevoli interroganti sull'impegno profuso attivamente dal Ministero della salute al fine di pervenire, attraverso detto intervento normativo, che confido possa essere presto esaminato ed approvato dal Parlamento, ad una definitiva risoluzione della problematica in esame.

Pag. 192

ALLEGATO 9

5-11632 Fabrizio Di Stefano: Iniziative per la revisione del decreto legislativo n. 502 del 1992.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alla problematica sollevata dagli onorevoli interroganti, ritengo opportuno, preliminarmente, far presente che l'assetto organizzativo attuale del sistema sanitario è diretta espressione del complesso processo di «aziendalizzazione» del sistema stesso, da considerarsi quale processo di riforma che persegue il precipuo obiettivo di conseguire migliori performance delle aziende pubbliche del servizio sanitario, sia in termini di efficacia sia in termini di efficienza.
  In quest'ottica si giustifica la scelta del legislatore di costituire delle aziende sanitarie con personalità giuridica pubblica e al contempo di dotarle di autonomia imprenditoriale. La principale espressione di tale autonomia è, senza dubbio, l'atto aziendale, un documento al quale viene riconosciuta la natura di atto di diritto privato, con il quale vengono disciplinati l'organizzazione ed il funzionamento dell'azienda sulla base di alcuni contenuti minimi già individuati con la normativa nazionale, delineata nel decreto legislativo n. 502 del 1992.
  Tale normativa, come noto, si limita a prevedere alcuni contenuti generali e uniformi per tutti gli atti aziendali.
  Tra gli altri ricordo l'individuazione delle strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale soggette a rendicontazione analitica; l'individuazione dei distretti nonché l'attribuzione dei compiti al direttore amministrativo, al direttore sanitario, direttore di presidio, di distretto, di dipartimento e ai dirigenti responsabili di struttura, semplice o complessa.
  Pertanto, per quanto non espressamente previsto nel citato decreto legislativo n. 502 del 1992, le Regioni intervengono con propri atti di indirizzo il cui contenuto può essere più o meno specifico e determinare, conseguentemente, una riduzione o un ampliamento degli spazi di autonomia organizzativa aziendale.
  In merito all'atto aziendale, quindi, la normativa nazionale definisce esclusivamente principi e criteri direttivi, riconoscendo in capo alla Regione, spazi di autonomia organizzativa, attuata mediante la predisposizione di linee guida che, pur garantendo omogeneità sul territorio regionale, presuppongono la possibilità di organizzare le singole aziende sanitarie secondo gli effettivi bisogni della popolazione. L'atto aziendale organizzativo, infatti, adottato dal direttore generale, consente di introdurre quegli elementi di flessibilità necessari a rendere concretamente praticabile una gestione economica, efficiente ed efficace delle risorse.
  Ciò premesso, relativamente alla normativa di dettaglio dettata dalla regione Abruzzo, ritengo opportuno riportare le precisazioni riferite dalla medesima regione.
  Questa, infatti, ha chiarito che la previsione del Direttore della Funzione Ospedaliera e del Direttore della Funzione Territoriale non determina una violazione degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, ponendosi, invece, in linea con dette norme e concretizzando il potere di indirizzo e di coordinamento che la stessa normativa nazionale riconosce in capo alle Regioni ad integrazione delle disposizioni ivi contenute.Pag. 193
  Pertanto, l'articolo 2 del decreto legislativo n. 502 del 1992, nel prevedere che spetta alle regioni la competenza in merito all'organizzazione dei servizi e all'attività destinata alla tutela della salute, deve ritenersi che consenta di adeguare gli assetti organizzativi aziendali, genericamente disciplinati dalla normativa nazionale, alle concrete, effettive e peculiari esigenze regionali. Una necessità che, ragionevolmente, si configura ancora di più in regioni, come l'Abruzzo, gravate dal Piano di Rientro per i debiti sanitari.
  Tale ricostruzione, pertanto, legittima la previsione delle due figure del Direttore della Funzione Ospedaliera e del Direttore della Funzione Territoriale in quanto funzionale alla costituzione di un'organizzazione aziendale più consona alle effettive necessità regionali, da un lato volte a garantire i LEA e dall'altro a raggiungere gli obiettivi per il risanamento del debito sanitario.
  La regione ha fatto presente, a tal riguardo, che le Nuove Linee Guida per la redazione degli Atti aziendali, al par. 2.6, demandano al Direttore della Funzione Ospedaliera «il governo dei processi organizzativi di carattere clinico-sanitario, di formazione e aggiornamento e di promozione della qualità dei servizi sanitari, il rischio clinico e la sicurezza dei pazienti avvalendosi delle unità operative delle direzioni sanitarie», laddove il successivo paragrafo 2.7 delle medesime Linee guida demandano al Direttore della Funzione Territoriale il governo dei processi organizzativi e gestionali del territorio avvalendosi dei Direttori delle Aree Distrettuali e relative Unità Operative di Assistenza Primaria, Assistenza Intermedia, Assistenza Consultoriale, Psicologia Aziendale, ecc.. Il Direttore della Funzione Ospedaliera, inoltre, «garantisce il coordinamento delle Aree Distrettuali».
  Si tratta, dunque, di funzioni che, in entrambi i casi, attengono alla produzione aziendale ed hanno lo scopo di rendere l'offerta più efficiente, omogenea, accessibile ed anche intellegibile in modo da poter essere monitorata e, se del caso, reindirizzata.
  La rilevanza delle suddette attività ha reso necessarie ascriverle in capo a figure determinate a garanzia di un più efficace controllo ed indirizzo regionale ed in questo senso, la Giunta della Regione Abruzzo ne ha ipotizzato il radicamento in capo a Direttori equiparati ai Direttori di Dipartimento.
  Alla luce di quanto esposto e considerato che la normativa nazionale prevede in relazione agli atti aziendali, come detto, dei contenuti generali e uniformi anche al fine di garantirne l'uniformità e l'omogeneità, si ritiene che la normativa vigente sia in linea con l'attuale assetto costituzionale e, come tale, non sia suscettibile di modifica.