Legislatura: 17Seduta di annuncio: 510 del 26/10/2015
Primo firmatario: SBERNA MARIO
Gruppo: PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Data firma: 26/10/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma BARADELLO MAURIZIO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 DELLAI LORENZO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 CAPELLI ROBERTO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 CARUSO MARIO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 FAUTTILLI FEDERICO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 GIGLI GIAN LUIGI PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 MARAZZITI MARIO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 FITZGERALD NISSOLI FUCSIA PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 PIEPOLI GAETANO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 SANTERINI MILENA PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015 TABACCI BRUNO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO 26/10/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione PARERE GOVERNO 27/10/2015 Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE) DICHIARAZIONE VOTO 27/10/2015 Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE Resoconto SBERNA MARIO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI Resoconto CAPUA ILARIA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' Resoconto CAUSIN ANDREA AREA POPOLARE (NCD-UDC) Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE Resoconto SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 27/10/2015
ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 27/10/2015
ACCOLTO IL 27/10/2015
PARERE GOVERNO IL 27/10/2015
DISCUSSIONE IL 27/10/2015
APPROVATO IL 27/10/2015
CONCLUSO IL 27/10/2015
La Camera,
premesso che:
secondo il Fragile State index, che registra la stabilità di 178 Paesi rappresentati all'Assemblea generale dell'Onu, gli indicatori considerati per classificare un Paese come fragile sono dodici:
a) la pressione demografica (squilibrio tra risorse vitali disponibili e densità di popolazione, malattie, degrado ambientale, inquinamento, mortalità);
b) i rifugiati e sfollati (spostamenti di popolazione, pulizie etniche, sradicamenti forzati da conflitti armati, campi per rifugiati e sfollati);
c) lamentele di gruppo (per torti o soprusi subiti, tensioni etniche, violenze o sopraffazioni religiose);
d) esodo umano (fuga di professionisti, intellettuali e dissidenti politici);
e) sviluppo economico disuguale (élite ricche accanto a masse povere e poverissime, disparità tra città e campagna, accesso ai servizi pubblici e loro diffusione);
f) declino economico (deficit, disoccupazione, reddito pro capite, inflazione ed altro;
g) Stato di diritto (legittimità dello Stato, livello di corruzione, efficacia del Governo, partecipazione politica, processi elettorali, livello di democrazia, livello di criminalità, narcotraffico, traffico di armi, proteste e dimostrazioni, conflitti di potere);
h) servizi pubblici (educazione e alfabetismo, accesso all'acqua e ai servizi sanitari, elettrificazione, telefonia, internet, rete viaria e ferroviaria);
i) diritti umani (libertà di stampa, libertà civili e politiche, traffico di persone e organi, prigionieri politici, persecuzioni religiose, torture, esecuzioni capitali);
l) apparato di sicurezza (conflitti interni e disordini violenti, proliferazione di armi, colpi di Stato, attentati);
m) élite faziose (scontri armati tra gruppi o etnie);
n) interventi stranieri (interventi militari stranieri, forze di pace straniere, sanzioni internazionali);
nella categoria «Stati in allarme», che comprende gli Stati più vulnerabili e fragili e redatta con una numerazione progressiva, dal peggiore in poi, che va da 1 a 38, sono presenti ben 26 Stati africani. Essi sono: Sud Sudan (1o), Somalia (2o), Repubblica centrafricana (3o), Sudan (4o), Repubblica democratica del Congo (5o), Tchad (6o), Guinea (10o), Nigeria (14o), Costa d'Avorio (15o), Zimbabwe (16o), Guinea-Bissau (17o), Burundi (18o), Niger (19o), Etiopia (20o), Kenya (21o), Liberia (22o), Uganda (23o), Eritrea (24o), Libia (25o), Mauritania (26o), Cameroun (28o), Mali (30o), Sierra Leone (31o), Congo Brazzaville (33o), Rwanda (37o), Egitto (38o). Nella categoria «Stati sotto vigilanza» sono inseriti gli Stati con una posizione medio-alta di vulnerabilità, compresa tra il 39o e il 99o posizionamento; in questa graduatoria sono presenti altri 27 Stati africani: Burkina-Faso (39o), Gibuti, Angola, Mozambico, Malawi, Togo, Swaziland, Gambia, Zambia, Guinea equatoriale, Madagascar, Comore, Senegal, Tanzania, Lesotho, Algeria, Benin, Tunisia, Marocco, Sao Tomé e Principe, Capo Verde, Ghana, Gabon, Namibia, Sudafrica, Botswana, Seicelle. Nella categoria «Stati in stabilità» risulta un solo Paese africano, l'isola di Maurizio, mentre non risulta nessun Paese africano nella categoria «Stati in sostenibilità», categoria alla quale appartiene l'Italia. Pertanto, tutti i Paesi africani, esclusa solo la piccola isola citata, si trovano nella parte fortemente o sostanzialmente negativa della graduatoria. Un intero continente, da decenni, povero e impoverito. Non può, dunque, stupire il fenomeno migratorio di massa cui si sta assistendo, in particolare dalla fine degli anni ’80 ad oggi;
lo sfruttamento sistematico e continuativo delle risorse africane nei decenni del colonialismo, del post-colonialismo e del neocolonialismo, che continua tuttora, è concausa determinante dello status quo africano. Solo a titolo esemplificativo si ricorda l'ultimo rapporto dell'organizzazione non governativa britannica Global witness (2015: «Legname insanguinato»), il quale, fonti alla mano, riporta alcune gravissime interferenze e complicità straniere nel conflitto armato che ha causato morte e distruzione nella Repubblica centrafricana. Il documento spiega, grazie a testimonianze e documenti dettagliati, come alcune aziende belghe, francesi, tedesche, cinesi e libanesi, impegnate nel business del legname, abbiano finanziato le coalizioni belligeranti per siglare vantaggiosi contratti per la distruzione della foresta e l'acquisto del relativo legname. Il rapporto critica anche l'Unione europea (che formalmente importa 2/3 del legname centrafricano) per non aver sufficientemente vigilato, come richiesto peraltro dalle normative comunitarie contro il commercio di legname illegale. Fatti che si vanno ad aggiungere alle note situazioni di conflitti armati, guerre religiose, abusi di potere, corruzione, soprusi;
non meno importante e cruciale la questione del debito estero e dei piani di aggiustamento strutturale imposti dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale ai Paesi indebitati. Nello scorso decennio, grazie al progetto Highly indebted poor Countries (Hipc), ad opera del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, una trentina di Paesi a basso reddito dell'Africa sub-sahariana poterono ottenere una riduzione del debito (circa cento miliardi di dollari). A questo programma se ne aggiunse un altro, la cosiddetta Multilateral debt relief initiative (Mdri). Queste iniziative suscitarono grande euforia perché consentirono a molti Governi africani di riprendere fiato, accedendo a prestiti insperati. Nel 2007 il Ghana fu il primo Paese beneficiario ad affacciarsi sui mercati internazionali, emettendo obbligazioni pari a 750 milioni di dollari. Seguirono altri quattro destinatari del condono (Senegal, Nigeria, Zambia e Rwanda) ed in seguito altri ancora. Tuttavia, i fondi sono stati utilizzati, in parte, per sostenere attività imprenditoriali straniere in Africa e, in parte, per sostenere le oligarchie autoctone, secondo le tradizionali dinamiche della corruzione più sfrenata e corrosiva. Senza alcun controllo dunque, tali fondi non sono stati associati ad organici piani di sviluppo nazionali, ma più spesso rivolti all'azione predatoria di potentati internazionali, soprattutto sul versante commodity (materie prime e fonti energetiche). L'impossibilità di ripagare gli interessi sul debito sovrano (il cosiddetto «servizio sul debito») ha portato alcuni Paesi africani a svendere i propri asset strategici (acqua, elettricità, telefonia, petrolio, rame, diamanti ed altro) e ad applicare le richieste della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale relative alle concessioni per lo sfruttamento delle materie prime unitamente alle privatizzazioni (soprattutto il land grabbing, vale a dire l'accaparramento dei terreni da parte di aziende straniere);
il quadro continentale è, dunque, fortemente negativo sia nella fase attuale, che in prospettiva futura, anche perché di questo passo gli africani non saranno più padroni dell'acqua che bevono, del terreno che coltivano o delle miniere che scavano: un impoverimento anche in termini occupazionali che innescherà sempre più massicci fenomeni migratori;
da decenni il nostro Paese è in prima linea in Africa per il sostegno alle popolazioni locali, attraverso una fitta rete di volontari (per esempio, quelli degli organismi aderenti alla Focsiv-volontari nel mondo) e missionari (Istituti religiosi aventi missione, Fondazione Missio), che accompagnano le comunità locali nel realizzare attività con finalità sociali e nell'assumere più responsabilità e capacità per la gestione del servizio idrico, nel campo sanitario, agricolo, strutturale, educativo, imprenditoriale, come anche nel campo non meno urgente della pace e della pacifica convivenza: basti qui citare il risultato ottenuto dalla Comunità di Sant'Egidio per la pace in Mozambico;
tali realtà si distinguono per un servizio formulato dal basso, ovvero originato nelle comunità locali interessate, le quali condividono con i volontari obiettivi e stile di implementazione delle azioni e per la realizzazione di progetti sostenibili, basati sull'utilizzo di risorse umane e materiali presenti nell'area di intervento e realizzati con l'adozione di tecnologie e metodiche facilmente replicabili dalle popolazioni coinvolte;
il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha lanciato i nuovi obiettivi dell'Agenda globale di sviluppo post 2015, in cui lo sviluppo economico locale risulta essere uno degli strumenti più efficaci per affrontare le nuove sfide globali e considerato che, come evidenziato dal recente Terzo forum mondiale sullo sviluppo economico locale di Torino, la cooperazione territoriale diviene il mezzo più innovativo ed efficace per assicurare una crescita sostenibile ed equilibrata dal punto di vista sociale, ambientale ed economico, come risposta incentrata sulle persone e basata sul territorio per affrontare le crescenti disuguaglianze, l'elevata disoccupazione e la crescente pressione sulle risorse naturali,
impegna il Governo:
a considerare, nella propria strategia rivolta ai Paesi africani, anche l'ascolto e la condivisione delle informazioni, dei progetti, delle presenze sui territori e delle attività in generale svolte in Africa dai volontari e missionari italiani, attraverso la consultazione degli organismi ed enti che in maggior parte li rappresentano;
ad assumere iniziative per incrementare, significativamente e rispetto agli anni precedenti, i fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo al fine di favorire, attraverso l'opera dei volontari delle organizzazioni non governative, una riduzione dell'immigrazione economica, operando nei Paesi di provenienza, creando condizioni di sicurezza alimentare e sanitaria, affermando uno sviluppo sostenibile soprattutto in quei Paesi dove crisi ambientali, sanitarie ed economiche contribuiscono all'acuirsi dei fenomeni di estremismo religioso e di tensioni politiche diffuse;
a sollecitare le imprese italiane che operano nel continente africano ad una presenza che manifesti attenzione primaria alle persone, ai loro bisogni, al loro sviluppo locale;
ad assumere iniziative per destinare una quota delle nuove risorse a progetti di cooperazione decentrata, in cui le realtà locali definiscano azioni concrete in partenariato con associazioni, organizzazioni non governative, atenei, cooperative e imprese, in materia di politiche pubbliche locali che riguardano acqua, rifiuti, energia, trasporti, nonché politiche sociali e culturali dei Paesi africani;
ad operare presso l'Unione europea, le organizzazioni sovranazionali e presso enti intergovernativi affinché si continui e si intensifichi l'impegno per collocare lo sviluppo economico locale come mezzo effettivo per implementare gli obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile individuati dall'Agenda 2030.
(1-01038)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Sberna, Baradello, Dellai, Capelli, Caruso, Fauttilli, Gigli, Marazziti, Fitzgerald Nissoli, Piepoli, Santerini, Tabacci».
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):guerra
sviluppo economico
migrazione