XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4415



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PAGLIA, MARCON, FASSINA, PELLEGRINO, ANDREA MAESTRI, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, PALAZZOTTO

Delega al Governo per l'introduzione di strumenti di controllo e di garanzia del prestito sociale cooperativo

Presentata il 7 aprile 2017


      Onorevoli Colleghi! — Il prestito sociale di cui agli articoli 12 della legge n. 127 del 1971 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 è un importante canale di autofinanziamento del sistema cooperativo italiano, la cui equa remunerazione dovrebbe incentivare lo spirito di previdenza e di risparmio dei soci.
      Tanto il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR) quanto la Banca d'Italia hanno nel tempo regolamentato sotto diversi profili l'istituto del prestito sociale nell'ambito più generale della disciplina della raccolta del risparmio a opera dei soggetti non bancari.
      Il regime giuridico vigente (l'articolo 6 della deliberazione del CICR n. 1058 del 19 luglio 2005) stabilisce che le società cooperative (non di credito) e i loro consorzi, con oltre cinquanta soci, possono raccogliere prestito sociale pari a tre volte il valore del loro patrimonio netto, costituito, ai sensi dell'articolo 2424 del codice civile, dalla somma tra il capitale sociale, le riserve e gli utili e risultante dall'ultimo bilancio approvato, limite che può essere superato fino al quintuplo qualora le stesse aderiscano a uno schema di garanzia di prestiti sociali alimentato dal contributo degli aderenti ovvero abbiano acquistato una garanzia rilasciata da un intermediario vigilato, come un istituto di credito o assicurativo, o una società finanziaria. Entrambe le garanzie devono comunque coprire il 30 per cento dei prestiti sociali interessati.
      Le somme versate dai soci a titolo di prestito sociale sono destinate esclusivamente al conseguimento dell'oggetto sociale della cooperativa, sono rimborsabili solitamente a medio e a breve termine e la loro

 

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massima remunerazione è, secondo quanto disposto dall'articolo 6-bis, commi secondo e terzo, del decreto-legge n. 693 del 1980, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 891 del 1980, pari a quella più alta dei buoni postali fruttiferi aumentata del 2,50 per cento (cioè della misura massima dei dividendi distribuibili dalle società cooperative a mutualità prevalente, ai sensi dell'articolo 2514, primo comma, lettera a), del codice civile).
      A decorrere dal 2003, anno di entrata in vigore della riforma del diritto societario, il prestito sociale può essere utilizzato solo dalle cooperative a mutualità prevalente o da quelle a mutualità non prevalente i cui statuti prevedano però i requisiti mutualistici stabiliti dall'articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, cioè: 1) divieto di distribuzione di dividendi superiori all'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; 2) divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita della società; 3) destinazione, in caso di scioglimento della società, del patrimonio residuo (dedotti soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati) ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione costituiti ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge n. 59 del 1992.
      Il prestito sociale è giuridicamente un contratto atipico con elementi del conto corrente, del mutuo e del deposito irregolare, che consiste in un deposito di denaro di fatto molto spesso «a vista» (cioè che può essere ritirato da parte del depositante in qualsiasi momento senza preavviso o con un preavviso di 24 ore), in cui i depositi e i prelievi di denaro avvengono senza particolari procedure presso la sede legale e anche presso le sedi operative della cooperativa (per esempio, i punti vendita di una cooperativa di consumo o le sedi operative di una cooperativa di tipo diverso). A tale proposito la Banca d'Italia ha chiarito che: «Alle cooperative, come a tutti i soggetti diversi dalle banche, è fatto divieto di effettuare raccolta "rimborsabile a vista", però "di fatto (...) le modalità commerciali con cui tale strumento viene presentato possono ingenerare nel pubblico l'idea di una sostanziale equiparazione di questa forma di raccolta rispetto a quella effettuata dalle banche"». Di conseguenza, la mancata autorizzazione alla raccolta e alla gestione del risparmio non sottopone le cooperative ad attività di vigilanza da parte della Banca d'Italia, né richiede maggiori obblighi di trasparenza in termini di informativa contabile.
      Il prestito sociale, pur valendo per l'universo delle cooperative italiane oltre 12 miliardi di euro, non è tutelato da adeguati fondi di garanzia, non essendo le cooperative riconosciute come enti dediti alla raccolta e alla gestione del risparmio, attività riconosciuta a enti come banche e società di gestione del risparmio, e non potendo quindi aderire al Fondo di garanzia interbancario a tutela del deposito.
      I «soci prestatori» delle cooperative, alla stregua dei clienti del sistema bancario, sono portatori di un diritto garantito dall'articolo 47 della Costituzione, secondo cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Assume pertanto particolare rilevanza una dovuta attenzione alla consistenza patrimoniale di una società cooperativa che ad oggi rimane la più diffusa garanzia per i prestatori sociali.
      Il prestito sociale, che per sua natura dovrebbe finanziare l'attività commerciale, viene investito dalle grandi cooperative del consumo (le cosiddette Coop) in buona misura in titoli finanziari. Infatti, negli ultimi tempi anche le società cooperative, alla stregua dei gruppi bancari, sono state attratte dalle operazioni speculative del mercato finanziario, facendo un uso inappropriato e imprudente del prestito sociale. A partire dal 2006, Coop Centro Italia ha acquistato sul mercato enormi quantitativi di azioni della banca Monte dei Paschi di Siena. Incomprensibilmente gli acquisti del titolo sono aumentati considerevolmente proprio a seguito dello scoppio dello scandalo che ha riguardato la banca stessa e delle vicende giudiziarie riguardanti gli ex vertici dell'istituto. Questa imponente e disastrosa speculazione finanziaria, del tutto aliena alla solita attività della cooperativa,
 

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gli ha comportato una perdita potenziale stimata pari a oltre 158 milioni di euro.
      A seguito del crack avvenuto nel 2015 di due importanti cooperative di consumo friulane, Coop Operaie Trieste e Coop Carnica, che finite in concordato preventivo riusciranno a restituire solo una parte dei 129 milioni di euro che i 20.000 soci avevano affidati loro, la Banca d'Italia, con la delibera n. 584 del 2016, ha dato un giro di vite alla disciplina secondaria della raccolta effettuata da soggetti diversi dalle banche (le cooperative) al fine di rafforzare i presìdi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori. In particolare, relativamente al limite patrimoniale ha previsto che l'ammontare dei prestiti sociali non debba superare il triplo del valore del patrimonio netto consolidato (cioè quello che materialmente rappresenta la situazione reale di un'azienda) e non, come si è visto, quello civilistico, e inoltre che le società cooperative, al fine di offrire ai soci la garanzia di vedersi rimborsato almeno il 30 per cento del capitale versato, possano spingersi, previo accesso a una fidejussione bancaria, anche oltre il limite del quintuplo del patrimonio. Questa garanzia dovrà però, come esplicita la Banca d'Italia, «possedere caratteristiche che ne assicurino l'efficacia», in modo da contrastare «comportamenti elusivi» mirati solo ad ampliare i limiti della raccolta.
      Ultima in ordine di tempo è la crisi finanziaria che nei giorni scorsi ha costretto alla liquidazione coatta quattro cooperative reggiane delle costruzioni (Coopsette, Unieco, Cmr Reggiolo e Orion di Cavriago), un gorgo che ha inghiottito, tra l'altro, 1.500 posti di lavoro e un patrimonio collettivo del valore di 600 milioni di euro.
      L'esito delle obbligazioni subordinate delle oramai celebri quattro banche andate in default (Banca Popolare dell'Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti) è pronto a innescarsi su un'altra bomba a orologeria: quella rappresentata dal valore del prestito sociale, pari a 12 miliardi di euro, che 1,3 milioni di soci hanno depositato nei libretti di risparmio delle Coop (le nove grandi cooperative di consumo italiane), che non è tutelato da adeguati fondi di garanzia né soggetto alla regolamentazione della vigilanza, ma che essendo destinato a finanziare l'attività delle stesse è per definizione un investimento a rischio, più delle stesse obbligazioni subordinate.
      Riguardo alle garanzie il prestito sociale non è paragonabile con il libretto postale, né con i conti deposito: i sottoscrittori del prestito sociale sono infatti tutelati solamente dal patrimonio della cooperativa, mentre nel caso del libretto postale, oltre al patrimonio della società Poste italiane Spa i risparmiatori godono della garanzia dello Stato italiano sulla propria giacenza. Analogamente, il conto deposito bancario gode della tutela del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Invece, in termini di rischio, il prestito sociale dovrebbe essere confrontato più con le obbligazioni che con libretti e conti deposito, trattandosi di debiti chirografari, e quindi con una gerarchia di rimborso in linea con i cosiddetti bond senior.
      La ragione delle crisi economico-finanziarie di molte cooperative risiede nella maggior parte dei casi nel perseguimento da parte della cooperativa di finalità differenti da quello mutualistico o comunque nella distorsione di alcune attività tanto da trasformare la cooperativa in impresa: cattiva gestione e speculazione sono le due cause principali dei vari default e dunque dell'impossibilità di restituire quanto prestato ai soci da parte delle cooperative. Spesso, infatti, la maggior parte del prestito sociale non viene reimpiegata nell'attività per il perseguimento del fine mutualistico bensì utilizzata per investimenti finanziari a volte, come si è visto, speculativi. Evidente è come in tal modo la cooperativa rischi di trasformarsi in qualcosa di diverso senza però averne né gli strumenti né un sistema di garanzia adeguato e senza, soprattutto, averne reso consapevoli i soci.
      In tutti i casi riscontrati sul territorio nazionale ove si sono verificate crisi economico-finanziarie delle cooperative è, inoltre, emerso che i soci prestatori non erano stati puntualmente informati in merito ai rischi sottesi al prestito. Infatti lo strumento del prestito viene parificato, nella
 

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presentazione al socio, al deposito bancario sottacendo il differente regime di garanzie, vigilanze e tutele: una circostanza che li rende sensibilmente diversi.
      Stante il mancato recupero delle somme prestate in caso di default di una cooperativa, lo schema di garanzia dei prestiti sociali costituito in ambito cooperativo si è dimostrato inadeguato. Dalla breve disamina svolta emerge che le criticità sostanziali del regime giuridico riguardano:

          1) le finalità e i limiti del prestito sociale;

          2) la trasparenza nella gestione della società cooperativa e nell'informazione fornita ai soci;

          3) le garanzie che assistono il prestito sociale;

          4) il sistema di vigilanza degli organi istituzionali preposti. Inoltre il settore difetta di uno schema di garanzia obbligatorio del risparmio come le banche, che lo alimentano con i propri fondi: un elemento che spinge a suggerire l'adozione di un meccanismo alternativo di protezione dei risparmiatori.

      Opportuna sarebbe a questo punto la predisposizione di un privilegio in favore dei prestatori sociali attraverso l'istituzione di un fondo di garanzia nazionale che li tuteli automaticamente fino a un massimo di 100.000 euro a persona, sul modello di quanto previsto per la tutela dei depositi bancari, con versamento pro-quota obbligatorio a carico di tutte le cooperative che utilizzino questa modalità di autofinanziamento.
      Inoltre, al fine di contrastare il rischio di una caduta dell’appeal delle grandi cooperative di consumo, attualmente detentrici del 90 per cento della cifra globale del prestito sociale in Italia, sarebbe opportuno sottoporre quest'ultimo al controllo di un'autorità esterna e indipendente che vigili sui bilanci e sulle condizioni di emissioni.
      Con la presente proposta di legge si delega il Governo a introdurre nel nostro ordinamento giuridico due strumenti volti ad aumentare le tutele dei soci sottoscrittori, prevedendo l'istituzione di un fondo nazionale di garanzia con un limite di rimborso per ciascun richiedente pari a 100.000 euro e di un'autorità indipendente che svolga funzioni di vigilanza e di assistenza ai risparmiatori.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge è finalizzata a dettare norme per garantire una tutela più ampia a coloro che conferiscono i propri risparmi a società cooperative, in caso di crisi finanziaria di queste ultime.

Art. 2.
(Delega al Governo).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la finalità di cui all'articolo 1, uno o più decreti legislativi finalizzati:

          a) all'istituzione di un fondo nazionale di garanzia a tutela dei sottoscrittori di prestito sociale, volto al risarcimento automatico con un limite di rimborso per ciascun richiedente pari a 100.000 euro, sul modello di quanto già previsto per la tutela dei depositi bancari dalla sezione IV del capo I del titolo IV del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, alla cui dotazione finanziaria provvedono, con versamento pro-quota obbligatorio, tutte le cooperative che ricorrano al prestito sociale quale modalità di autofinanziamento;

          b) all'istituzione di un'autorità indipendente, con funzione di difensore civico, che eserciti la vigilanza sui bilanci delle cooperative che emettono prestiti sociali, sulle condizioni di emissione degli stessi e sulla contrattualistica e alla quale i soci risparmiatori possano in rivolgersi per inoltrare reclami e segnalazioni;

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e successivamente trasmessi alla Camera dei deputati e

 

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al Senato della Repubblica, entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'esercizio della delega, per l'espressione dei pareri delle rispettive Commissioni competenti per materia.

Art. 3.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.