XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4565-A-bis



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(GENTILONI SILVERI)

e dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)

Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.

Presentato il 25 giugno 2017

(Relatore di minoranza: SIBILIA)
 

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      Onorevoli Colleghi! — Le regole si fanno e poi si possono sempre interpretare o addirittura aggirare, e la politica rimane «l'arte del possibile». È questo il primo messaggio che arriva con il decreto-legge per la liquidazione delle banche venete e il passaggio delle parti «buone» delle due banche venete alla banca Intesa Sanpaolo.
      L'accordo raggiunto con l'Unione europea (Direzione generale Concorrenza, nella persona del Commissario Margrethe Vestager) dimostra, come sostenuto dal Movimento 5 Stelle in sede di presentazione del suo piano per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, che non c'è disciplina sugli «aiuti di Stato» che tenga quando si presenta un'emergenza economica e politica.
      Inoltre, il Governo italiano ha fatto leva sull'importanza sistemica del territorio, il Nord-Est, in cui insistono le due banche venete che vengono incorporate dalla banca Intesa Sanpaolo.
      Parimenti, il Movimento 5 Stelle aveva sottolineato che le «circostanze eccezionali» previste dall'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea consentono una deroga al divieto degli aiuti di Stato (ex articolo 107 dello stesso Trattato). Dunque, si può fare tutto quando c'è la volontà politica, anche elargire oltre 5 miliardi di fondi pubblici a un colosso come Intesa Sanpaolo per acquisire le banche venete.
      La banca Intesa Sanpaolo rileva al prezzo simbolico di un euro le attività «buone» della Banca Popolare di Vicenza e della Veneto Banca, che praticamente vengono inglobate dal primo gruppo italiano del credito. Il colosso di Ca’ de Sass fa ciò chiedendo allo Stato ingenti risorse economiche, per non vedere intaccati i propri coefficienti patrimoniali e la propria politica di dividendi ai soci.
      Il gruppo Intesa Sanpaolo assume i crediti in bonis non ad alto rischio per 26,1 miliardi di euro, 25,8 miliardi di debiti verso la clientela, 8,9 miliardi di attività finanziarie (partecipazioni in Banca Apulia, Banca Nuova e nelle banche con sede in Croazia, Albania e Moldavia, se autorizzata), attività fiscali per circa 1,9 miliardi, 11,8 miliardi di obbligazioni senior, raccolta indiretta per circa 23 miliardi, di cui circa 10,4 miliardi di risparmio gestito. Nasce così un gruppo con 47 miliardi di euro di patrimonio, 433 miliardi di raccolta diretta, quasi 410 miliardi di impieghi alla clientela, 6.100 sportelli (le banche venete vedono chiudere 600 sportelli su circa 960) e oltre centomila lavoratori.
      Tutto il resto finisce in una bad bank di Stato, che viene creata in un fine settimana dopo diversi mesi di sterili dispute tra il Governo italiano e la stessa Commissaria Vestager, magicamente convinta ad accettare questa soluzione perché «l'aiuto di Stato è necessario per evitare turbolenze economiche nel Veneto».
      Il decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, in esame, non prevede più la ricapitalizzazione precauzionale (schema di cui si discuteva da settimane) e non prevede la risoluzione (bail-in), ma la più tradizionale alternativa ad essa: la liquidazione «ordinata» dei due istituti veneti secondo la procedura del testo unico bancario italiano. Una soluzione in qualche modo creativa, viste le attuali regole dell'Unione europea, che si basa sulla dichiarazione della Banca centrale europea che ha qualificato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Il gruppo Intesa Sanpaolo riceve subito dallo Stato 5,2 miliardi di euro: 4,8 per tenere invariati i propri livelli di patrimonio e 400 milioni come garanzia immediata per alcuni crediti acquistati che rischiano di andare in difficoltà. Nel dettaglio, l'esborso dello Stato a favore del colosso: 3,5 miliardi (esenti da imposte) servono a mantenere il Cet1 (patrimonio di vigilanza) del gruppo di Ca’ de Sass al livello del 12,5 per cento rispetto alle attività ponderate per il rischio (Rwa). Insomma, servono per far sì che il colosso

 

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assorba le due banche venete senza contraccolpi. La chiusura di 600 filiali e i possibili esuberi per quattromila unità su base volontaria necessitano di altri 1,28 miliardi (esenti da imposte) al Fondo esuberi. Poi ci sono i 400 milioni di euro per i crediti potenzialmente soggetti a rischio.
      Lo Stato eroga ulteriormente altri 12 miliardi di euro in garanzie per coprire oltre 10 miliardi di crediti deteriorati e 1,7 per le partecipazioni (Arca Sgr, Bim-Banca Intermobiliare) che il gruppo Intesa Sanpaolo rifiuta di acquisire, ossia gli attivi che vanno a carico della bad bank e che saranno gestiti dai commissari liquidatori.
      Sul valore complessivo dell'intervento statale e sul relativo impatto sul debito e sul deficit ci sono interpretazioni contabili discordanti, ma di certo i 12 miliardi sono da considerarsi un esborso per adesso potenziale. Le garanzie pubbliche coprono anche «rischi, obblighi e impegni che coinvolgessero Intesa Sanpaolo per fatti antecedenti la cessione», dice Ca’ de Sass. Peraltro, le banche in liquidazione coatta dovranno sobbarcarsi eventuali danni derivanti dai contenziosi pregressi. Infine il gruppo Intesa Sanpaolo pone anche come condizione del proprio impegno un quadro legislativo (il decreto-legge in esame) approvato in via definitiva e senza modifiche.
      La liquidazione salva il risparmio per depositanti, correntisti e obbligazionisti senior (detentori delle obbligazioni più tutelate), ma comporta l'applicazione del burden sharing (condivisione del rischio), per cui viene azzerato il valore delle azioni (sostanzialmente a carico del fondo Atlante, che ci rimette 3,5 miliardi di euro essendo azionista finora al 99 per cento della Banca Popolare di Vicenza e al 97 per cento della Veneto Banca) e i detentori di 1,2 miliardi di euro in obbligazioni subordinate (14 emissioni delle due banche). Su questo fronte, il Governo promette rimborsi ai piccoli obbligazionisti (retail), che detengono circa 180 milioni, sulla base del principio del misselling (vendita fraudolenta) di titoli da parte delle due banche venete, seppure sempre con il limite degli acquisti effettuati al 12 giugno 2014.
      Il gruppo Intesa Sanpaolo sottolinea che il suo intervento, considerato da tutti un ottimo affare, contribuisce a salvare i risparmi di circa due milioni di famiglie e l'attività di circa duecentomila imprese finanziate dalle due banche venete e, conseguentemente, l'occupazione di tre milioni di persone nelle regioni più avanzate del Paese.
      La soluzione della liquidazione, con la divisione delle due banche venete in due good bank assorbite dal gruppo Intesa Sanpaolo e una bad bank gestita dallo Stato, evita il bail-in, ma dimostra come le regole siano flessibili quanto si vuole e quando serve. Inoltre è stata sancita una nuova categoria di attività bancaria in bonis, ma soggetta a rischio perché facente capo a un istituto in difficoltà. Una di via di mezzo tra le attività sicure e quelle deteriorate.
      Il Movimento 5 Stelle ha già avuto modo di rilevare che la speciale procedura disciplinata dal decreto-legge in esame è disposta in deroga alla disciplina di risoluzione delle crisi delle banche e delle imprese di investimento prevista dalla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, recepita dal decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, e per tal motivo rappresenta una irragionevole disparità di trattamento, censurabile ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, rispetto alla risoluzione della crisi della Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti e ai maggiori pregiudizi subiti dai relativi risparmiatori. Le misure di condivisione dei rischi a carico dei risparmiatori-investitori retail implicano inoltre la violazione dell'articolo 47 della Costituzione, preposto alla tutela del risparmio in tutte le sue forme e alla disciplina, al coordinamento ed al controllo dell'esercizio del credito. Inoltre, le limitazioni di carattere giurisdizionale connesse alle misure di ristoro di cui all'articolo 6 del decreto-legge implicano una violazione del diritto di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione. La problematica del misselling
 

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dei prodotti finanziari distribuiti a risparmiatori-investitori retail privi di un adeguato profilo di rischio prescinde da ogni genere di presunzione di conoscenza degli strumenti finanziari, che si fa risalire alla data del 12 giugno 2014, di entrata in vigore della direttiva 2014/59/UE (cosiddetta «BRRD»). Ogni genere di limitazione contemplata dal decreto legge in esame relativamente al ristoro predisposto ex post delle misure di condivisione dei rischi rappresenta quindi un'ulteriore violazione dell'articolo 47 della Costituzione preposto alla tutela del risparmio in tutte le sue forme. Infine, dalla speciale procedura di liquidazione della Banca Popolare di Vicenza e della Veneto Banca disposta in favore della banca Intesa Sanpaolo deriva la nascita ex lege di un gruppo bancario con 47 miliardi di euro di patrimonio, 433 miliardi di euro di raccolta diretta, 410 miliardi di euro di impieghi alla clientela e 6.100 sportelli bancari, in violazione della normativa nazionale ed europea stabilita a tutela della concorrenza, implicando conseguentemente la violazione del principio di tutela della libertà di iniziativa economica privata sancito dall'articolo 41 della Costituzione.
      L'articolo 2 del decreto-legge in esame disciplina la liquidazione coatta amministrativa della Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza. Le disposizioni in commento, come già evidenziato, rappresentano una deroga alla disciplina di risoluzione delle crisi delle banche e delle imprese di investimento prevista dalla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e recepita dal decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180. Da quanto si desume dall'analisi delle disposizioni introdotte dal decreto-legge in esame, compresa la predisposizione di misure di ristoro per i detentori di strumenti finanziari subordinati di cui all'articolo 6, si evince come tale deroga rappresenti la volontà politica del Governo di non applicare all'ordinamento giuridico italiano la disciplina europea in materia di risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento, nonché la volontà di individuare altre soluzioni normative per la gestione delle crisi del sistema bancario italiano. Sarebbe quindi opportuno modificare la disciplina in materia di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, escludendo ogni genere di misura di condivisione dei rischi a carico dei risparmiatori. Il Movimento 5 Stelle con propri emendamenti ha promosso, a fronte dell'utilizzo delle risorse pubbliche di cui all'articolo 9, il trasferimento delle azioni della Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza al Ministero dell'economia e delle finanze. L’iter di nazionalizzazione contemplato da tali emendamenti prevede altresì un aumento di capitale riservato allo Stato e agli enti pubblici ulteriormente garantito dal Fondo preposto al rilascio di garanzie statali, di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014. Le proposte emendative prevedono altresì che i crediti deteriorati saranno gestiti dalla Società per la Gestione delle Attività (SGA) e i relativi dividendi saranno destinati nuovamente al Fondo di cui all'articolo 9, utilizzato per l'aumento di capitale volto a garantire il rispetto dei requisiti prudenziali delle due banche venete stabiliti dalla regolamentazione europea e dalla Banca centrale europea. L'esperienza della SGA nella gestione delle sofferenze del Banco di Napoli ha dimostrato che una paziente gestione dei crediti in sofferenza consente un recupero quasi integrale del valore nominale delle medesime sofferenze: per tale motivo il tutto potrà ripetersi anche in questo caso ma, diversamente da quanto previsto dal decreto-legge in esame, dovrà svolgersi nell'interesse pubblico senza uno spreco di risorse erariali. Le proposte emendative del Movimento 5 Stelle sopprimono altresì le disposizioni in materia di ristoro degli obbligazionisti subordinati, in quanto con la nazionalizzazione e gli aumenti di capitale verrà garantito il patrimonio di vigilanza prudenziale e per tal motivo non saranno necessarie misure di condivisione dei rischi a carico dei risparmiatori.
 

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      In conclusione, non solo le disposizioni di cui al decreto-legge in esame pongono in essere una procedura di liquidazione ad hoc per la Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza, con conseguente irragionevole disparità di trattamento censurabile ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione rispetto alla risoluzione della crisi della Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti e ai maggiori pregiudizi subiti dai relativi risparmiatori. Non solo dalla speciale procedura di liquidazione disposta in favore della banca Intesa Sanpaolo nasce ex lege un gruppo bancario con 47 miliardi di euro di patrimonio, 433 miliardi di euro di raccolta diretta, 410 miliardi di euro di impieghi alla clientela e 6.100 sportelli bancari in violazione della normativa, nazionale ed europea, a tutela della concorrenza, con la conseguente violazione del principio di libertà di iniziativa economica privata sancito dall'articolo 41 della Costituzione; ma altresì la stessa procedura di liquidazione seguita è posta in essere con numerosissime, rilevanti deroghe alla disciplina vigente, in netto contrasto con le disposizioni costituzionali e con i princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico nazionale. In particolar modo si evidenziano le seguenti deroghe, per ciascuna delle quali si riporta il testo delle norme derogate:

Deroghe recate dall'articolo 2

      1) La continuazione dell'attività bancaria è disposta in deroga alle disposizioni in materia di liquidazione dell'attivo di cui all'articolo 90, comma 3, del testo unico bancario senza le autorizzazioni o i pareri della Banca d'Italia o del Comitato di sorveglianza

      1. I commissari liquidatori hanno tutti i poteri occorrenti per realizzare l'attivo. In caso di alienazione di beni immobili e di altri beni iscritti in pubblici registri, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, la Banca d'Italia, su richiesta dei commissari liquidatori, dispone la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.
      2. I commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d'Italia, possono cedere attività e passività, l'azienda, rami d'azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Quando non ricorrono le condizioni per l'intervento dei sistemi di garanzia dei depositanti o l'intervento di questi è insufficiente, al fine di favorire lo svolgimento della liquidazione, la cessione può avere ad oggetto passività anche solo per una quota di ciascuna di esse. Resta in ogni caso fermo il rispetto della parità di trattamento dei creditori e del loro ordine di priorità. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo; il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo, tenuto conto dell'esito delle eventuali opposizioni presentate ai sensi dell'articolo 87. Si applicano le disposizioni dell'art. 58, commi 2, 3 e 4, anche quando il cessionario non sia una banca o uno degli altri soggetti previsti dal comma 7 del medesimo articolo.
      3. I commissari possono, nei casi di necessità e per il miglior realizzo dell'attivo, previa autorizzazione della Banca d'Italia, continuare l'esercizio dell'impresa o di determinati rami di attività, secondo le cautele indicate dal comitato di sorveglianza. La continuazione dell'esercizio dell'impresa disposta all'atto dell'insediamento degli organi liquidatori entro il termine indicato nell'articolo 83, comma 1, esclude lo scioglimento di diritto dei rapporti giuridici preesistenti previsto dalle norme richiamate dal comma 2 del medesimo articolo.
      4. Anche ai fini dell'eventuale esecuzione di riparti agli aventi diritto, i commissari possono contrarre mutui, effettuare altre operazioni finanziarie passive e costituire in garanzia attività aziendali, secondo le prescrizioni e le cautele disposte

 

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dal comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d'Italia.

Deroghe recate dall'articolo 3

      1) Alla disciplina in materia di cessioni di cui all'articolo 58 del testo unico bancario

      1. La Banca d'Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia.
      2. La banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità.
      4. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'articolo 1264 del codice civile.
      5. I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva.
      6. Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente.
      7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall'articolo 106.

      2) Alla disciplina in materia di liquidazione degli attivi di cui all'articolo 90, comma 2, del testo unico bancario

      2. I commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d'Italia, possono cedere attività e passività, l'azienda, rami d'azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Quando non ricorrono le condizioni per l'intervento dei sistemi di garanzia dei depositanti o l'intervento di questi è insufficiente, al fine di favorire lo svolgimento della liquidazione, la cessione può avere ad oggetto passività anche solo per una quota di ciascuna di esse. Resta in ogni caso fermo il rispetto della parità di trattamento dei creditori e del loro ordine di priorità. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo; il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo, tenuto conto dell'esito delle eventuali opposizioni presentate ai sensi dell'articolo 87. Si applicano le disposizioni dell’art. 58, commi 2, 3 e 4, anche quando il cessionario non sia una banca o uno degli altri soggetti previsti dal comma 7 del medesimo articolo.

      3) Alla disciplina in materia di concorso dei creditori e cause di prelazione di cui all'articolo 2741 del codice civile

      I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore [c.c. 2740], salve le cause legittime di prelazione [c.c. 495, 499, 514, 1982, 2901; c.p.c. 528].
      Sono cause legittime di prelazione i privilegi [c.c. 2745], il pegno [c.c. 2784] e le ipoteche [c.c. 2808].

      4) Alla disciplina in materia di efficacia della cessione riguardo al debito ceduto di cui all'articolo 1264 del codice civile

      La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata [c.c. 967, 1248, 1407, 2914, n. 2].
      Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione [c.c. 1189, 2559].

 

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      5) Alla disciplina in materia di trasferimento di cui all'articolo 2022 del codice civile

      Il trasferimento del titolo nominativo si opera mediante l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel registro dell'emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare [c.c. 1994]. Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro [c.c. 1999].
      Colui che chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio. Se l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico [c.c. 2703].
      Le annotazioni nel registro e sul titolo sono fatte a cura e sotto la responsabilità dell'emittente.
      L'emittente che esegue il trasferimento nei modi indicati dal presente articolo è esonerato da responsabilità, salvo il caso di colpa.

      6) Alla disciplina in materia di circolazione delle azioni di cui all'articolo 2355 del codice civile

      Nel caso di mancata emissione dei titoli azionari il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci.
      Le azioni al portatore [c.c. 2494] si trasferiscono con la consegna del titolo.
      Il trasferimento delle azioni nominative [c.c. 2328, n. 5, 2421] si opera mediante girata autenticata da un notaio o da altro soggetto secondo quanto previsto dalle leggi speciali. Il giratario che si dimostra possessore in base a una serie continua di girate ha diritto di ottenere l'annotazione del trasferimento nel libro dei soci, ed è comunque legittimato ad esercitare i diritti sociali; resta salvo l'obbligo della società, previsto dalle leggi speciali, di aggiornare il libro dei soci.
      Il trasferimento delle azioni nominative con mezzo diverso dalla girata si opera a norma dell'articolo 2022.
      Nei casi previsti ai commi sesto e settimo dell'articolo 2354, il trasferimento si opera mediante scritturazione sui conti destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari; in tal caso, se le azioni sono nominative, si applica il terzo comma e la scritturazione sul conto equivale alla girata.

      7) Alla disciplina in materia di efficacia e pubblicità di cui all'articolo 2470 del codice civile

      Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito di cui al successivo comma.
      L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte il deposito è effettuato a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni.
      Se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.
      Quando l'intera partecipazione appartiene ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita o lo Stato di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell'unico socio.
      Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese.
      L'unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista nei commi precedenti.
      Le dichiarazioni degli amministratori previste dai commi quarto e quinto devono

 

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essere depositate entro trenta giorni dall'avvenuta variazione della compagine sociale.

      8) Alla disciplina in materia di quote ed azioni di cui all'articolo 2525 del codice civile

      Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a venticinque euro [c.c. 2463, 2468] né per le azioni superiore a cinquecento euro.
      Ove la legge non preveda diversamente, nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a centomila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma [c.c. 2521, 2538].
      L'atto costitutivo, nelle società cooperative con più di cinquecento soci, può elevare il limite previsto nel precedente comma sino al due per cento del capitale sociale. Le azioni eccedenti tale limite possono essere riscattate o alienate nell'interesse del socio dagli amministratori e, comunque, i relativi diritti patrimoniali sono destinati a riserva indivisibile a norma dell'articolo 2545-ter.
      I limiti di cui ai commi precedenti non si applicano nel caso di conferimenti di beni in natura o di crediti, nei casi previsti dagli articoli 2545-quinquies e 2545-sexies, e con riferimento ai soci diversi dalle persone fisiche ed ai sottoscrittori degli strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione.
      Alle azioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2346, 2347, 2348, 2349, 2354 e 2355. Tuttavia nelle azioni non è indicato l'ammontare del capitale né quello dei versamenti parziali sulle azioni non completamente liberate.

      9) Alla disciplina in materia di imprese soggette a registrazione di cui all'articolo 2556 del codice civile

      Per le imprese soggette a registrazione [c.c. 2195, 2560] i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda [c.c. 2565, 2573] devono essere provati per iscritto [c.c. 2725], salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto [c.c. 1350, 1543].
      I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante.

      10) Alla disciplina in materia di crediti relativi all'azienda ceduta di cui all'articolo 2559 del codice civile

      Per le imprese soggette a registrazione [c.c. 2195, 2560] i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda [c.c. 2565, 2573] devono essere provati per iscritto [c.c. 2725], salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto [c.c. 1350, 1543].
      I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante.

      11) L'efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto di cui all'articolo 1264 del codice civile ha effetti nei confronti dei debitori all'atto della pubblicazione nel sito internet della Banca d'Italia

      La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata [c.c. 967, 1248, 1407, 2914, n. 2].
      Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione [c.c. 1189, 2559] .

      12) Alla disciplina in materia di termini relativi al trasferimento di azienda di cui all'articolo 47 della legge n. 428 del 1990

      1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori,

 

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anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo 2112, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a) la data o la data proposta del trasferimento; b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda; c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
      2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
      3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi previsti dai commi 1 e 2 costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
      4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante. La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.
      4-bis. Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, l'articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende:

          a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell'articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675;

          b) per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell'attività;

          b-bis) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo;

          b-ter) per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

      5. Qualora il trasferimento riguardi o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell'alienante.
      6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente, dell'affittuario

 

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o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall'acquirente, dall'affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile.

      13) Alle disposizioni in materia di obbligazioni solidali tra cessionario e cedente nell'ambito della procedura di cessione di azienda di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 231 del 2001.

      1. Nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.
      2. L'obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza.
      3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda.

      14) In deroga alla disciplina in materia di beni culturali di cui all'articolo 59 del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, la denuncia di trasferimento è effettuata dal cessionario entro trenta giorni dalla conclusione del contratto di cessione

      1. Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero.
      2. La denuncia è effettuata entro trenta giorni:

          a) dall'alienante o dal cedente la detenzione, in caso di alienazione a titolo oneroso o gratuito o di trasferimento della detenzione;

          b) dall'acquirente, in caso di trasferimento avvenuto nell'ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso;

          c) dall'erede o dal legatario, in caso di successione a causa di morte. Per l'erede, il termine decorre dall'accettazione dell'eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; per il legatario, il termine decorre dalla comunicazione notarile prevista dall'articolo 623 del codice civile, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile.

      3. La denuncia è presentata al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni.
      4. La denuncia contiene:

          a) i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali;

          b) i dati identificativi dei beni;

          c) l'indicazione del luogo ove si trovano i beni;

          d) l'indicazione della natura e delle condizioni dell'atto di trasferimento;

          e) l'indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal presente Titolo.

      5. Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise.

      15) La condizione sospensiva di cui all'articolo 61, comma 4, del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 è previsto si applichi alla sola clausola del contratto di cessione relativa al trasferimento dei beni culturali

      4. In pendenza del termine prescritto dal comma 1 l'atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all'esercizio della prelazione e all'alienante è vietato effettuare la consegna della cosa.

 

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      16) Alla disciplina in materia di condizioni di prelazione di cui all'articolo 61, comma 6, del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004

      6. Nel caso in cui il Ministero eserciti la prelazione su parte delle cose alienate, l'acquirente ha facoltà di recedere dal contratto.

      17) Alla disciplina in materia di attestazione energetica di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'attestato di prestazione energetica degli edifici è rilasciato per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per gli edifici indicati al comma 6. Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, sono dotati di un attestato di prestazione energetica prima del rilascio del certificato di agibilità. Nel caso di nuovo edificio, l'attestato è prodotto a cura del costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente. Nel caso di attestazione della prestazione degli edifici esistenti, ove previsto dal presente decreto, l'attestato è prodotto a cura del proprietario dell'immobile.
      2. Nel caso di vendita, di trasferimento di immobili a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari, ove l'edificio o l'unità non ne sia già dotato, il proprietario è tenuto a produrre l'attestato di prestazione energetica di cui al comma 1. In tutti i casi, il proprietario deve rendere disponibile l'attestato di prestazione energetica al potenziale acquirente o al nuovo locatario all'avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime; in caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della futura prestazione energetica dell'edificio e produce l'attestato di prestazione energetica entro quindici giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità.
      3. Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell'attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari. In caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000; la sanzione è da euro 1.000 a euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa è ridotta alla metà. Il pagamento della sanzione amministrativa non esenta comunque dall'obbligo di presentare al Ministero dello sviluppo economico la dichiarazione o la copia dell'attestato di prestazione energetica entro quarantacinque giorni. L'Agenzia delle entrate, sulla base di apposite intese con il Ministero dello sviluppo economico, individua, nel quadro delle informazioni disponibili acquisite con la registrazione nel sistema informativo dei contratti di cui al presente comma, quelle rilevanti ai fini del procedimento sanzionatorio di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, e le trasmette, in via telematica, allo stesso Ministero dello sviluppo economico per l'accertamento e la contestazione della violazione.
      4. L'attestazione della prestazione energetica può riferirsi a una o più unità immobiliari facenti parte di un medesimo edificio. L'attestazione di prestazione energetica riferita a più unità immobiliari può essere prodotta solo qualora esse abbiano la medesima destinazione d'uso, la medesima situazione al contorno, il medesimo orientamento e la medesima geometria e siano servite, qualora presente, dal medesimo impianto termico destinato alla climatizzazione invernale e, qualora presente, dal medesimo sistema di climatizzazione estiva.

 

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      5. L'attestato di prestazione energetica di cui al comma 1 ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio ed è aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare. La validità temporale massima è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica dei sistemi tecnici dell'edificio, in particolare per gli impianti termici, comprese le eventuali necessità di adeguamento, previste dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, e al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 75. Nel caso di mancato rispetto di dette disposizioni, l'attestato di prestazione energetica decade il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata per le predette operazioni di controllo di efficienza energetica. A tali fini, i libretti di impianto previsti dai decreti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), sono allegati, in originale o in copia, all'attestato di prestazione energetica.
      6. Nel caso di edifici utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico con superficie utile totale superiore a 500 m2, ove l'edificio non ne sia già dotato, è fatto obbligo al proprietario o al soggetto responsabile della gestione, di produrre l'attestato di prestazione energetica entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e di affiggere l'attestato di prestazione energetica con evidenza all'ingresso dell'edificio stesso o in altro luogo chiaramente visibile al pubblico. A partire dal 9 luglio 2015, la soglia di 500 m2 di cui sopra, è abbassata a 250 m2. Per gli edifici scolastici tali obblighi ricadono sugli enti proprietari di cui all'articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23.
      6-bis. Il fondo di garanzia di cui all'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, è utilizzato entro i limiti delle risorse del fondo stesso anche per la copertura delle spese relative alla certificazione energetica e agli adeguamenti di cui al comma 6 del presente articolo.
      7. Per gli edifici aperti al pubblico, con superficie utile totale superiore a 500 m², per i quali sia stato rilasciato l'attestato di prestazione energetica di cui ai commi 1 e 2, è fatto obbligo, al proprietario o al soggetto responsabile della gestione dell'edificio stesso, di affiggere con evidenza tale attestato all'ingresso dell'edificio o in altro luogo chiaramente visibile al pubblico.
      8. Nel caso di offerta di vendita o di locazione, ad eccezione delle locazioni degli edifici residenziali utilizzati meno di quattro mesi all'anno, i corrispondenti annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali riportano gli indici di prestazione energetica dell'involucro e globale dell'edificio o dell'unità immobiliare e la classe energetica corrispondente.
      9. Tutti i contratti, nuovi o rinnovati, relativi alla gestione degli impianti termici o di climatizzazione degli edifici pubblici, o nei quali figura come committente un soggetto pubblico, devono prevedere la predisposizione dell'attestato di prestazione energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare interessati.
      10. L'obbligo di dotare l'edificio di un attestato di prestazione energetica viene meno ove sia già disponibile un attestato in corso di validità, rilasciato conformemente alla direttiva 2002/91/CE.
      11. L'attestato di qualificazione energetica, al di fuori di quanto previsto all'articolo 8, comma 2, è facoltativo ed è predisposto al fine di semplificare il successivo rilascio dell'attestato di prestazione energetica. A tale fine, l'attestato di qualificazione energetica comprende anche l'indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche e la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, nonché i possibili passaggi di classe a seguito della eventuale realizzazione degli interventi stessi. L'estensore provvede ad evidenziare opportunamente sul frontespizio del documento che il medesimo non costituisce attestato di prestazione energetica dell'edificio, ai sensi del presente decreto, nonché, nel sottoscriverlo,
 

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quale è od è stato il suo ruolo con riferimento all'edificio medesimo.
      12. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, d'intesa con la Conferenza unificata, sentito il CNCU, avvalendosi delle metodologie di calcolo definite con i decreti di cui all'articolo 4, è predisposto l'adeguamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2009, nel rispetto dei seguenti criteri e contenuti:

          a) la previsione di metodologie di calcolo semplificate, da rendere disponibili per gli edifici caratterizzati da ridotte dimensioni e prestazioni energetiche di modesta qualità, finalizzate a ridurre i costi a carico dei cittadini;

          b) la definizione di un attestato di prestazione energetica che comprende tutti i dati relativi all'efficienza energetica dell'edificio che consentano ai cittadini di valutare e confrontare edifici diversi. Tra tali dati sono obbligatori:

              1) la prestazione energetica globale dell'edificio sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile, attraverso i rispettivi indici;

              2) la classe energetica determinata attraverso l'indice di prestazione energetica globale dell'edificio, espresso in energia primaria non rinnovabile;

              3) la qualità energetica del fabbricato a contenere i consumi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento, attraverso gli indici di prestazione termica utile per la climatizzazione invernale ed estiva dell'edificio;

              4) i valori di riferimento, quali i requisiti minimi di efficienza energetica vigenti a norma di legge;

              5) le emissioni di anidride carbonica;

              6) l'energia esportata;

              7) le raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza energetica dell'edificio con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti, separando la previsione di interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica;

              8) le informazioni correlate al miglioramento della prestazione energetica, quali diagnosi e incentivi di carattere finanziario;

          c) la definizione di uno schema di annuncio di vendita o locazione, per esposizione nelle agenzie immobiliari, che renda uniformi le informazioni sulla qualità energetica degli edifici fornite ai cittadini;

          d) la definizione di un sistema informativo comune per tutto il territorio nazionale, di utilizzo obbligatorio per le regioni e le province autonome, che comprenda la gestione di un catasto degli edifici, degli attestati di prestazione energetica e dei relativi controlli pubblici.

      18) Alla disciplina in materia di atti pubblici e scritture private autenticate relative al trasferimento o costituzione di diritti reali di cui all'articolo 29, comma 1-bis, della legge n. 52 del 1985

      1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

 

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      19) Alla disciplina in materia di sanzioni relative alla lottizzazione abusiva di cui all'articolo 30 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001

      1. Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.
      2. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell'area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati.
      3. Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici.
      4. In caso di mancato rilascio del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere sostituito da una dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti attuativi.
      4-bis. Gli atti di cui al comma 2, ai quali non siano stati allegati certificati di destinazione urbanistica, o che non contengano la dichiarazione di cui al comma 3, possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato l'atto da confermare o contenente la dichiarazione omessa.
      5. I frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati dall'agenzia del territorio se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il comune.
      6. I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti aventi per oggetto il trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di appezzamenti di terreno di superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono trasmettere, entro trenta giorni dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro ricevuto o autenticato al dirigente o responsabile del competente ufficio del comune ove è sito l'immobile.
      7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari.

 

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      8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8.
      9. Gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il provvedimento previsto dal comma 7, sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.
      10. Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo il 17 marzo 1985, e non si applicano comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù.

      20) Alla disciplina in materia di diritto del locatore ceduto di opporsi alla cessione del contratto di locazione da parte del conduttore nel caso in cui gli immobili siano parte di un'azienda di cui all'articolo 36 della legge n. 392 del 1978

      Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
      Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

      21) Alla disciplina in materia di diritto di prelazione relativa ad immobili locati di cui all'articolo 38 della legge n. 392 del 1978

      Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
      Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
      Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.
      Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.
      Nel caso in cui l'immobile risulti locato a più persone, la comunicazione di cui al primo comma deve essere effettuata a ciascuna di esse.
      Il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente da tutti i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore.
      L'avente titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione di cui al primo comma, non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione, si considera avere rinunciato alla prelazione medesima.
      Le norme del presente articolo non si applicano nelle ipotesi previste dall'articolo 732 del codice civile, per le quali la prelazione opera a favore dei coeredi, e nella ipotesi di trasferimento effettuato a favore

 

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del coniuge o dei parenti entro il secondo grado.

      22) Alla disciplina in materia di nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985 di cui all'articolo 46 del del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001

      1. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
      2. Nel caso in cui sia prevista, ai sensi dell'articolo 38, l'irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio del permesso in sanatoria, agli atti di cui al comma 1 deve essere allegata la prova dell'integrale pagamento della sanzione medesima.
      3. La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti.
      4. Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa.
      5. Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria.
      5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi realizzati mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'articolo 23, comma 01, qualora nell'atto non siano indicati gli estremi della stessa.

      23) Alla disciplina in materia di mancata presentazione dell'istanza in sanatoria delle opere abusive di cui all'articolo 40, comma 2, della legge n. 47 del 1985

      Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata.

      24) Deroga totale a tutte le ipotesi di nullità previste dalla vigente disciplina in

 

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materia urbanistica, ambientale o relativa ai beni culturali e qualsiasi altra normativa nazionale o regionale, comprese le regole dei piani regolatori o del governo del territorio degli enti locali e le pianificazioni di altri enti pubblici che possano incidere sulla conformità urbanistica, edilizia, storica e architettonica dell'immobile

Deroghe recate dall'articolo 4
Deroga alle norme in materia di contabilità di Stato

Deroghe recate dall'articolo 5

      1) Alla disciplina in materia di cessioni di cui all'articolo 58 del testo unico bancario

      1. La Banca d'Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia.
      2. La banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità.
      4. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'art. 1264 del codice civile.
      5. I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva.
      6. Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente.
      7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall'articolo 106.

      2) Alla disciplina in materia di liquidazione degli attivi di cui all'articolo 90, comma 2, del testo unico bancario

      2. I commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d'Italia, possono cedere attività e passività, l'azienda, rami d'azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Quando non ricorrono le condizioni per l'intervento dei sistemi di garanzia dei depositanti o l'intervento di questi è insufficiente, al fine di favorire lo svolgimento della liquidazione, la cessione può avere ad oggetto passività anche solo per una quota di ciascuna di esse. Resta in ogni caso fermo il rispetto della parità di trattamento dei creditori e del loro ordine di priorità. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo; il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo, tenuto conto dell'esito delle eventuali opposizioni presentate ai sensi dell'articolo 87. Si applicano le disposizioni dell'articolo 58, commi 2, 3 e 4, anche quando il cessionario non sia una banca o uno degli altri soggetti previsti dal comma 7 del medesimo articolo.

      3) Alla disciplina di carattere generale relativa l'adeguatezza patrimoniale di cui all'articolo 108 del testo unico bancario

      1. La Banca d'Italia emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto: il governo societario, l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, l'organizzazione amministrativa e contabile, i controlli interni e i sistemi di remunerazione e incentivazione nonché l'informativa da rendere al pubblico sulle predette materie. La Banca

 

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d'Italia può adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singoli intermediari per le materie in precedenza indicate. Con riferimento a determinati tipi di attività la Banca d'Italia può inoltre dettare disposizioni volte ad assicurarne il regolare esercizio.
      2. Le disposizioni emanate ai sensi del comma 1 prevedono che gli intermediari finanziari possano utilizzare:

          a) le valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni previsti dall'articolo 53, comma 2-bis, lettera a);

          b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia.

      3. La Banca d'Italia può:

          a) convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti degli intermediari finanziari per esaminare la situazione degli stessi;

          b) ordinare la convocazione degli organi collegiali degli intermediari finanziari, fissandone l'ordine del giorno, e proporre l'assunzione di determinate decisioni;

          c) procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali degli intermediari finanziari quando gli organi competenti non abbiano ottemperato a quanto previsto dalla lettera b);

          d) adottare per le materie indicate nel comma 1, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singoli intermediari finanziari, riguardanti anche: la restrizione delle attività o della struttura territoriale; il divieto di effettuare determinate operazioni, anche di natura societaria, e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio, nonché, con riferimento a strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, il divieto di pagare interessi;

          d-bis) disporre, qualora la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione dell'intermediario finanziario, la rimozione dalla carica di uno o più esponenti aziendali; la rimozione non è disposta ove ricorrano gli estremi per pronunciare la decadenza ai sensi dell'articolo 26, salvo che sussista urgenza di provvedere.

      3-bis. La Banca d'Italia può altresì convocare gli amministratori, i sindaci, i dirigenti dei soggetti ai quali siano state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti.
      4. Gli intermediari finanziari inviano alla Banca d'Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto. Essi trasmettono anche i bilanci con le modalità e nei termini stabiliti dalla Banca d'Italia.
      4-bis. La Banca d'Italia può chiedere informazioni al personale degli intermediari finanziari, anche per il tramite di questi ultimi.
      4-ter. Gli obblighi previsti dal comma 4 si applicano anche ai soggetti ai quali gli intermediari finanziari abbiano esternalizzato funzioni aziendali essenziali o importanti e al loro personale.
      5. La Banca d'Italia può effettuare ispezioni presso gli intermediari finanziari o i soggetti a cui sono esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti e richiedere a essi l'esibizione di documenti e gli atti che ritenga necessari.
      6. Nell'esercizio dei poteri di cui al presente articolo la Banca d'Italia osserva criteri di proporzionalità, avuto riguardo alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari, nonché alla natura specifica dell'attività svolta.

      4) Alla disciplina in materia di pubblicità della costituzione del patrimonio destinato di cui all'articolo 2447-quater, secondo comma, del codice civile

      Nel termine di sessanta giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese i creditori sociali anteriori all'iscrizione possono fare opposizione. Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la deliberazione sia eseguita previa prestazione da parte della società di idonea garanzia.

 

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      5) Alla disciplina in materia di diritti dei creditori di cui all'articolo 2447-quinquies, primo e secondo comma, del codice civile

      Decorso il termine di cui al secondo comma del precedente articolo ovvero dopo l'iscrizione nel registro delle imprese del provvedimento del tribunale ivi previsto, i creditori della società non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare né, salvo che per la parte spettante alla società, sui frutti o proventi da esso derivanti.
      Qualora nel patrimonio siano compresi immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, la disposizione del precedente comma non si applica fin quando la destinazione allo specifico affare non è trascritta nei rispettivi registri.

Carlo SIBILIA,
Relatore di minoranza

 

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