CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 luglio 2008
26.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 3 luglio 2008. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Intervengono il ministro della Giustizia Angelino Alfano ed il sottosegretario di Stato per la Giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 11.05.

DL 92/08: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
C. 1366 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito esame e rinvio).

Sulla pubblicità dei lavori.

Giulia BONGIORNO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 luglio 2008.

Gaetano PECORELLA (PdL) ritiene opportuno preliminarmente sgombrare il campo da un equivoco relativo all'inserimento, nel corso dell'esame al Senato, degli articoli 2-bis e 2-ter. Non vi è dubbio infatti che tale inserimento è non solo possibile, ma del tutto legittimo e conforme alle norme regolamentari. Inoltre, le due disposizioni si ispirano alla stessa ratio del provvedimento complessivo, giacché sono volte a dare priorità ai procedimenti penali relativi a reati di particolare allarme sociale, in tal modo conferendo maggiore efficacia all'intervento normativo in materia di sicurezza. Pertanto, non può dirsi superato neanche il limite dell'attinenza delle modifiche successivamente introdotte rispetto alla materia oggetto del provvedimento. D'altra parte è evidente che per rendere maggiormente efficaci norme di carattere sostanziale è necessario stabilire delle priorità e determinare

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un'accelerazione sul piano processuale. In tale direzione si sono mosse non solo le leggi volte a contrastare il fenomeno del terrorismo, ma anche le decisioni organizzative di molti procuratori della Repubblica. In tale contesto, sottolinea quindi come il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale debba essere messo in discussione dato che lo stesso, anche in considerazione dell'enorme carico che grava sulla giustizia penale, appare difficilmente sostenibile.
Sottolinea quindi come le disposizioni di cui agli articoli 2-bis e 2-ter abbiano una solida giustificazione non solo giuridica ma anche politica. Infatti, per realizzare le grandi riforme di cui ha bisogno il Paese, è necessaria una condizione di stabilità politica e del Governo.
Tali considerazioni, peraltro, non escludono che le disposizioni in esame potessero forse essere formulate, in taluni punti, con maggiore attenzione. Il provvedimento, nel suo complesso accettabile, deve essere valutato favorevolmente e, in considerazione della situazione di oggettiva urgenza, dovrà essere convertito in legge. Il Parlamento, tuttavia, dovrà valutare se intervenire in un secondo momento su taluni profili che potrebbero creare delle criticità o difficoltà applicative.
Con riferimento agli articoli 2-bis e 2-ter, sarebbe stato opportuno indicare in modo più dettagliato i processi ai quali dare precedenza assoluta, anche in considerazione del fatto che vi sono molti reati puniti con la reclusione inferiore nel massimo a 10 anni, che tuttavia destano un forte allarme sociale, come, ad esempio, il furto in appartamento e lo stupro non aggravato. Per i processi sospesi, sarebbe stato più razionale prevedere che la prescrizione riprende il suo corso non dal giorno in cui è cessata la sospensione, ma da quando vi è la concreta ripresa dell'attività processuale. Una maggiore riflessione, infine, avrebbe meritato l'aspetto dell'utilizzabilità degli atti processuali in seguito alla sospensione, dato che se cambia il collegio giudicante - come presumibilmente accadrà in molti casi - è necessario a tal fine il consenso delle parti.
Quanto alla nuova circostanza aggravante di cui all'articolo 61, n. 11-bis) del codice penale, osserva che la presenza illegale sul territorio dello Stato è di per sé uno status di illiceità, e che la precarietà delle condizioni di vita e la diversità di cultura possano certamente determinare una legame tra il predetto status e la commissione di molti reati. Tuttavia non può dirsi che sia sempre così, poiché vi sono molti reati, come quelli che sono commessi nel contesto familiare, che prescindono completamente dalla presenza illegale del soggetto sul territorio.
Ritiene che si dovrà anche riflettere sul limite all'applicazione delle attenuanti generiche previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera f-bis), poiché suscita perplessità il fatto che le attenuanti generiche non possano essere concesse in caso di assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato. Ricorda a tale proposito che le circostanze attenuanti generiche sono state introdotte nel codice penale proprio per consentire al giudice di tener conto della personalità del condannato in vista dell'applicazione della pena in concreto.
Sottolinea altresì l'ambiguità della formulazione dell'articolo 5, comma 1, capoverso «5-bis», che potrebbe condurre ad effetti paradossali in fase di applicazione. Occorrerà pertanto escludere, ad esempio, che possa essere confiscata l'abitazione di un anziano che abbia affittato una stanza alla badante immigrata clandestina. In questo caso, infatti, la famiglia dell'anziano trae profitto dal lavoro della badante, mentre la locazione della stanza potrebbe avere come corrispettivo una riduzione dello stipendio della badante medesima ed essere quindi qualificabile come contratto «a titolo oneroso». Sembrerebbero quindi integrati tutti gli elementi della fattispecie, con conseguente possibilità di applicazione di una misura quale la confisca, che verrebbe ad incidere radicalmente sul diritto di proprietà di un soggetto tipicamente debole della società, l'anziano.
In relazione all'articolo 10 del decreto legge, osserva che questo sembra sganciare

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le misure di prevenzione patrimoniali dalla valutazione circa la pericolosità del soggetto. Sottolinea come questa impostazione desti perplessità e sottolinea come le misura della confisca, se indipendente dalla predetta valutazione, si trasforma in una sorta di misura di tipo fiscale, che colpisce i beni e i patrimoni dei quali non sia possibile giustificare la legittima provenienza.
Ricorda infine che il Popolo della Libertà si ispira ai principi di tutela della persona e della solidarietà umana ed auspica quindi che le norme del provvedimento in esame abbiano il carattere di eccezionalità e provvisorietà, poiché i predetti principi non possono essere compressi se non di fronte a fatti di estrema gravità. Sottolinea che il legislatore deve sempre tenere conto nello svolgimento della sua attività che tra le persone destinatarie delle norme non vi è alcuna differenza sotto il profilo dell'umanità, ma vi può essere unicamente qualche differenza nel colore della pelle.

Marco MINNITI (PD) esprime rammarico per come si è sviluppato il dibattito su un tema delicato come quello della sicurezza, che necessiterebbe invece di un reale confronto. Esprime tuttavia apprezzamento per l'intervento dell'onorevole Pecorella, equilibrato e fondato su valutazioni di merito, che rappresenta l'esempio di come dovrebbe svolgersi il dibattito su disposizioni che incidono sulle libertà personali.
Esprime quindi forte preoccupazione per le possibili conseguenze del provvedimento in esame, per il fatto che si sia intervenuti con decreto-legge su temi estremamente delicati, per le modifiche apportate al Senato ed anche per il fatto che l'iter del provvedimento sfocerà si verosimilmente nella presentazione della questione di fiducia, sottolineando come si sia di fronte ad una situazione di slittamento progressivo verso la completa rinuncia delle prerogative del Parlamento. Fa presente altresì che in questo modo la democrazia dell'alternanza, che si è tanto faticosamente costruita, non può funzionare correttamente.
Ricorda che il provvedimento, nato per fare fronte a precise esigenze e secondo una determinata ratio, è stato poi modificato con un meccanismo surrettizio ed irrimediabilmente alterato con l'introduzione delle norme «blocca processi». Il ministro Maroni aveva affermato che in caso di inserimento delle predette norme, il provvedimento non avrebbe avuto il suo appoggio, ma sembra che alle parole non siano seguiti i fatti. In realtà non si tratta più di un «decreto sicurezza» ma di un provvedimento che di un provvedimento che affronta varie questioni in modo disorganico e disarticolato: da un lato, si vuole perseguire l'obiettivo della maggiore efficacia nella repressione dei reati di maggiore allarme sociale e dall'altro, con la norma «blocca processi», si paralizzano processi che riguardano reati che suscitano un grave allarme sociale. Sull'interesse generale, infatti, prevale un preciso interesse personale ed individuale.
Sottolinea la tendenza del Governo e degli esponenti della maggioranza a rispondere ad ogni obiezione con i risultati di un sondaggio d'opinione, ma non è certo questo un modo responsabile per affrontare il tema della sicurezza, giacché l'andamento dell'opinione pubblica è tortuoso e fortemente influenzato dall'emotività del momento. D'altra parte le politiche della sicurezza si sviluppano in due fasi, quella dell'annuncio e quella della verifica dei risultati. Nella seconda fase si avrà purtroppo la conferma del forte rischio implicito in molte disposizioni del provvedimento in esame: quello dell'eterogenesi dei fini.
A titolo esemplificativo, cita la disposizione dell'articolo 7-bis, che prevede il concorso delle forze armate nel controllo del territorio, qualora si verifichino specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità. Tale disposizione non tiene conto, da un lato, che l'impiego dei militari è molto più costoso dell'impiego delle forze di pubblica sicurezza e, dall'altro, che la presenza sul territorio

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delle forze armate accresce il senso di allarme della popolazione, dando l'impressione che la situazione sia fuori controllo. Si tratta, inoltre, di una misura del tutto sproporzionata. La situazione in Italia non è grave come, ad esempio quella di Londra dove dall'inizio dell'anno sono stati già uccisi per accoltellamento diciotto minori, e comunque non appare logico utilizzare le forze armate per combattere la criminalità comune.
Ribadisce che sul provvedimento avrebbe dovuto svilupparsi un dialogo più aperto, mentre la maggioranza non si è dimostrata disponibile ad ascoltare ragioni diverse dalle proprie. L'intervento dell'onorevole Pecorella, che contiene molte osservazioni condivisibile, costituisce invece la dimostrazione di come un simile dialogo fosse possibile e doveroso.
Ricorda quindi che nella precedente legislatura i colleghi dell'attuale maggioranza erano particolarmente puntuali e severi nell'evidenziare come i provvedimenti sulla sicurezza adottati dal Governo allora in carica fossero privi di adeguate risorse. Fa quindi presente come appaia paradossale che la manovra di finanza delineata dall'attuale Governo intenda sottrarre circa 3.5 miliardi di euro, nei prossimi tre anni, ai bilanci del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Interno, con particolare riferimento alle risorse relative alla difesa e sicurezza del territorio, nonché all'ordine pubblico e alla sicurezza.
E vero che negli ultimi 15 anni i Governi non sono stati particolarmente attenti alle politiche della sicurezza, ma la situazione attuale appare del tutto paradossale. In sostanza, il Governo ha emanato un «decreto-sicurezza», nel quale ha inserito disposizioni che paralizzeranno processi relativi a reati di forte allarme sociale e, al contempo, taglia anche i fondi destinati alle politiche per la sicurezza.

Calogero MANNINO (UdC), dopo aver sottolineato come il suo gruppo abbia mantenuto aperta la disponibilità al dialogo sul provvedimento in esame nella consapevolezza che quello della sicurezza rappresenta un problema di primaria importanza, rileva come nel corso della campagna elettorale le forze politiche che compongono l'attuale maggioranza abbiano però suscitato nel paese un clima di paura, nel quale è stato poi inevitabile intervenire con misure pericolosamente autoritarie. Fa presente, tra l'altro, che le norme sull'identificazione personale potranno essere applicate anche nei confronti dei cittadini italiani. Nel provvedimento si consuma quindi, a suo parere, la contraddizione del Governo e della maggioranza, che si presentano come liberali, ma in realtà introducono forme di autoritarismo proprio di uno Stato di polizia. Invita a ripensare alla storia nazionale, che ha conosciuto l'emigrazione verso altri paesi, e a non dimenticare come solo su una base di solidarietà si può costruire una società unita e pacifica.
Ciò premesso, afferma che si sarebbe aspettato che il Governo, piuttosto che introdurre disposizioni autoritarie come quelle contenute nel decreto-legge in esame o quelle preannunciate in altri ambiti, procedesse ad una riforma del codice penale, cosa di cui del resto si parla ormai da quindici anni. Il Governo, inoltre, prima di procedere all'inasprimento delle misure di polizia, avrebbe dovuto compiere uno sforzo per riorganizzare le forze dell'ordine sul territorio, recuperando il più possibile la loro presenza: ricorda, per esempio, che vi sono comuni nei quali dopo le 20 non c'è più alcun presidio di polizia. Ricorda altresì che, per contro, migliaia di agenti di polizia sono destinati a scorte meramente decorative o al presidio di edifici privi di interesse e che ingenti risorse sono destinate ad inutili intercettazioni telefoniche, mentre sarebbero utili per incrementare l'organico delle forze di polizia. Quanto ai sindaci, rileva come, nel momento in cui dichiara di volerli rafforzare, il Governo in effetti li sottopone al controllo del proprio organo periferico, ossia del prefetto.
Per tutte queste ragioni, esprime l'imbarazzo del suo gruppo, che vorrebbe sostenere il provvedimento, ma che non può non riscontrarne le contraddizioni e le insufficienze in esso presenti.

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Per quanto riguarda, poi, la delicata questione dell'articolo 2-ter, dichiara che il suo gruppo non può condividere la tesi sostenuta dal deputato Pecorella. A nome del gruppo, invita anzi il Governo ad espungere l'articolo 2-ter dal decreto-legge, confermando in cambio la disponibilità ad appoggiare il disegno di legge per la sospensione dei processi contro le alte cariche dello Stato. Ricorda, a questo proposito, come il problema sia nato dalla scelta compiuta dal Parlamento nel 1993, al vergognoso fine di colpire due dei maggiori partiti di allora, di sopprimere l'istituto dell'immunità parlamentare e dell'autorizzazione a procedere. Si trattava di un istituto della massima rilevanza, essendo fondamentale preservare tanto l'autonomia della classe politica quanto quella della magistratura.

Jole SANTELLI (PdL), ricordato come il deputato Minniti invitasse la maggioranza al dialogo, si dice convinta che il dialogo sia utile solo se però non è soltanto apparente. Chiede quindi all'opposizione di rinunciare alla strumentalizzazione dell'articolo 2-ter, che è servita a distogliere l'attenzione dei cittadini dal complesso del provvedimento e a non far comprendere loro quanto di buono il Governo sta facendo in materia di sicurezza.
Ricorda che il decreto-legge in esame si inscrive nella linea del perseguimento del riequilibrio tra le esigenze di garanzia e quelle di sicurezza. Le riforme dell'ordinamento succedutesi negli anni hanno infatti determinato uno squilibrio a favore delle garanzie, con il risultato che l'Italia ha oggi un sistema giudiziario incapace di punire chi commette reati: in altre parole, il sistema delle garanzie tutela non solo gli innocenti, ma anche i colpevoli.
Per quanto riguarda le questioni dell'immigrazione, premesso che esse non coincidono con quelle della sicurezza, in quanto certamente l'immigrazione non è solo fonte di criminalità, ma innanzitutto di ricchezza, ritiene che l'Italia non possa però continuare ad essere il «paese della cuccagna» per i criminali: criminali che spesso vengono in Italia perché in patria sarebbero arrestati e condannati. Occorre quindi trovare soluzioni che permettano di dare risposte ai cittadini, che non si spiegano come sia possibile che i delinquenti denunciati ed arrestati restino poi a piede libero, e che permettano di ridare entusiasmo al personale delle forze dell'ordine, che versa in uno stato di grande scoramento.
Con riferimento poi alle posizioni del Consiglio superiore della magistratura con particolare riguardo all'articolo 2-ter, si dice convinta della necessità che Parlamento e Governo si riapproprino della politica criminale: è la maggioranza politica che deve decidere quali reati vanno considerati più gravi, perché ne risponde ai cittadini. Stabilire le priorità della politica della giustizia è appunto il senso dell'articolo 2-ter. Del resto in esso si fa riferimento a processi che, secondo statistiche ben note al Consiglio superiore della magistratura, non hanno possibilità di giungere a sentenza definitiva prima che intervenga la prescrizione. Senza contare che, come riconosciuto dalla stessa magistratura, con le riforme del 1988 il legislatore ha già di fatto limitato l'obbligatorietà dell'azione penale. La realtà è che il Consiglio superiore della magistratura tenta con sempre maggiore insistenza di porsi come terza Camera dello Stato e addirittura di sovrapporsi al Presidente della Repubblica.
Quanto all'uso dell'esercito per il pattugliamento delle città, ricorda come le forze di polizia, essendo sotto organico di migliaia di uomini, non siano in grado di far fronte a tutte le richieste che provengono dai sindaci. Questa è la ragione dell'utilizzo, assolutamente temporaneo, dei militari. Quanto al timore che ciò possa suscitare paure nei turisti stranieri, fa presente che all'estero è piuttosto normale che sia l'esercito, e non la polizia, a presidiare le ambasciate o altri luoghi sensibili; senza contare che è meglio utilizzare temporaneamente l'esercito per compiti di polizia che non autorizzare, come ha fatto il centrosinistra la scorsa legislatura, il transito dei marescialli dell'esercito nei ruoli della Polizia di Stato.

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Si sofferma, infine, sull'aggravante di clandestinità per chi commette reati, affermando che comprenderebbe le obiezioni sollevate al riguardo dall'opposizione se il codice penale avesse riguardo esclusivamente alla condotta oggettiva dell' agente, e non anche alle sue caratteristiche soggettive. D'altra parte non c'è, a suo giudizio, motivo di scandalo se si prevede che chi commette un reato dopo essere entrato illegalmente nel territorio dello Stato sia punito più severamente.

Lanfranco TENAGLIA (PD) ritiene che una corretta analisi del provvedimento in esame debba muovere dalla valutazione della portata che assume il concetto di sicurezza secondo le diverse posizioni politiche.
Ritiene, infatti, che la maggioranza abbia una idea molto confusa non solo del concetto in sè, ma soprattutto delle misure che si renderebbero necessarie in proposito. Il proprio gruppo politico, invece, è consapevole del fatto che questo concetto risulta composto da una serie di elementi, che vanno dalla necessità di assicurare la certezza delle regole e dalla integrazione degli immigrati nel tessuto sociale fino alla necessità di garantire l'effettività dei provvedimenti di espulsione e la certezza della applicazione della pena. Se in questi anni si è registrato un crescente aumento della percezione dell'insicurezza legata alle dinamiche migratorie in Italia, ciò è dovuto essenzialmente all'incapacità di sviluppare adeguati flussi migratori regolari. La legge «Bossi-Fini» non è riuscita a creare un bilanciamento tra domanda ed offerta di lavoro, dando così luogo alla formazione di vaste sacche di immigrazione irregolare.
Le misure del provvedimento in esame non risolvono questo problema. L'analisi su una adeguata soluzione deve partire dalla considerazione che il tasso di delinquenza degli immigrati regolari è addirittura inferiore a quello degli italiani. In base a questa considerazione risulta pertanto evidente l'importanza di indirizzare i movimenti migratori all'interno di canali regolari.
Passa quindi ad esaminare il provvedimento in oggetto, dichiarando di condividere il complesso delle riflessioni svolte dal deputato Pecorella in ordine ai punti più problematici di esso. Tuttavia non condivide la considerazione, svolta dallo stesso deputato Pecorella, sulla necessità di approvare in via eccezionale il provvedimento nel testo trasmesso dal Senato, rinviando eventualmente al futuro la modifica di alcune misure più problematiche. Ritiene infatti necessario svolgere un approfondito esame del provvedimento in questa sede dando luogo fin d'ora alle modifiche che saranno ritenute necessarie, senza rinviare la soluzione di problema di cui già oggi si constati l'esistenza.
Se nel provvedimento in esame esistono numerose norme che l'opposizione dichiara di condividere, in quanto già elaborate dal Governo della passata legislatura, esistono altresì alcune norme di mero effetto propagandistico ed altre sulle quali invece esprime una netta contrarietà. Si riferisce, in particolare, alla disposizione che prevede un'aggravante generica per l'ipotesi in cui il colpevole abbia commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale. Si tratta di una norma che prende a riferimento il modo di essere del soggetto e non già la sua condotta. La ritiene una disposizione inutile e di dubbia costituzionalità che, lungi dal produrre effetti positivi, si limiterà a riempire le carceri, con tutte le conseguenze che ne deriveranno in ordine alla loro gestione.
Invita pertanto la maggioranza ad assumere un atteggiamento di responsabilità, prendendo in considerazione le proposte provenienti dall'opposizione, come è stato fatto nel corso dell'esame di questo provvedimento presso l'altro ramo del Parlamento.
Si sofferma quindi sugli articoli 2-bis e 2-ter, introdotti proprio nel corso dell'esame al Senato. Al riguardo dichiara di non condividere in alcun modo l'opinione del deputato Pecorella, che ha sostenuto l'omogeneità della materia in essi recata con il complesso del provvedimento. Si tratta invece di disposizioni che non attengono

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in alcun modo al contenuto del decreto legge e che assolvono a tutt'altre finalità. Essi, inoltre, recano un contenuto di dubbia costituzionalità come è stato evidenziato da più parti, ed in particolare da una nota formulata dalle Camere penali. Su questi articoli, e più in generale sul complesso del provvedimento, si è espresso anche il Consiglio superiore della magistratura con un proprio parere. Si è trattato di un atto pienamente legittimo, anche se sarebbe stato auspicabile un atteggiamento di maggiore sobrietà e riservatezza nelle fasi preparatorie del parere stesso.
L'articolo 2-bis elenca i reati per i quali è introdotta una corsia preferenziale nella trattazione dei relativi procedimenti penali stabilendo che, nella formazione dei ruoli e nella trattazione dei processi, il giudice debba dare precedenza assoluta ad alcuni procedimenti indicati nello stesso articolo. Si tratta di una norma che presenta alcuni difetti di fondo. In primo luogo essa non stabilisce veri e propri criteri di priorità, ma piuttosto delle cause rigide di esclusione di alcuni procedimenti dei quali impedisce di fatto la trattazione: sono procedimenti relativi ai reati che creano il più grave allarme sociale. Un altro aspetto problematico di questa disposizione è costituito dal riferimento alla pena edittale prevista per l'individuazione dei procedimenti interessati, che giudica inadatta a costituire un criterio di priorità. L'articolo 2-bis costituisce pertanto una disposizione che presenta profili di irragionevolezza, che si pone in contrasto con l'articolo 111 della Costituzione.
Probabilmente, però, l'articolo 2-bis va letto in un'ottica diversa: esso infatti sembra rappresentare il presupposto giuridico del successivo articolo 2-ter, che prevede la sospensione di processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002. In proposito ritiene che l'effetto che produrranno questi due articoli sarà solo quello di rendere estremamente complicata la ripresa di tutti i processi che saranno stati sospesi, ad eccezione di un ben individuato processo penale che è in corso di svolgimento a Milano, in ordine al quale saranno presto applicabili le misure del «lodo Alfano», che il Governo si accinge a presentare alle Camere. Si sofferma quindi sul comma 7 dell'articolo 2-ter, che giudica palesemente incostituzionale in quanto, oltre a non prevedere gli strumenti di impugnazione, attribuisce uno sconfinato potere discrezionale ai presidenti dei tribunali nella individuazione dei processi da sospendere: appare evidente, infatti, il contrasto con l'articolo 3 della Costituzione.

Isabella BERTOLINI (PdL) osserva che sul provvedimento in esame, che assume una particolare rilevanza politica, si è svolto un dibattito connotato da toni angosciati ed apocalittici da parte dell'opposizione. Il deputato Minniti si è definito angosciato dal fatto che il Governo sia intervenuto su questa materia mediante un decreto-legge, addirittura modificato nel corso dell'esame del relativo disegno di legge di conversione: al riguardo fa presente che circostanze del genere si sono verificate ripetutamente nel corso della storia parlamentare, in presenza dei presupposti di necessità ed urgenza.
Tuttavia appare molto più grave la considerazione che, nella passata legislatura, il Governo, su questa materia, ha fallito il raggiungimento degli obiettivi che si era prefissato. A proprio avviso questa considerazione trova conferma non solo da quanto emerso dall'audizione del Capo della polizia, svoltasi lo scorso 30 giugno presso queste Commissioni, ma anche dalle parole del ministro dell'interno pro tempore Giuliano Amato che, al termine del proprio mandato, aveva affermato che il Governo Prodi in materia di sicurezza non aveva potuto realizzato nulla.
Nel corso dell'odierno dibattito, il deputato Minniti ha affermato che i cittadini chiedono che si governi il Paese e che si facciano le riforme: al riguardo rileva che questa maggioranza sta effettivamente governando il paese, anche attraverso il provvedimento in esame, e sta altresì avviando il percorso di riforme, proprio in tema di sicurezza. Si tratta di due obiettivi

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che la maggioranza di centro sinistra non era riuscita a realizzare nella scorsa legislatura.
Si sofferma sul provvedimento in esame, che fa parte del «pacchetto sicurezza», varato dal Governo, che è comprensivo anche di tre schemi di decreto legislativo e di un ulteriore disegno di legge, il cui esame è stato avviato presso il Senato.
Il provvedimento in oggetto presenta alcuni profili di criticità, su cui si rende necessario un serio approfondimento, come del resto è già stato evidenziato negli interventi dei deputati Pecorella, Contento e Santelli. Tuttavia questo è il momento dell'emergenza e della necessità di dare risposte serie ai cittadini e non è più il tempo dell'inutile e dannosa demagogia, che ha caratterizzato e continua a caratterizzare il dibattito sull'immigrazione. Ritiene cioè necessario ripristinare la legalità, restituendo certezza all'intero sistema. L'opinione pubblica invoca la certezza della pena: in quest'ottica appaiono quindi condivisibili le norme che limitano la sospensione della pena detentiva, che prevedono il divieto dell'automatismo delle attenuanti per gli incensurati, che stabiliscono l'aumento dei riti per direttissima, così come la norma che prevede la pena dell'ergastolo per chi uccide un agente delle Forze dell'ordine. Si tratta cioè di dare un forte segnale di riconoscenza e gratitudine nei loro confronti per il grande ed insostituibile lavoro che svolgono quotidianamente.
Esprime quindi soddisfazione per l'introduzione della disposizione che prevede un'aggravante generica per l'ipotesi in cui il colpevole abbia commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale. Al riguardo non condivide la critica secondo cui essa prenderebbe a riferimento il modo di essere del soggetto e non già la sua condotta. Essa, invece, si fonda proprio sul comportamento dell'autore del reato: nel nostro Paese, infatti, la legge non consente ad un extracomunitario di entrare in modo irregolare.
Si dichiara poi favorevole all'utilizzo dell'esercito nei casi previsti dal provvedimento in oggetto. Non si tratta di dare luogo ad una militarizzazione delle città, come affermato dall'opposizione. L'esercito, infatti, verrà utilizzato per effettuare presidi e controlli, liberando molte risorse umane che oggi sono impegnate in attività di polizia, soprattutto dopo i recenti attentati terroristici internazionali, che hanno comportato un aumento considerevole dei luoghi da presidiare anche in Italia.
Esprime condivisione per le misure volte ad utilizzare in misura maggiore e in modo coordinato le polizie municipali, con più cospicui investimenti da parte degli enti locali: piuttosto che fare uso delle proprie risorse per finanziare discutibili incarichi di consulenza, sarebbe più opportuno aumentare gli organici delle polizie locali, dotandole di strumenti idonei per la loro attività. D'altra parte l'emergenza nel nostro paese è resa ancora più grave dalla presenza non solo di stranieri extracomunitari clandestini, ma anche di comunitari, da quando la Romania e la Bulgaria sono entrate a fare parte dell'Unione europea: questa circostanza va imputata agli errori commessi dal Governo Prodi, che non ha ritenuto di adottare una moratoria in proposito, come invece hanno fatto altri paesi europei, facendo sì che un flusso enorme di rumeni si sia riversato in Italia.
Si sofferma poi sulle critiche rivolte dall'opposizione alla legge «Bossi-Fini», tacciata di essere inadeguata a disciplinare il fenomeno dell'immigrazione. In proposito ritiene che l'unico errore commesso sia stato in vero quello di non applicarla ed attuarla pienamente. Essa, invece, è stata demolita nel corso della passata legislatura, in parte attraverso l'adozione di decreti legislativi e, in parte, dalla magistratura, che ha tentato di vanificarne gli effetti, soprattutto in materia di espulsioni.
Si sofferma, infine, sulla norma che dispone la confisca e sulle sanzioni per chi affitta case agli stranieri clandestini, su cui si dichiara favorevole.
Conclude affermando che, a fronte dell'atteggiamento tenuto dall'opposizione,

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che non ha avanzato proposte, ma solo polemiche pretestuose, la maggioranza si assumerà la responsabilità di approvare questo provvedimento, con l'obiettivo di fornire risposte concrete ai cittadini ed affrontare questa emergenza nazionale.

Il ministro della giustizia Angelino ALFANO, preliminarmente ricorda l'importanza fondamentale che ciascun potere dello Stato svolga il ruolo ad esso attribuito dalla Costituzione e sottolinea come l'attuale crisi dell'equilibrio istituzionale delineato dalla Costituzione derivi dal fatto che mentre taluni poteri hanno rinunciato ad alcune prerogative, altri hanno indebitamente travalicato i propri confini. In tale contesto, ritiene che sia del tutto ipocrita qualunque posizione che non riconosca la centralità e l'importanza dell'immunità parlamentare e rileva come pochi provvedimenti abbiano, come quello in esame, la capacità di mettere in luce le differenti visioni e culture giuridiche.
Evidenzia quindi come il Governo si trovi ad operare in un Paese dove la realizzazione di importanti opere infrastrutturali e perfino il funzionamento delle discariche sono bloccati da proteste di piazza, in un Paese dove gli stranieri irregolari non vengono espulsi e, se espulsi, rientrano nel territorio dello Stato e delinquono sotto un altro nome. Il sistema delle espulsioni ha fallito, molti centri di permanenza temporanea sono stati chiusi e circa il 40 per cento della popolazione carceraria è costituito da stranieri. Si tratta inoltre di un Paese dove se un Procuratore della Repubblica stabilisce che determinati reati sono di maggiore allarme sociale e che, pertanto, i relativi procedimenti devono avere la precedenza, viene applaudito, mentre se questa valutazione è compiuta dal legislatore si grida allo scandalo.
Il Governo deve quindi avere un canone ispiratore, che è il principio di realtà: deve ispirarsi nella sua azione alla realtà che è sotto gli occhi di tutti i cittadini, ai dati di fatto che sono a tutti evidenti.
Nel replicare agli onorevoli Minniti e Tenaglia, sottolinea come nei rispettivi interventi, dei quali peraltro è del tutto evidente l'onestà intellettuale, vi sia l'eco di un rimpianto per ciò che il Governo precedentemente in carica non è riuscito a fare, per quel «decreto Amato» in materia di sicurezza che non è stato convertito in legge e che in alcune sue parti è contenuto nel decreto in esame. D'altra parte, per quanto concerne le risorse, sarebbe stato opportuno citare anche i tagli alle risorse della giustizia operate dal «decreto Bersani». Né si può sottacere come talune scelte del precedente Governo costringano il Governo oggi in carica ad attuare una consistente di manovra di risanamento, che peraltro è vista con favore in ambito comunitario.
Con particolare riferimento all'intervento dell'onorevole Minniti, secondo il quale la maggioranza si sarebbe dimostrata non disponibile al dialogo, ricorda che sedici dei trentasette emendamenti approvati dal Senato sono stati presentati dai gruppi di opposizione.
Ricorda quindi che molte norme del provvedimento in esame sono condivise anche dall'Associazione nazionale magistrati, in particolare quelle che ampliano l'ambito di applicazione del giudizio direttissimo e del giudizio immediato, e che la norma che prevedeva l'espulsione dello straniero a seguito di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 10 anni si è dimostrata inefficace e richiedeva un immediato intervento correttivo.
Nel respingere il rilievo critico secondo il quale il Governo avrebbe basato le sue decisioni esclusivamente su sondaggi d'opinione e, conseguentemente, avrebbe «cavalcato la paura», sottolinea come evidentemente l'opposizione sottovaluti sia il diffuso senso di insicurezza dei cittadini sia i recenti risultati elettorali.
Rileva come il problema dell'immigrazione sia un problema serio, che deve essere necessariamente affrontato conciliando il principio di ospitalità con quello di sovranità dello Stato. Nel replicare all'onorevole Tenaglia, afferma che sotto questo profilo non si può dire che la legge Bossi-Fini abbia fallito: il popolo Italiano non rigetta gli immigrati, come dimostrano

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vaste aree di integrazione presenti nel Paese. Sottolinea, peraltro, che qualunque straniero deve potere entrare nel territorio italiano, ma nel rispetto delle regole d'ingresso, e che tale ultima affermazione non può essere considerata un'assurdità.
Quanto all'aggravante di cui all'articolo 62, lettera 11-bis), del codice penale, chiarisce come alla base della stessa non vi sia alcun pregiudizio etnico e ricorda che la stessa si applica, come d'altronde si evince testualmente, a chi sia già «colpevole»: a chi già abbia commesso un reato.
Sottolinea quindi il grande spessore culturale dell'intervento dell'onorevole Mannino, al quale peraltro replica che l'intervento volto a novellare il codice penale non è affatto episodico e casuale, inserendosi invece in un contesto più ampio. Come già chiarito nel corso dell'illustrazione delle linee programmatiche del suo dicastero presso la Commissione Giustizia, ribadisce che il Governo è impegnato in un vasto progetto di riforma o di una eventuale modifica del codice penale e quello di procedura penale, anche utilizzando i lavori svolti dalle Commissioni ministeriali di studio costituite nelle legislature passate . Auspica che dopo l'estate tale progetto possa tradursi in uno o più disegni di legge-delega.
Tornando al tema dell'immigrazione, ricorda che si sta vivendo un momento particolare della storia europea. Ricorda, in particolare, che l'Italia ha scoperto relativamente da poco di essere, rispetto ai flussi migratori, il confine dell'Europa, giacché circa 20 anni fa questo problema non sussisteva. Si tratta quindi di un problema di oggi e deve essere risolto adesso: la normativa in esame non è dunque legislazione emergenziale, trattandosi piuttosto di interventi legislativi strettamente legati e originati da questo periodo storico.
Per quanto concerne gli interventi che rafforzano la normativa antimafia, non si è proceduto in modo arbitrario, ma ci si è basati su documenti consolidati e votati all'unanimità dalle Commissioni antimafia nelle precedenti legislature. Con particolare riferimento alle disposizioni che rafforzano le misure di sicurezza, precisa come le stesse rappresentino la chiusura del disegno voluto da Giovanni Falcone, andando ad integrare quindi una normativa carente sotto questo profilo.
Nel respingere le critiche relative agli articoli 2-bis e 2-ter precisa che non si tratta affatto di disposizioni ad personam e si dice convinto che se tali disposizioni non incidessero su un processo che riguarda il Presidente del Consiglio, non sarebbero oggetto di alcuna critica. Ritiene inoltre del tutto ingiustificato il tono apocalittico con il quale le predette critiche sono argomentate, per di più omettendo di specificare che i processi interessati dalla sospensione sono tutti processi praticamente destinati a concludersi con l'estinzione del reato a causa della prescrizione. La sospensione dei relativi processi consentirà una accelerazione dei processi inerenti a reati di allarme sociale commessi dal 30 giugno 2002 e quindi al momento non soggetti a rischio di prescrizione. Inoltre, il fatto che la sospensione del processo sospenda anche il corso della prescrizione dovrebbe essere di per sé elemento qualificante e tale da dimostrare l'inconsistenza delle critiche avanzate.

Donatella FERRANTI (PD), chiede al ministro se il Governo, prima di introdurre nel decreto-legge l'articolo 2-ter, abbia effettuato un monitoraggio per accertare quanti siano i procedimenti che saranno sospesi, a quali reati si riferiscono e quali distretti giudiziari riguardano.

Lanfranco TENAGLIA (PD), chiede al ministro se risponde al vero che vi sono nelle carceri italiane 4.500 stranieri in condizione di essere espulsi e per i quali il relativo provvedimento non è tuttavia stato ancora adottato. Inoltre, dopo aver ricordato come, nel corso della sua audizione programmatica davanti alla II Commissione, il ministro Alfano abbia dichiarato che il Governo avrebbe incrementato gli stanziamenti per la giustizia, gli chiede di spiegare come mai il documento di programmazione economico-finanziario preveda invece tagli per il ministero della giustizia.

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Il ministro Angelino ALFANO, rispondendo al deputato Ferranti, precisa che le situazioni degli uffici giudiziari sono diverificate. Ricorda che l'Associazione nazionale magistrati ritiene che la norma riguardi circa 100.000 processi. Il Governo non ha effettuato un monitoraggio preventivo, in quanto la norma in questione è stata introdotta nel testo non dal Governo stesso, ma dalla maggioranza al Senato; sta però procedendo al monitoraggio in questi giorni, contattando ciascun singolo ufficio giudiziario per conoscere l'esatto impatto della disposizione.
Rispondendo poi al deputato Tenaglia, precisa che sono 4.300 gli stranieri detenuti che sono in condizione di essere espulsi. Ricorda però che il procedimento di espulsione investe le competenze della magistratura, il che spiega perché le espulsioni non siano ancora state disposte. Per quanto riguarda invece le risorse per il comparto della giustizia, premesso che la manovra di finanza pubblica per il prossimo triennio ha dovuto prevedere tagli funzionali alla messa in efficienza della macchina dello Stato e al rispetto dei vincoli posti dall'Unione europea, assicura che come ministro è impegnato a garantire l'efficienza del sistema della giustizia attraverso una più razionale allocazione delle risorse.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che, non essendovi altri iscritti a parlare, si intende così concluso l'esame preliminare del provvedimento. Ricorda che il termine per la presentazione degli emendamenti scade alle ore 20 di oggi e che gli emendamenti saranno esaminati nel corso della giornata di lunedì. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 3 luglio 2008.

Audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini, in relazione al disegno di legge C. 1366 Governo, approvato dal Senato, «DL 92/08: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica».

L'audizione informale è stata svolta dalle 14.10 alle 15.