ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00082

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 61 del 02/03/2023
Abbinamenti
Atto 1/00190 abbinato in data 11/10/2023
Atto 1/00195 abbinato in data 11/10/2023
Atto 1/00196 abbinato in data 11/10/2023
Firmatari
Primo firmatario: SCERRA FILIPPO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 02/03/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CONTE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
SILVESTRI FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
SCUTELLA' ELISA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
BRUNO RAFFAELE MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
TORTO DANIELA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
CARMINA IDA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
DELL'OLIO GIANMAURO MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
DONNO LEONARDO MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2023
QUARTINI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 09/10/2023


Stato iter:
11/10/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 09/10/2023
Resoconto QUARTINI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 09/10/2023
Resoconto PULCIANI PAOLO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto CASU ANDREA PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
 
PARERE GOVERNO 11/10/2023
Resoconto ALBANO LUCIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 11/10/2023
Resoconto GRIMALDI MARCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto DE MONTE ISABELLA AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Resoconto ROMANO FRANCESCO SAVERIO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Resoconto ROSSELLO CRISTINA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE
Resoconto SCERRA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CANDIANI STEFANO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto DE LUCA PIERO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto LUCASELLI YLENJA FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 22/09/2023

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 09/10/2023

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 09/10/2023

DISCUSSIONE IL 09/10/2023

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 09/10/2023

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/10/2023

NON ACCOLTO IL 11/10/2023

PARERE GOVERNO IL 11/10/2023

DISCUSSIONE IL 11/10/2023

VOTATO PER PARTI IL 11/10/2023

RESPINTO IL 11/10/2023

CONCLUSO IL 11/10/2023

Atto Camera

Mozione 1-00082
presentato da
SCERRA Filippo
testo presentato
Giovedì 2 marzo 2023
modificato
Mercoledì 11 ottobre 2023, seduta n. 176

   La Camera,

   premesso che:

    1) il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;

    2) in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni Novanta e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;

    3) come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);

    4) il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;

    5) il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;

    6) in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;

    7) a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009 e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata per gli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);

    8) le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;

    9) a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;

    10) il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;

    11) la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);

    12) nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione europea sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;

    13) solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

    14) dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;

    15) da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;

    16) all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM (2021) 662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;

    17) dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da Covid-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;

    18) con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;

    19) è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Patto di stabilità e crescita avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;

    20) con l'arrivo della crisi pandemica da Covid-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;

    21) la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;

    22) l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;

    23) la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione europea ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;

    24) in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;

    25) l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;

    26) alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

    27) l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;

    28) negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;

    29) l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075 (INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'Unione europea né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;

    30) fra le sue osservazioni, il Parlamento europea ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;

    31) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM (2022) 583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento, tali orientamenti sono stati quindi tradotti in tre proposte legislative (due proposte di regolamento e una proposta di direttiva) presentate il 26 aprile 2023 dalla Commissione europea, per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il Pil e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil;

    32) la proposta di riforma mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;

    33) nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma del 26 aprile 2023, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in relazione a diversi punti critici;

    34) come emerso anche nel corso delle audizioni parlamentari sul tema, tra le maggiori criticità nell'ambito del nuovo braccio preventivo del Patto vi è la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta proposta dalla Commissione all'inizio del processo: al di là del generico obbligo per la Commissione di «assicurare un dialogo permanente», non sembrano infatti prefigurarsi modalità di coinvolgimento degli Stati membri nella definizione di tale traiettoria, di cui andrebbe altresì chiarito il carattere indicativo o di fatto vincolante;

    35) se con il nuovo percorso di aggiustamento fiscale proposto dalla Commissione si delineasse nei fatti un programma vincolante per i singoli Stati membri – entro il quale contenere strettamente i piani nazionali e che si imporrebbe comunque agli Stati in caso di mancato accordo con la Commissione – la riforma porrebbe criticità anche con riferimento alle prerogative statali in materia di politiche di bilancio, con il conseguente rafforzamento del ruolo della Commissione (e di riflesso anche del Consiglio);

    36) come altresì evidenziato nell'ambito delle citate audizioni, se non vi è dubbio che la determinazione delle proprie politiche economiche (in primis quelle di bilancio) costituisce una prerogativa che i Trattati riservano agli Stati membri – come pure è indubbio che i Trattati attribuiscono alla Commissione una funzione di indirizzo, sorveglianza e raccomandazione – né la Commissione né il Consiglio hanno il potere di vincolare il contenuto dei bilanci statali: se la riforma non rispettasse questi limiti, si prefigurerebbe un contrasto con i Trattati istitutivi dell'Unione europea;

    37) inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma, il mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere le transizioni verde e digitale, oltreché gli investimenti in ambito istruzione e sanità;

    38) critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione europea tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del prodotto interno lordo, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;

    39) in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione europea ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del prodotto interno lordo, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-prodotto interno lordo come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;

    40) desta altresì perplessità il versante esecutivo del futuro sistema come presentato dalla Commissione, con la creazione di un nuovo strumento per far adempiere agli impegni di riforme/investimenti del percorso di aggiustamento del debito e l'automaticità della procedura per i disavanzi eccessivi per le devianze dal suddetto percorso, oltre alle modifiche dell'impianto sanzionatorio;

    41) la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;

    42) l'ipotesi di riforma sembra dunque prevedere una eccessiva rigidità dei programmi di aggiustamento del debito: se in principio i piani nazionali dovrebbero restare fermi per i primi quattro anni – con una possibile proroga del periodo di aggiustamento per un massimo di tre anni – una loro modifica è consentita solo in presenza di forti e imprevedibili cambiamenti del contesto economico, che richiedono un apposito benestare della Commissione e del Consiglio. In casi di eccezionale gravità, può trovare anche applicazione la clausola di salvaguardia, individuale o collettiva, che determina una completa sospensione dei piani nazionali. È bene sottolineare, però, che si tratta di situazioni del tutto straordinarie, al di fuori del controllo degli Stati, e anche in questi casi è richiesta una preventiva autorizzazione della Commissione e del Consiglio;

    43) a seguito della esperienza pandemica e della crisi energetica, appare quanto mai urgente oltreché di fondamentale importanza, introdurre opportuni strumenti di flessibilità delle regole, suscettibili di evitare una loro rigidità: al contrario, la disciplina di bilancio delineata dalla Commissione appare basarsi su parametri e obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati. Ne discende un difetto di impostazione della riforma che non tiene in adeguata considerazione l'interdipendenza fra i vari Stati membri, nè gli effetti che le politiche di bilancio praticate da uno Stato producono sugli altri e che, in ultima istanza, omette di porsi obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita economica dell'Unione nel suo complesso;

    44) tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione europea preannunciato – anche in occasione dell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 14 settembre 2023 dalla Presidente Von der Leyen – ulteriori orientamenti e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;

    45) inoltre, nell'ultima riunione dell'Ecofin del 15 e 16 settembre 2023, i Ministri delle finanze degli Stati membri hanno nuovamente discusso – tra gli altri temi – della riforma della governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, concordando sulla necessità di «fare sforzi per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno»;

    46) anche se l'intitolazione della proposta parla di governance economica europea senza specificazioni, in realtà essa si occupa solo di regole di bilancio e relative procedure di attuazione e controllo: resta pertanto al di fuori il noto tema della capacità fiscale dell'Unione e non si tratta di una carenza di poco conto;

    47) viene così a mancare uno strumento essenziale di governance economica: disciplina di bilancio per gli Stati e capacità fiscale centralizzata sono complementari. In assenza della seconda, l'intero peso della stabilità del sistema si concentra sulla prima, con tutti i rischi che ne conseguono. Per contro è chiaro che le politiche economiche nazionali richiedono di essere sostenute e integrate da efficaci politiche europee: è solo con iniziative dell'Unione europea che si può far fronte a gravi shock (simmetrici e asimmetrici), come pure curare la produzione di beni pubblici di interesse collettivo (in settori quali ambiente, energia e innovazione);

    48) la recente crisi pandemica, e le iniziative che ne sono seguite (in primis il Ngeu), dimostrano che una capacità fiscale dell'Unione europea può essere nell'interesse immediato o futuro di tutti gli Stati membri e pertanto la questione della capacità fiscale dell'Unione europea conserva un'importanza centrale che andrebbe affrontata sin da subito;

    49) in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;

    50) complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione europea, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;

    51) a meno di dieci mesi dalla fine della attuale legislatura europea, appare quindi quanto mai urgente che i lavori legislativi relativi alla riforma della governance economica dell'Unione europea pervengano a conclusione entro la fine del 2023, per scongiurare il ritorno dei vecchi parametri, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto, azionata da marzo 2020,

impegna il Governo:

1) a proseguire i negoziati in sede europea e ad intraprendere ogni iniziativa di competenza utile, finalizzata a:

   a) chiarire che la traiettoria tecnica per la spesa proposta inizialmente dalla Commissione non ha efficacia vincolante, non costituisce un programma entro il quale i piani nazionali si devono obbligatoriamente mantenere, ma che il medesimo atto ha natura di indicazione, con linee guida di carattere generale (tempistica, obiettivi, strumenti di controllo), senza dettare programmi specifici per i singoli Stati;

   b) prevedere il pieno ed effettivo coinvolgimento degli Stati membri anche nella fase ex ante di determinazione dei sentieri di crescita nominale dell'aggregato di spesa di riferimento e nella definizione dei rispettivi programmi, affinché sia effettivamente raggiunto l'obiettivo di aumentare il grado di titolarità nazionale delle nuove regole;

   c) scongiurare il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

   d) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;

   e) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;

   f) apportare le opportune modifiche alla proposta di riforma, laddove questa delinea una disciplina relativa al bilancio e agli squilibri macroeconomici parametrata su obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati e, quindi, prevedere che si tenga conto della interdipendenza tra le politiche economiche nazionali, attraverso una visione di obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione europea nel suo complesso, che valuti congiuntamente gli interconnessi problemi di bilancio e squilibri macroeconomici, proiettandoli a livello di Unione o almeno di eurozona;

   g) escludere il ricorso a sanzioni di carattere reputazionale e di condizionalità macroeconomica con la relativa sospensione dei finanziamenti erogati dall'Unione europea;

   h) porre le basi di una riforma sul tema della creazione di un'adeguata capacità fiscale dell'Unione, che riveste un'importanza centrale per il processo di integrazione europea ed è strumento essenziale di governance economica in quanto strettamente complementare alla disciplina di bilancio per gli Stati, in particolare chiedendo che le politiche economiche nazionali siano sostenute e integrate da efficaci politiche europee, uniche in grado di far fronte a gravi shock (simmetrici o asimmetrici) o farsi carico della produzione di beni pubblici di interesse generale;

   i) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;

   j) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

   k) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;

   l) a scongiurare, nell'ambito dei negoziati sulla nuova governance economica europea, il rischio che la spesa per la difesa, in particolare quella destinata alla produzione di armamenti, venga esclusa dai vincoli europei di bilancio;

   m) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al Covid-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;

   n) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082) (Nuova formulazione) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno, Quartini».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diversificazione energetica

debito

paese membro