ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00680

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 715 del 28/06/2022
Abbinamenti
Atto 1/00675 abbinato in data 12/07/2022
Firmatari
Primo firmatario: NEVI RAFFAELE
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 28/06/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SPENA MARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
BARONI ANNA LISA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
BOND DARIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
CAON ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
SAVINO SANDRA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022
D'ATTIS MAURO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 28/06/2022


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 12/07/2022
Resoconto SAVINO SANDRA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 12/07/2022
Resoconto MURELLI ELENA LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto BUBISUTTI AURELIA LEGA - SALVINI PREMIER
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 12/07/2022

DISCUSSIONE IL 12/07/2022

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 12/07/2022

Atto Camera

Mozione 1-00680
presentato da
NEVI Raffaele
testo presentato
Martedì 28 giugno 2022
modificato
Martedì 12 luglio 2022, seduta n. 724

   La Camera,

   premesso che:

    l'acqua è una risorsa fondamentale per la vita umana, animale e vegetale. La reperibilità e l'uso sono tra i principali problemi da affrontare e risolvere, perché i cambiamenti climatici in atto sono causa diretta dell'aumento dei periodi siccitosi, mentre crescono le esigenze idriche sia dei singoli individui che delle attività produttive, siano esse agricole o industriali;

    naturalmente, il settore agricolo è quello con la maggior necessità d'uso d'acqua, pari al 60 per cento degli impieghi, poiché l'85 per cento della produzione agroalimentare deriva da colture irrigue. Segue il settore energetico e industriale con il 25 per cento, mentre per gli usi civili la richiesta è pari al 15 per cento. Il dato più preoccupante riguarda le eccessive perdite di acqua a causa della fatiscenza delle reti di distribuzione. Gli ultimi dati Istat disponibili, pubblicati nel 2019 e relativi al 2015, evidenziano una perdita pari a circa il 42 per cento della risorsa a livello nazionale, corrispondente e 3,5 miliardi di metri cubi di acqua sprecata e dispersa a causa delle cattive condizioni dell'infrastruttura idrica, ovvero tubi vecchi e rotti. Il fenomeno comporta il conseguente sfruttamento, ulteriore ed eccessivo, delle falde acquifere e dei corsi d'acqua, necessario per compensare le risorse perdute nel trasporto. Così facendo si modifica negativamente, ed in alcuni casi permanentemente, il contesto naturale. A ciò si deve aggiungere il costo delle attività ulteriori di raccolta in invasi, captazione di acque sorgive o fluviali ed estrazione di acque sotterranee necessarie per soddisfare le richieste e compensare le perdite durante la distribuzione. A causa della fatiscenza delle reti, la sottrazione di acque all'utilizzazione finale rappresenta un danno non solo ambientale, ma anche una perdita economica rilevante per il sistema Paese;

    il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile sul territorio italiano da oltre 1.800 enti gestori di fonti di approvvigionamento è pari a 9,49 miliardi di metri cubi. Il confronto internazionale del volume pro capite di acqua annualmente prelevata per uso potabile (Freshwater abstraction for public water supply 2018) da corpi idrici superficiali o sotterranei nei Paesi dell'Unione europea mostra che l'Italia, con 155 metri cubi per abitante, è seconda solo alla Grecia, che ha un consumo pressoché analogo, pari a 157 metri cubi, collocandosi tra i Paesi col prelievo maggiore. Si consideri che l'acqua si preleva, soprattutto, dal sottosuolo. L'84,8 per cento del totale arriva da sorgenti e pozzi. In Spagna e in Grecia, due Paesi mediterranei con condizioni climatiche simili a quelle presenti in Italia, l'incidenza dei prelievi da acque sotterranee è più contenuta, rispettivamente pari al 33,5 e al 44,5 per cento. Appare evidente che l'adozione di politiche in grado di evitare un futuro connotato da drammatiche scarsità di acqua, salvaguardando al tempo stesso le falde acquifere, rappresenta un obiettivo strategico da perseguire al più presto;

    per l'uso industriale non esistono censimenti diretti dei volumi idrici utilizzati, dunque i dati forniti da Istat si basano sulla consistenza della produzione manifatturiera, stimando l'impiego totale di acqua nel settore industriale in circa 3,8 miliardi di metri cubi;

    se l'acqua è vitale in ogni settore delle attività umane, lo è per antonomasia in quello agricolo. Gli usi rilevanti sono destinati all'irrigazione e alla zootecnia. Naturalmente, l'irrigazione è particolarmente necessaria nei territori in cui precipitazioni e umidità del suolo non sono sufficienti a garantire il fabbisogno idrico delle colture. Una narrazione imprecisa e partigiana imputa al settore agricolo un eccesso di consumo di acqua che non ha riscontri nei dati oggettivi. In realtà, negli ultimi anni il settore agricolo ha ridotto il consumo idrico di quasi il 40 per cento, grazie a modelli sostenibili di gestione come l'irrigazione di precisione. Come detto, il problema maggiore è rappresentato dalle perdite della rete idrica nazionale, la quale, a causa di mancati lavori di manutenzione, è in pessime condizioni. Inoltre, per carenze infrastrutturali, ogni anno viene trattenuto soltanto l'11 per cento circa dell'acqua piovana. Circostanza che rende urgente la realizzazione di nuovi invasi per la raccolta dell'acqua piovana particolarmente necessaria nei momenti di carenza idrica come quello attuale. C'è poi l'ulteriore necessità di fare un migliore utilizzo delle acque reflue, anche per realizzare forme effettive di economia circolare. Si precisa che l'acqua impiegata per uso irriguo non fuoriesce dal ciclo idrologico naturale, ma viene restituita al sistema ambientale, a valle dei processi produttivi;

    l'Italia, sino a qualche anno fa, ha goduto di un clima di tipo mediterraneo, caratterizzato da estati calde e secche e da inverni miti e piovosi, con precipitazioni ben distribuite tra novembre e marzo. Attualmente non è più così. Nei tre mesi invernali del biennio 2021 e 2022 c'è stata una diminuzione del 47 per cento delle precipitazioni rispetto alla media. Inoltre, negli ultimi anni, a causa dei cambiamenti climatici, l'Italia è stata frequentemente colpita da eventi estremi. Nel 2021 ci sono stati 187 eventi calamitosi, dei quali oltre il 70 per cento legati all'eccesso di precipitazioni o alla loro assenza, causando anche perdite di vite umane oltre a ingenti danni materiali. Sono stati ben 9 gli eventi siccitosi di intensità e durata tale da richiedere lo stato di emergenza, a cui si sono aggiunti i danni provocati da precipitazioni brevi ma molto intense, le «bombe d'acqua», che causano straripamenti, alluvioni e dissesti idrogeologici. I dati elaborati dall'Ispra confermano che il decennio 2011-2020 è stato il più caldo dal 1961 mentre l'indice di siccità Spi (Standardized precipitation index) a 6 mesi calcolato a gennaio 2022 mette in evidenza estese condizioni di aridità sul Nord Italia, dovute ad un livello di precipitazioni decisamente inferiore alle medie sulle regioni alpine. La stessa Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) conferma la situazione di criticità riguardo la disponibilità della risorsa idrica nel Paese;

    la maggior frequenza di questi periodi sta mettendo a repentaglio più di un quarto del territorio italiano, poiché ben il 28 per cento è a rischio desertificazione. Il fenomeno riguarda tutte le regioni, non limitandosi a quelle meridionali. Nei primi mesi del 2022 le regioni del Nord hanno sofferto di una gravissima siccità. In Piemonte il Po ha raggiunto una portata d'acqua inferiore del 72 per cento rispetto alla norma e il livello idrometrico al Ponte della Becca, in provincia di Pavia, è sceso di 3,7 metri, raggiungendo i livelli più bassi degli ultimi 70 anni. È molto preoccupante anche l'avanzare del cuneo salino, ossia il movimento di acqua dal mare verso l'entroterra attraverso il sottosuolo che desertifica le zone interessate. Sempre nel Nord del Paese è in sofferenza il lago Maggiore, con un grado di riempimento del 22,7 per cento, mentre quello di Como ha un grado pari al 30,6 per cento. Il bacino padano, per la mancanza di acqua, subirà una drastica riduzione della produzione agricola. Una riduzione superiore al 30 per cento rispetto a quella media nazionale, con un impatto a cascata anche sull'allevamento;

    la situazione è grave considerando che il Nord dell'Italia è il motore dell'economia italiana, poiché garantisce un prodotto interno lordo pari a 738 miliardi di euro, maggiore di interi Stati come i Paesi Bassi, Svezia o Polonia. La fertilità del suolo, l'abbondanza di acqua, la facilità delle vie di comunicazione hanno, storicamente, favorito lo sviluppo dell'attività economica. Il lavoro quotidiano dell'uomo, nel corso dei secoli, ha accresciuto la ricchezza di questa zona attraverso la bonifica delle aree paludose della bassa pianura e l'irrigazione della parte alta. La rilevanza agricola e industriale del maggior fiume italiano ha svolto un ruolo primario nella storia economica, sociale e politica d'Italia. Le attività economiche che orbitano attorno al bacino del Po rappresentano oltre il 40 per cento del prodotto interno lordo italiano e il 45 per cento della produzione agricola nazionale. Si tratta della «culla» del settore agroalimentare italiano e dell'indotto industriale che esiste grazie alle attività primarie svolte nella zona. Si consideri poi che più dell'85 per cento del made in Italy, pari a un valore di oltre 450 miliardi di euro, dipende dalla disponibilità della risorsa irrigua. Le esportazioni agroalimentari non solo ne costituiscono l'asse portante, ma sono cresciute nell'ultimo decennio con una media pari all'8,1 per cento ogni anno. Il settore agricolo irriguo, quindi, garantisce anche un notevole numero di posti di lavoro ad alta specializzazione. Se un ettaro di cereali estensivi mediamente necessita di 48 ore annue di lavoro, il corrispondente impegno per una produzione orticola od un frutteto irriguo è pari ad oltre 600 ore annue, un dato di ben 13 volte superiore; negli ultimi giorni la situazione è addirittura peggiorata. In Piemonte l'acqua è stata razionata in più di 200 comuni con una riduzione dell'erogazione pari al 50 per cento circa, raggiungendo il livello più basso di sempre. A Cuneo, per precauzione, sono state chiuse le fontane pubbliche. In Lombardia a causa della «grave situazione di deficit idrico» e «a sostegno della popolazione, dell'ambiente e delle attività produttive», la regione con un decreto presidenziale ha dichiarato lo stato di emergenza regionale valido fino al 30 settembre 2022, attivando il sistema regionale di protezione civile e raccomandando a tutti i cittadini «di utilizzare la risorsa acqua in modo estremamente parsimonioso, sostenibile ed efficace, limitandone il consumo al minimo indispensabile». Il Friuli Venezia Giulia, con decreto presidenziale, ha dichiarato lo stato di sofferenza idrica. Il testo impone alcune misure per mitigare l'impatto sulle scorte d'acqua, come taglio dei rilasci obbligatori verso valle per venire incontro alle esigenze irrigue dell'agricoltura e una limitazione della risorsa idrica per uso domestico. Il flusso proveniente dai pozzi artesiani dovrà essere gestito secondo regole più stringenti del solito, consentendo un prelievo d'acqua ai soli fini civili e limitato a 200 litri al giorno per abitante. Tra le zone che soffrono di più c'è quella del fiume Meduna. In Valle D'Aosta il problema coinvolge anche nevi e ghiacciai. L'acqua conservata nel manto nevoso valdostano è diminuita del 50 per cento circa rispetto alla media storica, tanto che la portata della Dora Baltea, comparata con il 2021, si è dimezzata, passando a 135 metri cubi al secondo attuali rispetto ai 243 del 2021. Nel Veneto, in provincia di Verona, il razionamento interessa 40 comuni. In Emilia-Romagna si sono fermati alcuni impianti per la produzione di energia idroelettrica e le precipitazioni sono inferiori del 62 per cento rispetto alla media; quindi, sono stati invitati tutti i comuni a emanare ordinanze per garantire il risparmio idrico e vietare gli usi d'acqua non indispensabili. Come già detto, desta particolare preoccupazione la risalita del cuneo salino, giunto a 21 chilometri dalla foce del Po. Nelle Marche i fiumi hanno portate al minimo storico, registrando una diminuzione del 53 per cento rispetto alla media decennale. Preoccupanti le diminuzioni di portata dei fiumi Chienti, Metauro, Misa ed Esino. In Umbria il lago Trasimeno ha perso 3 centimetri in poco meno di una settimana e il Tevere, nel tratto in cui scorre nella regione verde per antonomasia, ne ha persi sei. In Puglia è scattata la fase di preallarme. Per l'Ispra la regione ha il triste primato di essere quella con le minori precipitazioni. Negli invasi artificiali, secondo i dati dell'Osservatorio Anbi nazionale, a causa dell'assenza di piogge «mancano 71 milioni di metri cubi d'acqua rispetto alla capacità». Infine, il Lazio, anch'esso in gravi difficoltà, motivo per cui è stato dichiarato lo stato di calamità naturale. La provincia di Viterbo è quella con le maggiori sofferenze, la portata del lago di Bracciano è diminuita 107 centimetri e continua a calare anche quella del Tevere;

    nella giornata di venerdì 24 giugno 2022, come spesso accade dopo periodi siccitosi, nel Nord Italia sono giunte improvvise e violentissime precipitazioni di pioggia e grandine che hanno ulteriormente aggravato la situazione, causando ulteriori danni alle imprese agricole. Le forti raffiche di vento hanno spazzato via le serre e rovinato il lavoro nei campi. Dopo tanti giorni di siccità, alle piante già in sofferenza è stato inferto un colpo fatale dalla grandine. È ben noto alla comunità scientifica il fatto che, sempre più spesso, i lunghi periodi di siccità estrema sono interrotti da scarsissimi eventi piovosi, oltretutto di quasi alcuna rilevanza se non addirittura nocivi a causa del carattere temporalesco. Infatti, il terreno arso e compattato non è in grado di assorbire le grandi quantità d'acqua che precipitano in brevi periodi. In questi casi si genera un veloce scorrimento delle acque piovane sulla superficie perché non possono penetrare in profondità. Ciò provoca un ulteriore danno all'agricoltura dovuto all'erosione idrica che fa perdere molte sostanze nutrienti presenti nei primi strati di terreno. Ulteriori effetti si verificano a distanza di tempo, per esempio quando il materiale eroso finisce nei corpi idrici riducendone la capacità di portata, aumentando quindi anche il rischio alluvionale;

    data la situazione, il 23 giugno 2022 si è svolto un incontro tra i membri del Governo competenti e il capo della Protezione civile per fare il punto sull'emergenza siccità, in collegamento con i presidenti delle regioni, al fine di individuare i criteri per poter dichiarare lo «stato d'emergenza». Nello specifico, per il settore agricolo è allo studio la proclamazione dello «stato di eccezionale avversità atmosferica», ma solo nel caso in cui il danno provocato dalla siccità superi il 30 per cento della produzione lorda vendibile. Misure opportune, che, pur affrontando meritoriamente l'emergenza, non rappresentano la soluzione strutturale al problema, come ben dimostrano le affermazioni fatte sul punto da un membro del Governo commentando l'incontro: «Nel corso delle prossime settimane ci aspettiamo che quasi tutto il Paese entri in zona rossa perché le aree cosiddette rosse, quelle in cui c'è una diminuzione dei livelli dei fiumi e dei laghi e dove la risorsa idrica sta mancando, si stanno allargando sempre di più»;

    si ricorda che negli ultimi 20 anni la siccità ha provocato danni all'agricoltura italiana per più di 15 miliardi di euro;

    in questo contesto, gli invasi e le dighe italiane rappresentano una risorsa strategica fondamentale per le attività e l'economia del Paese. Lo sono nei settori energetico, agricolo, industriale e dell'uso potabile. Per questo motivo si ritiene siano necessari e urgenti dei piani di adattamento al clima che prevedano maggiori risorse destinate alla realizzazione di queste preziose infrastrutture. Opportuno appare anche il miglior utilizzo di quelle previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di realizzare opere che risolvano, o almeno riducano, il problema delle perdite di rete. Si consideri poi che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza le risorse destinate all'efficientamento degli invasi esistenti sono scarse sono solo 400 milioni di euro. Purtroppo, il piano non prevede la misura più utile, ovvero la realizzazione di nuovi invasi, bacini o sbarramenti necessari per dare continuità all'erogazione di acqua, soprattutto nei periodi siccitosi;

    anche dall'innovazione e dalla ricerca possono venire soluzioni per lenire lo stress idrico, come un più accurato monitoraggio della terra, del clima, degli utilizzi dell'acqua (tecnologia satellitare, telerilevamento, droni), digitalizzazione del settore idrico con la migliore gestione e analisi dei dati (big data science, machine learning), sistemi informativi geografici, visualizzazione integrata dei dati e piattaforme di supporto alle decisioni, uso delle migliori tecnologie disponibili per consentire e promuovere l'approvvigionamento idrico da fonti alternative come la desalinizzazione e un riutilizzo dell'acqua, nei processi produttivi, attraverso la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani con monitoraggio in tempo reale dei parametri di qualità dell'acqua per un riutilizzo sicuro e conveniente, compreso il recupero in sicurezza dagli effluenti delle industrie di trasformazione, infine ricorrendo anche all'adozione delle migliori tecnologie disponibili per la ricarica gestita delle falde acquifere;

    oltre alle soluzioni sopra enunciate per razionalizzare usi e consumi dell'acqua disponibile, di particolare interesse appaiono le ultime tecniche scientifiche utilizzate per favorire le precipitazioni nelle zone aride. Escludendo i sistemi che ricorrono all'uso di prodotti chimici come lo ioduro d'argento, particolarmente costosi e non ancora scientificamente sicuri dal punto di vista ambientale, appare di particolare interesse un nuovo sistema studiato dall'Università di Reading, in Inghilterra. A differenza delle tecniche tradizionali per la pioggia artificiale, il nuovo sistema non prevede l'utilizzo di sostanze chimiche, bensì l'utilizzo di una serie di droni appositamente realizzati. Equipaggiati con sensori per umidità e pressione, oltre che con generatori di carica elettrica, i droni caricano elettricamente delle microscopiche particelle umide per fare in modo che si uniscano tra loro. Quando diventano sufficientemente grandi, le particelle cadono sotto forma di pioggia per arrivare fino a terra anche nelle regioni torride. La tecnologia descritta ottiene i migliori risultati nei territori connotati da un'orografia come quella italiana, con numerose zone di montagne e collinari che favoriscono le piogge grazie alle correnti d'aria calda ascensionali, le quali, al diminuire della temperatura e della pressione atmosferica, raggiungono più facilmente il punto di rugiada;

    tra le possibilità messe a disposizione della ricerca scientifica e già pronte all'uso per governare le ricorrenti siccità, si ricordano infine le tecnologie di evoluzione assistita (tea), in grado di produrre grandi quantità di cibo sano e sostenibile attraverso l'adattamento al cambiamento climatico delle piante. Esse riproducono le modifiche genetiche che avvengono spontaneamente in natura, incrociando varietà della stessa specie, per ottenere in maniera precisa i risultati dei meccanismi alla base dell'evoluzione biologica naturale. Si precisa che su questo aspetto le tecnologie di evoluzione assistita si differenziano nettamente dagli organismi geneticamente modificati transgenici, come ribadito dalla intera comunità scientifica e dalla stessa Unione europea, perché non implicano l'inserimento di Dna estraneo alla pianta. I benefìci delle tecnologie di evoluzione assistita per agricoltori e consumatori sono molteplici perché permettono di migliorare efficacemente le varietà di piante coltivate, rendendole molto più resistenti, in particolare alla siccità e alle parassitosi. Per tali ragioni l'Unione europea afferma che le tecnologie di evoluzione assistita possono contribuire alla creazione di un sistema alimentare più sostenibile, in grado di raggiungere gli obiettivi del Green deal europeo e della strategia «Dal produttore al consumatore». Tuttavia, l'Unione europea non dispone di un quadro normativo dedicato a queste tecnologie e si applica loro in via interpretativa la legislazione in materia di organismi geneticamente modificati, risalente al 2001, rischiando così di non poter usufruire di questa grande opportunità di rinnovamento varietale. Appare, quindi, fondamentale proporre una normativa specificamente dedicata alle tecnologie di evoluzione assistita;

    i fatti narrati indicano che il cambiamento climatico in Italia si sia stabilizzato, rendendo «normale» la riduzione delle precipitazioni e l'aumento dei periodi di siccità. Si propone, quindi, di affrontare in modo strutturale il problema, abbandonando la logica emergenziale, proprio perché non presenta più caratteristiche di eccezionalità. Si vogliono evitare conseguenze dannose per tutti, in particolare per il settore primario, perché potrebbe rendere scarsamente attrattiva l'attività produttiva delle aziende agricole. Si deve evitare che la siccità si trasformi in una causa di allontanamento dal lavoro in agricoltura. Si dovrebbero, quindi, assumere tutte le possibili soluzioni disponibili per evitare che i fenomeni atmosferici avversi rappresentino un gravissimo disincentivo alla realizzazione di nuovi investimenti nel settore primario. Investimenti particolarmente necessari in questo momento storico, considerando le contemporanee crisi in atto che incidono negativamente sull'agricoltura in un momento in cui la produzione agricola nazionale è ancor più essenziale per l'intero sistema Paese. Sarebbe rovinoso per tutti se la mancata adozione di misure strutturali per contrastare la siccità allontanasse dall'agricoltura i giovani desiderosi di impegnarsi in questo strategico settore economico;

    in Europa, la sola Romania investe meno dell'Italia in infrastrutture idrauliche, la cui età lungo la penisola supera mediamente i 30 anni per giungere sino a 50. Dato il contesto, appaiono necessari nuovi investimenti per la ripresa del Piano invasi, secondo obbiettivi di multifunzionalità comprendenti la prevenzione idrogeologica, la gestione irrigua, la produzione idroelettrica, la funzione ambientale, fornendo anche opportunità di sviluppo turistico. In questo quadro, si inserisce il cosiddetto «Piano laghetti», proposto da Anbi, il cui cronoprogramma prevede il completamento delle progettazioni esecutive entro il 2025 e l'espletamento delle incombenze amministrative per appaltare i lavori entro il 2026, al fine di garantire la realizzazione delle opere entro il 2030;

    per ottenere lo scopo si propone, quindi, di capovolgere il paradigma utilizzato fino ad oggi, diminuendo il ricorso a pozzi e pompe di adduzione per disporre dell'acqua necessaria, aumentando invece il numero degli invasi indispensabili per raccogliere le acque piovane grazie ai quali è possibile ottenere un gioco a somma positiva, contribuendo a risolvere un ulteriore grave problema del Paese, la carenza di fonti di energia. Infatti, con la soluzione proposta aumenterebbero anche le capacità di produzione di energia idroelettrica e fotovoltaica grazie all'apposizione di impianti galleggianti sulla superficie degli invasi stessi, come previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Invasi che garantirebbero il rilascio della risorsa acqua in caso di siccità, al fine di alimentare i sistemi irrigui garantendo la continuità e l'adeguatezza della produzione agricola necessaria all'Italia;

    per il finanziamento delle opere, si propone: di investire l'Unione europea della richiesta di ampliare il perimetro del «Next generation EU», al fine di disporre di risorse aggiuntive per incrementare la dotazione dei piani nazionali, per l'Italia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale attualmente stanzia risorse pari a soli 400 milioni di euro destinati alla manutenzione degli invasi esistenti e non anche alla realizzazione di nuovi; di proporre, come già accaduto per fronteggiare la pandemia da COVID-19, un Recovery fund dedicato al settore primario, necessario per fronteggiare la straordinarietà della situazione creatasi in tutti i settori produttivi, ma in particolar modo in quello primario, e disporre delle risorse necessarie per superare la crisi in ogni singolo Paese dell'Unione europea, in particolare indicando ai Paesi del bacino Mediterraneo la destinazione prioritaria delle risorse alla realizzazione delle infrastrutture necessarie a fronteggiare le siccità e garantire, conseguentemente, l'autosufficienza alimentare a livello unionale; adottare un contratto istituzionale di sviluppo per accelerare la realizzazione di progetti strategici di infrastrutturazione, sviluppo economico, produttivo e imprenditoriale, come sono gli invasi e le altre infrastrutture idrauliche di cui necessita il Paese, da cofinanziare con risorse nazionali, dell'Unione europea e quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione; a prevedere lo stanziamento di risorse congrue destinate allo scopo nella futura manovra triennale di finanza pubblica con il disegno di legge di bilancio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a rilanciare una strategia complessiva che dia continuità al piano di opere irrigue e alla ripresa del Piano invasi, in particolare realizzando 200 nuovi previsti nel progetto denominato «Piano laghetti» predisposto dall'Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) citato in premessa;

2) ad adottare iniziative volte ad avanzare in sede di Unione europea la richiesta dell'ampliamento delle misure e delle risorse previste nel «Next generation EU» per consentire agli Stati membri l'adeguamento di quelle adottate in sede nazionale, per l'Italia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, e consentire il finanziamento delle ulteriori infrastrutture idriche necessarie a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, quindi la sicurezza alimentare ai cittadini dei singoli Stati e dell'Unione europea nel suo complesso;

3) ad adottare iniziative volte a proporre in sede di Unione europea la predisposizione di un fondo dedicato al settore primario, sul modello del Recovery fund già adottato per fronteggiare la comune pandemia da COVID-19, riconoscendo la straordinarietà della situazione creatasi in seguito alla guerra in Ucraina, simmetrica in tutti i Paesi dell'Unione europea, al fine di disporre delle ulteriori risorse necessarie al finanziamento degli investimenti strutturali, con particolare attenzione in Italia per quelli destinati alle opere di regimentazione delle acque per uso irriguo, al fine di garantire la competitività nel lungo periodo delle imprese agricole e garantire l'autosufficienza alimentare dei Paesi membri dell'Unione europea;

4) ad adottare iniziative volte a sostenere in sede di Unione europea la richiesta di un'apposita normativa dedicata alle tecnologie di evoluzione assistita, distinta da quella prevista per gli organismi geneticamente modificati, ora applicata in seguito alla sentenza del 25 luglio 2018 della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale ha equiparato le piante ottenute da questa tecnologia alle piante geneticamente modificate, al fine di assicurare l'immediata sperimentazione in campo di nuove piante più resistenti alla siccità e alle parassitosi;

5) ad adottare iniziative volte a dare soluzioni strutturali all'emergenza idrica, predisponendo un piano dedicato alla filiera del settore che si occupi di realizzare le opere necessarie, in particolare invasi ed acquedotti, mediante la sottoscrizione di un contratto istituzionale di sviluppo tra enti statali e regionali, con il coinvolgimento dei territori interessati, prevedendo un approccio integrato degli investimenti articolati in più interventi tra loro funzionalmente connessi;

6) ad adottare iniziative volte a definire con urgenza norme che destinino le risorse sufficienti e necessarie ad adottare un piano completo di ristori che possa mitigare le ingenti perdite subite da aziende e lavoratori, perdite che ancora stanno subendo a causa dell'eccezionale siccità;

7) ad adottare iniziative volte ad attuare in modo efficace, efficiente ed economico, come specificato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, le misure ivi previste per dare soluzione alle «sempre più frequenti crisi idriche, dovute ai cambiamenti climatici in atto, (che) comportano la necessità di rendere più efficienti e resilienti le infrastrutture idriche primarie per usi civili, agricoli, industriali e ambientali, in modo da garantire la sicurezza dell'approvvigionamento idrico in tutti i settori e superare la “politica di emergenza”» consentendo il raggiungimento dell'obiettivo della «Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua»;

8) ad adottare iniziative volte al rafforzamento della capacità previsionale degli effetti del cambiamento climatico tramite sistemi avanzati ed integrati di monitoraggio e analisi;

9) ad adottare iniziative volte a migliorare e ammodernare il sistema di depurazione delle acque reflue derivanti sia da usi civili che industriali, al fine consentire non solo il recupero di energia e fanghi, ma anche e soprattutto il riutilizzo delle acque reflue depurate per scopi irrigui e industriali, conseguendo obiettivi di utilizzo sostenibile della risorsa idrica e della difesa del suolo, apportando un contributo fondamentale alla crescita competitiva del made in Italy agroalimentare, anche promuovendo e incentivando l'adozione di servizi ecosistemici per ottimizzare l'uso multifunzionale della risorsa idrica, affiancando all'utilizzo dell'acqua per le attività agricole altre funzioni concomitanti, quali il contrasto alla subsidenza e alla risalita del cuneo salino nei corsi d'acqua, la tutela della qualità delle falde e la razionalizzazione dell'utilizzo della risorsa;

10) ad adottare iniziative volte a realizzare la salvaguardia e la ricarica gestita delle falde acquifere;

11) ad adottare iniziative volte a superare un approccio meramente conservativo verso la risorsa idrica, riconoscendo la funzione ambientale dell'agricoltura irrigua, capace di restituire all'ambiente un'acqua in condizioni migliori di quando prelevata, e contribuendo a divulgare una consapevolezza diffusa tra la cittadinanza che l'acqua in agricoltura è utilizzata e non consumata;

12) ad adottare iniziative volte a sperimentare l'efficacia e la salubrità delle più recenti tecniche scientifiche utilizzate per favorire le precipitazioni nelle zone aride citate in premessa.
(1-00680) «Nevi, Spena, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Paolo Russo, D'Attis».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

organismo geneticamente modificato

risorse idriche

utilizzazione dell'acqua