ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00780

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 489 del 24/09/2015
Firmatari
Primo firmatario: CARRESCIA PIERGIORGIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 24/09/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PREZIOSI ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
MANZI IRENE PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
SANNA GIOVANNA PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
ZARDINI DIEGO PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
COMINELLI MIRIAM PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
CAROCCI MARA PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
TULLO MARIO PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
BRATTI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
CARELLA RENZO PARTITO DEMOCRATICO 24/09/2015
BIANCHI STELLA PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2015
CAPONE SALVATORE PARTITO DEMOCRATICO 12/11/2015


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/11/2015
CARRESCIA PIERGIORGIO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/11/2015
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO
CARRESCIA PIERGIORGIO PARTITO DEMOCRATICO
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 30/09/2015

DISCUSSIONE IL 11/11/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/11/2015

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 12/11/2015

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00780
presentato da
CARRESCIA Piergiorgio
testo presentato
Giovedì 24 settembre 2015
modificato
Giovedì 12 novembre 2015, seduta n. 520

   La VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «Sblocca Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, stabilisce che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 133 del 2014 (cosiddetto «Sblocca Italia»), «il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica»;
il testo dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 35 è stato trasmesso il 27 aprile 2015 dal Ministero dell'ambiente alla Presidenza del Consiglio dei ministri che ha provveduto (nota prot. CSR 000423 P-4 23.2.14 del 29 luglio 2015) ad avviare l'iter per l'acquisizione del previsto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
lo schema reca anche l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili;
molte sono le criticità che però la proposta presenta sia dal punto di vista tecnico sia di coerenza con la ratio legis dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014;
le informazioni acquisite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, poste alla base dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, relativamente alla disponibilità di impianti attivi o autorizzati come impianti di incenerimento riguardano infatti il periodo antecedente agli obblighi di adeguamento derivanti dalla attuazione dell'articolo 35 stesso, in particolare i commi 3 e 5 nonché, in taluni casi, Piani Regionali di gestione rifiuti da adeguare e non adeguati nei termini previsti dall'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (12 dicembre 2013) ovvero, per quelli adeguati, una loro non congrua valutazione;
le conclusioni relative al fabbisogno impiantistico partono da informazioni e dati che non essendo sempre aggiornati risultano ancora «al netto» dell'intervento normativo dei commi 3 e 5 dell'articolo 35 del decreto dello «Sblocca Italia» e della capacità effettivamente trattabile dai singoli impianti;
lo schema finisce così, secondo il firmatario del presente atto di indirizzo, per essere in contrasto con la logica degli avvenimenti intercorsi e con la consistente diminuzione del fabbisogno residuo di incenerimento che deriva dall'attuazione dei Piani e da una loro più corretta interpretazione;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha utilizzato una modalità di calcolo del fabbisogno di smaltimento (rectius, di recupero) finale che talora non ha tenuto conto in modo corretto dello scenario dei piani regionali gestione rifiuti; tipico è il caso della regione Marche il PRGR della quale pone l'obiettivo di riduzione della produzione dei rifiuti del 6,2 per cento al 2020 a fronte di una raccolta differenziata almeno del 70 per cento; gli scenari del piano ipotizzano inoltre un 20 per cento circa di materiali di recupero dal flusso dei rifiuti urbani avviati al trattamento e che vanno perciò sottratti dalla quota dell'incenerimento così come il 30 per cento di CSS-combustibile e altro; sono insomma situazioni che modificano (da 200.000 a circa 85.000 tonn/anno il dato finale ipotizzato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri); analoghe situazioni si rinvengono anche con riferimento ad altri Piani regionali;
lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di individuare il fabbisogno residuo ha assunto come riferimento la produzione di rifiuti urbani indifferenziati e lo ha calcolato sulla base di una raccolta differenziata del 65 per cento che però, ai sensi dell'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle gerarchie comunitarie di gestione, è solo un «obiettivo minimo» e non «un vincolo da non superare...», tant’è che alcune regioni (esempio anche il Veneto) hanno programmato soglie più elevate;
è doveroso ricordare che la Corte Costituzionale, pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potestà delle regioni di assicurare livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato (Sentenza 58/2013);
lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri computa una necessità di incenerimento del 10 per cento dei rifiuti da raccolta differenziata; le percentuali di scarti, nei modelli domiciliari (quelli di riferimento per il conseguimento degli obiettivi nazionali di raccolta differenziata, e soprattutto per quelli incrementali ora in discussione nell'ambito del dibattito sulla economia circolare a livello di Unione europea) sono però inferiori, a volte marcatamente inferiori; non tutti gli scarti da attività di riciclaggio sono inceneribili (esempio gli scarti da vetrerie) e gran parte degli scarti inceneribili sono invece anche riciclabili (es. le plastiche eterogenee) in modo più coerente con le gerarchie dell'Unione europea di gestione dei rifiuti ed anche traendone un migliore profitto economico;
gli scenari europei porteranno ad un aumento degli obiettivi di recupero di materia che non potranno coesistere con una situazione di infrastrutturazione «pesante» basata esclusivamente sugli inceneritori, impianti finanziariamente sostenibili solo con un'alimentazione con flussi «certi» di rifiuti urbani per 20-30 anni;
viene poi assunta una produzione del 65 per cento di CSS dagli impianti di pretrattamento; è un dato che appare decisamente eccessivo rispetto alla realtà degli stessi impianti di produzione e che non tiene neppure conto dei quantitativi di CSS che rispondendo alle condizioni di cui all'articolo 184-ter del T.U.A. sono utilizzabili in cementifici o centrali termoelettriche (decreto ministeriale 14 dicembre 2013) e che vanno dunque sottratti al computo delle necessità, complessive di incenerimento come rifiuti;
lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra aver tenuto in debito conto nemmeno delle politiche regionali che hanno previsto la «riduzione» dei rifiuti urbani prodotti attraverso azioni incisive di prevenzione e riciclo. È assunta solo un’«invarianza del quantitativo di rifiuti urbani» ma non viene valutato l'effetto dei programmi di prevenzione/riduzione del rifiuto resi obbligatori dall'articolo 29 della direttiva 2008/98, del decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 ottobre 2013 recante «Adozione e approvazione del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti»;
il profilo più rilevante che richiede un atto parlamentare sull'argomento sta nel fatto che la ratio dell'articolo 35 non è quella di voler soddisfare il fabbisogno residuo solo con l'incenerimento. Il richiamo esplicito alle pianificazioni regionali sovente incentrate su soluzioni organizzative (es. massimizzazione del «porta a porta», riciclo e recupero) significa che non si sono voluti precludere comunque scenari diversi dalla soluzione «unica» della termodistruzione invece ipotizzata nello scherma di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
in altri termini l'obiettivo non era (e non può divenire ora con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «attuativo») quello di ottenere l'autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani mediante la costruzione esclusivamente di inceneritori in ogni «macro Area» e, all'interno di ciascuna di esse, in quasi tutte le regioni;
il fatto che ogni regione non necessariamente debba essere autosufficiente solo mediante inceneritori è dimostrato dalla possibilità di conferire i rifiuti urbani alla termodistruzione anche fuori quella di produzione (articolo 35, comma 7, decreto-legge 133 del 2014);
la criticità dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sta nell'avere invece assunto lo scenario dell'incenerimento con recupero di energia come unica soluzione finale, mentre la stessa direttiva comunitaria e la normativa nazionale la pongono solo come «un'opzione» seppur gerarchicamente da preferire allo smaltimento in discarica ma non certo nei termini ultimativi e alternativi ad ogni altra soluzione;
l'ordine di priorità nella gerarchia delle soluzioni non significa che una esclude tassativamente l'altra perché se così fosse sarebbe lecito chiedersi perché non si concentrino le risorse e le azioni solo sulla prevenzione, riciclo e recupero;
vi sono nello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri anche altre criticità, di carattere tecnico-normativo;
le tabelle allegate allo schema di decreto riportano i quantitativi trattabili in termini di tonnellate per anno;
l'introduzione dello scenario dell’«incenerimento dei rifiuti urbani» come unico e vincolante scardinerebbe in molte regioni le politiche virtuose finora realizzate e quelle programmate di prevenzione della produzione di rifiuti, di riciclo e recupero, sarebbe antieconomica e in contraddizione con gli indirizzi di programmazione locale;
essa comporta anche significative ripercussioni sulla programmazione regionale; vedasi, ad esempio, quella della Lombardia, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati e in relazione ad obiettivi strategici come la decommissioning di alcuni impianti per la quale quella regione ha attivato tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la gestione delle istruttorie di rispettiva competenza;
inoltre, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE, i piani e programmi che sono elaborati per il settore della gestione dei rifiuti sono soggetti ad una valutazione ambientale strategica la quale deve precedere «tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per la valutazione della gestione dei rifiuti» (negli stessi termini dispone l'articolo 6, comma 2, lettera a), dell'attuativo decreto legislativo n. 152/2006);
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione rientra appieno in questa casistica e non può esimersi dalla VAS né il singolo inceneritore, potrebbe sottrarsi ai criteri localizzativi dei piani regionali e soprattutto alla idoneità/non idoneità delle aree, al rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici che il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha demandato a regioni e province (si pensi alle aree PAI, ZPS, DOC, DOP, Z.T.B., Rete Natura 2000 - direttiva Habitat 92/43/CEE, direttiva/uccelli 79/409/CEE, aree boscate e altre);
in altri termini: l'articolo 35, del decreto-legge n. 133 del 2014, contempla un vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico. La norma stabilisce, infatti, che gli impianti di recupero inseriti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale, che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico, che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1, e che, non sussistendo vincoli di bacino, all'interno degli stessi dovrà essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani provenienti dall'intero territorio nazionale;
l'articolo 4 della direttiva 2001/42/CE (cosiddetta direttiva VAS), rubricato «obblighi generali», stabilisce inoltre che «la valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa»;
ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva, poi, la procedura di valutazione ambientale strategica deve comprendere lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e il monitoraggio;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri appare dunque in contrasto con i suddetti obblighi della direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale in materia di gestione integrata dei rifiuti, senza aver dato luogo alla necessaria procedura di VAS, con ciò violando gli scopi perseguiti dal legislatore europeo;
il mancato assoggettamento alla VAS, anche alla luce della necessità di definire criteri univoci per la distribuzione territoriale degli impianti, e per la valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da assumere comporta l'elusione delle finalità perseguite dalla direttiva comunitaria, quali quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e della approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile;
la previsione in una «rete nazionale» impiantistica strategica non può però prescindere dal tener conto, in un rapporto di leale collaborazione istituzionale, del potere programmatorio e regolamentare delle regioni, anche in relazione al progressivo passaggio da impianti di smaltimento di rifiuti tramite combustione a veri e propri impianti di recupero energetico ed al fatto che dalla lettura congiunta dell'articolo 182, comma 3, dell'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 così come convertito dalla legge n. 164 del 2014, gli impianti non sono vincolati al trattamento dei soli rifiuti prodotti nel territorio (ATO, regione, macroarea) qualora si tratti di rifiuti speciali, fossero pure derivanti dai rifiuti urbani;
la ripartizione in macro-aree basata su meri criteri teorici e che non tiene conto della viabilità e della contiguità dei territori, delle relazioni e accordi interregionali intercorsi negli anni e di assetti organizzativi consolidati non sembra poi rispondere ad una logica di razionalizzazione del settore;
un inceneritore in regioni in cui allo stato attuale della produzione di rifiuti urbani la raccolta differenziata ha superato (esempio Trentino Alto Adige) o è già prossima (esempio Marche) all'obiettivo del 65 per cento (esempio Marche) e nelle quali vi è ancora disponibilità di discariche autorizzate (quindi «conformi alla legge») e previste dai PRGR adeguati al decreto legislativo n. 152 del 2006 determinerebbe la necessità di rivedere tutti i piani di ammortamento finanziario delle discariche, di quelli per la gestione post-mortem e di ripristino ambientale con oneri che andrebbero a cumularsi a quelli, oltremodo ingenti, per realizzare un impianto di incenerimento, costi che si tradurrebbero in un aumento della tassazione per i cittadini,

impegna il Governo:

a riesaminare lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri inoltrato alle regioni e province autonome con nota prot. CSR 000423 P-4 23.2.14 del 29 luglio 2015 ed a riproporne uno che sia più coerente con la ratio legis dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 e che sia basato su un'altra e più aggiornata fase di raccolta delle informazioni per verificare gli effetti, in termini di aumento della capacità operativa degli impianti di incenerimento derivanti dagli adeguamenti e verifiche previsti dai commi 3 e 5 del medesimo articolo, nonché ad elaborare una programmazione che tenga conto delle variazioni nel frattempo intervenute o già previste sui territori in attuazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti;
ad assumere iniziative volte a non prevedere la realizzazione di inceneritori in quelle regioni che hanno già fissato obiettivi di raccolta differenziata superiori al 65 per cento, almeno fino al raggiungimento della percentuale prevista e comunque solo se il quantitativo residuale dovesse infine essere superiore alla «taglia minima» di 100.000 tonn/a.
(7-00780) «Carrescia, Preziosi, Manzi, Giovanna Sanna, Zardini, Cominelli, Carocci, Tullo, Bratti, Carella, Stella Bianchi, Capone».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

gestione dei rifiuti

incenerimento dei rifiuti

riciclaggio dei rifiuti