XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2191



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata GULLO

Introduzione dell'articolo 582-bis del codice penale, in materia di molestia morale e violenza psicologica nell'attività lavorativa (mobbing e straining)

Presentata il 14 marzo 2014


      Onorevoli Colleghi! La mancanza di una norma specifica che descriva e sanzioni la fattispecie del cosiddetto «mobbing» ha, spesso, determinato l'assoluzione per soggetti che hanno posto in essere condotte ritenute riprovevoli dalla generalità dei consociati, ma prive di sanzione penale specifica. Infatti, a meno che le condotte comunemente assimilabili al «mobbing» rientrino in differenti tipologie criminose e fatta salva la possibilità di ricorrere al giudice civile per il ristoro dei danni patiti, la persona offesa resta priva di adeguata tutela. Circa l'offensività delle condotte comunemente definite rientranti nel mobbing non sussistono dubbi, in quanto esse sono lesive di differenti beni protetti dalla Costituzione quali la salute (articolo 32), la personalità morale (articolo 2), la libertà e la dignità dei prestatori di lavoro (articolo 41). Peraltro, bisogna evidenziare che nel nostro sistema vigono il principio del «nullum crimen sine lege» nonché il divieto di analogia in materia penale. Quindi, la mancata individuazione circoscritta della fattispecie di reato ha determinato una tutela mutilata dei diritti dei lavoratori, i quali sarebbero meglio e più adeguatamente tutelati dalla presenza di una specifica norma penale che sanzioni tipologie specifiche come il mobbing e la sua figura più attenuata, lo straining. La previsione di tali fattispecie incriminatorie costituirebbe un monito ulteriore rispetto alle già previste sanzioni civili. L'attuale

 

Pag. 2

situazione determina, pertanto, un vuoto normativo dal quale deriva che, in mancanza di una norma che configuri come reato il fenomeno del mobbing e dello straining, la condotta è punibile solo quando rientri in altre specifiche fattispecie. Ad esempio, come rilevato di recente dalla V sezione della Cassazione penale con la sentenza n. 33624, del 29 agosto 2013, è richiesto che la condotta posta in essere configuri le lesioni personali; diversamente, l'imputato deve essere assolto nonostante la generalità dei consociati ritenga riprovevole quanto posto in essere dallo stesso.
      Il primo aspetto da porre in rilievo è quello della definizione della fattispecie penale dei concetti di mobbing e di straining.
      La fattispecie del mobbing è da ritenere configurata, pur con varietà di accentuazioni, sulla base del dibattito dottrinale delle più recenti sentenze, come una durevole serie di reiterati atti vessatori e persecutori nei confronti del lavoratore all'interno dell'ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di provocare un danno ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore e in particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psico-somatica, a prescindere dall'inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa regolante il rapporto di lavoro. Tali condotte vessatorie possono essere poste in atto sia da superiori gerarchici (cosiddetto «mobbing verticale» o «bossing») sia da altri colleghi, persino gerarchicamente subordinati. Si tratta di comportamenti ripetuti e protratti nel tempo, comunque preordinati al danneggiamento dei lavoratori, anche tramite la lesione della dignità o dell'integrità psico-fisica. Si può trattare anche di condotte singolarmente lecite, ma complessivamente dirette a danno del lavoratore. In sostanza il mobbing si identifica in atti e comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica, posti in essere dai colleghi, il cosiddetto «mobbing orizzontale», dal datore di lavoro o dai superiori gerarchici, il cosiddetto «mobbing verticale» nei confronti di un dipendente, individuato come vittima; atti e comportamenti intenzionalmente volti ad isolarla ed emarginarla nell'ambiente di lavoro e spesso finalizzati ad ottenerne l'estromissione. Elemento essenziale, dunque, per definire come esistente un comportamento di mobbing è che la vessazione psicologica sia attuata in modo sistematico, ripetuto per un apprezzabile periodo temporale, così da far assumente significatività oggettiva a tali atti, tipici dell'imprenditore o meno, permettendo di distinguerli dall'indeterminatezza dei rapporti interpersonali e in particolare dal conflitto puro e semplice.
      Quindi il mobbing presuppone: pluralità di azioni sistematiche e durevoli, sia illecite che singolarmente lecite; che in capo al lavoratore si determini un evento dannoso, causato dalla condotta vessatoria; che sussista un nesso di causalità logica tra condotta ed evento; che sia presente l'elemento soggettivo del «mobber» il quale, approfittando della sua posizione di superiorità, «attacca» la vittima con la sua condotta al fine di emarginarla.
      Diversamente, se le azioni si presentano come singole, si ha la fattispecie ricadente nel concetto di straining (riconosciuto per la prima volta con la pronuncia del tribunale del lavoro di Bergamo nel 2005, nonché confermato dalla recente sentenza della Cassazione penale n. 28603 del 3 luglio 2013), ovvero un'azione unica e isolata con effetti duraturi nel tempo che determini stress forzato e duraturo tale da provocare effetti negativi nell'ambiente di lavoro. Lo straining è attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante.
      Nel merito, la proposta di legge si compone di due articoli, il primo finalizzato alla promozione della tutela dei lavoratori nei confronti dei fenomeni discriminatori all'interno dell'ambiente di lavoro e il secondo che definisce le fattispecie da incriminare ed individua le rispettive sanzioni.
 

Pag. 3


PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La Repubblica promuove incontri tra i diversi soggetti del mercato del lavoro al fine di sensibilizzare i lavoratori, i datori di lavoro e i sindacati al rispetto della normativa in materia dei reati di mobbing e di straining.

Art. 2.

      1. Dopo l'articolo 582 del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 582-bis. – (Mobbing e straining). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro o il lavoratore che, in pendenza di un rapporto di lavoro, con più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero la dignità di un lavoratore, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000. Il delitto è procedibile d'ufficio.
      Se la condotta di cui al primo comma è realizzata con un'unica azione, il reato è punito con la pena da tre mesi a due anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000. Il delitto è procedibile d'ufficio».