ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00017

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 27 del 16/07/2018
Abbinamenti
Atto 1/00010 abbinato in data 16/07/2018
Atto 1/00019 abbinato in data 16/07/2018
Atto 1/00025 abbinato in data 11/09/2018
Firmatari
Primo firmatario: D'UVA FRANCESCO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 16/07/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MOLINARI RICCARDO LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
SALTAMARTINI BARBARA LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
MASI ANGELA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
ANDREUZZA GIORGIA LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
ORRICO ANNA LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
BAZZARO ALEX LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
VALLASCAS ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
BINELLI DIEGO LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
ALEMANNO MARIA SOAVE MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
COLLA JARI LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
BERARDINI FABIO MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
DARA ANDREA LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
CAPPELLANI SANTI MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
PATASSINI TULLIO LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
CARABETTA LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
PETTAZZI LINO LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
CASSESE GIANPAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
PIASTRA CARLO LEGA - SALVINI PREMIER 16/07/2018
DE TOMA MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
GIARRIZZO ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
PAPIRO ANTONELLA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
PAXIA MARIA LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
RIZZONE MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
SCANU LUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
SILVESTRI RACHELE MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018
SUT LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 16/07/2018


Stato iter:
11/09/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 16/07/2018
Resoconto ORRICO ANNA LAURA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 16/07/2018
Resoconto ANDREUZZA GIORGIA LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PATASSINI TULLIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto SILVESTRONI MARCO FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO GOVERNO 11/09/2018
Resoconto COMINARDI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 11/09/2018
Resoconto BERSANI PIER LUIGI LIBERI E UGUALI
Resoconto ZUCCONI RICCARDO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto PORCHIETTO CLAUDIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PETTAZZI LINO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto MASI ANGELA MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 11/09/2018
Resoconto COMINARDI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/07/2018

DISCUSSIONE IL 16/07/2018

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 16/07/2018

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/09/2018

DISCUSSIONE IL 11/09/2018

ACCOLTO IL 11/09/2018

PARERE GOVERNO IL 11/09/2018

APPROVATO IL 11/09/2018

CONCLUSO IL 11/09/2018

Atto Camera

Mozione 1-00017
presentato da
D'UVA Francesco
testo presentato
Lunedì 16 luglio 2018
modificato
Martedì 11 settembre 2018, seduta n. 42

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno della delocalizzazione delle imprese italiane è sempre più allarmante. Infatti, il numero delle partecipazioni all'estero delle aziende è aumentato dal 2009 al 2015 del 12,7 per cento. Quando un'azienda delocalizza porta oltre frontiera non solo gli impianti ed il proprio mercato, ma anche il « know-how», tutto il «sapere come» accumulato negli anni con il concorso determinante delle maestranze italiane che appartiene non solo all'imprenditore proprietario dell'azienda, ma anche a coloro che hanno dato il loro determinante contributo a realizzarlo: tutto questo «sapere come» viene offerto e imposto alle nuove maestranze del Paese ricevente, che pertanto crescono professionalmente senza doverne sostenere né i costi né la fatica;
    il Governo attuale è in prima linea per combattere fenomeni di delocalizzazione incontrollata tant’è vero che è intervenuto recentemente con il decreto-legge «Misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», prevedendo una norma che contrasta la delocalizzazione delle aziende che abbiano ottenuto aiuti dallo Stato per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche in Italia;
    il fenomeno delocalizzazioni è ancora a livelli allarmanti e va fermato attraverso misure che migliorano la qualità della vita delle imprese esistenti, sia in termini di riduzione della pressione fiscale sia in termini di semplificazione e riduzione degli oneri;
    da qualche anno ci sono aziende che riportano in Italia la produzione e si inizia a parlare di «fenomeno reshoring». Tra le principali motivazioni che sostengono il reshoring in Italia, prima fra tutti, è l’«effetto Made in Italy», insieme a «difesa dei brevetti», «leggi chiare e norme», «qualità del prodotto», «capitale umano competente», «flessibilità produttiva», «defiscalizzazioni e incentivi pubblici», «innovazione/automazione» e infine «riduzione del gap nel costo del lavoro»;
    il fenomeno è in parte figlio della crisi economico-finanziaria che è esplosa nel 2008 e che ha imposto alle imprese una revisione del modello di distribuzione e produzione globale, nel rispetto di un attento controllo sul fronte dei costi. È proprio in questo contesto che diversi Governi hanno iniziato a mettere a punto formule per incentivare le grandi industrie locali a riportare le produzioni in patria, nella speranza di accrescere l'indotto e, di riflesso, contribuire a mitigare l'annoso e diffuso problema di tassi di disoccupazione a doppia cifra;
    i Paesi da cui le imprese hanno assunto la decisione di ritornare sono in netta prevalenza quelli asiatici (Cina in primo luogo) seguiti da quelli dell'Est Europa, che tuttavia risultano privilegiati per l'approdo in caso di nearshoring. Per quanto riguarda i settori d'attività delle aziende che scelgono di rimpatriare le filiere di produzione, spiccano fashion, automotive e arredamento: da soli rappresentano i due terzi del totale delle operazioni;
    a incidere sulla decisione di rimpatriare i centri di produzione ha inciso soprattutto la voce dei costi di trasporto e stoccaggio logistico delle merci, che finiscono per gravare in maniera sensibile sul costo di produzione dei manufatti con riverberi negativi, anche in questo caso, sui margini. In particolare, il costo del petrolio è triplicato dal 2010;
    inoltre, i tempi di trasporto delle merci sono piuttosto lunghi e rischiano quindi di non riuscire a tenere sempre il passo di mode passeggere; restando al caso della Cina, per esempio, occorre mettere in conto cinque settimane di navigazione veloce se si sceglie un trasporto via mare. In alternativa, servono circa sedici giorni se i manufatti viaggiano su rotaia, mentre il trasporto aereo risulta decisamente più oneroso;
    i costi di trasporto sono stati determinanti per la decisione di rimpatriare i centri di produzione, voce che finisce per gravare in maniera sensibile sul costo di produzione dei manufatti con riverberi negativi, anche in questo caso, sui margini. Ad esempio, il costo del petrolio è fortemente aumentato negli ultimi periodi;
    l'Europa sta via via riscoprendo la propria vocazione manifatturiera e va prendendo coscienza del fatto che non di rado i benefici economici attesi dalla delocalizzazione delle filiere produttive si sono rivelati inferiori rispetto al premio che i consumatori sono disposti a riconoscere per produzioni « made in»;
    il settore della moda italiana è certamente quello che più di ogni altro ha accelerato negli ultimi anni la strada del ritorno in patria delle filiere di produzione, fenomeno che si è intensificato a partire dal 2009 e che ha conosciuto un picco nel 2013. Il motivo principale è legato alla costante crescita dei clienti internazionali che – anche durante gli anni in cui i morsi della crisi sono stati particolarmente pungenti – non hanno mai smesso di richiedere prodotti made in Italy e, in cambio di eccellenza della lavorazione artigianale e di un know-how difficile da reperire fuori dallo stivale, si sono mostrati disposti a riconoscere un premio anche consistente sul prezzo di vendita al dettaglio. Questo ha portato un numero crescente di imprenditori a ripensare alla strategia di delocalizzazione messa in atto dagli anni novanta, innescando così il fenomeno del reshoring;
    le varie formule in cui il reshoring prende piede sono da anni oggetto di studio da parte del consorzio interuniversitario Uni-Club MoRe Back-Reshoring, che raduna numerosi studiosi degli atenei di Modena-Reggio Emilia, L'Aquila, Udine, Catania e Bologna;
    il reshoring può portare diversi benefici al sistema economico nazionale. In primo luogo, la rilocalizzazione in Italia di produzioni (svolte direttamente dall'azienda rientrante o affidate a fornitori nazionali) contribuisce alla crescita del prodotto interno lordo, obiettivo fondamentale per il nostro Paese, data la profonda crisi degli ultimi sei anni e la precedente limitata crescita. Un aumento del prodotto interno lordo, come è noto, permetterebbe anche di avere maggiori risorse da investire;
    va inoltre tenuto presente che – a parità di pressione fiscale – un aumento del prodotto interno lordo genera maggiori entrate tributarie o, in alternativa, la possibilità di ridurre le aliquote fiscali. Con riferimento all'aumento del prodotto interno lordo, esiste anche un fenomeno similare a quello del reshoring, il cosiddetto near-shoring, ovvero il fatto che un'impresa (per esempio francese) che aveva delocalizzato delle produzioni in un altro Paese (ad esempio, l'India) decida di rilocalizzarle in un Paese geograficamente meno distante (esempio la Tunisia). In tal senso, l'Italia può rappresentare – in alcuni settori specifici (fashion e meccanica di precisione in primis) – un'interessante piattaforma produttiva per quei paesi europei che desiderano riavvicinare le produzioni in precedenza delocalizzate;
    questo a motivo delle competenze (spesso uniche) che il nostro Paese – e in particolare alcune aree geografiche in cui sono presenti aggregazioni imprenditoriali di tipo distrettuale – posseggono e possono mettere a disposizione di aziende straniere;
    al riguardo è intervenuta anche l'Unione europea attraverso il parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Riportare le industrie nell'UE nel quadro del processo di reindustrializzazione»;
    in questo parere sottolinea che non si può continuare a consentire alla nostra industria di lasciare l'Europa. L'industria europea può sviluppare crescita e creare lavoro e ci sono le condizioni per una reindustrializzazione sostenibile dell'Europa, per sviluppare investimenti necessari in nuove tecnologie e per ricostruire un clima di fiducia e di imprenditorialità. Lavorando insieme e recuperando fiducia, si può riportare l'industria indietro in Europa;
    in Italia si produce uno scenario differente dagli USA, il « reshoring» è partito senza particolari incentivi. Grazie ai forti cluster italiani non sono serviti l'appoggio fiscale e la riduzione dei prezzi per alimentarlo. Probabilmente oggi se le politiche economiche fossero concilianti come lo sono nel «nuovo continente», il « reshoring» avrebbe statistiche ancora più elevate e sarebbe un fenomeno ancora più radicato nel panorama industriale italiano;
    per quanto concerne gli incentivi al reshoring bisogna stare particolarmente attenti a non creare competizione tra le aziende che decidono di tornare e quelle che – nonostante la crisi di questi anni – hanno deciso di continuare a rimanere legate alla produzione locale. In altri termini, qualsiasi incentivo deve facilitare la possibilità di fare business sia per le imprese da sempre presenti nel nostro Paese sia per le aziende che intendono tornare. Ogni intervento, quindi, deve essere organico, strutturale e non settoriale. In questo senso l'aver tolto la componente costo del lavoro dall'Irap o aver effettuato interventi in tema di contratto di lavoro sono sicuramente degli sforzi importanti ma non incisivi. Molto si può – e si deve – ancora fare, specialmente in tema di: semplificazione amministrativa – la Francia in questo rappresenta un esempio da imitare, dato che per le aziende che intendono ritornare mette a disposizione un interlocutore unico della pubblica amministrazione –; certezza delle regole e riduzione della tassazione sulle imprese;
    i costi di trasporto sono stati determinanti per la decisione di rimpatriare i centri di produzione, voce che finisce per gravare in maniera sensibile sul costo di produzione dei manufatti con riverberi negativi, anche in questo caso, sui margini. Ad esempio, il costo del petrolio è fortemente aumentato negli ultimi periodi;
    in Italia il costo dell'energia per le piccole e medie imprese risulta troppo alto nonostante la crescente produzione di energia da fonti rinnovabili. Ciò rende meno appetibile il rientro delle aziende, oltre a essere un problema per le aziende già presenti sul territorio. Eppure il cambiamento del «mix produttivo e della sua distribuzione territoriale ha inciso sensibilmente non soltanto sui mercati all'ingrosso, ma anche sul finanziamento del servizio di dispacciamento nonché sullo sviluppo e sulla gestione delle reti» (Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, 2014). Ci sono dunque tutte le premesse per intervenire sui costi dell'energia per favorire il reshoring;
    l'Italia è uno dei principali Paesi manifatturieri d'Europa, dove si va prendendo coscienza del fatto che il premio che i consumatori sono disposti a riconoscere per produzioni « made in» supera i benefici economici attesi dalla delocalizzazione delle filiere produttive;
    se l'Italia risulta il primo Paese europeo per « reshoring», questo suo primato lo deve quasi esclusivamente ad il fenomeno « made in Italy». Si tratta quindi di un meccanismo che è generato dagli stessi consumi del mercato e rafforzato dalla percezione che un prodotto « made in Italy» produce sui potenziali consumatori;
    l'effetto « made in» è un connubio di fattori che rendono fondamentale l'origine geografica di un bene. Si tratta di un valore aggiunto che ne stimola l’« appeal». Sicuramente una Ferrari prodotta in Pakistan non produrrebbe la stessa attrazione ed il medesimo desiderio di acquisto;
    quelli targati « made in» sono beni che non hanno conosciuto flessioni nella domanda, nonostante la crisi finanziaria e nonostante l'indebolimento del potere di acquisto. Si tratta di prodotti che appartengono anche alla sfera del lusso, come macchine sportive e gioielleria; al fashion e anche alla produzione alimentare, basti pensare alle certificazioni «D.o.c.» e «D.o.c.g.»;
    in questo caso è il territorio geografico di provenienza che costituisce il vero sinonimo di qualità, con la sua lunga tradizione ed il radicato know-how produttivo. Ovviamente, conta molto la percezione che il consumatore ha nei confronti del Paese da cui trae origine il bene. Non si può negare quindi che l'esodo di ritorno sia compiuto da aziende di qualità. Come sostengono molti economisti, la rilocalizzazione è vincente se il trasferimento della produzione bilancia i costi con il ritorno di immagine;
    bisogna lavorare anche sull'innovazione che si fa su sistemi aperti coinvolgendo fornitori, clienti, centri di ricerca e università. Innovare non significa, quindi, solo adottare un approccio digitale, ma necessita un cambiamento radicale della cultura d'impresa, per essere in grado di seguire la società e il mercato. Per attuarlo, e per reggere la velocità e l'intensità d'impatto moltiplicate dalla tecnologia, servono competenze elevate, da sviluppare e sostenere attraverso nuovi modelli educativi, percorsi formativi basati sullo scambio e interazione. Il nuovo scenario economico-sociale si regge sul capitale umano e sulle competenze. Nessun'azienda può sopravvivere se non lavora non solo sulla riqualificazione del personale ma anche sullo sviluppo di nuove competenze,

impegna il Governo:

1) ad individuare strumenti legislativi atti a salvaguardare l'etichettatura e la tracciabilità dei prodotti italiani al fine di promuovere le produzioni interamente realizzate in Italia, ossia il vero made in Italy, che rappresenta la qualità, la creatività e l'originalità caratteristica dell'Italia e dei suoi artigiani, ed è uno degli elementi fondanti dell'identità culturale italiana;

2) ad adottare ogni iniziativa utile al fine di:
   a) migliorare la semplificazione amministrativa e fiscale a beneficio delle imprese offrendo un quadro normativo stabile, ponendo in atto con decisione strumenti a sostegno dell'imprenditoria, dell'innovazione e delle competenze professionali, anche attraverso iniziative di sviluppo regionale;
   b) incentivare la detassazione e gli investimenti per ricerca e sviluppo e sostenere la formazione e la riqualificazione del personale per migliorare le competenze richieste dal mercato del lavoro in evoluzione;
   c) rivitalizzare, su livelli tecnologici aggiornati, distretti industriali ed aziende che hanno ridotto la loro attività, a causa dell’offshoring, favorire l'insediamento di nuove iniziative imprenditoriali in aree depresse, in particolare con interventi di riqualificazione industriale, o intervenire sui territori nei quali era presente un'impresa cessata, così da valorizzare i lavoratori che già hanno un'esperienza acquisita;
   d) creare una rete di informazioni a servizio di coloro che vogliono attivare processi di rilocalizzazione e rimpatrio, coinvolgendo le realtà pubbliche e private già presenti sul territorio e formando il personale già presente nella pubblica amministrazione;
   e) favorire, nelle modalità più opportune, l'accesso ai finanziamenti bancari, anche con strumenti innovativi, al fine di sostenere e accelerare gli investimenti richiesti;
   f) favorire la riduzione dei costi di approvvigionamento energetico per le imprese, sostenendo una politica basata sull'efficientamento e sull'utilizzo delle rinnovabili;
   g) adottare ogni politica utile al fine di sostenere il made in Italy in ogni possibile declinazione, essendo punto di forza attrattivo sul mercato mondiale.
(1-00017) «D'Uva, Molinari, Saltamartini, Masi, Andreuzza, Orrico, Bazzaro, Vallascas, Binelli, Alemanno, Colla, Berardini, Dara, Cappellani, Patassini, Carabetta, Pettazzi, Cassese, Piastra, De Toma, Giarrizzo, Papiro, Paxia, Rizzone, Scanu, Rachele Silvestri, Sut».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prezzo dell'energia

delocalizzazione

prezzo di trasporto