CAMERA DEI DEPUTATI
|
N. 4696 |
Onorevoli Colleghi! — Quando nel passato sono state approvate le varie normative volte alla migliore sistemazione delle salme dei caduti in guerra non si è pensato, contestualmente, al personale civile, militare e militarizzato che al servizio delle truppe alleate o alle dipendenze degli enti pubblici o delle Forze armate italiane è deceduto durante le operazioni di bonifica dei campi minati o durante il rastrellamento di ordigni avvenuto in terra o in mare.
Quella che, allora, fu definita, da più parti, come la «guerra alla guerra» causò, nel periodo giugno 1943-ottobre 1948, la morte di oltre 500 operatori i quali, a tutt'oggi e salvo una più o meno individuabile inumazione, curata dai parenti o dai municipi nei propri cimiteri, non sempre hanno avuto una sepoltura degna della causa per cui essi perirono e che la logica vorrebbe posta all'interno di esclusivi luoghi di sepoltura.
Ciò a causa di molteplici sfavorevoli situazioni ambientali, economiche e familiari creatisi nel corso degli anni le quali hanno prodotto, tra l'altro, un colpevole oblio su un momento storico che, con i suoi risvolti morali, rimane fondamentale per capire alcuni aspetti della ricostruzione nazionale successiva al secondo conflitto mondiale.
1. Dopo la lettera h) del comma 2 dell'articolo 267 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è inserita la seguente:
«h-bis) dei militari, dei militarizzati e dei civili al seguito delle truppe alleate o alle dipendenze delle autorità civili e militari italiane deceduti in conseguenza di operazioni di bonifica dei campi minati o di rastrellamento e dragaggio di ordigni terrestri e marini eseguite dal momento della liberazione del territorio nazionale fino al 31 ottobre 1948;».