CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 gennaio 2012
596.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 235

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 25 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 15.05.

DL 215/2011: Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'amministrazione della difesa.
Nuovo testo C. 4864 Governo.
(Parere alle Commissioni III e IV).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 17 gennaio 2012.

  Enrico FARINONE (PD), relatore, richiama i contenuti della relazione svolta nella seduta dello scorso 17 gennaio e ricorda quindi che nella giornata di ieri le Commissioni riunite III Affari esteri e IV Difesa hanno inviato il testo del decreto-legge in materia di missioni internazionali come risultante dagli emendamenti approvati dalle Commissioni medesime.
  Rispetto al testo originario, sul quale già ha riferito, segnala come significative le seguenti modifiche:
   il Ministero della difesa è stato autorizzato a cedere a titolo gratuito al Governo provvisorio libico mezzi non più in uso alle Forze armate libiche (articolo 1, comma 16-bis);
   è stata inserita la partecipazione di personale italiano alla missione dell'Unione europea EUMM Georgia (articolo 1, comma 16-ter);
   l'esclusione da sequestro o pignoramento dei fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità di difesa nazionale e sicurezza e degli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della difesa (articolo 4, comma 1-bis);
   la previsione di un parere vincolante delle Commissioni parlamentari sul decreto ministeriale chiamato ad autorizzare contributi pluriennali (ex-limiti di impegno) per la realizzazione di programmi di interesse dell'amministrazione della Difesa (articolo 5, comma 3);
   l'autorizzazione alla costituzione di strutture operative temporanee, d'intesa tra il Ministro degli esteri e il Ministro per la cooperazione internazionale per le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di partecipazione a iniziative internazionali di consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (articolo 7, comma 3-bis e articolo 8, comma 15-bis);
   la previsione di comunicazioni al Parlamento con cadenza quadrimestrale sullo stato delle missioni in corso e sugli interventi di cooperazione allo sviluppo (articolo 10-bis).

  Il provvedimento non appare quindi presentare profili problematici per quel che concerne la compatibilità con il diritto dell'Unione europea; formula pertanto una proposta di parere favorevole.

  Marco MAGGIONI (LNP) esprime perplessità sul provvedimento in esame, sottolineando come obiettivo delle missioni internazionali di pace dovrebbe essere quello di «esportare» la democrazia, mentre l'esperienza dimostra che la costruzione della democrazia è un processo che non può essere imposto dall'esterno.
  Preannuncia quindi il voto contrario del gruppo LNP sulla proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  Sandro GOZI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

  Nicola FORMICHELLA (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

Pag. 236

  Antonio RAZZI (PT) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

  Gianluca PINI (LNP) condivide le considerazioni svolte dall'onorevole Maggioni e sottolinea che il voto contrario del gruppo della Lega è motivato da valutazioni sia di carattere economico che di opportunità politica. Evidenzia il rischio che il provvedimento introduca surrettiziamente una autorizzazione, senza necessità di parere parlamentare, ad interventi in aree nelle quali solo formalmente i conflitti sono terminati, con gravi ripercussioni per il nostro Paese.

  Mario PESCANTE, presidente, sottolinea come il decreto-legge in esame disponga unicamente la proroga di missioni internazionali.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica dell'Accordo sui trasporti aerei tra gli Stati Uniti d'America, l'Unione Europea e i suoi Stati membri, firmato il 25 e 30 aprile 2007, con Allegati, fatto a Lussemburgo il 24 giugno 2010.
C. 4878 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Enrico FARINONE (PD), relatore, ricorda che il Protocollo in esame, firmato a Lussemburgo il 24 giugno 2010, modifica l'Accordo sui trasporti aerei tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati Uniti, dall'altra, concluso il 30 aprile 2007.
  L'Accordo del 2007 non è ancora entrato in vigore, non essendo state espletate le procedure relative alla ratifica da parte di tutti gli stati parte (manca, tra l'altro, la ratifica degli Stati Uniti), come previsto dall'articolo 26 dello stesso. L'Accordo, tuttavia, in base all'articolo 25, trova applicazione provvisoria a partire dal 30 marzo 2008 per i soli aspetti tecnico-operativi.
  Il Protocollo di modifica in esame è stato negoziato dalle parti in ottemperanza all'obbligo stabilito dall'articolo 21 dell'Accordo del 2007 di avviare una seconda fase negoziale, al fine di progredire nella realizzazione in un mercato transatlantico del trasporto aereo sempre più aperto e integrato, entro 60 giorni a decorrere dal 30 marzo 2008.
  Il Protocollo si compone di 10 articoli e di Allegati.
  L'articolo 1 aggiunge all'articolo 1 dell'Accordo due nuove definizioni («determinazione della nazionalità» e «determinazione dell'idoneità»).
  L'articolo 2 introduce un nuovo articolo (6-bis), volto a prevedere il riconoscimento reciproco degli accertamenti regolamentari per quanto riguarda l'idoneità e la nazionalità delle compagnie aeree, al fine di ridurre il carico normativo per le compagnie aeree e le autorità di regolamentazione.
  L'articolo 3 sostituisce l'articolo 15 dell'Accordo in materia di protezione dell'ambiente e dettaglia i nuovi ambiti nei quali si svolgerà la cooperazione su tale aspetto: la ricerca e lo sviluppo di tecnologia aeronautica rispettosa dell'ambiente; lo studio dell'impatto delle emissioni dell'aviazione; la ricerca e sviluppo di carburanti verdi.
  L'articolo 4 aggiunge un nuovo articolo all'Accordo (articolo 17-bis) che riconosce la dimensione sociale dell'Accordo e le opportunità da esso create, nonché la tutela dei diritti preesistenti dei dipendenti delle compagnie aeree.
  L'articolo 5 modifica l'articolo 18 dell'Accordo per potenziare le competenze del Comitato misto al fine di promuovere nuove iniziative in ambiti supplementari quali la gestione del traffico aereo, l'agevolazione, la sicurezza e la cooperazione con altri Paesi.
  L'articolo 6 sostituisce l'articolo 21 dell'Accordo: con le nuove disposizioni le Parti si impegnano a garantire una maggiore Pag. 237apertura dei mercati, eliminando le barriere che ne impediscono l'accesso.
  L'articolo 7 sostituisce l'Allegato 3 dell'Accordo riguardante il trasporto aereo finanziato dal Governo degli Stati Uniti, attualmente limitato alle compagnie aeree statunitensi («Fly America»). Le compagnie aeree dell'UE potranno vendere trasporto aereo ad appaltatori del Governo degli Stati Uniti su qualsiasi rotta, ad eccezione del trasporto finanziato dal Dipartimento della Difesa statunitense.
  L'articolo 8 richiama i documenti di cui all'Allegato al protocollo, riguardante la proprietà ed il controllo delle compagnie aree di paesi terzi.
  L'articolo 9 riguarda l'applicazione provvisoria del Protocollo, limitatamente agli aspetti tecnico-operativi (definizione delle rotte, designazione delle compagnie, tipi di aeromobili utilizzati e di servizi offerti), fino alla sua entrata in vigore.
  L'articolo 10 disciplina l'entrata in vigore del Protocollo che diverrà operativo, dopo l'entrata in vigore dell'Accordo del 2007, entro e non oltre il mese successivo alla data dell'ultima nota di uno scambio di note diplomatiche tra le Parti a conferma dell'avvenuto espletamento di tutte le procedure necessarie per l'entrata in vigore del presente Protocollo.
  In relazione alla normativa comunitaria, ricorda che la politica dei trasporti è disciplinata dal Titolo VI (articoli da 90 a 100) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). In particolare, l'articolo 91 TFUE stabilisce che il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro, o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri; le condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di uno Stato membro; le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti e ogni altra disposizione utile.
  Quanto alle procedure di contenzioso segnala che il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha inviato all'Italia un parere motivato (procedura di infrazione n. 2003/2061) per la violazione degli articoli 10 relativo all'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati, e 43 riguardante la libertà di stabilimento, del Trattato CE (rispettivamente articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull'UE e articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE). Per quanto riguarda la violazione dell'articolo 10, la Commissione richiama la firma, il 6 dicembre 1999, tra il Governo italiano e quello degli Stati Uniti di un protocollo di modifica dell'accordo sul trasporto aereo del 22 giugno 1970. Il 5 novembre 2002 la Corte di Giustizia aveva emesso sentenze volte a stabilire la violazione della normativa comunitaria da parte degli accordi bilaterali «open skies» conclusi da otto Stati membri con gli USA, nelle quali si affermava la competenza comunitaria a concludere accordi internazionali in virtù dei trattati. Si stabiliva, in particolare, che qualora per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato la Comunità avesse adottato disposizioni contenenti sotto qualsiasi forma norme comuni, gli Stati membri non avevano più il potere di concludere con paesi terzi obblighi suscettibili di incidere su tali norme o di alterarne la portata, e si individuavano alcuni settori particolari nei quali le norme comunitarie risultavano compromesse da impegni internazionali contenuti nei citati accordi open skies. Con riferimento all'articolo 43, la Commissione rileva che l'articolo 4 dell'accordo del 1999 consente agli Stati Uniti di rifiutare l'autorizzazione a compagnie aeree designate dall'Italia ma nelle quali una quota rilevante della proprietà ed il controllo effettivo non fanno capo all'Italia. Di conseguenza, le compagnie aeree comunitarie stabilite in Italia possono sempre essere escluse dai vantaggi derivanti dall'accordo che sono invece assicurati a compagnie aeree appartenenti o controllate dall'Italia o da cittadini italiani. Alla luce delle suddette osservazioni la Commissione conclude che, considerato che l'accordo bilaterale del 1999 disciplina una serie di settori ricadenti nella competenza esclusiva della Comunità, l'Italia è venuta meno agli obblighi dei trattati in quanto non era Pag. 238autorizzata a contrarre impegni internazionali in una materia che, al momento del negoziato, della firma e dell'entrata in vigore dell'accordo con gli Stati Uniti, era di competenza esclusiva della Comunità; inoltre, la Commissione rileva che le disposizioni dell'accordo relative alla designazione delle compagnie aeree da parte dell'Italia, in particolare per quanto riguarda una quota rilevante della proprietà ed il controllo effettivo, sono in contrasto con il principio della libertà di stabilimento.
  Evidenzia che tali contestazioni appaiono superate dalla ratifica del Protocollo in esame, e si riserva, in ogni caso, di formulare una proposta di parere in una prossima seduta.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per favorire l'inserimento lavorativo dei detenuti.
Testo unificato C. 124 Angeli e abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppina CASTIELLO (PdL), relatore, evidenzia che il provvedimento in esame detta norme volte a favorire il reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti, modificando in più parti la legge n. 193 del 2000 che ha dettato la disciplina generale della materia, ampliando la portata e gli effetti di talune misure agevolative ivi previste.
  Con riferimento ai profili di interesse della Commissione XIV si sofferma solo su alcune disposizioni.
  L'articolo 3, sostituendo il vigente articolo 3 della legge 193 del 2000 con gli articoli da 3 a 3-ter, da un lato modifica la disciplina del credito d'imposta in favore delle imprese che effettuano assunzioni di lavoratori dipendenti detenuti, dall'altro introduce due ulteriori tipologie di credito d'imposta finalizzate ad incentivare l'inserimento nel mondo del lavoro dei medesimi soggetti. In particolare si prevede: l'incremento da 516 a 1.000 euro mensili della misura del credito d'imposta spettante per ogni lavoratore assunto, in misura proporzionale al numero delle giornate lavorate; l'estensione della durata del beneficio per 12 o 24 mesi a seconda che si assumano, rispettivamente, detenuti che abbiano beneficiato delle misure alternative o del lavoro esterno, ovvero detenuti o internati presso istituti penitenziari; l'ampliamento dell'ambito di applicazione, in quanto il diritto all'agevolazione è riconosciuto anche in caso di assunzione di soggetti che beneficiano delle misure alternative alla detenzione presso gli istituti penitenziari.
  I nuovi articoli 3-bis e 3-ter prevedono un credito d'imposta in favore delle imprese che affidano a cooperative sociali o ad altre aziende l'esecuzione di attività o servizi costituenti occasione di inserimento lavorativo per detenuti, e in favore delle cooperative sociali e delle comunità di recupero che inseriscono in attività lavorative detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti.
  Al riguardo segnala che occorre valutare se tali disposizioni siano riconducibili alle fattispecie per le quali il regolamento (CE) n. 800/2008 consente, in presenza di aiuti di Stato finalizzati all'inserimento di lavoratori svantaggiati, di derogare all'obbligo di notifica dell'aiuto alla Commissione, ovvero si debba subordinare la disposizione alla notifica e all'autorizzazione della Commissione europea. In proposito, ricorda che il regolamento (CE) n. 800/2008 consente di derogare alla notifica dell'aiuto nel caso l'intensità dell'aiuto non superi, su base annuale, il cinquanta per cento dei costi salariali per un periodo massimo di 12 mesi (estensibile a 24 mesi per lavoratori particolarmente svantaggiati) e nel caso in cui l'assunzione non comporti un aumento netto della media dei lavoratori dell'impresa. Sul punto ritiene che occorra acquisire l'avviso del rappresentante del Governo.Pag. 239
  L'articolo 5 prevede, tra le altre cose, che gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, possano stipulare convenzioni con le cooperative sociali accreditate e iscritte nel registro sopra esaminato, per importi, al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), anche superiori alle soglie stabilite dall'Unione europea. Tali convenzioni devono essere finalizzate a creare opportunità di lavoro per detenuti.
  Ricorda in proposito che la direttiva 2004/18/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, da ultimo modificata dalla direttiva 2009/81/CE) ha fissato soglie di valore (di forniture e servizi) oltre le quali la normativa dell'Unione europea in materia di affidamenti deve trovare applicazione per gli organismi di diritto pubblico. Tali soglie (articolo 7) variano tra 130.000 euro e 200.000 euro per gli appalti di servizi e forniture; la soglia per i lavori pubblici è fissata in 5 milioni di euro.
   Infine, il medesimo articolo 5 prevede un'aliquota IVA agevolata del 4 per cento (o in una diversa percentuale stabilita ai sensi della legislazione vigente in materia, ma comunque non inferiore al 4 per cento) a favore delle amministrazioni pubbliche che affidano a cooperative sociali o ad altre imprese attività produttive intramurarie costituenti occasioni di inserimento lavorativo per detenuti.
  Al riguardo, ricorda che la normativa IVA è oggetto di disciplina europea. In particolare, la direttiva 2006/112/CE stabilisce che l'aliquota normale d'imposta fissata da ciascun Paese membro non poteva essere, fino al 31 dicembre 2010, inferiore al 15 per cento. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2015 dalla direttiva 2010/88/CE. Gli articoli 98 e 99 della direttiva consentono agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi delle categorie individuate nell'Allegato III della direttiva. Al riguardo, segnala che l'allegato III della direttiva 2006/112/CE al punto 15 fa riferimento a «cessioni di beni e prestazioni di servizi da parte di organismi di cui è riconosciuto il carattere sociale dagli Stati membri e che sono impegnati in attività di assistenza e di sicurezza sociale», fattispecie alla quale appare riconducibile la disposizione in commento. In tal senso la disposizione appare compatibile con il contenuto della direttiva.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.20.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 25 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 15.20.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale.
Atto n. 428.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 20 dicembre 2011.

  Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato), che richiama in premessa quattro aspetti problematici del provvedimento, sottoponendoli poi al Governo nella forma di una osservazione, non essendo stato possibile avere una interlocuzione sul punto con l'Esecutivo.

  Sandro GOZI (PD) evidenzia che le questioni sollevate meritano particolare approfondimento, anche tenuto conto Pag. 240delle implicazioni sociali e politiche del provvedimento.

  Enrico FARINONE (PD) condivide la necessità di svolgere un'istruttoria approfondita, valutato il rilievo delle questioni affrontate.

  Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, conviene circa l'opportunità di una ulteriore riflessione; ritiene che occorra a tal fine prevedere quanto prima la partecipazione di un rappresentante del Governo ai lavori della Commissione, che potrà fornire i chiarimenti richiesti.

  Mario PESCANTE, presidente, si farà carico di prendere i necessari contatti con il Governo. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, di attuazione della direttiva 2002/89/CE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità.
Atto n. 431.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Mario PESCANTE, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, onorevole Fucci, illustra i contenuti del provvedimento, che consta di 44 articoli, formulati in termini di modifica testuale al testo del decreto legislativo n. 214 del 2005, che ha riscritto in modo esaustivo le norme interne di attuazione della normativa europea in materia di circolazione dei vegetali e di protezione degli stessi contro gli organismi nocivi. L'esigenza di apportare talune modifiche alla legislazione vigente nasce da alcuni problemi applicativi sorti nel corso degli anni, dovuti, in parte, ai progressi tecnici e scientifici in materia che richiedono un aggiornamento della normativa, dall'altro, alla necessità di:
   adeguare la legislazione nazionale ad alcune novità normative introdotte con il reg. (CE) 450/2008, che istituisce il Codice doganale comunitario, con il reg. (CE) n. 690 del 2008, relativo al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario, con il reg. (CE) n. 436 del 2011, di modifica dell'Allegato I del reg. 690/2008, e con le direttive 2008/61/CE e 2004/1037CE;
   fornire più ampie garanzie di tutela fitosanitaria estendendo il divieto di introduzione e diffusione sul territorio nazionale a qualsiasi organismo nocivo la cui presenza non sia stata precedentemente riscontrata;
   dare seguito alle specifiche raccomandazioni formulate dall'Ufficio ispettivo della Commissione europea – Food and Veterinary Office – in merito alla necessità di implementare l'efficienza del sistema dei controlli italiano;
   riorganizzare le sanzioni amministrative e le tariffe connesse, ampliando la casistica dei soggetti passibili di sanzioni, specificando che tra le attività oggetto di sanzione rientra anche la sospensione dell'autorizzazione, facendo chiarezza sul soggetto passibile di sanzione che viene individuato in colui che acquista a fini professionali i vegetali.

  Con riferimento alla normativa dell'Unione europea, ricorda che l'articolo 33 della legge comunitaria 2009 (legge 4 giugno 2010, n. 96) ha attribuito una delega al Governo per la revisione del decreto legislativo n. 214 del 2005, recante «Attuazione della direttiva 2002/89/CE concernente le misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali».
  La materia è regolata in ambito europeo dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio Pag. 241(cosiddetta «direttiva base»), dell'8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità. La direttiva, che ha abrogato e codificato la direttiva 77/93/CEE, è stata più volte modificata nel corso degli anni (dapprima con la direttiva 2002/89/CE, in attuazione della quale è stato emanato il decreto legislativo n. 214 del 2005; da ultimo con la direttiva 2009/143/CE, recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 241 del 2010). Essa risulta basata sui princìpi sanciti a livello internazionale, in particolare nella Convenzione internazionale per la protezione dei vegetali dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e nell'accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (accordo SPS) dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). La direttiva concerne le piante vive e le parti vive di piante, comprese le sementi. Tra gli organismi nocivi la direttiva elenca ogni specie, ceppo o tipo di animale, vegetale o agente patogeno nocivo per i vegetali o per i prodotti vegetali. Gli allegati I e II contengono l'elenco degli organismi la cui presenza nel territorio europeo è vietata, sia in quanto tali sia quando sono presenti su determinati vegetali o prodotti vegetali. Inoltre, l'Allegato III contiene l'elenco dei vegetali e prodotti vegetali la cui introduzione nel territorio comunitario è vietata se provenienti da determinati paesi terzi. Le misure di protezione riguardano anche i mezzi utilizzati per l'introduzione dei vegetali, prodotti vegetali e altri oggetti correlati (imballaggi, veicoli). Determinati vegetali e prodotti vegetali (allegato V, parte A) devono essere sottoposti a ispezione fitosanitaria ed i produttori hanno l'obbligo di essere iscritti in un registro ufficiale tenuto dall'organismo nazionale competente. Ove si ritenga che, sulla base del controllo, le condizioni siano soddisfatte, l'organismo nazionale competente rilascia un passaporto delle piante che certifica il rispetto delle norme fitosanitarie comunitarie. Il passaporto delle piante consiste in un'etichetta che deve essere applicata al prodotto, al suo imballaggio o eventualmente al veicolo che lo trasporta.
  Gli Stati membri devono informare la Commissione e gli altri Stati membri della presenza di organismi nocivi o del rischio di introduzione o diffusione di organismi nocivi nel loro territorio. Gli Stati membri organizzano controlli saltuari, sia nei luoghi in cui i vegetali o prodotti vegetali sono coltivati, prodotti, immagazzinati, posti in vendita o trasportati, che in occasione di altri controlli di documenti per ragioni diverse da quelle fitosanitarie. La direttiva prevede per taluni vegetali e prodotti vegetali provenienti da paesi terzi (Allegato V, parte B) un'ispezione alla loro introduzione nel territorio dell'UE. L'ispezione comprende, in particolare, un controllo documentale, un controllo d'identità e un controllo fitosanitario. La direttiva definisce, su richiesta di uno o più Stati membri, delle zone alle quali è accordata una protezione speciale contro determinati organismi nocivi.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 25 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 15.30.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (parti I, II e III).
COM(2011)452 def.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, Pag. 242sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario.
COM(2011)453 def.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Massimo POMPILI (PD), relatore, evidenzia come le due proposte legislative di cui la XIV Commissione avvia oggi l'esame costituiscono parte di un unico pacchetto presentato dalla Commissione europea, il 20 luglio 2011, con l'obiettivo primario di adeguare la normativa in materia di requisiti di capitale degli istituti di credito, di cui alle direttive 2006/48/CE E 2006/49/CE, al cosiddetto «accordo di Basilea 3». Tale accordo, definito nel dicembre 2010 dal Comitato di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali, fissa livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche ed introduce un nuovo schema internazionale per la liquidità. Oltre a dare attuazione all'accordo di Basilea 3 le due proposte intendono procedere ad un più generale riassetto della legislazione europea applicabile alle banche e alle imprese di investimento, per conseguire tre principali obiettivi:
   rimediare alle lacune nella normative vigente in materia imputabili principalmente alle numerose deroghe ed opzioni previste dalle citate direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE che riconoscono agli Stati membri la facoltà di imporre norme più rigorose.
   evitare una eccessiva esposizione degli istituti di credito al rischio considerato che questo ha contribuito a scatenare la crisi finanziaria, provocando ingenti perdite che, secondo stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), tra il 2007 e il 2010 sono state pari a mille miliardi di euro, vale a dire l'8 per cento del PIL dell'UE;
   scongiurare il ricorso agli aiuti di Stato per ripristinare la stabilità del settore bancario, garantendo nel contempo l'afflusso di crediti per finanziare l'economia e la crescita: fino al mese di ottobre 2010 la Commissione ha approvato aiuti di Stato agli istituti di credito per un importo complessivo pari a 4.600 miliardi di euro.

  La Commissione europea auspica che le proposte siano adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, secondo la procedura legislativa ordinaria, entro la fine del 2012 e siano pienamente operative a partire dal 2019, in coerenza con il calendario definito dal Comitato di Basilea. Il Parlamento europeo dovrebbe pronunciarsi in prima lettura nella sessione di aprile 2012.
  Per quanto riguarda i contenuti delle proposte segnala che la proposta di regolamento stabilisce i requisiti prudenziali dettagliati per gli enti creditizi e le imprese di investimento in coerenza con l'accordo di Basilea 3. La proposta di direttiva riproduce in gran parte la disciplina vigente quanto all'autorizzazione e all'esercizio della libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi degli enti creditizi, introducendo importanti innovazioni in merito al governo societario, al ricorso ai rating esterni, alle sanzioni, alla vigilanza prudenziale e alle partecipazioni qualificate.
  Le innovazioni più rilevanti introdotte dalle due proposte concernono i seguenti aspetti:
   l'obbligo per banche e imprese di investimento di detenere un livello di capitale quantitativamente e qualitativamente più elevato che consenta di assorbire autonomamente eventuali perdite, senza ricorrere a ricapitalizzazioni a carico di fondi pubblici e di assicurare la continuità nell'operatività. Le proposte tengono ferma l'attuale requisito per cui le banche devono detenere un patrimonio di vigilanza totale dell'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio ma, al tempo stesso, ne modificano la composizione stabilendo: una definizione Pag. 243rafforzata del patrimonio di base (cosiddetta Tier 1) affinché includa soltanto il Common equity (composto dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte), in quanto componente di migliore qualità del patrimonio stesso, e altri strumenti finanziari che rispettino 14 criteri; una maggiore patrimonializzazione degli istituti di credito mediante un innalzamento del requisito minimo relativo al Common equity al 4,5 per cento (a fronte del 2 per cento previsto da Basilea 2), e del requisito minimo relativo al capitale Tier 1 al 6 per cento (a fronte dell'attuale 4 per cento). I nuovi requisiti saranno introdotti gradualmente, in misura del 20 per cento all'anno dal 2014 per raggiungere il 100 per cento nel 2018. È fatta salva la facoltà delle autorità di vigilanza nazionali di introdurre requisiti minimi di capitale più stringenti; la Commissione potrà aumentare temporaneamente il livello dei requisiti di capitale, la ponderazione del rischio per alcune esposizioni o imporre requisiti più stringenti, per tutte le esposizioni o per quelle in uno o più settori, regioni o Stati membri, qualora sia necessario per fare fronte a modifiche nell'intensità dei rischi macro e microprudenziali derivanti da sviluppi del mercato;
   l'introduzione, come ulteriore tutela contro le perdite, oltre ai requisiti patrimoniali minimi, due riserve di capitale (cosiddetta buffer o cuscinetti): 1) una cosiddetta «riserva di conservazione del capitale» pari al 2,5 per cento costituita da capitale di qualità primaria, identica per tutte le banche nell'UE, al fine di consentire che il capitale rimanga disponibile per sostenere l'operatività corrente della banca nelle fasi di tensione. Il mancato rispetto di tale requisito comporterà vincoli nella politica di distribuzione degli utili fino alla ricostituzione della riserva; 2) una «riserva di capitale anticiclica» specifica per ogni banca al fine di consentirle di creare in tempi di crescita economica una base finanziaria sufficiente che consenta loro di assorbire le perdite in periodi di crisi;
   l'obbligo per le banche di gestire i flussi di cassa in modo da garantire la disponibilità di sufficiente liquidità a breve e a lungo termine;
   il rispetto del tetto massimo delle attività che possono acquisire a seconda del loro capitale (rapporto di leva finanziaria);
   l'obbligo di detenere maggiore capitale qualora vogliano vendere prodotti finanziari complessi come i derivati;
   l'istituzione di un nuovo quadro di governance per garantire un controllo più efficace dei rischi da parte dei consigli di amministrazione e conferire alle autorità di vigilanza ulteriori competenze in materia per evitare che le banche accumulino rischi eccessivi a livello individuale e diminuire il rischio di fallimento. Si stabilisce, in particolare, che gli aspetti sostanziali del processo di rating e di stima siano approvati dall'organo di gestione e dall'alta dirigenza dell'istituto e siano soggetti ad una revisione interna almeno su base annuale. Inoltre, i soggetti che esercitano funzioni di controllo dovranno essere remunerati in funzione della realizzazione degli obiettivi connessi alle loro funzioni indipendentemente dai risultati conseguiti nei settori di attività che essi controllano; la remunerazione del personale dirigente delle funzioni di controllo dei rischi dovrà essere sottoposta al controllo diretto del comitato per le remunerazioni o, in sua assenza, dell'organo di gestione;
   il superamento della frammentazione e le lacune delle normative nazionali che disciplinano i poteri sanzionatori o di indagine di cui dispongono le autorità nazionali al fine di attribuire alle autorità competenti il potere di applicare sanzioni appropriate e di agevolare la rilevazione delle violazioni della legislazione europea. In particolare, il livello massimo delle sanzioni amministrative pecuniarie stabilite nella legislazione nazionale dovrebbe superare i vantaggi derivanti dalla violazione, se determinabili, e in ogni caso non dovrebbe essere superiore al livello previsto dalla direttiva (il 10 per cento del Pag. 244fatturato totale annuo dell'ente interessato nel caso di una persona giuridica, 5 milioni di euro o il 10 per cento del reddito annuo dei singoli nel caso di una persona fisica). Inoltre, i criteri presi in considerazione dalle autorità competenti nel determinare il tipo e il livello di sanzione da applicare in un caso specifico dovrebbero comprendere almeno i criteri stabiliti nella direttiva (ad esempio vantaggi derivati dalla violazione o perdite causate ai terzi, atteggiamento collaborativo della persona responsabile, eccetera). La Commissione sottolinea al riguardo che non tutte le autorità nazionali dispongono di importanti poteri sanzionatori; in alcuni Stati membri il livello delle sanzioni amministrative pecuniarie è troppo basso e pertanto non costituisce un deterrente sufficiente, è impossibile imporre sanzioni sia agli enti creditizi che agli individui responsabili delle violazioni. Questa situazione può determinare lacune nel rispetto delle regole dell'UE, creare distorsioni della concorrenza nel mercato interno ed avere un impatto negativo sulla vigilanza finanziaria, mettendo a repentaglio il corretto funzionamento dei mercati bancari e pregiudicando la protezione dei depositanti e degli investitori e la fiducia nel settore finanziario;
   una migliore gestione del rischio di liquidità mediante l'introduzione, nel 2015, dopo un periodo di osservazione, di un coefficiente di copertura di liquidità (liquidity coverage ratio – LCR);
   la riduzione del ricorso ai rating di credito esterni, in particolare introducendo l'obbligo per gli istituti di credito di non basare le proprie decisioni di investimento o il calcolo dei requisiti di fondi propri esclusivamente sui rating esterni, ma anche su metodi interni di valutazione del credito;
   il rafforzamento dei requisiti in materia di gestione e capitalizzazione adeguate del rischio di credito di controparte connesso a derivati, A tal fine si prevede a carico degli istituti un requisito di capitale aggiuntivo per le possibili perdite associate al deterioramento del merito di credito di controparte. Tali proposte dovrebbero avere un impatto maggiore sugli istituti di grandi dimensioni considerato che il rischio di controparte è rilevante solo per le banche con significative attività finanziarie over-the-counter;
   l'adozione di misure anticicliche al fine di ridurre gli effetti prociclici della regolamentazione finanziaria che hanno contribuito all'insorgere della crisi economica e finanziaria e di limitare l'eccessivo indebitamento degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Al tal fine si propone di introdurre un coefficiente di leva non basato sul rischio come strumento per la vigilanza degli istituti. Le implicazioni di un coefficiente di leva finanziaria saranno monitorate rigorosamente prima di un eventuale passaggio a un requisito vincolante il 1o gennaio 2018;
   l'adozione di un indice di leva finanziaria non sensibile al rischio per evitare un eccessivo accumulo di leva finanziaria nel sistema.

  Ad avviso della Commissione, le nuove norme andrebbero a beneficio oltre che delle stesse banche che potranno offrire prodotti competitivi in tutta l'UE e non saranno costrette a ridurre i prestiti in fase recessiva, anche dei risparmiatori che saranno maggiormente tutelati contro i rischi di fallimento, e dei contribuenti che non dovranno salvare le banche insolventi. La loro attuazione dovrebbe in particolare:
   comportare un aumento delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio pari al 24,5 per cento per gli istituti di credito di grandi dimensioni e al 4,1 per cento per quelli minori. L'adeguamento del capitale in seguito all'applicazione dei nuovi requisiti richiederà fondi per 84 miliardi di euro entro il 2015, e 460 miliardi entro il 2019;
   generare benefici annui in termini di PIL compresi tra lo 0,1 e lo 0.5 per cento grazie alla possibile riduzione della frequenza delle crisi sistemiche;
   consentire la riduzione della durata dei normali cicli economici grazie ai requisiti Pag. 245di capitale più elevati e alla costituzione della riserva di capitale anticiclica, con effetti positivi soprattutto per le PMI che dipendono più ampiamente dai prestiti bancari attraverso i cicli economici;
   evitare un'eccessiva esposizione degli istituti di credito al rischio considerato che questo ha contribuito a scatenare la crisi finanziaria, provocando ingenti perdite che, secondo stime del Fondo Monetario Internazionale, tra il 2007 e il 2010 sono state pari a 1 trilione di euro, vale a dire l'8 per cento del PIL dell'UE;
   scongiurare il ricorso agli aiuti di Stato per ripristinare la stabilità del settore bancario (come è avvenuto durante la crisi finanziaria), garantendo nel contempo l'afflusso di crediti per finanziare l'economia e la crescita.

  Sottolinea quindi come le due proposte in esame presentino numerosi elementi di criticità sia sotto il profilo strettamente ordinamentale e giuridico sia per l'impatto che esse potrebbero produrre sul piano economico e finanziario.
  Con riguardo al primo profilo, che rientra propriamente nelle competenze della XIV Commissione, va considerata anzitutto la coerenza della proposta con i principi di sussidiarietà e proporzionalità. In questo contesto, va valutata la scelta di fissare i requisiti prudenziali dettagliati per gli enti creditizi e le imprese di investimento in un regolamento, al fine di garantire la diretta ed uniforme applicazione dei nuovi requisiti di capitale. Il ricorso al regolamento appare pienamente condivisibile in quanto, come posto in rilievo anche dalla Commissione europea, esso avrebbe il vantaggio di: evitare, a fronte di requisiti stabiliti in modo uniforme a livello globale dal Comitato di Basilea, il rischio di disposizioni nazionali divergenti connesso al recepimento di una direttiva nei singoli ordinamenti; rafforzare la fiducia nella stabilità degli enti creditizi, dimostrando chiaramente che essi sono soggetti alle stesse norme su tutti i mercati dell'UE; operare più rapidamente, con norme direttamente applicabili, modifiche e adeguamenti della normativa concordati a livello internazionale o resi opportuni dagli sviluppi del mercato; ridurre la complessità della normativa ed evitare ingiustificati costi di messa in conformità per l'esercizio delle attività transfrontaliere; scongiurare l'arbitraggio regolamentare.
  In secondo luogo, va presa in considerazione la scelta di perseguire con il regolamento un'armonizzazione massima delle normative nazionali, escludendo l'introduzione (contemplata dalla disciplina vigente) di norme più rigorose da parte dei singoli Stati membri. Tale facoltà è infatti riconosciuta dalla proposta di regolamento alla Commissione europea che la esercita, ove necessario, mediante atti delegati.
  Il mantenimento della facoltà in questione in capo ai singoli Stati membri potrebbe comportare, ad avviso della Commissione, uno spostamento delle esposizioni e dei rischi sottostanti verso un altro Stato membro dell'UE.
  Va ricordato che tre Camere (House of Commons britannica, Senato francese e Parlamento svedese) hanno adottato un parere motivato, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, ritenendo incompatibile con il principio di sussidiarietà l'articolo 443 della proposta di regolamento, in quanto attribuisce alla Commissione europea, anziché ai singoli Stati membri, il potere di adottare, ove necessario per salvaguardare la stabilità finanziaria regole prudenziali più stringenti.
  In particolare, ad avviso della House of Commons, tale potere andrebbe conferito in coerenza con il principio di sussidiarietà, alle singole autorità di vigilanza nazionali che potrebbero reagire più direttamente e rapidamente in caso di necessità. Ciò assicurerebbe maggiore flessibilità ai requisiti prudenziali, assicurando una applicazione più efficace dell'accordo di Basilea 3.
  Tali argomentazioni non appaiono condivisibili per le ragioni già richiamate in precedenza: la fissazione dei requisiti patrimoniali, a fronte di mercati finanziari sempre più integrati e connessi, non si Pag. 246presta a decisioni unilaterali, per quanto ispirate da maggior rigore, di singoli Stati membri dell'UE.
  Andrebbe poi considerato l'impatto che una eventuale «corsa al rialzo» dei requisiti patrimoniali in tutta l'UE potrebbe avere, in termini di costi e di crescita.
  Un terzo aspetto ordinamentale da valutare consiste nell'ampio ricorso prospettato dalle proposte in esame, ai fini dell'adozione di misure di attuazione e di adeguamento della legislazione, agli atti delegati adottati dalla Commissione europea e agli strumenti di convergenza regolamentare posti in essere dall'Autorità bancaria europea (ABE, o secondo l'acronimo inglese più comunemente usato, EBA). In particolare, l'EBA, che come le altre nuove autorità di vigilanza europee, non è titolare di autonomi poteri decisionali, potrà elaborare norme tecniche che acquisirebbero carattere vincolante soltanto se recepite dalla Commissione in atti delegati e di esecuzione secondo quanto stabilito agli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'UE. La Commissione, peraltro, potrà solo in casi eccezionali modificare in sede di recepimento le decisioni delle autorità.
  Anche il ricorso alla delega va valutato positivamente in quanto strumento di flessibilità e rapido adeguamento della normativa alla evoluzione dei mercati e del quadro economico. Andrà peraltro assicurata, attraverso le opportune intese con il Governo e le Istituzioni europee, la trasparenza e l'informazione dei parlamenti nazionali nel corso dell'iter di elaborazione e approvazione delle misure delegate ed esecutive.
  Passando ai profili sostanziali sottolinea che le proposte in esame, recependo l'Accordo di Basilea 3, sono ispirate da un approccio particolarmente rigoroso che potrebbe produrre effetti significativi sull'erogazione del credito al sistema produttivo, come già segnalato da più parti.
  I forti incrementi richiesti nella capitalizzazione delle banche – che porterebbero in particolare un innalzamento dall'8 per cento al 10,5 per cento del requisito minimo patrimoniale complessivo, indifferenziato per tutti i portafogli – potrebbero infatti tradursi, in ultima istanza, una riduzione delle risorse disponibili per il finanziamento del sistema produttivo italiano e di gran parte dei Paesi dell'Europa continentale, la cui principale fonte di finanziamento è costituita dal canale bancario. Ciò vale soprattutto per le piccole e medie imprese in relazione alle quali, paradossalmente, il pacchetto di proposte in esame non prevede regole specifiche. Sarebbe stato invece logico introdurre per i crediti concessi alle PMI la previsione di fattori di correzione volti a compensare l'incremento quantitativo del requisito patrimoniale minimo. Non a caso Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane e Abi avrebbero già sottoposto alla Commissione europea e agli europarlamentari italiani un documento congiunte recante alcuni emendamenti alle proposte legislative in esame per ridurre i potenziali «effetti collaterali» sull'erogazione del credito. Il documento proporrebbe, in particolare, che l'aumento dei requisiti patrimoniali venga applicato – laddove i crediti siano concessi alle PMI – mediante l'introduzione di un «fattore correttivo» del 76,19 per cento nella formula per il calcolo dei risk weighted assets (le attività per cassa e fuori bilancio classificate e ponderate in base a differenti coefficienti connessi ai rischi, secondo le normative bancarie emanate dagli organi di vigilanza per il calcolo dei coefficienti di solvibilità).
  Le conseguenze delle proposte in esame potrebbero essere peraltro amplificate dalla raccomandazione sulla ricapitalizzazione delle banche europee adottata lo scorso 8 dicembre dalla nuova autorità bancaria europea (EBA), che prevede la creazione, in via eccezionale e temporanea, entro la fine di giugno 2012, di una riserva supplementare di fondi propri da parte delle banche per raggiungere un livello pari al 9 per cento il rapporto tra il capitale di classe 1 e le attività ponderate per il rischio. La costituzione di tale riserva supplementare viene motivata dall'EBA richiamando l'esigenza di creare un cuscinetto di capitale (buffer) a fronte Pag. 247delle esposizioni delle banche in questione verso gli emittenti sovrani. Il fabbisogno complessivo di fondi propri supplementari è stato stimato dall'EBA a 114,685 miliardi di euro; per le 4 banche italiane coinvolte la ricapitalizzazione dovrebbe ammontare a 15,366 miliardi. In particolare, secondo le indicazioni della Banca d'Italia, l'applicazione della raccomandazione comporterà fondi supplementari pari per Unicredit a 7.974 milioni di euro; per Banca Monte dei Paschi di Siena di 3.267 milioni di euro; per Banco Popolare di 2.731 milioni e per Unione di Banche Italiane di 1.393 milioni.
  Le preoccupazioni sul possibile impatto dell'attuazione di Basilea III sono del resto tenute in alta considerazione dai principali partner globali al di fuori dell'Unione europea, che stanno procedendo con estrema cautela. Va anzi ricordato come negli Stati Uniti tutte le banche tenute all'applicazione di Basilea 2 e Basilea 2,5 siano ancora in fase di sperimentazione: la segnalazione dei coefficienti regolamentari ufficiali avviene in base a Basilea 1 e le banche proseguono nei lavori di attuazione dei metodi avanzati di Basilea 2. Analoghe considerazioni valgono per la Cina e la Turchia.
  Segnala infine che la valutazione dei profili di merito, che presentano un'elevata complessità tecnica, rientra prevalentemente nelle competenze della Commissione Finanze che ha già avviato una specifica indagine conoscitiva, svolgendo alcune importanti audizioni. La XIV Commissione potrebbe pertanto acquisire il materiale istruttorio depositato nel corso di tali audizioni per procedere ad una valutazione generale dei principali profili di merito della proposta, soprattutto con riguardo alla loro coerenza con la risposta dell'UE alla crisi economica e finanziaria.

  Nicola FORMICHELLA (PdL) sottolinea l'importanza del tema affrontato, che merita particolare approfondimento; rileva come si tratti, infatti, di una materia non solamente tecnica, che ha grande valenza politica ed economica, anche per i riflessi che le disposizioni in discussione potranno avere sull'erogazione del credito alle piccole e medie imprese.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE
COM(2011)594 def.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Sandro GOZI (PD), relatore, sottolinea come la proposta di direttiva in esame, presentata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011, presenti un grande rilievo sul piano politico, giuridico ed economico, come dimostrato dall'ampio ed articolato dibattito sviluppatosi sin della fase della sua elaborazione. La creazione di un'imposta sulle transazioni finanziarie internazionali è infatti, anche sul piano simbolico, un nodo decisivo per l'azione dell'Unione in almeno tre grandi contesti: il finanziamento del bilancio europeo nel 2014-2020; il riassetto della disciplina dei mercati finanziari, a livello europeo e nazionale, in risposta alla crisi economica; l'avvio di una effettiva armonizzazione fiscale.
  Non a caso la proposta ha suscitato reazioni contrastanti da parte dei diversi Governi e Parlamenti nazionali ed ha costituito uno degli elementi richiamati dal Regno Unito a sostegno della scelta di non aderire al nuovo trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance economica, in assenza di clausole di salvaguardia o deroghe che consentissero di sottrarre il settore finanziario britannico dall'imposta e ad altre innovazioni della disciplina europea.
  In ragione di questa sua rilevanza, la proposta è stata già esaminata ai fini della Pag. 248valutazione di sussidiarietà dalla XIV Commissione che ha adottato un documento recante una valutazione positiva al riguardo lo scorso 29 novembre.
  In particolare, la XIV Commissione ha in tale occasione avuto modo di approfondire i presupposti della necessità e dell'opportunità dell'intervento proposto, giungendo a tre conclusioni:
   la piena giustificazione dell'intervento dell'Unione europea nella materia sotto il profilo della sussidiarietà, in quanto inteso a conseguire importanti obiettivi fissati dai Trattati che non sarebbe in alcun modo possibile ottenere attraverso l'azione individuale degli Stati membri;
   la piena coerenza della anche con il principio di proporzionalità, concentrandosi essa sulla definizione di una struttura comune dell'imposta e di disposizioni comuni sulla sua esigibilità e lasciando pertanto agli Stati membri un margine di manovra sufficiente per quanto riguarda l'effettiva definizione delle aliquote d'imposta superiori al minimo, nonché degli obblighi di contabilità e rendicontazione e delle misure di prevenzione dell'evasione, dell'elusione e dell'abuso fiscale;
   l'idoneità dell'imposta a produrre un effetto dissuasivo verso le transazioni aventi natura o finalità meramente speculative, concorrendo a ristabilire un corretto funzionamento dei mercati finanziari europei e globali.

  Va sottolineato che i soli Parlamenti svedese e cipriota hanno adottato un parere motivato contestando la conformità della proposta al principio di sussidiarietà mentre altri Parlamenti fortemente critici, primo tra tutti quello britannico, stanno svolgendo un esame approfondito nel merito.
  Partendo da questi presupposti, l'esame di merito della proposta costituisce l'occasione per verificare la congruità delle specifiche soluzioni prospettate dalla proposta a perseguire gli obiettivi dichiarati nonché per valutare l'impatto della nuova imposta sul sistema finanziario europeo e nazionale e sull'ordinamento interno.
  Ricorda quindi che la proposta è intesa, secondo la relazione illustrativa, al perseguimento di cinque obiettivi principali:
   evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati in materia;
   assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale, tenuto conto che la maggior parte dei servizi finanziari e assicurativi è esente da IVA, con un vantaggio complessivo per il settore finanziario pari a circa lo 0,15 per cento del PIL;
   creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
   creare una nuova fonte di gettito per il finanziamento del bilancio europeo con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi versati dagli Stati membri mediante la cosiddetta risorsa RNL. L'istituzione della nuova imposta costituisce infatti parte integrante del nuovo sistema di risorse proprie dell'Unione europea prospettato nella proposta di decisione del Consiglio al riguardo, presentata il 29 giugno 2011;
   contribuire in misura significativa al dibattito internazionale sulla tassazione del settore finanziario, dimostrando come sia possibile mettere a punto e introdurre un'imposta efficace e aprendo così la strada per un approccio condiviso con i maggiori partner internazionali. In base al documento di lavoro della Commissione europea, al di fuori dell'UE forme di tassazione del settore finanziario sono state introdotte da Singapore e Svizzera.

  Va inoltre considerato che la proposta dà seguito ad apposite indicazioni formulate dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo, che ha adottato, rispettivamente Pag. 249il 10 e 25 marzo 2010 e l'8 marzo 2011, ben tre risoluzioni a riguardo.
  In base alla proposta, la nuova imposta si applicherebbe a tutte le transazioni finanziarie a condizione che almeno una delle parti coinvolte sia stabilita in uno Stato membro e che un ente finanziario stabilito sul territorio di uno Stato membro sia parte coinvolta nella transazione, agendo per conto proprio o per conto di altri soggetti oppure agendo a nome di una delle parti della transazione.
  Il campo di applicazione dell'imposta comprenderebbe tutti gli strumenti negoziabili sul mercato dei capitali, strumenti del mercato monetario (a eccezione degli strumenti di pagamento), quote o azioni di organismi d'investimento collettivo e contratti derivati. Sarebbero invece escluse la maggior parte delle attività finanziarie quotidiane che coinvolgono cittadini e imprese, quali: le operazioni del mercato primario, ad eccezione dell'emissione e del rimborso di azioni e quote di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM); le transazioni con l'UE, la Banca europea per gli investimenti e gli enti istituiti dall'UE nonché con organizzazioni ed enti internazionali; le transazioni con la Banca centrale europea e con le banche centrali nazionali, per evitare ripercussioni sul rifinanziamento degli enti finanziari o sulle politiche monetarie in generale.
  In sostanza, sarebbero esenti la stipula di contratti assicurativi, i prestiti ipotecari, i crediti al consumo, i servizi di pagamento (fatta salva la loro successiva negoziazione all'interno di prodotti strutturati risulta imponibile). Di questo aspetto occorre tenere conto nella valutazione della proposte, superando alcune letture superficiali che ne sono state talora offerte.
  Il luogo di imposizione sarebbe lo Stato membro sul cui territorio è stabilito l'ente finanziario coinvolto nella transazione. Ai sensi della proposta un ente finanziario si considera stabilito sul territorio di uno Stato membro quando si verifica almeno una delle seguenti condizioni: è stato autorizzato dalle autorità di tale Stato ad agire in tale veste in relazione alle transazioni incluse nell'autorizzazione; vi ha la sede legale, l'indirizzo permanente o la residenza abituale o una succursale; partecipa, agendo per conto proprio o per conto di altri soggetti, o agisce a nome di uno dei partecipanti, a una transazione finanziaria con un altro ente finanziario stabilito in tale Stato ai sensi dei punti precedenti, o con un soggetto ivi stabilito che non sia un ente finanziario.
  L'imposta sarebbe esigibile nel momento in cui avviene la transazione finanziaria. Il suo successivo annullamento non sarebbe considerato motivo di non esigibilità dell'imposta, fatti salvi i casi di errori.
  La base imponibile degli strumenti finanziari (eccetto i derivati) sarebbe il corrispettivo pagato o dovuto, a fronte del trasferimento, dalla controparte o da una parte terza. Tale corrispettivo si considera pari al prezzo di mercato (l'intero ammontare che sarebbe stato pagato a titolo di corrispettivo per lo strumento finanziario a condizioni di mercato nei i casi in cui il corrispettivo sia inferiore al prezzo di mercato o per le transazioni effettuate tra entità di un gruppo che non sono coperte dai concetti di «acquisto» e «vendita».
  Per l'acquisto, la vendita, il trasferimento, la stipula e la modifica di contratti derivati, la base imponibile sarebbe costituita dall'ammontare nozionale al momento dell'acquisto, vendita, trasferimento, stipula o modifica del contratto derivato (il valore nozionale di un contratto derivato è l'importo in base al quale sono scambiati i flussi, espresso sia in termini di valore monetario sia in termini di quantità).
  Le aliquote dell'imposta sarebbero fissate da ogni Stato membro come percentuale della base imponibile, in misura non inferiore allo 0,1 per cento in relazione alle transazioni finanziarie su tutti gli strumenti finanziari eccetto i derivati; allo 0,01 per cento in relazione alle transazioni finanziarie sui contratti derivati.
  Gli Stati membri sarebbero tenuti ad applicare la stessa aliquota a tutte le transazioni finanziarie che rientrano in ciascuna delle due categorie e dovrebbero assicurare che l'ITF dovuta sia versata nel Pag. 250momento in cui essa diventa esigibile, in caso di transazioni effettuate per via elettronica ovvero entro tre giorni lavorativi dal momento in cui l'imposta diventa esigibile, in tutti gli altri casi. Gli Stati membri dovrebbero, inoltre, adottare misure per prevenire l'evasione, l'elusione e l'abuso, anche avvalendosi degli strumenti di cooperazione amministrativa disponibili in materia di accertamento e recupero delle imposte.
  Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 31 dicembre 2013, in modo da consentirne l'applicazione sin dall'inizio del nuovo quadro finanziario pluriennale, il 1o gennaio 2014.
  La proposta, come rilevato in premessa, è stata oggetto di valutazioni contrastanti tra i diversi stati membri, tra le Istituzioni europee e tra i vari attori economici e sociali.
  Nei primi commenti sono spesso emerse diverse perplessità in merito all'impatto che essa potrebbe determinare che sembrano tuttavia fondate non di rado su una valutazione approssimativa dei suoi contenuti e non tengono conto adeguatamente degli elementi di valutazione offerti dalla Commissione. In particolare, in senso contrario alla proposta viene generalmente richiamata l'argomentazione per cui la creazione in via unilaterale da parte dell'UE di un'imposta sulle transazioni finanziarie, senza che analoghe iniziative siano assunte e concordate con gli altri partner del G20, comporterebbe il rischio di una fuga di capitali e operatori al di fuori dell'Unione. Ciò avrebbe effetti negativi sul Pil europeo, aggravando ulteriormente la crisi economica e finanziaria.
  Al riguardo, sottolinea che la valutazione di impatto allegata alla proposta riconosce che, tenendo ferme le caratteristiche previste nella proposta stessa, l'imposta avrebbe un impatto negativo dell'ITF sul PIL nel lungo periodo limitato a circa lo 0,5 per cento rispetto allo scenario di base (senza introduzione di nuove imposte e con il mantenimento dell'esenzione IVA per il settore finanziario).
  Al tempo stesso, la valutazione stima un gettito complessivo non trascurabile che, nel caso di un'aliquota dello 0,01 per cento sarebbe compreso tra 16,4 (con un'elasticità di –2 e una forte diminuzione dei volumi) e 43,4 miliardi di euro (con un'elasticità di 0 e una ridotta diminuzione dei volumi), ovvero dallo 0,13 per cento allo 0,35 per cento del PIL; nel caso di un'aliquota dello 0,1 per cento il gettito stimato totale si attesterebbe tra 73,3 (con un'elasticità di –2 e una forte diminuzione dei volumi) e 433,9 miliardi di euro (con un'elasticità di 0 e una ridotta diminuzione dei volumi), ovvero dallo 0,60 per cento al 3,54 per cento del PIL.
  La valutazione rileva, infine, che la distribuzione geografica del gettito, in base ai criteri previsti dalla proposta presente direttiva, dipenderà dal luogo di stabilimento degli enti finanziari coinvolti nelle transazioni finanziarie e non dal luogo di negoziazione degli strumenti finanziari. Ciò comporterà probabilmente una minore concentrazione del gettito fiscale, soprattutto nei casi in cui gli enti finanziari intervengono su una piattaforma di negoziazione per conto di enti finanziari stabiliti in un altro Stato membro.
  Sulla base di questi ed altri dati forniti nella valutazione di impatto, la XIV Commissione ha già avuto modo di osservare, in sede di verifica del rispetto della sussidiarietà, che l'imposizione sulle transazioni finanziarie consentirebbe di conseguire i seguenti obiettivi: evitare la frammentazione del mercato finanziario dell'UE, assicurando che le transazioni finanziarie possano essere effettuate in tutti gli Stati membri a parità di condizioni; prevenire il rischio di distorsione della concorrenza e di delocalizzazione delle attività finanziarie sia all'interno sia all'esterno dell'UE, con ricadute negative sul gettito di alcuni Stati membri; evitare l'arbitraggio fiscale e il rischio di una doppia imposizione o di una non imposizione; eliminare costi supplementari di adeguamento per il settore finanziario che discendono dai regimi fiscali nazionali molto diversi tra loro.
  Queste considerazioni sono supportate, nella relazione illustrativa della proposta da evidenze empiriche. In particolare, la Pag. 251Commissione sottolinea come 12 Stati membri (Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria, Irlanda, Polonia, Romania, Svezia, Regno Unito) abbiano già introdotto prelievi sugli enti finanziari o stiano valutando la possibilità di introdurli; tali prelievi avrebbero e potrebbero in misura ancora più marcata determinare una delocalizzazione delle attività e/o degli enti o, per evitare questa conseguenza, sarebbero stati applicati in modo da gravare solo sulle basi imponibili relativamente immobili e non sugli stretti sostituti.
  Anche l'Italia, con il decreto-legge di fine anno ha disposto l'estensione dell'imposta di bollo sul conto titoli a tutti gli strumenti finanziari, anche quelli non soggetti a obbligo di deposito, inclusi i fondi comuni di investimento, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari, stabilendo una aliquota iniziale dello 0,1 per cento, che salirà allo 0,15 per cento nel 2013.
  L'Italia, secondo quando riferito dal Presidente Monti nella sua informativa alla Camera lo scorso 12 novembre, ha deciso di sostenere con convinzione la proposta della Commissione, superando le titubanze del Governo precedente. Anche la mozione unitaria che l'Assemblea si appresta a discutere questo pomeriggio esprime pieno sostegno alla introduzione della nuova imposta, sottolineando peraltro l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e che si persegua una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea.
  Fermo restando questo generale sostegno all'introduzione dell'imposta, andrebbero acquisite indicazioni più dettagliate in merito all'impatto della proposta della Commissione per il settore finanziario italiano nonché allo stato e alle prospettive del negoziato. A questo scopo ritiene opportuno avviare attività conoscitiva da svolgere di concerto con la Commissione Finanze. In particolare, andrà acquisita la valutazione di rappresentanti dei ministeri competenti, in particolare dell'economia e delle finanze e degli affari europei nonché di rappresentanti, della Consob, della Banca d'Italia, di operatori del settore finanziario e di associazioni dei risparmiatori e di esperti della materia.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.40 alle 15.45.

Pag. 252