ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00205

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 630 del 19/01/2022
Abbinamenti
Atto 6/00204 abbinato in data 19/01/2022
Atto 6/00206 abbinato in data 19/01/2022
Firmatari
Primo firmatario: LOLLOBRIGIDA FRANCESCO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 19/01/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
MASCHIO CIRO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
VINCI GIANLUCA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
ALBANO LUCIA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
BELLUCCI MARIA TERESA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
BIGNAMI GALEAZZO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
BUCALO CARMELA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
BUTTI ALESSIO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
CAIATA SALVATORE FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
CARETTA MARIA CRISTINA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
CIABURRO MONICA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
DE TOMA MASSIMILIANO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
DEIDDA SALVATORE FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
DONZELLI GIOVANNI FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
FERRO WANDA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
FOTI TOMMASO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
FRASSINETTI PAOLA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
GALANTINO DAVIDE FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
GEMMATO MARCELLO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
LUCASELLI YLENJA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
MANTOVANI LUCREZIA MARIA BENEDETTA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
MOLLICONE FEDERICO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
MONTARULI AUGUSTA FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
OSNATO MARCO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
PRISCO EMANUELE FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
ROTELLI MAURO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
RUSSO GIOVANNI FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
SILVESTRI RACHELE FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
SILVESTRONI MARCO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
TRANCASSINI PAOLO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022
ZUCCONI RICCARDO FRATELLI D'ITALIA 19/01/2022


Stato iter:
19/01/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 19/01/2022
Resoconto CARTABIA MARTA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO GOVERNO 19/01/2022
Resoconto CARTABIA MARTA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 19/01/2022
Resoconto COSTA ENRICO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI
Resoconto LUPI MAURIZIO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI-RINASCIMENTO ADC
Resoconto LAPIA MARA MISTO-CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto COLLETTI ANDREA MISTO-ALTERNATIVA
Resoconto CONTE FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto D'ETTORE FELICE MAURIZIO CORAGGIO ITALIA
Resoconto ANNIBALI LUCIA ITALIA VIVA
Resoconto DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto ZANETTIN PIERANTONIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BAZOLI ALFREDO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TURRI ROBERTO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto SAITTA EUGENIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ROMANIELLO CRISTIAN MISTO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/01/2022

NON ACCOLTO IL 19/01/2022

PARERE GOVERNO IL 19/01/2022

DISCUSSIONE IL 19/01/2022

VOTATO PER PARTI IL 19/01/2022

RESPINTO IL 19/01/2022

CONCLUSO IL 19/01/2022

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00205
presentato da
LOLLOBRIGIDA Francesco
testo di
Mercoledì 19 gennaio 2022, seduta n. 630

   La Camera,

   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,

   premesso che:

    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come uno dei freni per la crescita dell'Italia, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del sistema giustizia italiano, mai affrontati con la chirurgica radicalità necessaria;

    l'irragionevole durata dei processi e, nella maggior parte dei casi, la caoticità e impredittibilità dei loro esiti, particolarmente nel settore civile, costituiscono un grande disincentivo all'attività d'imprese e professionisti, come pure agli investimenti stranieri nel nostro Paese;

    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti rimangono allarmanti, e fotografano, in termini impietosi, la clamorosa inadeguatezza delle risorse e la conseguente inefficienza del sistema giustizia italiano;

    dalle statistiche fornite dal sito dello stesso Ministero della giustizia, il numero dei processi pendenti – aggiornati al primo semestre 2021 – è a dir poco impressionante, e in ogni caso distante dagli standard europei;

    più nel dettaglio si consideri che, con riferimento al settore penale, risultano pendenti al periodo di riferimento in questione 1.588.405 giudizi, molti dei quali hanno violato qualsivoglia principio relativo alla ragionevole durata del processo ed anche, nel dettaglio la c.d. legge pinto; sempre nel settore penale desta preoccupazione l'andamento dei procedimenti per misure di prevenzione patrimoniale che, come è noto, prevedono facoltà d'intervento in via, appunto, preventiva, per scongiurare il pericolo di infiltrazioni mafiose nell'economia reale e mettere in salvo le imprese le quali però, troppo spesso, a causa dell'eccessiva durata del processo di prevenzione, laddove i Tribunali dispongano il dissequestro, restituiscono agli imprenditori proposti la propria impresa ormai in avanzato stato di decozione di tal che moltissime finiscono la propria vita dinanzi ad altra sezione del Tribunale, quella fallimentare;

    con riferimento al settore civile, i giudizi pendenti sono addirittura 3.106.223, con grave pregiudizio per imprese e cittadini e per la certezza e celerità dei traffici economici;

    i dati recentemente divulgati dalla Commissione europea per l'efficacia della giustizia (la «CEPEJ», istituita in seno al Consiglio d'Europa) hanno confermato la condizione catastrofica in cui versa il sistema giustizia italiano, atteso che nel contesto di 45 Paesi europei, l'Italia resta il fanalino di coda per durata dei processi civili;

    le rilevazioni – rese disponibili a fine 2020, ma relative all'anno 2018 – hanno evidenziato che una causa civile dura mediamente, in Italia, più di sette anni e tre mesi nei suoi tre gradi di giudizio (2.655 giorni), a fronte di una durata pari a circa quattro anni e tre mesi in Grecia (1.552 giorni), tre anni e quattro mesi in Francia (1.221 giorni) e in Spagna (1.238 giorni), un anno e mezzo in Romania (530 giorni), un anno in Svezia (377 giorni), appena nove mesi e mezzo in Portogallo (285 giorni);

    la drammaticità e l'emergenza dello stato della giustizia italiana è poi ulteriormente testimoniato dallo spropositato numero di casi d'ingiusta detenzione accertata, fatalmente inferiore a quelli reali: dal 1992 al 31 dicembre 2020, 29.452 italiani sono stati sottoposti a ingiusta detenzione, circa 1015 innocenti all'anno sono sottoposti alla custodia cautelare in carcere;

    i predetti numeri si traducono, in termini di indennizzo per ingiusta detenzione da parte dello Stato, nell'esorbitante somma di 794 milioni e 771 mila euro, con una media di circa ai 27.500.000,00 di euro l'anno;

    l'ingiusta detenzione e il correlato uso spropositato e talvolta strumentale della custodia cautelare in carcere non solo rappresentano una patente e quotidiana violazione del principio della presunzione di innocenza, non solo ferisce in termini irreparabili la vita di migliaia di italiani, ma delegittima irrimediabilmente il sistema della giustizia italiana e delle garanzie costituzionali;

    quale fondamentale principio di uno Stato di diritto la libertà personale è inviolabile e può essere limitata solo nei casi e nei modi tassativamente previsti dalla legge per garantire la sicurezza sociale, in particolare andrebbe limitata solo a seguito di una sentenza passata in giudicato all'esito dei tre gradi di giudizio; nonostante ciò sovente la misura della custodia cautelare viene applicata sulla base di mere congetture investigative, senza provate evidenze processuali;

    la privazione della libertà dovrebbe avvenire solo in presenza di esigenze cautelari che derivino da condotte vere e proprie, e non da un astratto concetto di pericolo, e, inoltre per assicurare la tutela della sicurezza sociale si dovrebbe ricorrere al carcere preventivo sulla base dell'evidenza della prova per gravi reati;

    anche nel settore tributario si registrano centinaia di migliaia di pendenze, e, anzi, proprio la giustizia tributaria fatalmente costituisce uno dei colli di imbuto in Cassazione, atteso che solo avanti alla Suprema Corte imprese, partite iva e cittadini possono finalmente trovarsi al cospetto di un giudice che dia serie garanzie di terzietà, autonomia e indipendenza;

    diversi enti e istituti, italiani e internazionali, da tempo certificano che l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, scoraggiando gli investimenti esteri;

    il rapporto 2020 della Banca Mondiale colloca l'Italia al 122esimo posto su 190 Paesi per la categoria «Tempo e costi delle controversie», con un Pil perduto che oscilla, secondo diverse istituzioni internazionali, tra l'uno e il due per cento;

    secondo il rapporto Cer-Eures di Confesercenti, per citare uno studio fra tanti, lentezze ed inefficienze della giustizia costano addirittura 2,5 punti Pil, pari a circa 40 miliardi di euro;

    sempre secondo il predetto studio, qualora allineassimo i tempi della giustizia italiana a quella tedesca, si recupererebbero centotrentamila posti di lavoro in più e circa mille euro all'anno di reddito pro-capite, con effetti positivi anche sull'erogazione di credito e la sicurezza percepita da parte di imprese e famiglie;

    la fotografia sopra riportata è stata indirettamente ribadita il 4 settembre 2021 al Forum Ambrosetti dallo stesso Ministro della giustizia Marta Cartabia, che ha ricordato l'esorbitante

    somma di 74 milioni pagati dallo Stato Italiano negli ultimi cinque anni per i ritardi nei processi che hanno coinvolto 95.412 cittadini in attesa di giustizia più a lungo del dovuto, e ha candidamente ammesso che questi milioni di euro si sarebbero potuti utilizzare per investimenti nella giustizia, anziché per pagare il disservizio;

    inoltre, sempre nel contesto del Forum Ambrosetti, il Ministro ha ricordato le perdite economiche costituite dai costi per la lentezza in termini di PIL perduto, anche per lo scoraggiamento degli investitori stranieri ad operare nel nostro Paese;

    il Ministro ha ribadito che dalla riforma della giustizia passa dunque il futuro delle nuove generazioni e che l'Italia è «osservato speciale» della Commissione europea in ordine ai concordati tempi per l'introduzione di risultati concreti nella cura del sistema giustizia italiano, precisando che l'obiettivo, concordato con Bruxelles, è quello di ridurre la durata del processo civile del 40 per cento e del processo penale del 25 per cento nei prossimi cinque anni;

    a fronte di tale disarmante fotografia poco, nulla e male è stato fatto per accelerare la giustizia italiana, per porre rimedi alle storture e per introdurre responsabilità in capo a chi esercita il potere giudiziario e sanzioni processuali per chi, governando i tempi del processo, ne determina allungamenti inaccettabili ed ingiustificati;

    altro endemico problema del pianeta giustizia italiano è costituito dal sovraffollamento carcerario, ormai definito «strutturale e sistemico» da parte dell'Europa, e che ha determinato diverse pronunce della CEDU contro l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in riferimento alla proibizione di trattamenti inumani e degradanti;

    l'Italia è il quinto paese dell'Unione europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare, con una percentuale di detenuti non definitivi pari circa ad un terzo della popolazione carceraria complessiva, fuori da ogni parametro comparativo con tutti gli altri Paesi europei;

    alla data del 31 ottobre 2021 nelle carceri italiane si contavano 54307 detenuti (17.315 dei quali stranieri) contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.851 posti;

    nondimeno le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria, fortemente provata dalla pandemia e dalle strumentali ed eterodirette rivolte organizzate nel corso del primo lockdown, lamentano carenza di organico, di risorse ed investimenti;

    a ciò si aggiunga la crisi di prestigio e onorabilità sociale in cui versa la Magistratura italiana non solo a seguito delle scandalose propalazioni di Palamara, che hanno costituito spesso la tragica prova e conferma di quanto da anni veniva denunciato da operatori del settore e da politici, quanto e soprattutto dalle sabbie mobili in cui si è arenata ogni seria discussione e proposta di riforma del massimo organo di autogoverno della magistratura italiana per liberarlo dalle logiche tossiche e perverse del correntismo che premiavano l'affiliazione, mortificano il merito e ponevano le premesse per un uso strumentale e politico della giustizia penale italiana;

    ulteriore irrisolto nodo della giustizia italiana è costituito dalla magistratura onoraria, costituita da circa cinquemila magistrati che assorbono il 50 per cento delle sentenze italiane, quasi il 90 per cento delle udienze penali monocratiche a citazione diretta, e la quasi totalità delle tutele, e che ad oggi si trova ancora senza alcuna prospettiva futura, senza stabilizzazione, senza equo trattamento economico, senza trattamento previdenziale né assistenziale;

    l'Italia è costantemente sotto procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per via della negazione di qualsivoglia diritto a una giusta ed equa retribuzione e a un equo trattamento previdenziale e assistenziale nei confronti dei predetti «lavoratori» del sistema giustizia;

    l'Unione europea ha, infatti, ribadito che la legislazione nazionale che regola l'attività dei magistrati onorari e dei giudici di pace non è conforme al diritto UE in materia di lavoro: pagati a cottimo e privati dell'accesso a qualsivoglia indennità in caso di malattia, infortunio e gravidanza, senza trattamento previdenziale e con continui rinnovi contrattuali che ne hanno cristallizzato la precarietà;

    ancora recenti fatti di cronaca hanno sollecitato una ampia e appassionata discussione in Parlamento in ordine alla appellabilità delle sentenze di assoluzione con formula piena in primo grado da parte dell'accusa, ma pare che tale tema, attinente al principio costituzionale della condanna solo in caso di superamento della soglia del ragionevole dubbio, non appare essere nell'agenda del Governo;

    la separazione delle carriere al fine di pervenire al giusto processo è oggetto di interventi referendari mentre rimane un tema sconosciuto al Parlamento e al Governo, eccezion fatta per una fugace apparizione in aula della lodevole proposta di legge di iniziativa popolare portata avanti con tenacia dall'Unione delle Camere Penali Italiane, purtroppo arenatasi nel dibattito parlamentare;

    altro tema che non trova traccia nell'azione del Governo è quello della rivisitazione della revisione della geografia giudiziaria operata con la riforma del 2012, considerato che a distanza di quasi dieci anni è possibile affermare che la riforma non solo non ha prodotto i risultati attesi in termini di efficienza, ma ha sguarnito interi territori di tribunali, procure, e uffici del giudice di pace, con grave pregiudizio per la giustizia di prossimità, per la legalità e per il contrasto alla criminalità;

    la riforma della geografia giudiziaria, in nuce profondamente sbagliata come l'analisi dei risultati ex post induce a considerarla, è stata varata spesso senza tenere nella debita considerazione le distanze reali, derivanti dalle condizioni orografiche dei territori e le condizioni delle infrastrutture stradali, di tal che ci si ritrova ad esempio in Sicilia con comprensori che distano solo pochi chilometri dal più vicino Tribunale, ricadono nella competenza di altro Foro forse cartolarmente vicino ma realmente distante ore e ore di percorrenza su strade spesso mal tenute, costringendo cittadini, avvocati, personale amministrativo e magistrati a trascorrere ogni giorno ore e ore in movimento per raggiungere il luogo di lavoro;

    diverse regioni, a titolo di esempio Abruzzo e Toscana, hanno approvato leggi regionali volte a farsi carico parzialmente degli oneri della giustizia per la sperata ipotesi che si inverta una riforma che ha confermato solo i danni preannunciati senza raggiungere alcuno degli obiettivi che si era prefissata;

    ulteriore indifferibile campo di riforma è quello della giurisdizione tributaria, impostato su commissioni tributarie che risultano, sotto il profilo dell'ordinamento amministrativo, incardinate sotto l'egida del Ministero dell'economia e delle finanze e, sotto il profilo della composizione degli organi giudicanti, formate da giudici onorari non professionali, spesso appartenenti ai ruoli della magistratura ordinaria, con conseguente abdicazione o rallentamento delle funzioni giudiziarie civili e penali;

    tale configurazione risulta, per il primo profilo, manifestamente in contrasto con i più basilari principi di indipendenza del giudice: le commissioni tributarie vengono infatti a dipendere amministrativamente dal soggetto – il MEF – che è titolare dei crediti oggetto della larga maggioranza delle controversie discusse di fronte al giudice stesso; il MEF gioca, infatti, un ruolo attivo nella nomina dei giudici, seppure sulla base di criteri che si è cercato nel tempo di rendere meno discrezionali;

    è necessario ricondurre l'ordinamento delle commissioni tributarie sotto l'egida del Ministero della giustizia, e introdurre nell'ordinamento la figura dei magistrati tributari professionali, scelti per concorso e destinati a sostituire progressivamente i componenti delle Commissioni attualmente in carica prevedendone la incompatibilità con altre funzioni Giurisdizionali;

    ulteriore tema rispetto al quale il silenzio del Governo è assordante e la divaricazione parlamentare fra le forze della maggioranza è evidente è quello degli strumenti per contrastare la criminalità organizzata dopo l'intervento della Consulta con l'ordinanza 97/2021, in cui si è limitata a precisare che non può più assumersi come presunzione assoluta la pericolosità sociale del detenuto per reati associativi se non collabora con la giustizia; è necessario scongiurare il rischio che il percorso infra murario, la formale dissociazione e la partecipazione al lavoro siano gli unici indici per concedere la liberazione condizionale agli associati, con ciò disperdendo il patrimonio di istituti giuridici italiani nel contrasto frontale alla criminalità organizzata;

    Fratelli d'Italia ha già depositato una proposta di legge ordinaria che addossa all'istante l'onere probatorio di aver rescisso ogni legame con l'ambiente mafioso e l'assenza del pericolo di ripristino, introducendo maggiori e più penetranti poteri di controllo da parte del Giudice che, come proposto da Fratelli d'Italia, deve individuarsi in un solo Tribunale in composizione collegiale, competente a decidere su tutte le istanze di concessione di benefici da parte di chi si trova ristretto in regime c.d. di carcere duro e assegnando il potere di speciali prescrizioni per scongiurare che il mafioso, ottenuti i benefici, possa nuovamente flagellare la società;

    allo stesso modo e sempre sul medesimo tema è necessario intervenire con una modifica costituzionale che, mantenendo inalterata la funzione rieducativa della pena, ne preservi l'indispensabile funzione retributiva e introduca a caratteri cubitali in Costituzione il concetto che l'esecuzione della pena debba tenere conto della pericolosità sociale del condannato e debba avvenire senza pregiudizio per la sicurezza dei cittadini;

    la funzione della pena non si risolve nella sola funzione rieducativa, che ne è tratto essenziale ma non totalitario; non possiamo permetterci che tale distorsione della funzione della pena possa disarticolare il percorso di frontale contrasto alla criminalità organizzata che ha fatto della contrapposizione alla normativa del carcere duro la madre di tutte le battaglie contro lo Stato;

    negli ultimi dieci anni, a partire dalla cd. legge Gozzini, legge 10 ottobre 1986, n. 663, sino ad arrivare agli innumerevoli decreti cosiddetti «svuota carceri» sono stati assunti diversi interventi deflattivi della pena che hanno condotto alla previsione di sempre maggiori benefici in favore dei detenuti e misure alternative alla detenzione in carcere, senza peraltro perseguire concretamente alcuna politica rieducativa, frantumando la certezza della pena e così violando il patto sociale tra Stato e cittadini in base al quale si rinuncia alla difesa o alla vendetta individuale in cambio della protezione e della giustizia garantite dallo Stato;

    la pena deve volgere non solo alla rieducazione del condannato – che dovrebbe altresì avvenire sul presupposto di una concreta collaborazione da parte del medesimo, ma deve altresì essere certa nella sua applicazione ed esecuzione al fine di fungere da deterrente per la commissione di ulteriori reati e garantire effettiva tutela alle vittime;

    per tale ragione andrebbero attuati interventi volti ad equilibrare tra loro la funzione rieducativa e quella punitiva prevedendo un'interpretazione autentica dell'articolo 27 della Costituzione; non bisogna mai dimenticare, infatti, che al centro dell'ordinamento penale ci dovrebbe essere sempre la tutela delle vittime e il contrasto al crimine;

    conclusivo tema è quello della spaventosa carenza di organico sia per quanto riguarda i magistrati che per quanto concerne il personale amministrativo, carenza che non può essere supplita né dalla sola digitalizzazione, né da interventi spot sull'organico e ancor meno con l'introduzione dell'ufficio del processo di nuovi 16.000 precari a vita del sistema giudiziario italiano, rinnovabili di 36 mesi in 36 mesi;

    è necessario un nuovo piano di assunzioni sia per quanto riguarda l'organico dei magistrati che per quanto concerne l'organico amministrativo, e nell'ambito dei nuovi concorsi occorre prevedere una corsia preferenziale riguardante gli attuali giudici onorari, fatto che, nella prospettiva del progressivo assorbimento di tale figura, oggi non priva di incertezze, nella magistratura ordinaria, significherebbe sanare una ferita e garantire per davvero la velocizzazione della giustizia penale e civile italiana; si può alternativamente scegliere fra un concorso per titoli loro dedicato per accedere alla Magistratura Ordinaria ovvero la loro stabilizzazione nelle attuali funzioni e competenze secondo lo schema già collaudato per i magistrati onorari pretorili di cui alla legge 217/1974; quel che è ineludibile è lo stanziamento di risorse coerenti con le tutele lavorative esplicitate dalla Corte di giustizia UE;

    ancora è giunto il tempo di ascoltare le denunce dell'Avvocatura istituzionale ed associativa nel corso degli anni, relativamente al fatto che l'istituto del patrocinio a spese dello Stato non è adeguatamente valorizzato dalla previsione di fondi adeguati nel relativo capitolo 1360 del bilancio statale, di tal che i cittadini che sono nelle condizioni di avvalersene, sono difesi da Avvocati i cui onorari sono corrisposti in misura spesso non dignitosa per il patrocinio svolto e sempre in grande ritardo rispetto alla conclusione della prestazione professionale;

    i temi che affliggono la giustizia italiana effettivamente meriterebbero interventi contraddistinti, per citare il Ministro della giustizia, da «realismo, coraggio e coralità», qualità che, però, non si rintracciano nella disarmonica azione di governo per via di una maggioranza dilaniata al suo interno fra giustizialisti e garantisti;

    la strisciante guerra civile italiana fra giustizialisti e garantisti, molto spesso per di più a corrente alternata, oggi si esprime nel seno del Consiglio dei ministri compromettendone fatalmente ed irreparabilmente l'azione;

    la giustizia appare sempre meno il terreno delle riforme e sempre più la palude delle mediazioni e dei compromessi al ribasso per tenere unita una colazione frammentata al suo interno e dilaniata da opposte ed irriducibili visioni sul punto;

    esemplare e paradigmatica sotto questo profilo appare la riforma del processo penale che, sul punto cruciale della prescrizione, non ripristina alcuna garanzia a favore dei cittadini che rimangono potenziali indagati ed imputati a vita e, anzi, introduce un unicum nel panorama della giustizia europea, realizzando una sorta di Frankenstein giuridico che miscela eterna prescrizione sostanziale in primo grado con la prescrizione processuale in appello;

    da tale riforma è lecito attendersi, lungi dalle proclamate ambizioni, una dilatazione del processo in primo grado e un incentivo a proporre appello con nuovo imbuto processuale in secondo grado;

    realismo, coraggio e coralità avrebbero imposto il ripristino della prescrizione sostanziale, anche variamente gradata sulla gravità e tipologia del reato o sulla pericolosità sociale accertata del reo, al fine di scongiurare quell'universo concentrazionario di indagati e imputati a vita improvvidamente introdotto nel corso di questa legislatura;

    decisamente sconfortante anche l'approccio al sovraffollamento carcerario del Governo, con l'introduzione o l'allargamento del perimetro di istituti volti esclusivamente alla «fuga dal processo» o alla «fuga dalla pena», come i riti alternativi e le misure alternative alla detenzione, con ulteriore erosione della certezza della pena e con pregiudizio della sicurezza del cittadino;

    fatta salva la funzione rieducativa della pena, è bene precisare che il sovraffollamento carcerario è tutt'altro problema che si affronta con tutt'altre soluzioni: un nuovo piano di edilizia carceraria e trattati bilaterali che consentano l'esecuzione delle sentenze penali italiane nel Paese di origine dei detenuti stranieri, che rappresentano quasi il 30 per cento della popolazione carceraria italiani, con un costo medio giornaliero per detenuto di 137 euro;

    altro intervento necessario ed indifferibile per affrontare alla radice il tema del sovraffollamento carcerario ed introdurre un tema di civiltà giuridica è quello del ricorso abnorme, scorretto e a volte strumentale alla custodia cautelare in carcere;

    lo strumento della custodia cautelare in carcere, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, quando non strumento volto a sollecitare confessioni più o meno genuine;

    la proposta referendaria non convince nella parte in cui disarma le Procure d'Italia nella lotta alla criminalità comune, ma Governo e Parlamento non possono farsi scavalcare ancora una volta dallo strumento referendario e deve aprire una seria, approfondita e articolata discussione sullo smodato uso della carcerazione preventiva e sulla necessità di un intervento radicalmente riformatore, volto a delineare maggiormente le reali esigenze cautelari quale presupposto per la loro applicazione e il loro carattere di extrema ratio ed assoluta indispensabilità, sebbene senza deprivare la magistratura di un importante strumento per contrastare la criminalità in tutte le sue forme;

    l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;

    allo stesso modo sono necessari ed indifferibili interventi radicali, chirurgici, strutturali e profondi volti a razionalizzare il numero, la durata e gli esiti dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese, nel contesto di un processo di ragionevole e certa durata, di effettiva terzietà e innervato dal principio di non colpevolezza;

    un efficiente sistema giudiziario può e deve essere modernamente coniugato con la garanzia della legalità, la certezza della pena, la presunzione di innocenza, questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali;

    anche in questo campo, la politica del Governo appare timida, claudicante, a tratti contraddittoria;

    la riforma del processo civile non è stata all'altezza delle aspettative, introducendo più ostacoli nell'accesso alla giustizia da parte del cittadino piuttosto che sanzioni vere e cogenti a carico degli operatori giudiziari per l'inaccettabile e costosissima dilatazione dei tempi processuali, con frustrazione delle attese del mondo dell'avvocatura e di imprese e cittadini in genere che si rivolgono alla giustizia italiana;

    in merito alla riforma della geografia giudiziaria, prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, oggetto di un lungo dibattito, tuttora in corso, sono ampiamente noti i disagi arrecati ai cittadini per la perdita del giudice di prossimità: con la riforma sono stati chiusi circa mille uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni), al fine, dichiarato, di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse;

    le cancellerie della volontaria giurisdizione hanno un'affluenza altissima di pubblico (attesa la competenza in materia di amministrazione di sostegno, tutele e curatele molte volte gestite da familiari che non hanno accesso a depositi telematici) tale da dover fare ore, ore ed ore d'attesa per avere informazioni o copia conforme del provvedimento. Questi sono problemi reali che il Ministro non può pensare di risolvere con il solo, seppur importante, ausilio della digitalizzazione del processo civile e penale;

    la decisione di riduzione del numero dei tribunali ha omesso di considerare alcune «specificità territoriali» quali: la conformazione geografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; la diversa dimensione della «domanda di giustizia» espressa dal territorio, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità);

    sarebbe inoltre auspicabile una complessiva e definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e alla conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero, dotati entrambi di un organo di autogoverno che ne garantisca l'indipendenza e l'autonomia;

    la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero, anche la fine di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto;

    nella logica della realizzazione a tutto tondo del principio del giusto processo e della parità fra accusa e difesa, appare necessaria valutare la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato, e, in ogni caso, assicurare in modo pieno ed efficace la realizzazione dell'equo compenso a favore dei professionisti, che partecipano all'esercizio di una funzione materialmente costituzionale;

    altro tema che non trova il doveroso impulso è quello della riforma del Consiglio Superiore della Magistratura: è intervento urgente, indifferibile ed essenziale per la stessa magistratura italiana al fine di recuperare il prestigio necessario;

    l'intervento deve andare nella direzione di eradicare il correntismo, che ha mortificato il merito all'interno della magistratura italiana, favorendone una politicizzazione drammatica;

    la paventata proposta del Governo di introdurre un sistema elettorale con preferenze multiple di valore decrescente sembra, per eterogenesi dei fini, non costituire la medicina alle degenerazioni a cui abbiamo assistito, ma la sublimazione del modello del correntismo: è necessario introdurre, a monte o a valle del processo elettorale e pur garantendo il necessario processo elettorale, il sistema del sorteggio;

    ugualmente non è più differibile un intervento volto a contenere i rapporti opachi e gli intrecci pericolosi fra magistratura e politica, impedendo il c.d. fenomeno delle «porte girevoli» fra i due campi e che concerna anche i magistrati distaccati presso i Ministeri,

impegna il Governo:

   1) a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti, quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:

    a) la reintroduzione della normativa relativa alla prescrizione prima dell'intervento abrogativo della presente legislatura, in uno con l'abrogazione della c.d. prescrizione processuale in secondo grado;

    b) una riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore della magistratura che preveda il sorteggio, a valle o a monte del processo elettivo, al fine di eradicare il correntismo con tutti i gravissimi risvolti noti e una riforma che preveda la separazione delle carriere fra magistratura requirente e giudicante, con impossibilità di passaggio di funzioni e la creazione di due organi distinti di autogoverno a garanzia della autonomia e della indipendenza dei magistrati al fine di rendere effettiva la terzietà del Giudicante, la parità processuale fra accusa e difesa e, quindi, ad attuare il giusto processo;

    c) una riforma volta a impedire il c.d. fenomeno delle «porte girevoli» con una più puntuale e stringente disciplina della candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali;

    d) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione, assicurando l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati, in particolare attraverso un'azione complessiva di informatizzazione;

    e) una riforma della magistratura tributaria volta a garantirne terzietà, indipendenza e autonomia dal Ministero dell'economia e delle finanze e del processo tributario, introducendo una corretta ripartizione dell'onere probatorio fra amministrazione dello Stato e imprese e cittadini;

    f) la revisione delle norme in materia di appello e ricorso per Cassazione avverso le sentenze di proscioglimento, con gli obiettivi della deflazione dei processi, della velocizzazione del processo penale e della protezione degli innocenti rispetto al rischio di eventuali accanimenti persecutori dello Stato, proponendo un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei rimedi impugnatori a disposizione delle parti ed escludendo la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento rese con le formule ampiamente liberatorie (il fatto non sussiste; l'imputato non lo ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione) ai sensi dell'articolo 530, primo comma, del codice di rito: ciò in quanto appare ragionevole, anche alla luce della presunzione di non colpevolezza, escludere un secondo grado di giudizio di merito, defatigante e in un certo senso persecutorio, per l'imputato che sia riuscito a discolparsi completamente in primo grado, al di là di ogni ragionevole dubbio;

    g) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di magistrati e di personale amministrativo e all'effettiva riqualificazione del personale;

    h) la necessaria semplificazione normativa e burocratica della legislazione primaria e regolamentare che incide sul sistema giustizia, che aumenta il livello di litigiosità e contribuisce ad allungare i tempi dei processi;

    i) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati;

    j) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito all'applicazione delle norme in materia di custodia cautelare e volta alla piena realizzazione del principio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio, ridisegnando, in termini più stringenti ed ossequiosi del dettato costituzionale, i presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere;

    k) l'attuazione di un programma credibile e immediato, adeguatamente finanziato, per la realizzazione di un nuovo piano carceri, attraverso l'implementazione delle strutture esistenti e l'edificazione dei nuovi istituti, nonché per provvedere alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, prevedendo un incremento significativo del numero di agenti in servizio, anche al fine di garantire ad essi condizioni lavorative adeguate e sicure;

    l) la realizzazione di interventi specifici e strutturali volti ad offrire soluzioni alle molteplici problematiche dell'edilizia giudiziaria, senza discriminazioni territoriali, come condizione essenziale per una gestione efficiente degli uffici giudiziari e a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio;

    m) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che, di fatto, sopprimendo circa mille uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sul territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali;

    n) la celere rivisitazione della geografia giudiziaria definita nel 2012 e, al fine di tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze dei territori, sottoscrivere le convenzioni con le regioni e gli enti locali proponenti o assumere ulteriori iniziative;

    o) la piena attuazione della normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza o alternativi alla detenzione, nonché l'assunzione di iniziative per modificare la disciplina relativa al pagamento delle spese giudiziarie, nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie;

    p) la predisposizione di iniziative di riforma costituzionale che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale;

    q) l'implementazione di una riforma organica della magistratura onoraria, tenuto conto del ruolo importante che già oggi la stessa svolge nell'amministrare la giustizia, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, al fine di darle una piena ed esaustiva collocazione ordinamentale, con stabilizzazione, equo trattamento economico, previdenziale e assistenziale, nel solco delle pronunce della giustizia che ne riconoscono la figura di «lavoratore»;

    r) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia e indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai protagonismi dei singoli, nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale, predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;

    s) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per ingiusta detenzione;

    t) l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, per scongiurare fenomeni di eccessiva «mediatizzazione» della giustizia da parte di tutti i soggetti interessati e degli organi dell'informazione, evitando che la legittima attività di comunicazione e cronaca trasmodi in forme di indebita pressione o condizionamento (tramite titoli necessariamente spettacolari, conferenze stampa senza contraddittorio, divulgazioni di ricostruzioni parziali o decontestualizzate) sulle garanzie delle persone sottoposte al procedimento o sull'accertamento delle responsabilità;

    u) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione, intervenendo tempestivamente per scongiurare il rischio della dispersione del patrimonio giuridico e degli istituti giuridici speciali nel contrasto alla criminalità organizzata che prevedono il c.d. «carcere duro», prevedendo di addossare all'istante l'onere probatorio di aver rescisso ogni legame con l'ambiente mafioso e l'assenza del pericolo di ripristino, introducendo maggiori e più penetranti poteri di controllo da parte del Giudice e assegnando il potere di speciali prescrizioni per scongiurare che il mafioso, ottenuti i benefici, possa nuovamente flagellare la società;

    v) l'elaborazione di misure efficaci ed incisive di contrasto al terrorismo internazionale, sia mediante iniziative volte a definire opportune disposizioni di legge, sia mediante la creazione di strutture specializzate che dovranno operare in stretta connessione con le analoghe istituzioni europee ed internazionali, sia per il tramite di una normativa che monitori finanziamenti da Stati esteri alla edificazione delle moschee o alla rete degli imam, sul modello della legislazione francese;

    w) l'adozione di iniziative per la sicurezza dei cittadini, volte a rendere più rigido il trattamento sanzionatorio dei reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, attraverso l'implementazione di specifiche iniziative normative già in discussione presso la Commissione giustizia;

    x) il contrasto a ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali;

    y) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere, e un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena negli Stati di origine, tenuto conto che attualmente circa quasi il 30 per cento dei detenuti è di origine straniera;

    z) la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato, e l'effettiva garanzia dell'equo compenso;

    aa) garantire l'effettivo esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito anche alle fasce meno abbienti della popolazione, rendendo l'istituto del patrocinio a spese dello Stato pienamente dignitoso anche per gli Avvocati che decidano di effettuarlo, mediante adeguato stanziamento di fondi nel relativo capitolo di bilancio dello Stato e potenziamento del portale SIAMM onde garantire immediata ed effettiva liquidazione dei compensi per la prestazione professionale svolta;

    bb) la previsione di protocolli e iniziative finalizzate all'inserimento dei soggetti detenuti in esperienze lavorative in grado di formarli, e prepararli a un mestiere che possa sottrarli ai tentacoli della criminalità o, comunque, alla tentazione di cedere al malaffare, così sublimando la funzione rieducativa della pena detentiva finalizzata ad azzerare i casi di recidiva ed avviare su percorsi di legalità i detenuti una volta liberi per espiazione pena;

    cc) favorire il rientro nei tribunali e porre un freno al distacco dei magistrati presso i ministeri, in particolare al Ministero della giustizia, e presso altre pubbliche amministrazioni, anche all'estero, prevedendo che – salvo casi eccezionali – gli stessi debbano essere destinati esclusivamente all'esercizio della funzione giurisdizionale.
(6-00205) «Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Zucconi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lotta contro la criminalita'

responsabilita' civile

magistrato